#Identità collettiva
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I paesi invisibili: un viaggio tra le realtà dimenticate d'Italia
“I paesi invisibili” è un viaggio attraverso gli angoli più remoti e trascurati dell’Italia, guidato dalla mia penna e dalla mia passione per le piccole comunità delle “aree interne” del paese. In questo libro, esploro strade deserte e case centenarie avvolte nel silenzio, incontrando persone che resistono nonostante lo spopolamento e l’abbandono. Le loro storie, raccolte in queste pagine, sono…

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Cinque x Uno
#cartografia emozionale#esperienza personale#esplorazione urbana#estetica sfocata#foro stenopeico#fotografia#fotografia alternativa#fotografia analogica#fotografia e memoria#fotografia lenta#Goethe#identità e luoghi#mappa sentimentale#memoria collettiva#roma#spazi urbani#tempo e fotografia#Viaggio in Italia
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Pubblicato da Epoké, il libro “La persistenza del filare” racconta il Monferrato attraverso gli sguardi di Romagnolo, Barbaglia, Faggiani, Griffi e Ventre. Storie di radici, paesaggio e appartenenza. Scopri di più su Alessandria today.
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Asso di Denari
"La visione del Nuovo Mondo: il ritorno delle Guide".
No. Non stiamo tornando indietro.
Non stiamo "rivisitando il Passato" come accadeva nei precedenti movimenti di "picco energetico".
Il Passato non c'è più. Come Dimensione. Si è dissolto.
Si sono "spenti" gli agganci energetici che lo tenevano "acceso" dentro di noi. Non c'è più nulla.
Ciò che sentiamo è "solo nostro".
Ciò che ancora viviamo con dolore e rifiuto, appartiene a noi.
Ed è nostra totale Responsabilità assumercene il "carico".
Un "carico" con un potenziale di trasformazione immensa ed una velocità di risoluzione altissima. Se solo ci assumessimo l'umiltà e l'entusiasmo di esplorarlo, di amarlo, di viverlo con lo stupore e la scoperta della nuova Dimensione Energetica.
I nostri Strumenti interiori oggi sono "all'avanguardia". Non servono "anni" di indagine e di percorso terapeutico per assimilare la Guarigione. Sono viaggi brevi, ma intensi. Illuminanti e rivelatori.
Ma occorre metterci Cuore e Volontà.
Senza questi due profondi "atti interiori", nulla potrà davvero avviare la Dimensione del Cambiamento.
C'è spazio per tutti, all'oggi.
Con le nuove Energie Vibratore c'è margine per qualsiasi creatura di poter assimilare nuove informazioni di progresso. Anche le strutture più "danneggiate" da profondi disturbi di personalità, sostenuti da questo nuova Campo di Guarigione Collettiva, riescono a muovere qualche timido passo verso la loro autentica Verità.
Sarà duro per loro accedere alla completezza integrata di Spirito e Materia, ma le Energie di Fine Anno sosterranno percorsi assai innovativi, poiché a quell'epoca, molti dei Codici del Collettivo, si saranno traslati dal Vecchio al Nuovo e ci sarà un potente moto di rinnovamento e riconciliazione.
Ma tempo al tempo.
Marzo è però già un buon segnalatore di "movimenti anomali" rispetto alle Strutture Interiori.
Molte persone, prima escluse totalmente dal piano di Trasformazione, si stanno interrogando per la prima volta su questioni di "identità" e di "identificazione".
Altre stanno giungendo alla "fine del viaggio di ricompattamento" e si stanno proiettando rapide e determinate verso il Futuro.
Altre ancora, seppur completamente immerse nel dolore della Perdita e del Lutto, sentono di non essere più "sguarnite" di strumenti e di doni per affrontare questi passaggi di chiusura.
Chi ancora "deve andarsene" entro fine anno, andrà.
Poiché le Energie presto esauriranno la possibilità di "restare nel Vecchio" e respirare attraverso quegli Antichi Codici.
Accadranno nei prossimi mesi immensi Miracoli nel Collettivo. Che seppur ancora celati dentro alla "falsa notizia", prenderanno piede oltre il Velo dell'apparenza.
La rivoluzionaria "Primavera dei Codici di Rappresentazione Sistemica", troverà espressione quando l'Umanità sarà pronta interiormente ad accogliere il Nuovo, quando si sarà pacificata con il Dolore, quando ogni Essere umano potrà accedere alle sembianze dello Spirito, senza doversi celare dietro al grande manto della "Solitudine Incarnazionale", della "Mancanza" o della "Perdita".
Noi vedremo il Nuovo nel Collettivo. Questo è certo.
E prima ancora dentro a noi stessi.
Sta già accadendo.
Siamo già un "unico Battito" con lo Spirito e con la Terra.
Ci muoviamo all'unisono.
Per questo all'oggi non serve sbracciarsi, preoccuparsi, ansimare.
Oggi occorre solo "ascoltare il Battito". E restare in contemplazione dell'atto trasformativo, della riattivazione della Connessione con l'Altro, del miracolo imminente che sta per accadere "dentro e fuori" ciascuno di noi.
Come Singoli e come Collettivo.
Presenti, integri, onesti e amorevoli.
Ci sono sorrisi nuovi intorno. Ma non siamo abbastanza "presenti" per accorgercene.
