#silenzi interiori
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La Pace Che Cerchiamo
Ci sono momenti in cui non desideri altro che sparire. Non in modo drammatico o definitivo, ma in un modo silenzioso, invisibile, come un sasso che affonda in un lago senza fare rumore. Non cerchi la pace del mondo, quella è una battaglia troppo grande, troppo lontana. No, tutto ciò che vuoi è la tua pace, un angolo sicuro dove nasconderti dal rumore, dal peso, dalle aspettative che ogni giorno ti schiacciano un po’ di più.
Chiedi solo un letargo, un momento sospeso in cui il tempo non conta, in cui il cuore non deve combattere ogni istante per restare a galla. Un’anestesia per tutto ciò che ti fa male, per i ricordi che ti tormentano, per le domande che non trovano risposta. Non è vigliaccheria, è stanchezza. Stanchezza di sentirti in guerra con te stessa, con il mondo, con quel continuo dover dimostrare di essere all’altezza, di essere forte, di essere qualcosa di più.
Non chiedi molto, in fondo. Solo la certezza di essere ben nascosta, lontano dagli occhi di chi ti giudica, lontano dalle aspettative di chi non capisce. Un posto dove puoi smettere di fingere, smettere di sorridere quando dentro ti senti a pezzi. Un posto dove non c’è bisogno di spiegare il tuo silenzio, dove puoi semplicemente essere.
Eppure, il mondo sembra non concederti mai questa tregua. Ti spinge, ti tira, ti urla addosso che devi andare avanti, che devi correre, che non puoi fermarti. Ma chi ha deciso che dobbiamo sempre essere forti? Chi ha stabilito che non è concesso fermarsi, riposare, lasciarsi cullare dal nulla?
A volte ti sembra di essere l’unica a sentire questo peso. Guardi gli altri e sembrano così sicuri, così integri, così capaci di affrontare ogni cosa senza vacillare. Ma poi, se li osservi bene, ti accorgi che anche loro nascondono crepe, anche loro hanno le loro notti buie, i loro momenti di fuga. Solo che non lo dicono, non lo mostrano.
Allora ti chiedi se forse siamo tutti uguali, tutti in cerca di quella pace personale che sembra sempre sfuggirci, di quel letargo che ci permetta di riprendere fiato. Ma pochi lo ammettono, perché viviamo in un mondo che premia chi non si ferma, chi non crolla, chi sembra invincibile.
Eppure, non c’è nulla di più umano che desiderare la propria pace. Non quella che risolve ogni problema, non quella che sistema il mondo, ma quella che ti permette di respirare, di sentire che per un attimo sei al sicuro. Una pace che non dipende da niente e da nessuno, che non devi conquistare o guadagnare, ma che semplicemente ti viene concessa.
Forse è questa la vera sfida: smettere di lottare contro quel bisogno, accettare che non è un segno di debolezza ma di umanità. Permetterti di chiedere meno al mondo e più a te stessa, di cercare il tuo angolo nascosto, il tuo momento di tregua.
E quando lo trovi, anche solo per un istante, ti accorgi che non hai bisogno di molto altro. Perché la pace non è un traguardo lontano, è un respiro profondo, una pausa in mezzo alla tempesta, una carezza che ti ricorda che sei ancora qui. Viva, fragile, ma intera. E forse, in quell’istante, capisci che non stavi chiedendo troppo.
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"Il Viaggio Silenzioso" di Marco Rossi: Un Romanzo di Emozioni Profonde e Silenzi Ineffabili (Recensione di Fantasia) di Alessandria today
Un'opera che esplora la complessità dei sentimenti umani attraverso un viaggio intimo e riflessivo.
