#narrativa con protagonista femminile
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pier-carlo-universe · 2 days ago
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“Io ti salverò” di Simona Fruzzetti: un thriller psicologico tra segreti e ossessioni. Recensione di Alessandria today
Un romanzo avvincente che scava nei traumi del passato e nella ricerca di verità inconfessabili, ambientato nella suggestiva cornice dei boschi del Maine.
Un romanzo avvincente che scava nei traumi del passato e nella ricerca di verità inconfessabili, ambientato nella suggestiva cornice dei boschi del Maine. Un viaggio nel passato per svelare la verità “Io ti salverò” di Simona Fruzzetti è un thriller psicologico che si apre con la misteriosa scomparsa di Emily Evans, una bambina di soli otto anni, a Spring Lake nel 1995. Ventitré anni dopo,…
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multiverseofseries · 23 days ago
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Smile 2: un sequel che segue gli spunti horror del primo capitolo
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Naomi Scott è la nuova protagonista della saga horror diretta da Parker Finn, che continua pedissequamente la storia del primo film di successo. Al cinema.
Gli horror d'intrattenimento sono tornati alla ribalta negli ultimi anni (o forse non se ne sono mai andati) e ogni tanto spicca qualche titolo che fa prepotentemente parlare di sé. Come Smile, la pellicola del 2022 con Sosie Bacon diretta da Parken Finn e basata sul suo omonimo corto di due anni prima.
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Il punto in comune tra i due film
L'attrice interpretava una terapeuta che diventava l'ultima vittima di una sorta di parassita demoniaco che passava di ospite in ospite costringendolo ad uccidere, oppure uccidersi davanti ad un'altra persona a cui passare il morbo, entro sette giorni. Il finale era fortemente aperto con la giovane donna che si sacrificava in nome dell'ex fidanzato Joel, col volto di Kyle Gallner, che funge da ponte in Smile 2.
Smile 2: di nuovo nella tana del lupo
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La carismatica protagonista del sequel
Sono passati sei giorni dal precedente capitolo, quindi manca poco alla scadenza soprannaturale al centro della storia. La regia di Parker Finn ci porta in medias res dentro questa catena di eventi apparentemente senza fine e arriviamo alla nuova protagonista femminile, la popostar Skye Riley, interpretata questa volta da Naomi Scott, perfetta per il ruolo e per reggere un intero film. La cantante è in lenta risalita dopo un terribile declino fatto di dipendenza da droghe e alcol che ha portato ad un brutto incidente nella sua vita. L'incontro con un vecchio amico, Lewis (Lukas Gage), la fa entrare nella pericolosa orbita di quella maledizione apparentemente infinita, lasciando perplessi la determinata madre-agente (Rosemarie DeWitt), l'ex migliore amica (Dylan Gelula) il timido assistente (Miles Gutierrez-Riley) e il produttore musicale (Raúl Castillo) che pensa solo al profitto.
Un sequel di cui c'era davvero bisogno?
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Un'inquietante scena della pellicola
Parker Finn, nel bene e nel male, segue il processo creativo del capitolo inaugurale di questa saga potenzialmente infinita. Partiamo ancora da una buona idea e uno sviluppo interessante, che trasferisce dalla psicologia alla musica il core del racconto. Si instaura così una metafora della fama come qualcosa che ti fagocita e ti risputa fuori lasciandoti inerme e confuso, incapace di prendere decisioni sane e salutari per il futuro della tua vita. La regia passa dalla camera a mano a dei mini-piani sequenza con maestria e anche una buona dose di tensione narrativa, coadiuvata dall'utilizzo di jump scare che, per una volta, fanno davvero saltare sulla sedia e sono ben inseriti all'interno del tessuto narrativo.
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Le bellissime coreografie del film
Anche l'estetica, complice la professione della protagonista, è estremamente curata e intrigante, utilizzando colori accesi e luci al neon per raccontare un orrore che si sviluppa da dentro e attraverso i movimenti del corpo, con coreografie meta-narrative. Dopo queste interessanti premesse, che potevano comunque distinguerlo nella massa di horror oramai proposti quasi con l'algoritmo e soprattutto uno dietro l'altro in sala, arriva il taglio con l'accetta (per restare in tema) del buon lavoro fatto, proprio come in Smile, e proprio nel gran finale.
Un terzo atto che rovina il film
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Skye perde il controllo
Senza spoilerare nulla, vi dico invece che chiudere in modo anche interessante questa saga, pur avendo a disposizione dei pretesti narrativi che sembrano portare a quel tipo di epilogo, Smile 2 preferisce concludersi in una sorta di labirinto mentale della protagonista che non comprende più cosa sia reale e cosa no - e di conseguenza anche noi spettatori: non in maniera affascinante o accattivante, bensì ridondante e stancante arrivati a quel punto. Non solo: il messaggio finale, del potere della musica che da curativa diventa tossica, sia dal punto di vista dei fan e del fandom sia da chi sta dietro il microfono e deve affrontare il peso del successo, si perde e porta ad un epilogo che apre ad un ulteriore prosieguo della storia. Un vero peccato.
Conclusioni
In conclusione viene da chiedersi l’effettiva utilità di un film come Smile 2 dato che prende tanto il buono quanto il brutto dal capitolo inaugurale riproponendo lo stesso schema narrativo: un interessante punto di partenza e uno sviluppo semi-originale, che in questo caso riflette sulle conseguenze tossiche della fama e sul potere curativo della musica al contrario, per arrivare ad un terzo atto che manda tutto all’aria lasciando aperta la porta all’ennesimo sequel di una catena che non sembra non potersi spezzare, proprio come quella soprannaturale del film.
👍🏻
Naomi Scott, perfetta e carismatica come protagonista.
I jump scare ben assestati.
Una regia che crea tensione e un’estetica affascinante.
La nuova tematica affrontata…
👎🏻
…che però si perde dentro una struttura narrativa fotocopia del primo Smile.
I personaggi secondari sono davvero poco approfonditi.
Il finale annulla quello che di buono ha fatto il film fino a quel momento.
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carmenvicinanza · 1 year ago
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Valeria Della Valle
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Ci sosterrà la speranza che fra qualche anno, una donna che abbia deciso di professare l’architettura, l’avvocatura o la medicina, o che veda nel suo futuro la direzione di un’orchestra, o infine che intenda arruolarsi nell’esercito, dopo aver sfogliato le pagine di questo dizionario, scelga di chiamare se stessa architetta, avvocata, medica, direttrice, soldata anche perché “lo dice il Dizionario Treccani”.
Valeria Della Valle, importante linguista, è la prima donna che ha diretto un dizionario della lingua italiana, per Treccani, dove è entrata, negli anni Settanta da giovane redattrice e oggi è nel consiglio scientifico dell’Enciclopedia Italiana.
Nell’edizione del 2022, co-diretta con Giuseppe Patota, ha messo in atto una rivoluzione. Sfidando regole e convenzioni, per la prima volta, il testo registra aggettivi e sostantivi, prima al femminile e poi al maschile, in successione alfabetica: “Non c’era nessuna motivazione scientifica perché questo non accadesse, solo il prevalere storico della cultura maschile“.
Nata a Roma nel 1944 è cresciuta nell’ambiente artistico e culturale di via Margutta. Sua madre dipingeva e restaurava quadri antichi, suo padre lavorava nell’editoria. Da bambina ha assistito alle dissertazioni di adulti come Renato Guttuso, Alfonso Gatto, Sibilla Aleramo, Giorgio De Chirico, Alberto Burri, Carlo Mazzacurati, Enrico Galassi.
Si è laureata alla Sapienza con Arrigo Castellani, che le ha aperto la strada a una spiegazione razionale al processo di cambiamento della lingua.
Ha pubblicato saggi su antichi testi toscani, sulla storia della lessicografia, sulla terminologia dell’arte, sulla lingua della narrativa contemporanea e sui neologismi.
È stata professoressa associata di Linguistica italiana alla Sapienza Università di Roma fino al 2014.
Ha diretto la terza edizione del Vocabolario Treccani dell’Istituto della Enciclopedia Italiana in cinque volumi (1986-1994) e contribuito ad apportare un cambiamento nella definizione della voce “donna”, nel passato sempre definita come “femmina dell’uomo” e in quell’edizione diventata “Nella specie umana, individuo di sesso femminile, soprattutto dal momento in cui abbia raggiunto la maturità anatomica e quindi l’età adulta”.
È autrice di Dizionari italiani: storia, tipi, struttura (2005) e, con Giovanni Adamo, di Le parole del lessico italiano (2008). Insieme a Giuseppe Patota ha pubblicato tredici manuali di divulgazione dedicati alla lingua italiana.
È protagonista di rubriche giornalistiche, radiofoniche e televisive riguardanti dubbi e curiosità sulla nostra lingua, e consulente scientifica di Rai Educational per la realizzazione di programmi dedicati all’insegnamento della lingua italiana.
È socia corrispondente dell’Accademia della Crusca e socia ordinaria dell’Accademia dell’Arcadia. Fa parte del consiglio di amministrazione e del comitato scientifico della Fondazione Bellonci e del comitato direttivo del Premio Strega, del comitato scientifico del Bollettino di italianistica e del consiglio scientifico del PLIDA (Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri) della Società Dante Alighieri.
Presso l’Istituto per il lessico intellettuale europeo e storia delle idee del CNR ha coordinato con Giovanni Adamo, fino al 2019, il progetto di ricerca Osservatorio neologico della lingua italiana (Onli).
Ha scritto soggetto e testo del documentario Me ne frego! Il Fascismo e la lingua italiana, prodotto dall’Istituto Luce Cinecittà, diretto da Vanni Gandolfo e presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2014. Nel 2016 ha realizzato il documentario L’arma più forte. L’uomo che inventò Cinecittà, presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma nel 2016, che ha vinto il premio al miglior documentario di cinema Diari di Cineclub 2017.
Dall’ottobre 2020 ha condotto la trasmissione di Raitre Le parole per dirlo.
Nel 2022 ha pubblicato la sua prima opera di narrativa, La strada sognata, una raccolta di racconti ambientati nella comunità artistica che nella prima metà del ‘900 animava Via Margutta a Roma, che le è valso il Premio Settembrini.
C’è una sproporzione tra gli epiteti offensivi presenti accanto a “donna” e quelli che possono essere riferiti a un uomo. I primi hanno a che fare soprattutto con offese scagliate contro la donna  riferite  alla sua  vita sessuale, di donna che vende il proprio corpo dietro pagamento. Ma è la nostra storia, non solo quella italiana, a mancare di parole a proposito dell’uomo, corrispondenti a quelle usate per indicare un costume al quale è stata obbligata per secoli solo la donna. Anche per l’uomo abbiamo insulti che alludono alle sue abitudini sessuali e certamente in misura non paragonabile, ma qui entriamo in questioni che non hanno a che fare con la rappresentazione linguistica, bensì con la copertura eufemistica di tabù millenari. Sono convinta che non sarà invocando un falò (non solo simbolico) per bruciare le parole che ci offendono che riusciremo a difendere  la nostra immagine e il nostro ruolo. Anzi, vorrei che le espressioni più detestabili e superate continuassero ad avere spazio nei dizionari, naturalmente precedute dal doveroso avvertimento che segnala al lettore quando le espressioni o le frasi proverbiali citate corrispondono a un pregiudizio o a un luogo comune tramandato dal passato ma non più condivisibile. Secondo qualcuno i dizionari sono ��cimiteri di parole”: credo, al contrario, che il nostro sforzo comune debba essere quello di fare in modo che la lingua del disprezzo esaurisca il suo corso, rimanendo come testimonianza sociale, storica, letteraria, del passato. Con la speranza, questo è il mio augurio, non solo da lessicografa, che la realtà (e poi la lingua) cambi, perché le parole non siano più solo femmine, i fatti non più solo maschi.
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tempi-dispari · 2 years ago
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Sirgaus, un disco di epicità wagneriana
Epico. Solo così può essere descritto il disco L’Anguana e la gemma del mare ancestrale dei Sirgaus. Ma non epico nel senso ‘becero’ del termine. Siamo lontani anni luce dal genere inventato dai Manowar. In questo caso epico sta a significare grandioso, wagneriano, sinfonico. Tutto ottimamente legato al contesto narrativo dei testi, in italiano. Gli arrangiamenti sono complessi e sembrano derivare direttamente dalla musica classica alla quale è stato unito il metal. Molto altri ci hanno provato con alterne fortune. I nostri ci sono ben riusciti. Capacità compositive, tecnica, passione per l’argomento, capacità espressiva.
Tutto è racchiuso in questo concept dei Sirgaus. La base narrativa si fonda su una leggenda, quella de L’anguana, appunto. La storia narra che, fin dai tempi più antichi, nei boschi delle Dolomiti di tanto in tanto si possa udire il canto dell’Anguana: la mitologica Strega lacustre che risiede nei nostri monti nutrendosi dei sogni di coloro che abitano i vicini villaggi. Il racconto musicale è ambientato a Cibiana di Cadore nel 1661. Pur senza conoscere nei dettagli la vicenda, l’ascoltatore, come con una macchina del tempo, viene immediatamente catapultato in quell’epoca.
Le due voci, maschile e femminile, si alternano nella narrazione. Il cantato in italiano è fondamentale per visualizzare nell’immediato le immagini proposte dalla musica. La scelta di non utilizzare le voci in maniera ‘epica’, con vocalizzi acutissimi, posture da cantanti lirici, o arzigogoli vari, si dimostra vincente. Il focus resta sempre il racconto. Non si viene distratti da barocchismi inutili. Questo vale anche per la parte strumentale. Il concept pare essere stato concepito più come una colonna sonora che come un semplice disco. Le immagini emergono da sole durante l’ascolto.
E non potrebbe essere diversamente. L’epicità tiene banco anche in brani più lenti, quasi malinconici come La miniera oscura. Tutto è al servizio dei testi. Enfasi, accelerazioni, crescendo sono tutte tecniche che diventano umorali. Pongono i giusti accenti sugli stati d’animo dei protagonisti della vicenda. Il climax narrativo e musicale, sia come tensione che come complessità, viene raggiunto nel brano che presenta la protagonista, l’Anguana. Che segna anche l’ingresso della voce femminile. Qui i fiati, gli archi, le percussioni, dominano creando un’atmosfera giustamente pachidermica, ampollosa. Questa non si alleggerisce neanche nei passaggi più ‘aperti’. Pure in questo caso è l’orchestrazione a vincere.
