#riflessione emotiva
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Il valore di un'anima sensibile: Una riflessione sul tradimento e la perdita
Un testo di saggezza e introspezione per comprendere la profondità dei legami umani
Un testo di saggezza e introspezione per comprendere la profondità dei legami umani Biografia dell’autore. Questo testo, di autore sconosciuto, rientra tra quelle riflessioni che viaggiano anonime nel mondo, ma che trovano un posto speciale nel cuore di chi le legge. Nonostante l’assenza di un nome, il messaggio universale che trasmette supera ogni confine temporale o culturale, confermandosi…
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Non sono riuscito a gestirmi ho dato troppo a tutti indistintamente, senza ricevere niente o poco.
Il fulcro della questione l'hai individuato: non hai mezze misure o tutto o nulla. Lavorarci su è ormai un obbligo per te, per stare bene con te stesso.
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Dipendenza Affettiva: strategie e strumenti per i coach
La dipendenza affettiva è una condizione emotiva complessa in cui una persona sviluppa un legame eccessivamente intenso e spesso malsano con un’altra persona. Questo tipo di dipendenza può portare a comportamenti dannosi sia per l’individuo che per la relazione stessa. Per i coach, comprendere e affrontare le sette fasi della dipendenza affettiva è cruciale per aiutare i clienti a superare queste…
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La Pace Che Cerchiamo
Ci sono momenti in cui non desideri altro che sparire. Non in modo drammatico o definitivo, ma in un modo silenzioso, invisibile, come un sasso che affonda in un lago senza fare rumore. Non cerchi la pace del mondo, quella è una battaglia troppo grande, troppo lontana. No, tutto ciò che vuoi è la tua pace, un angolo sicuro dove nasconderti dal rumore, dal peso, dalle aspettative che ogni giorno ti schiacciano un po’ di più.
Chiedi solo un letargo, un momento sospeso in cui il tempo non conta, in cui il cuore non deve combattere ogni istante per restare a galla. Un’anestesia per tutto ciò che ti fa male, per i ricordi che ti tormentano, per le domande che non trovano risposta. Non è vigliaccheria, è stanchezza. Stanchezza di sentirti in guerra con te stessa, con il mondo, con quel continuo dover dimostrare di essere all’altezza, di essere forte, di essere qualcosa di più.
Non chiedi molto, in fondo. Solo la certezza di essere ben nascosta, lontano dagli occhi di chi ti giudica, lontano dalle aspettative di chi non capisce. Un posto dove puoi smettere di fingere, smettere di sorridere quando dentro ti senti a pezzi. Un posto dove non c’è bisogno di spiegare il tuo silenzio, dove puoi semplicemente essere.
Eppure, il mondo sembra non concederti mai questa tregua. Ti spinge, ti tira, ti urla addosso che devi andare avanti, che devi correre, che non puoi fermarti. Ma chi ha deciso che dobbiamo sempre essere forti? Chi ha stabilito che non è concesso fermarsi, riposare, lasciarsi cullare dal nulla?
A volte ti sembra di essere l’unica a sentire questo peso. Guardi gli altri e sembrano così sicuri, così integri, così capaci di affrontare ogni cosa senza vacillare. Ma poi, se li osservi bene, ti accorgi che anche loro nascondono crepe, anche loro hanno le loro notti buie, i loro momenti di fuga. Solo che non lo dicono, non lo mostrano.
Allora ti chiedi se forse siamo tutti uguali, tutti in cerca di quella pace personale che sembra sempre sfuggirci, di quel letargo che ci permetta di riprendere fiato. Ma pochi lo ammettono, perché viviamo in un mondo che premia chi non si ferma, chi non crolla, chi sembra invincibile.
Eppure, non c’è nulla di più umano che desiderare la propria pace. Non quella che risolve ogni problema, non quella che sistema il mondo, ma quella che ti permette di respirare, di sentire che per un attimo sei al sicuro. Una pace che non dipende da niente e da nessuno, che non devi conquistare o guadagnare, ma che semplicemente ti viene concessa.
Forse è questa la vera sfida: smettere di lottare contro quel bisogno, accettare che non è un segno di debolezza ma di umanità. Permetterti di chiedere meno al mondo e più a te stessa, di cercare il tuo angolo nascosto, il tuo momento di tregua.
