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#Emergenza educativa
divulgatoriseriali · 11 months
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I ragazzi di oggi: un'emergenza educativa della società liquida del XXI secolo
Demotivati, senza valori, con lo sguardo sempre rivolto verso uno schermo. Pare che i ragazzi d’oggi prendano parte ad una generazione a sè stante, con linguaggi ed atteggiamenti indecifrabili e lontani dai codici tradizionali. In questo mondo globalizzato la realtà fluida permea in ogni vissuto, trascinando verso l’abisso soprattutto chi non ha gli strumenti per decifrarne le difficoltà…
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newtechworld · 7 months
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DOOGEE U10Kid Tablet Bambini 10,1 Pollici Android 13 Modello 2024
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DOOGEE U10Kid Tablet Bambini 10,1 Pollici: Il Nuovo Standard per l'Intrattenimento Educativo
Il mercato dei tablet per bambini ha visto l'arrivo del DOOGEE U10Kid, un dispositivo progettato per offrire un'esperienza educativa sicura e divertente. Dotato di un ampio schermo da 10,1 pollici e del sistema operativo Android 13, questo tablet promette di rivoluzionare il modo in cui i bambini imparano e si intrattengono.
Caratteristiche Principali: Il DOOGEE U10Kid è alimentato da un processore octa-core che garantisce prestazioni fluide e veloci. Con una memoria interna da 128GB e una custodia protettiva inclusa, offre tutto ciò di cui i genitori hanno bisogno per la tranquillità dei loro figli.
Inoltre, il tablet è dotato di un controllo genitori nativo e remoto, consentendo ai genitori di gestire facilmente l'accesso e il tempo di utilizzo.
Esperienza Educativa Sicura: Grazie all'app educativa preinstallata, i bambini possono accedere a contenuti selezionati per la loro età, tra cui giochi, apprendimento, musica e altro ancora. Con funzionalità di controllo genitori avanzate, i genitori possono scegliere le app appropriate per i loro figli e monitorare il loro utilizzo.
Protezione degli Occhi e Certificazione TÜV: Il DOOGEE U10Kid è progettato per la sicurezza degli occhi dei bambini, con tecnologia di riduzione della luce blu e schermo IPS nitido e luminoso.
La certificazione TÜV garantisce che il tablet sia conforme agli standard di sicurezza più rigorosi.
Fotocamere di Alta Qualità e Batteria Durevole: Dotato di fotocamere ad alta definizione da 8MP+5MP, il tablet consente ai bambini di catturare momenti speciali e comunicare con familiari e amici.
Con una batteria ad alta capacità da 5060mAh, offre un'autonomia sufficiente per lunghe sessioni di utilizzo.
Il DOOGEE U10Kid Tablet Bambini 10,1 Pollici rappresenta un'ottima scelta per i genitori che cercano un dispositivo sicuro ed educativo per i propri figli.
Con le sue caratteristiche avanzate e la sua facilità d'uso, questo tablet promette di fornire un'esperienza di intrattenimento e apprendimento senza pari per i bambini di tutte le età.
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lamilanomagazine · 8 months
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Emergenza crack, inaugurato a Palermo primo Centro di pronta accoglienza
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Emergenza crack, inaugurato a Palermo primo Centro di pronta accoglienza Una nuova struttura ed un nuovo servizio in grado di offrire assistenza diretta, immediato e tempestivo trattamento, supporto medico-sanitario e sociale alle persone con dipendenza da sostanze, in particolare crack e cocaina. E' il "Centro di pronta accoglienza" realizzato da Regione siciliana e Asp di Palermo all'interno dell'edificio 13 del presidio Pisani di via La Loggia. Il progetto pilota (è il primo in Sicilia e tra i primi in Italia a gestione diretta di un'Azienda sanitaria) è stato finanziato con poco più di 2 milioni di euro per 2 anni (per metà dell'area Salute mentale del Piano sanitario nazionale 2022), messe a disposizione dall'assessorato regionale della Salute e per la restante parte dall'Asp di Palermo. La struttura, che si estende su una superficie di 800 mq., è stata inaugurata dal presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, alla presenza, tra gli altri, del sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, del prefetto Massimo Mariani, del questore Vito Calvino, del comandante provinciale dei Carabinieri, Luciano Magrini, del comandante provinciale della Guardia di finanza, Domenico Napolitano, del presidente del Tribunale di sorveglianza, Nicola Mazzamuto, del procuratore regionale della Corte dei conti, Pino Zingale, del vicepresidente della Commissione regionale Antimafia, Ismaele La Vardera, e del commissario straordinario dell'Asp di Palermo, Daniela Faraoni. «Questo è un primo passo molto importante - afferma il presidente della Regione, Renato Schifani - frutto della collaborazione di numerose istituzioni. In casi come questi occorre fare squadra. La dipendenza dalle droghe, quelle pesanti in particolare, è un'emergenza sociale che colpisce le famiglie e tutta la comunità. Siamo contenti di aver realizzato in breve tempo questa struttura di accoglienza, alla quale abbiamo dato un contributo istituzionale ed economico. Mi auguro che il disegno di legge per la prevenzione e la cura delle dipendenze patologiche abbia un iter veloce all'Ars, colmando un vuoto normativo. Sono convinto che ci sarà il contributo di tutte le forze politiche. Come governo regionale daremo il nostro sostegno istituzionale e finanziario». Il presidente Schifani si è fermato a parlare a lungo con Francesco Zavatteri, farmacista che ha perso il figlio diciannovenne, Giulio, proprio a causa di un'overdose di crack. Il "Centro di pronta accoglienza" di via La Loggia, nel quale lavorerà una equipe multi-professionale di 23 operatori, si pone come una struttura "intermedia" tra la strada, le aree di emergenza e le strutture terapeutiche maggiormente specializzate, con una proposta che non si limita alla gestione dell'urgenza, ma prevede un accompagnamento "motivazionale" verso il prendersi cura di se stessi. «Questo centro – spiega il commissario straordinario dell'Asp di Palermo, Daniela Faraoni – offre la possibilità di un accesso immediato e di permanenza residenziale fino alla riduzione dello stato di crisi o del trasferimento in un'altra struttura. Il personale coinvolto e, già reclutato, comprende professionisti dell'aerea medica, infermieristica, piscologica, educativa e riabilitativa». In 2 mesi di lavori, realizzati nel rispetto delle indicazioni della soprintendenza ai Beni culturali, sono state realizzate stanze di degenza, spazi ricreativi e per le attività riabilitative, stanza medici, infermeria, sala mensa, servizi igienici e spazi per colloqui con i familiari.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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artide · 3 years
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Esodo, Levitico e Isaia ci dicono che le colpe dei padri non debbono ricadere sui figli. Penso che sia un monito importante, quando si entra a scuola da docenti che svolgono la funzione pubblica. Mettendo da parte la religione e prendendo invece in mano la costituzione possiamo appellarci agli articoli 3 e 34 che ci suggeriscono che lo stato si fa garante dell'uguaglianza colmando le differenze individuali che limitano il pieno sviluppo della persona umana e garantiscono una scuola libera e gratuita aperta a tutti.