Ci sono piccoli gesti di gentilezza che accadono quotidianamente, ma siamo troppo intenti ad osservare il "brutto".
Il "bello" sta prendendo piede. Sta contaminando Codice dopo Codice ogni aspetto della nostra nuova Realtà.
Siamo pronti a riconoscere il Cambiamento? A seguirlo davvero? Ci serve davvero oggi il Dolore per trasformare la Vita in un movimento d'Amore?
Io non credo. O forse sì. Ma ancora per poco.
Mirtilla Esmeralda
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ATTUALITÀ
Omicidio di Thomas a Pescara: i figli del nulla che vogliono tutto, e quando non basta... Ecco perché aveva ragione Pasolini
28 giugno 2024
Chi sono i (presunti) assassini di Thomas Luciani, il ragazzino colpito da una scarica di coltellate e lasciato morire per un presunto debito di droga di pochi euro? Sono i figli della borghesia, della “Pescara bene”, se questa ancora esiste, ma sono anche i figli del nulla. Quelli che vogliono. Non sanno cosa vogliono, ma vogliono tutto. E quando l’esibire le sneakers, il cellulare, le magliette e le immagini non basta, la risposta è solo una: la violenza. Aveva ragione Pier Paolo Pasolini nei suoi “Scritti corsari”: si regredisce, e…
di Ottavio Cappellani
“Facevano parte della ‘Pescara bene’”, scrivono a proposito dei due sedicenni accusati dell’omicidio di Christopher Thomas Luciani, detto Crox, diciassette anni, albanese, i cui genitori lo avevano affidato alla nonna. “Nessun disagio sociale”, scrivono. I presunti assassini (si scrive così) sono figli di un sottufficiale dei carabinieri e di un avvocato che però insegna. Una lettura da paniere Istat. Quasi che si trattasse dell’omicidio del Circeo: due di destra che uccidono un povero per una questione di rispetto. 25 coltellate contro 250 euro. Ogni dieci euro si ha diritto a infliggere una coltellata, perché io sono il padrone e tu lo schiavo. Li frequento, questi giovani. Li conosco. Ci parlo. È il mio dannato mestiere (“dannato” non è un americanismo: scrivere, studiare, cercare di vedere anziché guardare, è una dannazione, nessuna vanità o compiacimento da intellettuali da queste parti). Con gli scrittori si confidano. Lo fanno in molti. Sperano tutti di finire in una pagina di un libro, un giorno o l’altro, con il nome cambiato, certo, ma con la loro storia ben riconoscibile, in modo da confidare a qualcuno: quello sono io. Io. Io. Io…
L’identità collettiva del consumismo, che all’apparenza dell’apparire si vende come capace di distinguere un io da un altro, cancella di fatto ogni distinzione. Non è più la qualità di un bene a fare la differenza, ma la quantità di danaro che esso vale in un mercato rivolto all’immagine, che oggi non dà più nessuna identità. Sia chiaro, un’identità costruita “per immagini” non è una vera identità; l’identità della classe operaia, con le sue tute da metalmeccanico, la tovaglia cerata, la serena stanchezza della giornata di lavoro; l’identità della borghesia, una volta gli elettrodomestici, l’enciclopedia, il completo dei grandi magazzini (Rinascente, Upim, Standa), oggi la domotica, i device, i brand. Erano e sono identità appiccicaticce, ma che svolgevano e hanno svolto, fino a ieri, il loro sporco lavoro: appartenere a una classe sociale, formare un’identità che nell’epoca del nichilismo non sa dove aggrapparsi.
Ricordo il pezzo di Pier Paolo Pasolini sui capelloni (in “Scritti Corsari”): sta apparendo un nuovo tipo di uomo, lo manifestiamo senza linguaggio, solo con il nostro manifestarci, solo con la nostra immagine, solo con i capelli lunghi. Niente parole. Pasolini procedeva poi, con una lungimiranza profetica, alla critica di questa nuova (per l’epoca) ribellione, contro la generazione dei genitori: i capelloni, non avendo un dialogo con la generazione precedente, non potevano ‘superarla’. Al contrario si trattava di una regressione. Li invitava al dialogo, Pasolini. Parlatene, parlateci. I capelli lunghi, essendo un ‘segno’ senza parole, potevano essere di Sinistra come di Destra (tra gli autori del massacro del Circeo, 1975, uno era capellone).
Parlano invece. Si aprono. Certo, non con i genitori che disprezzano. Parlano con gli amici. Anche solo con i ‘segni’: ‘mostrano’ (da ‘mostro’) il brand di una sneaker, il numero dei follower, un coltello da sub – segni distintivi senza parole. Ed è come parcheggiare lo yacht a Montecarlo: non è mai abbastanza. Non ci sono soldi che bastano. Non esistono più le “Pescara” o le “Milano” o le “Voghera” “bene”. Esiste un mondo dove ci sono gli ultraricchi – italiani, americani, indiani, asiatici, russi – e poi ci sono gli altri. Che non sanno cosa dire. Esseri desideranti. Ultradesideranti. C’era un termine un tempo, e in tanti ne conoscevano il significato, era quasi di uso comune. Significava una bramosia senza oggetto il cui fine non era il possedere qualcosa, ma il possesso in sé, il possesso senza oggetto, il potere (astratto) in luogo della possibilità (concreta). Si chiamava “volontà di potenza” ed era una forma di isteria dell’identità. Oggi se ne parla sempre meno, significherebbe mettere in discussione il modello stesso entro il quale il mondo vive. La ‘volontà di potenza’ viene relegata all’epoca nazifascista, come se fosse il motore di una ideologia autoritaria e bestiale. Ma noi siamo dentro un modello di mondo ideologico e autoritario: quello del denaro, che non solo uccide – anche fisicamente – chi non ne possiede, ma al quale è affidato la creazione dell’identità. E il denaro non parla.
