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Un Film tra Calcio e Medioevo: Il Viaggio nel Tempo che Cambia Tutto. La Storia di un Giovane Calciatore che Tenta di Correggere una Partita e Finisce nel Medioevo
Il cinema ha esplorato innumerevoli volte il tema del viaggio nel tempo, spesso mescolandolo a storie inaspettate e affascinanti.
Il cinema ha esplorato innumerevoli volte il tema del viaggio nel tempo, spesso mescolandolo a storie inaspettate e affascinanti. Immaginate un film in cui un giovane appassionato di calcio, desideroso di rivivere una partita persa, utilizza una macchina del tempo, ma un errore tecnico lo catapulta nel medioevo! Un mix di avventura, commedia e riflessione su come il passato e il presente possano…
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Avete mai pensato di attrarre sempre
la persona sbagliata
e di respingere quella che credevate
essere giusta per voi?
Mi sono spesso chiesta se la felicità
fosse il vero obiettivo della vita.
A volte mi sembra quasi un concetto astratto, una parola che usiamo senza capire davvero cosa significhi.
Soffrire, invece, ha una sua chiarezza.
È definito e concreto.
È paradossale, ma a volte mi sembra
che soffrire sia più facile,
perché ti dà qualcosa a cui aggrapparti.
Un amore impossibile o attaccarti al passato ad esempio.
Puoi soffrire in eterno, senza mai dover affrontare l’incertezza di una felicità reale, senza mai rischiare di perderla.
Chi ami e chi ti ama non sono quasi mai
la stessa persona.
Chi vuoi e chi ti vuole non vivono quasi mai nello stesso desiderio.
C’è una parte di me che sa che tutto questo
è il risultato di un bisogno naturale.
È così che siamo fatti, credo...
Replichiamo ciò che abbiamo visto,
ciò che ci suona familiare.
Crescendo, ci costruiamo un’idea dell’amore, fatta di pezzi presi dalle nostre esperienze
e dai nostri desideri.
Poi iniziamo a pensare che quell’idea
sia parte integrante di noi, come qualcosa
di immutabile.
Ma non è così.
Le idee cambiano, o almeno dovrebbero.
E io ho deciso di cambiare.

Massimo Bisotti
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Un uomo maturo ti amerà dai piedi fino all'ultima
striatura e ruga che apparirà sul tuo corpo. Non
sarà mai dispiaciuto per la tua statura o per i tuoi
difetti e non ti giudicherà mai per il tuo passato.
Un vero uomo ti amerà ogni giorno, anche in
quei giorni del mese in cui nemmeno tu ti
sopporti.
Quel vero uomo crede nella tua libertà, amerà le
tue ricorrenze, i tuoi obiettivi, ambizioni, e ogni
dettaglio che rende "perfetta" una donna.
Non vorrà mai cambiare niente di te, ti aiuterà
a crescere, ti aiuterà ad avere il desiderio di
essere migliore di ieri. Perché un uomo maturo
non cambia, un uomo maturo aiuta a crescere ed
a evolvere.
Un uomo maturo ti dà le ali, non te le tarpa. Ti dà
la mano quando sei a terra, la spalla per farti
piangere quando non resisti più, le sue braccia
quando non ti senti al sicuro, e il suo calore
quando senti freddo.
Autore Sconosciuto
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LUI
Stavo pensando a una cosa. Prima del femminicidio di Giulia Cecchettin abbiamo seguito sui giornali il caso di Giulia Tramontano.
Ho fatto uno sforzo per richiamare alla mente quella vicenda. Ho scritto qui il nome della donna uccisa, ma devo confessare che non lo ricordavo. Mi è servita una ricerca su Google per farlo riemergere dalla nebbia. Eppure è passato poco tempo. Eppure per qualche giorno quel nome era rimasto impresso nella mia mente. Ma l'avevo dimenticato.
Invece ricordavo perfettamente il nome di lui. Ma perché la memoria mi ha fatto questo scherzo?