A me poco interessa se davanti ho il bambino cui genitori hanno fatto cinque dosi o nessuna per me sono uguali e sarebbe mio dovere, da chi esercita funzione pubblica, colmare le eventuali differenze. Lo rimangano anche se c'è un decreto che obbliga la divisione della classe in due gruppi, sebbene sappiamo che di fatto la DDI non è un dispositivo egalitario. Ma si parla di emergenza emergenza e quindi non sono un ministro, né un consulente, non vengo interpellato per promulgare decreti o leggi, che suggeriscono, ad esempio, la DAD al nido o all'infanzia. Il parere di educatori non è richiesto, ci mancherebbe, in un paese padre del Reggio Approach, che studiano in tutto il mondo, e della Montessori buona come immagine nelle mille lire. Posso semplicemente adeguarmi alle disposizioni, dividere la classe in due e decidere di non fare la lezione. Mi resta un'autonomia piena di evitare che si creino ulteriori situazioni di dispartità reale o di fatto, ad esempio non organizzando uscite didattiche al museo quando so che anche uno solo dei bambini in classe non può parteciparvi. Il problema è che parla molto di inclusione, [avevo giurato di non usare più questo termine], di calzini spaiati, di agenda 2030, ma in verità la scuola ha perso parte della sua autonomia, nonostante una legge dica il contrario, perché i docenti hanno smesso di pensare con la propria testa. Lo dimostra la newsletter di ed. civica settimanale che ti indirizza sulle risorse da cui prendere spunto per le tue ore di educazione civica, dimenticandosi che "l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento" , perché non sia mai che si voglia fare qualcosa di diverso, autonomo, realizzando una progettazione educativa ex-novo, tenendo conto delle esigenze naturalmente diverse di ciascuna classe; le videoconferenze organizzate a tavolino, non discusse in collegio docenti, per la giornata della memoria e per ogni giorno che sembra sempre che ci sia qualcosa da ricordare; le uscite organizzate in questo momento delicato lasciando parte della classe a scuola perché senza QR CODE.
L'anno scorso G. mi disse una frase che mi si è stampata in testa. Enrì, ti rendi conto che noi siamo pagati per studiare? Che cosa puoi dare ai ragazzi se non entri ogni settimana con un libro nuovo sotto al braccio? Penso che parte del problema sia anche questo. Finita l'università si rimane li, mentre il mondo va avanti e mi dispiace che lettera ad una professoressa sia ancora purtroppo attuale.
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khrenek · 3 years
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Dalla pagina facebook di AGEDO NAZIONALE
https://www.agedonazionale.org/
"L'ideologia del gender non esiste davvero. È una trovata propagandistica dei cattolici conservatori e della destra reazionaria che distorce gli studi di genere per creare consenso su posizioni sessiste e omofobe."
Si salvi chi può da coloro che, per combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, vogliono colonizzare le menti di bambini e bambine con una visione antropologica distorta, con un’azione di indottrinamento gender. Il monito l’ha lanciato, a più riprese, il mondo cattolico.
Lo ha fatto, per esempio, il cardinale Angelo Bagnasco in apertura del Consiglio della Conferenza episcopale italiana. Il Forum delle associazioni familiari dell’Umbria ha stilato addirittura un vademecum per difendersi dalla pericolosa introduzione nelle scuole italiane di percorsi formativi e di sensibilizzazione sul gender. Che si parli di educazione all’effettività, educazione sessuale, omofobia, superamento degli stereotipi, relazione tra i generi o cose simili, tutto secondo loro concorre a un unico scopo: l’indottrinamento. E anche l’estrema destra a Milano (ma non solo) ha lanciato la sua campagna “contro l’aggressione omosessualista nelle scuole milanesi” per frenare eventuali seminari “diseducativi”.
La diffusione dell’ideologia gender nelle scuole, secondo ProVita onlus, l’Associazione italiana genitori, l’Associazione genitori delle scuole cattoliche, Giuristi per la vita e Movimento per la Vita, è una vera emergenza educativa. Perché in sostanza, dietro al mito della lotta alla discriminazione, in realtà spesso si nasconde “l’equiparazione di ogni forma di unione e di famiglia e la normalizzazione di quasi ogni comportamento sessuale”. Tanto che, nello spot che ProVita ha realizzato per promuovere la petizione contro l’educazione al genere, una voce fuori campo chiede “Vuoi questo per i tuoi figli?”. Ma cos’è la teoria/ideologia gender?
La teoria del gender
Non esiste. Nessuno, in ambito accademico, parla di teoria del gender. È infatti un’espressione usata dai cattolici (più conservatori) e dalla destra più reazionaria per gridare “a lupo a lupo” e creare consenso intorno a posizioni sessiste e omofobe.
Significativa, per esempio, la posizione di monsignor Tony Anatrella che, nel libro La teoria del gender e l’origine dell’omosessualità, ci mette in guarda da questa fantomatica teoria, tanto pericolosa quanto oppressiva (più del marxismo), che si presenta sotto le mentite spoglie di un discorso di liberazione e di uguaglianza e vuole inculcarci l’idea che, prima d’essere uomini o donne, siamo tutti esseri umani e che la mascolinità e la femminilità non sono che costruzioni sociali, dipendenti dal contesto storico e culturale. Un’ideologia (udite, udite) che pretende che i mestieri non abbiano sesso e che l’amore non dipenda dall’attrazione tra uomini e donne. Talmente perniciosa, da essersi ormai insediata all’Onu, all’Unesco, all’Oms, in Parlamento europeo.
“Ma non ha alcun senso parlare di teoria del gender e men che mendo di ideologia del gender”, sostiene Laura Scarmoncin, che studia Storia delle donne e di genere alla South Florida University. “È un’arma retorica per strumentalizzare i gender studies che, nati a cavallo tra gli anni 70/80, affondano le loro radici nella cultura femminista che ha portato il sapere creato dai movimenti sociali all’interno dell’accademia. Così sono nati (nel mondo anglosassone) i dipartimenti dedicati agli studi di genere” e poi ai gay, lesbian e queer studies.
In sostanza, come spiega Sara Garbagnoli sulla rivista AG About Gender, la teoria del gender è un’invenzione polemica, un’espressione coniata sul finire degli anni ’90 e i primi 2000 in alcuni testi redatti sotto l’egida del Pontificio consiglio per la famiglia con l’intento di etichettare, deformare e delegittimare quanto prodotto in questo campo di studi. Poi ha avuto una diffusione virale quando, in particolare negli ultimi due-tre anni, è entrata negli slogan di migliaia di manifestanti, soprattutto in Francia e in Italia, contrari all’adozione di riforme auspicate per ridurre le discriminazioni subite dalle persone non eterosessuali.