Loro parlano come possono a chi sa ascoltarli, anche se non è un bel sentire. Sì, è una dannazione. Non esiste – e forse non è mai esistita – una società “bene”, se non nelle speranze, nelle pie illusioni. La società è un fagocitarsi a vicenda. Pasolini ci credeva, nel modello identitario passatista: piccoli mondi antichi in cui l’identità era data dal luogo in cui si nasceva e in cui si restava, dai codici di un paese, da una fatalità della classe, di piccoli sogni realizzabili. Ma la ruralità reca con sé una bestialità violenta (di cui, è bene dirlo, Pasolini era vorace). Oggi questi mondi piccoli e violentissimi non esistono più se non nella facciata. Dietro scorre un serpente gigante che chiamiamo rete. La creazione di un’identità attraverso le immagini e le parole è impossibile. I social ci sommergono di modelli, di aspirazioni, di ‘cose’, di ragionamenti, di complotti, di interpretazioni, di lusso, di esibizionismo, di piccole e grandi follie, di tanti punti di vista quanti sono gli account. E così, parlando con loro, parlando con i giovani, parlando con questo “nuovo umano” (non è nuovo, è come sempre è stato, ma adesso lo ‘vediamo’ meglio) ci dicono che “vogliono”. Cosa vogliono? Vogliono e basta. Volontà di potenza: andiamo a comandare.
L’assenza di parole e l’eccesso di parole sono la stessa, identica cosa. La sovra informazione, l’ultra informazione del mondo contemporaneo diventa un rumore bianco. Come diceva Pasolini: si regredisce. L’espressione della propria identità diventa un suono. Non si parla, si emettono suoni. Si mostrano ‘cose’ come code di pavoni. Si torna allo stato di natura. Sopravvive il più forte. Quando l’esibizione di una sneaker, di una maglietta, di un device, di un’auto, di una opinione, non valgono più nulla nel mare magnum delle altre sneaker, delle altre magliette, degli altri device, delle altre auto, delle altre opinioni, resta solo una cosa a dare Potere: la violenza. Voglio il rispetto. Io sono io. Io. Io. Io… I commentatori restano rimminchioniti di fronte a questi episodi di violenza estrema. Tutti a sottolineare che “non c’era disagio sociale”. No? La “Pescara bene” sarebbe quella di una povera (in senso compassionevole) famiglia di impiegati statali? Sì, ragionando secondo i canoni del paniere Istat gli impiegati statali se la passerebbero bene. Se fossimo nel piccolo paese antico senza device, dove già la televisione era una fonte di disturbo e squilibro e liberava sogni deliranti di successo e famosità e volontà di potenza. Ma siamo nell’epoca dei social, dove non c’è ‘bene’ che basti.
Io ci parlo e capisco che vogliono. Non sanno cosa vogliono, ma lo vogliono. A volte, quando le birre diventano troppe, si picchiano tra i tavolini dei bar. I soldi della famiglia ‘bene’ se ne sono andati da un pezzo, nei cristalli di crack, nel fumo, nelle pere, nell’alcol che dà speranze brevi e vane e che alla fine ottunde, nei discorsi che alimentano speranze immancabilmente deluse. Se ne vanno in smartphone, nella droga offerta alle ragazzine sempre più disponibili per una sniffatina, così ci si apre un Of o si inizia a spacciare. Tutti possono fare qualunque cosa. Lo insegnano gli influencer. I social riprendono la televisione che riprende i social. I modelli non mancano. Si esibiscono ricchezze, nudità, e si esibisce anche la malavita. Studiano guardando Gomorra e Peaky Blinders. Funzionano perché vanno a toccare quelle corde lì, le corde della volontà di potenza.
Loro ‘vogliono’. E lo vogliono subito. Come gli influencer, come quelli di Of, come quelli delle serie. Denaro e sesso e violenza (volontà di potenza). Sangue, sesso e denaro: i tre punti cardine di ogni narrazione. E di ogni giornalismo a dire la verità. E vendetta: contro i genitori che non sono mai ricchi abbastanza, contro chi ha più follower, contro chi manca di rispetto. Risucchiati dagli schermi senza alcuna capacità di filtrare le immagini. Bambini che si muovono in un mondo che non sanno più interpretare se non attraverso denaro, sesso e violenza (volontà di potenza): i tre punti cardine per vendere qualcosa. Per vendere qualcosa che si spaccia per identità e che invece è lontanissima dall’esserlo. Loro parlano. Dicono di volere. Non sanno cosa vogliono ma lo vogliono. Non pensano. Appartengono a un gruppo. Vogliono primeggiare nel loro gruppo. Hanno l’identità dona loro il gruppo. Senza gruppo niente identità. A volte scatta la violenza. Non è vero che non li capite. Li capite benissimo anche se fingete sorpresa. Sapete benissimo che loro vogliono senza sapere cosa vogliono. E lo sapete perché voi siete uguali a loro. Non avete un io e disperatamente lo volete. Siete umani. E siete disperati.