Un’opera che esplora la complessità dei sentimenti umani attraverso un viaggio intimo e riflessivo. Recensione di fantasia: “Il Viaggio Silenzioso” è il nuovo romanzo, frutto della fantasia, di Marco Rossi, autore immaginario. Quest’opera toccante e profonda conduce il lettore in un viaggio interiore attraverso emozioni non dette e silenzi carichi di significato. Ambientato in una piccola…
#Crescita Personale#Il Viaggio Silenzioso#introspezione#introspezione psicologica#letteratura immaginaria#libri inventati#Marco Rossi#narrativa di fantasia#narrativa emotiva#narrativa immaginaria#narrativa inventata#perdita e dolore#perdono e riconciliazione#personaggi complessi#rapporto padre figlio#recensione di fantasia#recensione libri#recensioni creative#Riflessione sulla vita#romanzi di fantasia#romanzi psicologici#romanzo familiare#romanzo immaginario#romanzo introspezione#romanzo poetico#romanzo psicologico#silenzi significativi#storie emozionanti#viaggi interiori.#Viaggio interiore
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Eccola ... Quella maledetta sensazione di lasciare la parte migliore di me qui. No non è la mia volontà, l'anima non la comandi come vuoi. Non ti lascia scelta . Andare contro me stessa mi è impossibile . Sono così fedele a ciò che sento e che con fatica sono riuscita a diventare . E tu dirai ; "non solo li' ma tu per me sei sei sempre qui accanto. Ci sono legami che sfidano le prove del tempo , dei silenzi , delle cattiverie , ci sono cose che percepisci . Ci sono persone che ti donano emozioni che rivivi sulla pelle ogni volta che le ricordi. Ci sono persone che ti provocano terremoti e catastrofi interiori che demoliscono ogni cosa avvenuta prima di incontrarle per poi mettersi lì ad osservarti mentre ricostruisci la tua vita . E il solo sguardo ti incoraggia a fare sempre meglio. La gratitudine mischiata a tanto altro. In questo luogo dove mi hai portata dentro di te lungo le vie , lungo le navigate . Ed infine nei nostri abissi così simili da confondersi l'uno con l'altro . Rara connessione, l'unicità .
Appartenersi
Voce del verbo possiamo anche far finta di non esistere ma rimarremo uniti quanto basta per non separaci mai aldilà di tutto. Cit.
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Provai a mettere tutto in ordine,
ma capii di essere destinata al disordine,
al chiasso dei pensieri,
alle discussioni con me stessa,
ai compromessi con i miei limiti,
agli sguardi severi allo specchio,
alle litigate con il mio orgoglio,
alla lotta con i miei silenzi
e quella con i miei casini interiori.
Claudia Venuti
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Muore un amore, un luogo, un amico
muore se non te ne prendi cura,
se ti fai assente di fronte
ai suoi silenzi strazianti,
se manchi di attenzione
se ti impazientisce il suo dolore
muore se ne trascuri i suoi dettagli,
se non tagli l'erba ai suoi giardini interiori,
se non lo chiami nel momento del suo bisogno
se ti fai vedere
ma solo di sfuggita
muore un amore un luogo, un amico
muore se non ci sei,
se smetti di fargli visita
muore anche con la tua presenza
quando non è di qualità,
se non crei stimoli
se non ti schieri nelle iniziative
se pensi che ci penserà un altro
muore un amore, un luogo, un amico
muore un cuore, un giardino, una madre,
muore se non te ne prendi cura,
poi ritorna a vivere
stavolta senza di te.
[gio evan]
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PAST LIVES
CINEMA
Film: "Past Lives" \\ 18 febbraio 2024
Recensioni ufficiali / personali
Recensione liberamente tratta e adattata dal sito MyMovies.
" Che dici? Lo vado a vedere Past Lives?” mi scrive un amico su Whatsapp.
“Sì, vallo a vedere”.
“Dici? Perché?”.
E così mi passa davanti agli occhi, il film che ho appena visto anch’io. E gli rispondo:
- " Perché ti fa percepire quante storie si possano nascondere dietro le facce delle persone qualunque. Come quei tre che vedi, proprio all’inizio del film, da lontano, come spiandoli un po’, guardandoli appena.
Una donna orientale, un uomo probabilmente dello stesso paese. E un bianco. Un ragazzo americano.
Dietro ogni faccia qualunque, c’è una storia. Ma che storia, quella che racconta questo film qui.
Una grande storia d’amore, una grande storia di rimpianti, una grande storia di destino.
E una piccola storia di silenzi, di occasioni mancate, di vite che scorrono, "sliding doors" che passano, che se ne vanno. E alla fine tu dai a quel percorso, a ciò che è stato e a ciò che non è stato, il nome di destino.
È un film su tre destini, Past Lives.
Ed è un film sull’identità.
Lei, per esempio. Guarda lei.
