#sottomissione
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anchesetuttinoino · 4 months ago
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Il vizio della parola
Il vizio della parola
Il divieto per le donne di usare la voce in pubblico nell’Afghanistan dei talebani. E noi ammutoliti da un diluvio di neologismi assurdi (vedi alla voce “maranza” o “sunshine guilt”)
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Se togli loro la parola, scompariranno. I talebani hanno recentemente emanato una serie di leggi inerenti la propagazione della virtù e la prevenzione del vizio. Già questo proietta lo sguardo su un mondo che appartiene a una galassia lontanissima. E quando mai dalle nostre parti si parla più di vizi e virtù? In ambito legislativo, oltretutto.
In ogni caso, queste leggi sono state approvate dal leader supremo dei talebani, Hibatullah Akhundzada, e tra i provvedimenti ne spicca uno: «La voce di una donna è considerata intima e quindi non dovrebbe essere ascoltata mentre canta, recita o legge ad alta voce in pubblico». Per promuovere la virtù e scacciare il vizio, le donne non potranno esprimersi a voce alta nei contesti pubblici. Le imbavagliano, anzi le ammutoliscono, ma per il loro bene s’intende.
La scena è agghiacciante, ci costringe a una doccia terribilmente fredda. I talebani hanno chiaro chi sia una donna, a differenza della nostra situazione un po’ più aperta, cioè confusa. Abbiamo trascorso l’estate – ma è stata la ciliegina su una torta sfornata da tempo – a interrogarci su livelli di testosterone, Dna, intenzioni d’anima. Magari, al prossimo caso mediatico, potrebbe essere utile cambiare sfondo e ambientare tutti i nostri dubbi per le vie di Kabul e «vedere l’effetto che fa».
Se dai loro in pasto tantissime parole, scompariranno. Aggiungere vocaboli non è per forza segno di progresso, si può diventare muti per eccesso terminologico. L’aggiornamento dello Zingarelli per il 2025 prevede che il dizionario si arricchisca di nuovi termini, “maranza” e – udite udite – “gieffino” si conquistano un posto nell’Olimpo delle parole validate da definizione. Ma questo è solo un ritocco brutalmente onesto al nostro ritratto umano.
Il crimine terminologico è altrove, là dove spuntano espressioni che ci ritroviamo sotto gli occhi scrollando le notizie. “Coolcation” è la tendenza in crescita per trovare mete di viaggio al fresco. “Workation” è la scelta di lavorare da remoto scegliendo luoghi che offrano svago e servizi per il tempo libero. Una medaglia d’oro per l’assurdo spetta all’espressione “sunshine guilt”, il senso di colpa per aver sprecato una giornata di sole.
C’è, nel nostro intimo, un ribollimento senza nome. Sono scampoli di paura mescolati a slanci di affetto, pulsioni cattive e lacrime struggenti. È questa fucina scabrosa, feconda e indicibile che alimenta la libertà nel tumulto di gesti, scelte, responsabilità. Sono poche, devono essere poche e vertiginose, le parole a cui ricondurre il senso del nostro travaglio. Sillabe scottanti come “amore” o “invidia”. Frantumare il quadro in un mucchio di nuovi pezzettini lo riduce a un puzzle che resta scombinato.
Finiamo per scomparire ed essere muti se l’impegno di affrontare la novità di ogni nuova alba – l’ignavia che fa a pugni con la rabbia, i desideri che bevono sorsi di fiducia – viene sgonfiato dalla bugia che tutto affondi in un senso di colpa per il timore di perdere un giorno di sole.
via tempi.it
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sirmindflayer1 · 5 months ago
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"Stai ferma! Faccia a terra e arrenditi al mio desiderio. Attendi ciò che che ti verrà inferto con paura ed eccitazione"
"Stay still! Face down and surrender to my desire. Await what will be inflicted on you with fear and excitement"
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crazy-so-na-sega · 11 months ago
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se non fosse che anche la memoria -si- educa...
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illuposolitario · 10 months ago
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"Lucia aveva ragione, io non lo sapevo cos'era l'amore. Avrei imparato a Pigalle che si ama solo ginocchio, si trionfa solo in ginocchio, quando la carne si sottomette alla carne e gode."