Forse perché dopo il delitto si parla della vittima all'inizio, ma poi il vero protagonista diventa lui. C'è un racconto mediatico a più voci che sommerge ogni cosa e mette lui al centro dell'inquadratura: cos'ha fatto, cos'ha detto, come si comporta, le sue giustificazioni, le sue ricerche su Google, la sua vita, le sue azioni, la sua freddezza, le strategia difensiva, le dichiarazioni dell'accusa, l'intervista al vicino, il collega di lavoro che non ha notato niente di particolare, la ricerca di qualcosa di strano nella sua vita (perché qualcosa di strano deve pur esserci), la nostra rabbia nei suoi confronti, la gente che chiede la pena di morte, le lettere che lui riceve, i giornalisti che intervistano sua madre, la madre che lo perdona, la madre che non lo perdona.
Lui riempie lo schermo e oscura tutto. Non c'è spazio per la vittima e neppure per analisi sociologiche. E ho la sensazione che nell'interesse per lui ci sia il desiderio di guardarlo in faccia per cercare quell'anomalia psichica (o addirittura fisica, sulla scia di Lombroso) capace di farlo apparire come una creatura completamente diversa dalle altre. Ci piace l'idea di un difetto di fabbrica a cui si può porre rimedio eliminando il prodotto difettoso.
Per una curiosa coincidenza (che coincidenza forse non è), in molte affermazioni che respingono riflessioni sul patriarcato troviamo proprio questo concetto, chiaro e tondo, espresso alla luce del sole. Ci dicono che non bisogna parlare di questioni sociali e mentalità da combattere, perché non è quello il problema: il problema è lui, solo lui.
Ci dicono: non parliamo della condizione femminile, parliamo di lui.
Ci dicono: non diamo spazio alle dichiarazioni di Elena Cecchettin, parliamo di lui.
Voltare pagina è una preoccupazione diffusa. Si cerca di preparare il terreno per dimenticare tutto e parlare d'altro, prima che a qualcuno venga la tentazione di guardare oltre la finestra (o addirittura dentro di sé) e notare cose che non vanno per il verso giusto.
Dicono che non c'è nessun problema, a parte lui. Ma ora lui è in gabbia. Tutto risolto. La palla passa ai collegi giudicanti. Perché lui è l'eccezione, è l'anomalia.
L'idea che trasforma lui nella rara aberrazione di un sistema quasi perfetto è stranamente rassicurante, ti rimbocca le coperte prima di dormire sonni tranquilli. Lui non è come il nostro vicino. Non ha niente in comune con noi. I problemi sociali non esistono. Esiste lui, ma a questo si può porre rimedio. Non dobbiamo farci domande. Non dobbiamo cercare di cambiare.
Ecco ciò che tanta gente vuole sentirsi dire.
[L'Ideota]
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SENZIENZA
(POST LUNGHISSIMO, PER POCHI)
Prima dei due anni l'ippocampo, sede (anche) della memoria narrativa, non è ancora del tutto formato.
Durante questo periodo, è il corpo stesso che si incarica di memorizzare tutto:
eventi, relazioni, reazioni, bisogni soddisfatti e insoddisfatti, presenze, assenze, sotto forma di reazioni neurofisiologiche ripetute, le quali si cristallizzano in tensioni muscolari e blocchi psicoenergetici, oppure in programmi autonomici stabili.
Mauro Mancia chiama queste forme neuro-psico-corporee inconsapevoli "inconscio non rimosso", per indicare il fatto che vi è un inconscio il quale, a differenza di quello di Freud, non ha avuto il tempo di essere ricordato per poi essere spazzato via nel dimenticatoio della mente.
Eppure, quell'inconscio non rimosso, è drammaticamente presente nel corpo, come dicevo.
�� presente nel respiro, nella postura, nei gesti che abbiamo quando tocchiamo qualcuno, quando ci facciamo toccare, oppure quando ci ritiriamo in noi se qualcuno ci si avvicina troppo, sia fisicamente che emotivamente.
Ma anche bell'eccitazione o nella inibizione del desiderio, nella nostra capacità o incapacità di emozionarci, di aprirci agli altri o di chiuderci ad essi, così come alla vita in generale.
L'inconscio non rimosso è il corpo che, volenti o nolenti, parla della nostra origine e della nostra storia.
Di una storia che ci riguarda ma che non conosciamo, perché, non avendola mai potuta raccontare a noi stessi, non l'abbiamo mai potuta ricordare.
