#cultura letteraria italiana
Explore tagged Tumblr posts
Text
Volver: Il ritorno del Commissario Ricciardi nella Napoli del cuore e dei misteri. Recensione di Alessandria today
Maurizio De Giovanni ci riporta alla magia della Napoli anni '30 con un nuovo capitolo della saga di Ricciardi.
Maurizio De Giovanni ci riporta alla magia della Napoli anni ’30 con un nuovo capitolo della saga di Ricciardi. Maurizio De Giovanni, celebre scrittore napoletano, torna con “Volver. Ritorno per il Commissario Ricciardi”, un’opera che segna il ritorno del suo personaggio più amato, il Commissario Ricciardi. Pubblicato da Einaudi Stile Libero Big, il romanzo si tuffa nuovamente nell’atmosfera…
#. romanzi da leggere#Alessandria today#atmosfere napoletane.#autori italiani di successo#commissario Ricciardi#cultura letteraria italiana#De Giovanni romanzi#Einaudi#emozioni e misteri#gialli italiani#Google News#introspezione psicologica#italianewsmedia.com#letteratura italiana#Letture consigliate#libri da leggere#libri di mistero#libri italiani#Libri Noir#Maurizio De Giovanni#Maurizio De Giovanni biografia#mistero#Napoli anni &039;30#Napoli e misteri#narrativa contemporanea#narrativa italiana#Narrativa storica#noir italiano#noir psicologico#personaggi complessi
0 notes
Text
" Ricordo di aver letto non molti anni fa uno spiritoso articolo di Stefano Rizzato (apparso su «La Stampa» nella primavera del 2012) dedicato ai fumetti di Topolino. Diceva che i giovani lettori avevano qualche difficoltà a capirne la lingua, e che occorreva ormai il pronto soccorso di un «topo-dizionario» per capire verbi usati di frequente dal piccolo animale come turlupinare, corroborare, lucrare, un sostantivo come darsena, aggettivi come erudito, esoso, retrogrado, intabarrato. È vero che la lingua di Topolino è sempre stata di livello alto, ma le nuove generazioni non conoscono queste parole anche perché non le leggono piú. In un suo libro recente Massimo Arcangeli* ci ha fatto notare che addirittura fra gli studenti universitari stanno perdendosi parole come abulico, sordido, modico, solerte, blaterare, corroborare, menzionare, coacervo, laconico, nemesi; e che moltissimi non sanno trovare un sinonimo di pusillanime, e che indigente è confuso con ingente.
Ma oggi in realtà preoccupa di piú il fatto che molti giovani non sanno mettere insieme con accettabile padronanza una pagina scritta. All’Università hanno difficoltà a stendere una tesina, arrivano alla laurea sprovvisti di sintassi, incapaci di argomentare, fanno fatica ad articolare (ma anche a leggere) un testo con un po’ di subordinate. Come se non avessero fatto nulla in precedenza per imparare a scrivere, soltanto scaldato dei banchi. Siamo di fronte a un collasso sintattico, che preoccupa molto di piú degli strafalcioni e delle carenze lessicali: qui è in gioco l’incapacità di organizzare e gerarchizzare e illustrare le idee, sono saltati i nessi logici, i legami tra il prima e il poi, tra causa ed effetto, sono franati i nessi insieme alle pause, l’andare a capo, la scansione, la punteggiatura, il ritmo del discorso. Che cominci a farsi sentire il mancato insegnamento dello spessore storico di una lingua, o la semplificazione eccessiva di tale prospettiva? Dopo anni di impegno, di entusiasmi per sperimentazioni glottodidattiche, la capacità di costruire discorsi scritti da parte dei giovani che escono dalla scuola italiana è sempre piú carente. E il fatto poi che si leggano piú social che saggi e narrativa ha un suo peso. "
*M. ARCANGELI, Senza parole. Piccolo dizionario per salvare la nostra lingua, il Saggiatore, Milano 2020.
---------
Gian Luigi Beccaria, In contrattempo. Un elogio della lentezza, Einaudi (collana Vele), 2022. [Libro elettronico]
#letture#leggere#citazioni#saggistica#scritti saggistici#libri#Gian Luigi Beccaria#In contrattempo#Stefano Rizzato#letteratura#La Stampa#scrittura#fantasia#Topolino#evasione#fumetti#lessico#storia della Lingua italiana#società contemporanea#Italia#studenti#università#cultura#sapere#pensiero#argomentare#Massimo Arcangeli#linguaggio#presente#critica letteraria
7 notes
·
View notes
Text
Fernanda Pivano Viaggo cose persone
Testi di: Alba Cappellieri, Ida Castiglioni, Guido Harari, Fiorella Minervino, Fernanda Pivano, Arnaldo Pomodoro
SilvanaEditoriale, Cinisello Balsamo 2011, 224 pagine, 29,5x20,5cm, oltre 300 a colori e in b/n, ISBN 978-88-86899-85-7
euro 35,00
email if you want to buy [email protected]
Mostra Milano Galleria Credito Valtellinese Stelline 6/IV 18/VII 2011
Giornalista, saggista e traduttrice molto ammirata, donna complessa e ironica, tramite culturale tra Italia e Stati Uniti per oltre sessant’anni: Fernanda Pivano (Genova, 1917 – Milano, 2009) è senza dubbio uno dei personaggi più amati del Novecento, e proprio a lei è dedicato questo volume che, in occasione di una mostra ospitata a Milano, vuole renderle omaggio a pochi anni dalla scomparsa.
Fernanda ha illuminato generazioni di italiani facendo loro scoprire i testi di Ernest Hemingway, Francis Scott Fitzgerald, William Faulkner, Gertrude Stein, Allen Ginsberg, Jack Kerouac, Henry Miller, solo per citarne alcuni. Una carriera letteraria iniziata nel 1943, quando per Einaudi pubblica la prima traduzione italiana di Spoon River sotto la guida di Cesare Pavese e quella di Addio alle armi, libro proibito dal Regime per il quale finì in carcere. Ma appena riuscì a ottenere il visto, Fernanda andò in America per conoscere di persona quei grandi autori che le avevano fatto crescere la passione per la libertà, e che lei stessa ha contribuito a rendere “classici”.
In catalogo dunque, ecco documenti originali, dattiloscritti e testi autografi di grandi scrittori accanto alle poesie, alle lettere e ai disegni dedicatele da amici e artisti del mondo letterario e musicale. Nel ricco repertorio fotografico del volume spiccano i ritratti di Guido Harari e, ancora, altre testimonianze del carattere curioso e appassionato d’arte della Pivano, come i gioielli etnici raccolti durante i lunghi viaggi in giro per il mondo, o quelli disegnati per lei da Ettore Sottsass e Arnaldo Pomodoro.
Un volume, ricco di contributi, per ricordare una delle personalità più amate della cultura italiana del Novecento.
17/10/24
#Fernanda Pivano#mostra Stelline Milano 2011#Ettore Sottsass#Guido Harari#Arnaldo Pomodoro#fashionbooksmilano
2 notes
·
View notes
Link
Omaggio alla scrittrice Michela Murgia Addio a Michela Murgia
7 notes
·
View notes
Text
Perché non esiste una cultura di Destra
Uno dei motivi che più ricorrono sulla nostra stampa e nelle conversazioni del nostro ambiente è la condanna del massiccio allineamento a sinistra della cultura italiana. Questa condanna viene formulata in tono un po' addolorato, un po' sorpreso, quasi fosse innaturale che la cultura si trovi ormai schierata da quella parte mentre a destra si incontra un vuoto quasi completo. Di solito si cerca di rendersi ragione di questo stato di cose con spiegazioni a buon mercato, quel tipo di spiegazioni che servono a tranquillizzare sé stessi e permettono di restare alla superficie delle cose. Si dice - ad esempio - che la cultura è a sinistra perché là si trova la maggior quantità di danaro, di case editrici, di mezzi di propaganda. Si dice anche che basterebbe che il vento cambiasse perché molti "impegnati a sinistra" rivedessero il loro engagément.