“È un blob di slogan e di pregiudizi sessisti e omofobi”. Un’etichetta fabbricata per distorcere qualunque intervento, teorico, giuridico, politico o culturale, che voglia scardinare l’ordine sessuale fondato sul dualismo maschio/femmina (e tutto ciò che ne consegue, come subordinazione, discriminazione, disparità, ecc.) e sull’ineluttabile complementarietà tra i sessi.
Secondo gli ideatori dell’espressione teoria/ideologia del genere, nasciamo maschi o femmine. Punto. Il sesso biologico è l’unica cosa che conta. L’identità sessuale non si crea, ma si riceve. E il genere è una fumisteria accademica, come scrive Francesco Bilotta, tra i soci fondatori di Avvocatura per i diritti Lgbti – Rete Lenford.
In realtà gli studi di genere costituiscono un campo di indagine interdisciplinare che si interroga sul genere e sul modo in cui la società, nel tempo e a latitudini diverse, ha interpretato e alimentato le differenze tra il maschile e il femminile, legittimando non solo disparità tra uomini e donne, ma anche negando il diritto di cittadinanza ai non eterosessuali.
L’identità sessuale
Gli studi di genere non negano l’esistenza di un sesso biologico assegnato alla nascita, né che in quanto tale influenzi gran parte della nostra vita. Sottolineano però che il sesso da solo non basta a definire quello che siamo. La nostra identità, infatti, è una realtà complessa e dinamica, una sorta di mosaico composto dalle categorie di sesso, genere, orientamento sessuale e ruolo di genere.
Il sesso è determinato biologicamente: appena nati, cioè, siamo categorizzati in femmine o maschi in base ai genitali (a volte, però, genitali ambigui rendono difficile collocare il neonato o la neonata nella categoria maschio o femmina, si parla allora di intersessualità).
Il genere invece è un costrutto socioculturale: in altre parole sono fattori non biologici a modellare il nostro sviluppo come uomini e donne e a incasellarci in determinati ruoli (di genere) ritenuti consoni all’essere femminile e maschile. La categoria di genere ci impone, cioè, sulla base dell’anatomia macroscopica sessuale (pene/vagina) e a seconda dell’epoca e della cultura in cui viviamo, delle regole cui sottostare: atteggiamenti, comportamenti, ruoli sociali appropriati all’uno o all’altro sesso.
Il genere, in sostanza, si acquisisce, non è innato, ha a che fare con le differenze socialmente costruite fra i due sessi. Non a caso nel tempo variano i modelli socioculturali, e di conseguenza le cornici di riferimento entro cui incasellare la propria femminilità o mascolinità.
L’identità di genere riguarda il sentirsi uomo o donna. E non sempre coincide con quella biologica: ci si può, per esempio, sentire uomo in un corpo da donna, o viceversa (si parla in questo caso di disforia di genere).
Altra cosa ancora è l’orientamento sessuale: l’attrazione cioè, affettiva e sessuale, che possiamo provare verso gli altri (dell’altro sesso, del nostro stesso sesso o di entrambi).
Educare al genere
“Nelle nostre scuole – sottolinea Nicla Vassallo, ordinario di filosofia teoretica all’Università di Genova – a differenza di quanto si è fatto in altri Paesi, non c’è mai stata una vera e propria educazione sessuale e anche per questo l’Italia è arretrata rispetto alla considerazione delle categorie di sesso e genere. Eppure, educare i genitori e dare informazioni corrette agli insegnanti affinché parlino in modo ragionato, e non dogmatico, di sesso, orientamento sessuale, identità e ruoli di genere, a figli e scolari è molto importante perché sono concetti determinanti per comprendere meglio la nostra identità personale. E per essere cittadini occorre sapere chi si è”.
Educare al genere (come si legge nel bel saggio Educare al genere) significa, in fondo, sostenere la crescita psicologica, fisica, sessuale e relazionale, affinché i bambini e le bambine di oggi possano progettare il proprio futuro al di là delle aspettative sulla mascolinità e la femminilità.
Basti pensare, come scrivono le curatrici nell’introduzione, all’appellativo effeminato che viene usato per descrivere quegli uomini che non si comportano da “veri maschi” (coraggiosi, determinati , tutti di un pezzo, che non devono chiedere mai) e danno libero sfogo alle emozioni tradendo lo stereotipo dominante. E la scuola può (deve) avere un ruolo fondamentale per scalfire gli stereotipi di genere, ancora fin troppo radicati nella nostra società, offrendo a studenti e studentesse gli strumenti utili e necessari per diventare gli uomini e le donne che desiderano.
Educare al genere significa dunque interrogarsi sul modo in cui le varie culture hanno costruito il ruolo sociale della donna e dell’uomo a partire dalle caratteristiche biologiche (genitali). Contrastare quegli stereotipi e quei luoghi comuni, socialmente condivisi, che finiscono col determinare opportunità e destini diversi a seconda del colore del fiocco (rosa o azzurro) che annuncia al mondo la nostra nascita.
Concedere diritto di cittadinanza ai diversi modi di essere donna e uomini. E significa anche riflettere “sul fatto che le attuali dicotomie di sesso (maschio/femmina) e di genere (uomo/donna) non sono in grado, di fatto, di descrivere la complessità della realtà” sottolinea Vassallo. E dietro questa consapevolezza non ci sono le famigerate lobby Lgbt, ma decenni di studi interdisciplinari.
A scuola per scalfire stereotipi e pregiudizi
Trasmettere ai bambini e alle bambine, attraverso alcune attività ludico-didattiche, il valore delle pari opportunità e abbattere tutti quegli stereotipi che, fin dalla più tenera età, imprigionano maschi e femmine in ruoli predefiniti, granitici, e sono alla base di molte discriminazioni, è l’obiettivo del progetto Il gioco del rispetto.
Dopo la fase pilota dello scorso anno, sta per partire in alcune scuole dell’infanzia del Friuli Venezia Giulia. Accompagnato però da non poche polemiche alimentate, ancora una volta, da chi vuole tenere lontano dalle scuole l’educazione al genere. Come se possa esserci qualcosa di pericoloso nell’illustrare (lo fa uno dei giochi del kit didattico) un papà alle prese con il ferro da stiro e una mamma pilota d’aereo. Alcuni l’hanno definito “una pubblica vergogna”, un tentativo di “costruire un mondo al contrario“, l’ennesima propaganda gender, “lesivo della dignità dei bambini” e inopportuno, perché non avrebbe senso sensibilizzare i bambini contro la violenza sulle donne, “come se un bambino di 4 o 5 anni potesse essere un mostro, picchiatore o stupratore“.