Quella ragazza coreana, con le sopracciglia grandi e il sorriso come una sciabolata. Lei rappresenta una persona diversa, per il ragazzo coreano alla sua destra, e per l’uomo americano alla sua sinistra. Per uno, è una donna che se ne va: che se ne va dalla Corea, da un paese piccolo per le sue ambizioni. Per l’altro, è una donna che è arrivata, è approdata. Che ha posato le ali a New York. Forse per rimanere, chissà. Ma quello che è straordinario, è che il film disegna la stessa donna. Eppure sono due. Siamo tutti, forse, così. Diversi, secondo chi ci guarda. Immensamente diversi. Non per caso lei ha due nomi: Na Young in Corea, ma Nora Moon appena l’aereo atterrerà sul continente americano.
Non gli ho detto tutto questo, al mio amico su WhatsApp. Il resto, l’ho pensato soltanto. E ho continuato a pensare. Mentre il film continuava a scorrermi in testa. Perché in questi giorni tante persone stanno andando a guardarlo? Non ci sono attori famosi, non ci sono effetti speciali, anche la pubblicità non è stata martellante. Non è Barbie, non è Oppenheimer.
Ma è un film illuminato da una grazia speciale.
È bello, Past Lives, per come costruisce l’amore, il sentimento dell’amore, la sensazione di un legame forte che stringe i due protagonisti coreani. Da quando erano bambini, in quelle strade minuscole di una Corea che sembra tanto l’Italia del dopoguerra, o il mondo di Parasite (guarda la video recensione). I parchi pubblici, strane sculture di pietra. Due bambini che giocano. L’immagine semplice, wendersiana, della felicità.
E poi il tempo, stacchi di tempo di dodici anni, aerei che portano via. “Quando lasci qualcosa, guadagni anche qualcosa”, dice la madre della ragazzina coreana, che sta per andare via, nel continente americano. Lasciare, trovare. L’impossibilità di tenere tutto insieme. Il tema del film. I destini. Come quella parola che il film accarezza, dissemina, lascia colare lungo le scene del film: quella parola coreana che vuol dire “provvidenza”, ma anche destino: “In-yun”. Destino d’amore. Un destino che ci porta a incontrarci, dopo innumerevoli vite precedenti. E senza bisogno di credere alla reincarnazione, è semplicemente una possibilità infinitesimale che, dopo un numero enorme di incroci del Dna, due persone si trovino nello stesso luogo, nello stesso momento, e si accorgano l’una dell’altra.
Destini che si consumano, dolorosi, ferite interiori brucianti, impercettibili agli altri. Mentre guardi il film, hai la netta sensazione che se incrociassi uno qualunque dei tre protagonisti, per strada o in metropolitana, non ti accorgeresti di niente.
È bello, il film, perché mette in scena una New York inedita, non alleniana e non scorsesiana, non struggente e malinconica, niente foglie su Central Park, e neanche notti buie, luride e feroci. È una New York piovosa, bigia, malinconica come la Bretagna d’inverno, o come Stoccolma nei film tratti da Stieg Larsson.
È bello perché parla della caduta delle illusioni. Lei vuole vincere il Nobel, poi – dodici anni dopo – vuole vincere il Pulitzer. Poi il Tony Award. Capisce che, probabilmente, non lo vincerà. Ma non è quello che conta. Vincere un proprio posto nel mondo è già qualcosa di importante, e lei lo ha capito.
bello, Past Lives, per come costruisce l’amore, il sentimento dell’amore, la sensazione di un legame forte che stringe i due protagonisti coreani. Da quando erano bambini, in quelle strade minuscole di una Corea che sembra tanto l’Italia del dopoguerra, o il mondo di Parasite (guarda la video recensione). I parchi pubblici, strane sculture di pietra. Due bambini che giocano. L’immagine semplice, wendersiana, della felicità.
E poi il tempo, stacchi di tempo di dodici anni, aerei che portano via. “Quando lasci qualcosa, guadagni anche qualcosa”, dice la madre della ragazzina coreana, che sta per andare via, nel continente americano. Lasciare, trovare. L’impossibilità di tenere tutto insieme. Il tema del film. I destini. Come quella parola che il film accarezza, dissemina, lascia colare lungo le scene del film: quella parola coreana che vuol dire “provvidenza”, ma anche destino: “In-yun”. Destino d’amore. Un destino che ci porta a incontrarci, dopo innumerevoli vite precedenti. E senza bisogno di credere alla reincarnazione, è semplicemente una possibilità infinitesimale che, dopo un numero enorme di incroci del Dna, due persone si trovino nello stesso luogo, nello stesso momento, e si accorgano l’una dell’altra.