In tutto questo c'è del vero. Una cultura, o meglio, la base di lancio di cui una cultura ha bisogno, è anche organizzazione, danaro, propaganda. È indubbio che lo schiacciante predominio delle edizioni d'indirizzo marxista, del cinema socialcomunista, invita all'engagément anche molti che - in clima diverso - sarebbero rimasti neutrali. Ma ciò non deve farci dimenticare la vera causa del predominio dell'egemonia ideologica della Sinistra. Esso risiede nel fatto che là esistono le condizioni per una cultura, esiste una concezione unitaria della vita materialistica, democratica, umanitaria, progressista. Questa visione del mondo e della vita può assumere sfumature diverse, può diventare radicalismo e comunismo, neoilluminismo e scientismo a sfondo psicoanalizzante, marxismo militante e cristianesimo positivo d'estrazione "sociale". Ma sempre ci si trova di fronte ad una visione unitaria dell'uomo, dei fini della storia e della società. Da questa comune concezione trae origine una massiccia produzione saggistica, storica, letteraria che può essere meschina e scadente, ma ha una sua logica, una sua intima coerenza. Questa logica, questa coerenza esercitano un fascino sempre crescente sulle persone colte. Non è un mistero per nessuno il fatto che un gran numero di docenti medii ed universitari è comunistizzato, e che la comunistizzazione del corpo insegnante dilaga con impressionante rapidità. E, tra i giovani che hanno l'abitudine di leggere, gli orientamenti di sinistra guadagnano terreno a vista d'occhio.
-Adriano Romualdi
3 notes
·
View notes
Text
Romanzi italiani del 900: racconti di un secolo di cambiamenti
I romanzi italiani del 900 hanno saputo catturare le sfumature della società, la politica, la cultura e le emozioni di un Paese che ha vissuto due guerre mondiali, profonde trasformazioni sociali e una rapida modernizzazione. Per questo motivo la letteratura italiana nel Novecento è un affascinante mosaico di stili, voci e storie che riflettono il tumultuoso periodo storico attraversato dall'Italia durante quel secolo. I primi anni del 900: il Futurismo Gli inizi del Novecento italiano hanno visto emergere il movimento futurista, che ha cercato di abbracciare il cambiamento e l'innovazione nella letteratura, nell'arte e nella società. Un esempio notevole di romanzi futuristi è "Zang Tumb Tumb" di Filippo Tommaso Marinetti, un'opera che sperimenta con la forma e il suono delle parole per esprimere l'entusiasmo per la modernità e la tecnologia. Questo movimento ha contribuito a gettare le basi per il modernismo letterario in Italia. I romanzi italiani del 900 e la Seconda Guerra Mondiale La Seconda Guerra Mondiale è stata un'incredibile fonte di ispirazione per gli scrittori italiani dell'epoca. - "Il giardino dei Finzi-Contini" (1962) di Giorgio Bassani narra la triste pagina della persecuzione degli ebrei. - "La casa in collina (1948) di Cesare Pavese analizza la guerra in quanto impegno storico e civile. - "Il sentiero dei nidi di ragno" (1947) è uno dei più bei romanzi sulla Resistenza. - "La ciociara" (1957) di Alberto Moravia rappresenta un'altra tragica pagina del conflitto: lo sbarco degli alleati Il dopoguerra, con tutte le difficoltà della ripresa economica, ha ispirato, invece, la nascita di una vera e propria corrente letteraria che ha coinvolto la letteratura e il cinema: il neorealismo. I romanzi neorealisti più emblematici sono: - "Ragazzi di vita" (1955) di Pier Paolo Pasolini; - "Una questione privata" (1963) di Beppe Fenoglio; - "Se questo è un uomo" (1947) di Primo Levi; - "La romana" (1947) di Alberto Moravia. I romanzi postmoderni Gli anni '60 hanno portato una nuova onda di romanzi italiani che riflettevano i cambiamenti sociali e culturali in corso. "Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pubblicato postumo nel 1958, ha catturato l'atmosfera di una società aristocratica in declino. Altro autore esemplare di questo periodo fu Leonardo Sciascia che con i suoi romanzi accese un faro sulla Sicilia e sul fenomeno della mafia. Ricordiamo "Il giorno della civetta", "A ciascuno il suo", "Il caso Majorana". Negli anni '70 e '80, l'Italia ha assistito a una rinascita letteraria con l'emergere di autori postmoderni come Umberto Eco, che ha scritto "Il nome della rosa" (1980), un romanzo che mescola storia, mistero e teologia. I romanzi che in una certa misura hanno segnato gli anni Novanta del Novecento sono "Castelli di rabbia" (1991), "Oceano mare" (1993), "Seta" (1996) di Alessandro Baricco. In copertina foto di Priscilla Du Preez 🇨🇦 su Unsplash Read the full article
3 notes
·
View notes
Text
Cagliari: si presenta alla MEM “Ennio Zedda – Il fumettista Zezé”.
Cagliari: si presenta alla MEM “Ennio Zedda – Il fumettista Zezé”. La MEM di Cagliari rende omaggio all'illustratore sardo Ennio Zedda, che dagli anni '30 agli anni '70 fu uno degli artisti più significativi del panorama nazionale, e lo fa esponendo una parte della sua collezione di periodici. È visitabile dal 14 aprile sino al 10 maggio 2023, dal lunedì al venerdì dalle 9 del mattino alle 7 di sera, e il sabato dalle 9 alle 13.30. “Nato a Macomer nel 1910 per trasferirsi ancora bambino a Cagliari e morto a Roma nel 1993, Zedda con le sue opere ha dato davvero un grande contributo all'illustrazione italiana”, ha rimarcato stamani l'assessore alla Cultura Maria Dolores Picciau incontrando i giornalisti proprio alla Mediateca di via Mameli 164. Frutto di una donazione fatta all'Archivio storico comunale circa dieci anni fa “Ennio Zedda – Il fumettista Zezé”, questo il titolo della mostra, “dà la possibilità a tutti coloro non conoscono abbastanza questo illustre artista di conoscerlo meglio”. Inoltre, “rientra a pieno titolo nell'ambito delle iniziative di promozione e valorizzazione culturale e delle arti che l'Amministrazione comunale di Cagliari sta portando avanti”. Nel corso della sua lunga carriera, Zedda si è dedicato dunque al disegno e alla caricatura. Ma contemporaneamente ha collaborato ai giornali umoristici cagliaritani: Su Pibireddu (pubblicato nel 1926), Pibiri e Sali (nato nel 1918) e soprattutto Biddio, che ospita nel 1927 e nel 1928 le sue caricature firmate con lo pseudonimo Zezé. Nel dicembre del 1928, con la fondazione del Lunedì de L'Unione Sarda, la sua attività di disegnatore comincia ad avere maggiore rilievo e visibilità a livello regionale. Zedda realizza vignette e testate dallo stile conciso e ricco di dinamismo. Continua inoltre a dedicarsi all'illustrazione pubblicitaria, eseguendo tavole per alcuni negozi cittadini (si ricordano quelle per la gelateria Marcello, per la filiale FIAT di Cagliari e per la ditta di abbigliamento Costa Marras). Nel 1930 all'età di 20 anni, stanco dell'ambiente cagliaritano, si trasferisce a Roma dove riesce ad avere il primo incarico professionale come illustratore, inconfondibile tratto morbido, tondeggiante e moderno. Collabora poi con i periodici Il Balilla e La Piccola Italiana: qui prenderanno vita personaggi come Arturino, Mariella e i fratellini, Carolina e Gavino con i quali rievoca, in modo sognante e fiabesco, la sua Sardegna. Nel dopoguerra sarà impegnato ad illustrare la pagina centrale de Il Giornalino, settimanale dei piccoli, dove darà vita alla figura del pastore sardo Pippo Pentola, personaggio che ritroviamo nelle Favole del villaggio del 1948. Nel 1954 ebbe un'importante collaborazione come cartellonista per l'Ente Nazionale Prevenzione Infortuni, curando l'inserto "Dora e Lilli" con i suoi omonimi personaggi. Negli anni '60 la RAI - Radiotelevisione italiana realizza un filmato-intervista su Ennio Zedda e il suo personaggio Arturino, nel programma condotto da Umberto Eco. La collaborazione con Il Giornalino termina nel 1969 e, da questo momento in poi, Zedda si concentrerà sull'attività letteraria, affiancando al disegno questa sua nuova passione. Muore a Roma nel 1993. “A distanza di molti anni – ha rimarcato Anna Maria Cabras, artefice della donazione – i disegni realizzati completamente a mano sono testimonianza del talento e della grande destrezza di Zedda”. All'incontro della mattina di venerdì 14 aprile 2023 alla MEM anche Francesca Desogus, funzionario del Comune e responsabile del Sistema bibliotecario. “La mostra – ha detto – è stata allestita dal personale della Biblioteca Studi Sardi coadiuvato dal personale dell'Archivio Storico”.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
