#esplorazione esistenziale.
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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"Albino" di Luigi Antonio Manfreda: Un viaggio tra avventura e introspezione
Il primo romanzo pubblicato di Luigi Antonio Manfreda, un'opera che esplora la condizione umana attraverso il viaggio, il mistero e la riflessione esistenziale.
Il primo romanzo pubblicato di Luigi Antonio Manfreda, un’opera che esplora la condizione umana attraverso il viaggio, il mistero e la riflessione esistenziale. Un’opera tra avventura e formazione “Albino” (Palombi Editori, 2024) è il nuovo libro dello scrittore e docente universitario Luigi Antonio Manfreda, professore di Filosofia teoretica presso l’Università di Roma Tor Vergata. Il romanzo…
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susieporta · 17 days ago
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Coloro che sono chiamati alla ricerca interiore, sono proprio quelli che si perdono più facilmente.
Osservano la Vita da migliaia di prospettive, si pongono perennemente in discussione, si immergono negli abissi di loro stessi, si assestano per un attimo nella loro precarietà d'animo per poi scivolare pericolosamente nelle Energie del dissesto.
Non è impresa semplice affiancare coloro che si "scrollano" costantemente di dosso le illusioni, le credenze, le prospettive antiche e i simboli della prigionia.
La sensazione di essere approdati alla loro definitiva "versione identitaria" dura qualche attimo e poi riprendono a lavorare sodo sul prossimo cavillo esistenziale.
A livello Umano questa "precarietà" può nascondere una profonda paura di essere imprigionati per sempre nel Dolore dell'Altro. E di se stessi.
Può rappresentare a livello inconscio (e spesso inconsapevole) il bisogno di allontanare costantemente da se stessi il ruolo Antico in cui l'Altro vuole incasellarci, provocando una eguale e potente spinta alla liberazione, a non accogliere nulla per vero, ma solo per "provvisoriamente valido".
La "provvisorietà interiore" è ciò che "salva" dall'eterna condanna ad essere complici di un sistema malato e triste che non ci appartiene, che sentiamo pesante e non autentico.
Nel tempo impariamo ad allontanarci sempre più tempestivamente dalla "gabbia" del Dolore e diveniamo simili ad un animale che, quando si bagna, si scrolla istintivamente di dosso l'acqua in eccesso.
Ma tolta la ferita infantile del "mancato riconoscimento" e "dell'abbandono fisico ed emotivo", tolto lo sguardo del genitore che ci vorrebbe inconsciamente eredi di quel Dolore, tolto tutto ciò, restiamo noi.
E noi siamo portatori di un Dono speciale. Non di una condanna.
Siamo coloro che "sanno", che "vedono", che "trasmutano".
Siamo le Fenici dello "Spirito incarnato".
Ci dedichiamo assiduamente ai cicli della Morte e della Vita. Ci dissolviamo più volte al giorno nell'atto della Fine, e generiamo, nel Campo interiore, luminosi nuovi Inizi.
Non chiedete agli altri di "comprendere" questo movimento.
Chiedete a voi stessi di "amarlo".
Anche se non è facile accogliere la precarietà che avvolge questo movimento interiore. Anche se viola costantemente le leggi del bisogno di "stabilità" e di "sicurezza" dell'Umana Esistenza.
Siete cresciuti "nell'Instabilità" e vi farete sempre ritorno. Per maturare la vostra "versione" più autentica e pura. Per rigenerare insieme al Pianeta Terra e alle Dimensioni dell'Invisibile la più alta versione dell'incontro tra Spirito e Materia.
Ed è vero. Non è un viaggio sempre affollato di familiari, compagni, amici disposti a considerare con affetto e comprensione questi vostri passaggi così faticosi e insondabili.
Ma dalla vostra trasmutazione, si genererà "polvere di stelle" che guarirà ogni vostro campo di espansione e produrrà allineamento temporaneo anche agli ignari e sconvolti "presenziatori" del vostro movimento alchemico.
Genererete in loro il "campo della possibilità". Seppur non potrete mai sostituirvi alla loro personale volontà di crescita e cambiamento.
Viaggerete spesso "soli" per questo motivo.
Perché rappresenterete mille facce, mille volti, mille espressioni della stessa Verità. Che non cambia. Non muta. Ma si esprime nelle sue molteplici forme materiali, emotive e psichiche.
E questo spaventa. Atterrisce chi non è disponibile ad entrare pienamente nei vostri movimenti di scoperta e di esplorazione.
Potete solo comprendere quanto il mondo dell'Arte e dello Spirito sia costellato di "folli" ricercatori della magia alchemica della "Rappresentazione".
E quanto essi si sentano spesso incompresi nella loro funzione di "maghi della manifestazione", di "pionieri della visione".
Alcuni perdono il "senno". Perché fa male. Fa male non essere visti, compresi, sostenuti e riconosciuti dentro a questo immenso e faticoso Dono.
Non è semplice.
Non lo è mai stato.
Ma all'oggi, "cercare di essere ciò che non si è", resistere alla corrente che "trascina", cercare di "normalizzare" i Doni interiori, diventa pressoché solo forzatura, frustrazione e infelicità.