Notevole e inatteso il passaggio del basso che segna un cambio di rotta che ingigantisce ancor di più l’andamento generale introducendo al solo. Un plauso a proposito dei solo. Tutti circostanziati, nessuna sbrodolatura inutile. Nessun virtuosismo non richiesto. Nessuna volontà di dimostrare la perizia tecnica della band. Cosa che, in ogni cao, si evince ascoltando il disco. Lodevole e notevole la produzione. Non deve essere stato semplice riuscire a coordinare tutti gli strumenti inseriti creando un insieme maestoso, pastoso senza mai essere caotico. Cadre nella confusione con così tanti timbri da gestire sarebbe stato molto facile. Il track by track è impossibile. Vorrebbe dire sminuire il disco che vale nel suo insieme.
In conclusione. Un’opera rock nel vero senso del termina questa dei Sirgaus. Complessa, vissuta, emozionante. Non di immediata assimilazione. Anzi. Servono davvero moltissimi ascolti per riuscire ad apprezzarne fino in fondo la maestosità, le trame. E, come spesso accade in questi casi, ogni ascolto farà emergere dettagli diversi. Non è un disco che si può ascoltare con leggerezza. Anche i fans del metal più sinfonico avranno bisogno di ‘sentirlo’, non solo ascoltarlo. Un lavoro indicato non per tutte le orecchie. Chi cerca leggerezza, solarità, brani orecchiabili che si ricordano dopo un ascolto, potrebbe trovarsi a disagio. In un certo senso si deve già essere predisposti ad un certo tipo non solo di suoni, ma di arrangiamenti. Sarebbe curioso sapere cosa ne pensano gli appassionati, gli esperti di musica classica.
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pangeanews · 4 years ago
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“Sono dominato da donne che non ho mai visto e che attendo – fantasmi”. Le lettere di Robert Musil ad Anna
Raccolte e pubblicate per la prima volta in edizione critica nel 1981 (R. Musil, Briefe, a cura di Adolf Frisé, Rowohlt Verlag Hamburg), gli abbozzi e le lettere dell’austriaco Robert Musil sono state a lungo ignorate dalla critica e dalla germanistica italiana, già severamente messe alla prova dalla scrittura narrativa e saggistica musiliane.
È vero che le lettere compiute ed effettivamente spedite, soprattutto quelle più tarde, legate così drammaticamente all’esperienza degli anni d’esilio, come pure le più datate ad amici, a familiari e a collaboratori di rivista, nell’insieme rivelano uno scarso valore letterario, evidenziando cosi come Musil preferisse affidare le proprie riflessioni e i propri esperimenti piuttosto ai plurimi quaderni dei diari (vedi R. Musil, Diari (1899-1941), traduzione di Enrico De Angelis, Einaudi 1997, pp. 1659). È altrettanto vero però che esiste un gruppo di lettere spedite e abbozzi la cui affinità con una certa sua scrittura diaristica le rende meritevoli di essere lette e godute come veri e propri esperimenti letterari. Sono quelle risalenti al cosiddetto Törless-Zeit, il periodo cioè che va dal 1900, quando il ventenne Robert si cimentava in particolare nelle prose liriche da lui chiamate Parafrasi, al 1905, anno in cui terminò la scrittura del primo romanzo, I turbamenti del giovane Törless (edito nel 1906), ed oltre, fino al 1907, quando morì Herma Dietz, l’ultima protagonista della vita sentimentale di Musil prima della sua unione definitiva con Martha Heimann. 
Notevoli per il carattere sperimentale ad esse attribuito dallo stesso autore, queste lettere e questi abbozzi sono gli unici a possedere una scrittura che è sì tentativo di descrizione della condizione e della sensibilità musilane, ma anche ricerca stilistica propriamente detta. Destinatari sono personaggi femminili i cui nomi in almeno tre casi (Anna, Liesl e Valerie) non sono determinabili nella loro identità.
A fronte di segreti cosi gelosamente preservati da Musil anche nei Diari, dove pure i tre nomi compaiono, è lecito pensare che quelle donne non siano mai esistite e che i loro nomi, le loro figure siano piuttosto riconducibili a quella dimensione d’«irrealtà al femminile» che cosi marcatamente ha caratterizzato la vita e l’opera dell’austriaco in gioventù: “Sono dominato da donne che non ho mai visto e che attendo – prese realmente, forse fantasmi e ridicolaggini.  Ma forse profondamente legate alla mia migliore essenza (artistica)”. Così nella Lettera (2) ad Anna. 
La scelta di presentare gli otto abbozzi di lettera indirizzati ad Anna, tutti risalenti al 1907 e inseriti in R. Musil Saggi e lettere (a cura di Bianca Cetti Marinoni, Einaudi 1995; ora non più disponibile), è dettata dalla presenza in essi di un’omogeneità tale da renderli un’unità determinata dall’evolversi a spirale della scrittura, in un percorso che va da una struttura frammentaria scarsamente elaborata, ad una più complessa, stilisticamente caratterizzata da ripetizioni e ritorni sintattici. 
Allora ancora inediti in italiano, questi abbozzi li ho tradotti e pubblicati una prima volta, per gentile concessione dell’editore Rowohlt, sulla rivista diretta da Luciano Anceschi “Il Verri”, n. 3-4 nuova serie, settembre-ottobre 1987, Mucchi Editore, pp. 5-16.
Vito Punzi
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Lettere a Anna
Ad Anna (1)
9 aprile 1907, Berlino
Cara Anna
Brünn: vivo ora qui così pigramente, così pigramente… Passeggiate su terreni incolti che si alzano e si abbassano con linee tranquille, e più lontano il cielo – questo è tutto. Leggo. Ma non troppo. E vivo propriamente come un uomo che si è già ritirato a vita privata. 
Colui che non vuole rinunciare interamente al nuovo che accade all’esterno e che però da questo non si lascia assediare. 
Come se qui non esistesse la ferrovia, ma solo la posta… Poiché i libri che leggo per la maggior parte hanno mosso già da tempo gli animi e non sono in genere nella condizione di muovere violentemente il mio… (Sabato Santo) 
Brünn: sono triste, Anna. Il mio amico venne a farmi visita da Vienna, il mio amico innamorato e promesso. Ed anche la tua lettera arrivò. 
Percorremmo sentieri lontani nel boscoso paesaggio collinare e sostammo al pallido sole di marzo, là dove lo sguardo si getta lontano sulla pianura. 
Fui liberato per giorni dalle preoccupazioni del lavoro, che altrimenti esigono la mia riflessione, e potei raccogliermi in me stesso. 
Ti sono di peso; la tua ultima lettera me lo lascia leggere tra le righe. Ti sottraggo la gioia e so facendo questo stupendo equilibrio armonico e questa sicurezza che tanto amo in te. Non ho alcun dubbio che te la sottraggo. 
Sento precisamente ciò che vuoi da me e ciò che in me eviti. Hai bisogno di un animo che ti avvolga interamente in forti e teneri sentimenti. Se tu sapessi quanto questo alle volte sia vivo in me; così, come se io fossi te. E invece ti appaio pedante come un saccente…
Berlino: questo accadde una settimana fa. Entrambe le volte vedevo troppo poco chiaro per continuare queste lettere e nel frattempo arrivò la tua cara. Ma le compongo ora perché tu veda che a te pensai, sebbene non scrissi e poiché sento che questi pensieri devono pur essere portati a compimento tra di noi. 
Mi ritrovai, come sai, con il mio amico, quell’amico di gioventù del quale ti raccontai, e lui ed io eravamo un tempo fratelli gemelli spirituali. Oggi questo è qualcosa di diverso. 
Ad Anna (2)
Mentre lui ti ispira scrupoli intorno a ciò che tu sino ad oggi hai fatto senza esitazione e a tuo profitto?  Vorrei vederti più che mai in un castello, circondata da una servitù nata serva della gleba. 
Che razza di idee… 
Sono triste, Anna. Il mio amico venne a farmi visita a Vienna, il mio amico innamorato e promesso. Ed anche la tua lettera arrivò. 
Percorremmo sentieri lontani nel boscoso paesaggio collinare, e sostammo al pallido sole di marzo, lì dove lo sguardo si getta lontano sulla pianura. Sono stato liberato per giorni dal peso del lavoro, che pretende la mia testa, e potei raccogliermi in me stesso. 
Non mi ritengo un uomo da compatire, ma neppure un uomo felice. Non desidero barattare con alcuno, ma non sono felice. Non possiedo alcun talento per essere felice, come si dice…
E ti sono di peso. La tua lettera me lo dice tra le righe. Ti sottraggo la gioia e la tranquillità, e questo stupendo equilibrio armonico che tanto amo in te. Non ho alcun dubbio che te le sottraggo. 
Sento precisamente ciò che vuoi da me e ciò che in me eviti. Ci sono momenti nei quali non posso fare a meno di te. – Quando ti vedo di fronte a me – in abito bianco con i tuoi capelli neri, quando ti aspettavo, oppure quando ti trovi chissà dove, ora, nell’abitazione dei miei genitori. È sera quando sono solo – noi due sempre come coloro che rimangono insieme quando gli altri se ne sono andati. –
Vedo le tue gambe in un abito tirato – quanto le amo, quelle gambe che non ho mai visto – tu puoi appena crederlo. Capitano di questi momenti, e vorrei sposarti, con intenzione chiara, e vorrei esserti fedele, fin dove mi conosco nonostante tutto – e darei tutto ciò di cui tu ed io ora siamo privi – arrivano però momenti in cui tu retrocedi – tu come sei – di fronte a sogni ed immagini che forse non si realizzeranno mai. Sono dominato da donne che non ho mai visto e che attendo – prese realmente, forse fantasmi e ridicolaggini. Ma forse profondamente legate alla mia migliore essenza (artistica). Sono questi poi i momenti nei quali vorrei fare di te tutto.
E poi hai di nuovo ragione con il tuo prendermi come sono. Potessi dunque ora sposarti, sarebbe bene – in questo momento però i due stati si sostituiranno sempre l’un l’altro con imprevedibilità. 
Ho trovato infine l’energia per fare in me chiarezza in proposito. E non sopporto di tacertelo. Devi sapere come essere in questo. 
Mi conosci ora così bene che non hai bisogno di dubitare del mio amore. Io ti sarò sempre fedele.
Ad Anna (3)
Cara Anna. Ti ringrazio per la tua lettera. Non perché mi vuoi sapere libero, non ho atteso che questo da te, ti ringrazio per la tua posizione – essa è sincera
Possiederai già la mia seconda lettera, giudicherai già molto diversamente – lascia però che dica ancora qualche parola, e spero non siano le ultime che mi permetti. 
Tu stessa dici che lo scrivere, l’arte è la mia vita. Hai ragione; è – non voglio dire la mia vita vera e propria – certo ciò che si nutre di altro e prende forma attraverso le sue richieste. Poi però le azioni reali – che si compiono veramente o si omettono – non vanno giudicate come fanno gli altri uomini, i quali sono realmente tanto buoni o cattivi, tanto ricchi o poveri come si mostrano nella vita. E se un sentimento fiorisce esitante e pallido invece che ardente, non si può dire che il fusto che lo regge sia povero e debole. È altro Anna, solo altro. E le leggi con cui si giudica secondo forza e debolezza in questo caso non valgono. Ma proprio per questo, e perch�� si sta di fronte a un nuovo sentimento come fosse un miracolo di cui non si conosce via d’uscita, si deve essere sinceri e dire: è così, ti fidi? Devi ritirare ogni tua promessa e ad ogni momento lasciare solo la dolcezza che ha in sé, come se la catena alla quale è legato, ad ogni istante che segue potesse spezzarsi –
Dico questo perché parleresti di indifference e certo, come tu affermi, l’indifference è la cosa più miserabile. Amicizia non è certo il nome per indifference; è il nome per una nuova via (e nuova non solo per noi). Si potrebbe dire ugualmente bene: amore libero, poiché investe il senso più significativo di quella parola.
È la differenza che c’è tra due uomini che vivono insieme e due altri ognuno possessore di una propria casa e reciproci frequentatori. Certo vi saranno uomini per i quali la seconda soluzione significa la fine, altri per i quali questa rappresenta l’unica forma possibile – l’una è bella l’altra diversa. Ma osserva attentamente che anche l’altra è bella e che essa possiede libertà insostituibili. Non si può dire che questi uomini non si amino. Essi si amano, sono ospiti l’uno dell’altro e si donano le ricchezze della propria casa, e tutto ciò è possibile solo perché essi non posseggono semplicemente un’abitazione. Certo lo si chiamerà per una volta amore, poiché con questa parola si pensa ancora oggi quasi esclusivamente qualcosa che comprende l’intera vita come una comune camera da letto, allora preferisco dire amicizia.  (Perché ci sono uomini che portano ovunque con sé la propria camera da letto, come fosse un guscio di chiocciola)
Ad Anna (4)
Da una lettera
Ci sono uomini che non hanno mai giocato diversamente con le donne. Ma non si può pensare a limitati uomini d’affari o ad assessori prussiani. Ci sono uomini di valore, giocosi, eternamente fanciulli – agitati come prati al vento – troppo agitati e teneri, cara A, per essere il robusto fusto al quale si possa avviticchiare – nella provata immagine dell’organetto – l’edera della dolce femminilità.  Citeresti anche gli animali? 
Perché no? Pavoni e nobili fagiani, animali che nella propria suntuosità non possono sentirsi a sufficienza? Sai, in fondo tali uomini amano forse solo se stessi. Chi è povero può praticare facilmente l’ascesi, ma chi sa che ogni volta può risplendere in nuovi colori…? E colui che così ama se stesso, ama in fondo Dio, il mondo, il paesaggio, il sole, l’aria primaverile – tutto l’incomparabilmente splendido e l’infondatamente grande. 
Ma dimmi, non desideri amare anche questo? Essere un uccello del paradiso? Oppure un soffice prato che ognuno vuole per sé e che poi però solitario appare nel suo maggior splendore? 
Metafore, solo metafore Anna. Ma le metafore sono come musica nella sera proveniente da chissà dove, da una qualsiasi casa solitaria nascosta dietro i cespugli e come da sogno al suo interno. Non si sa dove sia e quali sogni nasconda. E non lo si saprà, perché con la sera la musica subito si dissolve. 
Così devi accettare anche questo. Si ascolta in noi qualcosa di estraneo e di invitante.  Si fa un paio di passi, ci si ferma perché non è possibile raggiungerlo, si dice all’altro: ascolta, un suono. Come può essere, cosa lo produce?… e si pensa quanto sia solitario ed estraneo il mondo, quando improvvisamente un suono si perde, un suono amato per alcuni istanti con tutta l’anima e certo impossibile da comprendere. Ci si prende per mano per riflettere in due. Si parla di ombre. Perché è bello parlare quando ci si tiene per mano. 
Non capisci che questo amore, timoroso e per entrambi incalzante, è qualcosa di profondo?…
L’uomo che in fondo ama solo le metafore e per il quale anche l’incesto è una metafora. La donna per la quale ciò deve essere una realtà, un compimento. 