Eppure, poter riflettere sugli stereotipi sessuali, combattere i pregiudizi, sviluppare consapevolezza dei condizionamenti storico-culturali che riceviamo, serve anche a prevenire comportamenti violenti e porre le basi per una società più civile.
Le esperienze italiane
Lungo lo Stivale sono diversi i progetti che si prefiggono di abbattere pregiudizi e stereotipi in classe. Per esempio, l’associazione Scosse ha promosso l’anno scorso a Roma La scuola fa differenza, per colmare, attraverso percorsi formativi rivolti a educatori e insegnanti dei nidi e delle scuole dell’infanzia, le carenze del nostro sistema scolastico in merito alla costruzione delle identità di genere, all’uso di un linguaggio non sessista e al contrasto alle discriminazioni. Da diversi anni lo fa anche la Provincia di Siena nelle scuole di ogni ordine e grado.
Così come “da un po’ di anni ”, spiega Davide Zotti, responsabile nazionale scuola Arcigay, “attività di prevenzione dell’omofobia e del bullismo omofobico sono organizzate nelle scuole italiane da Arcigay, Agedo e altre associazioni, attraverso percorsi di educazione al rispetto delle persone omosessuali”.
In Toscana, per esempio, la Rete Lenford ha coordinato una rete di associazioni impegnate in percorsi didattici contro le violenze di genere e il bullismo omotransfobico, per una scuola inclusiva. E a Roma l’Assessorato alla scuola, infanzia, giovani e pari opportunità ha promosso, in collaborazione con la Sapienza, il progetto lecosecambiano@roma, rivolto alle studentesse e agli studenti degli istituti superiori della Capitale. Apripista, però, è stato il Friuli Venezia Giulia, dove da cinque anni Arcigay e Arcilesbica portano avanti il progetto A scuola per conoscerci, che nel 2010 ha ricevuto l’apprezzamento da parte del Capo dello Stato, per il coinvolgimento degli studenti nella formazione civile contro ogni forma di intolleranza e di discriminazione.
Inoltre, il ministero per le Pari opportunità e l’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali a difesa delle differenze) hanno elaborato una strategia nazionale per la prevenzione, rispondendo a una raccomandazione del Consiglio d’Europa di porre rimedio alle diffuse discriminazioni legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere (nelle scuole, nel mondo del lavoro, nelle carceri e nei media). In quest’ambito, l’Istituto Beck ha realizzato degli opuscoli informativi per fornire ai docente strumenti utili per educare alla diversità, facendo riferimento alle posizioni della comunità scientifica nazionale e internazionale sui temi dell’orientamento sessuale e del bullismo omofobico. E sono stati organizzati dei corsi di formazione per tutte le figure apicali del mondo della scuola, al fine di contrastare e prevenire la violenza, l’esclusione sociale, il disagio e la dispersione scolastica legata alle discriminazioni subite per il proprio orientamento sessuale.
Da qui la levata di scudi contro l’ideologia gender che destabilizzerebbe le menti di bambini e adolescenti. Perché non solo tra moglie e marito, ma anche tra genitori e figli non si deve mettere il dito: guai a mettere in discussione la famiglia tradizionale e a istillare domande nella testa di bambini e adolescenti che abbiano a che fare con l’identità (sessuale), l’affettività o la sessualità.
Il genere come ideologia
“Se qualcuno del gender ha fatto un’ideologia è stata la Chiesa cattolica”. Non ha dubbi in proposito la Vassallo che, nel suo ultimo libro Il matrimonio omosessuale è contro natura (Falso!), ci mette in guardia dall’errore grossolano di far coincidere la femmina (quindi il sesso, categoria biologica) con la donna (il genere, categoria socioculturale), o il maschio con l’uomo: negando, in questo modo, identità e personalità a ogni donna e a ogni uomo.
“Nei secoli, infatti, la Chiesa cattolica ha costruito l’idea che uomo e donna siano complementari e si debbano accoppiare per riprodursi”. Questo, in pratica, sarebbe il solo ordine naturale possibile. “Invece, se oggi parliamo di decostruzione del genere, non lo facciamo per una presa di posizione ideologica, ma partendo dalla costatazione che, di fatto, non ci sono solo due sessi (ce lo dice la biologia, si pensi all’intersessualità), ci sono più generi e non c’è un unico orientamento sessuale: ovvero quello eterosessuale, che la Chiesa ha sempre promosso, etichettando come contro natura quello omosessuale”.
Ma la natura non è omofoba. Anzi. Nel libro In crisi d’identità, Gianvito Martino, direttore della divisione di Neuroscienze del San Raffaele di Milano, spiega (e documenta) che è un gran paradosso etichettare l’omosessualità, ma anche il sesso non finalizzato alla riproduzione, come contro natura. Ci sono infatti organismi bisessuali, multisessuali o transessuali, la cui dubbia identità di genere è essenziale per la loro sopravvivenza. Additare quindi come contro natura certi comportamenti significa ignorare la realtà delle cose, scegliendo deliberatamente di essere contro la natura.
“Inoltre, – aggiunge lo psichiatra e psicoanalista Vittorio Lingiardi, ordinario di psicologia dinamica alla Sapienza di Roma – non solo ciò che è considerato caratteristico della donna o dell’uomo cambia nel corso della storia e nei diversi contesti culturali, ma anche il concetto di famiglia ha conosciuto e sempre più spesso conosce configurazioni diverse: famiglie nucleari, adottive, monoparentali, ricombinate, omogenitoriali, allargate, ricomposte, ecc. Delegittimarle significa danneggiare le vite reali di molti genitori e dei loro figli. Ci sono molti modi, infatti, di essere genitori (e non tutti sono funzione del genere). Non lo affermo io, ma le più importanti associazioni scientifiche e professionali nel campo della salute mentale dopo più di quarant’anni di osservazioni cliniche e ricerche scientifiche, dall’American Academy of Pediatrics, alla British Psychological Society, all’Associazione Italiana di Psicologia”.
“In sostanza – conclude Lingiardi – adulti coscienziosi e capaci di fornire cure, che siano uomini o donne, etero o omosessuali, possono essere ottimi genitori. Ciò di cui i bambini hanno bisogno è sviluppare un attaccamento verso genitori coinvolti, competenti, responsabili. Una famiglia, infatti, non è soltanto il risultato di un accoppiamento riproduttivo, ma è soprattutto il risultato di un desiderio, di un progetto e di un legame affettivo e sociale”.