Se gli altri appaiono spenti nella loro unica "credenza", se non vogliono sforzarsi di comprendere, né tantomeno di "sentire", nulla potrà smuoverli dalla loro posizione di chiusura.
Nemmeno la prospettiva di "ammalarsi". O di vivere per sempre infelici e arrabbiati con la Vita.
Ma "chi vede", ha il sacro compito di proteggere se stesso dall'"immobilità", di non sostare troppo a lungo dove non c'è terreno fertile per la Vita, di non soffermarsi a "spiegare" troppo.
Non c'è tanto da "spiegare". C'è da "seguire il Cuore".
E se nemmeno se ne percepiscono i battiti, se c'è troppa guerra dentro e troppo rumore fuori, non ha senso "forzare" l'Altro a "farlo per compiacere noi", "per non rischiare di perderci", per non obbligarci a rivivere la nostra ancestrale "ferita dell'Abbandono".
Si va. Senza tante spiegazioni. Che servirebbero qualora ci fosse un paritario livello di "linguaggio interiore condiviso".
Ma se così fosse, l'Altro sarebbe il primo ad accompagnarci con affetto ed entusiasmo all'imbocco della nostra prossima esperienza terrena e spirituale, con gli occhi commossi e colmi di riconoscenza, augurandoci di vivere sempre pienamente il nostro Dono in ogni sua straordinaria manifestazione possibile.
E magari potrebbe coraggiosamente decidere di "buttarsi" insieme a noi, cogliendo la preziosa occasione di afferrarci la mano forte forte, chiudere gli occhi, e "volare" insieme verso lande inesplorate della Vita.
Ed invece per molte Anime del Cristallino non c'è il "lieto fine", o il "lieto inizio".
Sono costrette a "scappare" per non essere annientate dal Dolore dell'Altro. Spesso si ritrovano a dover offrire giustificazioni e bugie per non incorrere nell'ira e nella rabbia che l'Altro gli riversa contro. Si ritrovano magari a "giustificarsi" quando scelgono di allontanarsi o di cambiare direzione.
Ciò accade quando non c'è connessione reciproca con l'Altro.
Quando le parole diventano "troppe", significa che l'Altro non comprende il nostro linguaggio. O non lo vuole comprendere.
Lo "violentiamo" e violentiamo noi stessi quando tentiamo di convincere l'Altro di qualcosa che non sente. E non vede. O non vuole sentire o vedere.
E ciò non significa che chi compie questi profondi viaggi interiori, sia "migliore" di chi non li vuole compiere. Anzi. Sono solo "missioni" diverse interpretate con "strumenti diversi".
Ma chi ha scelto di aderire alla profonda chiamata del Rinnovamento Emotivo e Spirituale del piano di Coscienza Umano, non può interrompere il suo eterno ciclo di Morte e Rinascita per "paura di non essere accettato, di non valere abbastanza, di non essere normale, di perdere l'Altro".
Sente oramai troppo potente e impellente la necessità di proseguire. Di andare "oltre" il già visto e vissuto.
E, nonostante la terrorizzante paura della perdita affettiva ed emotiva, la Verità è che "nulla di ciò che è stato offerto con Amore, verrà mai perso veramente". Poiché tutto prima o poi torna a noi, "si ritrova". Si ricollega alla Fonte.
Se ancora "diventa necessario" allontanarsi da amici, compagni, animali, famigliari, per differenza di linguaggio, o magari perché si è concluso quello spazio evolutivo, o per volontà di crescere e maturare esperienze diverse di introspezione e ricerca della Verità, non sentiamoci "falliti" o "cattivi", o ancor peggio "incapaci di amare veramente".
Amare spesso significa "liberare" l'Altro da noi stessi.
E fa male.
Ma ciascuno ha per se stesso il Sacro Compito di trovare e ri-trovare, manifestare ed esprimere la sua "più piena e completa Versione interiore".
Ed è lo stesso compito dell'Altro.
E, a volte, noi glielo impediamo, volendo a tutti costi imporgli la "nostra visione dei fatti", obbligandolo troppo presto a compiere passi che non appartengono alla sua "struttura base", di cui non sente la necessità, o per cui ha ancora troppa paura di frantumarsi dentro.
Perciò andate, se dovete andare.
Non forzate le condizioni dell'Altro per un vostro bisogno interiore di essere accettati o riconosciuti.
E se scegliete comunque di "restare" perché voi non vi sentite ancora pronti per "lasciare andare", non arrabbiatevi se l'Altro non vi "capisce", non parla più la vostra lingua o non si sforza di venirvi nemmeno più incontro.
Magari non vuole. O non può. O non sente.
O forse semplicemente è Tempo per voi di "dirigervi altrove".
Accorgetevi però. Siate onesti e sinceri. Con voi e con l'Altro.
Buon "passaggio epocale". E' il Secondo Varco. E' il più potente di tutti.
Forte. Deciso. Compatto. Esplosivo.
E' la fine dei Tempi. L'ennesima. Ma più "umana" che mai.