P.s. Sono al contempo d’accordo e in totale disaccordo con Francesco Merlo, che oggi, a proposito di questo delitto scrive: “A Pescara è colpevole la solita gioventù bruciata e, in una gara di pensosità e di profondità, c'è chi accusa la scuola e chi biasima i telefoni cellulari, e ovviamente i genitori non sanno educare, e poi ci sono le responsabilità della musica, delle serie tv, il vuoto dei modelli che non sarebbero più quelli di una volta, la società tutta. Mi creda, il sociologismo è una malattia ideologica infettiva”. Sì, concordo, ma Merlo, per così dire, taglia il nodo di Gordio e si macchia di ignavia. Bisogna sciogliere il ragionamento per consentirsi l’ignavia senza sensi di colpa. Il mondo è questo e lo è da sempre. Ragionarci su vuol dire soltanto cercare di metterci una pezza. Che è meglio di fottersene, come suggerisce il caro Francesco. Fottersene responsabilmente è una forma di ignavia più chic. Fottersene come Francesco è solo pigro snobismo.
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"Lo spettro dell'omofobia ormai è una psicosi collettiva.
Sono stato in prima linea a livello tanto pubblico quanto personale a combattere ogni forma di discriminazione delle inclinazioni sessuali fin dagli anni '90, e quel che sta avvenendo oggi ha a che fare con quella lotta quanto fornire armi ai nazisti ucraini ha a che fare con la pace: è soltanto una becera, stupida, offensiva, contraddittoria e oltretutto illogica strumentalizzazione.
Quel che si fa oggi, dai testi di scuola ai contenuti delle serie TV, è destrutturazione programmata di qualsiasi modello di riferimento identitario ad ogni livello concepibile. E non è solo del tutto controproducente riguardo all'evitare discriminazioni di ogni genere (di fatto le rende molto più socialmente accettabili, come abbiamo visto negli ultimi anni) ma è anche e soprattutto una operazione psicosociale assai pericolosa: senza un modello di riferimento non puoi né accettare né rifiutare, senza un "altro da te" non c'è nemmeno un "te". Questi non stanno difendendo identità di minoranza, stanno cancellando il concetto stesso di identità individuale.
(Stefano Re).
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In questa società tutto è possibile poiché si arriva a capire il senso delle cose sempre troppo tardi.
La gente non impara né dai propri errori, né da quelli della comunità.
Se oggi si destruttura l'identità delle persone è solo perché non c'è mai stata prima. Le persone hanno una falsa identità di massa, che non è la stessa cosa di quella individuale.
Cioè la gente non ha capito né ha imparato che doveva creare la propria identità, anche a costo di lasciare il branco di appartenenza.
Perciò la maggioranza oggi non ha un ego, oppure ce l'ha distorto.
Una società senza ego è una massa informe di manipolabili privi di buon senso e di criterio logico;
Una società con ego distorto annienta se stessa perché pensa solo al potere personale e non rispetta niente e nessuno.
#zombie#società#società malata#svegliatevi#sistema#aprite gli occhi#manipolazioni#dittatura#virus#propaganda#identità#falsa androginia#futuro#disfunzioni#distorsioni#responsabilità#discernimento#politica#schiavi#catene#cervelli spenti#citazioni#stefano re
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... quando uno è triste non servono le classifiche, non c'è un tristometro, è inutile dire... "sto mediamente peggio di te" o... "decisamente meglio di te"... si diventa tutti ottusi ed egoisti e la propria tristezza diventa una grande campana in cui ci si chiude, per non ascoltare la tristezza degli altri, oltretutto il tossico seme della infelicità odierna, non è forse rintracciabile, in quello sfuggire(sfuggirsi), in quella perdita di identità individuale e collettiva? Questa frenesia metropolitana rassomiglia all'angosciante fuga continua dei criceti in una gabbia troppo stretta, costretti a rincorrere la propria coda... l'uomo contemporaneo cerca invano di scappare, per non dover riconoscere l'ombra della propria anima, per non fare i conti con le proprie miserie... con la propria inaudita infelicità. Buon sabba e buona fortuna.
(il mio amico Cristian)
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La mostra alla quale ho partecipato Sabato è stata stupenda.
C'è stata grande affluenza e c'è stata grande partecipazione di artisti dalle opere e dai concetti più vari. Davvero uno spasso per la mente. Persone che andavano e venivano, pareri e complimenti, domande per capire meglio.
Mi hanno colpito soprattutto alcune persone che esponevano. In primis un ragazzo che ha realizzato opere sul concetto dell'ombra. C'era un dialogo tra una persona e la sua ombra, mi ha colpito quando ha detto che lei ci sarebbe sempre stata, che anche quando la sente assente è sufficiente aumentare la luce, ed infine che per abbracciarla serve abbracciare se stessi.
Altri lavori interessanti erano quelli di una ragazza che faceva su tela rappresentazioni con il filo, che cuciva come accade nei legami.