*
Ad Anna (5)
Mi scusi cara, se le scrivo simili parole. È forse un abuso della sua fiducia. Ma le parole sono veramente brutte e fuori luogo. Almeno per ciò che in queste notti mi attraversa in forma di pensieri. 
Mi lasci dunque ragionare ancora un poco. 
Di fronte a una sua parola ho una paura terribile: mi rende orgogliosa il significare qualcosa per un uomo del suo genere – così mi disse all’incirca. Un simile orgoglio ed il rammarico di non poter più dare rende tenero e dolce l’aspetto di una donna. Ciò potrebbe ingannare lei e me. Per questo volevo mostrarle il rischio. È troppo grande per essere preso a cuor leggero. La passione è qualcosa di assolutamente unico nella vita di un uomo. Come lo sono una sventura spietata e la morte di cose uniche. Essa però distorce tutto. È estasiata, estranea, fuori di sé come l’essere posseduti da un Dio.  Era per me come le doglie del parto del divino. Essa si cela dietro il discreto sipario di un tempio. Sferza tanto l’uomo che un grido lacera il suo viso e incide sul suo volto linee strane e incomprensibili come il morire e il partorire. Dall’esterno non la si può vedere. Poiché ci si spaventa anche dell’uomo che non si riconosce, si prova forse disgusto perfino di fronte alla sua estasi.
Se lei mi vede dall’esterno come una cosa cara e preziosa cui non si rinuncia volentieri, allora metta da parte questa lettera e mi scriva in poche righe che lei ama la giornata chiara e la freschezza di un’anima serena. Mi vergognerò così d’averle presentato un simile aspetto e proverò con l’amicizia di renderlo buono. 
…poiché ci si deve trovare nella stessa camera buia e sentire la stessa oscurità formarsi nella sua anima, e dell’altro non provare che la calda ombra e un bagliore nei suoi occhi. E questo pensiero va compreso per intero, veramente per intero: un uomo è un animale che talvolta può sognare un’anima…
Pensi alla vita quotidiana. Quanto sono stupide le cose con cui ci battiamo e quanto orribili spesso i nostri gesti e le faccende che la vita ci impone. Trascorra così una giornata qualunque. Dalla mattina alla sera. Quanti giorni consistono di null’altro che di questa mostruosità; e poi la chiamiamo indifferente, necessaria e così via. Solo alcuni momenti – lei li conosce attraverso l’arte – sono diversi. Ma me? È bello abbandonarsi ad un suono con la bocca spalancata?  Oppure era bello il tremore delle mie labbra quando le declamai Rilke? Certo no. Ma qualcosa scaturì dall’interno e ci toccò. Qualcosa? No, nulla. Non deve essere scoperto. È… nulla… una luce che improvvisamente tutto trasforma e da nessun luogo giunge un sogno… un sogno di un’anima. 
Questo si deve sapere. Poi ci si piega alla mostruosità del turbine, perché si sa, l’animale sogna, il misero animale sogna mirabilmente, in lui sogna il Dio, l’uomo, e divenne orribile, perché l’amore è molto più profondo quando si erge sull’abisso. Ma certo bisogna averlo sperimentato.  Oppure si può pensare che l’animale per un attimo generi un’anima. 
Si interroghi. Non sull’amore – su di un nome, piuttosto si chieda se può tollerarlo. Si interroghi se è in grado di sopportare in una simile solitudine la mia compagnia. I nostri giorni sono contati, come le giornate autunnali. Ciò che è tra di noi non ha nome, ma non è il problema di che cosa sia, piuttosto di che cosa ne facciamo. Chi vive la primavera e ha di fronte l’estate può affrontare la sfida. Noi dobbiamo portare a fioritura un tardo, tenero fiore ancor prima dell’inverno. Per quest’unica volta, in questioni morali sia ragionevole. 
*
Ad Anna (6)
Mi è intollerabile a letto
Oggi ho trascorso la notte insonne, steso sul sofà, col fumare di sigarette, di fronte alla porta aperta del balcone, d’un giallo color vino l’intermediario sentimentale: la luna. Non ho acceso lume per tutta la notte. Ho gustato un sentimento lontano, lontano distante quasi quanto gli anni dell’infanzia. Lo conosce? In una notte siffatta tutti i fili che ci legano agli uomini della vita giornaliera sono Spezzati. In una notte siffatta i mobili si spostano per la stanza e qua e là spunta la loro ombra da ogni angolo e da ogni dove ci chiamano con suono leggero. In una notte siffatta l’immagine non resiste allo specchio. Come un’ombra grigia si muove sul vetro nero velluto, cresce, di nuovo si ritira, sembra essere la nostra immagine e poi ancora solo una nebbia inquietante nello spazio sinistro. 
… sogno, avvenuto in noi un tempo. 
In una simile notte siamo diversi. E tuttavia noi stessi… Come un sogno più volte avuto…
Non posso volere. Non posso dire: vieni, vogliamo imboccare una strada insieme e sempre. La volontà possiede un futuro, un fermo sì e no tra gli uomini. Io non posso. Possiedo solo l’istante. Vivo solo nella notte. Nelle ombre delicate che ora sembrano essere la nostra immagine, ora qualcosa di completamente diverso, e certo noi stessi siamo troppo profondi… Così non comprendo l’istante. 
Mi si definisce uno psicologo. Non lo sono. Vengo attratto solo da cose certe e rare.  Indovino in altri e in me processi che sfuggono agli uomini, ma non so come io and lei nell’insieme, umanamente, di giorno… appariamo. Conosco quasi esclusivamente le immagini sul vetro nero, che si rimirano ora simili ora così estranee, nuove, diverse, che ci stupiamo di essere così.
Mi capisca bene: non parlo di me come di colui che lei incontrò qua e là, piuttosto di me come sono negli istanti più rari e veri, tra i quali spesso corrono anni, e so come voglio essere per lei. 
Di più posso appena dirle che non trovo sonno ed amo ciò, passando la notte con ombre e pensieri, scosso come acqua percorsa dal turbine…E sono felice. Certo appassionatamente felice. 
Non vogliamo dare alcun nome a questa passione; lei non lo desidera. Essa non ne ha bisogno. Ogni nome inoltre risulta precario ed inopportuno. E quando una tempesta è tanto violenta non si domanda se essa viene da nord o da est. Essa giunge urtando. E sferza i pensieri innanzi a sé, così tanto, così violenta, così estranea, che quelli non si lasciano afferrare. E lacera divise nell’anima, cosa che si osserva quando non si è ancora mai raggiunto il fondo di se stessi…Ed è di nuovo silenzio. (Forse dormo alcuni minuti) Mi stanco. Non ricordo più nulla. Ed è come se tenessi la sua mano e la potessi accarezzare ed intorpidire. Ed è come se potessi posare i suoi capelli sul mio viso…
Robert Musil
L'articolo “Sono dominato da donne che non ho mai visto e che attendo – fantasmi”. Le lettere di Robert Musil ad Anna proviene da Pangea.
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il-pipistrelloh · 4 years ago
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Folklore: l’album della libertà
Cari lettori, come al solito lascio qui per voi, con un po’ di anticipo il mio ultimo articolo, scritto per CogitoEtVolo. 
Stavolta mi occupo dell’ultimo adorabile album di Tay Swift, sulla quale potrei scrivere una tesi di laurea, ma per ora mi limito a questo.
All’inizio di questa inusuale estate eravamo tutti consapevoli di doverci preparare all’imprevedibile, ma mai quanto lo dovevano essere i fan di Taylor Swift che lo scorso 24 luglio si sono svegliati con la piacevole sorpresa del rilascio di un album nuovo di zecca: folklore.
È successo proprio così, la cantautrice statunitense, ormai star internazionale, con un attivo di dieci Grammy, ha annunciato tramite un semplice post su Instagram che allo scoccare della mezzanotte avrebbe reso pubblico il suo ultimo inaspettato lavoro.
La libertà ritrovata
La verità è che folklore non sarebbe probabilmente mai dovuto esistere se non per una serie di particolari coincidenze. Dobbiamo tenere a mente che questo è il secondo album che Taylor Swift auto-produce (il primo era stato Lover), in quanto dal 2019 non è più legata alla sua storica etichetta discografica, la Big Machine Records. Questo, oltre a garantirle una assoluta libertà creativa, la lascia priva di qualsiasi direttiva o standard a cui dover rendere conto, se non il proprio incontestabile giudizio.
Allora scompaiono i sound pop e commerciali ai quali aveva teso, o forse si era dovuta adeguare, per attirare l’interesse delle radio e creare performance esplosive nei suoi tour mondiali. In un mondo in cui le luci del palcoscenico sono costrette a spegnersi Taylor ci mostra cosa rimane di una grande artista come lei: una ragazza in vestaglia nel bosco, a cui basta una chitarra acustica per trasformare la realtà in leggenda.
Da un primo ascolto, è evidente che il disco non sia pensato con l’intento di essere portato in scena davanti a un grande pubblico. Il sound che ci viene proposto sembrerebbe invece molto più adatto a fare da musica di sottofondo, a trasportarci mentalmente nella magica atmosfera di un falò di campagna. Piano, chitarra acustica e fisarmonica, nitidi e delicati si fondono perfettamente e contribuiscono all’inganno: è un album registrato in studio ma sembra ce lo stiano suonando davanti.
Un’antologia musicale
A questo punto devo fermarmi per fare una precisazione, folklore è composto da 16 tracce ascoltabili in ordine libero, tuttavia tuffandosi a capofitto fra i suoi brani c’è il rischio che questi passino per una sorta di unica, noiosissima, litania. Può succedere, ed è forse la maggiore criticità, ma se succede è solo perché non ci si è ricordati della caratteristica più importante nell’universo Swiftiano, ovvero la scrittura.
I fan più affezionati lo sanno ed è ora che lo sappiano anche tutti gli altri: quella di Swift è una figura a metà tra la cantante e la poetessa. È sempre stato così, ogni sua canzone è una storia con un inizio e una fine ben precisa. Con folklore, però, è stato fatto qualche step in più. Innanzitutto, per la prima volta dopo sette album vengono abbandonati i temi personali – che negli anni scorsi le avevano causato non pochi guai a livello mediatico – e si approda dichiaratamente a una scrittura impersonale. Accade così che la scelta del titolo non si riferisca solo al genere musicale ma combaci anche perfettamente con il contenuto di storie estemporanee che sembrano aleggiare nell’aria, folkloristiche, per l’appunto.
La trilogia narrativa: Cardigan, August & Betty
Siccome Taylor è veramente una brava storyteller tra i vari passi in avanti c’è quello di aver raggiunto un livello di scrittura creativa multidimensionale. Sempre facendo attenzione alle parole ci si accorge che in tre brani diversi viene raccontata un’unica storia da tre punti di vista. In Cardigan, August e Betty siamo introdotti allo struggente triangolo amoroso di 3 adolescenti, ognuno con le proprie speranze, riflessioni e delusioni, descritte in maniera molto vivida da chi ha fatto della bravura nel raccontare i sentimenti adolescenziali il suo cavallo di battaglia. I protagonisti sono rispettivamente Betty, la ragazza tradita in Cardigan, Inez, l’amante protagonista di August e James, l’oggetto della contesa che si pente in Betty.
A riguardo, qualche imperdibile curiosità: i nomi dei tre protagonisti omaggiano e riprendono quelli delle tre figlie della coppia Blake Lively – Ryan Reynolds. In particolare pare che il nome della loro terzogenita, Betty, sia stato rivelato ufficialmente proprio tramite la canzone. Inoltre, i fan più attenti sospettano che il triangolo amoroso della storia possa essere tutto al femminile, in quanto, come abbiamo visto, il personaggio di James non solo è ispirato a una bambina, ma richiama anche James Taylor, da cui notoriamente deriva il primo nome della Swift. Una teoria del genere si intonerebbe molto bene con l’attivismo per la comunità LGTBQ+ in cui la cantante è impegnata.
Il tema della predestinazione
“One single thread of gold tied me to you”
A rafforzare il carattere mistico e leggendario delle canzoni in Folklore c’è anche la tematica della predestinazione. In Invisible Strings Swift riavvolge e riguarda un immaginario rullino della vita, in cui ogni cosa sembra più chiara e sensata una volta vista dal punto di arrivo. La confusione del percorso si sostituisce alla certezza che non sarebbe potuta andare altrimenti e così tanti elementi, apparentemente insensati, si uniscono per magia in puzzle perfetto.
“If one thing had been different
Would everything be different today?”
Tuttavia, ad ogni scelta intrapresa per compiere il proprio destino si contrappongono altrettante possibilità lasciate andare perché «if you never bleed you never gonna grow». Questo è quello che ci viene detto in The 1, messa da requiem per un amore passato, in cui il rullino si svolge nella direzione del “se solo fosse stato, sarebbe potuto essere”.
Cosa ci riserva il futuro?
A due mesi di distanza dal lancio, folklore ha già infranto parecchi record nelle classifiche musicali di tutto il mondo. Quindi la domanda principale è: il percorso discografico di Taylor Swift d’ora in poi si dirigerà verso un ritorno alle origini country, fatto di brani intimisti e orecchiabili? O ricorderemo folklore come una sorta di piacevole spin-off dovuto alla quarantena?
Ai posteri l’ardua sentenza.
Il-pipistrelloh
(instagram:@il_pipistrelloh)
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dilebe06 · 5 years ago
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Per festeggiare i drama visti quest’anno ho deciso di rispondere ad un quiz di 45 domande sulle serie tv, prendendo in esame solo i drama visionati in questo 2019.  
 Rewatch compresi.
Quindi: Meteor Garden, The Untamed, Secret Garden, Rich man poor woman, Designated Survivor 60 days, Strong Woman Do Bong Soon, Vagabond, Well Intended Love, You are beautiful, Shining Inheritance, Triad Princess.
1. Serie tv preferita: Designated Survivor 60 days
Non è stata una decisione facile perchè anche The Untamed e You Are Beautiful hanno una grande fetta del mio cuore.
Alla fine la scelta è ricaduta su questo drama per svariati motivi. 
Il primo è che ho voluto essere coerente con il voto alto che gli ho dato. 
In secondo luogo poichè abituata a serie asiatiche a mò di drammoni o commedie leggere, DS60D è stato un forte elemento di novità.  Capace di tenermi incollata allo schermo dall’inizio alla fine, mi ha regalato tantissimi spunti di riflessione, personaggi ambigui e complotti politici. 
Ha saputo mantenere alta la mia attenzione portandomi più volte a domandarmi “e adesso cosa accadrà?”  Tensioni, colpi di scena, attentati, un indagine da risolvere, depistaggi, doppiogiochi, il Segretario Cha... 
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 2.  Serie Tv che ti è piaciuta meno:  Well Intended Love
Personaggi con comportamenti incomprensibili, turbe mentali, scene a caso, villain caratterizzati in modo semplicistico. E poi rapimenti, gente drogata o ipnotizzata...
