#Genitorialità moderna
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I ragazzi di oggi: un'emergenza educativa della società liquida del XXI secolo
Demotivati, senza valori, con lo sguardo sempre rivolto verso uno schermo. Pare che i ragazzi d’oggi prendano parte ad una generazione a sè stante, con linguaggi ed atteggiamenti indecifrabili e lontani dai codici tradizionali. In questo mondo globalizzato la realtà fluida permea in ogni vissuto, trascinando verso l’abisso soprattutto chi non ha gli strumenti per decifrarne le difficoltà…
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#Cambiamenti culturali#Cambiamenti sociali#Educazione contemporanea#Educazione digitale#Emergenza educativa#Futuro delle nuove generazioni#Generazione iGen#Genitorialità moderna#Gioventù odierna#Maturità emotiva#Media e comunicazione#Mondo globalizzato#Relazioni familiari#Responsabilità Sociale#Riflessione sull&039;educazione#Ruolo degli adulti.#Sfide educative#Società del XXI secolo#Società liquida#Strumenti educativi#Tecnologia e giovani#Valori morali
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"A Scuola di… Genitori": Un Progetto per Sostenere le Famiglie a Casale Monferrato
Prossimo Incontro il 15 Novembre per Approfondire il Disagio dei Giovani con Esperti e Professionisti
Prossimo Incontro il 15 Novembre per Approfondire il Disagio dei Giovani con Esperti e Professionisti Il Progetto “A Scuola di… Genitori”: Un Supporto per le Famiglie di Casale Monferrato Nell’ambito delle iniziative a sostegno della genitorialità e della crescita familiare, l’associazione I Care Family, guidata dalla dottoressa Renza Marinone, ha lanciato il progetto “A Scuola di… Genitori”.…
#accoglienza educativa#Alberto Pellai#Alessandria today#associazione Kayrós#benessere famigliare#Biblioteca Ragazzi#Casale Monferrato#competenze genitoriali#Comune di Casale Monferrato#Corrado Rendo#crescita dei figli#Crescita Personale#dialogo genitori#dialogo intergenerazionale#don Claudio Burgio#Educazione civica#educazione comunitaria#educazione emotiva#educazione famigliare#educazione moderna#eventi a Casale Monferrato#For.Al#Genitorialità#gestione delle difficoltà#giovani e disagio#Google News#I Care Family#Inclusione sociale#incontri di formazione#Istituto Beccaria
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Dopo lunghe trattative, Chiara Ferragni e Fedez hanno raggiunto un accordo di separazione che comporta il loro divorzio, come dichiarato dai legali coinvolti. L'accordo sarà depositato a breve e omologato dal Tribunale di Milano, che emetterà la sentenza di divorzio ufficiale tra sei mesi. Questa decisione segna la fine di una delle coppie più seguite degli ultimi anni e si basa su un compromesso su vari aspetti, tra cui l'affidamento dei figli, Leone e Vittoria. Secondo l'intesa, entrambi i genitori si occuperanno del mantenimento dei bambini, e Fedez contribuirà direttamente al pagamento di scuola, spese mediche e attività sportive, a fronte della richiesta di Chiara di un assegno mensile rifiutata poiché ritenuta non necessaria, vista l'autonomia economica della Ferragni. Il rapper ha rifiutato la richiesta poiché considerava non appropriato concedere una somma così elevata, sottolineando la sua stabilità finanziaria. Le rette scolastiche per i figli superano i 20.000 euro all'anno. L'accordo prevede anche una gestione equa del tempo trascorso con i bambini, i quali passeranno un tempo simile con entrambi i genitori. Inoltre, la coppia ha stabilito delle regole riguardanti l'esposizione dei figli sui social media. I genitori si sono impegnati a seguire le linee guida del Garante della privacy, che vietano la pubblicazione non autorizzata di immagini e video dei minori. Pertanto, dovranno richiedere reciproca autorizzazione prima di condividere contenuti che riguardano i bambini, segnando un cambiamento rispetto al passato, quando i figli erano frequentemente protagonisti sui social. In sintesi, l'accordo di separazione tra Chiara Ferragni e Fedez rappresenta un tentativo di mantenere un equilibrio nella vita dei loro figli nonostante la separazione, stabilendo disposizioni chiare per il loro benessere e la loro privacy. La coppia, pur in fase di divorzio, ha dimostrato l'intenzione di collaborare attivamente per il bene dei loro bambini, e l'ufficializzazione del divorzio avverrà nei prossimi sei mesi, dopo l'omologazione dell'accordo da parte del Tribunale.