Eppure questa storia determina, in larga parte, chi siamo, nel nostro presente.
Nelle nostre reazioni attuali agli eventi, nei nostri stili di attaccamento, nei nostri pattern emotivi che si attivano di fronte al dolore di una perdita, di una sfida o al tentativo di difenderci da qualcosa che temiamo, è il passato del nostro corpo che si fa presente.
Qui ed ora.
Ecco perché da questo punto di vista il cosiddetto qui ed ora, come dicono le neuroscienze, è un presente ricordato.
Così, ci sembra di essere liberi e di vivere al di là dei nostri copioni, quando invece sono i nostri copioni, i blocchi energetico-emotivi, a determinare le nostre reazioni e scelte attuali.
Ma anche la nostra visione del mondo, di noi stessi e degli altri.
Sono i nostri copioni somatici a scrivere il nostro destino, sotto forma di un'illusione di scelta.
Solo che non ce ne rendiamo conto, perché il cervello copre questo gap con una sorta di anestesia cognitiva.
Ecco perché è solo il lavoro sul corpo e con il corpo che, proprio per questo, può sbloccare le convinzione limitanti che sono alla base dei nostri modi di essere.
Il lavoro di consapevolezza corporea viene chiamato "senzienza", per distinguere le sensazioni sentite (selfsense) dalle sensazioni consapevolizzate solo a livello cognitivo, o intellettualmente, se volete.
Pensare le emozioni e sentirle, difatti, sono due cose diverse.
Pensare le emozioni, sentirle e entrarci dentro fino a farsene trasformare, sono 3 cose diverse.
E non è assolutamente vero che per comprendere che qualcosa non mi piace, o viceversa mi piace, che mi fa stare bene oppure male, a partire da una sensazione di peso sul petto o di mal di stomaco, devo darle un nome.
La sensazione è, a volte, già autoevidente di per sé.
Non c'è bisogno di alcuna cognizione, di alcuna parola, di alcun linguaggio verbale o concetto per esprimerla.
Ciò che mi occorre, è sentire quello che sento pienamente: ecco la senzienza.
La consapevolezza del corpo a partire dal corpo.
Vi è uno stato dell'essere precognitivo e preverbale che non può essere ignorato.
Quando ti chiedono come fai a sapere che...
E tu rispondi "perché lo sento", ecco: quella è la senzienza.
Aperta e chiusa parentesi: non è assolutamente vero, ulteriormente, che siamo storie che camminano (come dice qualche ex formatore di PNL incazzato che cerca di tirare l'acqua al proprio mulino), e che basta cambiare la storia che ci raccontiamo per cambiare il passato.
Chiusa parentesi.
A volte le parole non bastano per modificare quel nucleo emotivo inconscio radicato nel corpo, che continua ad agire sulle nostre reazioni emotive e relazionali, sui nostri impulsi e schemi difensivi, dalle profondità del nostro sistema nervoso autonomo, proprio perché esso è al di là delle parole che ci diciamo.
Infatti, possiamo raccontarcela come vogliamo, a volte; possiamo sovrascrivere il nastro della nostra narrazione interiore fino allo sfinimento.
Ma non cambia nulla.
Gli schemi si ripetono, le modalità di compenso e di difesa si ripresentano inesorabilmente, gli agiti e i copioni comportamentali ritornano in modo implacabile.
In questi casi, occorre certamente dare un nome a ciò che si sente: ma solo dopo aver lavorato sui nuclei emotivi a partire dalla dimensione preverbale che li ospita.
Da quella terra di confine polimorfa, plastica e ancestrale, che è il corpo.
Il quale soltanto rappresenta, se curato, una base stabile per la nostra identità.
Ecco perché il 1 settembre cominceremo da qui.
Da un approccio Botton Up: dal basso verso l'alto.
Dal sentire, fino in fondo, il nostro sentire: dalla senzienza.
Perché chi non mette radici, non può volare.