Simona Regina
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corallorosso · 5 years
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Cari giornalisti italiani, ora sta a voi decidere se essere parte della soluzione o del problema di Fridays For Future Italia Sempre di più in Italia si avverte la necessità di una comunicazione efficace che riguardi il disastro climatico ed ecologico in atto, tale da arrivare dritta al pubblico. Non basta più lanciare slogan, oggi c’è la necessità di affiancarli a informazioni verificate e rese il più possibile fruibili e comprensibili ai lettori. Nel variegato mondo odierno della comunicazione i temi di carattere ambientale passano molto spesso in secondo piano. Le testate giornalistiche televisive e della carta stampata si prestano sempre più a raccontare l’effimero, perché è grazie a quello che si vende e si aumentano gli ascolti, consentendo una fuga leggera dalla pesantezza della routine, dai propri problemi. Purtroppo parlare di disastri, di crisi climatica, di inquinamento, di stupro del territorio non fa vendere, da un lato perché fa paura, dall’altro perché anche in questo ambito gli interessi politici ed economici prevalgono sui contenuti. Ed è così che si procede svelti verso la vacuità assoluta, perché oggi l’informazione ha smesso di essere educativa. (...) Il 15 ottobre di quest’anno il Guardian ha rinnovato la sfida, ha puntato tutto sulla qualità dell’informazione, scegliendo accuratamente parole ed espressioni per raccontare la crisi climatica. ... Il Guardian ha fatto, dunque, una scelta linguistica ben precisa, al posto di “cambiamento climatico” ha scelto di usare “emergenza climatica”, “crisi climatica” o “catastrofe”, perché l’espressione “cambiamento climatico” può apparire blanda se la realtà di cui si parla “è una catastrofe“. (...) Infine, tale cambio di paradigma ha coinvolto anche la scelta delle immagini, così che anche la comunicazione visiva racconti, in modo veritiero, l’impatto dell’emergenza climatica in tutto il mondo. Per tali ragioni si è deciso di mostrare immagini di persone che mostrino emozioni e situazioni reali ma soprattutto, l’impatto diretto delle problematiche ambientali sulla vita quotidiana degli individui e non più le solite immagini di panda o orsi polari. Il problema più grande del comunicare e raccontare la crisi climatica sembra essere la difficoltà di comprendere i legami tra crisi climatica, vita quotidiana e scelte individuali (ad esempio il consumo di carne o il trasporto aereo o su gomma), ma soprattutto l’immediata reazione di rigetto che suscita nelle persone. Ciò trova fondamento nel fatto che la comunicazione è come un cerchio: presuppone uno scambio attivo tra mittente e destinatario, presuppone l’elaborazione e la interiorizzazione del messaggio, fino alla sua evoluzione in qualcosa di diverso e di comune alle parti.... Cari giornalisti italiani, voi cosa farete? Userete le parole giuste? Cari telegiornali, darete spazio a climatologi, scienziati, esperti? Abbiamo bisogno di nuove immagini e parole per raccontare gli scenari catastrofici attuali, ma soprattutto per creare connessioni fra i singoli e la crisi climatica ed ecologica. Perché alla fine, diciamocelo, domani saremo tutti noi a pagare la cecità di oggi. Noi di Fridays For Future chiediamo a tutte le testate cartacee e televisive italiane che la crisi climatica ed ecologica occupi le prime pagine. Non abbiamo più tempo e adesso sta a voi decidere se essere parte della soluzione o parte del problema.
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piusolbiate · 4 years
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EMERGENZA CORONAVIRUS - MISURE ECONOMICHE A SOSTEGNO DELLE FAMIGLIE
Solbiate Olona: MISURE A SOSTEGNO DELLE FAMIGLIE
L’Amministrazione Comunale, dopo il Fondo di Solidarità alimentare, ha istituito una rete di aiuto per le famiglie in difficoltà a causa dell’emergenza CORONAVIRUS e/o in stato di bisogno o di necessità. In cosa consistono le misure a sostegno delle famiglie? E’ prevista l’erogazione di un contributo straordinario una tantum, suddiviso nei seguenti interventi:
Pagamento utenze domestiche;
Pagamento spese mediche e farmaci;
Erogazione pasti a domicilio;
Erogazione pacchi alimentari;
Altre necessità ritenute indispensabili.
Tutte le info sul sito Comunale:
http://www.comune.solbiateolona.va.it/c012122/po/mostra_news.php?id=460&area=H
EMERGENZA CORONAVIRUS - BANDO CONTRIBUTI PAGAMENTO AFFITTO
Sul sito dell'Azienda Speciale Consortile Medio Olona al  link: http://www.aziendaspecialemedioolona.it/?channel=pagine&mode=view&idmenu=8&id=49
è stato pubblicato il "Bando pubblico per l'erogazione di contributi volti al mantenimento dell'abitazione in locazione anche in relazione all'emergenza sanitaria Covid-19" Le domande potranno essere presentate dal 30 aprile 2020 al 15 giugno 2020...
Tutte le info e i moduli anche sul sito comunale
http://www.comune.solbiateolona.va.it/c012122/po/mostra_news.php?id=471&area=H
REGIONE LOMBARDIA - CONTRIBUTI A SOSTEGNO DI SEPARATI O DIVORZIATI IN CONDIZIONI DI DISAGIO ECONOMICO
           REGIONE LOMBARDIA -  INTERVENTI DI SOSTEGNO ABITATIVO IN FAVORE DI CONIUGI SEPARATI O DI DIVORZIATI IN CONDIZIONI DI DISAGIO ECONOMICO (art. 5 L.R. N. 18/2014) Regione Lombardia eroga contributi economici sul canone annuo di locazione di immobili adibiti a propria abitazione e/o per l’emergenza abitativa, per il tramite delle ATS. Il destinatario della misura può beneficiare di un contributo per la durata di un anno dalla data di approvazione della domanda:
per l’emergenza abitativa;
per l’abbattimento del canone di locazione
per entrambe le tipologie di intervento:
L’ammontare del contributo è pari al 40% della spesa sostenuta...
