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Un Film tra Calcio e Medioevo: Il Viaggio nel Tempo che Cambia Tutto. La Storia di un Giovane Calciatore che Tenta di Correggere una Partita e Finisce nel Medioevo
Il cinema ha esplorato innumerevoli volte il tema del viaggio nel tempo, spesso mescolandolo a storie inaspettate e affascinanti.
Il cinema ha esplorato innumerevoli volte il tema del viaggio nel tempo, spesso mescolandolo a storie inaspettate e affascinanti. Immaginate un film in cui un giovane appassionato di calcio, desideroso di rivivere una partita persa, utilizza una macchina del tempo, ma un errore tecnico lo catapulta nel medioevo! Un mix di avventura, commedia e riflessione su come il passato e il presente possano…
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Un uomo maturo ti amerà dai piedi fino all'ultima
striatura e ruga che apparirà sul tuo corpo. Non
sarà mai dispiaciuto per la tua statura o per i tuoi
difetti e non ti giudicherà mai per il tuo passato.
Un vero uomo ti amerà ogni giorno, anche in
quei giorni del mese in cui nemmeno tu ti
sopporti.
Quel vero uomo crede nella tua libertà, amerà le
tue ricorrenze, i tuoi obiettivi, ambizioni, e ogni
dettaglio che rende "perfetta" una donna.
Non vorrà mai cambiare niente di te, ti aiuterà
a crescere, ti aiuterà ad avere il desiderio di
essere migliore di ieri. Perché un uomo maturo
non cambia, un uomo maturo aiuta a crescere ed
a evolvere.
Un uomo maturo ti dà le ali, non te le tarpa. Ti dà
la mano quando sei a terra, la spalla per farti
piangere quando non resisti più, le sue braccia
quando non ti senti al sicuro, e il suo calore
quando senti freddo.
Autore Sconosciuto
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LUI
Stavo pensando a una cosa. Prima del femminicidio di Giulia Cecchettin abbiamo seguito sui giornali il caso di Giulia Tramontano.
Ho fatto uno sforzo per richiamare alla mente quella vicenda. Ho scritto qui il nome della donna uccisa, ma devo confessare che non lo ricordavo. Mi è servita una ricerca su Google per farlo riemergere dalla nebbia. Eppure è passato poco tempo. Eppure per qualche giorno quel nome era rimasto impresso nella mia mente. Ma l'avevo dimenticato.
Invece ricordavo perfettamente il nome di lui. Ma perché la memoria mi ha fatto questo scherzo?
Forse perché dopo il delitto si parla della vittima all'inizio, ma poi il vero protagonista diventa lui. C'è un racconto mediatico a più voci che sommerge ogni cosa e mette lui al centro dell'inquadratura: cos'ha fatto, cos'ha detto, come si comporta, le sue giustificazioni, le sue ricerche su Google, la sua vita, le sue azioni, la sua freddezza, le strategia difensiva, le dichiarazioni dell'accusa, l'intervista al vicino, il collega di lavoro che non ha notato niente di particolare, la ricerca di qualcosa di strano nella sua vita (perché qualcosa di strano deve pur esserci), la nostra rabbia nei suoi confronti, la gente che chiede la pena di morte, le lettere che lui riceve, i giornalisti che intervistano sua madre, la madre che lo perdona, la madre che non lo perdona.
Lui riempie lo schermo e oscura tutto. Non c'è spazio per la vittima e neppure per analisi sociologiche. E ho la sensazione che nell'interesse per lui ci sia il desiderio di guardarlo in faccia per cercare quell'anomalia psichica (o addirittura fisica, sulla scia di Lombroso) capace di farlo apparire come una creatura completamente diversa dalle altre. Ci piace l'idea di un difetto di fabbrica a cui si può porre rimedio eliminando il prodotto difettoso.
Per una curiosa coincidenza (che coincidenza forse non è), in molte affermazioni che respingono riflessioni sul patriarcato troviamo proprio questo concetto, chiaro e tondo, espresso alla luce del sole. Ci dicono che non bisogna parlare di questioni sociali e mentalità da combattere, perché non è quello il problema: il problema è lui, solo lui.
Ci dicono: non parliamo della condizione femminile, parliamo di lui.
Ci dicono: non diamo spazio alle dichiarazioni di Elena Cecchettin, parliamo di lui.
Voltare pagina è una preoccupazione diffusa. Si cerca di preparare il terreno per dimenticare tutto e parlare d'altro, prima che a qualcuno venga la tentazione di guardare oltre la finestra (o addirittura dentro di sé) e notare cose che non vanno per il verso giusto.
Dicono che non c'è nessun problema, a parte lui. Ma ora lui è in gabbia. Tutto risolto. La palla passa ai collegi giudicanti. Perché lui è l'eccezione, è l'anomalia.
L'idea che trasforma lui nella rara aberrazione di un sistema quasi perfetto è stranamente rassicurante, ti rimbocca le coperte prima di dormire sonni tranquilli. Lui non è come il nostro vicino. Non ha niente in comune con noi. I problemi sociali non esistono. Esiste lui, ma a questo si può porre rimedio. Non dobbiamo farci domande. Non dobbiamo cercare di cambiare.
Ecco ciò che tanta gente vuole sentirsi dire.
[L'Ideota]
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SENZIENZA
(POST LUNGHISSIMO, PER POCHI)
Prima dei due anni l'ippocampo, sede (anche) della memoria narrativa, non è ancora del tutto formato.
Durante questo periodo, è il corpo stesso che si incarica di memorizzare tutto:
eventi, relazioni, reazioni, bisogni soddisfatti e insoddisfatti, presenze, assenze, sotto forma di reazioni neurofisiologiche ripetute, le quali si cristallizzano in tensioni muscolari e blocchi psicoenergetici, oppure in programmi autonomici stabili.
Mauro Mancia chiama queste forme neuro-psico-corporee inconsapevoli "inconscio non rimosso", per indicare il fatto che vi è un inconscio il quale, a differenza di quello di Freud, non ha avuto il tempo di essere ricordato per poi essere spazzato via nel dimenticatoio della mente.
Eppure, quell'inconscio non rimosso, è drammaticamente presente nel corpo, come dicevo.
È presente nel respiro, nella postura, nei gesti che abbiamo quando tocchiamo qualcuno, quando ci facciamo toccare, oppure quando ci ritiriamo in noi se qualcuno ci si avvicina troppo, sia fisicamente che emotivamente.
Ma anche bell'eccitazione o nella inibizione del desiderio, nella nostra capacità o incapacità di emozionarci, di aprirci agli altri o di chiuderci ad essi, così come alla vita in generale.
L'inconscio non rimosso è il corpo che, volenti o nolenti, parla della nostra origine e della nostra storia.
Di una storia che ci riguarda ma che non conosciamo, perché, non avendola mai potuta raccontare a noi stessi, non l'abbiamo mai potuta ricordare.
