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#Confronto Storico
divulgatoriseriali · 11 months
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Olocausto Brasiliano: il dramma dei pazienti dell'Ospedale Psichiatrico di Colônia a Barbacena
Con Olocausto Brasiliano, o meglio “Holocausto Brasileiro“, ci si riferisce al genocidio commesso contro i pazienti psichiatrici dell’ospedale di Barbacena, in Minas Gerais, in Brasile. Per anni, i pazienti sono stati tenuti in condizioni disumane, e si stima che sessantamila persone siano morte. Solo pochi sono riusciti a sopravvivere. Continue reading Untitled
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pollicinor · 1 month
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Emergono dati interessanti dopo i primi sei mesi in cui nella città di Bologna è stato istituito il limite di 30 km/h in molte zone, cosa che, almeno inizialmente aveva generato numerose polemiche e lamentele. I dati di questi 180 giorni sono confrontati con la media dello stesso periodo di 2022 e 2023, così da ampliare il campione, evitando però il confronto con gli anni della pandemia. Gli incidenti sono calati di quasi l'11%, così come i feriti sono diminuiti del 11,65%, ma questi numeri risultano più rilevanti nelle strade radiali, dove si sale addirittura a -18% e -28%. La cosa più importante è che i decessi, 5, sono al minimo storico dal 2013, con una diminuzione del 33%. Parlando di numeri assoluti, si sono registrati 157 incidenti in meno, 145 persone ferite in meno, 5 decessi rispetto al 7,5 di media degli anni precedenti, e 63 incidenti senza feriti in meno.
Dall'articolo "Bologna, i 30 km/h funzionano: gli incidenti gravi diventano a codice verde" di Massimiliano Zocchi
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multiverseofseries · 2 months
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House Of The Dragon S2 Episodio 8 (The Queen Who Ever Was): Fuoco e Sangue is Coming
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Siamo arrivati alla resa dei conti nel finale della seconda stagione di House of the Dragon (2x08)… o forse no? Un epilogo aperto per una stagione avvincente e che ci prepara per quel che verrà.
I draghi di Valyria solcano il cielo dei Sette Regni tutte le pedine si muovono sulla scacchiera ed il tempo del fuoco e sangue si avvicina. Almeno è questo che ci viene mostrato nell'ottavo ed ultimo episodio della seconda stagione di House of the Dragon. Episodio che ci costringe a salutare i Targaryen e la storia della loro dinastia fino al 2026, per un terzo ciclo già ordinato da HBO dopo il successo della serie prequel. Una seconda stagione forse altalenante, che non ha raccolto i consensi praticamente unanimi del ciclo inaugurale, probabilmente per alcune scelte narrative volte ad allungare ed espandere il racconto rispetto a quel compendio storico che è il romanzo originario di George R.R. Martin.
Un finale di stagione atipico
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Rhaenyra passa finalmente all'azione
È un epilogo che apparirebbe pieno di tensione, perché è tempo per tutti i personaggi di arrivare alla resa dei conti. I due schieramenti dei Neri e Dei Verdi, che avevano aperto la Danza dei Draghi ad inizio stagione, fanno sfilare i propri eserciti. Rhaenyra (Emma D'Arcy) ha avuto successo coi Dragonseeds, ovvero coloro che pur se bastardi e di basso lignaggio, contengono sangue Targaryen nelle proprie vene, essendo quindi capaci di cavalcare i draghi. Nonostante questo, c'è grande scontento a corte da parte di Jacaerys (Harry Collett) e tracotanza da parte dei nuovi arrivati, in particolare Ulf (Tom Bennett), tecnicamente suo prozio (ma sappiamo quanto non sia un narratore affidabile). Dall'altra parte Aemond (Ewan Mitchell) sta perdendo lucidità e va su tutte le furie, al punto da gettare a ferro e fuoco un'intera cittadina e i suoi abitanti.
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Aemond perde il controllo
Segno che il suo machiavellico controllo sta vacillando, al punto da voler coinvolgere l'unico altro possibile cavaliere in famiglia: la sorella Helaena (Phia Saban), che gli rinfaccia di sapere che cosa ha fatto ad Aegon (Tom Glynn-Carney) sul campo di battaglia e di aver visto il futuro nelle sue visioni: non è destinato a regnare sul Trono di Spade, qualunque cosa faccia, e non sarà certo lei ad aiutarlo nell'impresa. Si impone tra loro anche la madre Alicent( Olivia Cooke), cercando di proteggere la figlia e tentando il tutto per tutto. Aegon del resto sembra confermare la regola della resilienza degli storpi nel mondo di Martin: dopo Bran Stark ne Il Trono di Spade e in questo frangente Piededuro, col quale guarda caso decide di fare squadra, anche il Re Usurpatore potrebbe sopravvivere nonostante le ferite.
Visione dal futuro
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Proprio le predizioni accompagnano il finale di stagione di House of the Dragon 2. L'altro squarcio di futuro più importante avvolge Daemon (Matt Smith), insieme ad Alys Rivers (Gayle Rankin) sull'albero cuore di Harrenhal, patria degli Strong. Questa visione rappresenta le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, e in parte rappresenta ciò che Viserys disse a Rhaenyra che poi l'ha tramandato a propria volta al suo primogenito. Si osserva il futuro dei Sette Regni, al grido di "L'inverno sta arrivando" pronunciato in valyriano antico, con Daenerys circondata dalle fiamme e dai suoi piccoli draghi e il Re della Notte pronto ad invadere oltre la Barriera insieme ai suoi Estranei: il Principe Consorte finalmente comprende il proprio posto nel grande disegno delle cose e giura fedeltà davanti a tutti alla moglie e legittima erede al Trono.
