#dolore e salute
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pier-carlo-universe · 14 days ago
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Fibromialgia: Le Proposte del Collegio Reumatologi Italiani per il Riconoscimento Ufficiale
Il ruolo del CReI nella lotta per il riconoscimento della fibromialgia come malattia invalidante.
Il ruolo del CReI nella lotta per il riconoscimento della fibromialgia come malattia invalidante. Il Collegio dei Reumatologi Italiani (CReI) ha recentemente partecipato a un’audizione presso la Commissione Affari Sociali e Sanità del Senato, ponendo l’accento sull’importanza di riconoscere ufficialmente la fibromialgia come malattia invalidante. Questa patologia, caratterizzata da dolore…
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gregor-samsung · 2 months ago
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" «Voi dovete vivere giorno per giorno, non dovete pensare ossessivamente al futuro. Sarà una esperienza durissima, eppure non la deprecherete. Ne uscirete migliorati. «Questi bambini nascono due volte. Devono imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita ha reso più difficile. La seconda dipende da voi, da quello che saprete dare. Sono nati due volte e il percorso sarà più tormentato. Ma alla fine anche per voi sarà una rinascita. Questa almeno è la mia esperienza. Non posso dirvi altro.»
Grazie, a distanza di trent’anni. "
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Giuseppe Pontiggia, Nati Due Volte, Mondadori, 2006¹¹, p. 35.
[1ª edizione: 2000]
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kon-igi · 9 months ago
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QUA CI SAREBBE STATO UN TITOLO ALTISONANTE MA QUESTA VOLTA NO
Trovo difficile spiegare quello che sto per raccontarvi, non perché provi vergogna o esitazione ma perché ho impiegato 23 giorni a capire cosa stesse succedendo e tutte le volte che mi fermavo con l'intenzione di parlarne, sentivo che le parole scritte non avrebbero reso il senso di quello che stavo provando.
Questa volta lo butto giù e basta, ben consapevole che le parole immiseriscono ciò che una volta fuori dalla testa non sembra poi così universale o interessante.
L'errore più grande che ho fatto in questi cinque anni (conto un anno prima della pandemia ma forse sarebbero pure di più) è stato credere di avere un equilibrio emotivo tale da poter prendere in carico i problemi e le sofferenze delle persone della mia famiglia.
Non solo, mi sono fatto partecipe e a volte risolutore dei problemi dei miei amici e una volta che sono stato in gioco mi sono reso disponibile ad ascoltare chiunque su questa piattaforma avesse bisogno di supporto, aiuto o di una semplice parola di conforto.
Ho sempre detto che una mano tesa salva tanto chi la stringe che chi la allunga e di questo sono ancora fermamente convinto.
Ma per aiutare qualcuno devi stare bene tu per primo, altrimenti ci si sorregge e si condivide il dolore, salvo poi cadere assieme.
In questi anni ho parlato molto di EMPATIA e di sicuro questa non è una dote che mi manca ma c'è stato un momento - non saprei dire quando e forse è stato più uno sfilacciamento proteso nel tempo - in cui non ho potuto fare più la distinzione tra la mia empatia e la mia fragilità emotiva.
Sentivo il peso, letteralmente, della sofferenza di ogni essere vivente con cui mi rapportavo... uno sgangherato messia sovrappeso con la sindrome del salvatore, insomma.
Sovrastato e dolente.
Mi sentivo costantemente sovrastato e dolente e più provavo questa terribile sensazione, più sentivo l'impellente bisogno di aiutare più persone possibile, perché questo era l'unico modo per lenire la mia sofferenza.
Dormivo male, mi svegliavo stanco, mangiavo troppo o troppo poco, lasciavo i lavori a metà e mi veniva da piangere per qualsiasi cosa.
Naturalmente sempre bravo a dispensare consigli ed esortazioni a curare la propria salute mentale ma lo sapete che i figli del calzolaio hanno sempre le scarpe rotte, per cui se miagola, graffia e mangia crocchette, bisognerà per forza chiamarlo gatto.
E io l'ho chiamata col suo nome.
Depressione.
La mia difficoltà, ora, a parlarne in modo comprensibile deriva da un vecchio stigma familiare, unito al fatto che col lavoro che faccio sono abituato a riconoscere i segni fisici di una patologia ma per ciò che riguarda la psiche i miei pazienti sono pressoché tutti compromessi in partenza, per cui mi sto ancora dando del coglione per non avere capito.