2 notes
·
View notes
Text
Di Annalisa Valente Dante e Pinocchio hand by hand e poi Fenoglio: è stata davvero ricca di stimoli la Settimana della Lingua Italiana della Dante Society Liverpool. Settimana della Lingua Italiana, a Liverpool Dante e Pinocchio vanno a braccetto In questo 2024 oramai alle battute finali la Settimana della Lingua Italiana in UK è stata celebrata in diversi modi: da chi ha portato i propri allievi in Italia a imparare la lingua sul posto (e di cui vi abbiamo anche raccontato qui) a chi ha organizzato programmi culturali ad hoc per non dimenticare e non far dimenticare il valore delle tradizioni italiane. Tra i principali protagonisti di queste occasioni di celebrazione "made in Italy" non possono certo mancare le Dante Society dislocate sul territorio britannico. Tra queste, la Società Dante Alighieri Liverpool che a metà Ottobre ha organizzato (e cofinanziato) the Week of the Italian Language in the World in Liverpool, con un calendario di appuntamenti settimanali in partnership con l’Associazione Centro Studi di Letteratura, Storia, Arte e Cultura Beppe Fenoglio e con la Scuola di italiano MammaMia diretta da Stefania Pisano. La Settimana della Lingua Italiana nel Mondo di Liverpool è un evento annuale (quest'anno giunto alla 24a edizione) con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri italiano che coinvolge una rete globale di istituzioni culturali, dipartimenti linguistici, scuole e associazioni italiane. Al centro dell'evento, l'Italiano e il libro Il Dipartimento di Lingue, Culture e Cinema (LCF) dell'Università di Liverpool ospita tradizionalmente la Settimana Italiana con una serie di eventi culturali, spettacoli, concerti e proiezioni. Il tema di questa edizione è stato “L’Italiano e il Libro”. Primo appuntamento, una serata musicale dedicata ai cantautori italiani con la band locale "Paparazzi and Friends" presso Mossley Hill Athletic Club in Mossley Hill Road. Dopodiché è stata la volta di Pinocchio and Dante: Children and Teen workshops and exhibitions presso Mossley Hill Hilltop Centre (Mossley Hill Church) in Rose Lane. Un pomeriggio interamente dedicato a due figure iconiche nella storia sociale e culturale italiana, tradizionalmente letteraria. Sia per i più piccoli o per chi ancora ricorda i valori e il senso della vita della giovane età, sia per chi coltiva il desiderio di conoscere meglio o di riscoprire una figura imponente dal punto di vista storico come quella di Dante Alighieri (al quale, naturalmente, tutte le Dante Societies sparse nel mondo si ispirano). Pinocchio e Dante: due icone italiane Un connubio, anzitutto letterario dunque, che è proseguito con la serata "Italian Icons: Dante and Pinocchio hand in hand", a cura del professor Stefano Jossa, Honorary Research Fellow presso la Royal Holloway University di Londra e docente di Letteratura italiana presso l'Università di Palermo. Un appuntamento, sia online che in presenza presso Language Lounge, University of Liverpool, in Abercromby Square, che ha puntato ad analizzare i due simboli più iconici dell'Italia e dell'italianità, Dante e Pinocchio, rappresentanti di una stessa nazione, sia culturalmente che politicamente. Nonostante le loro differenze nella storia e nella letteratura (reale / immaginario; umano / di legno; medievale / moderno), sono diventati indicatori dell’identità e del carattere italiano. La settimana celebrativa è poi proseguita con la serata “Tradurre la narrativa italiana per il mercato anglofono: reti transnazionali, alleanze imprenditoriali, archivi (anni '50-'80)”, anche questo un appuntamento importante, a cura della professoressa Daniela La Penna, docente di Modern Italian Culture & Translation all’Università di Reading (UK) dove co-dirige anche il Centre for Book Cultures and Publishing. Un incontro (anche questo online e in presenza presso Language Lounge, University of Liverpool, in Abercromby Square), in cui la professoressa ha trattato delle dinamiche culturali, economiche e sociali che circondano la traduzione inglese di titoli italiani nel mercato librario anglo-americano dopo la Seconda Guerra Mondiale. In esame una serie di casi studio, emersi dagli Archives of British Publishers and Printing conservati presso l'Università di Reading e relativi a Jonathan Cape e Chatto & Windus. E per concludere, il reading of Beppe Fenoglio La settimana celebrativa della lingua italiana si è conclusa con “Lettura fenogliana: a reading of Beppe Fenoglio’s (The Twenty-three Days of the City of Alba)” in collaborazione con il Centro Studi ‘Beppe Fenoglio’, di Alba (in provincia di Cuneo) per celebrare l’80° anniversario della Liberazione di Alba (10 Ottobre-2 Novembre 1944). Con gli attori Andrea Castellini e Luca Occelli. Anche questo appuntamento si è svolto online e in presenza presso Language Lounge, University of Liverpool, in Abercromby Square. “L’Italiano e il Libro” quindi si è dimostrato un topic quanto mai ricco di sfaccettature e contenuti, adatto per tutte le età e tutti i livelli sociali e culturali. E l’occasione della Settimana della Lingua Italiana nel mondo organizzata a Liverpool ne è stata la dimostrazione. Una ventata d’aria fresca e di ricordi del cuore, di tradizioni e di storia che fanno parte del proprio Dna. Quale altro modo, bello e gratificante, per concludere un anno così lungo e impegnativo? ... Continua a leggere su
0 notes
Text
"Astor Piazzolla, melodie e parole al Teatro del Cestello"
Donatella Alamprese, sabato 20 aprile 2024,
ha proposto al Teatro del Cestello di Firenze lo spettacolo "Tango, una Favola Porteña : Astor Piazzolla e i suoi Poeti".
Questa rappresentazione, descritta da Donatella come una meravigliosa avventura, offre uno sguardo su un lato meno conosciuto del musicista argentino.
Sul palco, una voce narrante si accompagna a chitarra, bandoneon, due ballerini, e naturalmente, la splendida voce di Donatella che interpreta i classici di Piazzolla.
Donatella Alamprese, con una formazione classica, è una cantante estremamente eclettica che ha trasformato il suo repertorio canoro in una preziosa rarità nel panorama musicale.
È altresì riconosciuta come la regina italiana del tango, per le sue performance particolarmente apprezzate e coinvolgenti.
Astor Piazzolla, su cui si incentra lo spettacolo, è stato un compositore e bandoneonista argentino, visto come uno dei principali innovatori del tango. Nato nel 1921, ha rivoluzionato il tango tradizionale con il suo nuovo stile, il "tango nuevo", che incorporava elementi del jazz e della musica classica.
Lo spettacolo mette in luce le importanti collaborazioni volute da Piazzolla con vari poeti per creare il "tango canzone", uno degli aspetti distintivi del suo percorso artistico.
Queste collaborazioni hanno fuso la lirica poetica con la musica, creando opere profonde e cariche di emozioni.
Tra le collaborazioni più note di Piazzolla vi è quella con il poeta Horacio Ferrer.
Insieme, hanno creato alcune delle opere più emblematiche, come "Balada para un loco" e "Chiquilín de Bachín", che uniscono ritmo e melodia intensa tipica del tango con testi poetici che narrano storie di vita, amore e nostalgia.
Un altro poeta crucial per la carriera di Piazzolla è stato Jorge Luis Borges, con cui ha collaborato nell'album "El tango".
Questo progetto ha esplorato vari aspetti della cultura e storia argentina attraverso il tango, arricchendo ulteriormente il genere con una profonda dimensione letteraria.
Con determinazione e innovazione, Piazzolla e i suoi poeti hanno elevato il tango da semplice forma di danza a un'espressione artistica complessa e rispettata, dimostrando il potenziale del tango di trasmettere intense emozioni attraverso sia la musica che le parole.
Una sala piena, quella del Teatro del Cestello, con spettatori attenti e affascinati, che hanno sottolineato con lunghi applausi la bravura degli interpreti.
Domenica 21 aprile 2024, la meravigliosa avventura avrà una replica alle 16.45.