- Supersex
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anchesetuttinoino · 15 days ago
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Obscurans...
Lo abbiamo già detto nel 2021. Per quanto dovremo ribadirlo? Toc Toc Sig.ra Boldrini non ha nulla da dire? (…) “Dobbiamo smettere di fingere che i talebani siano cambiati”, ha ammonito McMaster. “La nostra autoillusione ha portato molti ad abbracciare un capovolgimento orwelliano della moralità considerando i terroristi jihadisti come partner. (…) I talebani sono intenzionati a imporre una…
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crazy-so-na-sega · 1 year ago
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Biblioteca_non_conforme_
Si sa che esistono due tipi di razzismo: quello dei bianchi, ingiustificabile e odioso, a prescindere da qualsiasi motivo, e quello dei negri, assolutamente giustificabile, a prescindere da qualsiasi eccesso, perché esso esprime un giusto sentimento di rivalsa e sono i bianchi, dopo tutto, che devono comprendere.
-Jean Raspail - Il campo dei Santi
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ituoisegreti · 9 months ago
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primepaginequotidiani · 3 months ago
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PRIMA PAGINA La Discussione di Oggi sabato, 28 settembre 2024
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ilcovodelbikersgrunf · 11 months ago
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😡
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crazy-so-na-sega · 5 months ago
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per dire...
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ituoisegreti · 4 months ago
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Nel buio freddo della stanza, il silenzio pesa mentre la tensione cresce, pronta a esplodere sotto il mio controllo.
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crazy-so-na-sega · 1 year ago
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mi sale il crimine.....
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Se non mettiamo sul piatto il nostro sistema valoriale, se continuiamo ad arretrare in nome di presunte libere scelte di altri (che libere non sono), tra qualche anno vedremo i risultati.
Tra un party ghetto e la Shariʿa, il passo non è così lungo come sembra.
Poi non chiediamoci perché il multiculturalismo (vedi Francia) è mera retorica se non una illusione ipocrita.
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scienza-magia · 2 years ago
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Joseph Ratzinger, la ragione e la scienza
La scienza sottomessa alla fede. La irricevibile visione di Ratzinger. L’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti segnala con una nota che con la morte di Ratzinger pure sui giornali molti commentatori (anche di testate “laiche”) non hanno mancato di fare elogi sperticati del papa emerito, proclamandolo conciliatore – nientemeno – tra ragione e fede. Quanto questa ricostruzione sia falsata lo mette bene in chiaro il divulgatore scientifico Silvano Fuso su MicroMega proprio ripercorrendo gli scritti e le dichiarazioni pubbliche di Benedetto XVI. Infatti Ratzinger, da intellettuale religioso schiettamente conservatore che temeva la scienza moderna, vede questa “compatibilità” solo quando la ragione si sottomette totalmente alla fede. La scomparsa di Joseph Ratzinger ha suscitato molti commenti in cui si evidenzia come in lui fede e ragione abbiano convissuto armoniosamente. In realtà fede e ragione in Ratzinger diventano compatibili solamente se quest’ultima si sottomette in maniera totale e incondizionata alla fede. La scomparsa di Joseph Ratzinger ha suscitato molti commenti in cui, sottolineando la finezza intellettuale del pontefice emerito scomparso, si evidenzia come in lui fede e ragione abbiano convissuto armoniosamente. Spesso, inoltre, Ratzinger viene ritratto come il papa del dialogo, animato da una ricerca teologica il cui filo conduttore è appunto l’equilibrio tra ragione e fede. In realtà andando a rileggere molti dei suoi scritti e delle sue dichiarazioni pubbliche emerge un quadro piuttosto diverso. Fede e ragione in Ratzinger diventano compatibili solamente se quest’ultima abdica completamente dalle sue prerogative per sottomettersi in maniera totale e incondizionata alla fede.