All'inizio ho detto 23 giorni perché questo è il tempo che mi ci è voluto per capire cosa sto provando, anzi, per certi aspetti cosa sono diventato dopo che ho cominciato la terapia con la sertralina.
(per chi non lo sapesse, la sertralina è un antidepressivo appartenente alla categoria degli inibitori della ricaptazione della serotonina... in soldoni, a livello delle sinapsi cerebrali evita che la serotonina si disperda troppo velocemente).
Dopo i primi giorni di gelo allo stomaco e di intestino annodato (la serotonina influenza non solo l'umore ma anche l'apparato digestivo) una mattina mi sono svegliato e mi sono reso conto di una cosa.
Non ero più addolorato per il mondo.
Era come se il nodo dolente che mi stringeva il cuore da anni si fosse dissolto e con lui anche quell'impressione costante che fosse sempre in arrivo qualche sorpresa spiacevole tra capo e collo.
Però ho avuto paura.
La domanda che mi sono subito fatto è stata 'Avrò perso anche la mia capacità di commuovermi?'
E sì, sentivo meno 'trasporto' verso gli altri, quasi come se il fatto che IO non provassi dolore, automaticamente rendesse gli altri meno... interessanti? Bisognosi? Visibili?
Non capivo ma per quanto mi sentissi meglio la cosa non mi piaceva.
Poi è capitato che una persona mi scrivesse, raccontandomi un fatto molto doloroso e chiedendomi aiuto per capire come comportarsi e per la prima volta in tanti anni ho potuto risponderle senza l'angoscia di cercare spasmodicamente per tutti un lieto fine.
L'ho aiutata senza che da questo dipendesse la salvezza del mondo.
Badate che non c'era nulla di eroico in quella mia sensazione emotiva... era pura angoscia esistenziale che resisteva a qualsiasi mio contenimento razionale.
E ora sono qua.
Non più 'intero' o più 'sano' ma senza dubbio meno stanco e più vigile, sempre disposto a tendere quella mano di cui sopra - perché finalmente ho avuto la prova che nessun farmaco acquieterà mai il mio amore verso gli altri - con la differenza che questa voltà si cammina davvero tutti assieme e io sentirò solo la giusta stanchezza di chi calpesta da anni questa bella terra.
Benritrovati e... ci si vede nella luce <3
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vaerjs · 18 days ago
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Vorrei capire perché nessuno è allarmato quanto lo sono io, perché devo implorare l'aiuto e dimostrare sempre che non sto esagerando.
Ci insegnano che è importante fare attenzione ai segnali del nostro corpo, che in buona salute devi riuscire a fare una rampa di scale senza fatica, devi riuscire a correre 5 minuti, che sono allarmanti situazioni di aumento o perdita di peso non associati a cambiamenti nello stile di vita, che sono allarmanti gli sfoghi sulla pelle e le reazioni allergiche e infiammatorie. Ci insegnano o meglio, a me hanno insegnato che il ciclo deve essere regolare e senza dolore, che la dieta variegata fa il grosso del lavoro, che bisogna bere tanto, fare movimento e controllare i cambiamenti improvvisi del corpo.
E invece, mi sembra di essere sola al mondo a urlare che c'è qualcosa che non va. Che non è normale che non riesca a fare una rampa di scale o farmi la doccia o rifare il letto senza rimanere senza fiato, che non è normale che per farmi un prelievo debbano essere sempre in 4 a cercarmi le vene, che non è normale che con una dieta sana e attività fisica il mio corpo continui ad aumentare di peso, che le unghie si sfaldano, che la pelle si spacca, che mi sveglio così gonfia da non riuscire a muovermi, che le mie gambe sono gonfie e dure e pesano come macigni, che perdo i capelli a ciocche, che sono stanca stanca stanca, continuamente, costantemente.