Questa serie è 50 sfumature di Grigio, senza sesso. 
Ma la cosa peggiore è sicuramente la sua brutta scrittura. Oltre che la sua ipocrisia: perchè Well Intended Love massacra An Ran per aver complottato nell’ottenere Ling e allo stesso tempo santifica il Protagonista che si è comportato nello stesso modo. 
Manco la coerenza narrativa oh. 
  3. Protagonista maschile preferito: You Are Beautiful
Questa è una bella lotta a tre tra il Presidente Park, Wei Wuxian e  Hwang Tae Kyung. 
Ognuno di loro in realtà merita di vincere, ma alla fine il mio voto va al Leader dei AN. JELL: Tae Kyung è obbiettivamente adorabile ed ho amato come nasconde il suo essere un tenerone dietro sguardi di fuoco e gesti brutali. 
Per una volta lascio vincere la leggerezza e voto con il cuore. Ho adorato come Tae Kyung si occupi e preoccupi per la protagonista come nell’operazione chirurgica a cui sottopone due peluche per ottenere il regalo perfetto. 
Ben caratterizzato ed approfondito psicologicamente. 
E poi è il più divertente di tutti. Le sue smorfie, espressioni, il modo in cui ti dice in faccia che odia il genere umano ma alla fine ha la pazienza di un santo, te lo fanno amare.
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 4. Protagonista femminile preferita: Vagabond
Buffa ma capace di essere seria e professionale. 
Hae Ri mi ha piacevolmente sorpresa per il suo carattere allegro ma anche compassionevole. La ragazza è determinata, di buon cuore, non si lagna in continuazione ed è spinta da grandi ideali. 
Forse le mancherà l’esperienza rispetto ai colleghi più anziani, ma l’impegno e l’ottimismo sono delle belle armi che me l’hanno fatta piacere subito. 
Inoltre è l’unica che riesce a far aprire Cha ed instaurare con lui un vero legame. 
 5.Miglior Coppia: Meteor Garden
Una coppia che ha affrontato un percorso molto travagliato ma che alla fine “dagli e dagli” ....ha vinto.  
Come Romeo e Giulietta ma senza morti hanno affrontato varie problematiche nella loro storia, uniti dall’amicizia con gli altri F4 e dal loro amore, più forte di tutto e tutti. 
Amore non ricambiato, diversità di status sociale, brutto carattere di Daoming Si, indecisione di Shancai, l’opposizione della madre di lui, la povertà, i ricatti, le mazzate... per raggiungere l’epicità ( e l’angst) con il loro ultimo appuntamento a Londra. 
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Credo che la cosa che ho maggiormente apprezzato sia la costruzione della loro storia e la maturazione che compiono mentre l’attraversano: Lenta, graduale e costante. 
6. Miglior Scena d’azione: Vagabond
Questo drama è tutto una “scena d’azione” ed in alcuni punti raggiunge quasi vette di incredulità. 
La scena d’azione che più mi è rimasta impressa è senza dubbio quella della prima puntata: l’inseguimento lunghissimo tra Cha e l’attentatore per il vicoli ed i tetti del Marocco. 
Questi due se le sono date di santa ragione per quasi 5 minuti e ho adorato ogni singolo fotogramma. 
La serie bilancia bene momenti più calmi e intriganti con altri più d’azione, dove le pallottole, i cappottamenti, bombe e proiettili si sprecano finchè persino il tuo cervello è coinvolto nella scena d’azione.
   7. Miglior momento comico: You Are beautiful
Solo la gif è un monumento a se stante.
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Va bene che in questo drama si ride praticamente in ogni episodio ma questa scena racchiude perfettamente l’apoteosi della comicità. XD
In questa scena Tae Kyung offre al pubblico una sua rivisitazione del Gladiatore...prima di essere inseguito da un maiale. LOL 
Ho riso assai.
 8. Miglior bacio: Strong Woman Do Bong Soon
Quello tra Min Min e Bong Bong sul pianoforte è stato davvero carino e simboleggia la consapevolezza della protagonista di essere innamorata di Ahn. Presentarsi a casa del Presidente in piena notte per dirgli che gli mancava...è stata una bella gioia. 
Sia per noi che per Min Min.
Avrei potuto mettere anche quello sulla spiaggia in realtà, ma questo mi da più l’idea di un simbolo per la loro storia: dopo che Min Min ha “perseguitato” la protagonista offrendole il suo amore, adesso è lei che si sente pronta davvero a ricevere e dare questo amore. 
9. Miglior Villain: Vagabond
Stronza e ambiziosa. 
Potentissima e molto intelligente ( mi ricorda Cersei di GOT) Jessica mette in piedi un piano molto complesso che coinvolge le più alte cariche dello Stato Coreano. 
Capace di portare dalla sua parte anche uomini di cui si narra l’onestà, come il ministro della Difesa, questa donna è terrificante. 
E per questo perfetta. 
Riesce grazie al suo potere mafioso, a capovolgere le situazioni più spinose - come le ragazze nella cella insieme a lei - ed è bellissima nella consapevolezza delle sue capacità.
 10. Miglior Ost: You Are beautiful
Qui questa serie ha gioco facile perchè YAB è un drama musicale e cosa ancora più “scandalosa” la voce di Jang Keun -Suk mette i brividi da quanto è bella. 
Still e Promise sono Ost da ascoltare e ballare a ripetizione URLANDO per dare sentimento alla canzone mentre Without Word è la canzone simbolo dell’intera serie. 
Va beh che Jang Keun Suk potrebbe cantarmi tutta la Bibbia e lo voterei a prescindere.
Da brividi poi, la canzone che Tae Kyung canta alla fine della serie.
  11. Miglior ambientazione/location: Rich Man Poor Woman
La Next Innovation con il suo muro dove scrivere pensieri e creare ricordi, ha avuto un grande impatto su di me. Questa idea di un azienda dove non si timbra il cartellino ma viene esaltata la creatività, porta il concetto di “lavoro” ad un altro livello. 
Quindi non è tanto la bellezza della Location ( altrimenti il Marocco di Vagabond o I Meandri delle Nuvole di Untamed avrebbero vinto a mani basse) ma il pensiero che c’è dietro.
  12. Miglior scena WTF?! : Well intended love
L’indimenticabile momento in cui Xia scopre di non aver mai rischiato di morire per la leucemia e chiedendo spiegazioni a quel caso umano del marito, Ling se ne esce fuori con la mia frase WTF di quest’anno:
“ eh si, mi dispiace di averti fatto credere di stare per morire di leucemia quando eri solamente anemica. Però da quando ci siamo sposati, ti ho sempre trattato bene, no? tutto risolto, giusto?” 
Oppure la scena dove la serie decide di annegare i problemi di Ling in un mare di diversivi per fare in modo che lo spettatore non ci pensi. 
Sono davvero troppi da inserire. 
 13. Personaggio più intelligente: The Untamed
Battaglia all’interno della stessa serie tra Nie Huaisang e Jin Guangyao. Sono entrambi intelligenti e fini manipolatori seppur con motivazioni diverse i Petyr Bealish e Varys della Cina
Do il mio voto al Clan Nie alla fine, perchè Meng Yao è stato fatto fuori proprio grazie a Huaisang che rimanendo e muovendo le fila nell’ombra si è rivelato un ottima eminenza grigia molto più intelligente del suo collega. 
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 14. Personaggio meno intelligente: Well intended love
An Ran e il suo complice si meritano il premio “ piani del caz..o” a mani basse. 
Ma che idea è quello di ipnotizzare Ling? 
Sicuramente è più intelligente di far super sbronzare Xia, mandare un messaggio anonimo a Chu per fargliela incontrare e successivamente invitare Ling ad assistere alla scena di sua moglie che ubriaca come una spugna, ci prova con Chu scambiandolo per Ling. 
Chu e Ling sono come fratelli.
Davvero non c’era nessun altro da far usare per far “ingelosire” Ling?
 Nessuno? 
E voi siete i villain? 
sicuri?!
15. Miglior Personaggio Comico: Strong Woman Do Bong Soon
Oh Dol-pyeo è obbiettivamente la mia drama queen del cuore. 
I suoi vestiti, i suoi urletti, le sue movenze ed espressività me lo hanno fatto amare alla follia. 
Epica la scena dove interrompe la cerimonia nunziale del suo amato urlando:-” NOOOOOOOO” e gettandogli i fiori addosso. 
Carismatico, irriverente, dispettoso, esigente..questo personaggio mi ha conquistata già nei primi due secondi di scena.
 16. Miglior Second Lead: Well intended love
Battaglia a tre: Ciccio di Triad Princess, Il Direttore Im di Secret Garden o Chu di Well Intended Love. 
Entrambi i ragazzi mi sono piaciuti sia come personaggi sia nelle relazioni con le loro controparti. Mi tocca andare ad esclusione: Ciccio lo scarto perchè bello, buono e innamorato quanto ti pare..ma era un pò troppo azzerbinato.
Rimangono SG e WIL. 
Siccome il protagonista di Secret Garden non mi era piaciuto ma almeno non era matto come Ling, do il mio voto a Chu. 
Nella speranza - illusoria - che il suo amore potesse salvare Xia da CapoMafia Ling. Ed inoltre perchè il suo rapporto con la protagonista era più sano e scritto meglio di  quello tra Xia e Ling. 
Daje Chu!
17. Miglior momento triste: The Untamed
Quanti pianti mi ha fatto fare questo drama! 
Ma se devo scegliere un solo singolo momento, penso alla scena di Jiang Cheng che prova il suo nuovo Nucleo d’oro senza sapere il prezzo che suo fratello ha dovuto pagare per darglielo.
La felicità sul volto del Capo Clan dei Jiang è dolce amara per lo spettatore che ha assistito al sacrificio di Wuxian. 
Ho pianto assai. Sopratutto perchè la relazione tra questi due fratelli è una delle più belle che io abbia mai visto. 
 18. Miglior finale: Secret Garden
Una delle cose più belle di Secret Garden oltre Oska e le Ost, è il finale. 
Serio, coerente e crudelmente realistico: la madre che non approva il matrimonio e per tre anni rifiuta di dare la sua benedizione è una cosa che ho enormemente apprezzato. 
Gil Ra Im e Kim Joo Won si amano, sono civilmente sposati e hanno tre figli ma non è una fine alla “mulino bianco style”: il rifiuto della mamma di Joo Won è una ferita aperta, cruda ma realistica.
19. Miglior Outfit: Designated Survivor 60 days
Premettendo che la moda asiatica mi lascia ogni volta stupita per l’impressione che gli attori si vestano al buio: taglie, colori, modelli, tessuti...tutto a casaccio, voto tutto lo staff della Casa Blu: uomo in giacca, cravatta e completo. 
Fine e pulito.
Mai una giacca fuori posto, una camicia sbottonata o una cravatta slacciata: la parola d’ordine è perfezione. 
  20. Miglior Bromance: Designated Survivor: 60 days
Ho rivisto il 12° episodio di Designated Survivor 60 Days 4 volte: qua viene definita la relazione tra il Presidente Park ed il Segretario Cha.
Bellissimo come il Presidente che è un uomo di scienza e dati decida di non ascoltare le formule che per tutta la vita hanno guidato le sue decisioni e da fiducia a Cha. 
Il Segretario a sua volta, sacrifica la sua carriera politica e le sue ambizioni perchè crede nelle capacità di Park di fare il Presidente. 
Un bellissimo rapporto fatto di alti e bassi, di fiducia reciproca, consigli e fedeltà.
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21. Personaggio più odiato: Shining Inheritance
La madre di Seung Mi è sicuramente un personaggio che ho odiato. Abbandonare il figlio disabile, tenere separata la famiglia, mentire alla figliastra..tutte azioni terrificanti che la donna compie senza avere nessun rimorso.
E questa è la parte peggiore: alla fine della serie quando tutto è perduto, la donna tenta il suicidio, ma  non lo fa per rammarico, ma perchè ha perso la battaglia. 
Come le dice il marito...non è umana. 
 22. Personaggio più amato: The Untamed
Jiang Cheng assolutamente. 
Ho seguito con emozione la sua storia, litigando con lui mentalmente quando se la prendeva con il fratello o riempiendomi d’orgoglio quando si sedeva nel “trono “ del Clan Jiang. 
L’ha amato per essere molto umano: incapace di vedere il dolore del fratello per la perdita della LORO famiglia, tenta di tenere insieme quello che ne rimane...ma fallisce. 
Lasciato da solo ad occuparsi di un nipotino orfano, passa 13 anni pieni di dolore e risentimento che non sa gestire e solo alla fine della serie capirà i suoi errori e ricomincerà piano piano a trovare la sua pace. 
Un personaggio che è un guazzabuglio di emozioni represse..non posso non amarlo.
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 23. Peggior finale: Shining Inheritance
Più che brutto...è insoddisfacente. 
Seung Mi e sua madre finiscono la serie in un paesino di campagna, belle e pacifiche. Non è soddisfacente perchè per tutte le malefatte che la matrigna ha combinato, mi aspettavo almeno un anno di galera. E un percorso terapeutico
Se il fatto che abbiano perso i soldi e l’amore di Hwan è la loro punizione..sinceramente mi aspettavo di più. 
24. Miglior Attore: The Untamed
Wang Yibo è stato un Lan Zhan perfetto. 
Ho trovato impressionante come abbia impersonato il suo personaggio semplicemente attraverso gli sguardi.
Il fatto che Wanji parli poco non implica la semplicità...anzi. Credo che sia ancora più difficile far passare un messaggio - come l’amore di Lan Zhan per Wuxian - usando solo lo sguardo. 
E Wang Yibo ce l’ha fatta. 
25. Miglior Attrice: Vagabond
Suzy mi è piaciuta tantissimo.
 Un attrice che è stata capace di farmi empatizzare tantissimo per il suo personaggio e mi ha saputo dare molte emozioni. 
Il suo attaccamento alla giustizia, il ruolo di suo padre, la sua relazione con Cha, l’impegno nel suo lavoro...Suzy è per me stata capace di dare vita ad un ottima Go Hae Ri.
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26. Miglior cast: The Untamed
Appena finii di vedere la serie mi partì un applauso mentale per l’intero cast.
Dai due protagonisti ai ragazzi che interpretano i discepoli: non ho mai provato la sensazione che stessero recitando, riuscendo a coinvolgermi nella storia. 
Dal personaggio più complesso come Yue Xang a quello più semplice di Wen Ning...l’intero cast è ottimo. 
Sopratutto e qui faccio i complimenti di nuovo, ai discepoli: nonostante la giovane età hanno interpretato egregiamente il loro ruolo. 