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Vale quindi la pena andare a rileggere alcune sue affermazioni. Nella celebre conferenza tenuta a Ratisbona il 12 settembre 2006, Ratzinger scrive: “Una ragione, che di fronte al divino è sorda e respinge la religione nell’ambito delle sottoculture, è incapace di inserirsi nel dialogo delle culture. E tuttavia, la moderna ragione propria delle scienze naturali, con l’intrinseco suo elemento platonico, porta in sé, come ho cercato di dimostrare, un interrogativo che la trascende insieme con le sue possibilità metodiche. Essa stessa deve semplicemente accettare la struttura razionale della materia e la corrispondenza tra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella natura come un dato di fatto, sul quale si basa il suo percorso metodico. Ma la domanda sul perché di questo dato di fatto esiste e deve essere affidata dalle scienze naturali ad altri livelli e modi del pensare – alla filosofia e alla teologia. Per la filosofia e, in modo diverso, per la teologia, l’ascoltare le grandi esperienze e convinzioni delle tradizioni religiose dell’umanità, specialmente quella della fede cristiana, costituisce una fonte di conoscenza; rifiutarsi ad essa significherebbe una riduzione inaccettabile del nostro ascoltare e rispondere”. In definitiva, secondo Ratzinger, se si spiega la realtà senza accettare “la struttura razionale della materia e la corrispondenza tra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella natura”, si è irrazionali. Vale la pena ricordare che la scienza fa proprio questo: spiega la realtà senza ipotizzare alcuna struttura razionale operante nella natura. Pensiamo, ad esempio, alla teoria dell’evoluzione biologica, la quale si sviluppa in modo casuale, senza alcuna finalità o disegno. Tali concetti sono stati ribaditi da Ratzinger nella sua enciclica Spe Salvi, pubblicata il 30 novembre 2007 . In essa, coerentemente con tutto il suo pensiero, viene ribadita la limitatezza della sola ragione senza fede e una ferma condanna dell’illuminismo: “La ragione ha bisogno della fede per arrivare ad essere totalmente se stessa: ragione e fede hanno bisogno l’una dell’altra per realizzare la loro vera natura e la loro missione”. Ed è piuttosto curioso che Ratzinger non esiti a citare un autore della scuola di Francoforte per avvalorare la sua critica al progresso, ritenuto ambiguo e non necessariamente positivo: “Già nel XIX secolo esisteva una critica alla fede nel progresso. Nel XX secolo, Theodor W. Adorno ha formulato la problematicità della fede nel progresso in modo drastico: il progresso, visto da vicino, sarebbe il progresso dalla fionda alla megabomba. Ora, questo è, di fatto, un lato del progresso che non si deve mascherare. Detto altrimenti: si rende evidente l’ambiguità del progresso. Senza dubbio, esso offre nuove possibilità per il bene, ma apre anche possibilità abissali di male – possibilità che prima non esistevano. Noi tutti siamo diventati testimoni di come il progresso in mani sbagliate possa diventare e sia diventato, di fatto, un progresso terribile nel male. Se al progresso tecnico non corrisponde un progresso nella formazione etica dell’uomo, nella crescita dell’uomo interiore (cfr Ef 3,16; 2 Cor 4,16), allora esso non è un progresso, ma una minaccia per l’uomo e per il mondo”. Tornando alla conferenza di Ratisbona, Ratzinger si focalizza poi sulle scienze in particolare e scrive: “Soltanto il tipo di certezza derivante dalla sinergia di matematica ed empiria ci permette di parlare di scientificità. Ciò che pretende di essere scienza deve confrontarsi con questo criterio. E così anche le scienze che riguardano le cose umane, come la storia, la psicologia, la sociologia e la filosofia, cercano di avvicinarsi a questo canone della scientificità. Importante per le nostre riflessioni, comunque, è ancora il fatto che il metodo come tale esclude il problema Dio, facendolo apparire come problema ascientifico o prescientifico. Con questo, però, ci troviamo davanti ad una riduzione del raggio di scienza e ragione che è doveroso mettere in questione”. Questo approccio riduttivo non è però accettabile per Ratzinger: “Ma dobbiamo dire di più: è l’uomo stesso che con ciò subisce una riduzione. Poiché allora gli interrogativi propriamente umani, cioè quelli del “da dove” e del “verso dove”, gli interrogativi della religione e