Un confronto necessario e aspettato da quando lui si era nascosto tra le mura di quel castello infestato e lei rimaneva bloccata a Roccia del Drago per volere del proprio Concilio. Ora l'esercito è con loro, così come i draghi e i loro cavalieri e la flotta di Corlys Velaryon (Steve Touissant) capitanata dalla Serpente di Mare, rinominata Regina Che Non Fu Mai in onore di Rhaenys. Anche quest'ultimo ha un duro confronto rimandato da troppo tempo: proprio adesso che ha perso praticamente tutta la sua famiglia, si riavvicina a Alyn di Hull (Abubakar Salim), fratello maggiore di Addam (Clinton Liberty), tra i nuovi cavalieri di draghi scovati dalla Regina: abbiamo la conferma, entrambi sono figli illegittimi e potrebbero avere un ruolo anche nella successione del Trono di Legno.
il (secondo) confronto tra Rhaenyra e Alicent
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Dato che si tratta di una puntata dedicata alle discussioni troppo a lungo rimandate, quella più importante e decisiva (e che farà gioire i fan) è quello tra Rhaenyra e Alicent: questa volta è la seconda a voler parlare con la prima, intrufolandosi di nascosto a Roccia del Drago. Le due amiche/nemiche che un tempo provavano/provano ammettono tutte le invidie e le gelosie che hanno avuto negli anni: Alicent (Olivia Cooke) è pronta ad aprire le porte di King’s Landing, alla regina dei neri, senza spargimenti di sangue, addirittura compiendo una scelta dolorosa sacrificare Aegon, pur di mettere fine a questa guerra civile insensata.
Ed è proprio qui che l'ending non delude: durante questo faccia a faccia si nota quanto le due ancora tengano l’una all’altra anche se il tempo, le dispute e gli uomini delle loro vite hanno cercato di danneggiare il sentimento che le unisce. Alicent è pronta a lasciarsi tutto alle spalle e quel “Come with Me” è stato in aspettato sia per chi vi scrive sia per entrambe le protagoniste. Alicent incredula di averlo detto ad alta voce e Rhaenyra che finalmente sembra riconoscere la sua vecchia amica,( io ho un idea ben precisa sul loro rapporto, del resto ognuno è libero di vederci ciò che vuole, ma il sottotesto è là e sta ognuno interpretarlo). Sta di fatto che questa stagione conferma come Rhaenyra e Alicent siano il centro di HOTD. E questa seconda stagione parla proprio di questo. Di loro alle prese con la possibilità di portare la pace prima di un inevitabile guerra, mentre affrontano la propria autorità messa in discussione in un mondo dominato dagli uomini. Piaccia o no, questa stagione è stata coerente per tutta la sua durata, ecco perchè è finita dove è finita.
Manca il colpo di scena che ha sempre caratterizzato la scrittura di Martin e di Game of Thrones: è assente quell'evento culminante che faccia esplodere il climax narrativo, che invece rimane sospeso ma del resto questo non è Game of Thrones ma il suo prequel e non c'è bisogno che sia uguale in tutto e per tutto. L’episodio si conclude con un montaggio che vede susseguirsi i vari protagonisti, con una musica enfatizzata in sottofondo, le pedine sono pronte e la guerra è oramai alle porte. L’unica nota veramente dolente della conclusione di questa stagione è che dovremmo aspettare due anni per il prosieguo della storia.
Conclusioni
In conclusione il finale della seconda stagione di House of the Dragon è fatto da reunion a lungo rimandate e che apre al futuro per ciò che accadrà. Un futuro che intravediamo attraverso la preveggenza di alcuni personaggi, che omaggiano la serie originale, ma sopratutto il destino che attende i personaggi di questo prequel non c’è che attendere la prossima stagione e di sicuro sarà Fuoco e Sangue.
👍🏻
I confronti tra Rhaenyra e Daemon e Alicent, tra Aemond e Helaena, tra Corlys e Alyn.
l’intera sequenza tra la Rhaenyra di Emma D’arcy e l’Alicent di Olivia Cooke è davvero struggente.
Il ripescare la legittimità della dinastia di sangue Targaryen.
Le visioni e le citazioni a Game of Thrones.
👎🏻
Dovremo aspettare due anni per la continuazione.
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crazy-so-na-sega · 1 year
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É tempo di considerare l'ideologia woke come manifesto eversivo, una filosofia oscurantista e totalitaria dove moralismo, ipocrisia, doppio standard, sono imprescindibili da una élite politico/culturale che, regurgitata dal capitale finanziario, quindi, sprovvista di carattere identitario, mira alla completa distruzione dei valori e della millenaria cultura europea. La collettività non ha bisogno di moralizzatori, di censori, dell'ipocrisia dei perenni indignati, la collettività per evolversi ha il dovere di sviluppare, di mantenere vivo il pensiero non conforme, il confronto delle idee, ultimi baluardi di difesa ai totalitarismi.
L'inquisizione woke si costruisce sulla debolezza umana che, protetta dal moralismo, produce fedeli servi, finti intellettuali, statisti del nulla, mercenari dell'autocelebrazione, che, deresponsabilizzati dal peso delle idee, cavalcano l'onda del pensiero del potere dominante. L'identità europea, la democrazia, la libertà sono in serio pericolo, la sua eredità culturale é nelle mani di una opinione pubblica non evoluta, imbrigliata, in larga maggioranza, in un conflitto vecchio di 100 anni, basato sull' esorcismo della simbologia del fascismo e del comunismo, ma incapace di distinguere e contestualizzare il totalitarismo nei suoi contenuti fondanti, risultando, quindi, vulnerabile alle sue nuove maschere ed alle sue nuove dinamiche di diffusione.
Mai come oggi é imperativo un netto rifiuto a questa deriva dei soloni autoreferenziati, politicamente corretti, perennemente indignati, inclusivi a corrente alternata, antirazzisti on demand, antifascisti da operetta, al contempo accesi sostenitori di Pravyi Sektor e della guerra etnica con le sue fondamenta neonaziste. Una società non consapevole del suo potenziale storico/culturale é destinata a inabissarsi nel baratro del nichilismo del consumo che, per esistere, vuole esseri trasformati in artefatti conformati, adoratori del nulla, prodotti fuoriusciti dalla cultura del barbecue, nata in un paese privo di storia.Le nostre radici sono profonde,non hanno bisogno di nessuna revisione,non hanno nessuna colpa da espiare,non hanno nessun dovere se non quello di essere tramandate. Il wokismo é totalitarismo. Stay woke, non farti trasformare in zombie.