Bellissimo il lavoro di un paio di persone con i collage, specialmente quelli di una ragazza che lavora con le fotografie di famiglia, non le sue ma quelle che trova nei mercatini. Lei ci lavora per conservare la memoria, per donare di nuovo importanza a quelle esistenze. Pensarci è commovente.
Infine ho conosciuto una persona che, laureata in ingegneria meccanica, ha creato un'attività che fonde creatività e tecnica ingegneristica.
Per me è stato ed è ancora importante averla conosciuta: forse è possibile riuscire a far funzionare il connubio. In mano a lei, il f.. Come accade a me, ha avuto una crisi che l'ha portata a capire che l'azienda di informatica non poteva fare al caso suo. Inoltre l'hanno aiutata al palazzo G, di B..
Insomma, tutto questo in una mostra collettiva. Che per di più mi ha fatto capire che la mia identità artistica può stare nella doppia esposizione tra paesaggio e ritratto, come jin e yang, come luce e ombra, come creatività ed ingegneria: landscape è orizzontale, portrait è verticale. Due cose opposte che insieme diventano LA FINE DEL MONDO. Io e questo vizio di interpretare ciò che accade in modo così forte. E tutto questo che avviene da anni senza presentarsi sottoforma di occasione di svolta, forse perchè la svolta non deve avvenire.
Con il tempo, ho capito che non serve appoggiarsi alle persone, che i segni arrivano ma che sono io a dover agire, non le occasioni a doversi presentare. Forse perchè non ho mai amato prendere un treno, salirci e vedere dove va, ma prendere in mano le redini ed andare dove dico io.
Oggi mi ha fatto rimanere di sasso il dialogo con B. e il suo volermi come confidente, mentre io so di non volere responsabilità di scelte altrui, specialmente perchè poi so di non essere presente nell'aiuto.
Inoltre mi ha colpito fortemente quando D. a lavoro ha detto che sarebbe stato bello se avessi detto a tutti della mostra fotografica/pittorica. Perchè sarebbero stati felici di esserci. Io qui sono crollato, perchè nel primo lavoro è nata così la forte repulsione nei confronti dell'ingegneria: il mio vecchio capo affermò che "non servivano gli artisti li", ed io non glie l'ho mai perdonato. Come fossero parole di mio padre, parole che mai ha detto ma che io stesso penso di me. Come se essere artisti fosse una colpa, la mia più grande colpa, quella di essere ciò che voglio, magari non proprio ciò che sono.
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Non c’è un’accezione amabile della patria, e se c’è è forse proprio quella che dovremmo temere di più. La terra dei padri, questo significa patria, è un concetto letterario le cui ambiguità è utile tenere ancora presenti, se non altro perché dimenticarle ci ha dato lezioni amare per tutto il ’900. La prima ambiguità è nelle parole stesse: la patria non è una terra, ma una percezione di appartenenza, un concetto astratto, tutto culturale, che si impara dentro alle relazioni sociali in cui si nasce e dentro alle quali, riconosciuti, ci si riconosce. In un mondo dove i rapporti di confine tra le terre sono cambiati mille volte e le culture si sono altrettanto intrecciate, dire “la mia patria” riferendosi a una terra significa creare di sé un falso logico, oltreché geologico.
La seconda ambiguità è in quel plurale monogenitoriale, quel categorico “padri” che solleva simbolicamente dalle loro tombe un’infinita schiera di vecchi maschi dal cipiglio accusatorio rivolto alla generazione presente. Le madri nella parola patria non ci sono, benché per definizione siano sempre certe, né generano appartenenza, nonostante ce ne sia una sola per ognuno di noi. Non possono esserci perché nell’idea del patriottismo è innestata la convinzione profonda che la donna sia natura e l’uomo cultura, cioè che la madre generi perché è il suo destino e l’uomo riconosca la sua generazione per volontà e autorità, riordinando col suo nome il caso biologico di cui la donna è portatrice.
È in quanto estensione del maschile genitoriale che la patria è divenuta fonte del diritto di identità, perché è il riconoscimento di paternità che per secoli ci ha resi figli legittimi, né è un caso che le rivoluzioni culturali post psicanalisi si definissero anche come “uccisioni dei padri”. Gli apolidi dentro questa cornice si portano inevitabilmente addosso l’aura del figlio bastardo, gli espatriati per volontà sono sempre traditori della patria e gli emigrati economici hanno il dovere morale di coltivare e manifestare a chi è rimasto a casa un desiderio di ritorno, pena il passare per rinnegati.
E se per una volta - solo una, giusto per vedere l’effetto che fa - provassimo a uscire dalla linea di significati creata dal concetto di patria? Averlo caro del resto non ha alcuna attualità; appartiene a un mondo dove il diritto di sopraffazione e la disuguaglianza sociale ed economica erano voci non solo agenti, ma indiscutibilmente cogenti: per metterle in crisi ci sono volute rivoluzioni di pensiero prima ancora che di piazza, e quelle rivoluzioni ci hanno lasciato in eredità il dovere di fare un atto creativo nei confronti di tutte le categorie che non bastano più a raccontare la complessità in cui siamo. E se proprio non è possibile uscire dalla percezione genitoriale dell’appartenenza collettiva - padre, ma anche l’ossimoro madre patria - potrebbe essere interessante cominciare a parlare di Matria.