Eppure questa storia determina, in larga parte, chi siamo, nel nostro presente.
Nelle nostre reazioni attuali agli eventi, nei nostri stili di attaccamento, nei nostri pattern emotivi che si attivano di fronte al dolore di una perdita, di una sfida o al tentativo di difenderci da qualcosa che temiamo, è il passato del nostro corpo che si fa presente.
Qui ed ora.
Ecco perché da questo punto di vista il cosiddetto qui ed ora, come dicono le neuroscienze, è un presente ricordato.
Così, ci sembra di essere liberi e di vivere al di là dei nostri copioni, quando invece sono i nostri copioni, i blocchi energetico-emotivi, a determinare le nostre reazioni e scelte attuali.
Ma anche la nostra visione del mondo, di noi stessi e degli altri.
Sono i nostri copioni somatici a scrivere il nostro destino, sotto forma di un'illusione di scelta.
Solo che non ce ne rendiamo conto, perché il cervello copre questo gap con una sorta di anestesia cognitiva.
Ecco perché è solo il lavoro sul corpo e con il corpo che, proprio per questo, può sbloccare le convinzione limitanti che sono alla base dei nostri modi di essere.
Il lavoro di consapevolezza corporea viene chiamato "senzienza", per distinguere le sensazioni sentite (selfsense) dalle sensazioni consapevolizzate solo a livello cognitivo, o intellettualmente, se volete.
Pensare le emozioni e sentirle, difatti, sono due cose diverse.
Pensare le emozioni, sentirle e entrarci dentro fino a farsene trasformare, sono 3 cose diverse.
E non è assolutamente vero che per comprendere che qualcosa non mi piace, o viceversa mi piace, che mi fa stare bene oppure male, a partire da una sensazione di peso sul petto o di mal di stomaco, devo darle un nome.
La sensazione è, a volte, già autoevidente di per sé.
Non c'è bisogno di alcuna cognizione, di alcuna parola, di alcun linguaggio verbale o concetto per esprimerla.
Ciò che mi occorre, è sentire quello che sento pienamente: ecco la senzienza.
La consapevolezza del corpo a partire dal corpo.
Vi è uno stato dell'essere precognitivo e preverbale che non può essere ignorato.
Quando ti chiedono come fai a sapere che...
E tu rispondi "perché lo sento", ecco: quella è la senzienza.
Aperta e chiusa parentesi: non è assolutamente vero, ulteriormente, che siamo storie che camminano (come dice qualche ex formatore di PNL incazzato che cerca di tirare l'acqua al proprio mulino), e che basta cambiare la storia che ci raccontiamo per cambiare il passato.
Chiusa parentesi.
A volte le parole non bastano per modificare quel nucleo emotivo inconscio radicato nel corpo, che continua ad agire sulle nostre reazioni emotive e relazionali, sui nostri impulsi e schemi difensivi, dalle profondità del nostro sistema nervoso autonomo, proprio perché esso è al di là delle parole che ci diciamo.
Infatti, possiamo raccontarcela come vogliamo, a volte; possiamo sovrascrivere il nastro della nostra narrazione interiore fino allo sfinimento.
Ma non cambia nulla.
Gli schemi si ripetono, le modalità di compenso e di difesa si ripresentano inesorabilmente, gli agiti e i copioni comportamentali ritornano in modo implacabile.
In questi casi, occorre certamente dare un nome a ciò che si sente: ma solo dopo aver lavorato sui nuclei emotivi a partire dalla dimensione preverbale che li ospita.
Da quella terra di confine polimorfa, plastica e ancestrale, che è il corpo.
Il quale soltanto rappresenta, se curato, una base stabile per la nostra identità.
Ecco perché il 1 settembre cominceremo da qui.
Da un approccio Botton Up: dal basso verso l'alto.
Dal sentire, fino in fondo, il nostro sentire: dalla senzienza.
Perché chi non mette radici, non può volare.
"Le emozioni possono anche gridare in te, posarsi sulla tua pelle, nella tua dermatite, o agitare le pareti del tuo colon, possono arrivare nei sogni notturni o nei disagi dei tuoi figli, ma se ti chiedi perché con l'intento di farle passare, senza ascoltarle, se sai tutto su di esse ma non permetti che si incarnino, se le pensi e ne parli ma non sei disposto a rischiare nulla, nulla muterà". (Erica Francesca Poli)
©Omar Montecchiani
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Si crede di poter cambiare le cose intorno a sé secondo il proprio desiderio, lo si crede perchè non si vedono soluzioni favorevoli all'infuori di questa. Non si pensa a quella che si realizza più spesso e che è altrettanto favorevole: non riusciamo a cambiare le cose secondo il nostro desiderio ma, a poco a poco, il nostro desiderio cambia.
La situazione che speravamo di cambiare perchè ci era insopportabile, ci diventa indifferente. Non abbiamo più potuto superare l'ostacolo, come assolutamente volevamo, ma la vita ce l'ha fatto aggirare, oltrepassare, ed è un miracolo se, tornando a volgerci verso la lontananza del passato, riusciamo ancora a scorgerlo, tanto impercettibile si è fatto.
Marcel Proust, da Albertine scomparsa, ne "Alla ricerca del tempo perduto"
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Credo ci siano poche cose, in casa, considerabili come una nemesi da un uomo - dove per nemesi intendo: questo oggetto è mio nemico e mi ha sfidato con la sua arroganza, dunque è mio compito ristabilire la corretta gerarchia tra me, essere pensante, ed esso, oggetto inanimato.
Ma sicuramente tra queste ci sono i rubinetti, i lavelli, i tubi, tutto ciò che è idraulica.
Oggi ho deciso di far cambiare gli pneumatici all'auto, perché era ora e perché avevo decisamente bisogno di allontanarmi da casa per qualche ora. Alla fine mi hanno cambiato anche le pastiglie dei freni anteriori. Detto ciò ci sono volute tre ore: tre ore durante le quali mi sono trovato nella zona industriale di Ancona a piedi, con un caldo torrido, a vagare da un posto all'altro su strade che sono state progettate solo per le ruote (ci avete fatto mai caso come nelle zone industriali non esistano, o siano rarissimi, dei percorsi pedonali? Sono posti in cui una persona che cammina può veramente sentirsi come un avventuriero in terre pericolose).
Tra le mete del pomeriggio, il fantastico e immenso Leroy Merlin, dove ho comprato tre o quattro cazzate e dove ho riflettuto che, a casa, il lavello della cucina soffriva ancora di un aeratore intasato e talmente incrostato di calcare da essersi fuso con l'erogatore.
Sbrigata la faccenda dell'auto e tornato a casa ho pensato che oggi sarebbe stato un buon giorno per mori un buon giorno per sistemare definitivamente questo aeratore. Avevo già ordinato una chiave di smontaggio in metallo tempo fa (quelle in plastica se l'è mangiate) e avevo ottenuto come unico risultato quello di distruggere i dentini dell'aeratore, di fatto bloccandolo per sempre.