dell’ethos, non possono trovare posto nello spazio della comune ragione descritta dalla “scienza” e devono essere spostati nell’ambito del soggettivo. Il soggetto decide, in base alle sue esperienze, che cosa gli appare religiosamente sostenibile, e la “coscienza” soggettiva diventa in definitiva l’unica istanza etica. In questo modo, però, l’ethos e la religione perdono la loro forza di creare una comunità e scadono nell’ambito della discrezionalità personale. È questa una condizione pericolosa per l’umanità: lo constatiamo nelle patologie minacciose della religione e della ragione – patologie che necessariamente devono scoppiare, quando la ragione viene ridotta a tal punto che le questioni della religione e dell’ethos non la riguardano più. Ciò che rimane dei tentativi di costruire un’etica partendo dalle regole dell’evoluzione o dalla psicologia e dalla sociologia, è semplicemente insufficiente”. Per Ratzinger è cioè intollerabile (e addirittura patologico) che gli interrogativi “propriamente umani” diventino un problema soggettivo, ai quali ciascuno fornisce la risposta che meglio crede. In pratica ancora una volta, dopo circa quattro secoli dalla condanna di Galileo e dal rogo di Giordano Bruno, la Chiesa Cattolica mostra di non sopportare il libero pensiero e vuole avere il monopolio della verità. L’alternativa che Ratzinger propone è infatti una sottomissione della “ragione ristretta”, tipica del pensiero scientifico, a una “ragione estesa” che coincide con la fede: “L’ethos della scientificità, del resto, è volontà di obbedienza alla verità e quindi espressione di un atteggiamento che fa parte della decisione di fondo dello spirito cristiano. Non ritiro, non critica negativa è dunque l’intenzione; si tratta invece di un allargamento del nostro concetto di ragione e dell’uso di essa. Perché con tutta la gioia di fronte alle possibilità dell’uomo, vediamo anche le minacce che emergono da queste possibilità e dobbiamo chiederci come possiamo dominarle. Ci riusciamo solo se ragione e fede si ritrovano unite in un modo nuovo; se superiamo la limitazione autodecretata della ragione a ciò che è verificabile nell’esperimento, e dischiudiamo ad essa nuovamente tutta la sua ampiezza. In questo senso la teologia, non soltanto come disciplina storica, e umano-scientifica, ma come teologia vera e propria, cioè come interrogativo sulla ragione della fede, deve avere il suo posto nell’università e nel vasto dialogo delle scienze”. Ratzinger ha ulteriormente ribadito la sua posizione nei confronti dei possibili pericoli derivanti dalla scienza il 16 ottobre 2008, durante l’udienza ai partecipanti al Congresso Internazionale promosso dalla Pontificia Università Lateranense nel X anniversario dell’enciclica Fides et ratio di Giovanni Paolo II. Ribadendo, al solito, la sostanziale superiorità della fede nei confronti della ragione, questa volta Ratzinger non ha trovato di meglio che accusare gli scienziati di arroganza e di desiderio di facili guadagni: “Avviene, tuttavia, che non sempre gli scienziati indirizzino le loro ricerche verso questi scopi. Il facile guadagno o, peggio ancora, l’arroganza di sostituirsi al Creatore svolgono, a volte, un ruolo determinante. È questa una forma di hybris della ragione, che può assumere caratteristiche pericolose per la stessa umanità”. Ora, di tutto si possono accusare gli scienziati, ma non certo di avere forti interessi economici. Molto spesso lavorano in condizioni disagiate, con assunzioni precarie e con finanziamenti esigui: sono ben altre le categorie che si muovono allettate da “facili guadagni”. Riguardo alla presunta arroganza, ben rispose a suo tempo il fisico Tullio Regge (1931-2014) in una dura critica al discorso del papa: “La «arroganza degli scienziati» è accusa ingiusta e indiscriminata e pone sotto accusa tutto il mondo scientifico. Il vero scienziato tiene conto degli errori commessi e delle critiche, molto di più di quanto facciano molti uomini di Chiesa. Lo scienziato è uomo e come tale può commettere errori ma non possiede il monopolio dell’errore. Rendiamoci conto infine che lo scienziato prova pietà umana verso chi soffre di una grave malattia esattamente come accade all’uomo della strada. Il Papa pare aver dimenticato i tempi dell’Inquisizione spagnola e dei roghi su cui Torquemada, uomo di Chiesa, sterminava dei poveracci soltanto perché ebrei, tempi