-Colonnello Kurtz
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sottileincanto · 10 months
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Una delle cose che mi fa più tristezza dell'attuale classe politica italiana, è che sono riusciti in qualche modo a farci rimpiangere i politici della prima repubblica. E non parlo tanto di personalità come Pertini (uomo e politico che è davvero facile rimpiangere), quanto anche figure come Andreotti & co. Sono stati criminali senza scrupoli e della peggior specie, creatori della classe politica che ha visto poi Berlusconi e simili come suoi maggiori esponenti, ma erano persone di cultura. Gente in grado di suscitare e soprattutto sostenere un dibattito culturale che accompagnasse la lotta politica, in un'epoca in cui il confronto ideologico esisteva e passava anche attraverso la televisione, le riviste, i quotidiani. Allo stato attuale, invece, la sensazione è quella di vedere alla guida dello stato un carosello di ignoranti e bercioni, il cui unico e visibilissimo intento è di accaparrarsi una poltrona, la cui attrattiva non è certo la gestione del bene comune quanto quella del proprio: stipendi, rimborsi, benefit, pensioni, favori da usare come merce di scambio - il potere e i suoi vantaggi insomma - . Piccoli intrallazzini improvvisati politici che non potrebbero aspirare nemmeno alla metà della, per quanto modesta, statura di un politico e criminale quale fu Andreotti.
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fatticurare · 1 year
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Gli Stati Uniti e l'Unione Europea celebrano l'adesione della Finlandia al blocco NATO come vittoria della pace e della chimera di una maggior stabilità e sicurezza
Tutto questo è molto sciocco e totalmente irrealistico oltre che essere una vera e propria palese provocazione di allargamento del conflitto ucraino e più in generale del confronto ormai in atto est-ovest
Per tutto il dopoguerra ed i lunghi decenni di Guerra Fredda, la Finlandia si è vantata di adottare una posizione non allineata nelle relazioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica mantenendo quindi una sua neutralità.
C'erano ottimi motivi per questa neutralità finlandese.
Il paese nordico non solo condivide un lungo confine con la Russia sovietica, rendendo così la sua neutralità un requisito essenziale per la sicurezza di Mosca, ma in aggiunta la Finlandia sopporta anche la vergogna di essere stata sconfitta dall'Armata Rossa come membro delle Potenze dell'Asse guidate dai nazisti.
Il revisionismo storico dell'occidente tende a minimizzare il fatto che molti stati europei erano alleati del Terzo Reich durante la 2a Guerra Mondiale; l'esercito finlandese ha svolto un ruolo chiave nell'aiutare e propiziare l'invasione nazista dell'Unione Sovietica a noi nota come Operazione Barbarossa del giugno 1941.
I finlandesi infatti facevano parte della tenaglia settentrionale la cui controparte meridionale attraversava l'Ucraina. Fu l'esercito finlandese insieme alle truppe della Wehrmacht ad assediare San Pietroburgo in una orribile battaglia durata 872 giorni
I sovietici da soli ruppero l'accerchiamento e sconfissero il Reich nazista ed i loro alleati dell'Asse ... compresa la Finlandia quindi!
Al termine della 2a Guerra Mondiale, la neutralità della Finlandia non fu una questione di nobile principio da parte dei finlandesi ma piuttosto una questione di riparazione per i crimini commessi contro il popolo sovietico
Tendere a dimenticare la Storia e ad ignorarne i naturali equilibri, è sempre stato un esercizio estremamente pericoloso, ancora e soprattutto oggi!
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colonna-durruti · 2 years
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CRONACHE RIBELLI
Le minacce del ministro Valditara alla preside che ha scritto una circolare sull’aggressione fascista a Firenze non dovrebbero stupire nessuno. Sono l’ultimo atto di una lunga serie di tentativi di piegare il mondo della cultura e dell’istruzione a una precisa visione ideologica.
Che - attenzione - non è quella “nera” ma piuttosto quella qualunquista. Ciò che si chiede oggi ai docenti, al personale scolastico e agli accademici è non prendere posizione. Stare zitti, farsi gli affari propri, essere insomma indifferenti a quello che avviene nella società.
La nostra solidarietà alla preside Savino va di pari passo alla convinzione che le persone che si occupano di cultura debbano SEMPRE esporsi. E non solo sul tema del neofascismo, bensì su tutte le storture, le diseguaglianze, le privazioni di diritti, i disastri sociali e ambientali che affliggono la nostra società. Il dovere di chi vive di cultura è proprio questo: creare dibattito portando contenuti critici, alimentando forme di confronto che possano aprire spiragli e aiutare a guardare con altre lenti il mondo che ci circonda.
Altrimenti quale sarebbe il ruolo dei docenti e degli accademici? Ripetere come automi anno dopo anno i programmi ministeriali e pretendere che i ragazzi facciano lo stesso?
Magari per insegnare, come è stato fatto per decenni nelle nostre scuole, il mito “del buon italiano e del cattivo tedesco”, quello “del Piave mormorava non passa lo straniero” o del Risorgimento stile libro “Cuore”? Ovvero un'impostazione della quale vediamo ancora oggi i danni.
Per questo bisogna “essere partigiani”, ovvero avere il coraggio di farsi avanti, dire la propria e assumere posizioni scomode, che nel caso specifico a nostro avviso non coincidono tanto col parlare di “regime” quanto nell'individuare il percorso storico che ci ha portato a questo punto. Cosa che tante volte abbiamo fatto.
Non allontaneremo le persone - oppresse, stanche e deluse da questo sistema politico, economico e sociale - da certe ideologie urlando banalmente al fascismo, ma mostrando come i soggetti politici reazionari nella storia non siano mai stati alternativi al sistema dominante, ma espressione della sua parte più retriva.
Basta vedere i primi mesi di questo governo. Abbiamo avuto esattamente le stesse politiche classiste e discriminatorie degli ultimi trent’anni condite da un revisionismo sciatto e da una becero autoritarismo.
La cultura dovrebbe alzare la voce non solo contro questo governo, ma soprattutto contro quelle politiche e a favore di chi ne paga il prezzo.
Perché, come ci hanno insegnato i nostri nonni, ha senso studiare e formarsi solo se quello che si impara lo si mette a disposizione e nell’interesse di tutti e tutte.