Ma non oggi.
Oggi, armato di pinza a morsa, cacciavite, chiave di smontaggio, coltelli, bestemmie e desiderio di rivalsa ho fatto a pezzi quell'aeratore di merda direttamente dentro l'erogatore, e ho passato due ore circa a rimuovere ogni singolo pezzetto di plastica incrostata dalle filettature fin quando non son riuscito ad avvitarci un adattatore che ha trasformato il cache di merda in una filettatura esterna.
Tale guerra ha causato un semi allagamento del lavello della cucina e aree limitrofe e mi ha inzuppato i vestiti; mi ha semi sfasciato il polpastrello del pollice e però ha segnato, se non altro, un momento di ristabilimento dell'ordine naturale delle cose: tu, lavello, ti piegherai alla mia volontà. E così è stato.
Ora sono stanco morto, i bimbi sono a letto, coniuge è fuori e dovrei fare la lavastoviglie e togliere le scorie della guerra condotta dal lavello. Non so se ce la farò, ma almeno posso mettere un'altra piccola tacca sul cartellino di "uomo che sistema i problemi idraulici in casa".
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non penso di aver mai riso così tanto come a leggere "suo figlio non farà come il Trota" 😭😭😭
Ti prego continua con questo AU perchè tutto quello che dici è oro puro
Ahahahahah glad to hear it, questi sono i riferimenti culturali che ci piacciono. Ironicamente non ho più sentito parlare tanto di lui, Trota che fine hai fatto? Come sta andando con la laurea comprata con i punti del conad?
Sicuro continuerò!! Un'idea che avevo da tempo era che cantanti italiani ascoltano e mi sono soffermata sui Green kids però magari questa cosa la estenderò ai Blacks ✨
Allora:
Aemond ascolta de André dall'età di tredici anni e ne ha fatto la sua personalità, anche quando lo prendevano in giro o bullizzavano per questa cosa, lui si faceva grande e dava importanza dicendo "eh sì ma io so anche le canzoni in ligure". Per un periodo sapeva più il dialetto ligure che napoletano, cue altre prese in giro.
A 17 anni si è innamorato de "Il bombarolo" e ha passato una forte fase anarchica. "Valzer per un amore" lo fa diventare nostalgico per un tempo e una relazione mai passata, e anche "Canzone dell'amore perduto". "Inverno" lo fa piangere a singhiozzo così come "Preghiera in Gennaio".
Ha dedicato non ironicamente "Carlo Martello ritorna dalla guerra" ad Aegon (questo perché io costantemente penso a quali canzoni di de André associare ai personaggi e questa è la canzone di Aegon, nessuno può cambiare la mia mente).
La cosa più vicina alla religione che contempla è l'album la Buona Novella, Alicent è contenta così. A win is a win.
Helaena ovviamente è fan di Franco Battiato, suo padre spirituale e penso che lei avrebbe amato conversare con lui perché sarebbe stato uno dei pochi sulla sua lunghezza d'onda. I mean, secondo me sarebbe stato bellissimo parlare con una persona del genere su concetti come anima, universo e tutto il resto.
Helaena ha stampato un santino con la faccia di Battiato e l'ha nascosto in camera di Alicent, lei ancora non l'ha trovato. Urlerà molto quando succederà. Conosce le canzoni back to back, ritornelli inclusi e conosce tutte le reference che sembrano buttate a caso (monaci vestiti da bonzi alla corte degli imperatori a quanto pare è basato su fatti storici, io stupita dalla sua cultura!!)
E anche le cose che non hanno apparentemente spiegazione? Helaena annuisce e ha capito. Lei sa, basta.
Canzone preferita di de André: "Un matto". Non la ascolta spesso però perché la deprime. Ovviamente dopo tutto quel tempo a Bolo, Dalla è d'obbligo e sa di casa. Ama le luminarie con le sue canzoni ♥️
Aegon è un grandissimo eclettico, come anche i fratelli ma lui all'ennesima potenza. Ama Liberato ofc, dedica le canzoni alla povera sfortunata di turno. Però ai concerti la parte preferita è quando Liberato inizia "do re mi fa..." Alicent scandalizzata quando ha visto il video.
Gli piace anche Vasco e Zucchero - gli piace anche de André ma non lo ammetterà davanti ad Aemond. Ascolta anche i trapper del momento per darsi un tono con i suoi amici. Alicent scuote la testa perché non ha ascoltato musica classica di continuo durante la gravidanza per farlo uscire così.
Fannissimo dei Rolling Stones e dei Queen, grande desiderio viaggiare nel tempo e vedere Freddie Mercury dal vivo. (Lo comprendo.) E anche di Lady Gaga, ma non lo ammetterà mai ad Helaena che è stata la prima monster in casa.
Daeron,,, Daeron è complesso. Lui ha avuto un sacco di influenze dai fratelli ma è anche un grandissimo nerd e ama i Beatles, da piccolo lo ascoltava cantando in un falso inglese e saltando sul letto. Fa un'ottima imitazione di Massimo Ranieri. Ovviamente ascolta i Måneskin e ha modellato il suo look su di loro. Ha una crush per Mengoni. I suoi album preferiti di Taylor Swift sono Midnights e Lover.
#hotd#house of the dragon#aegon ii targaryen#alicent hightower#helaena targaryen#aemond targaryen#daeron targaryen#hotd but make it italian#italian hotd#make hotd italian again#italian au#gusti musicali dei green kids
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La vita di nessuno.
Non la dimentico la violenza con cui sono stato bullizzato circa 50 giorni fa, qui su Tumblr. Aggredito pubblicamente per la sola colpa di aver rifiutato con cortese fermezza il suggerimento di rivolgermi a uno "specialista" per esporre le mie sofferenze, in modo che le stesse fossero adeguatamente "medicalizzate" anzichè essere condivise su questo blog.
Non la dimentico anche perchè in questi ultimi due mesi ho dovuto accettare, e ancora non ci sono riuscito del tutto, l'ulteriore, ennesimo peggioramento del mio isolamento sociale. In particolare, ho dovuto rendermi conto, a poco a poco, che l'unica persona che consideravo e considero ancora come vera amica, come persona di cui fidarmi e a cui confidarmi, ha esaurito lo spazio fisico e mentale per la nostra già molto limitata relazione. In altre parole è completamente assorbita dalla sua vita e dai suoi problemi che sono, intanto, a loro volta peggiorati. Al di fuori di questo rapporto, in cui ho investito tantissimo in tutti gli ultimi anni, non mi è rimasto assolutamente niente, nient'altro che il deserto. Per anni e anni, direi quasi decenni, ho sempre avuto, e coltivato in qualche modo, conoscenze antiche e nuove con persone magari fisicamente distanti, e tuttavia vicine e avvicinabili tramite l'email, la chat, in qualche caso il telefono. Purtroppo i cambiamenti della mia vita negli ultimi anni, fra cui in particolare il peggioramento di certi aspetti della mia salute, il burnout causato da un lavoro che sin dall'inizio sapevo essere pessimo, e che non posso cambiare, le problematiche familiari in molti periodi piuttosto gravi, e non ultimo il covid, hanno irrimediabilmente annichilito tutti questi vecchi rapporti, e ciò che ne restava.