Destini che si consumano, dolorosi, ferite interiori brucianti, impercettibili agli altri. Mentre guardi il film, hai la netta sensazione che se incrociassi uno qualunque dei tre protagonisti, per strada o in metropolitana, non ti accorgeresti di niente.
È bello, il film, perché mette in scena una New York inedita, non alleniana e non scorsesiana, non struggente e malinconica, niente foglie su Central Park, e neanche notti buie, luride e feroci. È una New York piovosa, bigia, malinconica come la Bretagna d’inverno, o come Stoccolma nei film tratti da Stieg Larsson.
È bello perché parla della caduta delle illusioni. Lei vuole vincere il Nobel, poi – dodici anni dopo – vuole vincere il Pulitzer. Poi il Tony Award. Capisce che, probabilmente, non lo vincerà. Ma non è quello che conta. Vincere un proprio posto nel mondo è già qualcosa di importante, e lei lo ha capito.
È bello perché riesce a raccontare così bene, nel segmento ambientato negli anni dieci del nostro secolo, la difficoltà e l’emozione delle relazioni a distanza, via Skype. L’improvvisa vicinanza fra continenti che le videochiamate hanno regalato. E, insieme, la concreta, tangibile distanza che ancora rimane. La nevrosi, la schizofrenia che domina anche i nostri anni: essere vicini, così facilissimamente vicini, ed essere ancora lontani, così impenetrabilmente lontani.
È bello perché mostra uomini che soffrono. L’amico coreano che piange, nel gruppo di ragazzi a Seoul, perché è stato lasciato dalla sua ragazza: piange senza ritegno, come un bambino. E non è che un primo segnale della sofferenza vera dei personaggi maschili: quella dei due protagonisti, che si trovano ad amare la stessa donna. E per rispetto, per senso dell’onore, per gentlemen’s attitude, o forse per la vergogna di fare qualcosa di meschino di fronte alla donna che amano, non impediscono all’altro di fare le sue mosse. Il ragazzo coreano frenato da un senso del pudore quasi sacro, e l’ebreo americano liberal, che non può andare contro ai suoi princìpi. Entrambi possono solo attendere che sia lei a scegliere.
È un film bello perché non ha fretta, non ha fretta di fare accadere le cose. Perché si prende il tempo necessario, il tempo necessario a camminare sotto Manhattan Bridge, il tempo necessario a scivolare dal volto di lui al volto di lei, senza tagliare, senza ricorrere al campo/controcampo. Il tempo necessario a percorrere quei metri, quelli che vanno da una casa a un angolo di strada, dove un Uber sta per arrivare. È un film fatto di piani sequenza, un film che respira il respiro dei suoi attori.
Perché questo film sommesso, di una regista al suo esordio, staavendo un successo inatteso, di passaparola? Perché piace sentir parlare della nostra vita, delle nostre paure, del nostro modo di sentire e di amare, anche se nessuno parla in romanesco.
È bello, infine, perché l’amore lo racconta mostrando due persone che stanno nel letto insieme, rannicchiati, con le gambe intrecciate, e non mostrando una scena di sesso, corpi che si avvinghiano, sudore, bagliori e buio.
L’amore può essere anche rifugio, nido, tepore, parole.
“Non ho il diritto di essere arrabbiato”, dice lui, il ragazzo americano, anche se sa che quel ragazzo venuto da un altro mondo, venuto da un altro tempo, ha aperto una voragine enorme nell’anima della sua compagna.
“Tu rendi la mia vita tanto più grande, e mi chiedo se io faccio lo stesso con te”, le dice, mentre sono insieme nel letto. Non c’è forse miglior modo per dire ti amo.
Il film di Celine Song è sottile, sofisticato, e allo stesso tempo semplice, diretto.
Scorre fluido e denso di trasalimenti, di rimpianti, di sguardi al passato e di afflati di futuro come Before Sunset di Richard Linklater – anche lì due mondi, due persone che si ritrovano, e una grande città da attraversare, nella quale perdersi fino a un taxi da prendere – e ricorda, in qualche modo, lo smarrimento e l’oceano di non detti di Lost in Translation di Sofia Coppola: anche quel film perduto nella invalicabile distanza che separa due anime che si riconoscono, e si desiderano.