Riccardo Rescio I&f Arte Cultura Attualità I
Ruben Costanzo Simone Marini Marco Giacomini Giuliano Scarpati Arthur Murray Perla Collini Donatella Alamprese
Teatro Del Cestello
0 notes
Text
Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno
Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, un post letterario che riprende alcuni brani di questo testo umoristico di Giulio Cesare Croce con una piccola introduzione e una breve biografia dell'autore. Quando frequentavo le scuole medie, nel 1973, nella nostra antologia - LA LETTURA. ANTOLOGIA CON LETTURE EPICHE di Italo Calvino e Giambattista Salinari, Zanichelli Editore, un libro bello corposo per ogni annualità, oltre all'epica, alle poesie e a vari testi letterari di autori classici vi erano anche testi più umoristici, tratti da opere di scrittori di assoluta genialità. Tra questi vi erano brani tratti dal Bertoldo di Croce che, con i testi del Don Chisciotte di Cervantes, erano tra i miei preferiti; non a caso molti anni anni dopo la mia tesi di laurea si occupò proprio del fenomeno umoristico. A distanza di 50 anni, e dopo aver sofferto parecchio durante la mia complicata esistenza, a soli pochi mesi dalla morte di mia madre, dedico questo post a Bertoldo e al suo autore, memore dei miei anni più spensierati, quando dopo delle intese giornate scolastiche ritornavo a casa e potevo beneficiare della presenza dei miei genitori, di una realtà che non ritornerà mai più. Restano solo i ricordi, la nostalgia, la meloanconia, la sofferenza e la lieve funzione terapeutica della letteratura. Giulio Cesare Croce è stato uno scrittore e drammaturgo italiano del XVI secolo, noto principalmente per essere l'autore della popolare opera comica "Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno", la cui trama ruota attorno alle avventure di due contadini, Bertoldo e Bertoldino, e del loro amico Cacasenno. Figlio di fabbri e fabbro a sua volta, morto il padre, lo zio continuò a cercare di dargli una cultura. Non ebbe mai mecenati particolari, e lasciò gradualmente la professione di famiglia per fare il cantastorie. Acquisì fama raccontando le sue storie per corti, fiere, mercati e case patrizie. Si accompagnava con un violino. L'enorme sua produzione letteraria deriva da una autoproduzione delle stampe dei suoi spettacoli. Ebbe due mogli e 14 figli e morì in povertà. L'opera di Croce è caratterizzata da un umorismo vivace, un linguaggio colloquiale e una satira sociale che prende di mira le convenzioni e le ipocrisie del suo tempo. "Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno" è diventato un classico della letteratura comica italiana e ha avuto una grande influenza sulla tradizione del teatro popolare. Una forma scritta precedente come fonte fu il medievale Dialogus Salomonis et Marcolphi. Oltre a "Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno", e ad un romanzo successivo sempre dello stesso filone, Croce scrisse anche altre opere, tra cui commedie, numerosi libretti brevi in prosa e poesia, che abbracciano vari generi letterari della tradizione popolare e raccolte di novelle.
Giulio Cesare Croce L'autore riprese temi popolari del passato, come la storia di Bertoldo, ambientandola alla corte di re Alboino a Verona e a Pavia. Nella sua versione più organica, rese la storia meno licenziosa e attenuò la rivalsa popolare verso i potenti. Aggiunse un seguito riguardante il figlio di Bertoldo, chiamato Bertoldino, e successivamente un altro seguito elaborato da Adriano Banchieri, chiamato Novella di Cacasenno. Questi racconti furono poi adattati in tre film, nel 1936, nel 1954 e l'ultimo del 1984, diretto dal grande Mario Monicelli, con Ugo Tognazzi e Alberto Sordi. In Bertoldo, l'autore confessò forse le sue aspirazioni personali, rappresentando il rozzo villano come un autodidatta desideroso di fortuna e mecenati. La sua produzione letteraria contribuì significativamente allo sviluppo della commedia dell'arte italiana e alla diffusione della cultura popolare nel XVI secolo, diventando così uno dei precursori della commedia italiana, apprezzata ancora anche oggi. I suoi scritti inoltre contribuirono anche alla grande letteratura carnevalesca, un importante filone identificato per la prima volta da Michail Bachtin, che tra i suoi esponenti conta tra gli altri Luciano di Samosata, Rabelais, Miguel de Cervantes e Dostoevskij. Le sottilissime astuzie di Bertoldo. Nel tempo che il Re Alboino, Re dei Longobardi si era insignorito quasi di tutta Italia, tenendo il seggio reggale nella bella città di Verona, capitò nella sua corte un villano, chiamato per nome Bertoldo, il qual era uomo difforme e di bruttissimo aspetto; ma dove mancava la formosità della persona, suppliva la vivacità dell'ingegno: onde era molto arguto e pronto nelle risposte, e oltre l'acutezza dell'ingegno, anco era astuto, malizioso e tristo di natura. E la statura sua era tale, come qui si descrive. Fattezze di Bertoldo. Prima, era costui picciolo di persona, il suo capo era grosso e tondo come un pallone, la fronte crespa e rugosa, gli occhi rossi come di fuoco, le ciglia lunghe e aspre come setole di porco, l'orecchie asinine, la bocca grande e alquanto storta, con il labro di sotto pendente a guisa di cavallo, la barba folta sotto il mento e cadente come quella del becco, il naso adunco e righignato all'insù, con le nari larghissime; i denti in fuori come il cinghiale, con tre overo quattro gosci sotto la gola, i quali, mentre che esso parlava, parevano tanti pignattoni che bollessero; aveva le gambe caprine, a guisa di satiro, i piedi lunghi e larghi e tutto il corpo peloso; le sue calze erano di grosso bigio, e tutte rappezzate sulle ginocchia, le scarpe alte e ornate di grossi tacconi. Insomma costui era tutto il roverso di Narciso. Audacia di Bertoldo. Passò dunque Bertoldo per mezzo a tutti quei signori e baroni, ch'erano innanzi al Re, senza cavarsi il cappello né fare atto alcuno di riverenza e andò di posta a sedere appresso il Re, il quale, come quello che era benigno di natura e che ancora si dilettava di facezie, s'immaginò che costui fosse qualche stravagante umore, essendo che la natura suole spesse volte infondere in simili corpi mostruosi certe doti particolari che a tutti non è così larga donatrice; onde, senza punto alterarsi, lo cominciò piacevolmente ad interrogare, dicendo: Ragionamento fra il Re e Bertoldo. Re. Chi sei tu, quando nascesti e di che parte sei? Bertoldo. Io son uomo, nacqui quando mia madre mi fece e il mio paese è in questo mondo. Re. Chi sono gli ascendenti e descendenti tuoi? Bertoldo. I fagiuoli, i quali bollendo al fuoco vanno ascendendo e descendendo su e giù per la pignatta. Re. Hai tu padre, madre, fratelli e sorelle? Bertoldo. Ho padre, madre, fratelli e sorelle, ma sono tutti morti. Re. Come gli hai tu, se sono tutti morti? Bertoldo. Quando mi partii da casa io gli lasciai che tutti dormivano e per questo io dico a te che tutti sono morti; perché, da uno che dorme ad uno che sia morto io faccio poca differenza, essendo che il sonno si chiama fratello della morte. Re. Qual è la più veloce cosa che sia? Bertoldo. Il pensiero. Re. Qual è il miglior vino che sia? Bertoldo. Quello che si beve a casa d'altri. Re. Qual è quel mare che non s'empie mai? Bertoldo. L'ingordigia dell'uomo avaro. Re. Qual è la più brutta cosa che sia in un giovane? Bertoldo. La disubbidienza. Re. Qual è la più brutta cosa che sia in un vecchio? Bertoldo. La lascivia. Re. Qual è la più brutta cosa che sia in un mercante? Bertoldo. La bugia. Re. Qual è quella gatta che dinanzi ti lecca e di dietro ti sgraffa? Bertoldo. La puttana. Re. Qual è il più gran fuoco che sia in casa? Bertoldo. La mala lingua del servitore. Re. Qual è il più gran pazzo che sia? Bertoldo. Colui che si tiene il più savio. Re. Quali sono le infermità incurabili? Bertoldo. La pazzia, il cancaro e i debiti. Re. Qual è quel figlio ch'abbrugia la lingua a sua madre? Bertoldo. Lo stuppino della lucerna. Re. Come faresti a portarmi dell'acqua in un crivello e non la spandere? Bertoldo. Aspettarei il tempo del ghiaccio, e poi te la porterei. Re. Quali sono quelle cose che l'uomo le cerca e non le vorria trovare? Bertoldo. I pedocchi nella camicia, i calcagni rotti e il necessario brutto. Re. Come faresti a pigliar un lepre senza cane? Bertoldo. Aspettarei che fosse cotto e poi lo pigliarei. Re. Tu hai un buon cervello, s'ei si vedesse. Bertoldo. E tu saresti un bell'umore, se non rangiasti. Re. Orsù, addimandami ciò che vuoi, ch'io son qui pronto per darti tutto quello che tu mi chiederai. Bertoldo. Chi non ha del suo non può darne ad altri. Re. Perché non ti poss'io dare tutto quello che tu brami? Bertoldo. Io vado cercando felicità, e tu non l'hai; e però non puoi darla a me. Re. Non son io dunque felice, sedendo sopra questo alto seggio, come io faccio? Bertoldo. Colui che più in alto siede, sta più in pericolo di cadere al basso e precipitarsi. Re. Mira quanti signori e baroni mi stanno attorno per ubidirmi e onorarmi. Bertoldo. Anco i formiconi stanno attorno al sorbo e gli rodono la scorza. Re. Io splendo in questa corte come propriamente splende il sole fra le minute stelle. Bertoldo. Tu dici la verità, ma io ne veggio molte oscurate dall'adulazione. Re. Orsù, vuoi tu diventare uomo di corte? Bertoldo. Non deve cercar di legarsi colui che si trova in libertà. Re. Chi t'ha mosso dunque a venir qua? Bertoldo. Il creder io che un re fosse più grande di statura degli altri uomini dieci o dodeci piedi, e che esso avanzasse sopra tutti come avanzano i campanili sopra tutte le case; ma io veggio che tu sei un uomo ordinario come gli altri, se ben sei re. Re. Son ordinario di statura sì, ma di potenza e di ricchezza avanzo sopra gli altri, non solo dieci piedi ma cento e mille braccia. Ma chi t'induce a fare questi ragionamenti? Bertoldo. L'asino del tuo fattore. Re. Che cosa ha da fare l'asino del mio fattore con la grandezza della mia corte? Bertoldo. Prima che fosti tu, né manco la tua corte, l'asino aveva raggiato quattro mill'anni innanzi. Re. Ah, ah, ah! Oh sì che questa è da ridere. Bertoldo. Le risa abbondano sempre nella bocca de' pazzi. Re. Tu sei un malizioso villano. Bertoldo. La mia natura dà così. Re. Orsù, io ti comando che or ora tu ti debbi partire dalla presenza mia, se non io ti farò cacciare via con tuo danno e vergogna. Bertoldo. Io anderò, ma avvertisci che le mosche hanno questa natura, che se bene sono cacciate via, ritornano ancora: però se tu mi farai cacciar via, io tornerò di nuovo ad insidiarti. Re. Or va'; e se non torni a me come fanno le mosche, io ti farò battere via il capo.