"Le emozioni possono anche gridare in te, posarsi sulla tua pelle, nella tua dermatite, o agitare le pareti del tuo colon, possono arrivare nei sogni notturni o nei disagi dei tuoi figli, ma se ti chiedi perché con l'intento di farle passare, senza ascoltarle, se sai tutto su di esse ma non permetti che si incarnino, se le pensi e ne parli ma non sei disposto a rischiare nulla, nulla muterà". (Erica Francesca Poli)
©Omar Montecchiani
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A chi ha ferito profondamente qualcuno…
A chi ha lasciato traumi che ha negato, a chi non si è mai assunto la responsabilità delle proprie azioni, a chi sa perfettamente cosa ha fatto e a chi ha rivelato la propria vera natura mostrando totale mancanza di rimorso.
A chi non ha mostrato empatia né compassione per ciò che ha fatto provare alla persona che lo amava e gli era devota.
Ecco cosa devi capire:
Non vogliono mai più incontrarti.
Anzi, non vogliono nemmeno sentire il tuo nome un’altra volta.
Non vogliono incrociarti, nemmeno per caso, neppure se un giorno dovessi renderti conto di aver bisogno di cambiare e diventassi la versione migliore di te stesso.
Perché il danno che hai lasciato è stato immenso, così difficile da guarire.
Perché ricordano come li hai fatti sentire, come le tue azioni hanno distrutto il loro cuore, il loro valore e la loro fiducia in te, più e più volte.
Ricordano tutte le volte in cui hanno dovuto implorarti per ricevere l’essenziale: il tuo tempo, la tua comunicazione, il tuo rispetto, la tua compassione, la tua lealtà e dedizione, la tua gratitudine, e qualcuno che fosse per loro un porto sicuro. Ma tu non hai dato loro nulla di questo.
Tutto ciò che hai dato è stato dolore, caos, drammi e, alla fine, la totale distruzione di chi erano prima di incontrarti.
Sono stanchi delle tue bugie, della manipolazione e del gaslighting che continui a negare, e non vogliono darti un’altra occasione per manipolarli di nuovo.
Non vogliono ricordare nulla del passato condiviso con te, perché ora sanno che non era reale.
Quindi, se mai li incontrerai, ti prego: non salutarli, non chiedere come stanno, non pronunciare il loro nome. Lasciali in pace e dimentica che vi siate mai conosciuti.
Loro ti hanno dato amore, e tu hai dato loro solo distanza e dolore.
Le tue azioni hanno lasciato cicatrici profonde, cicatrici che forse non guariranno mai del tutto, perché tutto ciò che hai fatto alla persona che ti amava con tutto il cuore, che credeva di potersi fidare di te e sentirsi al sicuro con te, è stato dimostrare quanto fosse insicura accanto a te e quanto poco ti importasse davvero.
Siete tornati ad essere estranei, ed è così che vogliono che rimanga.
Quindi, ti prego, dimentica il loro nome, dimentica di averli conosciuti e vai avanti con la tua vita.
Loro meritano meglio di te, hanno ritrovato il proprio valore, e non vogliono più sentire il tuo nome, la tua voce o vedere il tuo volto mai più.
Dopo tutta la tua mancanza di rispetto, il dolore, le bugie, il caos, la distruzione e il trauma che hai causato, il loro unico desiderio è che almeno tu possa capire questo, perché sanno che capisci benissimo cosa hai fatto.
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Credo ci siano poche cose, in casa, considerabili come una nemesi da un uomo - dove per nemesi intendo: questo oggetto è mio nemico e mi ha sfidato con la sua arroganza, dunque è mio compito ristabilire la corretta gerarchia tra me, essere pensante, ed esso, oggetto inanimato.
Ma sicuramente tra queste ci sono i rubinetti, i lavelli, i tubi, tutto ciò che è idraulica.
Oggi ho deciso di far cambiare gli pneumatici all'auto, perché era ora e perché avevo decisamente bisogno di allontanarmi da casa per qualche ora. Alla fine mi hanno cambiato anche le pastiglie dei freni anteriori. Detto ciò ci sono volute tre ore: tre ore durante le quali mi sono trovato nella zona industriale di Ancona a piedi, con un caldo torrido, a vagare da un posto all'altro su strade che sono state progettate solo per le ruote (ci avete fatto mai caso come nelle zone industriali non esistano, o siano rarissimi, dei percorsi pedonali? Sono posti in cui una persona che cammina può veramente sentirsi come un avventuriero in terre pericolose).