Tutte le info e i moduli anche sul sito comunale:
http://www.comune.solbiateolona.va.it/c012122/po/mostra_news.php?id=469&area=H
 - REGIONE LOMBARDIA - MISURE A SOSTEGNO DI PERSONE CON DISABILITA'
Si informa che sul sito dell'Azienda Speciale Medio Olona al seguente link: http://www.aziendaspecialemedioolona.it/?channel=pagine&mode=view&idmenu=8&id=53 sono stati pubblicati i seguenti avvisi:
1) BANDO PER L'ASSEGNAZIONE DI BUONI SOCIALI MENSILI A FAVORE DI PERSONE CON DISABILITÀ GRAVE O COMUNQUE IN CONDIZIONE DI NON AUTOSUFFICIENZA ASSISTITI AL DOMICILIO DA UN CAREGIVER FAMILIARE O DA UN ASSISTENTE FAMILIARE REGOLARMENTE ASSUNTO
2) AVVISO PER L'ASSEGNAZIONE DI BUONI SOCIALI PER SOSTENERE PROGETTI DI VITA INDIPENDENTE DI PERSONE CON DISABILITÀ FISICO-MOTORIA GRAVE O GRAVISSIMA CON CAPACITA' DI ESPRIMERE LA PROPRIA VOLONTÀ, TRA I 18 E I 64 ANNI, ASSISTITI DA UN ASSISTENTE PERSONALE REGOLARMENTE E AUTONOMAMENTE ASSUNTO
3) AVVISO PER L'ASSEGNAZIONE DI VOUCHER SOCIALI PER SOSTENERE LA VITA DI RELAZIONE DI MINORI CON DISABILITÀ CON APPOSITI PROGETTI DI NATURA EDUCATIVA/SOCIALIZZANTE
Presentazione delle domande al proprio Comune di Solbiate Olona dal giorno 04/05/2020  previo appuntamento telefonando al numero 0331376107 o inviando una mail a [email protected] o [email protected]                        
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goodbearblind · 6 years
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Fa discutere la proposta della Giunta Raggi a Roma circa il possibile uso del TSO quale strumento per evitare le morti per il freddo dei clochard che rifiutano il riparo nei centri di prima accoglienza/emergenza. Molti, specie nel campo della cosiddetta psichiatria delle "buone pratiche", si sono affrettati a dire che questo è un'uso improprio dell'istituto del TSO. In realtà questo è l'uso che gli è proprio come "alto strumento di tutela del diritto alla salute" (come i buoni operatori usano definirlo/giustificarlo). Sarebbe poi ridicolo, se non fosse tragico, ergersi a paladini della libertà di scelta dei clochard che vogliono vivere per strada, senza lavarsi, in condizioni di vita precarie, desocializzati e disordinati, quando ogni giorno si invade l'esistenza di persone che rivendicano il diritto ad isolarsi a casa loro, non socializzare coi vicini, non lavarsi o essere disturbanti per il decoro del condominio in cui vivono ... La coerenza è certo un optional non contemplato dagli psichiatri riluttanti pronti a puntare il dito su chi applica "senza averne titolo" la loro stessa logica. Il problema non è certo il rifiuto della coazione, quale strumento per riportare all'ordine condiviso le persone, ma il rifiuto di assumere, su mandato altrui, il ruolo che gli è proprio di "accalappiamatti".
L'ipotesi dell'amministrazione comunale di Roma non fa, ove ce ne fosse bisogno, che ribadire uno dei tanti paradossi che fanno da corollario al nostro vivere (cosiddetto) civile: costringere ad aver un rifugio per la notte, anche con la forza se necessario, le persone che non lo richiedono e lo rifiutano, lasciando per strada le persone che invece un rifugio lo chiedono. Tutto ciò secondo la logica perversa che nessuno possa davvero "volere" vivere in strada o che nessuno possa davvero "desiderare" di stare al freddo e rifiutare un posto/pasto caldo che gli si offre.
In questi ultimi 15 anni, gestendo il centro di prima accoglienza "La Cura", mi sono interrogato spesso sulle possibili ragioni di questo rifiuto che ci appare così insensato. Credo di aver intuito che non sia rifiuto della comodità o del caldo o del cibo, tant'è che le persone si riparano con mezzi di fortuna, raccattano cibo dai cassonetti, elemosinano spiccioli per il caffè, recuperano/accettano vestiti per coprirsi ... Il rifiuto dell'aiuto solidale, così come il rifiuto delle "cure" psichiatriche, deriva, probabilmente, dal prezzo che l'accettazione dello stesso porta con se, in termini di rinuncia alla propria libertà e di accettazione del dis/valore della propria scelta. La stragrande maggioranza dei centri di prima accoglienza non hanno niente da invidiare ai reparti psichiatrici. La stessa logica educativa, l'imposizione di regole di decoro, pulizia, ordine da cui la persona ha scelto di scappare. Paradossalmente il clochard riluttante troverà più sollievo, calore e senso nel vivere in strada, piuttosto che dover intraprendere un braccio di ferro quotidiano con un esercito di buoni samaritani che hanno deciso e sanno ciò che è meglio per lui e che giudicano le sue esigenze, come mere stramberie e che non danno loro alcun valore.. Lo scopo dell'aiuto solidale non è dare calore e cibo, come si usa pensare, ma educare le persone alle norme del vivere civile che si ritiene abbiano smarrito. Più ci si confronta con il "valore" della scelta altrui, più si capisce che la strada in realtà è l'unico solo e sensato posto in cui la persona possa/voglia vivere (per il suo e il nostro bene).
Certo la gente muore in strada, così come muore su una gru o facendo il commesso viaggiatore, facendo nuoto in piscina o dirigendo il traffico ... La vita, come scriveva Laing, è una malattia a trasmissione sessuale; ed ha un tasso di mortalità del 100% . L'unica cosa che tutti possiamo sperare è che la vita che facciamo sia quella che avremmo scelto (e non quella che altri hanno scelto per noi) e che abbia per ciò un senso, cosìcché abbia un senso persino il morire.
Non so quanti fra coloro che aiutano/costringono/curano i clochard riluttanti e che si arrogano il potere di decidere come gli altri debbano vivere, sappiano vivere e morire così.
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paoloxl · 6 years
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hristian ha dodici anni, capelli neri brizzolati, occhioni color castagna da bambino e sguardo da uomo indurito. Sarà alto un metro e trenta, non di più. Vive in un buco di casa all’interno di una colata di cemento imponente. Una grande topaia con dentro centinaia di piccole topaie: una sorta di carcere a cielo aperto. E’ il lascito di un piano architettonico mal progettato, trasformato dalla città in una finta elemosina per i miserabili della terra. Un inferno con un oceano di calcestruzzo e fiumi di droga che affluiscono da ogni parte. Un posto che mette ansia, che dà l’impressione di impossibilità di fuga. Sembra la metafora vivente della claustrofobia. Christian non va a scuola, quando gli domando il perché mi guarda sorpreso e scioccato per un secondo. Poi si riprende, in tono serio mi dice: "Perchè devo fare mangiare mia madre". Non è l’unico figlio, ma è l’unico figlio ancora in libertà. Ha il motorino, uno stipendio mensile. E’ un corriere. Ama la musica classica, ascolta Chopin, Beethoven, Bach e Mozart. Quando suona quella pianola da due soldi, ti fa vibrare l’anima e scoperchiare le emozioni. E’ un talento cristallino. Farebbe il mazzo a qualunque bambino di qualunque scuola privata di qualunque città italiana.