Bertoldo e il suo asino Astuzia di Bertoldo. Partissi dunque Bertoldo, e andatosene a casa e pigliato uno asino vecchio, ch'egli aveva, tutto scorticato sulla schiena e sui fianchi e mezo mangiato dalle mosche, e montatovi sopra, tornò di nuovo alla corte del Re accompagnato da un milione di mosche e di tafani che tutti insieme facevano un nuvolo grande, sì che a pena si vedeva, e gionto avanti al Re, disse: Bertoldo. Eccomi, o Re, tornato a te. Re. Non ti diss'io che, se tu non tornavi a me come mosca, ch'io ti farei gettar via il capo dal busto? Bertoldo. Le mosche non vanno elleno sopra le carogne? Re. Sì, vanno. Bertoldo. Or eccomi tornato sopra una carogna scorticata e tutta carica di mosche, come tu vedi, che quasi l'hanno mangiata tutta e me insieme ancora: onde mi tengo aver servato quel tanto che io di far promisi. Re. Tu sei un grand'uomo. Or va, ch'io ti perdono, e voi menatelo a mangiare. Bertoldo. Non mangia colui che ancora non ha finito l'opera. Re. Perché, hai tu forse altro da dire? Bertoldo. Io non ho ancora incominciato. Re. Orsù, manda via quella carogna, e tu ritirati alquanto da banda perché io veggio venire in qua due donne che devono forse voler audienza da me; e come io le avrò ispedite, tornaremo di nuovo a ragionare insieme. Bertoldo. Io mi ritiro, ma guarda a dare la sentenza giusta. Astuzia sottilissima di Bertoldo, per non essere percosso dalle guardie. Quando Bertoldo vidde che in modo alcuno non la poteva fuggire, ricorse all'usato giudicio e, volto alla Regina disse: “Poi ch'io veggio chiaramente che pur tu vuoi ch'io sia bastonato, fammi questa grazia: ti prego in cortesia, che la domanda è onesta e la puoi fare, in ogni modo a te non importa pur ch'io sia bastonato, di' a questi tuoi che mi vengono accompagnare, che dicano alle guardie che portino rispetto al capo e che elle menino poi il resto alla peggio”. La Regina, non intendendo la metafora, comandò a coloro che dicessero alle guardie che portassero rispetto al capo e che poi menassero il resto alla peggio che sapevano; e così costoro, con Bertoldo innanzi, s'inviarono verso le guardie, le quali aveano di già i legni in mano per servirlo della buona fatta; onde Bertoldo incominciò a caminare innanzi agli altri di buon passo, sì che era discosto da loro un buon tratto di mano. Quando coloro che l'accompagnavano viddero le guardie all'ordine per far il fatto ed essendo omai Bertoldo arrivato da quelle, cominciarono da discosto a gridare che portassero rispetto al capo e che poi menassero il resto alla peggio, che così aveva ordinato la Regina. I servi sono bastonati in cambio di Bertoldo. Le guardie, vedendo Bertoldo innanzi agli altri, pensando che esso fusse il capo di tutti, lo lasciarono passare senza fargli offesa alcuna, e quando giunsero i servi gli cominciarono a tempestare di maniera con quei bastoni che gli ruppero le braccia e la testa, e in somma non vi fu membro né osso che non avesse la sua ricercata di bastone. sì tutti pesti e fracassati tornarono alla Regina, la quale, avendo udito che Bertoldo con tale astuzia s'era salvato e aveva fatto bastonare i servi in suo luoco, arse verso di lui di doppio sdegno e giurò di volersene vendicare, ma per allora celò lo sdegno che ella avea, aspettando nuova occasione; facendo in tanto medicare i servi, i quali, come vi dissi, erano stati acconci per le feste, come si suol dire. Bertoldo sta nel forno e la Regina il fa cercar per tutto. Dopo che l'infelice sbirro fu mandato a bere, si fece gran diligenza per trovar Bertoldo, ma per le pedate volte alla roversa non poteva(si) comprendere ch'ei fosse uscito fuori di corte, e la Regina lo fece cercar per tutto con animo risoluto di farlo impiccare, parendogli pur grave la beffa della veste e dello sbirro. Bertoldo viene scoperto nel forno da una vecchia, e si divulga per tutto la Regina esser nel forno. Stava dunque il misero Bertoldo in quel forno e udiva il tutto e cominciò a temere molto della morte e si pentì d'esser mai andato in quella corte e non ardiva d'uscire fuori per non essere preso, sapendo che la Regina gli aveva mal animo adosso; e ora tanto più avendogli fatto la burla dello sbirro e della veste, dubitava ch'ella non lo facesse impiccare. Ma avendo indosso quella veste, ch'era lunga, né avendola tirata ben dentro del forno tutta, essendone restata fuori un lembo, volse la sua mala sorte ch'ivi venne a passare una vecchia appresso al detto forno, e conosciuto l'orlo della veste, che pendeva fuori, che quella era una delle vesti della Regina, si pensò che la Regina fusse rinchiusa nel detto forno; onde andò in un tratto da una sua vicina e gli disse che la Regina era in quel forno. Andò colei seco e, guardando nel forno, vidde la detta veste, e, conoscendola, lo disse ad un'altra, quell'altra ad un'altra e così di mano in mano a tale che non fu meza mattina che per tutta la città andò la nuova che la Regina era in un forno dietro le mura della città. Il Re dubita che Bertoldo non abbi portato la Regina in quel forno, e va a chiarirsi del fatto. Udendo il Re simil fatto, dubitò che Bertoldo avesse portato la Regina in quel forno, perché lo conosceva tanto tristo che credeva ch'ei potesse fare ogni cosa, e le strattagemme del passato maggiormente gli crescevano il sospetto; onde subito andò alla camera della Regina e la trovò ch'ella era tutta arrabbiata; e inteso da lei la beffa della veste, si fece condurre a quel forno e guardando in esso vidde costui nel detto avviluppato nella veste della Regina, e tosto lo fece tirar fuori, minacciandolo della morte; e così fu spogliato della veste il povero villano e restò con gli suoi strazzi intorno; e tra che esso era brutto di natura e avendosi tutto tinto il mostaccio nel detto forno, pareva proprio un diavolo infernale. Bertoldo è tirato fuori del forno e il Re sdegnato dice: Re. Pur ti ci ho colto, villan ribaldo, ma a questa volta non scamperai del certo, se non sei il gran diavolo. Bertoldo. Chi non vi è non vi entri, e chi v'è non si penti. Re. Chi fa quello che non deve, gli avviene quello che non crede. Bertoldo. Chi non vi va non vi casca, e chi vi casca non si leva netto. Re. Chi ride il venere, piange la domenica. Bertoldo. Dispicca l'appiccato, egli appiccherà poi te. Re. Fra carne e unghia, nissun non vi pungia. Bertoldo. Chi è in difetto, è in sospetto. Re. La lingua non ha osso e fa rompere il dosso. Bertoldo. La verità vuol star di sopra. Re. Ancor del ver si tace qualche volta. Bertoldo. Non bisogna fare, chi non vuol che si dica. Re. Chi si veste di quel d'altri, presto si spoglia. Bertoldo. Meglio è dar la lana, che la pecora. Re. Peccato vecchio, penitenza nuova. Bertoldo. Pissa chiaro, indorme al medico. Re. Il menar delle mani dispiace fino ai pedocchi. Bertoldo. E il menar de' piedi dispiace a chi è tratto giù dalle forche. Re. Fra un poco tu sarai uno di quelli. Bertoldo. Inanzi orbo, che indovino. Re. Orsù, lasciamo andare le dispute da un lato. Olà, cavaliero di giustizia, e voi altri ministri, pigliate costui e menatelo or ora a impendere a un arbore, né si dia orecchie alle sue parole perché costui è un villano tristo e scelerato che ha il diavolo nell'ampolla e un giorno sarebbe buono per rovinare il mio stato. Su, presto, conducetelo via, né si tardi più. Bertoldo. Cosa fatta in fretta non fu mai buona. Re. Troppo grave è stato l'oltraggio che tu hai fatto alla Regina. Bertoldo. Chi ha manco ragione, grida più forte. Lasciami almeno dire il fatto mio. Re. Alle tre si fa cavallo e tu glien'hai fatte più di quattro, che gli sono state di troppo affronto. Va' pur via. Bertoldo. Per aver detto la verità ho da patir la morte? Read the full article