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acronimica · 3 months ago
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Una giornata che finalmente si riaggiustava dopo un mese di sofferenze inaudite è stata rovinata da notizie che non ho chiesto di ricevere, o comunque non nei loro particolari infimi e più turpi. Solo la laurea con tutti i relativi riconoscimenti – tappa obbligata, altrimenti mi sarei fatta fuori – lo salva dall’essere il peggior anno della mia vita ex aequo col 2016 facendolo slittare in seconda posizione. E di certo non a causa dei comuni avvenimenti che chiunque comunemente esperirebbe in questo secolo nel mondo occidentale. Ormai è anche sciocco ragionare secondo gli anni solari, in realtà, per quanto è innegabile che danno almeno l’illusione di un’interruzione cronologica delle nefandezze. Credevo che essendomi lasciata alle spalle un ambiente familiare di violenza quotidiana durata 28 anni la chiave di volta stesse appesa alla serratura. Invece i provvedimenti del tutto straordinari che è stato necessario prendere per mettere un punto a quella fase hanno assestato un colpo durissimo e imprevisto alla mia quotidianità. In primis ne ha risentito la salute e di solito la salute non mi fa sconti. Poi sono intervenute tante di quelle altre variabili che anche solo sapere di non poter comunicare perché susciterebbero incredulità, scherno, stigmatizzazione e totale emarginazione mi uccide. Gli psicologi che circolano dalle mie zone, ho scoperto, sono tutti grossomodo pagliacci. In ogni caso non potrei permettermi una psicoterapia in pianta stabile. Non c’è una conclusione a queste mie considerazioni. È anche disgustosamente eufemistico dirmi estenuata da tutto, malattie al primo posto indiscusso, sempre e comunque. Non so in cosa sperare e se augurarmi niente. Sto campando solo per l’università, non potendo neanche fruirne come vorrei (e come sarebbe stato ovvio), e per i recenti successi. Sto campando per il prof C presidente di commissione che reincontrandomi in corridoio mi ha riproclamato scherzosamente e informalmente, dato che durante la proclamazione gli avevo negato per dimenticanza la stretta di mano. Sto campando per i complimenti del prof S, per la predilezione gentile accordata dalla prof C e per la disponibilità al dialogo che oggi ha dimostrato il prof D nonostante non lo reputi chissà quanto capace nella didattica. Sto campando per gli svariati momenti memorabili con relatore che purtroppo è tutto meno che la persona integra che ero certa che fosse, e anche questo rappresenta uno dei dolori recenti, di difficilissima assimilazione. Francamente non immaginerei nessuno, al mio posto, se non altre persone molto malate e soprattutto cronicamente, senza cure e senza prospettive di cure, arrabattarsi nell’esistenza in modo migliore, ammesso che si possa assegnare un giudizio di valore che in fondo non può esserci, perché semplicemente si riduce tutto al non rimanerci sotto, a non crepare. Mi sorprendo e mi risulta immensamente straniante pensare a quanta resistenza psichica io abbia dimostrato nel corso di questi lunghissimi dieci anni di puro dolore. Sono diventata altro da me infinite volte e mamma mia, che banalizzazione estrema e ridicola metterla in questi termini a fronte di ciò che realmente è ed è stato.
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ilpianistasultetto · 1 year ago
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Sotto a chi tocca e non vi avvilite. Siate portatori di generosità, di gesti cortesi, di sorrisi, di cordialità, chi è di carattere solare è sempre benvenuto. Siate l'estate che domina l'inverno, siate un lampione in ogni strada scura, non siate pallosi e pesanti che poi gli altri vi schifano e vi evitano. La gente ha sempre qualche problema, qualche dolore nascosto, qualche turbamento di salute, non vi mettete anche voi ad appesantire la situazione, siate gentili con tutti che nulla vi toglie e nulla vi aggiunge, che cosa vi costa?
Usate parole di tolleranza e non vi impicciate del sesso degli altri, di chi ama chi, non sono cavoli vostri. Amate ciò che amate e non impedite agli altri di amare ciò che amano, non è l'amore che distrugge il mondo ma l'odio e l'interesse personale a scapito di quello collettivo.
Partecipate con allegria alla vita che il buio nell'anima fa male e compromette ogni rapporto umano e familiare e vi fa diventare brutti, siate la cura e mai la malattia.
@ilpianistasultetto
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canesenzafissadimora · 25 days ago
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Oggi la si chiama "resilienza", una volta la si chiamava "forza d´animo", Platone la nominava "tymoidés" e indicava la sua sede nel cuore.
Il cuore è l´espressione metaforica del "sentimento", una parola dove ancora risuona la platonica "tymoidés".Il sentimento non è languore, non è malcelata malinconia, non è struggimento dell´anima, non è sconsolato abbandono. Il sentimento è forza. Quella forza che riconosciamo al fondo di ogni decisione quando, dopo aver analizzato tutti i pro e i contro che le argomentazioni razionali dispiegano, si decide, perché in una scelta piuttosto che in un´altra ci si sente a casa. E guai a imboccare, per convenienza o per debolezza, una scelta che non è la nostra, guai a essere stranieri nella propria vita.