Ahmed ha diciannove anni, è da cinque anni nel nostro Paese. E’ stato catapultato in Italia dai suoi genitori, ha addosso la pressione delle aspettative della sua famiglia. Non odia suo padre, mi risponde quasi imbarazzato. "Non lo odio" mi ripete fermo, con gli occhi neri traditi da uno scorcio di brillantezza genesi della commozione: mi spiega che i suoi genitori non avevano alternative. Poteva partire solo lui, il più grande tra i fratelli. Suo padre l’avrebbero rimandato indietro e sarebbe stato punito dal regime. Mi spiega che ama la fisica e la matematica, che studia nel tempo libero ed il suo sogno è sempre stato diventato professore. "Rimarrà un sogno", mi dice fermamente. "Sognare l’impossibile può rendere pazzi, finisci per crederci", mi spiega laconico. Vive in una stanza per universitari, fa cinque chilometri a piedi all’andata e cinque al ritorno, metà dello stipendio lo manda in Egitto. Il resto lo usa per vivere qui. "Quando fanno i resoconti della giornata, sono più veloce della calcolatrice" sogghigna, per poi aspirare un tiro di una sigaretta e far infrangere il fumo nelle stelle.
Christian è italiano. Ahmed è egiziano.
Hanno in comune, tra le tante, una cosa: crescere nelle sabbie mobili dell’ingiustizia più feroce, quando per sopravvivere devi catapultarti nella realtà della giungla. Non sanno cos’è la scuola. Non sanno cos’è sognare. Sono bambini diventati uomini troppo in fretta. Sono futuri uomini destinati a rimpiangere l’essere bambini. Sono uomini che, quando vedranno un ragazzino calciare un pallone, abbasseranno lo sguardo a terra con rimpianto. I minorenni in Italia che abbandonano la scuola sono tanti. I minorenni in Italia preda delle organizzazioni criminali sono tantissimi.
Sicilia e Sardegna hanno il 24% di dispersione scolastica, ben al di sopra della media nazionale (Italia 15%) [1]. In questo contesto s’inseriscono le storie dei ragazzini italiani che non si siedono sui banchi. Storie drammatiche, come quelle dei minori stranieri non accompagnati che giungono in Italia con l’obiettivo imprescindibile e primario di lavorare per sostenere la propria famiglia rimasta nel Paese di origine. I minorenni non italiani che finiscono al di fuori dei sistemi di protezione sono tanti, troppi. L’esercito dei minori fantasma [2]: preda di associazioni mafiose, di lavori sfiancanti, di sfruttamento sessuale e lavorativo. Finiti in una ragnatela architettata ad hoc da uomini (italiani e stranieri) che lucrano avidamente sulla pelle di minorenni indifesi.
Segnalazione dei MSNA [3]:
La chiusura delle frontiera ha, di fatto, portato ad un restringimento dello stock di segnalazione dei MSNA: chiaramente il minorenne incontra maggiori difficoltà nello sbarco in Italia, il rischio di rimanere intrappolato nelle carceri libiche e in quelle nuove egiziane diviene sempre più probabile.
In tal senso "basti pensare all’intesa raggiunta da Angela Merkel con Al Sisi, a cui si accoderanno probabilmente le altre nazioni europee: bloccare i migranti in Egitto, non farli salpare nel Mediterraneo, in cambio di soldi ed aiuti economici allo Stato cofirmatario" [4]. Il nuovo accordo tra la Germania ed il faraone ha di fatto rafforzato le carceri di Assuan e Il Cairo, riproponendo un accordo drammaticamente simile a quello tra Unione Europa e Turchia. Nell’intesa tra Bruxelles ed Ankara veniva sacrificato il popolo siriano e soprattutto i bambini [5], incanalati nel lavoro nero e nello sfruttamento. In questo nuovo, il risulto sarà lo stesso: i minorenni saranno sacrificati sull’altare come capretti. Inoltre, se da un lato le segnalazioni di MSNA in Italia sono diminuite drasticamente nel 2018 (dopo l’accordo con la Libia), è altrettanto vero che è aumentato l’unico dato che non doveva aumentare: gli irreperibili.
Gli irreperibili nel 2018, mese per mese:
Il quadro che emerge è drammatico. Il numero dei minorenni irreperibili da Gennaio (4.332) a Novembre (5.314) è aumentato vertiginosamente: +982. Ancora più grave la situazione se comparata all’anno prima. Nel 2017, da Gennaio (5.373) a Novembre (5.581): +208 irreperibili. Sintesi: i bambini scomparsi nel 2018 (982) sono quasi cinque volte di più (4,72 per l’esattezza) rispetto allo scorso anno (208).
La situazione è di piena emergenza: i minorenni stranieri spariscono. Sempre di più.
"Io sono come un’ombra. Quando sto davanti la gente non mi guarda neanche. Quando sono dietro, le persone camminano più veloce per evitarmi. Ormai c’ho fatto l’abitudine: dalle ombre, però, può nascere qualcosa di buono. Mi ricordo di quando mio padre, prima di addormentarmi, faceva le ombre cinesi con le mani: proiettava sul muro le forme degli animali. Mi piaceva un sacco come faceva il coccodrillo, sembrava vero. Ma è una vita fa. Una vita fa". (M., 17 anni, ragazzo diventato uomo da anni)
— - Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Note
[1] Save the Children "Liberare i bambini dalla povertà educativa: a che punto siamo?" https://www.savethechildren.it/sites/default/files/files/uploads/pubblicazioni/liberare-i-bambini-dalla-poverta-educativa-che-punto-siamo.pdf
[2] https://www.meltingpot.org/L-esercito-dei-minori-fantasma-il-dramma-silenzioso.html#.XCZsdFxKjIU
[3] http://www.lavoro.gov.it/Pagine/default.aspx
[4] https://www.meltingpot.org/L-esercito-dei-minori-fantasma-il-dramma-silenzioso.html#.XCZXt1xKjIU
[5] https://www.meltingpot.org/Io-non-ho-sogni-L-infanzia-negata.html#.XCZZ8FxKjIU
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paoloferrario · 3 years
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La gestione dei comportamenti-problema. Dall'analisi all'intervento psicoeducativo, di Daniela Fedeli, Anicia edizioni
La gestione dei comportamenti-problema. Dall’analisi all’intervento psicoeducativo, di Daniela Fedeli, Anicia edizioni
vai alla scheda dell’editore: https://www.edizionianicia.it/prodotto/la-gestione-dei-comportamenti-problema/ Sempre più spesso, insegnanti ed educatori riportano l’esigenza di dover affrontare e gestire comportamenti problematici di diversa natura e questa emergenza educativa sembra trasversale alle varie fasce d’età (dai bambini prescolari agli adolescenti) ed ai vari ambiti di vita quotidiana…
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tifatait · 3 years
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"Il sangue sulla città. Siamo in emergenza educativa" | www.ottopagine.it
“Il sangue sulla città. Siamo in emergenza educativa” | www.ottopagine.it
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lamilanomagazine · 10 months
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Dal 18 novembre in gran guardia il ciclo di conferenze "La comunità incontra la psicologia"