0 notes
Text
Un Mattino d’Ottobre di Gianni Simoni: Un Giallo Avvincente che Apre una Serie Iconica. Recensione di Alessandria today
Il primo capitolo di una serie di successo che combina mistero, introspezione e un’ambientazione unica
Il primo capitolo di una serie di successo che combina mistero, introspezione e un’ambientazione unica Il mistero di una mattina autunnale “Un Mattino d’Ottobre”, scritto da Gianni Simoni, è il primo libro di una serie che ha conquistato oltre 100.000 lettori, confermando l’autore come uno dei maestri del giallo italiano contemporaneo. Pubblicato da TEA, questo romanzo non solo intriga con una…
#Alessandria today#ambientazione autunnale#autori italiani#Colpi di scena#cultura letteraria italiana#emozioni e mistero#gialli da non perdere#gialli italiani#Gianni Simoni#Gianni Simoni libri#Google News#introspezione psicologica#investigatori iconici#investigatori italiani#investigatori letterari#italianewsmedia.com#LETTERATURA CONTEMPORANEA#letteratura d’indagine#Letture avvincenti#Letture consigliate#letture imperdibili#Libri bestseller#libri TEA#magistrato scrittore#mistero autunnale#mistero e crimine#narrativa di successo#narrativa investigativa#narrativa italiana#narrativa poliziesca
0 notes
Text
“ Il dialetto gaddiano, il romanesco del Pasticciaccio tanto spesso avvicinato a quello pasoliniano, entra in un rapporto ludico complesso con la lingua, con i suoi differenti livelli, e nel gioco quello che conta è la scrittura, l'artificio della scrittura come suprema abilità di maneggiare (e magari di distruggere, ma dall'interno) il registro del simbolico, la comunicazione (e la tradizione) letteraria. Al contrario il romanesco pasoliniano vuole prima di tutto essere puro suono, nasce indifferente ai significati, esterno alla comunicazione, posto al servizio di un progetto di ipnosi, di trance. È un dialetto "brutto", rigorosamente privo di tensioni formali, tutto concentrato sulla propria noia. Se nei primi racconti di Alí l'artificio letterario tradizionale, inteso come abilità ed eccezionalità linguistica, era ancora ben presente, col dialetto dei romanzi passa in secondo piano e ci sembra di leggere semplici registrazioni vocali. La letterarietà dell'operazione si è spostata, ha cambiato scopo. L'« intervento dello scrittore in quanto tale »* non si indirizza piú al perfezionamento interno della scrittura, ad esibire gli artifici, le astute scelte, a molare e render "bello" il pezzo testuale; ma punta piuttosto all'effetto finale, pratico, del testo: non interessa la tenuta estetica ma il potenziale di fascinazione che il testo può produrre. Perciò i romanzi pasoliniani, nonostante le apparenze spesso alessandrine, possono anche mostrare rozzezze, e trascuratezze di scrittura. Il romanesco non è affatto un registro "d'arte", viene adottato e trascritto in una chiusa brutalità che lavora efficacemente come un suono addormentatore. Tale vistosa modifica della letterarietà testuale chiarisce le profonde differenze tra l'operazione dialettale romana e il precedente friulano. Nel Friuli il dialetto funzionava come metafora della dimensione immaginaria ma conservava tutti i segni "letterari" del gergo ermetico. L'immaginario era messo in gioco per via di metafora, proprio attraverso la strumentazione raffinata dell'artificio: la cantilena ipnotica del fantasma era prima di ogni altra cosa una scrittura, un'elaborazione testuale, e fingeva abilmente di essere il suo contrario, l'oralità liberata di un registro pre-linguistico. Ora invece l'esperimento pasoliniano è diverso, molto piú radicale. Ora il dialetto dei romanzi, appiattito nella ripetizione, è letteralmente quella oralità dell'immaginario. Se volessimo servirci di una sottile distinzione potremmo dire che il friulano era una « scrittura », il romanesco è invece una « trascrizione » del fantasma.** Certo, anche nel caso del romanesco il dialetto è prima di tutto linguaggio, quindi interno alla generale dimensione della comunicatività; ma Pasolini ne fa un uso così speciale, così limitato (fatto di formule, di indifferenza, quasi di cecità linguistica), che il salto dal dialetto-linguaggio al dialetto-fantasma è facilissimo. Il romanesco, così ridotto e impoverito, è una catena di significanti, senza semantica, e una tale catena non riesce neppure a localizzarsi come sistema di opposizioni, di simboli, di segnali riconoscibili e produttori di senso: insomma, il puro significante di questo dialetto non riesce a diventare organizzazione, griglia simbolica dentro la quale ordinare le cose. “
*Si veda la dichiarazione pasoliniana: « Per assumere nel romanzo il colloquio in dialetto occorre perciò un intervento dello scrittore in quanto tale molto piú accentuato e dichiarato che in una pagina scritta nell'italiano letterario ». Cfr. F. Camon, Il mestiere di scrittore, Milano, 1973, p. 107. **Ci serviamo di una distinzione enunciata da Lacan, a proposito dei suoi seminari, nella Postface a J. LACAN, Le séminaire livre Xl. Les quatre concepts fondamentaux de la psychanalyse, Paris 1969, pp. 251-254.
---------
Rinaldo Rinaldi, Pier Paolo Pasolini, Ugo Mursia Editore (collana Civiltà letteraria del Novecento - Profili N. 40), 1982¹; pp. 145-46.
#Rinaldo Rinaldi#Pier Paolo Pasolini#saggistica#romanesco#intellettuali italiani del XX secolo#leggere#citazioni#saggi#scrittori italiani del '900#critica letteraria#friuli venezia giulia#poeti italiani del '900#Ragazzi di vita#dialetti italiani#lingua#centenario pasoliniano#cultura#sottoproletariato#retorica#letteratura italiana del XX secolo#Carlo Emilio Gadda#Roma#Quer pasticciaccio brutto de via Merulana#dialetto friulano#dialetto romanesco#jacques lacan#comunicazione#semantica#incomunicabilità#romanzi italiani
11 notes
·
View notes
Text
Premio Internazionale “La Rosa d’Oro” - Donne al Centro
Eccellenze Femminili il 22 febbraio riceveranno da Area Cultura “La Rosa d’Oro” nella sede del Parlamento Europeo presso la Sala David Sassoli a Roma
Il prossimo 22 febbraio dalle ore 17:00, l’associazione Area Cultura terrà la cerimonia di premiazione nella sede del Parlamento Europeo presso la Sala Europa Experience - David Sassoli (Roma), del Premio Internazionale “La Rosa d'Oro” - Donne al Centro, giunto alla sua Terza Edizione. A patrocinare l’evento: Il Segretario d’Aula dell’Assemblea Capitolina, On. Fabrizio Santori; l’ENAC, Ente Nazionale Attività Culturali con il presidente Dr. Maurizio Abbate, il Centro Studi Parlamentari con il Segretario Generale Prof. Gennaro Ruggiero e l’Istituto per la Cultura Italiana con il Coordinatore Generale Dr. Giovanni De Ficchy.