 27. Quale personaggio avresti voluto essere e quale non avresti voluto essere: Traid Princess e Designated Survivor 60 days
Avrei voluto essere Angie Ni in Triad Princess. 
Prima di tutto perchè è una figlia di un Capo mafia e non si vede spesso un ruolo così. 
Inoltre è un carattere forte e determinato: vuole seguire la sua strada a discapito del ruolo impostogli dal padre e non esita a “menar le mani”  contro chi fa del male alle persone. 
Non avrei voluto essere il Presidente Park in Designated Survivor.
Se c’è una cosa che ho imparato dopo due drama politici è che la politica non fa per me. 
Il dilemma del “fare cosa è meglio per il popolo”, i compromessi, le ambizioni sfrenate, i complotti e tradimenti non mi farebbero dormire la notte. Per dirne una “ la legge sulla discriminazione” con l’appoggio della regista: quanto è stato complicato decidere su quel frangente?
 28. Di quale serie vorresti un seguito: You Are beautiful
Molte delle serie che ho preso in esame hanno una seconda stagione in arrivo - SE NON MI FANNO LA SECONDA DI DESIGNATED SURVIVOR SBROCCO!!! - ergo non posso prenderle in considerazione.
Mi piacerebbe perciò un sequel di YAB anche se fatico a pensare di cosa potrebbe parlare. 
 29. Quale Ship ti è piaciuta di meno? Well Intended Love
Oddio in realtà anche la coppia Hyuga/Natsui di Rich man poor woman non mi ha fatto impazzire, ma almeno quello aveva una sua costruzione. 
Xia e Ling per me, sono stati artificiosi: si passa da una scena dove lei dorme appollaiata nel letto con lui accanto, a quella dopo, dove si svegliano abbracciati e che si baciano. WHAT?! 
Inoltre, tranne la litigata sulla finta malattia, questi due non hanno mai avuto contrasti. Mai. Una noia.
30. Una frase che ricordi o che ti è rimasta impressa? Designated Survivor 60 days
Segretario Cha: Lei si è intestardito a combattere a mani nude per paura di sporcare la sua spada di sangue.
31. La serie di cui faresti un rewatch adesso? Meteor Garden
Dopo Vagabond - che ha mandato in fumo il mio cervello - ho bisogno di un drama leggero per mettere la mia mente a riposo. 
Riguarderei Meteor Garden probabilmente perchè mi è piaciuto ed tanto tempo che non lo rivedo.
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32. I tre uomini e le tre donne più belle delle serie che hai visto? 
Come uomini scelgo Hwang Tae Kyung da YAB, il Segretario Cha da Designated Survivor 60 days e Daoming Si da Meteor Garden.
Per le donne, Go Hae-Ri da Vagabond, Wen Qinq da The Untamed e la fidanzata di Chu - non mi ricordo neanche il nome..pensa te - da Well Intended Love. 
33.  A quale personaggio assomigli? Vagabond
Mi rivedo un pò in Hwang Bo Ra, l’amica di Hae Ri di Vagabond. 
Come me si stupisce delle cose e ha reazioni esagerate. Credo di essere entusiasta come lei quando una cosa mi appassiona. Come lei cerco sempre di buttare le cose sulla battuta per sdrammatizzare.
34. Serie tv per riflettere? Designated Survivor 60 days
Avrei messo anche Vagabond o The Untamed, che offrono entrambi degli ottimi spunti di riflessione. 
Tuttavia credo che Designated Survivor ti lasci con più tematiche su cui pensare. O almeno argomenti che interessano a me. 
35. Peggior outfit? Secret Garden
Qui è come sparare sulla croce rossa: i vestiti degli F4 di Meteor Garden?
 i sandalini di Rich Man, Poor Woman? 
La giacca verde con colletto rosso e cravatta leopardata di YAB? ( molto Natale tra l’altro)
No. 
Voto i vestiti della madre del protagonista di Secret Garden. 
Quei vestitini che mi ricordano tanto quelli di Barbie Magie delle Feste Magico Natale...
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36. Peggior attrice? Rich Man Poor Woman
Ho avuto delle serie difficoltà con la protagonista di questo drama perchè non ho capito se il suo personaggio fosse stato scritto per essere così titubante e balbuziente o se fosse l’attrice a non piacermi affatto.
Mi ha dato un fastidio terribile questo personaggio e mi ha saputo trasmettere poco o nulla.
37. Peggior attore? Well Intedend Love
Ling è un personaggio con un buon potenziale. 
Tuttavia già la scrittura si è abbattuta su di lui superficializzando il suo personaggio. 
A questo si aggiunge il fatto che non mi ha fatto empatizzare mai per lui...per carità l’attore è molto bello. Ma per me non è riuscito ( o lui o la scrittura ) a rendere Ling un personaggio vero e pieno di complessi e traumi. 
38.  Qual è il tuo genere di serie tv preferito? 
Uno solo? ‘Azz! 
Va beh allora dico Fantasy. 
Se è pure storico tanto meglio.
39. Preferisci le storie fantastiche o realistiche? 
Preferisco quelle fantasy. 
Tuttavia deve essere realistica di contenuti: vanno bene i draghi, la magia e le creature strambe...ma la stroia deve avere delle regole realistiche. Così i personaggi.
40. Una coppia fittizia che non ha alcuna possibilità di concretizzarsi ma che tu shippi comunque? Secret Garden
Gil Ra Im e il Direttore della scuola. Lo so che ormai lei sta con Mister Tutina Scintillante...ma io continua a shippare questi due personaggi. 
Perchè per me erano perfetti uno per l’altro. Il Direttore rispettava e ammirava il lavoro di lei dandole consigli, valorizzandola e aiutandola in tutti i modi possibili. Allo stesso tempo Ra Im, si sentiva a suo agio con lui e teneva alla loro relazione. 
Peccato!
41. Una serie che, secondo te, merita di essere più conosciuta? Designated Survivor 60 days
Avrei detto anche The Untamed, ma lei sta già ottenendo ottimi risultati. - DRAMA DELL’ANNO 2019 - 
Quindi do il mio voto a quest’altra serie perchè l’ho trovata davvero buona e mi ha preso tantissimo. 
42. Se dovessi uscire con un personaggio di una serie tv chi sarebbe? Strong Woman Do Bong Soon
Min Min assolutamente. 
Mi divertirei un sacco e mi farei delle sonore risate. 
Adoro quest’uomo. 
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43. Se potessi far resuscitare un personaggio morto in una serie tv chi sarebbe? The Untamed
Tralasciando il fatto che in The Untamed è morta troppa gente a cui sono affezionata, direi Jin Zixuan,il papà di Jin Ling. 
La sua morte mi ha davvero lasciata intristita e sgomenta, sia per come è avvenuta sia per le conseguenze a cui ha portato. 
Sopratutto emotivamente per Jin Ling.
44. Se potessi eliminare un personaggio in una serie tv chi sarebbe? Well Intended Love 
Ling. Se potessi eliminerei lui. 
Non mi è mai piaciuto da primo episodio e durante la serie la sua ipocrisia e prepotenza mi ha fatto più volte venire voglia di mollargli un ceffone.
Grazie Chu per avergli tirato due cazzotti. 
45. Se potessi vivere con un personaggio di una serie tv chi sarebbe? You Are Beautiful
Probabilmente vorrei vivere con loro. 
Berrei il thè con Shin Woo e giocherei con Jeremy. 
Per poi andare a farmi quattro risate osservando le espressioni di Tae Kyung. 
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Mi sono divertita a fare questo test e taggo @veronica-nardi​ e @ili91-efp​ perchè sono curiosa di leggere le loro risposte. 
Ah... BUON NATALE! 
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pleaseanotherbook · 5 years ago
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The K-Drama Book Tag
È quasi Pasqua, le giornate si stanno allungando e il sole splende sulle nostre teste e io davanti al pc lavoro, o cerco di lavorare, con una soglia dell’attenzione che si abbassa sempre di più. Leggo poco e male, la sera mi sparo drama su drama in call appassionate con le mie amiche del Team Drama Club e insieme a loro abbiamo anche organizzato una challenge su IG (seguitemi sul mio profilo, @anncleire per vedere le meraviglie create da Chiara). Mentre cercavo ispirazione per un post qui sul blog, perché non leggendo non ho al momento tantissime recensioni da scrivere, mi è venuto in mente di unire le passioni del momento, in un’unica soluzione: un book tag, è da un po’ che non ne faccio uno e mi divertono sempre un sacco. Speravo di trovarne uno già messo in piedi, in realtà, ma dopo una breve ricerca in quel di Google non ho trovato quello che stavo cercando, un Book Tag che unisse i kdrama con i libri, sostanzialmente le categorie definite tramite i drama coreani di cui ormai sono ossessionata (si, ho un problema, lo so, ma sorvoliamo) e quindi sono finita a costruirmelo a mia immagine e somiglianza il mio THE K-DRAMA BOOK TAG con alcuni dei miei drama preferiti.
Enjoy!
Her private life
Un libro o una saga che ti ha reso una completa fangirl
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Vi sorprenderò probabilmente con questa risposta, ma capitemi, sono un po’ folle. L’ultimo libro che mi ha reso una fangirl è sicuramente La storia delle api di Maja Lunde che mi ha portato addirittura al Festivaletteratura di Mantova per due giorni per incontrarla. Oramai chi mi segue da tempo sa che ho una leggerissima ossessione per i libri che parlano di api e anche questo non fa eccezione, è un racconto straordinario che lega epoche diverse in un passaggio avvincente e incredibilmente ben costruito, che pone l’attenzione su tante problematiche che affliggono la società moderna e che potrebbero distruggere il mondo così come lo conosciamo. Un lucido disegno di un mondo distopico fin troppo reale. Il meraviglioso intreccio di tre vite, indissolubilmente legate dal fil rouge delle api e della vita, in un racconto organico e variopinto, che esce dagli schemi e urla la premura di non distruggere un ecosistema e un mondo con l’avventatezza di migliaia di piccoli gesti. Un mondo fugace e irresistibile, che non è solo intrattenimento, ma anche monito, per una storia vividissima e indimenticabile.
Because This is My First Life
Un libro di narrativa contemporanea in cui riconoscerti
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Probabilmente non è il mio libro preferito, anzi, probabilmente una certa parte di me lo ha odiato profondamente, però Parlarne tra amici di Sally Rooney fotografa bene in pieno un’intera generazione ancorata perfettamente al mondo dell’internet, nerd, con un mare di passioni, proiettata verso il futuro, fortemente tecnologica e allo stesso tempo con chiaro in testa il senso dell’analogico. Il ritratto di una intera generazione, quei millennials precari e contraddittori che cercano di sopravvivere come meglio possono, incostanti e provocatori, e allo stesso tempo incredibilmente fragili e confusi. Leggendo di Frances mi sono resa conto di quanto il nostro vissuto sia universale, come i miei dubbi e le mie paure sono gli stessi dei miei coetanei, di quanto sia difficile superare certi schemi mentali, di quanto sia facile cadere vittime dell’insoddisfazione e di comportamenti meschini e di egoismi tutti umani.
Are You Human Too?
Un libro o una saga sci-fi piena di colpi di scena
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Ho pensato molto a cosa mettere in questa categoria e non posso non citare La Trilogia dell’Area X di Jeff VanderMeer (Annientamento – Autorità – Accettazione). Io me ne sono invaghita dopo aver visto diverse recensioni positive e la parte sci-fi unita a quella post-apocalittica mi hanno convinta che fosse il libro giusto per me. Una storia pazzesca, consumante, che tiene desta l’attenzione, arzigogolata, dal ritmo incalzante, un vortice di informazioni e descrizioni accuratissime, che sconvolge e inquieta, lasciando a bocca aperta il lettore, incredulo e sconcertato. Tantissime domande che non hanno ancora risposta, per un primo volume stupefacente. Bramo gli altri volumi, per immergermi ancora nei segreti dell’Area X. Per chi vive di scienza e per chi di scienza non capisce niente.
Goblin
La perfetta bromance su cui fangirlare
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Dovevo infilare in un TAG la mia adorata, ma lo farò evitando di citare sempre il mio Divino. Una delle bromance che più mi piacciono è quella che troviamo ne La spia del mare di Virginia de Winter. Cassian ha il fascino del maledetto e i modi da nobile d’altri tempi, un uomo di cui innamorarsi senza possibilità di scampo. Nonostante il suo essere scorbutico e un solitario votato al masochismo di mesi trascorsi a rincorrere un sogno, Cassian non è solo, ma accompagnato da tre fedelissimi amici e compagni di missione, un gruppo di spavaldi giovani alla ricerca di gloria e passatempi per sfuggire alla noia. El Cid, Manuel, un giovane nobile spagnolo scappato da uno scandalo innominabile, accompagnato sempre da una schiera di Mori pronti a sfoderare rinfreschi in qualunque posto e in qualunque condizione. Un giovanissimo e impertinente Casanova, pronto a sfoderare il suo fascino per piegare la volontà di chiunque, e il mio preferito del trio, Monsieur un elegantissimo giovane francese, sempre accompagnato dai suoi spiriti, da sussurri, da modi galanti e da quella superiorità tipica dei cugini d’oltralpe che irretisce e inganna.
The Legend of the Blue Sea
Un libro o una saga dal finale perfetto
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Non potrei immaginarmi nessun altro finale per Vani Sarca di quello racchiuso in quello racchiuso in Un caso speciale per la ghostwriter di Alice Basso. niziata nel 2015, ma scoperta da me solo nel 2017 perché sono un po’ scema, la serie segue le avventure di una ghostwriter, come da titolo, in una Torino contemporanea e ricco, e i legami che crea con le persone che la circondano. Alice Basso ha il dono di costruire con ironia e sagacia un intero mondo, a cui è davvero difficile dire addio. Per fortuna che c’è la rilettura. La fine perfetta insomma per un’avventura intensa, in cui le risate si accompagnano agli abbracci. Alice Basso è riuscita a coniugare una storia speciale in cui perdersi, per cercare il mistero e la commedia, il sarcasmo e le lacrime, la forza e la determinazione, perché in fondo la vita è un mix di esperienze in cui “né uragani né tormente ci potranno fare niente”.
Healer
Un protagonista dalla doppia vita
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Ho solo un libro chiaro in mente per questa categoria. I cieli di Sandra Newman e non ve lo posso neanche spoilerare troppo. Kate, la protagonista, è una ragazza come potrebbero essercene tante in mondo che si sta affacciando nel nuovo millennio, quel 2000 che nella nostra epoca è stato infestato dal mostro del Millennium Bug, ma che per Kate si affaccia in un mondo migliore. Sembra un’utopia, un miraggio, un sogno. Ma poi Kate si addormenta e si risveglia nel corpo e nelle intenzioni di Emilia, una giovane artista italiana trapiantata nell’Inghilterra di fine Cinquecento. Una storia incerta e assoluta, la sovrapposizione di così tanti layer, di così tante decisioni, che è il risultato probabilmente anche delle interpretazioni del lettore. A tratti angosciante e a tratti illuminante, I Cieli è una storia da leggere in un fiato.