La forza d´animo, che è poi la forza del sentimento, ci difende da questa estraneità, ci fa sentire a casa, presso di noi. Qui è la salute. Una sorta di coincidenza di noi con noi stessi, che ci evita tutti quegli "altrove" della vita che non ci appartengono e che spesso imbocchiamo perché altri, da cui pensiamo dipenda la nostra vita, semplicemente ce lo chiedono, e noi non sappiamo dire di no. Il bisogno di essere accettati e il desiderio di essere amati ci fanno percorrere strade che il nostro sentimento ci fa avvertire come non nostre, e così l´animo si indebolisce e si ripiega su se stesso nell´inutile fatica di compiacere agli altri. Alla fine l´anima si ammala, perché la malattia, lo sappiamo tutti, è una metafora, la metafora della devianza dal sentiero della nostra vita. Bisogna essere se stessi, assolutamente se stessi.
Questa è la forza d´animo. Ma per essere se stessi occorre accogliere a braccia aperte la nostra ombra. Che è poi ciò che di noi stessi rifiutiamo.
Quella parte oscura che, quando qualcuno ce la sfiora, ci sentiamo "punti nel vivo". Perché l´ombra è viva e vuole essere accolta. Anche un quadro senza ombra non ci dà le sue figure. Accolta, l´ombra cede la sua forza.
Cessa la guerra tra noi e noi stessi. Siamo in grado di dire a noi stessi:
"Ebbene sì, sono anche questo". Ed è la pace così raggiunta a darci la forza d´animo e la capacità di guardare in faccia il dolore senza illusorie vie di fuga.
"Tutto quello che non mi fa morire, mi rende più forte", scrive Nietzsche.
Ma allora bisogna attraversare e non evitare le terre seminate di dolore.
Quello proprio, quello altrui. Perché il dolore appartiene alla vita allo stesso titolo della felicità. Non il dolore come caparra della vita eterna, ma il dolore come inevitabile contrappunto della vita, come fatica del quotidiano, come oscurità dello sguardo che non vede via d´uscita. Eppure la cerca, perché sa che il buio della notte non è l´unico colore del cielo.
Di forza d´animo abbiamo bisogno soprattutto oggi perché non siamo più sostenuti da una tradizione, perché si sono rotte le tavole dove erano incise le leggi della morale, perché si è smarrito il senso dell´esistenza e incerta s´è fatta la sua direzione. La storia non racconta più la vita dei nostri padri, e la parola che rivolgiamo ai figli è insicura e incerta.
Gli sguardi si incontrano solo per evitarsi. Siamo persino riconoscenti al ritmo del lavoro settimanale che giustifica l´abituale lontananza dalla nostra vita. E a quel lavoro ci attacchiamo come naufraghi che attendono qualcosa o qualcuno che li traghetti, perché il mare è minaccioso, anche quando il suo aspetto è trasognato.
Passiamo così il tempo della nostra vita, senza sentimento, senza nobiltà, confusi tra i piccoli uomini a cui basta, secondo Nietzsche: "Una vogliuzza per il giorno, una vogliuzza per la notte, fermo restando la salute".
Perché ormai della vita abbiamo solo una concezione quantitativa. Vivere a lungo è diventato il nostro ideale. Il "come" non ci riguarda più, perché il contatto con noi stessi s´è perso nel rumore del mondo.
Passioncelle generiche sfiorano le nostre anime assopite. Ma non le risvegliano. Non hanno forza. Sono state acquietate da quell´ideale di vita che viene spacciato per equilibrio, buona educazione. E invece è sonno, dimenticanza di sé. Nulla del coraggio del navigante che, lasciata la terra che era solo terra di protezione, non si lascia prendere dalla nostalgia, ma incoraggia il suo cuore. Il cuore non come languido contraltare della ragione, ma come sua forza, sua animazione, affinché le idee divengano attive e facciano storia. Una storia più soddisfacente.
Umberto Galimberti
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pier-carlo-universe · 3 months ago
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"La mia prospettiva del mondo e di te" di Luna M.: Una riflessione sulla salute mentale e la ricerca di sé
Un viaggio interiore tra fragilità e guarigione, nella battaglia contro lo stigma della salute mentale
Un viaggio interiore tra fragilità e guarigione, nella battaglia contro lo stigma della salute mentale. Il libro “La mia prospettiva del mondo e di te”, scritto da Luna M. e pubblicato nella collana “Gli Emersi – Narrativa” di Aletti Editore, è un’opera intensa che racconta una storia di fragilità psicologica e di rinascita personale. L’autrice, originaria di Roma e di professione educatrice,…
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solo tanta stanchezza
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diceriadelluntore · 1 month ago
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Bilanci
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Equilibrio: dal latino aequilibrium, comp. di aequus «uguale» e libra «bilancia». Tra i vari significati, in usi fig., proporzione fra le parti, esatta distribuzione dei varî componenti di un insieme (Vocabolario Treccani, voce Equilibrio).