“Intendiamo celebrare e riconoscere l'eccezionale contributo delle donne nei diversi settori della nostra società”, ha dichiarato la presidente di Area Cultura, Angelica Loredana Anton, e ancora ha aggiunto: “Il premio "La Rosa d'Oro" mira a sottolineare il ruolo cruciale che le donne giocano nella costruzione di una società più inclusiva ed equa. Attraverso la celebrazione delle eccellenze femminili, intendiamo ispirare e incoraggiare altre donne a perseguire i propri sogni e a superare ogni ostacolo che possa presentarsi sul loro cammino.”
Questo l’elenco delle eccellenze che saranno premiate:
On. Anna Cinzia Bonfrisco – Parlamentare Europeo.
Prof. Carmela Costanzo – Prof. Di Lettere – Critica Letteraria.
Maria Giovanna Elmi – Storico volto della TV (RAI).
Dr.ssa Sara Spoletini – Sociologa – Cons. Com. le Bellegra - Pres. Ass.ne Chiaramente.
Dr. ssa Isabel Russinova – Attrice e scrittrice.
Dr.ssa Giusy Regalino – Giornalista – Amm.re Unico RTI Calabria.
Dr.ssa Anna Gentilini – Direttore Editoriale - Curcio Editore.
Dr.ssa Catia Acquesta – Giornalista – Scrittrice.
Avv. Rosaria Salamone – Esperta in diritto di famiglia – Scrittrice.
Dr. ssa Rossana Ferraro – Magistrato Settore Penale.
Dr.ssa Maura Ianni – Psicologa – Docente Università Tor Vergata.
Dr.ssa Maddalena Maggi - Sociologa – Pres. Coop. Sociale H-Anno Zero.
Dr.ssa Stefania Cacciani – Psicologa – Criminologa.
Dr. ssa Ping Wei – Ambasciatrice del Turismo dello Shandong (Cina).
Dr. ssa Carmen Di Stasio – Giornalista – Inviata RAI 1.
Avv. Luana Campa – Avvocato – Criminologa Pres. On. Movimento per la vita.
Dr.ssa Johanna Valdez – Fashion Creative Designer.
Dr.ssa Daniela Andreina Terribile – Chirurga Senologa – Pres. Ass.ne Susan G. Komen.
Dr.ssa Cinzia Congia – Generale della Guardia Agroforestale – Imprenditrice.
Dr.ssa Francesca De Luca – Poliziotta – ALLA MEMORIA.
Eccellenze giovani promesse:
Dr. ssa Celeste Silvestro – Docente di Scienze Motorie – Modella e Conduttrice Format.
Desiree D’Amuri – Studentessa – Cantante.
Sara Giovannoni – Cantautrice.
Ilaria Rinaldi – Attrice Teatro – Cantante.
Noemy Longobardi – Studentessa Universitaria – Cofondatrice Medea ODV.
Dr.ssa Ester Del Popolo – Cantautrice – Docente di Canto.
Dr. ssa Giulia Marceca - Cantautrice - Modella e Giornalista Musicale TV.
Dr.ssa Ombretta Melaiu – Ricercatrice presso Università Tor Vergata Roma.
Dr. ssa Antonella Ferrantini – Cooperante Internazionale – Esperta di Genere.
Avv. Milena Castiello – Specializzata in Diritto d’Impresa.
Area Cultura - Presidente Dr.ssa Angelica Loredana Anton
Facebook: https://www.facebook.com/areacultura.online
0 notes
Text
È uscito il bando relativo all'Edizione 2024 del Premio Letterario Internazionale Città di Cattolica - Pegasus Literary Awards definito dalla stampa, l’Oscar della Letteratura Italiana. Il premio patrocinato dalla Regione Emilia Romagna e dal Comune di Cattolica, è una delle maggiori manifestazioni conosciute a livello internazionale per la qualità dei contenuti nonché il più grande premio popolare Europeo. Un concorso che si occupa di rilanciare la cultura letteraria stimolando la creatività dei giovani e dei meno giovani, e di scoprire nuovi talenti, occupandosi nel contempo di celebrare coloro che negli anni si sono particolarmente distinti in campo culturale. Le richieste di partecipazione provengono da diversi paesi del mondo Spagna e America latina in testa. Paesi dove la poesia e la letteratura sono molto sentite. È stata prodotta un’apposita campagna in tal senso in lingua spagnola proprio per il particolare interesse suscitato in quei luoghi. Anche dagli Stati Uniti e dalla vicina Inghilterra le istanze non mancano. Nelle passate edizioni sono state premiate Star Internazionali del calibro di Joe Jackson che va ad aggiungersi ai tanti meravigliosi super ospiti che vi hanno preso parte nelle varie edizioni, giornalisti come Sergio Zavoli, Lucio Lami, Roberto Gervaso, Magdi Allam, scrittori come Pierluigi Panza, Gabriel Nissim, registi come Pupi Avati e Leandro Castellani, vincitore del Leone d’Oro al Festival di Venezia, ma anche musicisti come Vince Tempera, Mario Lavezzi, e autori di testi come Cristiano Malgioglio. Tanti anche i vincitori di premi di prestigio quali Roberto Pazzi già trionfatore del Campiello. Ampio spazio viene dato ad autori emergenti e a nuovi talenti che trovano nel Premio Città di Cattolica l’ideale trampolino di lancio verso la notorietà. Il Premio mette in palio ogni anno numerosi premi in denaro e diversi contratti editoriali per trasformare in realtà il sogno di vedere pubblicato e distribuito il proprio libro su scala nazionale tramite le librerie del gruppo Feltrinelli e Ubik. Il bando scadrà mercoledì 31 gennaio 2024 Per informazioni visitate il sito: www.premioletterariocattolica.it
0 notes
Text
Fernanda Wittgens
“Quando crolla una civiltà e l’uomo diventa belva, chi ha il compito di difendere gli ideali della civiltà, di continuare ad affermare che gli uomini sono fratelli, anche se per questo dovrà… pagare? Sarebbe troppo bello essere intellettuali in tempi pacifici, e diventare codardi, o anche semplicemente neutri, quando c’è un pericolo“.
Fernanda Wittgens, museologa, critica e storica dell’arte è stata la prima donna a dirigere la Pinacoteca di Brera e la prima direttrice di un importante museo in Italia.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, ha svolto un ruolo vitale nel salvataggio e nella protezione dai bombardamenti e dalle razzie naziste delle opere di Brera, del Museo Poldi Pezzoli e della Quadreria dell’Ospedale Maggiore.
Per il suo incessante lavoro ha ricevuto diverse importanti onorificenze, è stata nominata Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico nel 1930; nel 1949 ha vinto la Medaglia d’oro dell’Ambrogino d’oro della Città di Milano; nel 1954 le è stata conferita la Medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte e nel 1956 è stata nominata Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Nacque il 3 aprile 1903 a Milano da Margherita Righini e Adolfo Wittgens, professore di lettere e traduttore di origine svizzera, che aveva trasmesso l’amore per l’arte alla sua grande prole, sette tra figli e figlie.
Laureata con lode in Lettere nel 1925, presso l’Accademia scientifico-letteraria di Milano, la sua tesi in storia dell’arte medioevale e moderna aveva il titolo I libri d’arte dei pittori italiani dell’Ottocento.
Dopo aver insegnato Storia dell’arte in vari licei, attirò l’attenzione di Ettore Modigliani, direttore della Pinacoteca di Brera e sovrintendente alle Gallerie della Lombardia, che la volle accanto ritenendola una brillante e instancabile studiosa.
Venne assunta a Brera nel 1928 come “operaia avventizia”, tre anni dopo era assistente di Modigliani e nel 1933 divenne ispettrice.
Il loro sodalizio lavorativo non si interruppe neppure quando, nel 1938, Modigliani, che era ebreo, fu espulso dall’amministrazione, perseguito e mandato al confino a causa delle leggi razziali. Fernanda Wittgens continuò l’attività del suo mentore continuando a tenerlo informato su ciò che accadeva, gli fece anche da prestanome nella pubblicazione di un libro.