Tra le mete del pomeriggio, il fantastico e immenso Leroy Merlin, dove ho comprato tre o quattro cazzate e dove ho riflettuto che, a casa, il lavello della cucina soffriva ancora di un aeratore intasato e talmente incrostato di calcare da essersi fuso con l'erogatore.
Sbrigata la faccenda dell'auto e tornato a casa ho pensato che oggi sarebbe stato un buon giorno per mori un buon giorno per sistemare definitivamente questo aeratore. Avevo già ordinato una chiave di smontaggio in metallo tempo fa (quelle in plastica se l'è mangiate) e avevo ottenuto come unico risultato quello di distruggere i dentini dell'aeratore, di fatto bloccandolo per sempre.
Ma non oggi.
Oggi, armato di pinza a morsa, cacciavite, chiave di smontaggio, coltelli, bestemmie e desiderio di rivalsa ho fatto a pezzi quell'aeratore di merda direttamente dentro l'erogatore, e ho passato due ore circa a rimuovere ogni singolo pezzetto di plastica incrostata dalle filettature fin quando non son riuscito ad avvitarci un adattatore che ha trasformato il cache di merda in una filettatura esterna.
Tale guerra ha causato un semi allagamento del lavello della cucina e aree limitrofe e mi ha inzuppato i vestiti; mi ha semi sfasciato il polpastrello del pollice e però ha segnato, se non altro, un momento di ristabilimento dell'ordine naturale delle cose: tu, lavello, ti piegherai alla mia volontà. E così è stato.
Ora sono stanco morto, i bimbi sono a letto, coniuge è fuori e dovrei fare la lavastoviglie e togliere le scorie della guerra condotta dal lavello. Non so se ce la farò, ma almeno posso mettere un'altra piccola tacca sul cartellino di "uomo che sistema i problemi idraulici in casa".
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TRE
Era sul comodino da un po' di tempo. Non ero convinta, perché il romanzo precedente "Cambiare l'acqua ai fiori" aveva lasciato un retrogusto amaro che mi impediva di prendere in mano il successivo.
Ma poi è successo, e le 624 pagine sono volate via tutte d'un fiato.
"Tre" di Valérie Perrin è una storia toccante di amicizia, amore e qualche segreto nascosto. Ambientato tra la campagna della Borgogna, Lione e Parigi, con una piccola digressione in Italia, il libro narra la vita di tre adolescenti inseparabili: Etienne Beaulieu, il giovane ricco e carismatico; Adrien Bobin, il timido e talentuoso scrittore; e Nina Beau, dal temperamento artistico e dal passato doloroso. I loro destini sono legati da un'amicizia profonda e indissolubile, che li accompagnerà attraverso le sfide e i drammi della vita.
La prima cosa che mi ha colpito di questo romanzo è l'abilità della Perrin nel creare personaggi autentici e umani, con tutte le loro debolezze e paure, rendendoli facilmente identificabili e vicini al lettore. Le loro storie sono un viaggio emozionante attraverso forme diverse di amore: quello tossico, il puro, quello frivolo e quello famigliare.
E poi, apprezzo moltissimo la capacità dell'autrice di trattare argomenti talvolta spinosi e delicati con grande sensibilità, mantenendo sempre un equilibrio tra leggerezza e profondità.
La narrazione è coinvolgente e lascia il lettore con il desiderio di scoprire cosa sia accaduto, perché i tre amici si sono allontanati per quattordici anni e chi è la misteriosa Virginie con i suoi capelli a caschetto?
In conclusione, se cercate un libro coinvolgente e ben scritto, "Tre" di Perrin è sicuramente da tenere in considerazione. Buona lettura a tutti!
#caffè#profumo di caffè#pausa caffè#libriconsigliati#coffeeoftheday#libri#Perrin#libri da leggere#books#book quotes#booklover
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Ad ottobre 2019 scrivevo questo, ad una persona a cui devo almeno delle scuse (e probabilmente nei prossimi giorni mi prenderò del tempo per fargliele): Ho un'amica che è mia amica da poco ma con cui ho un'intesa e una sintonia come se ci conoscessimo da una vita. Ridiamo e scherziamo come amici di vecchia data, ci diciamo di tutto. Talvolta ci facciamo anche docce fredde, quando necessario - a scanso di equivoci: docce fredde metaforiche, nel senso che ci diciamo anche le cose in modo crudo e brusco se serve. E sono felicissimo del rapporto che abbiamo. Ma reputo che non si conoscano tante persone con cui avere questo tipo di rapporto. Eppure, per molte altre, in passato, io sarei potuto essere così. Solo sarebbe stato unilaterale. Io sarei stato tutto per loro, ma loro non sarebbero state abbastanza per me.