Se c'è un augurio che mi va di condividere in questo posto fatto di amici ed amiche, alcune diventate davvero carissime e "fisiche", di altri conoscenti, di persone sconosciute dietro blog diventati intimi, è quello di trovare più equilibrio.
Se sui piatti della bilancia sono posti pesi uguali, c'è equilibrio in quanto la somma delle forze lascia la bilancia in uno stato di quiete. Pertanto, che si riesca a padroneggiare il caos che ci circonda, dosando la giusta risposta alle forze avverse. Vorrebbe dire essere più padroni di sé stessi.
Perchè siamo circondati da eccessi: di dolore, di sperpero, a volte persino di sberleffo e di ironia. Troppo caldo per troppo tempo, troppa acqua in poco. Troppa violenza quando servirebbe ragione, troppa ragione quando servirebbe l'incoscienza del sentimento. Troppo formalismo, troppa pratica. Troppa impazienza, troppo risentimento.
Non è un augurio alla terzietà (anch'essa a volte uno stesso estremismo), perchè siamo sempre chiamati ad essere di parte quando serve, è un augurio all'abbandono della logica estremista, alla polarizzazione selvaggia, come se tutte le scelte della vita siano equiparabili ad un interruttore "acceso\spento". Io non voglio esserlo.
Auguro ancora tanti errori che fanno imparare, momenti di tristezza da ricordare quando si è felici, pensieri assurdi che ci fanno dubitare della nostra salute mentale (se ne esiste una definitiva).
Auguro che vi vogliate bene, perchè non solo è una delle poche cose che contano, ma perchè, come diceva una grande scrittrice, può anche finire che "conosci te stesso e ti prenderai in antipatia" (Amelie Nothomb).
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susieporta · 9 months ago
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La verità è che nessuno si regge più in piedi da solo, sulle proprie gambe. Nessuno regge più il dolore, la perdita, la frustrazione, l’attesa.
Insomma, le cose della vita.
Abbiamo bisogno di normalizzare i processi della vita: nascere, crescere, ammalarsi, ferirsi, invecchiare, morire.
Un tempo si moriva sazi di vita, appagati, senza rimpianto alcuno, in modo del tutto naturale.
Oggi si muore insoddisfatti, delusi e stanchi.
Il lutto non rientra più nelle categorie del vivente.
Abbiamo inventato questa parola: “elaborazione”, dimenticando che i lutti non si elaborano, ma si accolgono, come parti integranti dell’esistenza, tutt’al più si contemplano come espressioni mutevoli del flusso continuo della vita.
“Sii paziente verso tutto ciò
che è irrisolto nel tuo cuore
e cerca di amare le domande,
che sono simili a
stanze chiuse a chiave
e a libri scritti
in una lingua straniera.
Non cercare ora le risposte
che possono esserti date
poiché non saresti capace
di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa.
Vivere le domande ora.”
Aveva ragione Rilke.
Abbiamo disimparato il valore del piangere insieme, di condividere il pasto, dono gentile e premuroso gesto della vicina di casa, la sera, quando si raccontava ai bambini dove sta il nonno adesso, e si passava la carezza della mano piccola sul suo viso freddo e immobile, disteso sul letto.
I sogni facevano il resto, perché si aveva tempo per dormire e per sognare. E al mattino, appena svegli, per raccontare.
Così chi non c’era più continuava ad esserci, a contare, a suggerire, a consolare.
I morti stavano insieme ai vivi.
Complicato allora non è il lutto, ma il modo di viverlo, di trattarlo, come se fosse una malattia in cerca di una cura. Ma la vita non è un problema da risolvere.
Ancora Rilke. Piuttosto un mistero da sperimentare. Una quota di ignoto inevitabile che spinge lo sguardo oltre la siepe.
Chi ha ancora desiderio di quell’infinito che solo l’esperienza del limite può disvelare?
Oggi tutti reclamano il diritto alla cura della psiche, forse perché i medici del corpo non riescono a guarire certe ferite dell’anima.