Fuori da internet, ciò che mi resta è una città di provincia piccola e priva di opportunità di socializzazione, specie per una persona non più giovane come me. La salute mi limita ulteriormente, e d'altra parte proprio la solitudine in un certo senso genera anche un peggioramento della salute, e il circolo vizioso in questo senso si autoalimenta. L'ambiente di lavoro, che comunque assorbe buona parte del mio tempo esistenziale, è completamente off-limits, nel senso che è ormai impossibile sperare di costruirvi relazioni autentiche di qualsiasi tipo. Gli ultimi tentativi di tipo sentimentale/sessuale sono stati estremamente disastrosi, e quanto al resto, semplicemente dovrei adattarmi a farmi piacere persone abituate a un modo di vivere e di relazionarsi che è estremamente diverso dal mio.
Parlando invece dei rapporti che possono nascere online, senza dilungarmi in considerazioni sociologiche, internet non è più quello di un tempo e, evidentemente, neanche io sono più er ghepardo di una volta (sarà stato il buco dell'azoto, cit.). Da anni, man mano che i social network si sono trasformati sostanzialmente in siti di broadcasting per markettari, i miei contatti si sono come inariditi, prosciugati, e tutti i miei tanti profili social (e le email e chat ad esso collegate) languono in un silenzio postapocalittico, da cui è impossibile risvegliarli. In sostanza, su internet io sono ovunque, sono rintracciabile ovunque, eppure i miei profili sono tante tombe vuote in cui è solo possibile evocare l'ombra della mia presenza, nient'altro: monumenti alla mia memoria - perduta.
C'era tumblr una volta, c'è stato per tanti anni, e ne conservo quest'angolino in cui torno sempre meno spesso, in genere per seguire gli scarni e sempre meno frequenti update di un paio di fanciulle per cui ho un debole, e che evito di disturbare più di tanto con la mia inesistenza, e qualche volta per buttare lì qualche reblog, qualche citazione, o qualche abbozzo di desiderio, di fantasia, di ricordo, di speranza, nient'altro che illusionismi fatti di scrittura e di bianco.
Stasera avrei tanto da dire, perchè avverto di essere davvero arrivato oltre quel punto della vita in cui il meglio è ormai passato e le speranze, già trasformatesi in rimpianti, declinano definitivamente in paure, in qualche caso in terrore puro. Il punto però è che non posso parlare, perchè non c'è la possibilità di incontrare un ascolto autentico, nè qui nè altrove. Al massimo ne verrebbe fuori un'altra opportunità per quel bullismo di cui ho detto all'inizio, e forse anche questo post prolisso e un po' confuso, alla fine, porterà solo a quello, oppure sarà del tutto ignorato.
Mi fermo qui. Da giorni sono a casa da solo in malattia, perchè il mio corpo ha reagito ai tanti stress e sofferenze con un ennesimo, nuovo sintomo.
Da sempre mi ossessiona un verso di Hoelderlin che recita: "E' bene, tenersi ad altri. Nessuno porta la vita da solo".
La vita, come la mia, che non si tiene ad altri, è la vita di nessuno.
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TRE
Era sul comodino da un po' di tempo. Non ero convinta, perché il romanzo precedente "Cambiare l'acqua ai fiori" aveva lasciato un retrogusto amaro che mi impediva di prendere in mano il successivo.
Ma poi è successo, e le 624 pagine sono volate via tutte d'un fiato.
"Tre" di Valérie Perrin è una storia toccante di amicizia, amore e qualche segreto nascosto. Ambientato tra la campagna della Borgogna, Lione e Parigi, con una piccola digressione in Italia, il libro narra la vita di tre adolescenti inseparabili: Etienne Beaulieu, il giovane ricco e carismatico; Adrien Bobin, il timido e talentuoso scrittore; e Nina Beau, dal temperamento artistico e dal passato doloroso. I loro destini sono legati da un'amicizia profonda e indissolubile, che li accompagnerà attraverso le sfide e i drammi della vita.
La prima cosa che mi ha colpito di questo romanzo è l'abilità della Perrin nel creare personaggi autentici e umani, con tutte le loro debolezze e paure, rendendoli facilmente identificabili e vicini al lettore. Le loro storie sono un viaggio emozionante attraverso forme diverse di amore: quello tossico, il puro, quello frivolo e quello famigliare.
E poi, apprezzo moltissimo la capacità dell'autrice di trattare argomenti talvolta spinosi e delicati con grande sensibilità, mantenendo sempre un equilibrio tra leggerezza e profondità.
La narrazione è coinvolgente e lascia il lettore con il desiderio di scoprire cosa sia accaduto, perché i tre amici si sono allontanati per quattordici anni e chi è la misteriosa Virginie con i suoi capelli a caschetto?
In conclusione, se cercate un libro coinvolgente e ben scritto, "Tre" di Perrin è sicuramente da tenere in considerazione. Buona lettura a tutti!