Faccio fatica a ricordare quei momenti. Letteralmente. Se ci provo, se mi sforzo, scavo nella memoria. Mi intrido le mani nella materia cerebrale, ma non pesco nulla. È la cosa che più mi fa stare male. Però, come dice Carlo, le persone vivono anche nei gesti, non solo nei ricordi. Vivono negli insegnamenti. Vivono nei cambiamenti, positivi magari, apportati in loro presenza.
A marzo 2025, posso dire con certezza che nonostante abbia conosciuto altre persone in questi (quasi) sei anni, quel rapporto ad oggi resta irreplicato. Non dico più irreplicabile, ma sicuramente irreplicato. Ci sono andato vicino, ma conscio delle differenze sostanziali, con Serena. So che abbiamo raggiunto un plateau, però. Perché la sensibilità condivisa non basta. Un background più simile non è d'aiuto. Tutto questo non completa il quadro, ecco. Semmai, dipinge alcuni piani.
In cuor mio mi farebbe tanto, tanto piacere riavere quel rapporto. So che oggi non è possibile, so che non sarebbe facile per nessuno dei due e soprattutto so che il desiderio - unilaterale o bilaterale che possa essere, per riprendere quel concetto - non necessariamente coincide con l'aspettativa o con la realtà promessa. Del resto, se fosse stato facile gestire una relazione, almeno da parte mia, non avrei mollato. O, per meglio dire, avrei insistito di più, lottato di più. A distanza di svariati mesi, tra un rimuginio e una riflessione più accorta, credo che l'ultima doccia fredda, in un certo qual senso, non solo fosse giusta, ma sotto sotto magari la volevo anch'io. Tutto quello che c'era da circa un anno a quella parte era un vago parente di quello che c'era stato. E nessuno sa e saprà mai se è stata colpa della distanza, colpa di qualcuno, colpa di qualcosa. O, per meglio dire, io non lo so. E non mi interessa saperlo, davvero. Ho dei miei pensieri. Sono poche le cose che ricadono in questa mentalità, ma sono anche quelle a cui non rinuncio: la penso così e non mi interessa cambiare idea, non voglio. Non voglio la risposta vera. Voglio l'idea che mi aiuta a continuare il processo in atto.
Ad esempio, voglio cancellare l'idea arrogante di me, quella che mi ha portato a dire "io sarei stato tutto per loro, ma loro non abbastanza per me". Fratè, ma chi sfaccimm sij? Oggi mi ripeterei queste esatte parole allo specchio.
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ㅤㅤ ㅤㅤ ×× ──── ʟɪғᴇ ᴘɪʟʟs �� feb. 17th, 2025 ⌵ manhattan, ny ㅤㅤ ㅤㅤ ㅤ Il tempo scorre. Puoi guardare le lancette che si muovono, puoi calcolare quanto tempo manca a un determinato evento, eppure che sia passato o futuro, il tempo non lo puoi cambiare. E' la mia percezione, la mia prospettiva che cambia. Ci sono ore che appaiono istanti, e minuti che sembrano giornate. Allora che cos'è questa sensazione di calma che preannuncia il caos? Battito regolare, luci che illuminano una distesa oscura che è il mio castello, ove nessuno ha accesso, ove nessuno ha la possibilità di guardare ciò che gli occhi e la mente celano. La maschera è indossata, aderisce così perfettamente alla mia figura da confondersi con le linee della realtà, con i confini che io stesso delimito. Ogni dannatissimo giorno. Fermo è il mio respiro, in attesa di un altro rintocco, di un altro secondo che appare come un rombo, quel boom sonico che scaturisce quando si oltrepassa la barriera del suono. Perché ogni rintocco è così dannatamente assordante? Non passa il tempo, oppure passa troppo in fretta. Manca poco lo so. Ho costruito la mia immagine senza pensare al dopo, senza pensare alle conseguenze, inseguendo un desiderio che ormai è diventata la mia vita, una dedizione che per qualcuno potrebbe essere insensata, eppure nulla di tutto questo potrebbe essere cambiato. Impossibile comprendere le mie azioni, impossibile comprendere la mia mente. Ancora una volta, lo so. Forse perché non sono pronto per essere ancora scoperto. ㅤㅤ ㅤ
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Sono profondamente mortificata in realtà e irata per il fatto di non poter cambiare il passato. Compatisco i miei genitori ma voglio ucciderli come loro hanno ucciso me. Hanno ucciso una versione di me che ora non esisterà mai. Ora vi è solo me, il mio desiderio di solitudine, il mio lutto e la mia sete che non verrà mai saziata.