Ma così si sta perdendo il valore della psicoterapia. Così si confonde la patologia con la fisiologia dell’esistente, che contempla nel suo lessico le voci: malattia, solitudine, sofferenza, perdita, vecchiaia, morte.
Qual è l’immagine del nostro tempo, che rappresenta il senso estetico dominante? Una enorme superficie levigata, perfetta, specchiante.
In questo modo, privata delle increspature, delle imperfezioni, del negativo, della mancanza, l’anima ha smarrito il suo luogo naturale, la sua origine, il respiro profondo della caducità, della provvisorietà, della fragilità del bene e del male.
Perché alla fine, tutto ciò che comincia è destinato a finire e l’unica verità che rimane è questo grumo di gioia che adesso vibra ancora nel cuore, qui e ora, in questo preciso istante, nonostante la paura, il disincanto, la sfiducia.
Non c’è salute dunque che non sia connessa alla possibilità di salvezza.
Alle nostre terapie manca quel giusto slancio evolutivo, che spinga lo sguardo oltre le diagnosi, i funzionamenti, i fantasmi che abitano nelle stanze buie della mente.
Un terapeuta non può confondere la luna con il dito che la indica.
Può solo indicare la direzione e sostenere il desiderio di raggiungerla.
Per questo ogni sera mi piace chiudere gli occhi del giorno con una poesia, ogni sera una poesia diversa, per onorare la notte con il canto dei poeti.
Perché la notte sa come mantenere e custodire tutti i segreti.
Perché le poesie assomigliano alle preghiere.
Dicono sempre cose vere.
Stanotte per esempio ho scelto questa:
“Si è levata una luna trasparente
come un avviso senza minaccia
una macchia di nascita in cielo
altra possibilità di dimora. E poi.
Siamo invecchiati.
Il volume di vecchiaia
è pesato sul tavolino delle spalle,
sugli spiccioli di salute.
Cos’è mai la stanchezza?
Le cellule gridano
chiamano l’origine
vogliono accucciarsi
nel luogo prima del nome
nello spazio che sta tra cosa e cosa
e non invade gli oggetti
li accarezza e li accalora.
Non smettere di guardare il cielo
ti assegna la precisa misura
fidati della vecchiaia
è un burattino redentore.
Dopo tanta aritmetica
la serenità dello zero.”
Chandra Candiani
Testo di Giuseppe Ruggiero
foto dal seminario " In Quiete". Introduzione alle costellazioni Familiari con Anna Polin
Gloria Volpato
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kon-igi · 13 days ago
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Kon, sono seguita da una psicologa da più di un anno. Mi ritengo una persona molto sensibile + molto facile da ferire, e credo lei lo sappia. Io più leggo del dbp più mi ci trovo. È plausibile che io lo sia, che “possa essermelo auto diagnosticato”, che senta l’immenso dolore che provo spesso (e che gli altri non provano nelle stesse situazioni) essere compatibile con tale diagnosi e… più di tutto, può essere che la mia psicologa se ne sia accorta ma non mi dica niente? Grazie per rendere questo mondo un posto un po’ migliore - anche nel dolore <3
Posso darti un consiglio da padre, visto che mia figlia ha il tuo stesso problema?
Chiediglielo.
Una professionista della salute tende a essere sincera e chiara nel portare avanto il suo percorso di cura e dubito fortemente che a fronte di una diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità - raggiunta tramite test o con colloquio - abbia motivo di tenertela nascosta così a lungo.
Purtroppo si tratta di un disturbo personologico molto complesso e chi non è addetto ai lavori tende a considerarne solo gli aspetti eclatanti ma magari comuni ad altri disturbi e non, per esempio, quelli più radicati di diffusione identitaria che, per sua stessa natura, la persona che ne è affetta fatica a riconoscere.
Fidati e parlane con lei... sono sicuro che saprà essere chiara e dirimente.