Cronache Ribelli
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omniars · 2 years
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Marco Mengoni vince il Festival di Sanremo2023. Erica Taci cover @MarcoM...
- #EricaTaci Erica Taci tributo a @MarcoMengoni , canta L'essenziale. Segui @Ericaofficialmusic . - Marco Mengoni vince il Festival di Sanremo2023. Erica Taci cover #MarcoMengoni - vince #MarcoMengoni #DueVite #vincitore #Sanremo23 Festival di Sanremo SanremoRai Mengoni vince il festival delle polemiche Trionfo annunciato del cantante di Ronciglione. Ultimo solo quarto, Giorgia fuori da una top 5 tutta al maschile. Fedez attore protagonista occulto. La voce della verità è quella di Gino Paoli: "Sanremo è una gabbia di matti" mengoni vince festival sanremo finale classifica Nel festival delle sorprese sul palco, perfino per gli stessi conduttori che hanno dovuto gestire imprevisti e imbarazzi, c'era una certezza dall'inizio. Marco Mengoni era il favorito e Marco Mengoni ha vinto con 'Due vite'. Ultimo, che veniva indicato come il suo rivale più pericoloso, è finito solo quarto. Nella cinquina a sorpresa sono entrati tre giovani artisti: Lazza con 'Cenere' (secondo), Mr. Rain con 'Supereroi' (terzo) e Tananai con 'Tango' (quinto). Fuori dalla top five Giorgia. Tutti artisti uomini, un particolare che ha colpito la sensibilità del vincitore: "Dedico questo premio a tutte le donne in gara che hanno portato canzoni meravigliose". Colapesce Di Martino si sono presi i premi 'Mia Martini' e 'Lucio Dallà assegnati dalla stampa alla loro 'Splash', il riconoscimento per il miglior testo è andato ai Coma_Cose. Protagonista della polemica del giorno è sempre Fedez che, dopo aver strappato una foto del viceministro Galeazzo Bignami e chiesto alla premier di legalizzare la marijuana, riceve un bacio sulla bocca da Rosa Chemical, in risposta a chi ha parlato dell'edizione più "fluida" di sempre. E Fiorello in collegamento Instagram ci ricama risate: ""Domani saltano i dirigenti della Rai ma è un festival stupendo". 'Fiore' ne ha per tutti :"Oggi è una puntata serena e tranquilla, vi siete guadagnati la prima pagina di 'Avvenire'; "Fedez, che te ridi, si è vista pure la lingua"; "Inquadratemi Coletta, fatemelo vedere per l'ultima volta"; "Avete controllato i testi di Gino Paoli? Achille Lauro sembrava Cristina D'Avena al confronto". #mengoni L'essenziale è un singolo del cantante italiano Marco Mengoni, Il brano ha vinto il Festival di Sanremo 2013 e nello stesso anno, il suo video musicale ufficiale, ha vinto il Premio Roma Videoclip nella sezione Il cinema incontra la musica - fu presentato durante la prima serata del Festival di Sanremo 2013, come il primo brano nella categoria Big. Il brano, sfidandosi contro il secondo inedito presentato dal cantante, Bellissimo, passò il turno durante la votazione combinata di giuria e televoto, ottenendo il 55% delle preferenze. In occasione dell'ultima serata della manifestazione, L'essenziale ottenne la vittoria alla manifestazione canora. Il brano è stato scelto per rappresentare l'Italia all' #EurovisionSongContest 2013 tenutosi a Malmö (Svezia), classificandosi al settimo posto. Successivamente il brano vince all'Eurosong Awards 2013 come Meilleur chanson de l'année EricaTaci, nasce a Firenze il 06/11/1998, vive a Borgo San Lorenzo (FI). Si affaccia alla musica fin dalla tenera età di 5 anni e scopre di avere la necessità vitale di scrivere e comporre continuamente testi, sia in inglese (che sente come seconda lingua) che in italiano, e melodie al pianoforte. Capisce con gli anni che questo nasce dal bisogno di colmare un vuoto, purtroppo non conosce suo padre e cresce con sua madre e sua sorella. Dai 13 ai 18 anni frequenta corsi di canto e un corso di scrittura con Grazia di Michele. A 14 anni vince il suo primo concorso di canto, grazie al voto del pubblico. E' attualmente opinionista a BellaMà su Raidue programma pomeridiano condotto da Pierluigi Diaco. FILO ROSSO Filo rosso ci racconta che nonostante questo particolare periodo storico, fatto di distanze forzate e di conflitti internazionali, siamo in qualche modo tutti legati da un filo invisibile attraversato da sentimenti comuni a tutti, passando dall’indifferenza fino ad arrivare alla speranza. Erica Taci Fanclub Erica Taci Senza Senso
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toscanoirriverente · 9 months
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Quel termine, usato spesso come insulto, ha un significato e un valore storico puntualmente ignorati. Ma chi ha solo bisogno di un’espressione d’accusa contro un intero popolo se ne infischia
In forza di una traslazione ormai irrevocabile, il termine “sionista” è spesso adoperato a mo’ di incolpazione, o proprio per insultare. Non che il fenomeno sia nuovo, giacché l’accusa di “sionismo” è secolare ed è formulata di volta in volta con intento e su presupposto di confronto politico e civile o con leggerezza discriminatoria: ma ormai, appunto, quell’addebito – “sionista” – ha preso il posto dell’ordinario insulto antisemita.
Le componenti motivazionali di questa perversione sono due, in qualche modo mischiate e di reciproco alimento. La prima: si tratta dell’adozione di un termine d’accusa non ancora interdetto. “Ebreo di merda”, infatti, è d’uso sbrigliato nella fogna social e, depending on the context, ha qualche buon margine di legittimità in certe lussuose strutture universitarie: ma insomma è, generalmente, considerato ancora bruttino.