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Parola 30/01/2025
*NON AVER PAURA*
Autor: Apolonio Carvalho Nascimento
Quando superiamo la paura proviamo un grande senso di libertà, perché la paura ci paralizza.
La maggior parte delle nostre paure sono immaginarie. A volte abbiamo bisogno dell'aiuto di professionisti qualificati per superarle.
Ma il modo migliore per vincere le paure è rafforzare la nostra fede in Colui che ci dice: “Fatevi coraggio! Io ho vinto il mondo!” (cf Gv 16,33).
Quando eliminiamo la paura, possiamo vivere appieno la vita e affrontare le sfide con determinazione, perché ci rendiamo conto del nostro potenziale e che non siamo mai soli.
Un passo importante è rendersi conto di cosa ci provoca la paura: le esperienze passate, l'incertezza del futuro, le opinioni degli altri, il non conoscere la realtà, la pressione sociale, ecc.
E cosa ci dà coraggio? Le vittorie del passato, le certezze del presente, la nostra opinione, il desiderio di conoscere sempre di più e la forza di cambiare il mondo che ci circonda.
Oltre a tutto questo, la Fede.
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Nei giorni in cui provavo a sistemare l'osceno oggetto rinchiuso nella stanza segreta, non avevo appetito. Il silenzio dentro e fuori di me - le parole e le risate finte dei miei compagni di casa, di letto e di lavandini condivisi era concretamente stomaco vuoto, non c'era nulla che mi facesse venir voglia di mangiare, era un dolore sordo, sai?
Ho perso tutto, me lo sono ripetuto così tante volte, tantissime, troppe, un dolore che non cambierà mai, nemmeno ora. Mi farà per sempre male.
Ho ucciso Silente.
Dovrei dimenticarmene, continuare la vita come se fosse una parte del passato che implacabile non si può cambiare ma non posso. Insidiosa si incide sotto pelle, nelle ossa, nel mio sangue e lo avvelena. Vorrei poter chiedere aiuto - alle nuove conoscenze, ai nuovi dei, alle nuove magie ma ne ho paura. Te lo giuro. E non so chi giuro, ne in cosa sperare. Quando scrivo, scrivo a me stesso, ad una parte di me che è rimasta immacolata nel marciume eterno che è stata la mia vita.
Voglio scrivere, oggi, perché mi sento derubato. E mi avvinghio al pensiero di Silente, come se fosse lui il dolore più grande ma il mio unico dolore più grande ha sempre avuto un solo nome, un solo viso.
Mi allontano..
Ed è l'unico modo per la quale riesco a vivere, a reggere il peso dell'inconveniente mostruoso desiderio che si annida nello stomaco, nell'utero del mio corpo contrario, e allora mi ritorna l'inizio del mio scritto.
Non avevo appetito quando ho sistemato l'osceno oggetto rinchiuso nella stanza segreta, non ho appetito oggi mentre sistemo l'osceno oggetto all'interno della mia stanza segreta.
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La Promessa della Rosa 11
FINO A CHE PUNTO IL DESIDERIO PUÒ CAMBIARE IL CUORE DI UN UOMO? Continua l’appassionante flashback nel passato oscuro di Retsu, l’erede della prestigiosa famiglia Shiranui: la decisione di scalare il potere spodestando il padre, i mezzi immorali, l’ostinazione incrollabile. Tutto per avere una donna: Iroha Rokujo.