È anche un film sugli amori adolescenti, sulle vite non vissute, sul sapore amaro del rimpianto.
È un film sull’esperienza, di sconvolgimento e di rinascita, del migrare da un paese all’altro, da una lingua all’altra, da una sé da abbandonare, come una crisalide e una sé adulta, nella quale abitare.
Ed è un film che senti estremamente sincero
Splendide le performance dei tre attori, Greta Lee – non dimenticheremo il suo volto – Teo Yoo e John Magaro.
Lei, che ci fa correre fra i suoi doppi, quando passa dal parlare coreano al parlare inglese, dall’identità coreana a quella “americana”. Lui, Teo Yoo, che da una parte è l’impacciato
Poi leggi che Celine Song è al suo esordio. E ti si rovescia addosso, come una pioggia, la speranza.
Nel cinema, e forse anche nelle sorprese che la vita ti può riservare.
Sì, vallo a vedere il film, amico mio! "
Aggiornamento del 21 febbraio :
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Muore un amore, un luogo, un amico
muore se non te ne prendi cura,
se ti fai assente di fronte
ai suoi silenzi strazianti,
se manchi di attenzione
se ti impazientisce il suo dolore
muore se ne trascuri i suoi dettagli,
se non tagli l'erba ai suoi giardini interiori,
se non lo chiami nel momento del suo bisogno
se ti fai vedere
ma solo di sfuggita
muore un amore un luogo, un amico
muore se non ci sei,
se smetti di fargli visita
muore anche con la tua presenza
quando non è di qualità,
se non crei stimoli
se non ti schieri nelle iniziative
se pensi che ci penserà un altro
muore un amore, un luogo, un amico
muore un cuore, un giardino, una madre,
muore se non te ne prendi cura,
poi ritorna a vivere
stavolta senza di te.
gio evan
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Francesca Burrascano è un’artista nata all'Isola d'Elba, il cui lavoro è un viaggio profondo tra il mare e l’anima. La sua arte cattura l’essenza di un paesaggio naturale che non è solo visivo, ma che riflette anche il tumulto emotivo che la guida. Ogni pennellata è una traccia del suo pensiero, un'espressione di uno stato d’animo che sfuma tra il neo-realismo e altre influenze artistiche, in uno stile fluido e avvolgente.
La sua arte non si limita a dipingere il mare visto dai suoi occhi: essa è anche un racconto di sentimenti intensi, di tormenti interiori che si manifestano nei suoi lavori con forza e delicatezza. Le sue tele sono il luogo dove il mare si fonde con le sue tempeste emozionali, un dialogo tra il mondo esterno e il suo mondo interiore.
Francesca ha esposto in numerose gallerie in Italia e in Francia, ottenendo riconoscimenti per la sua capacità di trasmettere emozioni universali attraverso colori e forme. L'artista ha anche adottato lo pseudonimo "burrascadellelba", un alter ego che firma parte della sua produzione, un nome che evoca il suo legame con l'isola e le sue tempeste emotive.
Ogni sua opera è una finestra aperta sul profondo di sé, dove il mare non è solo elemento naturale, ma simbolo di conflitto, libertà e ricerca di equilibrio. Con una pennellata che sussurra e urla allo stesso tempo, Francesca Burrascano ci invita a immergerci nel suo mondo, fatto di silenzi e tempeste, di mare e di emozioni.
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da Monologhi di https://www.tumblr.com/monologhidiunamarea
Eccola ... Quella maledetta sensazione di lasciare la parte migliore di me qui. No non è la mia volontà, l'anima non la comandi come vuoi. Non ti lascia scelta . Andare contro me stessa mi è impossibile . Sono così fedele a ciò che sento e che con fatica sono riuscita a diventare . E tu dirai ; "non solo li' ma tu per me sei sei sempre qui accanto. Ci sono legami che sfidano le prove del tempo , dei silenzi , delle cattiverie , ci sono cose che percepisci . Ci sono persone che ti donano emozioni che rivivi sulla pelle ogni volta che le ricordi. Ci sono persone che ti provocano terremoti e catastrofi interiori che demoliscono ogni cosa avvenuta prima di incontrarle per poi mettersi lì ad osservarti mentre ricostruisci la tua vita . E il solo sguardo ti incoraggia a fare sempre meglio. La gratitudine mischiata a tanto altro. In questo luogo dove mi hai portata dentro di te lungo le vie , lungo le navigate . Ed infine nei nostri abissi così simili da confondersi l'uno con l'altro . Rara connessione, l'unicità .