E quando lo trovi, anche solo per un istante, ti accorgi che non hai bisogno di molto altro. Perché la pace non è un traguardo lontano, è un respiro profondo, una pausa in mezzo alla tempesta, una carezza che ti ricorda che sei ancora qui. Viva, fragile, ma intera. E forse, in quell’istante, capisci che non stavi chiedendo troppo.
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La mia fedeltà non è una garanzia, ma una scelta. E nel caos del mio cuore, sei l'unica certezza che ho.
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I ragazzi di oggi: un'emergenza educativa della società liquida del XXI secolo
Demotivati, senza valori, con lo sguardo sempre rivolto verso uno schermo. Pare che i ragazzi d’oggi prendano parte ad una generazione a sè stante, con linguaggi ed atteggiamenti indecifrabili e lontani dai codici tradizionali. In questo mondo globalizzato la realtà fluida permea in ogni vissuto, trascinando verso l’abisso soprattutto chi non ha gli strumenti per decifrarne le difficoltà…
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-Ti amo -disse il Piccolo Principe.
-Anch’io ti voglio bene -rispose la rosa.
-Non è la stessa cosa -replicò lui...- Amare significa avere la piena fiducia che ci sarai sempre, qualunque cosa accada. Non perché mi devi qualcosa, non per un possesso egoista, ma per esserci, in una compagnia silenziosa.
Amare è sapere che il tempo, le tempeste o i miei inverni non ti cambieranno. Dare amore non consuma l’amore, anzi, lo moltiplica. Il modo per restituire tanto amore è aprire il cuore e lasciarsi amare.
-Ho capito -disse la rosa.
-Non capirlo, vivilo -aggiunse il Piccolo Principe.
Questa riflessione tratta da Il Piccolo Principe di Antoine De Saint-Exupéry ci invita a riflettere sul vero significato dell’amore. Il dialogo tra il Piccolo Principe e la rosa sottolinea l’importanza della fiducia, della presenza silenziosa e dell’amore incondizionato, immutabile nel tempo e nelle difficoltà.
Il Piccolo Principe spiega che amare non riguarda il possesso, ma essere presenti senza aspettarsi nulla in cambio. Significa accettare l’altro così com’è, senza volerlo cambiare, e restare nei momenti di calma e di tempesta. Inoltre, dare amore non lo esaurisce, ma lo fa crescere. La reciprocità nasce quando si apre il cuore e si permette all’altro di amarci.
La rosa, inizialmente, sembra capire le parole del Piccolo Principe, ma lui la invita a non limitarsi a comprenderle, bensì a viverle pienamente. Questo insegnamento ci spinge a sperimentare l’amore in modo autentico e profondo, al di là delle parole.
L’amore vero si fonda su una donazione disinteressata, sull’accettazione reciproca e sulla condivisione emotiva. È un invito a vivere l’amore nella sua pienezza, con il cuore aperto e la mente serena.
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Ruperto Banterle, Anelito fuggente.
Anelito Fuggente di Ruperto Banterle è una scultura che cattura un momento di intensa drammaticità e struggente bellezza. In essa, un uomo, simbolo dell’umanità, si protende disperatamente verso una donna che si sta allontanando, incarnazione della vita che sfugge. È un gesto pieno di tensione emotiva, un dialogo silenzioso tra chi resta e chi è costretto a partire.
La nudità delle figure non è solo un dettaglio estetico, ma un potente simbolo universale: siamo nudi nel nascere e nel morire, spogli di tutto ciò che accumuliamo, portando con noi soltanto la nostra essenza. La scultura sembra sospesa in un equilibrio precario tra il desiderio e la rassegnazione, tra amore e perdita, mostrando come l’uno sia inevitabilmente legato all’altra.
Ogni linea dell’opera è intrisa di sensualità e fragilità, esprimendo la fugacità della vita e l’impossibilità di trattenere ciò che è destinato a sfuggire. Non è solo un monumento funebre, ma una riflessione profonda sull’esistenza e sulla forza dell’amore anche di fronte alla morte. L’opera parla direttamente all’animo umano, rivelando la disperazione e al tempo stesso la bellezza dell’atto di lasciar andare.
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L’ora di greco - di Han Kang, Adelphi
Premessa: sono tra coloro che ritengono che il Nobel per la letteratura ad Han Kang si assolutamente meritato. Inutile proseguire la lettura se si è già convinti del contrario.