Mirtilla Esmeralda
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londranotizie24 · 10 months ago
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Le Altered Vision di Paolo Pedroni in mostra a Londra
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Di Pietro Nigro Arte visionaria in mostra alla DCG di Connaught Street di Londra, grazie all'esposizione di Altered Vision dell'artista italiano Paolo Pedroni. Dorothy Circus Gallery London presenta la mostra "Alltered Vision" dell'artista italiano Paolo Pedroni La Dorothy Circus Gallery di Londra ha aperto le sue porte e le sue sale al numero 24 di Connaught Street per accogliere la straordinaria mostra "Altered Vision" dell'artista italiano Paolo Pedroni. La mostra, inaugurata venerdì 12 aprile e aperta dal 16 aprile al 4 maggio, offre ai visitatori l'opportunità unica di immergersi nell'arte visionaria di Pedroni, che fa il suo debutto nel Regno Unito dopo due partecipazioni di successo ad Art Taipei che gli hanno permesso di conquistare il mercato asiatico e ottenere continui sold out. La nuova collezione di Pedroni è composta da undici dipinti su tela (visibili qui in preview), intitolata "Visioni alterate", che utilizzano la metafora cromatica della saturazione per evocare il concetto di accumulo e superfluo. Visioni alterate: sfumature di Rosa Barbie e continui rimandi al consumismo contemporaneo Attraverso una palette di colori zuccherina e un immaginario pop dolce, ogni tela presenta uno spettro cromatico completo, con sfumature predominanti di rosa Barbie che si alternano a colori desaturati, creando un contesto denso di oggetti e rimandi all'infanzia e al consumismo contemporaneo. "L’occhio, il simbolo che torna nell’arte di tutti i tempi, diventa in questo racconto pittorico, lo specchio di una debolezza e di quell’anima confusa che non è più in grado di navigare il suo volere e che perde la rotta nell’eccesso di stimoli che riceve", affermano i curatori della mostra. In questa esplorazione dei desideri e dell'eccesso, Pedroni pone l'accento sul contrasto sottile tra ciò che vibra e ciò che sembra infiltrarsi abusivamente, cercando di confondere lo sguardo dello spettatore. L'artista invita il pubblico a riflettere sulle contraddizioni della società contemporanea e a fare un passo indietro per cercare il distillato di vita che ci appartiene. Attraverso l'iperrealismo morbido caratteristico della sua pittura, Pedroni mette in scena il paradosso del presente, evidenziando il vuoto del troppo e l'apice di un benessere diventato malessere esistenziale. Tuttavia, in mezzo a questa critica sociale, emerge anche una visione di speranza e nostalgia, con un focus su ciò che è veramente importante nella vita. La mostra "Altered Vision" rappresenta un'opportunità straordinaria per il pubblico di Londra di immergersi nel mondo affascinante e visionario di Paolo Pedroni, presente al vernissage per incontrare i visitatori e condividere la sua visione unica e provocatoria dell'arte contemporanea. ... Continua a leggere su Read the full article
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crescere-mediando-blog · 6 years ago
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Ascolto e pensiero apprezzativo
Nel panorama della mediazione comunitaria, l’ascolto ed il pensiero apprezzativo sono elementi imprescindibili da considerare. Se con l’ascolto si da la possibilità alle parti coinvolte di essere accolte in un imparziale e neutrale spazio di confronto, con il Pensiero Apprezzativo si forniscono gli strumenti necessari in grado di costituire una trasformazione ed evoluzione di se, partendo dall’apprezzamento di ciò che il sistema già possiede.
 L’intuizione originale, relativa all’Appreciative Inquiry, che, in lingua italiana, potrebbe essere tradotta con «indagine che apprezza» (Pensiero Apprezzativo), si può far risalire al professore David L. Cooperrider. Il Pensiero apprezzativo si può definire come una forma di ricerca-azione, che si fonda su una concezione positiva e volutamente ottimista delle società, delle organizzazioni e degli esseri umani. Consiste nella ricerca e nell’indagine di ciò che di più positivo è presente in una collettività, orientando l’interesse e la riflessione su tutte le possibili opzioni possibili positive di proiezione nel futuro. Pertanto è un approccio che affronta le possibilità di cambiamento con la certezza che qualunque essere umano, soltanto perché essere umano, in qualunque condizione si trovi, possieda caratteristiche proprie positive.
 Il cuore pulsante del Pensiero apprezzativo è quello di trasmettere fiducia, energia e consapevolezza agli individui coinvolti partendo dalle esperienze positive. Secondo la definizione dello stesso Cooperrider, l’Appreciative Inquiry è “la ricerca,svolta cooperativamente e nella coevoluzione, di ciò che vi è di meglio nelle persone, nelle loro organizzazioni e nel mondo intorno a loro.” 1 
Tutti gli esseri umani hanno in sé capacità positive e queste costituiscono punti di forza per il cambiamento positivo delle situazioni. Il modello di attuazione più diffuso dell’Appreciative Inquiry, denominato «4-D Cicle» è costituito da un ciclo, di quattro fasi nelle quali si alternano ‘Scoperta-Discovery, Sogno-Dream, Progetto-Design e Realizzazione-Destiny, da cui le quattro D in lingua inglese, che si susseguono in una spirale continua in cui l’ultima fase rilancia la prima e così via. In questo modo viene messo a disposizione uno schema che dà origine ad un processo che continua incessantemente ad adeguarsi alle nuove conoscenze individuate sulla situazione nella quale si opera.’