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Voce del verbo possiamo anche far finta di non esistere ma rimarremo uniti quanto basta per non separaci mai aldilà di tutto. Cit.
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Conosco tanta gente ma ho pochi amici. Conosco tante donne ma ho avuto pochi amori. Conosco compagnie che fanno solitudine e solitudini che fanno compagnia, strade asfaltate che conducono all’inferno e scomodi sentieri di sassi che nascondono paesaggi interiori inaspettati. Ho conosciuto silenzi davvero vuoti e il vuoto non è mai leggero, e parole davvero pesanti perché svuotate di sentimento. Attese inesorabili e gioie inattese, dolore muto che non fa dormire e felicità che fa così tanto rumore da tenere svegli. Ho capito che tra tenere e trattenere c’è la distanza della vera importanza.
|| Massimo Bisotti
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Siamo diversi eppure uguali,
Opposti ma complementari.
Il bianco e il nero,
la pioggia e il sole,
un connubio tra testa e cuore.
Tu sai leggere nei miei silenzi
E spogliare la mia anima dalle sue paure.
Sei l’arcobaleno che colora di vita le mie giornate,
anche quelle più dure.
Sei la quiete che placa le mie tempeste interiori,
il mare in cui affogo tutti i dolori.
Sei il pezzo mancante del mio cuore, la mia metà,
un elisir di benessere, che cancella il tempo e mi regala l’eternità.
Silvia de Lorenzis - tratto dal suo libro "In equilibrio sui bordi dell'anima"
💕Nayssa 💕SoleNero
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Conosco compagnie che fanno solitudine
e solitudini che fanno compagnia,
strade asfaltate che conducono all’inferno
e scomodi sentieri di sassi che nascondono
paesaggi interiori inaspettati.
Ho conosciuto silenzi davvero vuoti
e il vuoto non è mai leggero,
e parole davvero pesanti perché svuotate di sentimento.
Attese inesorabili e gioie inattese,
dolore muto che non fa dormire
e felicità che fa così tanto rumore da tenere svegli.
Ho capito che tra tenere e trattenere
c’è la distanza della vera importanza.
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Tumulti interiori prendono vita nel mio sguardo
ogni tremore diventa vita,
mi avvolgo
si dissolvono i miei confini,
in questo abisso cadono i silenzi,
nel mio attimo di eternità ti attendo...
Fiona Miller
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"Provai a mettere tutto in ordine, ma capii di essere destinata al disordine, al chiasso dei pensieri, alle discussioni con me stessa, ai compromessi con i miei limiti, agli sguardi severi allo specchio, alle litigate con il mio orgoglio, alla lotta con i miei silenzi e quella con i miei casini interiori."
( Claudia Venuti )
E allora...accettiamo pure il disordine 😊
#claudia venuti#frasi#frasi belle#pensieri e parole#pensieri#pensando#frasi tumblr#frasi vere#frasi per pensare#citazioni#citazioni tumblr#quotes#tumblr quotes
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Provai a mettere tutto in ordine,
ma capii di essere destinata al disordine,
al chiasso dei pensieri,
alle discussioni con me stessa,
ai compromessi con i miei limiti,
agli sguardi severi allo specchio,
alle litigate con il mio orgoglio,
alla lotta con i miei silenzi
e quella con i miei casini interiori.
Claudia Venuti
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[Macello][Maurizio Fiorino]
Con "Macello" Maurizio Fiorino ci trasporta in una periferia di un Sud arcaico, fatto di esistenze disperate che non hanno paura di mostrare i loro abissi interiori.
Anni ’70. In un Sud desolato e arcaico, Biagio, figlio unico e orfano di madre, viene cresciuto dal padre, Bruno, macellaio del paese, uomo prigioniero dei propri silenzi. Sarà proprio la sua figura irrequieta e instabile a insinuare in Biagio il dubbio che quell’incomunicabilità piena di spigoli nasconda una verità mai detta. Ci sono Vittorio, il vecchio “vizioso” del paese che paga i ragazzini…
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