Search WWW
La perfetta protagonista da amare
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Avrei la protagonista perfetta per questo libro, ma non posso dirvela ancora. Perciò mi tocca ripiegare su Ead una delle protagoniste de Il priorato dell’albero delle arance di Samantha Shannon. Entrare nel mondo della Shannon è una scommessa perché non sai di preciso se ne uscirai tutto intero, si tratta di una storia lunga ottocento pagine e potrebbe intimidire da più punti di vista. Le immagini che la scrittrice riesce ad evocare entrano dentro e superano le barriere della pagina scritta per fagocitare completamente il lettore. È un fantasy di vecchio stampo, con un mondo completamente estraneo al nostro, ma che allo stesso tempo lo richiama vuoi per usanze, vuoi per cibi, vuoi per i luoghi. Le leggende si intrecciano per creare una storia nuova, un mondo immenso e terribile minacciato da forze oscure in cui alchimia, magia, e lotte per il potere si combattono per la supremazia. Eadaz du Zāla uq-Nāra si nasconde sotto i falsi abiti di Ead Duryan alla corte della regina Sabran. Ma Eadaz non è chi dice di essere, infatti è una delle ancelle del Priorato dell’Albero delle Arance, una comunità antichissima del regno di Lasia, da sempre votata ad uccidere i wyrm, gli sputafuoco, con un compito molto importante, proteggere a tutti i costi l’ultima erede della Madre o Donzella, a seconda del culto di cui ci si riferisce, Cleolind Onjenyu ultima che ha combattuto contro il Senza Nome e l’ha gettato nell’abisso. Ead è più coraggiosa di qualunque altra ancella, e ha anche un dono particolare. Lontana dalla sua casa Ead si adatta come può e soprattutto deve farsi forza per rinnegare il suo credo. La storia ha una forte matrice femminile, molte sono infatti le protagoniste femminili che emergono, ma Ead è sicuramente la mia preferita.
Fight for my way
Una storia d’amore su cui fantasticare
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Ormai lei è diventata una delle mie scrittrici salva vita per le romance e non vedo l’ora di mettere le mani sul suo prossimo volume. Notte numero zero di Rebecca Quasi è una di quelle storie che neanche credi che esistano ma ti scaldano il cuore. Costanza e Mario si incontrano per caso in un aeroporto, ma sono destinati ad incontrarsi di nuovo. Sembra impossibile che due come loro riescano ad innescare una tale reazione, ma si sa la chimica è imprevedibile e la Quasi accompagna il lettore in un viaggio affascinante e una storia d’amore emozionante.
E, voi quali sono i vostri drama preferiti? E con che libri avreste risposto?
Fatemelo sapere in un commento.
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falloperlasignoragrassa · 6 years ago
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Nicola Laferocia - “La gioia”
Non sarò mai una giornalista culturale né una critica letteraria perché ho l’impressione che le cose mi interessino sempre troppo nel microlivello impenetrabile che ha la forma delle ossessioni. Tipo qualche mese fa che ho contattato uno dei direttori di Minima & Moralia per sottoporgli una mia idea su un’unica pagina dell’ultimo libro di Walter Siti. Sono perennemente dentro l’economia della pagina, mai del testo. Perimetro troppo largo, campo da gioco a perdita d’occhio, ipotesi che difficilmente reggono. mi interessa lo stile e il linguaggio quando si tratta di narrazione, e i compromessi con la verità e la retorica quando si tratta di non fiction narrativa. e questo è quanto. Di “La ferocia” di N. Lagioia credo sia piuttosto scontato dire che è un’opera magna, che hanno cercato di appioppargli il munificente riconoscimento di primo esemplare di GRI (Grande Romanzo Italiano) e che ha vinto lo Strega a man bassa 4 anni fa. O che è ambientato tra Bari e Taranto, o che alcune atmosfere sono da incubo. O che l’etologia, che si intensifica nelle apparizioni sconnesse soprattutto verso la fine del libro in pagine con un breve testo incastonato al centro, è in realtà un modo per far dire al libro che oltre Clara, oltre Michele, oltre i Salvemini c’è tutto un ecosistema, dalle fogne alle vie aeree, che è testimone dello scempio del paesaggio naturale, in una bislacca dicotomia natura-cultura (cultura come tecnica, apportata dal padre di famiglia, palazzinaro rampante e spericolato, work-addicted e pieno di sensi di colpa: il tipico padre italiano quando il lavoro c’è). O che la fisionomia di Clara ha un portato di femminile arcaico, donna mistero matrioska che pagina dopo pagina dispiega strati di carne e psiche impensabili all’inizio, quando la si inquadra insanguinata e nuda di notte a bordo strada, poco prima di morire. No, non dirò né metterò a frutto niente di tutto ciò, io ho un solo punto fisso riguardo a questo libro: un certo tipo di determinismo e un certo tipo di inquadratura che vanno di pari passo.
Gli oggetti e le situazioni, nella prosa di Lagioia, hanno una preminenza a mio parere grande. Quando si sta per svolgere l’azione (e quando la costruzione sintattica si fa più serrata e abbonda di punti fermi per dare l’idea di stacchi di camera netti), il punto di vista da cui la scena stessa diparte è un primissimo piano di un oggetto a cui, solo in un secondo momento, appare accanto una fattezza umana (una gamba, un braccio, una mente) che l’azionano, che la manipolano, che ci hanno a che fare (in senso quasi heideggeriano). e questo è per quello che riguarda l’inquadratura prescelta. Ma non solo. La presenza umana che dà loro una destinazione d’uso è quasi sempre presentata nella forma passiva del verbo, in modo che sembri che l’oggetto fosse là da tempi immemori, anticamente posto nel mondo (quasi ribaltamento natura-cultura) e che l’umano sia sopraggiunto solo in un secondo momento. I due piani, ontologico-letterario e estetico-rappresentazionale, si coniugano in questa scrittura difficile per certi versi, mai cristallina, che non si lascia prendere sottogamba né leggiucchiare né prendere poco sul serio né scambiata per docile compagna di serate passate sul divano. La concentrazione richiesta dalla mano di Lagioia è da affinare, il cielo lo benedica. Non so se è il GRI, se è un GRI, ma la fatica viene ripagata da una storia scritta benissimo, lineare nello scomporsi delle parti da principio, e poi sempre più zibaldone di punti di vista diversi, dal topo di fogna che attacca la gatta del protagonista, fino a quella galassia di uomini che ruotano attorno allo scempio del corpo della protagonista.
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cinquecolonnemagazine · 2 years ago
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Nasce il Premio Rapallo BPER Banca 2022
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Nasce il Premio Rapallo BPER Banca 2022, promosso dalla Città di Rapallo con il sostegno di BPER Banca, dedicato alle migliori autrici italiane nell’ambito della narrativa e della saggistica. Il Premio rinnova il prestigioso impegno della città di Rapallo teso, da oltre 60 anni, alla valorizzazione dell’attività letteraria, della capacità innovativa e dell’incidenza nella società delle migliori protagoniste della cultura italiana. Premio Rapallo BPER Banca 2022 La tradizione inizia nel 1962 con il Premio “Prove-Rapallo” (parallelo alla rivista omonima, presieduto da Maria Bellonci e poi da Mario Sansone, terminato nel 1984) e prosegue con il “Premio Letterario Nazionale per la donna scrittrice” dal 1985 al 2021 (sostenuto da Banca Carige dal 1992 al 2018), che ha visto premiare negli anni, tra le altre, Fernanda Pivano, Anna Maria Ortese, Rosetta Loy, Edith Bruck, Susanna Tamaro, Margaret Mazzantini e Rosella Postorino. “Rapallo è la città più in crescita del Tigullio, la nostra idea di capitale del turismo passa obbligatoriamente anche attraverso uno sviluppo dell’offerta culturale - ha dichiarato il Sindaco Carlo Bagnasco -. Sono particolarmente orgoglioso di questo ambizioso progetto che vede la figura femminile al centro. La donna riveste un ruolo da protagonista sia come autrice che nella figura di Giurata. Non posso non menzionare il lavoro dell’Ufficio Cultura di cui sono anche l’Assessore di riferimento e del nostro consulente Marco Pogliani. Devo infine ringraziare sentitamente BPER Banca, in particolare la Presidente Flavia Mazzarella, che ha abbracciato con impegno e convinzione questo progetto diventando partner fondamentale di questo ambizioso premio. Invito già da ora la cittadinanza a partecipare alla serata conclusiva che si terrà verso fine anno nella nostra meravigliosa Rapallo”. Le parole dei protagonisti “BPER Banca ha accolto con entusiasmo la proposta della Città di Rapallo di promuovere questa nuova fase dello storico Premio, al quale siamo felici di associare anche il nostro brand, raccogliendo di fatto il testimone di Banca Carige che è stata per molti anni partner delle iniziative culturali cittadine - ha affermato la Presidente di Bper Banca Flavia Mazzarella -. Abbiamo da subito condiviso l’idea del Sindaco Carlo Bagnasco di valorizzare il grande e originale contributo che l’universo femminile offre allo sviluppo della cultura e della società, testimoniato anche dalla presenza di una Giuria di altissimo profilo. Il Premio Rapallo BPER Banca conferma la nostra mission di promuovere una società più equa ed inclusiva, dove la diffusione della cultura contribuisce concretamente allo sviluppo sociale ed economico delle comunità e dei territori in cui operiamo.  Inoltre, la partnership con il Comune di Rapallo costituisce anche un modo tangibile per dare un nuovo impulso ad un territorio in cui oggi la Banca ha una presenza importante e che vuole supportare in una prospettiva di crescita futura”. Read the full article
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pier-carlo-universe · 2 days ago
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“Il Gioco della Manipolazione” di Attilio Giampaoli: un thriller psicologico che esplora il lato oscuro del potere. Recensione di Alessandria today
Un viaggio nei meandri della manipolazione, del controllo e della resistenza. Attilio Giampaoli costruisce un racconto avvincente e inquietante che lascia il lettore a riflettere sulle fragilità umane e sui pericoli del potere invisibile.
Un viaggio nei meandri della manipolazione, del controllo e della resistenza. Attilio Giampaoli costruisce un racconto avvincente e inquietante che lascia il lettore a riflettere sulle fragilità umane e sui pericoli del potere invisibile. La trama: una scoperta inquietante Francesca, giornalista ormai disillusa dal sistema, si imbatte in un misterioso manoscritto intitolato “Se fossi il…
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carmenvicinanza · 3 years ago
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Grazia Deledda
https://www.unadonnalgiorno.it/grazia-deledda/
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Io non sogno la gloria per un sentimento di vanità e di egoismo, ma perché amo intensamente il mio paese, e sogno di poter un giorno irradiare con un mite raggio le fosche ombrie dei nostri boschi, di poter un giorno narrare, intesa, la vita e le passioni del mio popolo, così diverso dagli altri così vilipeso e dimenticato e perciò più misero nella sua fiera e primitiva ignoranza.
Avrò tra poco vent’anni, a trenta voglio avere raggiunto il mio sogno radioso quale è quello di creare da me sola una letteratura completamente ed esclusivamente sarda.
Sono piccina piccina, sa, sono piccola anche in confronto delle donne sarde che sono piccolissime, ma sono ardita e coraggiosa come un gigante e non temo le battaglie intellettuali.
Grazia Deledda è stata una delle più importanti scrittrici italiane del Novecento e prima donna italiana a vincere il premio Nobel nel 1926.
Scrittrice intensa e feconda, esponente di Verismo e  Decadentismo, interpretati alla sua maniera, ha scritto le storie della sua terra, la Sardegna.
Nata a Nuoro il 28 settembre 1871, era quinta di sette tra figli e figlie di una famiglia benestante che dopo la madre del padre ebbe notevoli difficoltà economiche. Dopo aver frequentato le scuole fino alla quarta elementare, Grazia Deledda proseguì gli studi con un precettore e da autodidatta, perché, al tempo, alle ragazze non era consentito frequentare le scuole superiori.
Cresciuta in una casa molto religiosa e conservatrice, la sua giovinezza fu segnata da una serie di dolorose tragedie familiari.
Ha imparato a parlare l’italiano verso i 20 anni, prima si esprimeva soltanto nella lingua sarda, e nonostante fosse osteggiata dalla famiglia, ha cominciato a scrivere sin da adolescente. Pubblicò la sua prima novella nel 1886, a quindici anni, su un giornale nuorese. Due anni dopo  già collaborava con varie altri giornali e riviste, prima sarde e poi romane.
Il suo primo libro fu Anime oneste, del 1895.
Trasferitasi a Cagliari nel 1899, conobbe il mantovano Palmiro Madesani, che sposò pochi mesi più tardi spostandosi a vivere con lui a Roma dove continuò a scrivere e pubblicare romanzi. Ebbero due figli, Franz e Sardus.
Elias Portolu, uscito nel 1903, ottenne subito un buon successo e in pochi anni pubblicò moltissimi libri e opere teatrali, tra cui: Dopo il divorzio, Cenere, L’edera e Canne al vento.
Il suo successo fu tale che il marito si licenziò dal lavoro come funzionario al Ministero delle Finanze per diventare  il suo agente.
Il verismo della sua narrativa, i toni cupi e l’ansia di liberazione delle sue opere, le storie di passioni primitive che ha raccontato nei suoi romanzi fecero breccia nella critica, anche all’estero, soprattutto tra gli scrittori russi.
Nel 1927, venne insignita del Premio Nobel per la Letteratura “per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano”.
Il Nobel di Grazie Deledda fu tecnicamente quello del 1926, che la commissione aveva deciso di trattenere per un anno non avendo trovato un candidato adatto a riceverlo.
In 40 anni di carriera la scrittrice ha pubblicato 56 opere tradotte in molte lingue. È stata anche traduttrice, sua è una versione italiana di Eugénie Grandet di Honoré de Balzac.
Un tumore al seno di cui soffriva da tempo la portò alla morte il 15 agosto del 1936.
In un primo momento venne sepolta nel cimitero del Verano a Roma, ma nel 1959 i suoi familiari traslarono le spoglie nella sua città natale. Da allora sono custodite in un sarcofago di granito nero levigato nella chiesetta della Madonna della Solitudine, ai piedi del monte Ortobene, che tanto aveva decantato in uno dei suoi ultimi lavori.
La sua casa natale, nel centro storico di Nuoro (nel rione Santu Predu), è oggi adibita a museo.
Cosima, quasi Grazia il suo racconto autobiografico rimasto incompiuto, è stato pubblicato postumo con il titolo Cosima.