#caffè#profumo di caffè#pausa caffè#libriconsigliati#coffeeoftheday#libri#Perrin#libri da leggere#books#book quotes#booklover
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mi basta solo un coltello e un po di coraggio per mettere fine a questo immenso dolore e paura dicono di capirti ma non è così il dolore è soggettivo e forma ma a volte distrugge quando ti distrugge non riesci nemmeno ad alzarti dal letto non riesci nemmeno a dire buongiorno ad odiare a vivere nonostante questo continui a vivere per la paura della morte ma hai il desiderio di provarla credi di essere tu il problema e che sei sbagliato ma in realtà non è così stai solo soffrendo in silenzio e quando scoppierai ti sentiranno tutti per poi scordarti peró speri che arrivi questo momento ma quando arriva sei troppo debole per gridare aiuto e iniziare a cambiare si dice che la sofferenza rende forti a chi la usa come insegnamento ma tu non trovi nulla di formativo in una sofferenza non causata da te ma dal ambiente e vorresti solo essere libero e non vivere per volare e non poter pensare a niente forse questo pensiero si avvererà oppure lo avvererai tu ma non si è mai sicuri di un cambiamento per questo vuoi crescere più velocemente per scoprirlo e dire che vorresti tornare a quest'età a volte la vita è ingiusta sbagliata sofferta e non libera perchè tuttti parlano di libertà ma libero da cosa? tu non ti senti libero perchè nel momento in cui sei te stesso vieni preso in giro sminuito finché non capiscono di aver esagerato sempre se lo capiscono e a volte ti senti vuoto e la musica riempe quel vuoto la musica non ti farà mai soffrire perché non ti abbandonera mai è per questo che la ascolti per ore ed ore dimenticandoti di tutta la sofferenza ed è quando la musica si stoppa che inizi a pensare e a farti venire pranoie e in queste situazioni ti senti debole impotente e insicuro probabilmente nessuno capirà la tua sofferenza per questo cerchi di aiutare chi soffre perché lo capisci e non vuoi lasciarlo solo come hanno fatto con te molto spesso i tuoi amici online dicono di essere tali ma in realtà è un mondo che non ti rappresenta veramente è solo un isolamento di massa e molto spesso le persone sole pregano per non sentirsi tali ma tu sai che la religione è solo perbenismo giustificato da un ideologia stupida e ridicola che si basa sul senso di colpa e la paura ma l'uomo ha creato la religione perchè ne aveva bisogno aveva bisogno di un motivo per continuare a vivere avendo delle regole stupide e se chiederai a qualcuno chi è dio non ti dirà una risposta o magari ti dirà che è una divinità e li capisci che in realtà dio lo abbiamo creato noi e queste religioni con delle regole da rispettare solo per fede a volte sono discriminanti e fanno soffrire di più e la religione sarà una giustificazione alla discriminazione di qualsiasi tipo io penso che tu debba solo avere un po di forza e pazienza perché tutti abbiamo passato dei brutti momenti e tutti o quasi abbiamo pensato di farla finita e ricordati che siamo così tanti e cosi soli quindi non pensare di essere l'unico ad essere solo perché non è così li fuori ci sono un sacco di persone sole che stanno soffrendo come te e io credo che bisogna supportarci a vicenda
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1. Nome? Fortunato 2. Soprannome? Tato, Fofò, Fortu 3. Altezza? 1.76 4. Colore occhi? Verdi 5. Colore capelli? Castano chiaro/biondo scuro 6. Hobby? Videogiochi, lettura, film e serie TV 7. Lavoro dei sogni? Non lo so ancora 8. Sogno nel cassetto? Non lo so ancora 9. Hai degli animali domestici? No 10. Che genere di musica ascolti? Di tutto, dipende dal periodo 11. Mai stato innamorato/a? Si 12. Relazione più lunga mai avuta? Mai avuta 13. Hai mai pianto per amore? Si, un bel po' 14. Piercing? No 15. Tatuaggi? No 16. Fumi? No 17. Ti sei mai ubriacato/a? No 18. Ti piace cantare? Si, ma per divertimento 19 . Serie TV preferita? Difficile... guardo fin troppe cose 20. Cibo preferito? Pizza 21. Canzone a cui sei legato/a? True Faith di Ashley Johnson 22. Pizza o pasta? Entrambe 23. Che genere di persone odi? Quelle bugiarde e non ricambiano l'affetto 24. Che genere di persona sei? Fin troppo buona e tranquilla 25. Meglio rimorsi o rimpianti? Difficile questa.. 26. Preferisci i baci o gli abbracci? Dipende dalla persona 27. Delusione più grande? Il non avere sogni 28. Si è avverato il tuo sogno? Non lo conosco ancora 29. Difetto più grande? Essere troppo buono e dare il mio cuore a chiunque 30. Pregio migliore? Oddio non lo so, il non essere stronzo vale? 31. Ti piaci? Nì, nella norma 32. Mare o montagna? Mare 33. Segno zodiacale? Ariete 34. Di cosa hai paura? Rimanere da solo 35. Hai un amico/a a cui tieni molto? Perché? No 36. Cosa ti attrae in una persona? La simpatia 37. Che qualità credi di avere? So ascoltare e dare un sacco di consigli 38. Credi nell'amore a distanza? Si, con la persona giusta 39. Credi al “per sempre”? Si, con la persona giusta 40. Hai mai dato un bacio a qualcuno del tuo stesso sesso? No 41. Se potessi cambiare qualcosa del tuo passato, cosa cambieresti? Nulla, sono proprio dove dovrei essere 42. Ricordo più bello? Sempre in famiglia nei periodi festivi 43. Ricordo più brutto? Aver trattato male mia madre quando ero un bambino, ci rimase male e ho ancora quelle scene davanti agli occhi... 44. Quando hai dato il tuo primo bacio? Mai dato 45. A che età la prima volta? 23 46. Di cosa ti sei pentito/a? Della mia prima volta. 47. Che scuola frequenti/hai frequentato? Diplomato in Turismo 48. Sei felice? Naaah, la felicità sono attimi, mai periodi 49. Cosa cambieresti di te? Nulla 50. Ti piace viaggiare? Certo! 51. Cosa conta in una relazione? Sincerità e fiducia 52. Come mai su Tumblr? So dove dare forma ai miei pensieri 53. Credi in Dio? Si 54. Hai mai rubato qualcosa? No 55. Blog preferiti? Non lo so 56. Da quanto hai Tumblr? 2012 mi pare 57. Hai fatto amicizia con qualcuno qui su Tumblr? Certo 58. Ultimo messaggio inviato? Ora, 01:51 59. Ti manca qualcuno? Si 60. Di cosa vai fiero/a? Di avere una buona famiglia 61. Cosa non rifaresti mai? Niente, anzi 62. Desiderio più grande? Non saprei 63. Hai mai tinto i capelli? No 64. Film preferito? Non saprei, fin troppi onestamente 65. Attore preferito? Andrew Garfield 66. Qual è la più grande pazzia che hai fatto? Ehm... nulla in verità 67. Hai perso un amico/a di recente? Si, spero sia in un luogo migliore 68. Cosa ti piace fare nel tempo libero? Videogiochi 69. Disegni? Qualche volta 70. Estate o inverno? ESTATEEEE 71. Libro preferito? Shadowhunters (e tanti altri) 72. Citazione preferita? Da umili origini, verso grandi imprese. 73. Hai un posto speciale? No 74. Sai mantenere i segreti? Si 75. L'ultima volta che hai pianto? Qualche giorno fa 76. Pratichi qualche sport? Si, restare immobile sul letto 77. Sei mai stato/a ad un concerto? Nì 78. Che genere di persone detesti? Bugiarde, manipolatrici e stronze 79. Preferisci stare da solo/a o in compagnia? Da solo, soltanto perché non ho compagnia 80. estroverso/a o introverso/a? Introverso! 81. Oggetto importante per te? Nulla in particolare 82. Qual è la persona a cui tieni di più? La mia famiglia 83. Persona ideale? Non saprei.. mh 84. Credi in te? No.. 85. Cosa credi che pensino gli altri di te? Sono fin troppo buono 86. Ti ritieni fortunato/a? Assolutamente NO. 87. Ti ritieni soddisfatto/a della tua vita? Non del tutto 88. Posto più bello mai visto? La mia camera 89. Parli un'altra lingua? Inglese, discretamente ma non tanto 90. A cosa pensi in questo momento? Qualcuno leggerà mai tutta sta roba? 91. Suoni qualche strumento? No, il flauto lo suonavo da piccolo 92. hai fratelli/sorelle? Vai d'accordo con loro? Un fratello, si 93. Ti vorresti sposare? Si 94. Tipo di persona che ami? Ironica, simpatica, sorriso solare 95. Ti sei mai dichiarato/a a qualcuno? Certo 96. Hai mai scritto una lettera a qualcuno? No 97. Hai mai mentito a qualcuno per il suo bene? Si 98. Hai mai tradito? No 99. Sei mai stato/a tradito/a? No 100. Scrivi la prima cosa che ti viene in mente. Adìosssss
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Vincenzo Incenzo: "Ti perdi" è il nuovo video
Online il video di Ti perdi, il nuovo brano di Vincenzo Incenzo, disponibile in digitale, che anticipa l’album di inediti “#PACE” in uscita il 15 novembre. Ti perdi (Verba Manent/ADA Music Italy) è una considerazione dolorosa su un amore, un tempo e un mondo perduti e sul desiderio impossibile di cambiare il passato. Una power ballad che parte dall’intimità del piano voce e cresce fino a…
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Cambiare forma
Oggi devo scegliere se morire o dimenticare.