Probabilmente per me questo è il romanzo più bello tra quelli fin qui tradotti in italiano (o inglese). Molto breve ma denso, esplora temi profondi come la perdita, la solitudine, e la ricerca dell’identità. È del 2011 anche se qui da noi è arrivato appena l’anno scorso. Un viaggio introspettivo in cui due persone, apparentemente molto diverse, si incontrano e si comprendono attraverso la condivisione di un dolore nascosto e silenzioso.
Lei, Hanja, dopo aver vissuto un periodo di intensa sofferenza, ha trovato il silenzio come rifugio: non parlare, più che una scelta volontaria, è una reazione istintiva e fisiologica alla sua sofferenza. Le parole per lei si sono trasformate in strumenti di dolore, tanto che la voce stessa le sembra ormai qualcosa di estraneo. Dopo in matrimonio fallito e la perdita di custodia del figlio, persa anche la madre le sembra di aver ormai perso qualsiasi contatto con la propria identità e il mondo che la circonda. Come via di fuga da questo dolore, inizia a seguire lezioni di greco antico, una lingua che per lei diventa una sorta di “nuovo inizio”, poiché le consente di esprimere e riscoprire sé stessa senza le ferite che l’uso della lingua madre le provoca.
È così che la sua vita incrocia il suo insegnante di greco, un uomo non vedente che vive anche lui un’esistenza profondamente segnata dalla perdita. Per lui la cecità ha rappresentato un graduale distacco dal mondo, ma nonostante le difficoltà quotidiane ha imparato a navigare attraverso questo vuoto grazie all’amore per le parole e per la letteratura. Egli usa il greco come strumento per mantenere un legame con il mondo esterno e per dare un senso al proprio passato.
Attraverso questo incontro tra la donna e il suo insegnante, Han Kang esplora l’intimità della comunicazione e del linguaggio come mezzo di guarigione. Entrambi i protagonisti sono segnati da ferite invisibili e trovano nella lingua greca un terreno neutrale in cui potersi esprimere senza il peso delle loro storie personali. Il greco antico diventa simbolo di un viaggio interiore, che permette loro di riconoscere il proprio dolore e, in qualche modo, di riappropriarsi delle proprie vite.
Han Kang utilizza una prosa poetica e riflessiva per approfondire i sentimenti complessi dei protagonisti. La narrazione alterna i punti di vista della donna e dell’insegnante, e attraverso le loro prospettive frammentate il lettore è invitato a riflettere sul significato dell’empatia, della perdita, e della redenzione. I dialoghi sono ridotti al minimo, quasi come se l’autrice volesse rispettare il silenzio che i due protagonisti sembrano cercare.
In sostanza, un romanzo che parla di sopravvivenza emotiva. Attraverso la storia dei protagonisti, Han Kang esplora la possibilità di trovare una via d’uscita dal dolore e dalla perdita senza negare le proprie ferite. La lingua greca diventa metafora del processo di auto-ricostruzione, una lingua che, con le sue radici antiche, permette ai personaggi di esprimere sentimenti che sembravano impossibili da comunicare.
Un delicatissimo racconto di Han Kang, che con la sua scrittura minimalista invita alla riflessione sulla complessità dell’animo umano, sul ruolo del linguaggio, e sulla possibilità di una rinascita anche nei momenti più bui. Leggetelo solo se questi temi vi appassionano. Diversamente state andando incontro a una delusione.
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momento di riflessione su quanto esprimano determinati quadri e l’arte in se come rappresentazione sentimentale/psicologica/emotiva. vero e proprio mezzo di comunicazione per emozioni e stati d’animo.
ogni dipinto mi innesca una serie di dialoghi introspettivi dove in un modo o nell’altro mi domando cosa il pittore avrebbe voluto esprimere e ci sono sempre diverse opinioni contrastanti. capita che un quadro mi esprima gioia e dolore, e mi chiedo che sensazione lui debba aver avuto dentro dipingendo. anche se in fondo, dell’arte (di qualsiasi forma) è bella proprio la consapevolezza che ad ogni persona susciti una cosa diversa.
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Edoardo Zollo: Una guida compassionevole alla crescita personale e alla guarigione delle relazioni
Nel panorama in continua evoluzione della salute e del benessere mentale, il ruolo di un terapista esperto è più importante che mai. Uno di questi esperti, Edoardo Zollo, si distingue per la sua profonda comprensione del comportamento umano e per la sua dedizione nell’aiutare individui e coppie ad affrontare le sfide emotive della vita. Che tu stia lottando con conflitti relazionali, cerchi una crescita personale o abbia bisogno di supporto durante le transizioni della vita, i servizi terapeutici specializzati di Edoardo offrono uno spazio sicuro e di supporto per la guarigione e la crescita.