La seconda motivazione è, banalmente, questa: la totale ignoranza del significato genuino di quel termine, “sionismo”. Che cos’è stato, su quali basi culturali e politiche e su quali ambizioni si è sviluppato, che cosa ha prodotto, quali forze e personalità l’hanno divulgato e testimoniato, eccetera. Tutte cose di cui chi fa uso di quel termine con pretesa diffamatoria non sa ovviamente nulla, senza che a spingerlo a sputare sul “sionista” sia la lettura dei Protocolli: dice così, “sionista”, come un rutto, giusto come la barzelletta razzista contro i neri è raccontata così, come un rutto, non perché il razzista che la racconta si è documentato su un saggio ottocentesco che spiega che i neri sono inferiori e puzzano.
Duplice la causa di quest’uso, è poi duplice la capacità offensiva che esso presenta. Essere sionisti, infatti, in un clima di informazione e culturale che inquadra in modo dovuto e non fuorviante, non diffamatorio, il sionismo, dovrebbe essere considerato un legittimo – quanto ovviamente discutibile – portamento civile, politico, tradizionale, eccetera.
Ma se “sionista”, per via di quella contraffazione diffamatoria, equivale a qualcosa di ignominioso, allora si assiste a un attentato identitario, alla degradazione morale della vittima dell’insulto cui è affibbiata una qualifica squalificante. Se dire “sporco negro” non è come dire “sporco elettricista” è perché non c’è stato un mondo in cui si spiegava che gli elettricisti erano inferiori e dunque dovevano stare in catene. La seconda portata offensiva è conseguente: se il sionista è un immorale, un criminale, o almeno un sostenitore della cospirazione usurpatrice, allora è gioco forza che sia esposto al giudizio e alla violenza di chi, legittimamente, avversa quel suo convincimento e l’ingiustizia su cui esso si fonda.
E il dato nuovo è questo, come si diceva all’inizio: che ormai la cosa, quanto meno presso alcuni, è passata, legittimata. E, non casualmente, questo processo di legittimazione va di conserva con quello che non denuncia l’illegittimità di una deliberazione governativa, di un’operazione militare, di un’occupazione territoriale, ma l’illegittimità ovunque della presenza ebraica. Una pretesa patentata dall’uso odioso e impunito di “sionista” al posto di “ebreo”: come dimostra, tra i moltissimi esempi cui abbiamo assistito, l’impunito comizio “antifascista” culminante nell’appello “Fuori i sionisti da Roma”.
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jazzluca · 9 months
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MEGATRON ( Leader ) Generations LEGACY EVOLUTION *Armada*
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Anche il MEGATRON di Armada viene giustamente riproposto nella citazionistica linea Generations Legacy, e giusto in tempo per il 20ennale della sua linea originale e contrapporlo al suo rivale Optimus uscito come Commander, ed ovviamente il comandante dei Decepticon è un classe Leader.
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Ma in quanto tale, al solito, già il confronto con il giocattolo originale è un po' deprimente sin dal CARRARMATO, sia per la stazza ridotta rispetto al modello del 2002 ma sopratutto per la totale assenza delle gimmick inerenti i Minicon, così come la mancanza appunto del piccolo Leader-1.
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Va da se' che la scultura e la colorazione è ottima, e ci sono parecchi fori per armi laddove nell'originale c'erano le spine per Minicon, ma oltre alla torretta che gira ( ma non può compiere una rotazione completa di 360°, però ) ed al cannone che si alza, il nostro tank ad H può sollevare un modulo con un paio di bocche di fuoco, imitando neanche perfettamente una delle gimmick attivabili coi piccoli robot di Armada.
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A livello di miglioramenti abbiamo solo un paio di pannelli sotto il veicolo che coprono bacino ed addome del robot… e basta. ^^'
La TRASFORMAZIONE è semplice come nell'originale, con i moduli posteriori che si allungano diventando le gambe ( e con i pannelli di qui sopra che coprono la parte interna vuota di queste ), mentre le braccia si estraggono lateralmente dai cingoloni anteriori, previo però abbassare i modulini neri sotto il petto e slittare quindi le spallone da sopra al fianco, trovata niente male questa, mentre il pannello che copre la faccia si ripiega dentro il vano del petto invece che slittarci all'interno.
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Il ROBOT che ne scaturisce è fedelissimo esteticamente pure lui all'originale, e praticamente solo di poco più piccolo, e varrebbe pure il discorso del tank con le gimmick, tipo la mano sinistra sì semiaperta ma non apribile e tantomeno con il coltello che spunta dal palmo, ma giocoforza lo supera ampiamente nella posabilità delle gambe, limita nel giocattolo del 2002.
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Per fortuna ( e vorrei ben vedere se non l'avessero mantenuta!! ) c'è la gimmick del cannone della torretta che finisce sotto il fianco destro, così come è fattibile la modalità di attacco facendo ruotare la torrette davanti al torso, ora sì con i due cannoncini che sono rivolti frontalmente, almeno.
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Ma ci sono pure delle novità! Con la scusa della trasformazione delle mani, queste rientrando esibiscono una spina standard che può essere utilizzata per staccare il cannone e metterlo su un polso a scelta; certo che però, vista sta cosa, potevano sistemare una lama nascosta da qualche parte da poter mettere magari appunto nella mano sinistra, aggiornando la gimmick succitata originale, ma vabbè! ^^'
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Altri cambiamenti sono le corna non solo senza la molla, ma pure staccabili e non così belle salde, che se si staccano quando è in modalità tank poi un po' ci si danna a riattacarle, in messo ai cingoli anteriori, ed a proposito dei tali, questi sono fissi frontalmente, non seguendo il movimento delle spalle come nell'originale, un po' come nel Laser Optimus Legacy, con i pannelli coi simboli che si alzano per poter muovere le braccia: i cingoli però possono abbassarsi lateralmente con un nonnulla appena si cerca di posizionare le braccia, niente di che, ma era meglio a sto punto fissarli un attimo, tuttalpiù.