Non mi ricordo con esattezza l’ultima volta che ho mutato forma. L’unico riferimento vero e proprio che ho sono le vite degli altri; mio figlio maggiore ha dieci anni e ho conosciuto l’uomo che è poi diventato mio marito circa una quindicina di anni fa. Quindi… beh, sicuramente almeno quindici anni fa.
Un mutaforma è destinato a dimenticare se stesso. Questa è l’unica verità sulla propria specie che un mutaforma riesce davvero a ricordare. Tutto il resto, è mistero. Non sappiamo da dove arriviamo, né perché siamo come siamo. Semplicemente, mutiamo. E quando mutiamo forma, dimentichiamo tutto ciò che abbiamo vissuto in quella precedente. È come svegliarsi da un sogno, solo per cadere in un altro. E così via, fino alla morte.
Per completezza, dovrei dire che l’altra verità che i mutaforma sanno di loro stessi è che siamo pressoché immortali. Mutare ci mantiene giovani. Certo, non possiamo sopravvivere a violenze, incidenti o uccisioni, ma un mutaforma che sceglie di condurre un’esistenza tranquilla potrebbe benissimo vivere per sempre. A patto che continui a mutare: non cambiare significa invecchiare. E invecchiare significa morire. Prima o poi.
Ho come la sensazione di essere molto vecchia. Di tanto in tanto la mia mente si affolla di ricordi di vite passate; tante, tutte diverse tra loro e non tutte trascorse in forma umana. Tutt’altro. I mutaforma non hanno forma: hanno un talento. Qualsiasi organismo vivente senziente può ospitare quel talento. Quindi sì, sono stata orso, delfino, corvo, vipera, lince, salmone e sicuramente un’infinità di altre creature. E sono stata umana, uomo o donna a seconda del momento e della voglia. Il mutaforma non fa gerarchie, né preferenze. Il mutaforma muta e qualsiasi corpo possa ospitarlo è un corpo buono.
Ora sono umana. Femmina. Ho trovato un compagno; l’ho amato e l’ho sposato. Lui non sa quello che sono davvero. Sa che sono diversa, il suo istinto glielo dice, ma non sa dare un nome vero a quella sensazione che prova nello stomaco. Non gli importa, però: mi ha scelta comunque. Per scherzare, a volte mi dice di essere certo che io sia un alieno. Un qualcosa venuto da un altro mondo e che si è dovuto adattare a questo con tutti gli strumenti a sua disposizione. Lo dice per gioco, per farmi ridere e per complimentare le mie stranezze, ma può anche essere che abbia ragione. Che ne so io, di quali siano le mie origini? Magari è così, magari i mutaforma arrivano dall’altra parte della galassia.
Ho messo al mondo dei figli, come probabilmente ho fatto in centinaia di altre occasioni. Anche quello, d’altronde, è un altro modo di mutare e di cambiare se stessi. Ma questa volta è diverso. Amo mio marito. Amo i miei figli. Amo la vita semplice e umana che ho costruito insieme a loro e per loro. Amo le mie due gambe, la pelle rosa e fragile che ricopre il mio scheletro, amo la forma buffa dei miei genitali, amo il mio ombelico, i capezzoli, le braccia lunghe, amo i miei occhi nocciola e grandi. Amo essere così. La verità è che non posso davvero sapere se questa volta è diversa dalle altre, ma quello che so è che non ho più avuto il desiderio di mutare e di diventare altro da ciò che sono. Il che è semplicemente assurdo: per un mutaforma mutare è tutto. Siamo programmati per dimenticare il passato in un battito di ciglia e ricoprirci di un’altra veste, per dare il via a un nuovo ballo, un nuovo sogno. È nella nostra natura. Sarebbe come chiedere a un lombrico di non mangiare la terra o a un ghiro di fare le piroette per tutto l’inverno: impossibile.
Eppure, è così.
Non mi domando il perché di questo cambiamento radicale: è successo e basta. Ho scoperto nell’incavo del collo di mio marito un piacere più intenso e nell’odore dei capelli dei miei figli una soddisfazione maggiore.
Però, oggi devo scegliere se morire o dimenticare. È successo tutto così in fretta, non ho potuto impedirlo. I miei figli giocano nel salotto, mio marito è al lavoro e io sto sistemando i cassetti alti della dispensa in cucina. Il corpo che ho ora è piuttosto basso; devo usare una scala per completare il lavoro. Non una scala enorme, no, una semplice scala di legno con giusto cinque pioli. Ma comunque una scala. Mia figlia piccola urla qualcosa dall’altra stanza, mio figlio fa un verso animalesco, io sussulto e il mio piede scivola verso il basso proprio metre sto facendo leva per spingermi verso il cassetto.
So bene come andrà a finire; secoli di istinti accumulati in altre forme più prestanti di questa piombano addosso ai miei sensi e mi restituiscono una panoramica piuttosto accurata di come morirò; cadrò all’indietro, la gamba rimarrà impigliata tra un piolo e l’altro all’altezza del ginocchio — probabilmente si spezzerà — e la mia testa urterà contro lo spigolo del bancone in resina grigia. Se sono fortunata, morirò sul colpo. Se il destino sarà cattivo con me, potrei andare in coma e passare i miei ultimi momenti su questa terra in uno stato letargico, pigro, artificiale e doloroso che non augurerei neanche al mio peggior nemico.