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GIBELLINA PHOTOROAD OPEN AIR & SITE-SPECIFIC FESTIVAL
IV EDITION 28.07 - 30.09.2023
presso FONDAZIONE ORESTIADI
ROSSANA TAORMINA (IT) Imprinting
Dopo il terremoto del 1968, le persone abitarono a lungo nelle baraccopoli. L’artista durante l’adolescenza assiste ad una profonda trasformazione dei luoghi amati nell’infanzia, che ha avuto un profondo impatto sulla sua sensibilità e identità. L’artista ha sperimentato un sentimento di perdita tale da far maturare una sorta di ossessione per la memoria, affascinata da archivi immaginari, dal confine tra memoria personale e memoria collettiva.
After the earthquake in 1968, for a long time people lived in temporary accommodation. Growing up as she did during this time of urban redesign, she witnessed the scenery change dramatically, which impacted on her sensitivity and identity. The artist experienced the sentiment of loss and developed a kind of obsession with memory, she is fascinated by archives of imagery, by the border between personal memory and collective memory.
#rossana taormina#art#contemporaryart#rossanataormina#gibellinaphotoroadfestival#2023#Gibellina#fondazioneorestiadi#ariannacatania#gibellinaphotoroadopenair&sitespecificfestival#sitespecific#gibellinaphotoroad2023#gibellinaphotoroad#photofestival#artist on tumblr#objettrouve#photography
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Olocausto Brasiliano: il dramma dei pazienti dell'Ospedale Psichiatrico di Colônia a Barbacena
Con Olocausto Brasiliano, o meglio “Holocausto Brasileiro“, ci si riferisce al genocidio commesso contro i pazienti psichiatrici dell’ospedale di Barbacena, in Minas Gerais, in Brasile. Per anni, i pazienti sono stati tenuti in condizioni disumane, e si stima che sessantamila persone siano morte. Solo pochi sono riusciti a sopravvivere. Continue reading Untitled

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Il motore della moda
Spettacolo, Identità, Design, Economia : come l'industria produce ricchezza atraverso la moda
a cura di Giannino Malossi
grafica di Italo Lupi con Silvia Kihlgren
The Monacelli Press, printed in Italy by Grafiche D'Aura, Ascoli Piceno 1997, 216 pagine, 24x30cm, ISBN 9788879400459
euro 35,00
email if you want to buy [email protected]
Catalogo della mostra Firenze, 8 Gennaio- 15 Febbraio 1998, A cura di Giannino Malossi. Edizioni Pitti
Esistono forme di vita intelligente sul Pianeta Moda? E' la domanda con cui il curatore e coordinatore del gruppo, Giannino Malossi, apre la serie di interventi raccolti nel libro-catalogo Il Motore della Moda, primo risultato editoriale (per il testo pubblicato anche in versione anglosassone, dalla casa editrice americana The Monacelli Press, New York) della ricerca collettiva sulla moda avviata dalla Engineering Unit. Oltre a libro, catalogo, perché il volume, ma replicato in formato gigante e in movimento, prende forma e si materializza su grande scala negli spazi espositivi della Stazione Leopolda, riuscito esempio di recupero e messa a nuova vita e funzione di un'area dismessa di archeologia industriale.
La mostra ha lo stesso titolo del libro e si snoda lungo un percorso fatto di immagini e citazioni dal libro, ma ingigantite come fossero gli slogan dell'artista contemporanea Jenny Holzer. A curare l'allestimento sono stati chiamati il designer Achille Castiglioni (di recente celebrato con una retrospettiva che ha toccato i maggiori musei del mondo per approdare al Moma di New York) con Gianfranco Cavagli e Italo Lupi (art director del progetto editoriale).
13/04/25
#motore della moda#fashion exhibition catalogue#Stazione Leopolda 1997#Giannino Malossi#Italo Lupi#fashion books#fashionbooksmilano
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“Quello che so di te” di Nadia Terranova: un viaggio tra memoria e follia. Recensione di Alessandria today
La forza dei legami familiari in un romanzo intenso e personale.
La forza dei legami familiari in un romanzo intenso e personale. Biografia dell’autrice.Nadia Terranova, scrittrice e giornalista messinese, è una delle voci più significative della narrativa contemporanea italiana. Conosciuta per la capacità di intrecciare storie personali e universali, ha ricevuto numerosi riconoscimenti per i suoi romanzi, tra cui Addio fantasmi, finalista al Premio Strega…
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ES/SÉ: di Simona Fasano ed Edmondo Romano

il viaggio sonoro tra inconscio e trasformazione
Un percorso intimo e profondo tra le pieghe dell’anima e della psiche umana: il duo formato da Simona Fasano (voce e autrice dei testi) ed Edmondo Romano (compositore e polistrumentista) presenta il loro primo album insieme, ES/SÉ. Un'opera musicale che si configura come un viaggio onirico e trasformativo, un dialogo tra ciò che manca e ciò di cui abbiamo bisogno per guarire.