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Tornando sull'altezza, il novello Armada Megatron è alto quanto il Leader Galvatron Kingdom, ovvero una testa più di un Prime, ed è abbastanza imponente con le sue spallone, ma non così tanto dato che l'omonimo Transmetal 2 Legacy lo supera abbondantemente, ed anche a peso rispetto agli altri colleghi di classe è scarsino, QUINDI, ancora, e ancora, e ancora, non avrebbe fatto schifo o averlo un po' più alto ( ma così magari sovrastrava troppo gli altri Voyager stile Armada ? ), o potevano sprecarsi a mettergli il Minicon storico, no? ^^++
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Acclarato poi che il nostro ha il torso allungabile e che si potrà unire al Titan United Tidal Wave a venire, possiamo concludere che fondamentalmente è una buona versione aggiornata dell'originale, migliore per forza di cose nella posabilità ma umiliato a livello di gimmick giocabili: ribadiamo che magari era pretestuoso riportare TUTTE le gimmick dell'originale, per carità, ma sarebbe stata cosa gradita qualcosina tipo il succitato coltello da polso e i bramati Minicon, che speriamo al limite vengano recuperati in un pack che vedere dei moderni Armada sprovvisti dei loro partner piccini.
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Insomma, bello e ben fatto con pochi e dimenticabili difetti ( i polsi vuoti li ho citati? no? vabbè ^^' ) ma qualcosina in più ce la meritavamo per farci scordare le millemila gimmick dell'originale, tutt'ora raccomandato e fondamentale in ogni collezione degna di questo nome. ^^
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VENTUNESIMO SECOLO - di Gianpiero Menniti
MASCHILE E FEMMINILE: IL MUTAMENTO PROFONDO
Tra le fonti del romanzo "Le Streghe di Shakespeare" c'è un testo singolare.
Anni fa, parecchi anni fa (fine anni '80, primi '90 del secolo scorso) venni incuriosito da un titolo inconsueto, "Occidente misterioso - Baccanti, gnostici, streghe: i vinti della storia e la loro eredità".
A interrogarmi non era solo l'esordio del libro ma il nome dell'autore, Giorgio Galli, scomparso nel 2020, storico e politologo milanese di riconosciuto valore.
Inaspettatamente, l'insigne docente di storia delle dottrine politiche aveva dato alle stampe un volume per raccontare che i vinti nascosti della storia fossero spesso alcuni "modelli femminili di visione del mondo", relegati nell'impulsività mistica e quindi osteggiati per la loro forte carica emotiva, in apparenza contrari alla genesi razionalista delle società considerate progredite e naturalmente, cosa più importante, ai loro assetti.
Dal mondo antico fino all'età moderna.
Dunque, sostiene Galli, nei «passaggi cruciali della costruzione dell'Occidente come civiltà, le tensioni e i conflitti tra "femminile" e "maschile" hanno avuto un ruolo superiore a quello sinora loro accreditato.».
Ancora più singolare fu l'accoglimento della robusta e davvero interessante tesi di Galli: il sistema accademico italiano lo sospinse in un limbo di marginalità.
Il suo libro venne in altri casi fortemente criticato come si fosse trattato di uno "scivolone" dell'illustre cattedratico.
Aveva toccato un nervo scoperto il buon Galli?
Nessuno, a mia memoria, entrò mai nel merito della sua proposta interpretativa, certamente molto avanzata in quel torno di fine millennio.
Lo studioso non si arrese e negli anni successivi coltivò il filone.
Galli aveva indirettamente chiarito, argomentando con dovizia, quanto fosse rimasto fervente, nel corso di un lunghissimo arco di tempo, il fiume carsico dei diritti in capo al genere femminile, la portata storicamente rilevante degli assetti sociali costituitisi anche sul contrasto verso rivendicazioni ritenute eversive e infine si basasse su quell'antica polarizzazione anche l'origine dei fermenti politico-sociali che attraversarono l'800 e il '900, secoli nei quali si è consumata la formula stantia della superiorità "maschile", ormai ampiamente decaduta e oggi in procinto di crollare definitivamente.
Si badi: non si tratta di ridurre la storia a una divisione di potere e contropotere tra i sessi (sarebbe una grossolana fandonia) ma di saper cogliere, come Galli riuscì a fare, l'importanza di questo dinamico confronto socio-culturale percorrendo l'arco del pensiero e dunque della civiltà occidentale.
Tutti i processi storici sono segnati da avvenimenti che fanno da detonatore, come recenti e tragici casi di cronaca nera insegnano da noi.
E che osserviamo in misura ancora più rilevante in scenari distanti dal nostro modello: gli accadimenti in Iran, con la "polizia morale" che massacra ragazze indifese, sono l'esempio lampante della discrasia tra un potere reazionario e una società che sul riconoscimento delle libertà individuali in capo al genere femminile e dell'habeas corpus in particolare, arriverà ad abbattere quelle obsolete forme di dominio e con esse l'intero assetto sociale, dello Stato e dei fondamenti religiosi sui quali si regge.
Quando accadrà - e accadrà anche se le martiri saranno ancora molte - quale corso prenderà la storia in Medio Oriente?
Dunque, in relazione causale, nel resto del globo?
Nessun cambiamento di status si è mai affermato pacificamente.
Ma il cambiamento è in atto, ormai segnato e inarrestabile.
Ed è, in non rare occasioni, coinciso, quando racchiuso in termini avanzati (poichè esiste anche un conservatorismo di stampo femminile non meno intransigente e detestabile) con il ruolo delle donne.
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Questo sostengo facendomi breccia, implicitamente, attraverso il buon Galli, storico acuto e politologo lungimirante.
Gli idioti (nel significato originario greco) non se ne avvedono.
Gli imbecilli (nell'etimologia latina) tentano di contrastarlo.
Ne "Le Streghe di Shakespeare" l'argomento è scavato ancora più profondamente, in chiave antropologica.
Fino a contemplarne l'origine.
Sepolta in un abisso scabroso.
Nelle immagini: "Grande Dea Madre", periodo Paleolitico, collezione Mainetti, New York
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dedoholistic · 10 months
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DONNE A CONFRONTO: CLAUDIA & CHRISTINE – Un’altra bella chiacchierata con l’amica e collega autrice Marcella Nardi. Pubblicazioni di riferimento: “OCEANO DI SENSI” (Maria Teresa De Donato), romanzo fiction-storico-erotico, di cui Amore, sessualità, erotismo ed esperienza coloniale italiana in Libia saranno gli aspetti fondamentali; "VIRUS - Nemico Invisibile" (Marcella Nardi), romanzo fiction-spionaggio, di cui professionalità, acume, amore per la ricerca scientifica e per l'essere umano, sensibilità e sessualità saranno gli aspetti fondamentali. Buona visione!