Per potersi esprimere attraverso la scrittura e dare forma alle sue aspirazioni profonde, Grazia Deledda ha dovuto lottare contro la piccola e chiusa società di Nuoro in cui il destino della donna non poteva oltrepassare il limite di moglie e madre, ma non che negli ambienti contadini o provinciali del resto dell’Italia la situazione femminile fosse migliore.
I suoi temi principali furono l’etica patriarcale del mondo sardo e le sue atmosfere fatte di affetti intensi e selvaggi.
La sua narrativa si basa su forti vicende d’amore, dolore e morte sulle quali aleggia il senso del peccato, della colpa, e la coscienza di una inevitabile fatalità. Canne al vento, difatti, sono le vite degli esseri umani in preda a forze superiori.
È stata protagonista del travaglio della crisi epocale del mondo patriarcale (contadino e pastorale), incapace ormai di contenere e di promuovere le istanze affioranti nelle nuove generazioni.
Ha fatto esplodere le contraddizioni di una società ormai in declino, senza tradirne la radice identitaria profonda che la distingue da tutte le altre. Cosa che, nei primi anni le procurò non pochi nemici tra gli intellettuali suoi conterranei che non guardavano di buon occhi le sue descrizioni della società sarda che veniva fuori come terra rude, rustica e arretrata. Più recentemente le posizioni sono arretrate riconoscendo nella scrittrice l’alto valore letterario e identitario.
La scrittura di Grazia Deledda è moderna e ben si adattava alla narrazione cinematografica, dai suoi romanzi sono stati tratti diversi film già nei primi anni del XX secolo. Nel 1916, il regista Febo Mari aveva incominciato a girare Cenere con Eleonora Duse, film che non vide compimento a causa della guerra.
In Sardegna e non solo Grazia Deledda è stata omaggiata in tanti modi. Le è stato dedicato un cratere su Venere. L’artista Maria Lai nel 2012 le ha dedicato, a Nuoro, il monumento Omaggio a Grazia Deledda. In tutta la penisola le sono state intitolate tante scuole, parchi letterari, statue e dischi.
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bibliotecasanvalentino · 3 years ago
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Ed eccoci di nuovo qui con la rubrica a cadenza mensile e precisamente l'ultimo giorno di ogni mese, curata dalla nostra utente e amica Valentina Pace .
Questa rubrica nasce anche e soprattutto da una riflessione che ci accompagna da un po' di tempo: per una "piccola" biblioteca di un piccolo paese non è sempre facile stare al passo con le richieste, i suggerimenti, le necessità degli utenti e non. Per questo motivo, con l'aiuto di Valentina scopriremo nuovi autori e nuove letture, consigli e spunti di riflessione, insieme a curiosità e notizie sui nostri cari libri. E allora, diamo il benvenuto a questo nuovo spazio culturale dove si viaggerà alla scoperta delle case editrici indipendenti: LettureIndie.
La casa editrice di questo mese è: Voland
Buona lettura a tutti!
"𝓘 𝓷𝓸𝓶𝓲 𝓮𝓹𝓲𝓬𝓮𝓷𝓲" 𝓭𝓲 𝓐𝓶𝓮𝓵𝓲𝓮 𝓝𝓸𝓽𝓱𝓸𝓶𝓫
Può un genitore detestare la propria figlia? E può una figlia ripagare il padre della stessa moneta? Nel romanzo “I nomi epiceni” Amelie Nothomb, autrice contemporanea estremamente prolifica e fuori dal comune, prova a rispondere a questi interrogativi, creando una vera e propria fiaba nera che avvince il lettore fin dalle prime pagine.
Il libro è ambientato tra Brest e Parigi a partire dagli Anni Settanta e inizia con l’incontro fortuito tra due persone che hanno nomi epiceni, cioè quei nomi propri che non danno indicazioni sul genere di appartenenza di coloro che li portano, come ad esempio il nome Andrea, che in italiano può essere sia maschile che femminile.
Dominique e Claude si incontrano in un caffè. Lei è una bella ragazza di 25 anni, economicamente indipendente, grande lavoratrice, seria e affidabile che a tutto pensa fuorché all’amore, mentre lui è un bel giovane, sicuro di sé, seducente ed elusivo quanto basta per farla capitolare in men che non si dica. Fin dalle prime pagine il lettore percepisce che qualcosa non va in Claude, il cui comportamento sembra costruito e studiato nei minimi dettagli per far innamorare di sé la sprovveduta Dominique.
I due si sposano e dopo tanti patimenti nasce una bambina che verrà chiamata Epicene, in onore dei nomi epiceni dei suoi genitori e della commedia omonima del drammaturgo Ben Jonson, contemporaneo di Shakespeare. È lei la vera protagonista del romanzo. Epicene è bella ed estremamente intelligente e fin da piccolissima si accorge che suo padre la detesta senza motivo e senza preoccuparsi di nascondere i suoi sentimenti: ciò che Claude ignora è che anche Epicene lo odia a morte…
“I nomi epiceni” tratta con sottile crudeltà il tema della vendetta, caratterizzata dall’uso della parola e da sottili giochi psicologici che catturano e stordiscono il lettore.
Nel romanzo troviamo alcuni dei temi ricorrenti nella produzione letteraria della Nothomb: la passione per la fiaba e il mito, poiché la struttura narrativa e il linguaggio usato dall’autrice ricordano quello delle fiabe classiche e il tema del delitto, inteso come atto necessario per liberarsi dalla prigione fisica o psicologica che ci attanaglia, ma anche come cruento ricongiungimento con la parte più profonda di sé.
COSA MI È PIACIUTO
“I nomi epiceni” è il primo romanzo che leggo di Amelie Nothomb e sono rimasta colpita dall’uso sapiente del linguaggio: colto, tagliente, raffinatissimo ma, allo stesso tempo, essenziale.
COSA NON MI È PIACIUTO
Inizialmente la storia è molto intrigante, cattura la curiosità del lettore, ma la motivazione e l’elaborazione della vendetta ordita da uno dei personaggi mi sono sembrate davvero molto deboli. Inoltre, da un certo punto in poi, ho notato un rallentamento nel ritmo della narrazione e il finale non è stato all’altezza delle mie aspettative.
L’AUTRICE
Amelie Nothomb è nata nel 1966 a Etterbeek. Figlia di un diplomatico belga, ha trascorso la sua infanzia tra il Giappone, la Cina, gli USA e il Bangladesh. Ha pubblicato il suo primo romanzo, “Igiene dell’assassino”, nel 1992 e, da allora, pubblica un libro all’anno alla fine di agosto. Ha vinto numerosi premi letterari come il Grand Prix du roman de l’Academie Française, il Prix René-Fallet e il Prix Alain-Fournier.
LA CASA EDITRICE
Voland Edizioni nasce a Roma nel dicembre del 1994. Il marcato interesse per le letterature slave è da subito evidente, come dimostra anche il nome scelto, tratto dal romanzo "Il maestro e Margherita", capolavoro del ’900 russo di Michail Bulgakov. Animata dalla volontà di far conoscere culture e mondi affascinanti attraverso letterature poco esplorate, ma di grande profondità, tra le proposte della casa editrice spiccano Georgi Gospodinov, Mircea Cartarescu e Zachar Prilepin. Accanto all’anima slava, la passione per la narrativa di qualità ha reso possibile la scoperta di Amélie Nothomb, dal 1997 fedelissima alla casa editrice che l’ha lanciata in Italia.
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weirdesplinder · 3 years ago
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Liala e Barbara Cartland
Sono mesi che pensavo a come strutturare dei post di approfondimento su due autrici capostipiti del genere romance, Liala e Barbara Cartland e alla fine ho deciso di fare un post unico per entrambe, in modo da poterle anche confrontare.
Entrambe sono donne la cui vita è stata riflesso, o si è riflessa nelle loro opere letterarie e per cui l’amore è stato al centro delle loro esistenze.
Barbara Cartland autrice inglese e capostipite di tutto il genere romance in lingua inglese (quindi anche dell’americano) viveva quasi una fantasia in rosa nella sua vita di tutti i giorni, e questo è un buon modo per descrivere i suoi romanzi: delle fantasie perfette, delle favole con lieto fine.
Brevi, poco realistici, molto scorrevoli e soprattutto delle vere e proprie fiabe, dove di solito la protagonista femminile è socialmente inferiore al protagonista maschile, o ha altri problemi di parenti orribili o altro, e quando incontra l’amore, non solo il suo lui l’innalzerà socialmente, ma anche gli latri problemi si risolveranno e lei in cambio renderò lui un uomo moralmente migliore. Questa più o meno la trama base, ma poi ci sono molte varianti più o meno vivaci. Di solito i protagonisti sono aristocratici (almeno uno dei due), qualche volta ci sono anche personaggi secondari simpatici, animali o comprimari che vivacizzano il tutto, il misundertstanding, l’equivoco è spesso usato, così come il mistero, per creare un poco di azione nella trama, ma tutto si risolve in modo perfetto con il classico lieto fine da favola.
Non cercate realismo in Barbara Cartland, cercate il sogno che sia avvera, un mondo edulcorato, Cenerentola. Certo ci sono trame dove ha dovuto dare un’approfondimento in più ai personaggi, ma mai niente di troppo realistico. Lei vuol far vivere un sogno ai suoi lettori. E anche per questo io trovo sia un’autrice adatta a tutti e a tutte le età. Molto semplice e godibile. Non per niente ancora oggi molte scrittrici di romance si ispirano alla favole per i loro romanzi, addirittura costruiscono serie su questo.
Ha scritto 700 romanzi nella sua carriera, e dai suoi libri sono stati tratti anche film e serie tv. Era ed è ancora un mito che bisognerebbe conoscere se si ama il genere romance.
Io, per quanto mi riguarda ho letto i suoi libri grazie a mia madre e mia zia che ne avevano una collezione e anche se ero molto giovane me li sono goduti senza problemi proprio perchè erano come delle favole.
I miei libri preferiti della sua produzione sono quelli con protagonisti dei reali: principi, re o principesse, perchè già che si tratta di leggere delle favole, facciamo sul serio e facciamo tutto in stile Principessa Sissi, per intenderci.
Ma tra le mie amiche sembra che siano imprescindibili "Pantera Nera" e "Passione sotto la Cenere", che hanno trame un poco più complicate ed avvincenti.
Il valzer dell’amore
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Trama: Vienna, 1814 - Il principe austriaco Metternich è preoccupato per i risvolti che il congresso di Vienna potrebbe avere, soprattutto per le mire espansionistiche dello zar Alessandro. Per questo ha bisogno di una spia che si avvicini a lui e carpisca le informazioni che gli servono. La bella e innocente Miss Wanda fa al caso suo. Lei ha bisogno di denaro e giocare il ruolo della spia le può tornare utile. Peccato che anche lo zar abbia pensato di muovere le stesse pedine per paura di un complotto e chiede a un suo lontano parente che gli somiglia, Richard Melton, di sostituirlo. La finzione sembra funzionare da entrambe le parti finché un sentimento vero e inaspettato sorprende i due sotto copertura, che dovranno fare i conti con nemici pericolosi e onestà patriottica.
Pantera nera
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Trama: Sin dalla prima volta che Lady Gwendolyn Scherbrooke incontrò Sir Philip Chadley, l’affascinante ed intelligente membro del Parlamento inglese, rimase alquanto perplessa. C’era in lui qualcosa di stranamente familiare, eppure lei era certa di non averlo mai visto prima. C’era forse qualche misterioso legame tra la nascita di Gwendolyn e la morte dell’unico grande amore di Sir Philip, eventi accaduti a pochi minuti di distanza in due palazzi adiacenti? La risposta in quest’avvincente romanzo che affronta l’antico problema della possibile reincarnazione.
La ballerina e il Principe
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Trama: 1867 Vi è un mistero sulla nascita e le origini dell'affascinante Lokita, costretta dopo la morte del padre a guadagnarsi la vita come ballerina in teatro.  Un mistero che il principe Ivan Volkonski, innamoratosi della fanciulla, giura di scoprire a tutti i costi. Un mistero che, dopo inseguimenti e viaggi tra Parigi e Londra, verrà svelato e donerà a Lokita ed Ivan la felicità.
Nelle mie ricerche ho trovato solo 4 dei film tratti dai suoi libri disponibili anche in italiano, potete vederli anche su you tube:
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- Passione sotto la cenere con una giovanissima Helena Bonham Carter
Link: https://www.youtube.com/watch?v=Hlr0R8IoU58
- La bella e il bandito con Hugh Grant
Link: https://www.youtube.com/watch?v=SYVzgfajeFc
- Duello d’amore
https://youtu.be/quTexPGszUs
e Un fantasma a Montecarlo.
https://www.youtube.com/watch?v=B-to1Q7fSW8
Furono trasmessi dalla RAI molti hanno fa e credo ne circolassero anche delle videocassttte, non credo che in italiano siano mai stati riversati su DVD
Amalia Liana Negretti Odescalchi, scrittrice sotto il nome di Liala, si pone in modo molto diverso dalla Cartland. Anch’essa riflette la sua vita nei suoi romanzi, ma in modo molto più realistico (tra virgolette, poichè parliamo di genere rosa e perciò pur sempre di realtà edulcorata), infatti è facile riconoscere nei protagonisti dei suoi romanzi del periodo che va dal 1931 al 1948 (la sua prima fase per così dire) sia lei che il suo grande amore  il marchese Vittorio Centurione Scotto, un ufficiale della Regia Aeronautica, che fu il grande amore della sua vita.  E anche l’ambientazione dei suoi libri al contrario di quella standard storica e mai troppo messa a fuoco della Cartland, è un’Italia precisa a cavallo delle due Guerre, e i suoi personaggi sono quasi sempre rappresentanti della piccola nobiltà/alta borghesia italiana dell’epoca. Non possiamo cercare verismo nei suoi romanzi, o vedere rappresentata l’intera popolazione, ma una sua piccola fetta, seppur edulcorata sì. Ed è uno specchio di una classe sociale e di un’epoca che esaltava la guerra, le sue figure eroiche  e vedeva nella carriera militare la possibilità di elevarsi socialmente per l’uomo stavolta. Inaftti nei romanzi di Liala è spesso l’uomo che deve elevarsi socialmente non la donna. Nei suoi libri si trovano tracce di patriottismo e molta moralità borghese, ma alla fine sono romanzi d’amore dove il sentimento è sempre al centro.
Se personalmente trovo la Cartland e i suoi libri (a parte quelli di gusto più gotico) allegri, ho sempre riscontrato in Liala invece come una specie di malinconia. Ma questo è totalmente soggettivo.  Ed è innegabile che i personaggi di Lila spesso siano più approfonditi psicologicamente di qyelli della Cartland.