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Ritorno a Cesinali - La Storia Completa
Con l'aiuto di Claude.ai e dopo aver visto un bel po' di film di Natale ho deciso di scrivere la trama di un nuovo film che sicuramente sbancherà al botteghino 🤔😂
Prologo: La Notte del Cambiamento Villa lussuosa in Brianza, dicembre 2019. Jennifer, ancora nel mondo delle escort d'alto bordo, si trova all'ennesimo festino organizzato da Michele. L'aria è pesante di fumo e cocaina, i ricchi imprenditori del Nord sempre più aggressivi. Quella sera, uno di loro, completamente alterato, tenta di violentarla in una stanza appartata. Jennifer riesce a chiudersi in bagno, tremante. Guardandosi allo specchio, il trucco colato, vede ancora la piccola Assunta di Cesinali e scoppia in lacrime. Marinella, preoccupata per il ritardo dell'amica, irrompe nella villa. Trova Jennifer rannicchiata nel bagno, la abbraccia e la porta via. Quella notte, in una piccola stanza d'albergo, le due donne piangono insieme e decidono di cambiare vita. Jennifer userà i suoi risparmi per aprire un centro estetico, Marinella sarà la sua socia. Atto Primo: Le Radici A Milano Jennifer è ora proprietaria di una catena di centri estetici di successo. Ha inventato uno stile particolare di nail art che l'ha resa famosa. Marinella gestisce l'amministrazione, nascondendo il suo amore segreto per l'amica. Di notte, sogna di baciarla in un giardino fiorito, ma una donna misteriosa (Anna) interrompe sempre il sogno urlando. Michele, che non ha mai perdonato la loro "fuga", ha una relazione manipolativa con Marinella. La tiene legata a sé attraverso il sesso e la dipendenza emotiva, mentre continua a organizzare festini e spacciare cocaina per i "signori bene" della Brianza. A Cesinali (Av) Gennaro vive nella sua casa diroccata con zia Carmelina. Non vedente a causa del diabete, passa le giornate ascoltando la radio e parlando con la figlia attraverso l'Echo Dot che gli ha regalato. Il suo carattere gioviale nasconde un passato di tradimenti e debolezze. In paese tutti lo conoscono per la sua passione per le donne, che non si è spenta neanche con la cecità. Zia Carmelina, sorella della madre di Jennifer, ha sacrificato la sua vita per la famiglia. Da giovane era fidanzata con un carabiniere, ma quando sua sorella partì per Monza come badante, scelse di restare per crescere la piccola Assunta. Conserva ancora le lettere del suo amore in una scatola di latta sotto il letto. Anna vive ai margini del paese. Era giovane e bellissima quando Gennaro, approfittando della sua povertà e vulnerabilità, la sedusse nel suo ufficio comunale. Da quella relazione nascosta nacque Marinella, che Anna fu costretta a far crescere lontano da Cesinali. Atto Secondo: Il Ritorno Jennifer decide di tornare a Cesinali per Natale, spinta dal desiderio di ritrovare le sue radici e di sfuggire alle minacce di Michele, che ha iniziato a ricattarla con foto compromettenti del suo passato. Marinella la segue, ignara che sta tornando nel paese dove è nata. Qui incontrano Modestino, il capo dell'ufficio tecnico comunale. Dietro la sua balbuzie si nasconde un cuore d'oro. Ogni anno organizza l'uccisione rituale del maiale, ma quello che in paese non sanno è che usa i proventi della vendita della carne per aiutare i senzatetto della casa famiglia comunale. Sostiene economicamente bambini in Africa e organizza il veglione di Natale per i poveri, distribuendo personalmente vestiti nuovi e buste con denaro.
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Vincenzo Incenzo: "Ti perdi" è il nuovo video
Online il video di Ti perdi, il nuovo brano di Vincenzo Incenzo, disponibile in digitale, che anticipa l’album di inediti “#PACE” in uscita il 15 novembre. Ti perdi (Verba Manent/ADA Music Italy) è una considerazione dolorosa su un amore, un tempo e un mondo perduti e sul desiderio impossibile di cambiare il passato. Una power ballad che parte dall’intimità del piano voce e cresce fino a…
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