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fashionbooksmilano · 2 years
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Kerouac Beat Painting
 a cura di Sandrina Bandera, Alessandro Castiglioni ed Emma Zanella
Skira, Milano 2017, 176 pagine, 16,5 x 24 cm., ISBN  9788857237701
euro 18,00
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Mostra Museo MA*GA, Gallarate 3 dicembre 2017-22 aprile 2018
Attraverso 80 opere, tra dipinti e disegni, la rassegna presenta un lato finora poco esplorato e inedito in Italia del padre della Beat Generation.Il percorso espositivo si arricchisce di fotografie di Robert Frank ed Ettore Sottsass, materiale documentario storico e un progetto di Peter Greenaway, oltre a un’intervista ad Arnaldo Pomodoro pubblicata in catalogo, che rievoca la sua esperienza alla Stanford University, in California, del 1966.
Attraverso un corpus di lavori inediti in Italia, il volume getta una luce del tutto nuova sull'attività pittorica e grafica di una delle icone letterarie del XX secolo, lo scrittore americano Jack Kerouac, padre della Beat Generation. Dal confronto tra produzione letteraria e artistica emerge il suo labirintico processo creativo che dalla percezione visionaria della realtà, espressa appunto attraverso il medium del disegno e della pittura, arriva alla scrittura, alla musica, alla poesia e al cinema. Per la produzione prettamente artistica, perseguita anche grazie a un vero percorso di "formazione", furono molto importanti non solo le sue relazioni con la tradizione della cultura visiva americana, con gli altri autori del movimento beat (da Alien Ginsberg a William S. Burroughs), ma anche con i maestri della pittura informale e della Scuola di New York che egli iniziò a frequentare dalla seconda metà degli anni cinquanta. La monografia si articola in differenti nuclei che intrecciano la vita e la poetica di Kerouac con l'eccezionalità delle opere presentate. Di particolare interesse sono poi i riferimenti dell'autore che spaziano da Proust a Breton, dai ritratti di personaggi famosi come Joan Crawford, Truman Capote, Dody Muller o il cardinal Montini, alle sue visioni costruite intorno a un sincretismo religioso sospeso tra buddhismo e cattolicesimo, dai riferimenti alla cultura beat, come Robert Frank e William S. Burroughs, fino a lambire l'espressionismo astratto.
10/10/22
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siciliatv · 26 days
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Catania, donna minaccia l'ex marito con le forbici: denunciata dai carabinieri
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A Catania, una lite tra ex coniugi è degenerata quando una donna di 45 anni ha minacciato il suo ex marito con delle forbici. L'episodio è avvenuto in via Orfanotrofio, nel centro storico della città, dove i carabinieri del servizio radiomobile sono intervenuti per sedare il conflitto. All'arrivo dei militari, un uomo di 53 anni ha raccontato di essere stato minacciato poco prima dalla sua ex moglie, un'accusa confermata dalla loro figlia di 22 anni presente al momento della lite. Durante la perquisizione, i carabinieri hanno rinvenuto nella borsa della donna un paio di forbici da cucina con lame di 12 centimetri. Secondo quanto dichiarato dall'uomo, la lite è riconducibile alla relazione turbolenta con l'ex moglie, con cui aveva concluso definitivamente il rapporto nell'aprile di quest'anno, dopo un riavvicinamento successivo alla loro prima separazione nel 2018. La donna, però, non avrebbe accettato la fine della relazione, iniziando a perseguitare l'uomo con minacce frequenti sia telefoniche che di persona. La situazione è culminata quella mattina, quando la donna si è recata sul luogo di lavoro dell'ex marito e, dopo un acceso confronto, ha estratto le forbici minacciandolo. Le forze dell'ordine hanno sequestrato l'arma e hanno denunciato la donna per minacce gravi e porto abusivo di armi. Read the full article
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zabahronz · 2 months
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Il ritorno del Messia repubblicano
L'intervista del multimilionario detentore della piattaforma X (alle origini conosciuta come Twitter) Elon Musk ad un secondo multimilionario, questa volta candidato alla Casa Bianca, Donald Trump è stata a dir poco allucinante. I giornali l'hanno definita un confronto tra egocentrici, e personalmente mi troverei per un certo verso d'accordo, se non fosse per il fatto di aver avuto l'impressione di sentire un Elon molto impacciato (soprattutto quando si trattava di discutere di politica estera) e che quindi lasciava a Trump l'onere di condurre la conversazione a suo piacimento.
I temi trattati sono stati molteplici: si è partiti da un commento sul recente attentato nei confronti del tycoon, a temi di attualità come i conflitti russo-ucraini e israelo-palestinesi, passando alla questione del riscaldamento globale fino all'economia interna ed estera.
Trump non è di certo tipo da addolcire la pillola come ormai ben sappiamo, infatti inizia subito accusando l'attuale presidenza di aver portato l'America alle porte del baratro, di aver permesso ad assassini e criminali della peggior specie di entrare nel paese a fare solo danni, di aver impoverito i cittadini americani e di aver dato al mondo l'immagine di un America debole e facilmente raggirabile.
Qui vorrei attenzionare più nel dettaglio un punto: la retorica di questa campagna presidenziale trumpista è molto particolare, perché si sofferma non tanto sulla forza delle idee, che comunque sono molto pervasive e dal linguaggio violento e accattivante (si veda lo slogan "fight" ad esempio), quanto sulla forza fisica e sul peso carismatico. Trump richiama più volte alla necessità di far salire alla presidenza degli Stati Uniti una "persona forte" (per un attimo ha detto uomo per poi correggersi, ma ti ho sentito Donald non mi sfuggi) che sia capace di incutere timore ma anche di mantenere dei buoni rapporti con i paesi storicamente rivali. Da qui inizia ad autocelebrarsi dicendo come lui sia un buon amico di Putin, Kim Jong Un e Xi Jinping e, cosa più importante, affermando che se ci fosse stato lui alla presidenza non sarebbero scoppiate le guerre in Ucraina e in Medio Oriente. Avrebbe tranquillamente risolto la questione parlandone davanti a un caffè insomma.