Un abbraccio <3
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gregor-samsung · 6 months ago
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“ A volte penso di appartenere a un’altra specie; questo pensiero che avanza in me assurdo come una mostruosità, contraddetto dall’apparenza ordinaria dei miei tratti e dalla mappa fantastica dei cromosomi, ha il potere di rasserenarmi. Nelle rare lezioni che ascoltai quando vagabondavo per le università, le uniche che ebbero il potere di incatenare la mia attenzione, richiamandomi alla coscienza strane e diverse emozioni, mostravano il mirabile codice della specie. Di esso rimanevo stupita come se la spirale della vita fosse un’altra possibile versione della chiave musicale del violino; una sorta di vibrazione sfuggita alla deflagrazione originaria da cui ogni cosa prese forma. Non volli imparare la catena di formule che, intrecciandosi in una magica danza, non ripeteva mai se stessa e con certezza assoluta custodiva l’identità unica di ogni nuova vita. Mi sembrò sempre che la riduzione di un simile prodigio all’apprendimento sterile del nome scientifico, la sua evocazione dotta e assurda nelle luce morta dei laboratori, avrebbero aperto, attirandola su noi, la catena infinita e ottusa del dolore. Bisogna essere molto ciechi per aggiungere nuove sofferenze all’eredità di dolore lasciata da chi è passato prima di noi!
Così, quando in un paese qualunque, forse nell’emisfero australe o nel silenzio dimenticato degli Incas, qualcuno ha trovato serbata la chiave della vita nel cuore indifferente di una pietra, come se questa fosse la cellula di un corpo o la memoria atomizzata dell’unica esplosione, io ho avuto la conferma di ciò che sempre pensai. Nello spartito della vita, risuoniamo tutti con un’unica nota le cui vibrazioni mutano impercettibilmente per la materia che ci accade di essere. Allo stesso modo, ho orrore dell’onnipotenza feroce, della dogmatica sordità, che traccia il confine fra ciò che è sano e il suo contrario. Tremo di fronte all’arroganza impietosa dei corpi sani, all’oscena prepotenza della loro forza; alla sicumera gloriosa con cui avanzano nell’universo pretendendo di esserne i padroni invulnerabili. Niente è più vano e folle di questa illusione: bisogna essere un po’ di pietra e d’albero; un po’ di mare e di tuono per ricordarsi la nota originaria; bisogna essere un po’ mostri per sentire risuonare la meraviglia e l’orrore di altri mondi lontani. In me vive il dubbio che l’errore genetico, da cui prendono vita creature mostruose e tenerissime; piccoli tartari con gli occhi all’insù, dalla memoria prodigiosa di Pico della Mirandola che suonano a volte come angeli, o vecchi-bambini destinati a vivere un quarto di secolo, nascosti come ragni nelle case per non offendere la proterva salute dei normali, incarni un’altra razza. O forse creature di altri spazi; abitanti di pianeti lontani, i cui frammenti vitali caddero errando, nel luogo sbagliato. Questo spiegherebbe la malinconia commovente di certi occhi fissati nel vuoto, che guardano mondi perduti e sorridono solo a essi, resistendo a tutte le seduzioni della nostra inutile umanità. La follia infine; non so se i suoi segni siano iscritti nell’abbraccio elicoidale della vita e neanche se appartenga al codice segreto di un’altra specie precipitata sulla terra. Credo piuttosto che essa sia un tramite; un sesto senso rimasto aperto per vocazione o per destino, dove le mostruosità svelano la propria origine autentica. In altri luoghi, lontani dagli orridi tavoli vivisettori che in nome della scienza profanano oscenamente i misteri della vita e della morte; in altri tempi da quelli in cui l’angoscia ci stringe a vivere, i folli furono celebrati come creature divine, nelle quali circolava libera la sapienza onnisciente. Erano tempi e luoghi dove la sadica struttura normativa che ci conculca non aveva ancora vinto, né aveva ancora sedotto l’intera umanità al peccato originario dell’invidia e alla pestilenza della sua vanità coattiva. Così essa non tollera che una creatura fugga al giogo delle rivalità fra uguali e, attraverso i mondi della follia, scelga l’identità eversiva a cui lo destinava l’unicità della sua nascita. Con un ukàse che non ammette eccezioni, l’alieno viene piegato all’annientamento dei suoi mondi e il veleno sottile dell’invidia raggiunge il suo centro creativo distruggendone le centraline. Ridotto a un’oscurità senza mostri e a un silenzio senza presagi, finalmente appartiene alla specie. “
Mariateresa Di Lascia, Passaggio in ombra, Feltrinelli (collana I Narratori), 1995¹; pp. 116-117.
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bloodyfiona · 4 months ago
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Una società sana, non investe in religione (ergo: ignoranza), ma solo in Scienza, in modo da garantire che nessuno più debba combattere contro malattie inguaribili e disabilità, sorridendo, a denti stretti, alla cattiva gestione del bene comune: la Salute.