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DISCOVERY : La funzione principale nella fase di scoperta è quella di identificare e apprezzare il meglio di "ciò che è” e fattore distintivo di essa è l’elaborazione attenta di domande sulla scelta dell'argomento in maniera positiva.
 DREAM: Una volta scoperto il proprio nucleo positivo, la fase successiva, il sogno, è volta alla immaginazione e all’iniziale esplorazione e creazione del proprio futuro. Nella fase Dream del ciclo, le immagini del futuro emergono da esempi fondanti dal proprio passato positivo, è un invito ad amplificare il nucleo positivo immaginando le svariate possibilità per il futuro che sono state generate attraverso la fase di scoperta.
 DESIGN: Nella fase della progettazione, l'attenzione si focalizza alla messa in pratica della creazione del sogno. Le storie di buone notizie vengono utilizzate per creare proposizioni ed il nucleo positivo identificato ed esposto nelle prime due fasi inizia a prendere forma.
 DESTINY: La fase del destino rappresenta sia la conclusione delle fasi proposte, sia l'inizio di una continua creazione di una "cultura dell'apprendimento positivo". Attraverso questa fase si offrono nuove immagini del futuro. Lo slancio e il potenziale per l’evoluzione sono estremamente alti, dove tutti gli attori sociali coinvolti sono invitati ad allineare le proprie interazioni nel co-creare il proprio futuro.
 Tale sistema non ha interesse a negare l’esistenza dei problemi, ma li accetta per quello che sono, focalizzando la sua attenzione sulle realtà che sono sorgente di attitudini efficaci e affrontando le situazioni problematiche in una prospettiva costruttiva. In questo modo le definizioni dei problemi vengono riformulate, mettendo in luce punti di forza e successi. L’Appreciative Inquiry, infatti, si fonda sull’invitare le parti a dialogare e condividere le storie dei loro successi.
 Partendo da questa premessa, si può osservare come tale tecnica aspiri a trasformare le consuete abitudini di risoluzione dei problemi ponendo attenzione e riflessione sulle possibilità positive di proiezione nel futuro.
Pertanto, si può osservare il modello teorico dell’Appreciative Inquiry come opportunità di rinnovamento dell’integrazione degli alunni, insegnanti e personale scolastico. L’esperienza scolastica può essere osservata come una delle più fruttuose possibilità di integrazione sociale.  
L’attitudine apprezzativa, riteniamo possa essere una proposta utile sia a migliorare la risposta alle esigenze dell’integrazione sia a costituire un terreno fertile di crescita e confronto per il settore educativo e formativo.
Bibliografia: 
D. Cooperrider website: http://www.davidcooperrider.com/ai-process/
 D.L. Cooperrider - D.Whitney - J.M. Stavros, Appreciative Inquiry Handbook. For leaders of change,second edition,Crown Custom Publishing Inc.,Brunswick,OH & Berrett-Koehler Publisher Inc., San Francisco,CA 2007, p.XXVI
 D.Whitney - A.Troster-Bloom, The power of appreciative inquiry, San Francisco, Berrett-Koehler 2003,
 V.E.Frankl,Logoterapia e analisi esistenziale (1946-1982),Morcelliana,Brescia 2005
 G.T. Henry - J.C. Greene - H. Preskill - A.T. Coghlan, American Evaluation Association, Using Appreciative Inquiry in Evaluation,Jossey-Bass 2003, p. 6 Madrid, 2008
 Varona Madrid Federico, La intervención apreciativa. Ediciones Uninorte, Barranquilla, Colombia.2009
 H.Anderson - D. Cooperrider - K.Gergen - M.Gergen - S. Mcnamee - D.Whitney, The appreciative organization,Ohio:Taos Institute Publications 2008.
 F. Barrett - R. Fry, Appreciative inquiry: A positive approach to building cooperative capacity, Chagrin Falls,OH,Taos Institute Publications 2005.
 D.L.Cooperrider- P.F.Sorensen -D.Whitney -T.F.Yaeger,Appreciative inquiry:Rethinking human organization toward a positive theory of change,Champaign, IL, Stipes Publishing LLC 2000.
  D.L.Cooperrider- S.Srivastva,Appreciative Inquiry inOrganisational Life.Research inOrganisational Change andDevelopment,1987.
  D.L.Cooperrider - D.Whitney, Collaborating for change: Appreciative inquiry, San Francisco,CA Berrett-Koehler 1999.
 D.L.Cooperrider - D.Whitney, A positive revolution in change: Appreciative Inquiry, Stipes Publishing 2000.
M.Garrison - J.Moore,Appreciative inquiry and organization transformation,Westport,CT,Quorum Books 2001.
 H. Preskill - T.Tzavaras Catsambas, Reframing evaluation through appreciative inquiry, San Francisco.Thousand Oaks, CA, LondonNew Delhi, Sage Publications 2006.
  J.Reed, Appreciative inquiry: Research for change,Thousand Oaks,CA, Sage Publications 2006
 J.M. Stavros - C.B.Torres,Dynamic relationship:Unleashing the power of appreciative inquiry in daily living,Chagrin Falls,OH,Taos Institute Publications 2005
 J.M.Watkins - B.J. Mohr, Appreciative inquiry: Change at the speed of imagination, San Francisco,Jossey- Bass 2001.