Il titolo dell’album riflette simbolicamente le due dimensioni del percorso interiore di ciascuno di noi: l’Es, secondo la teoria freudiana, è il contenitore dell’inconscio, delle emozioni primordiali, delle ferite irrisolte; il Sé rappresenta invece l’emersione della consapevolezza e della realizzazione personale. Attraverso una narrazione musicale e testuale che si muove tra sogno e realtà, l’album esplora il linguaggio universale delle fragilità umane, raccogliendole in due anime distinte: la Female side e la Male side.
La Female side racchiude quattro brani – Rose Moon, Mon Jardin, Enfado, Impermanenza – dedicati alle ferite legate all’energia femminile. Rose Moon affronta il timore ancestrale della morte, trasformandolo in un rito simbolico di accettazione dell’imprevedibilità della vita. Mon Jardin racconta la metamorfosi del dolore, convertendo la violenza e l’abuso in un giardino rigoglioso di rinascita. Impermanenza si concentra sul superamento del vittimismo e sul coraggio di spezzare gli schemi autodistruttivi, mentre Enfado esplora il vortice emotivo che mescola tristezza e rabbia, connettendo corpo e psiche.
La Male side propone quattro tracce – Spazio vuoto, La presenza, L’inconfessata processione, Invisibilis – che esplorano le ferite connesse all’energia maschile. Spazio vuoto porta alla luce le convinzioni inconsce che limitano la crescita personale e invita a un lavoro interiore di riconciliazione con il proprio passato. La presenza incoraggia a sviluppare uno sguardo lucido e non giudicante su sé stessi, mentre L’inconfessata processione racconta il senso di smarrimento e la necessità di trovare la propria strada nel mondo. Infine, Invisibilis riflette sull’impatto del rifiuto e dell’abbandono, trasformando queste esperienze nella base su cui costruire una nuova identità consapevole e stabile.
Con ES/SÉ, Fasano e Romano danno vita ad un’opera che va oltre la semplice esperienza musicale: è un invito all’introspezione e alla condivisione profonda, un luogo in cui la musica diventa terapia e la narrazione si fa specchio dell’esperienza collettiva e individuale. Un album che parla di noi, delle nostre fragilità e della possibilità di trasformarle in forza, ricordandoci che la vera guarigione avviene solo quando impariamo a riconoscerci e ad accoglierci per ciò che siamo.
www.edmondoromano.net - www.compagniateatronudo.eu
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Cinque di Denari
"L'Essere Umano di fronte allo specchio".
E' stata una traversata molto densa e faticosa.
Ce ne saranno altre.
Ma questa ce la ricorderemo forse come la più "strana", la più "enigmatica".
Nonostante si sia sentita prevalentemente nell'aspetto neurovegetativo e nonostante le condizioni di profonda trasmutazione colpissero la parte organica, qualcosa è cambiato anche a livello di "connessione".
Non siamo più gli stessi. Nuovamente.
Eccoci di fronte ad un'ennesima "versione rivisitata" della nostra identità terrestre.
Questo sconvolgente periodo ci sta trasformando pezzo per pezzo, senza che neppure possiamo fino in fondo coglierne i singoli passaggi, con un continuum di esperienza sensoriale che non ha paragoni.
Gran parte del lavoro che stiamo percependo a livello interiore, va a toccare i nodi degli automatismi del Passato, alla scoperta di ciò che li innesca, ciò che li rende vulnerabili a determinate stimolazioni ambientali.
Questo non è un tempo "buono" per "abbandonarsi alle nuove relazioni d'amore" per chi ha ancora tanto da ripulire nelle zone della Dipendenza e della Mancanza.
Non perché non ci sia "in potenza" la possibilità di esprimere un sottofondo musicale "nuovo". Ma perché è come se si stessero ancora assestando le corde di uno strumento e non si fossero ancora completate le operazioni di messa in sicurezza e di tensione delle stesse.
Il suono potrebbe uscire ancora piuttosto alterato e stonato, ben al di sotto delle potenzialità dello strumento stesso.
Per alcuni la fase di "luna di miele" nelle neo-relazioni, altresì detta "innamoramento", è un'apparentemente conferma della bontà della nuova struttura. Ma non così.
L'aspetto fusionale dell'innamoramento per chi ha sofferto di dipendenza affettiva o di altri deficit emotivi, rispecchia la fase in cui si materializzano le idealizzazioni, le illusioni, le credenze, le future giustificazioni al legame.
E' una realtà distopica dell'Amore.
Passarci attraverso senza lucidità, senza ancoramento, senza consapevolezza è davvero complesso e fuorviante.
Per molti sembrerà eccessivo porsi così tanti "paletti" di protezione intorno all'Amore.
Ma chi ha vissuto l'esperienza umana della "disregolazione del controllo" e della "manipolazione silente", sa cosa significa il "gancio emozionale".
E ne riconosce l'aspetto altamente inquinante e debilitante.
Pochi esseri umani "amano veramente" o sanno davvero cos'è l'Amore su questo piano terrestre.
Lo cercano disperatamente.
Ma non sono consapevoli nemmeno che le loro scarpe sono strette e infangate e che il loro Cuore è chiuso e ferito. Che sono ancora intossicati dalla paura dell'abbandono, dalla vendetta sopita, dalla rabbia mai espressa, dal bisogno compulsivo di trattenere, dalla manipolazione emotiva e affettiva, dal bisogno costante di riconoscimento e attenzioni.