In quest'ottica empatica e progressista, mi rifiuto di accettare qualsiasi apologia del dolore, in cui un portatore di handicap, un malato cronico, sostenga che si possa essere felici lo stesso: questa non è felicità, ma rassegnazione.
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aitan · 4 months ago
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"Il fatto che un'opinione sia ampiamente condivisa, non è affatto una prova che non sia completamente assurda. Anzi, considerata la stupidità della maggioranza degli uomini, è più probabile che una convinzione diffusa sia balorda che sensata."
Da "Marriage and Morals", Bertrand Russell, 1929
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"È nota la definizione della democrazia come sistema pieno di difetti ma di cui non si è ancora trovato nulla di meglio. Da questa ragionevole assunzione discende, per la maggior parte della gente, la convinzione errata che la democrazia (il migliore o il meno peggio dei sistemi di governo) sia quello per cui la maggioranza ha sempre ragione. Nulla di più falso. La democrazia è il sistema per cui, visto che è difficile definire in termini qualitativi chi abbia più ragione degli altri, si ricorre a un sistema bassamente quantitativo, ma oggettivamente controllabile: in democrazia governa chi prende più consensi. E se qualcuno ritiene che la maggioranza abbia torto, peggio per lui: se ha accettato i principi democratici deve accettare che governi una maggioranza che si sbaglia.
Una delle funzioni delle opposizioni è quella di dimostrare alla maggioranza che si era sbagliata. E se non ce la fa? Allora abbiamo, oltre a una cattiva maggioranza, anche una cattiva opposizione. Quante volte la maggioranza può sbagliarsi? Per millenni la maggioranza degli uomini ha creduto che il sole girasse intorno alla terra (e, considerando le vaste aree poco alfabetizzate del mondo, e il fatto che sondaggi fatti nei paesi più avanzati hanno dimostrato che moltissimi occidentali ancora credono che il sole giri) ecco un bel caso in cui la maggioranza non solo si è sbagliata ma si sbaglia ancora. Le maggioranze si sono sbagliate a ritenere Beethoven inascoltabile o Picasso inguardabile, la maggioranza a Gerusalemme si è sbagliata a preferire Barabba a Gesù, la maggioranza degli americani sbaglia a credere che due uova con pancetta tutte le mattine e una bella bistecca a pasto siano garanzie di buona salute, la maggioranza si sbagliava a preferire gli orsi a Terenzio e (forse) si sbaglia ancora a preferire "La pupa e il secchione" a Sofocle. Per secoli la maggioranza della gente ha ritenuto che esistessero le streghe e che fosse giusto bruciarle, nel Seicento la maggioranza dei milanesi credeva che la peste fosse provocata dagli untori, l'enorme maggioranza degli occidentali, compreso Voltaire, riteneva legittima e naturale la schiavitù, la maggioranza degli europei credeva che fosse nobile e sacrosanto colonizzare l'Africa.
In politica Hitler non è andato al potere per un colpo di Stato ma è stato eletto dalla maggioranza, Mussolini ha instaurato la dittatura dopo l'assassinio di Matteotti ma prima godeva di una maggioranza parlamentare, anche se disprezzava quell'aula «sorda e grigia». Sarebbe ingiusto giocare di paradossi e dire dunque che la maggioranza è quella che sbaglia sempre, ma è certo che non sempre ha ragione. In politica l'appello alla volontà popolare ha soltanto valore legale ("Ho diritto a governare perché ho ricevuto più voti") ma non permette che da questo dato quantitativo si traggano conseguenze teoriche ed etiche ("Ho la maggioranza dei consensi e dunque sono il migliore").
In certe aree della Sicilia e della Campania i mafiosi e i camorristi hanno la maggioranza dei consensi ma sarebbe difficile concluderne che siano pertanto i migliori rappresentati di quelle nobilissime popolazioni. [...]"
Da una "Bustina di Minerva" di Umberto Eco del 27 Maggio, 2010
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"Alta sui naufragi, dai belvedere delle torri
China e distante sugli elementi del disastro
Dalle cose che accadono al di sopra delle parole
Celebrative del nulla, lungo un facile vento
Di sazietà, di impunità
Sullo scandalo metallico di armi in uso e in disuso
A guidare la colonna di dolore e di fumo
Che lascia le infinite battaglie al calar della sera
La maggioranza sta, la maggioranza sta
Recitando un rosario di ambizioni meschine
Di millenarie paure, di inesauribili astuzie"
Da "Smisurata preghiera”, brano di Fabrizio De André tratto da "Anime Salve", 1996
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