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pangeanews · 5 years ago
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“Tutta la razza dei letterati è porca, specialmente di questi tempi”. In Messico con Antonin Artaud
L’indigenza è necessaria per indignare, per gratificare il foro del precipizio – esigenza di cappio. Nel 1936, quando Antonin Artaud sbarca in Messico, il professor Guido Valeriano Callegari, esperto in civiltà precolombiane, redige la succinta voce “Tarahumara” per l’Enciclopedia Italiana Treccani. Ammiccando verso le sorti umane e progressive, il prof scrisse: “I Tarahumara furono visitati e studiati, per primo, dal gesuita Juan de la Fuente nel 1614, che li trovò allo stato semiselvaggio; presto s’incivilirono relativamente e sono oggi buoni operai e soldati disciplinati”. Artaud, laggiù, Al paese dei Tarahumara, andò – o non andò – per scoprire l’incivile e il selvaggio. Ciò che albeggiava in sé, soprattutto.
*
Antonin Artaud sembra l’anagramma di Arthur Rimbaud. Per lo meno, Antonin è la sbilenca custodia grammaticale di Arthur. Rimbaud, in Africa, ha decapitato il linguaggio; Artaud, in Messico, pretende un nuovo linguaggio.
*
In troppi si mimetizzano dietro la nudità flagrante di Artaud, compiendo una sorta di rettoscopia letteraria, ostentando ciò che non hanno: la carne nel verbo e la sua carie. Così, la ‘sregolatezza di tutti i sensi’ diventa evasione, irresponsabilità estetica, gioco al massacro – e non, al contrario, il massacro di tutti i giochi.
*
In Le Pèse-nerfs (1925) Artaud ha già soppesato l’impossibilità del linguaggio, l’esplicito demonio della lingua che attesta, preserva, conserva. Che ha perso la virilità magica, il vigore rituale – il vizio. “Tutta la scrittura è porcheria. Le persone che escono dal vago per cercar di precisare una qualsiasi cosa di quel che succede nel loro pensiero, sono porci. Tutta la razza dei letterati è porca, specialmente di questi tempi”. Quindi, dieci anni dopo, il Messico. Artaud ha attraversato ogni lingua e decapitazione del nervo verbale: ha letto Rimbaud e divinizzato Poe, ha subito la balbuzie, è stato ricoverato in sanatorio; ha sondato i Surrealisti, ha fatto cinema, ha teorizzato il “teatro della crudeltà”. Si dona il Messico, come espiazione ed esperimento. Non come esplorazione antropologica (Segalen in Cina), come avventura esistenziale (Malraux in Indocina), né come fuga dal mondo (Gauguin a Tahiti) o dal tempo (l’inafferrabile Michaux). In verità, non è Artaud che va in Messico – è il Messico che precipita dentro di lui. Il Messico come gorgo, come tuffo. “Ho scelto il dominio del dolore e dell’ombra… Opero nell’unica durata”, scrive nei Frammenti d’un diario d’inferno. Di ogni cosa svela il cristallino; in contrasto con la cristallizzazione in oggetto ‘culturale’, il culto.
*
Nella giungla delle poesie di Artaud, nel 1924, Jacques Rivière vede “goffaggini e soprattutto stranezze sconcertanti”; eppure “mi mandi tutto quello che farà”. Rivière vuole intrattenersi con il mostro che gli è precluso, vuole attingere all’estraneo – tuttavia, senza renderlo pubblico. “Ha il diritto di avermi dimenticato”, fa Artaud – che per quel diritto scrive. Ci si affanna a dimenticare l’indimenticabile.
*
Il Messico, in verità, non è esperienza lisergica – Il rito del Peyotl presso i Tarahumara, testo del 1943, scritto quando è internato a Rodez – ma linguistica. Artaud non è affascinato dal ‘paesaggio’ ma dalla grammatica della foresta. “Il paese dei Tarahumara è pieno di segni, di forme, d’effigi naturali, che non sembrano affatto nati dal caso, come se gli dèi, che qui si sentono ovunque, avessero voluto significare i loro poteri con queste strane forme in cui è la figura dell’uomo a venir perseguita da ogni parte… Della montagna o di me non posso dire che cosa fosse stregato, ma un simile miracolo ottico, in quel periplo attraverso la montagna, l’ho visto presentarsi almeno una volta al giorno”. A Jean Paulhan, nel 1937, Artaud cerca di spiegare il vocabolario della natura, i segni che ha scovato: e trova congiunzioni cubiche tra la “montagna Tarahumara” e ciò che “racconta Platone degli atlantidi”. Già sarchiato, dal 1919, dalle droghe, Artaud non cerca l’estasi ma la rivelazione. “Un europeo non accetterebbe mai di pensare che quel che ha sentito e percepito nel proprio corpo, l’emozione da cui è stato scosso, la strana idea che ha appena avuto e che lo ha entusiasmato per la bellezza, non sia sua, e che un altro abbia sentito e vissuto tutto questo proprio nel suo corpo, o allora penserebbe di essere pazzo e di lui si sarebbe tentati di dire che è diventato un alienato”.