Si possono contare sulle dita della mano le "coppie sacre" che consapevolmente stanno viaggiando insieme nella "lucidità" e nella "presenza". Sia dal punto di vista della Connessione, che del Radicamento. Che continuano a lavorare sull'aspetto umano della responsabilità, monitorando, condividendo e riaffermando con onestà le "condizioni di scambio reciproco".
Il resto è "schema antico".
E' frutto di millenni di distorsione, di eredità traumatica collettiva ed individuale, cristallizzati in ogni cellula del nostro Corpo.
Stiamo spurgando, è vero.
Ma ci vuole tempo e pazienza.
Non serve avere fretta di rientrare nella "dimensione di coppia".
Si può viaggiare "soli" per lunghi periodi. Si può scegliere di sperimentare la relazione d'Amore con noi stessi e scoprire con grande stupore quante volte riusciamo ad essere "tossici" e manipolatori anche nei nostri stessi confronti.
Non è da biasimare chi non riesce a staccarsi dall' "oggetto affettivo".
E' importante però che sappia che quello non è Amore. E' attaccamento patologico.
E ne soffriamo in tanti.
Solo che prima non lo sapevamo.
Perché solo ora l'Essere Umano "vede" per la prima volta. Tutto. Tutto il male che si è tramandato di generazione in generazione. Tutti gli insegnamenti distorti, le assenze, le ambivalenze, le manipolazioni, le "finte cure".
E può riabilitare.
Con sofferenza, fatica, sforzo. Se non è già "troppo tardi".
Ma un tentativo va fatto. Anzi due. Pure tre. Anche tutta la vita.
Perché la "disabilità emotiva" è molto più feroce di quella fisica.
Perché "Amare" è l'Essenza di chi siamo.
E l'Impotenza il suo esatto opposto.
Buon rilascio oggi. Si respira meglio. Ma è una tregua. Poi ci sarà il grande boato. E lì bisogna essere lucidi e presenti. Ma intanto...
Mirtilla Esmeralda
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Onomastico e Tradizione: I Nomi più Amati dalle Famiglie Italiane
Introduzione
L'onomastico è una delle tradizioni più radicate nella cultura italiana. Ogni anno, milioni di italiani festeggiano il giorno dedicato al proprio santo, rendendo omaggio non solo alla fede, ma anche ai nomi che portano. Ma quali sono i nomi più amati dalle famiglie italiane? Qual è il loro significato e perché sono così speciali? In questo articolo, esploreremo l'affascinante mondo degli onomastici e la tradizione che li circonda.
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Onomastico e Tradizione: I Nomi più Amati dalle Famiglie Italiane
Gli onomastici rappresentano un momento di celebrazione personale e collettiva. Molti italiani associano il proprio nome a una figura sacra o a un santo, creando così un legame profondo tra identità personale e tradizione religiosa.
Cosa Significa "Onomastico"?
L'onomastico deriva dal greco "onoma", che significa nome. Questo giorno particolare celebra il santo a cui una persona è dedicata secondo il calendario liturgico. Ad esempio, se qualcuno si chiama "Giovanni", il suo onomastico sarà celebrato il giorno di San Giovanni, il 24 giugno.
Il Significato del Nome: Un Legame con la Tradizione
Ogni nome https://penzu.com/p/db79bb23711ee574 ha un significato particolare che può rispecchiare le caratteristiche di chi lo porta. Questa connessione tra nome e personalità è motivo per cui molte famiglie scelgono nomi tradizionali che portano con sé storie e valenze culturali.
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I Nomi più Popolari in Italia
Negli ultimi anni, alcuni nomi hanno guadagnato una popolarità straordinaria nelle famiglie italiane. Tra questi troviamo:
Leonardo Ginevra Francesco Sofia Leonardo: Un Nome Storico
Leonardo è un nome che evoca grandezza e creatività. Non solo è associato al genio di Leonardo da Vinci, ma ha anche un significato profondo legato alla forza e alla coraggiosità.
Ginevra: Eleganza senza Tempo
Ginevra è un nome affascinante che porta con sé un'aura di nobiltà ed eleganza. La sua origine celtica significa "bianca" o "pura".
La Celebrazione dell'Onomastico: Come Festeggiare?
Festeggiare l'onomastico può variare da famiglia a famiglia. Alcuni scelgono di organizzare una cena con amici e parenti, mentre altri preferiscono momenti più intimi.
Tradizioni Regionali per gli Onomastici
In Italia, ogni regione ha le proprie tradizioni legate agli onomastici. Ad esempio:

In Sicilia si usano dolci tipici. In Lombardia si fa riferimento a celebrazioni religiose particolari. Il Ruolo della Religione negli Onomastici
La religione gioca un ruolo cruciale nel modo in cui gli italiani celebrano gli onomastici. Molti partecipano a messe o funzioni religiose in onore del santo del giorno.
Significato dei Nomi Italiani: Una Panoramica Approfondita Nomi Maschili: Dove Trovarli?
I nomi maschili italiani spesso riflettono virtù o caratteristiche desiderabili. Alcuni esempi includono:
Alessandro - protettore degli uomini Matteo - dono di Dio Nomi Femminili: La Bellezza della Tradizione
Anche i nomi femminili
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