in cui la filosofia e la teologia si rivelarono in quel contesto strumenti devastanti e micidiali”. Anche nel testamento spirituale pubblicato dopo la sua morte, Ratzinger non ha risparmiato critiche alle scienze, mostrando di non averne compreso a fondo l’evoluzione storica: “Spesso sembra che la scienza – le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (in particolare l’esegesi della Sacra Scrittura) dall’altro – siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica. Ho vissuto le trasformazioni delle scienze naturali sin da tempi lontani e ho potuto constatare come, al contrario, siano svanite apparenti certezze contro la fede, dimostrandosi essere non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza; così come, d’altronde, è nel dialogo con le scienze naturali che anche la fede ha imparato a comprendere meglio il limite della portata delle sue affermazioni, e dunque la sua specificità”. Abbiamo accennato alla teoria dell’evoluzione, vero pilastro delle moderne scienze biologiche, che è stata spesso oggetto di aspre critiche da parte del defunto papa emerito. Joseph Ratzinger ha espresso chiaramente il suo pensiero riguardo all’evoluzione in un libro dapprima pubblicato in Germania e successivamente anche in Italia dal titolo Creazione ed evoluzione (3). Il volume raccoglie gli Atti del consesso a porte chiuse tenutosi nella residenza estiva papale di Castel Gandolfo dall’1 al 3 settembre 2006. Si trattava dell’incontro annuale del Ratzinger ­Schülerkreis, il gruppo di ex dottorandi del professor Ratzinger alle università di Bonn, Münster, Tubinga e Regensburg, che dal 1978 si è riunito regolarmente con il proprio maestro. Anziché limitarsi a considerazioni metafisiche, imprudentemente, Ratzinger questa volta si avventura in affermazioni che riguardano il contenuto della teoria dell’evoluzione: “A me pare importante, in particolare, come prima cosa, che la teoria dell’evoluzione in gran parte non sia dimostrabile sperimentalmente in modo tanto facile perché non possiamo introdurre in laboratorio 10mila generazioni. Ciò significa che ci sono dei vuoti o lacune rilevanti di verificabilità-falsificabilità sperimentale a causa dell’enorme spazio temporale cui la teoria si riferisce. La teoria dell’evoluzione non è ancora una teoria completa, scientificamente verificabile”. Tale affermazione è palesemente falsa: esistono infatti numerosissime prove a favore della teoria dell’evoluzione biologica, prove che includono anche l’osservazione diretta di mutazioni in tempi brevi (basti pensare ai grossi problemi causati dalle rapide mutazioni del virus SARS-CoV-2). Nello stesso testo Ratzinger non perde l’occasione per rivolgere, ancora una volta, una critica alla scienza in generale: “La scienza ha aperto tante nuove strade alla ragione, portandoci verso nuovi approfondimenti. Ma nell’entusiasmo per la portata delle sue scoperte, la scienza tende ad allontanarci da quelle dimensioni della stessa ragione di cui abbiamo ancora bisogno. I suoi risultati portano a domande che vanno oltre il canone metodologico e che non possono avere risposta al suo interno”. Se con questo si intende che la scienza non può rispondere a tutte le domande che l’uomo si pone, si può essere senz’altro d’accordo: chi conosce la scienza per quello che è e non ha di essa un’immagine ideologizzata è perfettamente consapevole di questo limite. Tuttavia Ratzinger sembra voler dire qualcos’altro, come ampiamente chiarito negli altri suoi scritti già citati. Il giorno 17 gennaio 2008 Ratzinger, invitato dall’allora Rettore Prof. Renato Guarini, avrebbe dovuto partecipare all’inaugurazione del 705esimo anno accademico della Sapienza di Roma. La sua partecipazione venne poi annullata in seguito alla reazione di numerosi docenti dell’ateneo. Nella allocuzione che avrebbe dovuto tenere in quell’occasione, Ratzinger ribadisce sostanzialmente la sua posizione riguardo ai rapporti tra scienza, ragione e fede. In un passo del discorso, citando S. Agostino, sostiene addirittura che la semplice conoscenza renderebbe tristi: “È necessario fare un ulteriore passo. L’uomo vuole conoscere – vuole verità. Verità è innanzitutto una cosa del vedere, del comprendere, della theoría, come la chiama la tradizione greca. Ma la verità non è mai soltanto teorica. Agostino, nel porre una correlazione tra le Beatitudini del Discorso della Montagna e i