*
Comunicare è coercizione, esclude l’esclusivo del linguaggio. La letteratura, mercato di codici, castra, gratifica nell’abominio della convenzione – che sia lieta bevanda borghese o esegesi del ‘maledettismo’ è sempre la stessa posa. Si va in Messico come si legge Lautréamont. “Insisto sul punto che Isidore Ducasse non era né un allucinato né un visionario, ma un genio, che non smise per tutta la vita di vedere chiaro quando guardava e attizzava nel maggese dell’inconscio ancora inutilizzato. Il suo e nient’altro”. Qui, l’alterazione del senso in favore del consenso: “la strategia non consiste nel sacrificare il proprio io di poeta e, in quel momento, d’alienato a tutti, ma di lasciarsi penetrare e violentare dalla coscienza di tutti, in modo tale da essere nel proprio corpo solo il servo delle idee e reazioni di tutti”. Il poeta deve sgattaiolare da ogni tentativo di essere compreso, perché lui, compreso in tutto, non esiste, è incomparabile. “Se soltanto si potesse assaporare il proprio nulla, assopirsi nel proprio nulla”.
*
Di ritorno dal Messico, il precipizio è ovvio, preparato. Artaud si lega a Cécile Schramme, belga, ricca. A Bruxelles tiene alcune flagranti conferenze sul viaggio messicano. In una di queste urla, “Chi vi dice che sia ancora vivo?”. In un’altra: “Perdonate, ho perso gli appunti che mi ero preparato, vi parlerò dunque degli effetti della masturbazione sui gesuiti”. In seguito ai banali scandali, la famiglia di Cécile – il padre aveva preso a cuore Antonin: lo portava a visitare i capannoni dei tram, appartenenti alla società di trasporti pubblici di cui era il responsabile, perché egli sognasse rotaie volanti e carrozze sottomarine – ordinò alla ragazza di rompere i rapporti con il poeta. Lui, nell’agosto del 1937, partì per le Isole Aran, Irlanda. Il viaggio dura poco: Artaud non ha soldi, dorme dove capita, si crede l’erede di San Colombano. Lo arrestano il 23 settembre a Dublino per vagabondaggio e disturbo della quiete pubblica: cinque giorni dopo è imbarcato per Le Havre. In Francia, lo vediamo nel bozzolo della camicia di forza, comincia il requiem nelle cliniche di cura, fino a Rodez, nel 1943.
*
Il Messico resta un’ossessione. “Non sono andato al Messico per fare un viaggio d’iniziazione o di piacere da raccontare poi in un libro che si può leggere accanto al fuoco; ci sono andato per ritrovare una razza che potesse seguirmi nelle mie idee”, scrive nel 1945, da Rodez. “Ero sul Golgota duemila anni fa e come sempre mi chiamavo Artaud e detestavo i preti e dio, perciò fui messo in croce dai preti di Geova in quanto poeta illuminato, e gettato poi in un mucchio di letame”. Malcolm Lowry, lo scrittore di Sotto il vulcano, è a Cuernavaca dal novembre del 1936: mi piace pensare che abbia conosciuto Artaud, e che il poeta gli abbia concesso lucidi consigli di scrittura tra un consesso alcolico e l’altro. Come sempre, la strategia non è scappare, ma scavare, gettare qualche parola nella terra, attendere che cresca l’albero con i corvi al posto dei rami. Dalla lingua cavare il ritmo, perché tutto è liturgia. (d.b.)
L'articolo “Tutta la razza dei letterati è porca, specialmente di questi tempi”. In Messico con Antonin Artaud proviene da Pangea.
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persinsala · 8 years ago
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Al Teatro Studio Uno di Torpignattara, Barbara Caridi dirige Claudia Salvatore in Run, uno spettacolo dai due volti.
Inscenato in una stravolta Sala Specchi, con il pubblico seduto ai lati e la dinamica dell’attrice nel mezzo, Run è un allestimento ibrido. Ben radicato nella tradizione metateatrale, che alla rottura dell’illusione scenica accompagna l’analisi della realtà concreta, lo spettacolo di Barbara Caridi e Claudia Salvatore palesa esplicitamente i propri debiti nei confronti del linguaggio performativo, ossia di una grammatica in cui a costituire l’opera è l’azione stessa, l’interpretazione formale risulta assente e il muro che separa arte e vita, di fatto, abbattuto.
Ribaltando l’idea che la corsa sia una manifestazione neutrale dell’esistenza perché associata a meri istinti primordiali (dalla reazione alla paura alla ricerca del cibo e a quella della felicità), Run ha come protagonista un «imperativo categorico» (corri) che si evolve fino ad «assomigliare a una fuga» durante la quale «accade di incontrare se stessi».
Infatti, provando a raccontarsi per contrarietà rispetto al proprio oggetto in una performance semistrutturata e volontariamente caotica ed emotiva, Run rappresenta il «senso di una ricerca, che passa per urgenze, campanelli d’allarme, start, finish line, desideri, visioni, delusioni, ma soprattutto Desideri»; una ricerca in cui «la posta in gioco è alta» perché «in questo correre verso la latteria a prendere il latte, può accadere che il latte non sia più il vero oggetto del desiderio» e che ci sia «qualcos’altro per cui valga la pena di correre oltre», che «quello che cerchi sia TU […] corri per incontrarti, corri per dimenticarti, corri per restare a galla».