Il 16 agosto 1940, vinse il concorso e divenne la direttrice della Pinacoteca di Brera.
Durante il conflitto, la città di Milano fu pesantemente colpita dai bombardamenti aerei, che causarono distruzione e perdite di inestimabile valore storico e culturale. Brera, una delle più importanti gallerie d’arte d’Italia, non fu risparmiata. L’edificio subì danni significativi e molte delle opere d’arte al suo interno erano a rischio di distruzione.
Fernanda Wittgens allora, ha intrapreso azioni audaci per proteggere le preziose opere d’arte, con l’aiuto di persone fidate, ha svolto un’operazione di salvataggio senza precedenti. Nascoste in cassoni di legno rinforzato, vennero portate in luoghi sicuri, come chiese, abbazie e palazzi, lontano dai pericoli dei bombardamenti. Guidava personalmente le operazioni, assicurandosi che ogni opera d’arte fosse adeguatamente imballata e catalogata per preservarne l’integrità. Tra grandi difficoltà, accompagnò le opere sui camion, rimanendo sempre a fianco dei guidatori.
Ma ha fatto anche di più. Ha trasformato il museo in un rifugio durante i bombardamenti. Organizzando il necessario supporto logistico e umanitario, strinse contatti con la rete di solidarietà femminile della San Vincenzo e la Pro Orfani che, sotto la facciata ufficiale della beneficenza, operavano con gruppi clandestini di oltre confine.
La sua dedizione, il suo coraggio e la sua determinazione nel proteggere il patrimonio artistico e culturale di Milano sono stati fondamentali per preservare la storia e l’identità di una nazione in un momento così difficile.
All’alba del 14 luglio 1944, a causa della delazione di un giovane ebreo tedesco collaborazionista a cui aveva organizzato l’espatrio, venne arrestata come nemica del Fascismo e condannata a quattro anni di carcere. Venne reclusa nel carcere di Como e poi in quello di San Vittore, a Milano.
Dopo sette mesi di detenzione, uscì di prigione il 24 aprile 1945.
Dopo la guerra, Fernanda Wittgens, ha continuato il suo lavoro di conservazione, contribuendo a ricostruire e restaurare le opere d’arte danneggiate dal conflitto. Venne nominata pro-direttrice e commissaria per l’Accademia delle Belle Arti di Brera. Da lei prudentemente svuotata, la Pinacoteca era stata distrutta in 26 sale su 34 dai bombardamenti. Ha concentrato i suoi sforzi per convincere le autorità ad assumersi l’impegno per una totale ricostruzione, portata a termine il 9 giugno 1950.
Nello stesso anno ha progettato un piano regolatore per la Grande Brera, che prevedeva un collegamento tra la Pinacoteca, l’Accademia di Belle Arti, la Biblioteca, l’Osservatorio Astronomico e l’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere.
Nominata soprintendente alle Gallerie della Lombardia, si è occupata della ricostruzione del Museo teatrale alla Scala e del Poldi Pezzoli, oltre che del restauro del Cenacolo di Leonardo.
Nel 1951 ha animato la Pinacoteca con una serie d’inediti e innovativi eventi espositivi e didattici con visite guidate per bambini, persone con disabilità e pensionate, sollecitate a una partecipazione attiva.
Ha anche fatto di tutto per convincere il Comune di Milano ad acquistare la Pietà Rondanini di Michelangelo Buonarroti, messa sul mercato e contesa da Roma, Firenze e Stati Uniti d’America. Il 1º novembre 1952 è riuscita nel suo intento e la scultura è diventata milanese per 130 milioni di lire, grazie allo stanziamento dei fondi necessari da parte del Comune.
Nel 1955 ha costituito ufficialmente a Brera una sezione didattica. Nello stesso anno, il 17 aprile, durante la “Giornata della Riconoscenza”, è stata premiata con una medaglia d’oro da parte dell’Unione delle comunità israelitiche, per l’opera di soccorso nei confronti delle persone ebree perseguitate.
È morta a Milano l’ 11 luglio 1957. Alla camera ardente, allestita davanti all’ingresso della Pinacoteca, in cima allo scalone d’onore, parteciparono migliaia di persone. Tumulata al Cimitero Monumentale di Milano, è stata traslata fra gli illustri del Civico Mausoleo Palanti.
Fernanda Wittgens è stata un esempio di determinazione, coraggio e amore per l’arte.
Il 6 marzo 2014 le sono stati dedicati un albero e un cippo al Giardino dei Giusti di tutto il mondo di Milano. Nel 2018 le è stato dedicato il Bar Fernanda della Pinacoteca di Brera.
Sulla sua vita sono stati scritti due libri: Sono Fernanda Wittgens. Una vita per Brera (2018) della storica dell’arte Giovanna Ginex che, insieme a Rosangela Percoco, ha pubblicato anche L’allodola, nel 2020, da cui è stato tratto il film per la RAI Fernanda.
0 notes
Text
Premio Strega 2024: i 12 finalisti
La corsa al Premio Strega 2024 si fa più avvincente con l'annuncio dei 12 finalisti, scelti tra 82 candidati dai 400 "Amici della Domenica". La dozzina, come da tradizione, presenta una ricca varietà di generi e stili letterari, con 7 donne e 5 uomini a contendersi il prestigioso riconoscimento. Le autrici e i loro romanzi: - Sonia Aggio con Nella stanza dell'imperatore (Fazi): un romanzo storico che ripercorre la vita di Costanza Piccolomini, donna di grande cultura e amante di Federico II. - Donatella Di Pietrantonio con L'età fragile (Einaudi): un'intima esplorazione del rapporto tra madre e figlia, sullo sfondo di un Abruzzo rurale e suggestivo. - Antonella Lattanzi con Cose che non si raccontano (Einaudi): una storia di formazione che affronta temi delicati come l'abuso e la ricerca di sé. - Valentina Mira con Dalla stessa parte mi troverai (Sem): un romanzo che indaga le sfumature dell'amore e del tradimento, con una scrittura poetica e coinvolgente. - Melissa Panarello con Storia dei miei soldi (Bompiani): un memoir ironico e dissacrante sul rapporto con il denaro e le sue implicazioni nella vita di una donna. - Raffaella Romagnolo con Aggiustare l'universo (Mondadori): un romanzo corale che racconta le vite di quattro donne alle prese con le sfide del quotidiano. - Chiara Valerio con Chi dice e chi tace (Sellerio): un'intensa riflessione sul potere delle parole e del silenzio, in una storia che indaga i segreti di una famiglia. Gli autori e i loro romanzi: - Adrián N. Bravi con Adelaida (Nutrimenti): un romanzo di formazione che narra il viaggio di una giovane donna alla scoperta di sé e delle proprie radici. - Paolo Di Paolo con Romanzo senza umani (Feltrinelli): una distopia ambientata in un futuro in cui l'uomo ha ceduto il passo alla tecnologia. - Tommaso Giartosio con Autobiogrammatica (minimum fax): un'opera ironica e meta-letteraria che gioca con i generi e le convenzioni narrative. - Daniele Rielli con Il fuoco invisibile. Storia umana di un disastro naturale (Rizzoli): un romanzo storico che ripercorre la tragedia del Vajont, unendo la Storia alle storie individuali. - Dario Voltolini con Invernale (La nave di Teseo): un thriller psicologico che si snoda tra le atmosfere rarefatte di una montagna innevata. La sfida si preannuncia avvincente e il verdetto finale, che sarà emesso il 4 luglio 2024, è atteso con trepidante attesa da lettori e addetti ai lavori. Oltre ai finalisti, la "dozzina" del Premio Strega 2024 include anche altri nomi di rilievo: - Veronica Raimo con Niente di vero (Einaudi) - Emanuele Trevi con Due vite (Neri Pozza) - Helena Janeczek con La ragazza con la Leica (Guanda) - Giorgio Fontana con Il silenzio dell'alluvione (Sellerio) - Marco Balzano con Resto qui (Einaudi) La cinquina finalista sarà annunciata il 2 giugno 2024. Il Premio Strega, con la sua lunga e prestigiosa storia, rappresenta un punto di riferimento per la letteratura italiana e internazionale. La selezione dei 12 finalisti offre un'ampia panoramica sulla vitalità e la ricchezza del panorama letterario contemporaneo, invitandoci a scoprire nuove voci e a riflettere su temi di grande attualità.tunesharemore_vert Read the full article
0 notes