Quindi, una cosa è comunque certa: quella caduta provocherà la mia morte. Resta da vedere il come. No. Non solo. Resta da vedere il se. Se non faccio nulla, morirò. Se cambio forma, vivrò. Ma dimenticherò tutto. Quei due piccoli esseri umani che amo più dei riflessi dorati del sole autunnale e della freschezza lattea della luna diventeranno per me semplicemente due anime perse tra miliardi di altre anime, e niente di più. L’uomo che ha detto ‘è lei che voglio’ di fronte alle mie irrequietezze e stranezze sarà un uomo come tanti altri.
E io? Io sarò gabbiano. Martora. Tasso o fagiano. Sarò quello che sono sempre stata, ancora e ancora, nel nome di un sogno perpetuo che non lascia nulla a chi lo sogna e amarezza a chi ne è stato partecipe. Sarò, e non sarò. Ma vivrò.
Dicono che amare sia raccontare storie. E che i grandi amori si misurino nel modo in cui riescono a cambiare i finali già scritti. Non voglio lasciare ai miei cari la brutta storia di una casalinga quarantenne morta con il cranio spaccato mentre afferrava la marmellata. Tutto, ma non questo. Se devo scegliere — e, posso — preferisco si domandino se sono esistita davvero. Preferisco lasciare porte aperte e domande, piuttosto che dolore e tristezza.
Chiudo gli occhi, lascio il mio corpo. È come tornare a casa.
***
Dall’alto, casa mia è un piccolo puntino nero perso in altri puntini neri. Sono tutti uguali, eppure così diversi. Un battito d’ali, un colpo di vento.
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Too much rooty, too much hard…
Le parole nella loro dimensione materiale nascono e muoiono nel tempo di un respiro. Ma la loro essenza metafisica, il loro significato, resta per sempre.
Motivo per cui, solitamente cerco di usarle il meno possibile o comunque ponderandole al meglio.
E così il mio silenzio viene comunemente interpretato come disinteresse e strafottenza. Mentre chi mi parla apre invece bocca e gli dà fiato senza curarsi troppo degli effetti che quelle parole esercitano su di me. Utilizzandomi spesso come valvola di sfogo. Ma io sono stanco. Stanco di dover aspettare, di dover rispettare limiti e regole che non mi appartengono e di essere la discarica delle angosce altrui.
Sì, probabilmente faccio schifo: sono una merda, sono un vigliacco e sono un fantasma. Inconsistente.
Ma ora voglio andarmene.
Non riesco più a sopportare questa costrizione intorno a me. E ultimamente mi stavo illudendo anche di potermene andare conservandomi. Ma non credo sia possibile.
In questi giorni ci sto pensando molto, forse anche troppo come è tipico di me. Per assecondare quello che io ho creduto volesse coloro che mi sono vicini, ho distrutto la mia sfera sociale e sessuale. Ho in parte fottuto anche le mie possibilità professionali e rinunciato a sogni personali e stabilità economica. Ovviamente tutto per mia libera scelta, non che ne abbia colpa qualcun altro. Il fatto è che tutto l’amore che provavo per ciò che mi sta intorno, si sta gradualmente trasformando in risentimento, quel poco di πνεῦμα, di soffio vitale, che mi era rimasto dentro sembra come ritirarsi per fare spazio ad un fagocitante ed esasperante vuoto che mi divora con il diffondersi del mio cancro spirituale.
Ma non riesco a lasciarmi tutto dietro. Rispetto a quattro anni fa ora so che potrei provare ad uscirne allontanandomi dalla mia attuale vita e ricominciando ex novo. Ma penso anche di non essere in grado di farlo, almeno non per il momento.
Il problema però è che non riesco neanche ad ignorare i problemi e a fare finta di nulla nel frattempo. Sento di dover andare via, in un modo o in un altro, da me stesso e dalla mia vita. E sento anche che si stanno facendo sotto nuovamente alcuni vecchi fantasmi dal passato che speravo di aver seppellito definitivamente.
Io sto provando con tutte le forze a tenerli fuori dalla mia mente, ma il desiderio di fuggire ed essere libero è tale che neanche quello di sopravvivere riesce a sottometterlo.
Ho bisogno di aiuto ma non riesco a (ri)volgermi a ciò che è fuori di me. Stavolta, forse per la prima volta in vita mia, vorrei lasciarmi aiutare ma non è facile addentrarsi dentro di me. Non permetto a nessuno di farlo, e quei pochissimi che in passato ci hanno provato riuscendoci solo parzialmente, lo hanno fatto scassinando la mia anima e manipolando la mia mente.
E torno a pensare che tutto sommato sarebbe molto più facile alzare bandiera bianca, sparire di colpo in quel breve istante tra il bagliore del fulmine ed il fragore del tuono, che continuare a cercare di cambiare qualcosa che non sono in grado di cambiare dissolvendomi lentamente in una lunga e nebbiosa tempesta.
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LE 10 REGOLE DELLA RICCHEZZA
La prima regola della Ricchezza: le convinzioni inconsce.
Non si ottiene ciò che si è capaci di ottenere ma ciò che si è convinti di poter ottenere. La vita rispecchia le convinzioni inconsce di ogni individuo. Si guadagna ciò che si pensa di valere. E’ possibile modificare le proprie convinzioni incosce attraverso l’autosuggestione. Ciò che la mente può concepire e credere..può anche ottenere. Chi crede di poter conquistare, conquista!
.La seconda regola della Ricchezza: il desiderio.
Chi non ha ricchezze è perché non le desidera con tutto se stesso. Se non si è spinti da un desiderio intenso non si ottiene niente. Per realizzare un desiderio intenso si è pronti ad affrontare qualsiasi sacrificio (purchè non coinvolga il rispetto di se stessi, la propria salute o la famiglia). E’ possibile creare il desiderio utilizzando il “sistema” dei tre Fantasmi di Natale: ripensare al dolore del passato provocato dalla mancanza di denaro; pensare al dolore presente provocato dalla mancanza di denaro; pensare al dolore al quale si va incontro nel caso la propria situazione finanziaria non dovesse cambiare; immaginare il piacere che si proverà quando si possederanno soldi in abbondanza.
.La terza regola della Ricchezza: la decisione d’intenti.
Nella vita si può avere tutto, purchè si sappia esattamente ciò che si vuole e perché lo si vuole. Gli obiettivi devono essere chiari, così come le motivazioni alla base di essi e il momento in cui devono essere raggiunti. (Dire che si vuole essere ricchi non è sufficiente. E’ necessario decidere l’esatta somma di denaro che si desidera guadagnare, le proprietà che si vogliono possedere e le cose che si vogliono fare.) Affermare sempre i propri propositi in termini positivi. Scrivere i propri obiettivi e leggerli tre volte al giorno (mattino, pomeriggio e sera). Visualizzare se stessi nel momento del raggiungimento degli obiettivi. Identificare le motivazioni per le quali si vuole raggiungere gli obiettivi pregissati. Essere ricchi non significa accumulare denaro per il gusto di farlo, ma per poter raggiungere lo scopo o gli scopi che ci si è prefissati.