Con i suoi significativi rimandi alla contemporaneità e la continua esplorazione interrotta dello spazio scenico, Run sembra ammonire lo spettatore come il correre non sia da considerare un momento individuale tout court, ma personale nel senso di inscritto nella collettività e nel tempo di appartenenza. L’affanno di un’estenuante autoimposizione alla corsa, l’asfissiante riscoperta di ulteriori motivazioni per andare continuamente avanti e, last but not least, la banalità della morte cui giunge ogni per-corso di vita, in particolare di chi migrante vede drammaticamente infrangere ambizioni e speranze nel Mare nostrum, sono pulsioni storico-culturali che lasciano affiorare nella e dalla protagonista non solo la percezione di un privato disagio interiore, ma anche, se non soprattutto (almeno nelle intenzioni), l’affermazione di una volontà determinata a non soccombere di fronte allo scontro impersonale che l’epoca contemporanea presenta quale  inevitabile prezzo da pagare per i ritmi (dis)umani che coinvolgono e travolgono l’io con il noi. Visto da questa prospettiva, in Run si assiste dunque all’ambizioso tentativo di oltrepassare l’intepretazione culturale del corpo nelle sue categorie valutative e competitive per arrivare a delinearne addirittura la valenza fenomenologica e disciplinare.
L’introduzione del pubblico nel finale e gli stralci di musica dal vivo; la realizzazione figurativa di quanto possa essere straziante ogni vagare esistenziale e il simbolismo altrettanto dilaniante delle scarpe come rimando al ricordo di chi non è più; infine, l’impossibile approccio narrativo e la mancata definizione dei caratteri sono spunti che, nel tentativo di veicolare l’empatia del pubblico al proprio interno, appaiono tuttavia funzionali solo a tratti perché in parte stucchevoli nel cercare di restituire una sensazione di articolata omogeneità a quadri purtroppo scolasticamente presentati senza soluzione di continuità
Facendo della radicalità della prospettiva la propria principale virtù, il lavoro di Barbara Caridi e Claudia Salvatore paga allora, almeno allo stato dell’arte, un dialettica ancora autoreferenziale tra gestualità (confusa) ed esposizione verbale (criptica), nonché l’incertezza di fondo (decidere se collocarsi o scegliere tra performing e performance art), così inficiando la possibilità di far esperire con efficacia quella dimensione di solitudine e perdita che pure sembrerebbe essere nelle corde di Run e da cui nessuno potrebbe realmente sentirsi risparmiato.
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Lo spettacolo è andato in scena Teatro Studio Uno via Carlo della Rocca 6, Roma dal 6 al 9 aprile 2017
Run di Barbara Caridi e Claudia Salvatore regia Barbara Caridi con Claudia Salvatore paint & grafic Roberto Ciangola (Rob Funkyfrog) e Guido D’angelo live music Flavio Rambotti fotografie Fabio Trisorio
Run Al Teatro Studio Uno di Torpignattara, Barbara Caridi dirige Claudia Salvatore in Run, uno spettacolo dai due volti.
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pier-carlo-universe · 3 days ago
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"Al mio corpo" di Gianfranco Isetta: un viaggio poetico tra corpo e anima. Recensione di Alessandria today
Una riflessione sulla vita e l’esistenza attraverso versi non euclidei
Una riflessione sulla vita e l’esistenza attraverso versi non euclidei Un’opera poetica unica Gianfranco Isetta, con la sua poesia “Al mio corpo”, ci accompagna in un’intima riflessione sull’esistenza, il corpo e l’anima. Questo componimento, tratto dalla raccolta “Passaggi Curvi – Poesie non euclidee” pubblicata da Puntoacapo Editrice nel 2014, affronta con delicatezza e profondità il tema del…
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pier-carlo-universe · 21 days ago
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Di fiore in fiore di Biancamaria Valeri: Una celebrazione poetica della vita e della natura
La poetessa Biancamaria Valeri torna a emozionare i lettori con “Di fiore in fiore”, pubblicato dall'Editore Miano
L’intreccio tra essenzialità linguistica e profondità esistenziale. La poetessa Biancamaria Valeri torna a emozionare i lettori con “Di fiore in fiore”, pubblicato dall’Editore Miano. In questa raccolta, Valeri esplora la complessità della vita, intrecciando i temi dell’esistenza con il fascino della natura, in una narrazione poetica ricca di profondità emotiva e culturale. Essenzialità e…
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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Sgranellando sogni: La poesia di Silvia De Angelis tra introspezione e surrealismo. Recensione di Alessandria today
Un viaggio nei territori dell’anima. La poesia "Sgranellando sogni" di Silvia De Angelis rappresenta un’esplorazione intima e visionaria del mondo interiore, dove l'autrice si muove tra l'empatia, la memoria e il sogno.