Biden è un vecchietto debole e prossimo alla casa di riposo accompagnato da una folle estremista, lui è un uomo amato da tutti, ma anche temuto e rispettato da tutti. Quello di cui l'America ha bisogno.
Ma la discussione sul riscaldamento globale e sul nucleare è stato a mio parere il punto più fuorviante della live: Trump dice di non parlare di "global warming" ma di "nuclear warming", perché (e qui fatico a comprendere il nesso tra le due cose) in questo momento storico abbiamo cinque paesi detentori dell'atomica che potrebbero far scoppiare la terza guerra mondiale quando vogliono, e quindi di conseguenza la questione climatica diventa un problema secondario a confronto. Ci sono cose più importarti a cui pensare, perché diavolo non gli hanno permesso di piantare le trivelle in Alaska? Pensieri di un uomo completamente distaccato dalla realtà.
Si è anche aperta una parentesi sul disastro umanitario che è stato lo sgancio dell'atomica su Hiroshima e Nagasaki: Musk dice che i danni sono stati enormi ma poi i giapponesi sono stati capaci di ricostruire e ingrandire le due città (e vorrei credere con i sussidi americani!) quasi a voler dire che è stato un beneficio per il Giappone, mentre Trump dice che è stata una misura necessaria perché i giapponesi hanno attaccato per primi e dovevano essere puniti (porto militare = città abitate da civili tra cui bambini evidentemente). Un punto di vista assolutamente non colonialista mi dicono.
Lo so che sicuramente e giustamente penserete "si ma neanche i giapponesi erano dei santi, lo stupro di Nanchino e le donne di conforto coreane dove le metti?". Su questo vi do ragione, ciò che ha commesso l'esercito imperialista giapponese è gravissimo e va condannato, ma da qui a dire che anche i civili giapponesi meritavano questa suddetta punizione è da folli. L'atomica su Hiroshima e Nagasaki è un crimine di guerra come lo è Nanchino.
Insomma, tirando le somme, ho passato due ore a sentire i deliri di onnipotenza di un uomo che considera l'insulto dell'avversario un modo corretto e soprattutto vincente di fare politica, accompagnato da commenti per la maggioranza timidi e inconcludenti di un intervistatore non abituato a questo genere di palcoscenici. Anche se devo dire che sulla questione economica Musk si è dimostrato più competente di Trump, illustrando situazioni e teorie a cui il secondo a malapena faceva un accenno perché troppo preso dal parlare di quanto fosse bello e bravo.
Una manovra mediatica sicuramente ben riuscita considerando il numero degli ascolti, problemi tecnici durati 45 minuti a parte. Non vedo l'ora di scoprire la risposta della Harris, sia alla violenta stoccata dell'avversario che all'invito di Musk alla sua seconda live.
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colonna-durruti · 2 years
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Cronache ribelli, perfetti come sempre
Visto il governo in carica il giorno del ricordo se possibile verrà oggi celebrato, se possibile, con ancora maggior retorica nazionalista e minore aderenza ai fatti.
Nel tentativo ormai riuscito di piegare a squallidi interessi di partito la ricostruzione dei tragici eventi che coinvolsero il confine orientale prima, dopo e durante la Seconda guerra mondiale, non c’è più spazio per un confronto serio che parta dai numeri e dai fatti.
Questo sciatto revisionismo di stato prima di tutto è una violenza nei confronti delle cosiddette "vittime delle foibe”. Cioè di quella parte di innocenti che nell’ambito delle due ondate - a ridosso dell’armistizio del ‘43 e alla fine della guerra - furono infoibate nel corso di episodi di giustizia sommaria e rese dei conti. Come già stabilito in sede di ricerca da ogni storico di ogni orientamento politico, il fenomeno riguardò un numero di persone comprese tra le 3.000 alle 8.000; tra questi si annoveravano soldati, funzionari del regime, collaborazionisti e civili innocenti. Non si trattò di pulizia etnica, né tanto meno di genocidio ma, al limite, del tentativo delle nuove autorità jugoslave di rimuovere, anche con la violenza o con l’esodo, quei membri della burocrazia, dell’amministrazione e dell’intellighenzia imposta dall’Italia nelle terre di confine.
Lo stato italiano, nel suo tanto coerente quanto imbarazzante percorso di continuità, fino alla fine dell’ex Jugoslavia si è ben guardato dall’ “aprire” il cassetto del confine orientale. Dentro ci avrebbe trovato l’1,5 milioni di morti causati dall’occupazione nazifascista, le decine e decine di campi di concentramento costruiti dall’Italia, gli abominevoli crimini di guerra e soprattutto i criminali mai consegnati e completamente riabilitati dopo il conflitto.
Di questi se ne contano 729 solo tra gli ufficiali superiori, perlopiù di dichiarata fede fascista e in ogni caso monarchica, che l’Italia repubblicana ha difeso strenuamente. Come si poteva chiedere conto alla Jugoslavia, paese vincitore, di perseguire le violenze praticate verso gli italiani innocenti quando ci si rifiutava di consegnare assassini conclamati in sede internazionale?
Nella logica del “baratto delle colpe” non abbiamo chiesto conto nemmeno alla Germania dei crimini compiuti nella penisola, al fine di non concedere ai tribunali jugoslavi, sovietici ma anche etiopi, francesi, greci e albanesi i nostri criminali.
Insomma le vittime innocenti del confine orientale sono state rimosse come quelle di Marzabotto e di Sant’Anna per proteggere i fascisti, i cui eredi usano la retorica “delle foibe” per nascondere ancora oggi le responsabilità di chi ha condotto l’umanità nel più sanguinario conflitto di sempre.
Non possiamo quindi che inorridire dinanzi all’uso strumentale che si fa dei morti e al tentativo di rinfocolare l’odio tra i popoli che soggiace a certa becera retorica.
Per noi i carnefici, chi ha cercato di fermarli e le vittime del conflitto restano tali indipendentemente dai confini.
Cronache Ribelli
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