.La quarta regola della Ricchezza: il piano d’azione.
Per essere sicuri di raggiungere i propri obiettivi è necessario sviluppare una strategia d’azione. Ricordare sempre la regola d’oro per risolvere i problemi: non gettare la spugna, perché le possibilità non si esauriscono mai… Per avere successo è necessario fare tre cose; organizzarsi…organizzarsi e organizzarsi. Redigere un piano d’azione, elencando dieci alternative attraverso le quali raggiungere la meta. Prima di accettare qualsiasi impiego o avviare un’attività porsi tre domande: Mi piacerà quel lavoro? Si adatta alle mie caratteristiche? Mi permetterà di avvicinarmi all’obbiettivo finale?
.La quinta regola della Ricchezza: la specializzazione.
Nessuno di coloro che hanno accumulato una fortuna è riuscito a farlo senza avere approfondite conoscenze in materia fiscale e di investimenti, o senza conoscere perfettamente il mercato di azione, nonché le esigenze e i desideri dei clienti. Sapere è potere solo quando si tratta di una conoscenza applicata con intelligenza e attraverso un piano di azione strutturato. Non è necessario sapere tutto di persona, è però necessario sapere dove e a chi rivolgersi per avere particolari informazioni.
.La sesta regola della Ricchezza:la perseveranza.
Il successo non è il risultato di un solo sforzo, bensì la somma di molti. La differenza fra gli uomini di successo e i falliti non sta nel talento, ma piuttosto nella perseveranza. Se un’azione non produce il risultato sperato è fondamentale chiedersi: “Che cosa ho fatto per arrivare al punto in cui sono arrivato? In questo modo si troverà lo stimolo necessrio per provare nuovamente. Se come uno scalpello si batte la pietra senza mai desidere e si fa tesoro degli errori commessi, si raggiungerà il proprio obiettivo, qualunque esso sia.
.La settima regola della Ricchezza: il controllo delle spese.
La ricchezza non è determinata dall’ammontare dello stipendio, ma dal tenore di vita che si può sostenere con quello che si guadagna. Controllare le spese aiuta a vivere felicemente con i soldi che si guadagnano e permette di aprire la strada a entrate maggiori. Chiunque abbia risorse limitate deve controllare le proprie spese per permettere un flusso continuo di entrate. Bisogna vivere con una parte del proprio reddito e metterne via il dieci per cento da investire. Sarà proprio questo dieci per cento che permetterà di accumulare la ricchezza futura. Lascia che sia il denaro a lavorare per te, piuttosto che essere sempre tu a lavorare per il denaro.
.Ottava regola della Ricchezza: l’integrità.
“Che profitto trae un uomo se nel conquistare il mondo intero perde la sua anima?” Le nostre azioni, le nostre parole e persino i nostri pensieri sono come boomerang: tornano sempre indietro. Cercare di costruire la propria ricchezza con l’inganno e la frode è come cercare di costruire una casa sulla sabbia: crollerà. Nel considerare qualsiasi attività è necessario chiedersi: è legale? È morale? Mi farà sentire orgoglioso di me stesso? Sarei felice se la mia famiglia sapesse ciò che faccio? Rispetterò me stesso per averlo fatto?
.La nona regola della ricchezza: la fede
Nel considerare un progetto nel quale si crede, dopo avere steso un piano un piano d’azione strutturato per assicurarsi che tale progetto sia attuabile, è necessario chiedersi: “Che cosa farei se sapessi che non posso fallire?” Sii audace, e potenti forze verranno in tuo aiuto! Agisci sempre come se fossi sicuro di raggiungere il successo.Fidati del tuo intuito. Ripeti delle affermazioni positive per trovare fidcia in te stesso. Qualsiasi frase, ripetuta diverse volte al giorno, viene assorbita dal subconscio.
.La decima regola della ricchezza: la carità
Raramente si può raggiungere la ricchezza senza l’aiuto di altre persone o senza aiutare il proprio prossimo. Aiutando gli altri, si aiuta se stessi. Cerca di donare il dieci per cento dei tuoi guadagni per aiutare i più bisognosi. Ciò che doni ti verrà donato moltiplicato all’ennesima potenza. Aiutare gli altri imprime sull’inconscio una sensazione di ricchezza e abbondanza.
Adam J. Jackson
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"Mentre andavo a casa, mi tenevo il petto, che sembrava sciolto, e soffocavo una lacrima. Quanto avrei voluto stare con lui adesso. Per quelle ore di gioia e un'altra metà di rimpianto quando era ora di vestirsi. Per quelle secondi di dimenticanza, altri mesi di ricordo. Per poche parole stupide, più tante trattenute per non sembrare stupide.
Il desiderio mi ha seguito fino a casa. Molto, molto più forte della mia nobiltà nel dire no.
Lui è lì. Nel mio cuore, nella mia mente, nell'odore che porto con me del mio passato. Lui è in ogni battito cardiaco contratto della mia vagina, in ogni torsione contratta del mio stomaco, in ogni momento di rilassamento dei miei ormoni.
Tu sei qui. In ogni riga che scrivo, cercando di essere una brava scrittore, in ogni momento giusto che mi aggrappo per non farti sbagliare, in ogni provocazione strategica per non rinunciare mai a insistere nel commettere errori.
Sei dove voglio arrivare, in tutto ciò che voglio negare, molto presente.
Non voglio solo una fuga, non voglio una vita al tuo fianco. Non voglio vederti mai più. Volevo passare dieci minuti con te, abbastanza per non cambiare affatto la mia vita. Voglio un'altra vita. Non mi importa di te. Penso solo a te. Sei mio amico, sei un conoscente, sei stata la notte più bella della mia vita. Più di ogni certezza, la confusione è passione.
Volevo davvero che te ne andassi, volevo davvero che restassi per sempre, volevo non pensare, mi aggrappavo a una logica fredda che mi urlava all'orecchio che ogni azione ha la sua reazione.
Ogni traditore ha il suo giorno di imbroglio. Comprendi ogni suono, ogni lettera, ogni parola, ogni frase, ogni frase, ogni idea piena di desiderio, come un urlo proveniente da ogni parte del mio corpo che diventava laconico quando la tua presenza fisica usciva dal gioco.
La voglia era così grande che mi sono fermato. Avevo paura che mi togliessi il trucco e i vestiti che indossavo per sedurti. Ho avuto paura quando è arrivato il momento di partire, la solitudine più grande è non poter dormire nel suo abbraccio, perché lui è mio solo per ore.
Temevo fosse solo desiderio, perché per me era di più. Preferisco essere inseguito dal mio desiderio, che non finisce mai, piuttosto che essere abbandonato ancora una volta dal tuo, che dura solo poche ore al massimo."
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