Edoardo Zollo: un terapista di fiducia per l'individuo e la coppia Edoardo Zollo è un rinomato psicologo che porta una vasta esperienza nella terapia sia individuale che di coppia. Il suo approccio si basa su una profonda comprensione della teoria psicologica e dell'applicazione pratica, attingendo a metodi basati sull'evidenza come la terapia cognitivo comportamentale (CBT), le tecniche di consapevolezza e la teoria dell'attaccamento. L’approccio di Zollo è centrato sul cliente, il che significa che adatta i suoi metodi per soddisfare le esigenze uniche di ogni persona o coppia con cui lavora.
Il lavoro di Zollo può essere sostanzialmente suddiviso in due aree chiave: terapia individuale e terapia di coppia. Ciascuno di essi svolge un ruolo fondamentale nell'aiutare i clienti a raggiungere la salute e la stabilità emotiva, ma sono distinti nel focus e nelle tecniche.
Terapia di coppia: risolvere i conflitti e ricostruire la connessione Le relazioni sono complesse ed è naturale che sorgano conflitti. Disaccordi, problemi di comunicazione e bisogni insoddisfatti possono portare a una distanza emotiva che, se lasciata irrisolta, può minacciare le fondamenta della relazione. Zollo è specializzato in terapia di coppia, aiutando i partner a comprendere le proprie dinamiche emotive, migliorare la comunicazione e ricostruire la fiducia.
La terapia di coppia con Zollo non significa incolpare un partner o "aggiustare" una persona. Si tratta piuttosto di comprendere le esigenze specifiche di ciascun partner e di identificare modelli di comportamento che possono contribuire al conflitto. Il suo obiettivo è aiutare le coppie ad affrontare i loro problemi in modo sano e costruttivo.
Alcuni problemi comuni che portano le coppie in terapia con Edoardo Zollo includono:
Discussioni frequenti: che si tratti di soldi, responsabilità domestiche o bisogni emotivi, le discussioni frequenti possono essere un segno di problemi più profondi all'interno della relazione. Zollo aiuta le coppie a scoprire le cause profonde di questi conflitti e le guida verso strategie di comunicazione e risoluzione efficaci.
Perdita di intimità: nel corso del tempo, le coppie possono sperimentare un declino dell’intimità emotiva o fisica. Zollo lavora con le coppie per riconnettersi, promuovendo un ambiente in cui la vulnerabilità e l'affetto possano prosperare ancora una volta.
Infedeltà e problemi di fiducia: la fiducia è la pietra angolare di ogni relazione e, quando viene interrotta, può essere difficile ricostruirla. Zollo offre uno spazio sicuro e neutrale per le coppie che affrontano infedeltà o violazioni della fiducia, aiutandole a elaborare le proprie emozioni e a lavorare per la guarigione.
Transizioni della vita: i principali cambiamenti della vita, come il matrimonio, la nascita di un figlio, i cambiamenti di carriera o il trasferimento in un nuovo luogo, possono sottoporre a stress significativo le relazioni. Zollo fornisce alle coppie gli strumenti e le strategie per affrontare insieme queste transizioni, garantendo che rimangano solidali e connesse.
Terapia individuale: sbloccare la crescita personale e la guarigione emotiva Mentre la terapia di coppia si concentra sul miglioramento delle relazioni, la terapia individuale offre uno spazio per la riflessione personale, la guarigione emotiva e la crescita. Edoardo Zollo è specializzato anche in terapia individuale, lavorando con i clienti per affrontare una serie di problemi psicologici. Il suo approccio terapeutico individuale è adattato alle esigenze specifiche di ciascun cliente, aiutandolo a comprendere meglio le proprie emozioni, comportamenti e modelli di pensiero.
La terapia individuale con Edoardo Zollo può essere utile per una vasta gamma di sfide, tra cui:
Ansia e depressione: molte persone lottano con sentimenti di ansia, tristezza o disperazione. La terapia di Zollo aiuta i clienti a identificare le fonti del loro disagio emotivo e a sviluppare meccanismi di coping per gestire questi sentimenti in modo più efficace.
Autostima e fiducia: la bassa autostima e la mancanza di fiducia possono avere un impatto su molti aspetti della vita, comprese le relazioni, la carriera e la realizzazione personale. Zollo lavora con i clienti per costruire autostima, aiutandoli ad adottare concetti di sé più sani e dando loro la possibilità di vivere in modo autentico.