Se nel primo periodo di scrittura di Liala (1931-1948), l'ambiente dell'Aeronautica Militare costituisce spesso lo sfondo dei suoi romanzi e delle sue novelle, a partire dagli anni cinquanta, l'opera della scrittrice si rivolge al mondo della pura fantasia narrativa e non fa più riferimento a luoghi, fatti o personaggi di realtà, salvo qualche caso sporadico. Ma resta comunque lgata la mondo della borghesia e ad un certo ambiente sociale italiano. Sono pochi i romanzi, tra cui ad esempio il  Pianoro delle ginestre, in cui parla di ambienti più provinciali e meno altolocati. Mentre sono comuni a quasi tutta la sua produzione i temi del ritorno, dell’attesa, della speranza nel domani.
Personalmente se considero la Cartland una lettura adatta a tutti, non posso dire lo stesso di Liala, che penso possa essere apprezzata solo da lettori con un certo gusto e con la capacità di apprezzare quella data epoca storica di ambientazione.
Non ho dei libri prefriti che la riguardano, ho letto qualcosa di suo, ma non è nelle mie corde, perciò ho chiesto alle mie amiche che sugeriscono tra le sue opere di leggere:
Signorsì
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Trama: Questa è la storia di un ufficiale pilota, Furio, la cui vita si divide tra impegno aviatorio e amori facili fino a quando l'incontro con Renata cambia la sua esistenza. Grande amico di Furio è Mino, legato ad una donna sposata da cui ha avuto una figlia. L'amore appassionato tra Furio e Renata fa affiorare un'antica ossessione della donna: il timore di somigliare alla madre reputata una poco di buono. Un incidente scatenerà la tragedia. Renata perde il bambino che stava aspettando da Furio assistendo ad una esercitazione di volo. Un aereo disperso la fa temere per la vita dell'amico di Furio, Mino. Trovata conferma della sua strada di perdizione, a Renata non resta che percorrerla.                    
Tempesta sul lago
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Trama: Durante l'ultima guerra sbocciano, accanto a una nonna aristocratice e dura, le giovinezze di Ubalda e Cipriana Làrici Drei. Una, energica e coraggiosa, corre verso il suo destino incurante dell'obbligo di ubbidienza cui la dovrebbe tenere avvinta il suo nome gentilizio; l'altra, pur dolce e remissiva, torverà la forza, attraverso lotte non lievi, di vivere accanto all'uomo che per primo le aveva offerto l'amore in tutta la sua smagliante bellezza.
Il vento inclina le fiammelle
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Trama: Tre fratelli, Michele, Roberto e Loni Sarteana, vivono la loro irripetibile stagione degli amori che possono rivelarsi fonte di gioia infinita o di infelicità. Amori che, come sostiene l'autrice, se avranno diritto a essere considerati come tali riusciranno a sopravvivere, ma che in caso contrario saranno inesorabilmente spenti dal soffio implacabile della vita.
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sarahfelberbaumarchive · 4 years ago
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Mal'aria: una fiction fantasy
Rai fiction si avventura nel mistery con un prodotto tratto dall'omonimo libro di Eraldo Baldini.
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Una fiction dall'ambientazione insolita Presentato come un film "strano" ovvero non nei canoni della fiction, Mal'aria è tratto dall'omonimo libro di Eraldo Baldini (pubblicato da Frassinelli e vincitore, nel 2003, del premio Fregene) perché c'è si una storia, ma anche mistery e superstizione.
Pino Corrias, capostruttura di Rai Fiction, ribadisce che questo racconto ha, soprattutto, a che fare con il fantasy, che è un genere non frequente per la televisione, che nasce dalla fantasia (appunto) di Baldini, uno scrittore "regionalizzato" che ambienta le sue storie nel ravennate, in paesaggi di nebbia e di acqua, sul delta del Po. La narrativa di questo autore è stata definita "gotico-rurale", che è anche il titolo che egli ha dato ai suoi racconti. Paragonato a Stephen King, ma anche ad altri scrittori noir, amico di Lucarelli, ha collaborato con lo stesso, distinguendosi per questa "chiave" in più, che è appunto il fantasy. Qui la protagonista, oltre alla malaria, alla nebbia e al paesaggio, che in questa storia contano molto, è una strega, che è quella che determina la malaria. Siamo nell'Italia del 1925, nella stagione fascista delle bonifiche, c'è la propaganda del regime che vuole che tutto funzioni e si avvii alla modernità e c'è questa interferenza della realtà e cioè che, in una zona rurale, stanno morendo dei bambini. Viene mandato un ispettore sanitario (il dottor Carlo Rambelli) che, nelle intenzioni del regime, dovrebbe sopire questo dato di realtà, mentre poi gli avvenimenti porteranno ad una serie di accadimenti, la cui narrazione è sempre avvolta nel mistero. Il film ha una chiave che rappresenta (dai tempi de Il segno del comando: uno sceneggiato della Rai del 1971), nelle immagini, negli effetti speciali, in questo fondale soprannaturale per la televisione, una novità. Gli esordi di una leggenda Massimiliano La Pegna, produttore della Feelmax, ammette che si sta puntando molto sul genere fantasy e quello che funziona di più, in questa storia raccontata dal regista Paolo Bianchini, è il mistero che tiene dall'inizio alla fine non perdendosi mai. Per la troupe non è stato facile, anche per le condizioni climatiche (alluvioni, zanzare, etc...), ma si è sempre dimostrata unita nella realizzazione della miniserie.
Paolo Bianchini ricorda il primo momento in cui gli fu offerto questo lavoro, raccontando di aver avuto con la sceneggiatrice, Giovanna Koch, una lunga "introduzione" per cercare di trasformare in immagini i racconti di Baldini. La prima cosa che ha sentito il bisogno di fare è stata quella di cercare i luoghi cui si ispira la storia e proprio lì è stato facile raccontare i sapori, i profumi, i momenti di magia del film. Si tratta del punto in cui la terra e l'aria si incontrano e si respirano i primordi della vita (il delta del Po, le valli di Comacchio, ma anche Casatico nella zona di Mantova)). La "mal'aria" è appunto l'aria che si generava a motivo della presenza di un morbo che non risparmiava l'uomo. Storie avvolte dal mistero, che noi viviamo da lontano, ma che segnano gli esordi di una leggenda. Tutto questo il regista lo ha cercato di raccontare attraverso i protagonisti di questa leggenda ovvero gli attori ai quali lui ha voluto comunicare questa sensazione di "mistero", che gli derivava proprio dal vivere, anche con soggezione, l'atmosfera di quei posti.
Gli attori, Ettore Bassi e Stefano Dionisi sono due personaggi contrapposti, anche se non politicamente, interpretano il primo Carlo Rambelli, l'ispettore ministeriale della Sanità inviato per fronteggiare l'epidemia della malaria; il secondo, Oreste Bellenghi, che è il capo delle camicie nere della Milizia fascista. Ettore Bassi, ci parli di questa esperienza? Il modo di entrare in questa storia è stato vero e sincero. L'ambiente è stato importantissimo per darci questo senso di mistero, ma anche di solitudine; sembrava di essere "affogati". In questo film c'è tutto: l'ambientazione, l'epoca, l'amore, il conflitto ideologico-politico, quello personale, c'è anche il percorso intimo del mio personaggio che cerca di capire se stesso e ha una sua rinascita. È stato importante per me perché andare a scavare nei lati oscuri della propria esistenza significa fare un percorso davvero interessante. Il mio personaggio ha la fobia dell'acqua, non capisce da dove arriva, ma si ritrova a doverla affrontare per forza, trovandosi, suo malgrado, immerso nell'acqua. Ci tengo a dire che, da parte di tutto noi, c'è stata molta onestà nel raccontare questa storia e questo si vedrà e il pubblico premierà questo aspetto. Stefano Dionisi, ci parli del tuo personaggio? Ho letto la sceneggiatura e sono rimasto colpito. Rispetto al personaggio di Ettore, che compie un vero percorso interiore, il mio è molto più lineare, anche se cerca di far capire quanto il fascismo sia forte e abbia il controllo sulla zona. Durante il film accompagno il personaggio di Ettore a risolvere questa serie di omicidi, ma ad un certo punto prenderò una strada diversa per colpa di un gerarca che decide le sorti di tutti quelli che vivono nella palude. Sarah Felberbaum, quali sono le note del tuo personaggio? Il mio personaggio si chiama Elsa Corzani, é una ragazza molto forte, molto decisa con un gran "fuoco" dentro. Lei combatte per quello in cui crede, per la sua famiglia e per tutto ciò che ama. Si trova a scoprire un qualcosa che sconvolgerà la sua vita, rappresentato dall'avvento del dottore e lei lo seguirà, lo aiuterà. Nascerà una forte attrazione, che la porterà ad avere due modi di essere: quello in cui prevale il suo impulso e il modo in cui dovrebbe comportarsi anche agli occhi della sua famiglia. Lei deve cercare di seguire quello che vuole senza rompere gli equilibri all'interno del paese. Le leggende che vengono raccontate nel film nascono dalla fantasia di Baldini oppure sono reali? Giovanna Koch (sceneggiatrice, insieme a Stefano Sollima): Sono autentiche, si basano su ricerche. La leggende de 'la Borda' (una strega che si opponeva alla bonifica) è più recente rispetto a quello che viene raccontato nel film, che in realtà è proprio un rito, molto più antico. Quello che è interessante è l'aspetto della strega che è comune al di là e al di qua dell'appennino. Anche in Toscana esiste questa figura magica, che viene dalle acque, che minaccia soprattutto i bambini, un po' come "l'uomo nero". La forza del libro è questa figura femminile, cui fa eco il personaggio di Sarah, che rappresenta l'emotività; dall'altra parte c'è la razionalità, che è tipicamente maschile, e indaga questi avvenimenti con un altro occhio e Sarah è l'anello tra il poter trasferire l'emotività, che appartiene anche alla leggenda, nel mondo razionale, che è quello del dottore. In questo caso, sebbene sia un mistery, verrà svelato il segreto della storia? Alla domanda gli autori glissano, svelando soltanto che ci sarà una storia d'amore, che potremmo seguire martedì 14 e mercoledì 15 aprile.
(MyMovies.it 08/04/2009)
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carocinematv · 7 years ago
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Carissima Outlander
Sassenach, l’unica vera protagonista della serie, cara Claire! Con notevole ritardo ho concluso la terza ed ultima stagione, per cui...
*SPOILER ALERT* Vade retro chiunque non abbia finito la stagione e/o non abbia mai visto la serie, ma spera di iniziarla!
Prima ci hai fatto innamorare delle Hidslands scozzesi, poi abbiamo sofferto dell’insidiosa politica francese e del clima bellico pre-Culloden, ora hai recuperato il mix mito + leggenda + avventura, attraverso viaggi transoceanici e lontananze spazio / temporali, che qualunque visione fantascientifica d’ispirazione aliena non ha nulla in comune!
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Sangue e costrizione, sin da subito calati in un mood dark di lontananza forzata, continuamente patinato quasi fosse un sogno talmente brutto dal quale non ci si riesce a svegliare. Tensioni e fiati sospesi di vite spezzate che tentano di incollare i pezzi rotti ed adeguarsi all’imperfezione di un puzzle i cui tasselli non combaciano.
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Senza di te Jamie perde tutto il sex appeal - gusto personale, ndr - e si trasforma in un barbone sporco ed a tratti squilibrato. L’apparenza si permea dell’assenza che pesa in lui come il piombo e l’andamento della storia rallenta inesorabile. I lunghi anni diventano mezz’ore interminabili che ben si allontanano dalla spettacolarità e dal clima concitato che ci aspettavamo. La sofferenza si annida e l’altalena della colpevolezza inizia ad oscillare come un pendolo in costante movimento...
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... e se Frank è il Salvatore-terzo-incomodo, tu diventi la stronza frigida ed egoista, la femminista dai sani principi che sogna di attraversare nuovamente le pietre di Craigh Na Dun e tornare da un uomo sicuramente morto 200 anni prima! E poi ci si lamenta dei comuni problemi coniugali.
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« She seeks a brave man... She will come for you »
La Dame Blanche è una chimera che spinge l’animo romantico di Jamie ad una ricerca instancabile, nonostante siano trascorsi 10 anni. Il ricordo diventa una riserva di energia e una costante narrativa, un flusso che ritorna sempre, in qualsiasi tipo di avversità incontri lungo la via... e ne incontra tante!
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« Per vent'anni ho chiuso la porta sul passato ed è stata la cosa più difficile che abbia mai fatto »
Due parole ed è fatta! Freedom & Whisky. La ruota torna a girare, i magneti possono tornare ad attrarsi, la vita predispone le pedine affinché il campo sia spianato e permetta che la verità torni a galla. La forza di una madre che ha tirato i fili per vent’anni, ora confessa alla figlia Brianna la verità. La copia al femminile di Jamie è divisa tra l’essere una Fraser e una Randall, ma assieme a Roger, lasciato bambino nella prima stagione e che ritroviamo essere ora uno storico affascinante e saggio, trova la motivazione per aiutare la madre nella sua ricerca di risposte nel tempo ed in un luogo designato.
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A. Malcom la tipografia che Jamie utilizza come copertura in cui stampare materiale sovversivo, poiché l’età avanzata non ha minimamente scalfito i suoi ideali. L’uomo sulla cinquantina che dovrebbe essere vive una seconda giovinezza al termine dell’episodio.
Giunti a metà stagione, la sensazione è che la storia stia voltando pagina: la Claire confinata nel futuro chiude il “primo capitolo” tornando nel passato e ne apra un "secondo" riunendosi al suo Jamie...
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...e rivoluzionargli la vita. Incontri, scontri, diverbi. L’amore tra te e Jamie è una bilancia costante: la tua coscienza di chirurgo mette a rischio la sua vita, ma riuscite a cavarvela per tuffarvi in nuovi scontri. La vita è andata avanti e vent’anni non sono facili da cancellare.
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Nella Top Ten delle scene più belle mai viste in una serie tv, c’è sicuramente il litigio feroce della 3x8 che ridefinisce i cardini del concetto stesso di erotismo e passionalità, generalmente avvolti dal miele e da un'ideale fascio di luce rossa. Scioglie i nodi e da l’avvio al "terzo capitolo" che porta a conclusione...
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L’avventura ed i viaggi citati nell’incipit vi hanno condotti verso terre inesplorate e nuove forme di magia, ma Cara Claire non c’è alcuna ripetitività, non ci sono momenti morti, tutto ha uno scopo e viene ripreso anche a distanza di tempo. Ogni stagione è costruita in modo impeccabile, diversa l’un l’altra e come la società in continuo mutamento, voi vi adeguate alle circostanze e cavalcate l’onda. Tra un realismo storico impeccabile ed una buona qualità narrativa, complessa e reticolata, rimani tra le protagoniste più accattivanti della TV, immersa in una storia emozionante sino all’ultimo fotogramma.
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