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Dal 18 novembre in gran guardia il ciclo di conferenze "La comunità incontra la psicologia". Verona. Fornire una cassetta degli attrezzi per aiutare i giovani a gestire e risolvere problemi e patologie attuali o che si sono evoluti dopo la pandemia. È questo l’obiettivo del ciclo di conferenze “La Comunità incontra la Psicologia” che si terrà da sabato 25 novembre nella sala convegni della Gran Guardia promosso dal Comitato di psicoterapeuti “Verona e la Psicologia” con il patrocinio del Comune di Verona e Ulss 9, in collaborazione con Hermete coop., Centro Terapia Strategica e Associazione Pianeta sindacale Carabinieri, grazie al sostegno di BCC Valpolicella Benaco e Medical Salix. “Siamo veramente grati per il ricco programma che vedrà a Verona diversi professionisti nel campo della psicologia, in un momento in cui capiamo tutti quali siano le emergenze e come anche in campo educativo la psicologia possa dar il suo contributo – ha detto l’assessora alla Salute Elisa La Paglia -. È un’iniziativa che si è svolta anche negli anni passati, ma mai con un programma così ricco e ampio. ‘Verona e la psicologia’ è una realtà composta dai professionisti Giulia Rinaldi, Giovanni Albertini e Michele Dolci che vanno ringraziati per mettersi a disposizione della comunità, facendo un lavoro organizzativo e di selezione che va oltre la professione e del quale tutti possiamo beneficiare. L’invito a partecipare è rivolto a tutta la cittadinanza, un’occasione importante per tutti noi per fare un focus su queste criticità e sulle soluzioni”. Cinque incontri, rivolti soprattutto ai genitori e insegnanti, che affronteranno temi inerenti la salute mentale degli adolescenti con forme esasperate di ansie, fobie e propensione al ritiro sociale durante e dopo il Covid. Come rilevato da un’indagine recente coordinata dall’Istituto Superiore della Sanità infatti, il 40 % degli adolescenti italiani ha riferito un peggioramento della propria salute mentale in conseguenza degli effetti della pandemia. Il tutto confermato da una recente ricerca dell’Inc Non Profit Lab, che ha messo in luce come il 10% dei giovani (fascia 15-24) assuma psicofarmaci per dormire, studiare o dimagrire, senza prescrizione medica, e di come il 30 % che patisce disturbi psicologici non chieda aiuto. Come gestire questa situazione? Ma soprattutto, come e dove chiedere aiuto? A questo e a molte altre domande vogliono dare risposte ed indicazioni i maggiori professionisti del settore che interverranno durante questo ciclo di incontri. La partecipazione alle conferenze è gratuita con obbligo di prenotazione al sito www.veronaelapsicologia.it. Per info e contatti si può scrivere una email a [email protected] o chiamare il numero 339 5490950. Programma: 25 Novembre ore 18 - Hermete Cooperativa Sociale “La comunità che genera. Protagonismo giovanile e alleanze nel territorio”. Alberto Pellai “Allenarsi alla vita. Apprendere non solo il sapere e il saper fare, ma anche il saper essere”. 16 Dicembre ore 18 – Matteo Lancini “La fragilità adulta come nuova emergenza educativa”. 18 Febbraio 2024 ore 18 – Isabel Fernandez “Il ruolo del trauma nella salute mentale di bambini e adolescenti. II contributo della terapia EMDR”. 2 Marzo 2024 ore 18 – Giorgio Nardone “Le emergenti psicopatologie giovanili e la loro terapia in tempi brevi”. 27 Aprile 2024 ore 18 - Vittorino Andreoli Lectio magistralis “La percezione del tempo in psicopatologia”. L’iniziativa è stata presentata questa mattina in sala Arazzi. Sono intervenuti l’assessora alla Salute Elisa la Paglia, Lisa Meneghelli della Direzione Sanitaria Ulss 9 e la psicologa, psicoterapeuta Centro di Terapia Strategica e del comitato Verona e la Psicologia Giulia Rinaldi. “Le fragilità sono esplose nel periodo post Covid, come confermano recenti indagini – spiega Lisa Meneghelli –. Dati preoccupanti che devono essere noto a tutti. Per far ciò vanno creati dei ponti tra il mondo socio-sanitario, i cittadini e istituzioni del territorio. Come Ulss 9 sono numerosi gli interventi e le iniziative che i nostri Centri di Salute Mentale mettono a disposizione per garantire un valido supposto psicologico alla popolazione. Per questo motivo vogliamo cogliere ogni possibilità di parlarci e coordinarci con le varie associazioni per sostenere il benessere dei cittadini di Verona e provincia”. “Come professionisti abbiamo osservato un cambiamento totale dei punti di riferimento – sottolinea Giulia Rinaldi -. I problemi non sono esplosi post Covid, perché erano presenti anche prima, semplicemente si sono esacerbati in maniera più potente. Il senso di questa rassegna è nato prima di tutto per poter ristabilire l’importanza della relazione, poi per illuminare la psicologia nella sua funzione originale attraverso grandi professionisti”  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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serdoc57 · 3 years
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ULTIMA EMERGENZA, ULTIMA FERMATA
ULTIMA EMERGENZA, ULTIMA FERMATA
Il pianeta è in emergenza globale, ossia economica, sociale, epidemiologica, climatica, e da inquinamento. Quale futuro ci attende ? in tutto questo, e’ gia’ iniziata la deflagrazione del nucleo familiare e la disgregazione di ogni forma sociale, educativa, millenaria. Oggi si tende a trasgredire in ogni direzione. E più’ sei alternativo alle convenzioni, e piu’ sei apprezzato e osannato. Più…
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italreport · 3 years
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"Emergenza sociale" si chiama Imprinting Educativo.
Vittoria. 9 aprile 2021 RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO Un nuovo “virus” contagia le famiglie italiane. Da Nord a Sud, passando per il Centro. Si chiama “imprinting educativo”, e non c’è mascherina che tenga. Trattasi di assoluta emergenza sociale e, appunto, educativa: riguarda le giovani generazioni, quelle che i genitori hanno abbandonato e che gli adulti competenti…
“Emergenza sociale” si chiama Imprinting Educativo. was originally published on ITALREPORT
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forgottenbones · 7 years
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#xenofobia #scuola Emergenza educativa. Per @ilmanifesto pic.twitter.com/A3WvIFUNNQ
— Mauro Biani (@maurobiani)
12 febbraio 2018
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sciscianonotizie · 4 years
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Emergenza educativa: SIC e CONFAPI chiedono Sostegno Economico per lo 0/6
“Credo che alcune regole vadano riviste. Mi riferisco in particolare alle chiusure degli asili nido, delle scuole dell’infanzia e di quelle elementari. Almeno queste dovrebbero restare aperte anche nelle zone rosse per non far gravare l’emergenza sui nostri bambini e non mettere in seria difficoltà le famiglie italiane”. Sottosegretario all’Istruzione – Barbara Floridia Questa dichiarazione del...
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source https://www.ilmonito.it/emergenza-educativa-sic-e-confapi-chiedono-sostegno-economico-per-lo-0-6/
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