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cosa insegnano i genitori
Qualche giorno fa ho trovato un video di una psicologa alle prese con una narrazione sui genitori , o per meglio dire una elencazione delle crisi che attanagliano la “genitorialità moderna”. La definizione genitorialità moderna la sto introducendo in questo momento per fare una sorta di generalizzazione. Comunque nel video venivano indicate: la difficoltà a gestire i propri ruoli, l’insufficiente…
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La donna partner di un'altra donna che dia alla luce un figlio sarà automaticamente riconosciuta come co-madre a tutti gli effetti.
Il progetto è solo in fase iniziale e deve essere ancora approvato dal governo, ma la ministra è stata chiara: «Sulla base delle possibilità offerte dalla moderna medicina riproduttiva e delle forme familiari vissute nella società, la legge sulla genitorialità è almeno in parte obsoleta».
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Riflessioni sul #LottoMarzo ma più sul 7 e sul 9
una Anonima Lettrice™ (mica troppo: mia sorella) manda un lungo e meraviglioso contributo che non posso esimermi dal pubblicare
Da qualche tempo ho iniziato a frequentare uno "Spazio Mamma" della nostra città (metropolitana), Bologna, uno di quei luoghi da cui si ha la conferma di essere capitati in una regione con sistema sanitario di prima classe di tutta Italia. Si tratta in sintesi di un luogo in cui una volta a settimana le neo mamme possono recarsi con varie finalità: trovare aiuto esperto di ostetriche e altre mamme che danno una mano nel districarsi nel campo minato dell'allattamento che uno pensa che sia la cosa più naturale del mondo e invece sticazzi nasconde insidie pari al livello N di Prince of Persia (sì, citando la nota canzone, "parlo da uomo ferito"), incontrare altre genitrici con bimbi della stessa fascia d'età, cercare consiglio sui micro e macro temi che interessano neo mamme e bimbi nei primi mesi di vita e in particolare condividere e trovare conforto in merito a quel senso di inadeguatezza-stanchezz-frustraz-smarrimento che in taluni casi accompagna per alcune mamme il periodo seppure gioioso e tenerosissimo della nascita di un nuovo figlio. Stiamo parlando di uno spazio di grande qualità (grazie agli operatori dell'azienda sanitaria che ci lavorano) che come intuirete raccoglie le mamme più desiderose sì di aiuto ma anche quelle disposte a mettersi più in discussione sotto tanti punti di vista.
Orbene, esauriti gli argomenti di primaria importanza che riguardano i pupi (tetta, cacca, sonno), spesso il discorso e il confronto durante questi incontri si amplia opportunamente alle gioie e dolori della gestione familiare in questi momenti in cui una piccola creatura richiede spesso tutte le energie e le ore della mamma. Davanti a fatica e impotenza le operatrici ripetono alcuni utilissimi mantra come "Farsi aiutare" e "Fare un passo indietro per far fare un passo avanti ad altri" tipo i mariti/partner/compagni. Segue quindi scambio di esperienze da parte di mamme (mi preme specificare che si tratta di persone tra i 28 e i 45 anni, non della generazione della mia nonna) che ritengono di aver trovato strategie efficaci in questo senso. (Ora nel mio anonimato violerò, mi dispiace molto, la politica sacrosanta dello spazio mamma che si basa sull'esprimersi senza essere giudicate, e riporterò con una spruzzata di sarcasmo alcuni interventi che ho ascoltato. Mi spiace, sono una brutta persona)
Mamma A racconta come lei abbia risolto la sua difficoltà a fidarsi e farsi aiutare dal marito, il quale svolge le mansioni domestiche evidentemente a un livello qualitativo non soddisfacente, con un sottile stratagemma: dà lui piccole consegne, come ad esempio riempire la lavastoviglie, e prima di farla effettivamente partire, di nascosto per non ferire il suo virile ego, si reca a controllare che l'abbia riempita bene perché lui non è molto capace, ad esempio mette i bicchieri al contrario o le pentole che intralciano lo spruzzo centrale. Vi invito a soppesare la difficoltà del task lavastoviglie.