Dolore e perdita: il processo di lutto per una persona cara, per un lavoro o per un cambiamento significativo nella vita può essere travolgente. Zollo offre supporto a coloro che affrontano il dolore, fornendo strategie per affrontare la perdita e iniziare il processo di guarigione.
Attraverso la terapia individuale, Zollo consente ai clienti di assumere il controllo della propria salute emotiva, dotandoli degli strumenti per favorire la crescita personale e la resilienza durature.
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Maria Teresa: un fiore fragile nel gelo dell’infanzia Un racconto di Maura Mantellino. Recensione di Alessandria today
Un racconto toccante e intenso di Maura Mantellino che esplora la resilienza e le ferite di un passato segnato dalla guerra e dalla privazione.
Un racconto toccante e intenso di Maura Mantellino che esplora la resilienza e le ferite di un passato segnato dalla guerra e dalla privazione. Biografia dell’autrice Maura Mantellino, scrittrice torinese e autrice di racconti profondamente emotivi, è una collaboratrice di Alessandria Today. Attraverso le sue storie, Maura esplora i lati più intimi della condizione umana, affrontando temi come…
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"LA CONSAPEVOLEZZA EMOTIVA"Consiste nella capacità di riconoscere le proprie emozioni nel momento in cui hanno inizio. E' conosciuta anche come consapevolezza di sé o autoconsapevolezza e va concepita come una forma di attenzione non reattiva e non critica verso i propri stati interiori. La possediamo quando riusciamo a guardare i nostri stati interni come se stessimo guardando il contenuto di un vaso trasparente.La presenza di buoni livelli di consapevolezza emotiva si traduce in buon dialogo con se stessi che rappresenta il primo passo per rispettare le proprie esigenze e i propri bisogni quando si compiono le scelte quotidiane anche piuttosto importanti. Gli individui dotati di buona consapevolezza di sé non tendono a reprimere i loro vissuti emotivi, che continuerebbero ugualmente a produrre i loro effetti ma, al contrario, fanno il primo passo verso la gestione efficace delle proprie emozioni mediante un'attribuzione di significato a ciò che gli accade, resa possibile dalla mediazione operata dal linguaggio con cui definiamo quello che proviamo. Questa condotta è positiva perché rispetta il bisogno naturale presente in tutti noi di dare un senso alle nostre esperienze e ai nostri vissuti.L'autoconsapevolezza inoltre, comportando la capacità di riconoscere precocemente i segnali fisiologici che accompagnano un'emozione, risulta fondamentale soprattutto per far fronte a condizioni emotive più intense, come ad esempio l'ansia, in quanto permette di imparare il ricorso precoce a tecniche di rilassamento come il controllo del respiro e il biofeedback . Essa è inoltre determinante per prevenire disturbi psicosomatici di varia natura, come mal di testa, tensioni muscolari, tachicardia, che spesso affidano al corpo il compito di dire le emozioni non espresse utilizzando il sintomo. La carenza estrema in questa area emotiva coincide con la negazione delle proprie emozioni che può essere la base della tendenza stabile al silenzio emotivo, noto in psichiatria con il nome di alessitimia, che letteralmente vuol dire mancanza di parole per definire le emozioni. Diversi studi hanno mostrato come essa sia una caratteristica che contraddistingue soprattutto i pazienti psicosomatici, i tossicodipendenti, in cui l'azione sostituisce la riflessione su se stessi, nonché soggetti che hanno subito gravi traumi, che adottano massicci meccanismi di difesa verso la propria realtà interiore che è fonte di sofferenza.
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In gruppo di studio di tarologia a cui partecipo è stata condivisa questa esperienza.
La posto qui perché è un racconto brutto e doloroso allo stesso tempo, ed è qualcosa che fa molto riflettere sul senso di empatia a cui si sentono chiamate (o legate) la maggior parte delle persone.
Di solito empatia per la massa significa non procurare altra sofferenza a quella che già sento che tu stai vivendo.
Questo apre la strada delle bugie "bianche", che tuttavia possono rivelarsi la peggiore scelta possibile, specie se nascono da distorsioni di bene e male.
Una donna che ha visto una problematica non ha detto ciò che era emerso per "empatia" verso la cliente. Il risultato è stato l'urlo della sua coscienza rispetto alla sua decisione.