doni dello Spirito menzionati in Isaia 11, ha affermato una reciprocità tra “scientia” e “tristitia”: il semplice sapere, dice, rende tristi. E di fatto – chi vede e apprende soltanto tutto ciò che avviene nel mondo, finisce per diventare triste. Ma verità significa di più che sapere: la conoscenza della verità ha come scopo la conoscenza del bene. Questo è anche il senso dell’interrogarsi socratico: Qual è quel bene che ci rende veri? La verità ci rende buoni, e la bontà è vera: è questo l’ottimismo che vive nella fede cristiana, perché ad essa è stata concessa la visione del Logos, della Ragione creatrice che, nell’incarnazione di Dio, si è rivelata insieme come il Bene, come la Bontà stessa”. In un altro passo, Ratzinger sottolinea ancora una volta la necessità che la ragione sia sottomessa alla fede: “Se però la ragione – sollecita della sua presunta purezza – diventa sorda al grande messaggio che le viene dalla fede cristiana e dalla sua sapienza, inaridisce come un albero le cui radici non raggiungono più le acque che gli danno vita. Perde il coraggio per la verità e così non diventa più grande, ma più piccola. Applicato alla nostra cultura europea ciò significa: se essa vuole solo autocostruirsi in base al cerchio delle proprie argomentazioni e a ciò che al momento la convince e – preoccupata della sua laicità – si distacca dalle radici delle quali vive, allora non diventa più ragionevole e più pura, ma si scompone e si frantuma”. Un altro ambito il cui il pensiero di Ratzinger mostra la sua totale lontananza da qualsiasi impostazione razionale riguarda la concezione del dolore e della sofferenza. Tale concezione traspare in modo piuttosto chiaro anche all’interno dell’enciclica Spe salvi. Pur sottolineando la necessità di diminuire la sofferenza, Ratzinger ne esalta comunque il valore e ne ribadisce ancora una volta l’origine legata alle colpe dell’umanità: “Come l’agire, anche la sofferenza fa parte dell’esistenza umana. Essa deriva, da una parte, dalla nostra finitezza, dall’altra, dalla massa di colpa che, nel corso della storia, si è accumulata e anche nel presente cresce in modo inarrestabile. Certamente bisogna fare tutto il possibile per diminuire la sofferenza: impedire, per quanto possibile, la sofferenza degli innocenti; calmare i dolori; aiutare a superare le sofferenze psichiche. Sono tutti doveri sia della giustizia che dell’amore che rientrano nelle esigenze fondamentali dell’esistenza cristiana e di ogni vita veramente umana. Nella lotta contro il dolore fisico si è riusciti a fare grandi progressi; la sofferenza degli innocenti e anche le sofferenze psichiche sono piuttosto aumentate nel corso degli ultimi decenni. Read the full article
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crazy-so-na-sega · 1 year ago
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crazy-so-na-sega · 1 year ago
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apro #Vattimaffanculo....:-)
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Le minoranze etniche, "che messe insieme fanno la maggioranza."
L'apartheid contro i bianchi è iniziato. 😇
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sforzesco · 1 year ago
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THE BROTHERS SFORZA
augh. there sure is a lot going on between them. tfw you know your older brother is wary of you so you have to navigate that fine line of proving you're useful, but not dangerously so. tfw your younger brother has the potential to be a knife in your back, but he's your brother. don't think too hard about what happened with the galeazzo. unfortunately, you're both visconti as well as sforza, and the visconti were prone to conspiracy. fucking RIP.
this definitely won't be upsetting years down the line when ascanio is near death and ludovico will be desperate to figure out how to bring his brother's body back to milan so ascanio can be interred in the same place as ludovico's recently deceased wife, beatrice d'este, and where ludovico himself has been haunting in a perpetual state of grief.
& the background of the first panel are public domain scans of two cards out of the visconti-sforza tarot deck.
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Ascanio Maria Sforza: la parabola politica di un cardinale-principe del Rinascimento, Marco Pellegrini
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