Mamma B spiega che lei invece preferisce chiedere a lui di tenere la creatura per qualche istante così da avere modo di fare lei più rapidamente e con più efficacia alcune faccende che lui impiegherebbe troppo tempo per fare poi addirittura male.
Mamma C racconta infine con un sorriso di quella volta che suo marito le chiedeva in che cassetto fossero le di lui mutande e, dopo averglielo indicato, lo aveva visto rientrare la sera con un paio di suoi (di lei) slip, per quanto senza pizzi, assai poco performanti per un uomo. Ma lui non se ne era accorto.
Ora, non sono persona così poco burlona da non divertirmi con qualche battuta ben assestata sulle attitudini dell'uno o dell'altro partner ma dato che so da fonti certe che i figli di queste mamme sono stati cercati con amore e non sono capitati a una coppia di sconosciuti/adolescenti, mi prudono veramente le mani a veder trapelare da queste parole l'immagine di donne che, spacciando a se stesse prima che alle altre di avere costruito equilibri di mutuo aiuto, nascondono il fatto di avere ben prima dell'arrivo dei bambini impostato relazioni da coppia da anni '50 e anche di stimare assai poco i loro partner. Più in generale mi incattivisce constatare da questi e altri interventi come un certo vittimismo da madre-coraggio angelo del focolare faccio-tutto-io sembra quasi che venga cercato con una sorta di masochismo e preferito al costruire equilibri diversi con il compagno (dove possibile, mi rendo conto che non sia sempre così) o all'onestà di ammettere che magari ritagliarsi un ruolo da mamma e moglie con il controllo della casa e della famiglia possa essere, per un certo periodo della vita e in alcuni casi, una cosa gradevole e appagante sebbene faticosa, o ancora che lasciare il figlio al papà per fare le faccende di casa dopo che si è avuto il proprio bimbo fra le braccia tutto il giorno possa costituire magari un seppur povero ma efficace diversivo alla routine di tetta-giochi-pannolini-addormentare. Lo stesso Facebook pullula in maniera orrorifica di gruppi di mamme interamente improntati a questo stereotipo vittimista che, ho capito il vecchio detto "mal comune Pippo Baudo" (cit) e il classico "ridiamoci su" ma lasciano trapelare contemporaneamente un forte disagio e la scarsissima volontà di risolverlo.
E' con tutto questo in mente chi mi sono imbattuta nel Lotto Marzo, uno sciopero delle donne indetto per la nota ricorrenza dalla rete Non Una Di Meno, di cui si trovano qui alcune infografiche anch'esse che lasciano un senso di boh http://pasionaria.it/sciopero-lottomarzo-cosa-come-e-perche-in-uninfografica/. Sorvoliamo sul valore dello sciopero nella società moderna, che è cosa un po' da millennials, e leggiamo. Al di là della criptica astensione dalle attività non solo produttive ma anche riproduttive (che evidente, qualsiasi cosa esse comprendano, dunque svolgiamo solo come servizio a qualcuno?) le infografiche segnalano anche che possiamo "astenerci dal lavoro di cura della casa e della famiglia, dal fare la spesa, la lavastoviglie " e via dicendo. Questo per mandare un messaggio a chi? A quei partner, mariti e figli con i quali auspicabilmente stiamo costruendo, quotidianamente e non in giornate di attivismo, una condivisione in parità della gestione della vita familiare e della genitorialità? Per sottrarci a quelle che, se le abbiamo scelte liberamente, sono le responsabilità quotidiane non di una donna ma di una persona? Verrebbe da pensare che o si parla a una donna che ha già fallito su uno di questi piani (e allora lo sciopero non è una risposta un po' banale anzi contro producente?) oppure sfugge come questi gesti "privati" che snaturano una visione sana delle persone possano giovare a una condivisibile battaglia pubblica...
Per fare un po' il Joe Metafora della situazione mi pare un po' come fare un viaggio in auto tra amici tra Salerno e Brunico e all'altezza di Orte uno decide di fare lo sciopero del pieno per protestare contro il caro benzina: è di certo un modo per rifilare una bella inculata agli amici o nel peggiore dei casi per trascorrere le vacanze in una piazzola vicino al Cantagallo, non di certo la strategia migliore per arrivare a Brunico e spaccarsi di snowboard a Plan de Corones tutti felici. Non era forse meglio mettersi d'accordo prima e andare in treno?