Dove risiede e a cosa serve davvero l'empatia?
Quando sei empatico e quando hai paura di essere giusto?
Sai distinguere se ti comporti secondo la Volontà della coscienza o secondo le paure della mente?
Non è un giudizio verso la persona, scrivo questo per una riflessione logica, emotiva e sociale.
#empatia#tarologia#responsabilità#consapevolezza#coscienza#distorsioni#ego#illusioni#zombie#società#società malata#svegliatevi#sistema#aprite gli occhi#manipolazioni#lavoro su di sè#conosci te stesso#crescita interiore#crescita personale#spiritualità#discernimento#se o sè#tarocchi
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"Edith Schiele, Dying". Questo commovente lavoro dell'Espressionismo è conservato presso il Leopold Museum di Vienna ed è stato realizzato nel 1918.
L'opera ritrae Edith Schiele, la moglie dell'artista, nel suo letto di morte. Realizzata con carboncino nero su carta marrone, la composizione misura 43,8x29,5 cm. Schiele, con la sua maestria nel tratto, cattura la fragilità e la sofferenza del corpo malato, esprimendo un profondo senso di empatia e introspezione.
Il disegno rappresenta Edith distesa sul letto, avvolta da lenzuola bianche. Il suo volto pallido e le sue mani affrante suggeriscono una condizione di malattia avanzata. Schiele utilizza linee intense e decise per evidenziare l'angoscia e la vulnerabilità della figura, trasmettendo una potente carica emotiva.
La scelta del carboncino nero su carta marrone conferisce all'opera un'atmosfera intima e struggente. Schiele crea un contrasto tra la morbidezza del soggetto e la ruvidezza del supporto, creando un effetto visivo che amplifica l'emozione trasmessa dall'opera.
La firma di Schiele si trova in basso a sinistra e include la data "EGON SCHIELE gez. [disegnato] 27. X. abds. [di sera] / 28. Oktober 1918". Questa specifica datazione testimonia l'importanza dell'opera nella fase finale della vita dell'artista e l'intensità emotiva che l'ha ispirata.
Non abbiamo informazioni specifiche riguardo alle mostre in cui l'opera è stata esposta. Tuttavia, possiamo affermare che "Edith Schiele, Dying" rappresenta un punto culminante della produzione artistica di Schiele ed è considerata una delle sue opere più significative.
Attraverso questo ritratto di sua moglie morente, Schiele affronta il tema universale della morte e della sofferenza umana. Il suo stile espressivo e il suo uso intenso del tratto trasmettono un senso di intimità e di connessione emotiva con lo spettatore.
L'opera di Schiele va oltre la semplice rappresentazione fisica e penetra nell'interiorità e nella psicologia del soggetto. "Edith Schiele, Dying" invita a una riflessione profonda sulla fragilità della vita, la mortalità e il valore dell'amore e dell'empatia.
- Joe Conta - Disegni di Schiele: Edith Schiele, Dying
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tra l'altro poteva essere una riflessione interessante sulla terapia, l'assenza della stessa o la sua relativa impotenza, per di più in una provincia dove non è stata ancora sdoganata del tutto; cosa o come può aiutare la figlia, chiaramente stremata da stress post traumatico, in un ambiente che le è sia familiare che grottescamente castrante, specialmente per una donna. e invece il focus è sulla madre amorevole e stranita, che Non Sa Come Gestirla e si vergogna del suo dolore che non comprende. nell'anno del signore duemilaventiquattro anche in una cittadina sperduta dell'Abruzzo un'ideuzza su un colloquio con uno psicologo la si avrebbe, dopo un anno di miserie, però no, è meglio dedicare un libro alle madri preoccupate ma incapaci e alle figlie che soffrono ma non nel modo giusto (coerente e addolorato, non apatico, tendente a scatti di rabbia, a quell'altalena emotiva che la depressione spesso provoca)
#la prima persona del narratore ci incastra nella testa di una fisioterapista laureata che non ha proprio - almeno per ora#a metà libro - il guizzo che la figlia non sia afflitta da Oscuri Ricordi che la vincolano a Un Silenzio Sofferto ma che possa stare meglio#col giusto aiuto. no - quando non riesce a svegliarsi la mattina passa l'aspirapolvere davanti alla sua camera#per settimane. e non è proposto come qualcosa di negativo ma un inevitabile tentativo di una buona madre. tipo well bitch if you're not#going to be Normal let me torment you with this very loud device
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