Un viaggio nei territori dell’anima. La poesia “Sgranellando sogni” di Silvia De Angelis rappresenta un’esplorazione intima e visionaria del mondo interiore, dove l’autrice si muove tra l’empatia, la memoria e il sogno. Con un linguaggio ricco di immagini evocative e suggestive, la poetessa ci guida in un’esperienza onirica che fonde introspezione e riflessione universale. Biografia…
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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“Avere la pazienza del pane” di Benedetta Sanna (Eretica Edizioni, 2024. Recensione a cura di Rita Bompadre
“Avere la pazienza del pane” di Benedetta Sanna (Eretica Edizioni, 2024 pp. 68 € 15.00) 
“Avere la pazienza del pane” di Benedetta Sanna (Eretica Edizioni, 2024 pp. 68 € 15.00)  discioglie l’origine del fermento esistenziale mescolando gli ingredienti con un espediente indispensabile per far maturare l’amalgama emotivo attraverso la fragranza dei versi e il profumo della memoria. Benedetta Sanna concede il suo tempo interiore nella preparazione di una riflessione umana, lungo il…
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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“Mi sento in bilico” di Mirella Ester Pennone Masi: Una Poesia Intensa tra Ricordi e Speranza. Recensione di Alessandria today
Un Viaggio Poetico tra Emozioni Contrastanti e la Ricerca di Equilibrio.
Un Viaggio Poetico tra Emozioni Contrastanti e la Ricerca di Equilibrio. Biografia dell’autrice.Mirella Ester Pennone Masi è una poetessa di rara sensibilità, capace di trasformare in versi emozioni profonde e complesse. Nata e cresciuta con una forte passione per la scrittura, Mirella Ester ha dedicato la sua vita a esplorare le sfumature dell’animo umano attraverso le parole. Le sue opere,…
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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"L’orizzonte del dubbio", un omaggio a José Saramago. Recensione di Alessandria today
L’orizzonte del dubbio è un’opera poetica che si ispira alla profondità filosofica e narrativa di José Saramago, Premio Nobel per la Letteratura nel 1998.
L’orizzonte del dubbio è un’opera poetica che si ispira alla profondità filosofica e narrativa di José Saramago, Premio Nobel per la Letteratura nel 1998. Questa composizione riflette il tema centrale dell’autore portoghese: l’esplorazione dei confini del reale e dell’immaginazione, e il valore del dubbio come motore della conoscenza. La poesia invita il lettore a riflettere sull’incertezza come…
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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"Itinerari in cerca di senso" di Giuseppe Aletti: un viaggio emotivo tra sogni e riflessioni. Un libro che esplora la finitezza umana e l'importanza di perseguire i propri desideri
Con "Itinerari in cerca di senso", il poeta, editore e formatore Giuseppe Aletti prosegue il suo percorso esistenziale e letterario, offrendo una riflessione profonda sull'essenza della vita e sulle aspirazioni che la rendono significativa
Con “Itinerari in cerca di senso”, il poeta, editore e formatore Giuseppe Aletti prosegue il suo percorso esistenziale e letterario, offrendo una riflessione profonda sull’essenza della vita e sulle aspirazioni che la rendono significativa. Pubblicato dalla Aletti Editore, questo volume rappresenta la seconda opera della trilogia dedicata al viaggio e al tempo, dopo il successo di “Feritoia”. Un…
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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La vanità delle stelle cadenti: Un viaggio attraverso l'immensità dell'universo umano. Recensione di Alessandria today
Alessandro De Benedetti esplora i misteri dell'esistenza con una prosa poetica che incanta e fa riflettere Trama del libro "La vanità delle stelle cadenti" di Alessandro De Benedetti è un’opera che combina narrativa, filosofia e poesia per indagare il si
Alessandro De Benedetti esplora i misteri dell’esistenza con una prosa poetica che incanta e fa riflettere Trama del libro “La vanità delle stelle cadenti” di Alessandro De Benedetti è un’opera che combina narrativa, filosofia e poesia per indagare il significato della vita e dell’universo. Le stelle cadenti, simbolo di desideri e aspirazioni, diventano qui metafora della fragilità e della…
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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"Pavor nocturnus (Storie di uomini che hanno paura)" di Paolo LentiTre racconti per esplorare l'animo umano tra incubi, solitudine e redenzione. Recensione di Alessandria today
Un viaggio nella complessità della psiche
Un viaggio nella complessità della psiche Il libro “Pavor nocturnus (Storie di uomini che hanno paura)”, pubblicato il 1° gennaio 2023, è una raccolta di tre racconti in cui Paolo Lenti esplora le profondità della condizione umana attraverso personaggi che affrontano le proprie paure, sogni e desideri inespressi. Con una narrazione coinvolgente e introspezione psicologica, l’autore ci invita a…
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pier-carlo-universe · 3 months ago
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Tramonto d'Inferno di Antonella Di Martino: Mancano Poche Ore alla Fine. Recensione di Alessandria today
Un romanzo intenso e claustrofobico che esplora i limiti dell'animo umano
Un romanzo intenso e claustrofobico che esplora i limiti dell’animo umano “Tramonto d’Inferno: mancano poche ore alla fine”, scritto da Antonella Di Martino, è il secondo volume della serie “Legami di sangue, legami d’amore”. Questo romanzo, pubblicato in formato Kindle, si addentra nei meandri più oscuri delle relazioni umane, mettendo a nudo emozioni profonde e contraddittorie. Il…
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