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Uno può vivere una vita molto modesta, addirittura con un livello minimo di libertà, e avere comunque una vita buona. Ne sono convintissimo e l’ho ribadito spesso nei miei scritti. Nel mio caso particolare, penso che la vita che mi sono costruito sia una vita buona, nel senso aristotelico di una vita «felice», realizzata. È essenziale, però, qualificare questa affermazione, dicendo che la considero una vita relativamente buona, dato che a nessun essere umano sono risparmiati i momenti di crisi, frustrazione e fatica. ... Mi sta però anche a cuore la distinzione tra «piacere» e «gioia». Il piacere, per usare il lessico di Charles Taylor, è legato alle valutazioni «deboli» – a valori, cioè, che non hanno grande profondità o risonanza nelle nostre vite, perché dipendono da un livello superficiale del nostro gusto. Le gioie autentiche, al contrario, hanno a che fare con i beni che orientano le nostre scelte esistenzialmente più profonde, più «forti».[1] Mi piace perciò pensare che la gioia che mi danno i successi lavorativi non siano piaceri superficiali o inconsistenti, ma siano come amplificati dal loro valore intrinseco. E questo valore si riflette nel fatto che le idee che mi appassionano sono utili anche per altri. ... mi dà conforto pensare che da sempre le grandi civiltà hanno avuto bisogno di persone impegnate quotidianamente a interpretare, cioè ad «articolare» (tanto per usare il verbo preferito di Taylor) i significati insiti nel loro stare insieme, nelle pratiche sociali di cui sono intessute e negli obiettivi che perseguono, alla luce di una specifica comprensione di chi noi siamo – voglio dire «noi» esseri umani. Da queste persone – siano esse teologi, artisti o filosofi – la società si aspetta idee, suggerimenti, a cui attingere quando serve. È così che percepisco me stesso: come una persona pagata dalla società per decifrare la propria forma di vita, indicare i suoi difetti, prospettare soluzioni. ... qui, spesso, il lavoro di articolazione è relegato nell’ombra e, nella fretta di raggiungere i nostri obiettivi, tendiamo a naturalizzare la nostra forma di vita, a considerarla cioè come uno stato di cose ovvio, indiscutibile. Da questo punto di vista difettiamo di articulacy e abbiamo bisogno di qualcuno che, remando contro corrente, ci renda consapevoli dell’acqua in cui nuotiamo. Non penso che l’attività intellettuale goda di una qualche forma di superiorità rispetto, che ne so, all’attività artistica o ad altre forme meno glamour di espressione umana (economia, politica, genitorialità, cura, ecc.). In questo senso, ammetto che c’è qualcosa di antintellettualistico, persino di anticognitivista nella mia posizione. In fondo, è così facile per chi fa un lavoro intellettuale immaginare che nei concetti, nel pensiero, nella scrittura vi sia una dose maggiore di umanità che in altre attività umane. Questa, però, mi sembra una trappola in cui i «letterati» cadono fin troppo facilmente. Non direi mai che il pensiero sia il fulcro dell’esperienza umana. Quando ho optato per il termine «risonanza» nella mia analisi della contemporaneità volevo anche dare voce al mio scetticismo riguardo all’idea che la chiave di volta di una vita buona sia la «ragione» o la «conoscenza». Certamente non è mia intenzione sostenere che la modernità sia la prima epoca nella storia umana a conoscere una forma marcata di accelerazione dei ritmi di vita. Di accelerazioni di questo tipo se ne sono susseguite diverse nel corso dell’evoluzione umana grazie, per esempio, alle innovazioni tecnologiche nell’agricoltura o nei mezzi di trasporto. Le transizioni storiche, in particolare, sono sempre momenti di accelerazione della vita, spesso anche molto brutali. La mia tesi è molto più specifica. È l’idea che la società moderna sia la prima società nella storia umana che ha bisogno di accelerare per mantenere in piedi la propria stessa struttura. Detto altrimenti, essa si basa sull’accelerazione. La sua è una forma di stabilità dinamica che produce per default qualcosa di molto simile a un’escalation.
Hartmut Rosa
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