#libri di mistero
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pier-carlo-universe · 9 days ago
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Le ventisette sveglie di Atena Ferrari di Alice Basso: un viaggio tra fragilità e forza interiore. Recensione di Alessandria today
Alice Basso presenta una nuova protagonista che ci invita a riscoprire noi stessi
Alice Basso presenta una nuova protagonista che ci invita a riscoprire noi stessi Alice Basso, autrice amata per la sua capacità di creare personaggi indimenticabili, torna con un nuovo romanzo, Le ventisette sveglie di Atena Ferraris. Con una scrittura fresca e incisiva, Basso ci accompagna in un viaggio emozionante tra enigmi, relazioni familiari e la scoperta di sé. Biografia…
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princessofmistake · 1 year ago
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Il mistero della vita non è un problema da risolvere, ma una realtà da sperimentare. (...) non si può capire un processo arrestandolo. La comprensione deve fluire insieme col processo, deve unirsi ad esso e fluire con esso.
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pietroleopoldo · 1 year ago
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Wikihow what to do when your parents are dragged deeper and deeper into conspiracy theories
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scritturacreativa-85 · 2 months ago
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L'eco dei tuoi passi nella mia anima
Era uno di quei pomeriggi in cui il cielo sembrava sospeso tra luce e ombra, e io camminavo senza una meta precisa, persa nei miei pensieri. Le foglie gialle, mosse dal vento, si accumulavano lungo i bordi delle strade, producendo un fruscio delicato sotto i miei passi. Ogni tanto mi fermavo, osservando i riflessi dorati del sole sugli edifici vecchi, come se cercassi qualcosa di indefinito. Non…
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queerographies · 8 months ago
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[Città che ride][Temim Fruchter]
Il romanzo "Città che ride" di Temim Fruchter mescola il folklore yiddish, il mondo queer e la spiritualità. Ambientato a Ropshitz, segue Shiva Margolin nel rivelare segreti di famiglia legati a un messaggero divino. Un'opera potente che esplora il potere
Città che ride: un segreto ancestrale, un’eredità magica e una risata che risveglia l’anima Titolo: Città che rideScritto da: Temim FruchterTitolo originale: City of LaughterTradotto da: Gabriella TonoliEdito da: Mercurio BooksAnno: 2024Pagine: 400ISBN: 9791281656048 La trama di Città che ride di Temim Fruchter Tra le donne della famiglia di Shiva Margolin si nasconde un segreto che freme per…
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ros64 · 1 month ago
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From DG on FB.
Lord John Gray and his brother Lord Melton
What's on my mind? Well, mostly work. Also the Normal January Routine, which involves heavy shovel-work in my office...believe me, you don't want to know...
But in the meantime, I'm glad you've all been enjoying the last bits of Season 7. There will be a 2-week break between Ep. 715 and Ep. 716, as I'm sure you all know by now--but there is still all of Season 8 to come!
Now, _when_ Season 8 is coming is still a mystery. STARZ will doubtless unveil Season 8 (and the new "Blood of My Blood"'s first season!) in their own good time.
Meanwhile, though, I thought you might enjoy this link, given to me by Angela Hickey, proprietress of The Queen Bee's Hive. Angela is a sharp and devoted OUTLANDER fan, who often provides Really Interesting material on her website--and among the most interesting things of late are her commentaries--with Jeff Woodman, who is Lord John's voice in the Lord John audiobooks (and does a fabulous job of it! He's my favorite reader, which is saying something...)--on Season Seven.
She's just sent me a link (this is a public link; there's no charge for using it and you needn't sign up for anything) of their commentary on Ep. 715, which includes a wonderful reading by Jeff of a passage in WRITTEN IN MY OWN HEART'S BLOOD, regarding a conversation between Lord John and his brother Hal, in the wake of the Battle of Monmouth--featuring Lord John's recounting of his experiences, including being hit in the eye by Jamie Fraser, doctored by Claire, captured by the Americans...and a few other things.
If you haven't encountered Jeff's performances with the Lord John books, I recommend them highly--but either way, I'm sure you'll enjoy this one:
Ep 715 Book Bonus - Lord John Narrator, Jeff Woodman, Reads the Hal and John Tent Scene Post Monmouth --
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Cosa ho in mente? Beh, soprattutto lavoro. Anche la solita Routine di Gennaio, che prevede un lavoro pesante di riordino nel mio ufficio… credetemi, non volete saperlo…
Nel frattempo, però, sono felice che stiate tutti apprezzando gli ultimi episodi della Stagione 7. Ci sarà una pausa di due settimane tra l’Episodio 715 e il 716, come sicuramente saprete ormai—ma c’è ancora tutta la Stagione 8 in arrivo!
Quando arriverà la Stagione 8 è ancora un mistero. STARZ annuncerà senza dubbio la Stagione 8 (e la prima stagione del nuovo “Blood of My Blood”!) a tempo debito.
Nel frattempo, però, ho pensato che vi sarebbe piaciuto questo link, condiviso con me da Angela Hickey, proprietaria di The Queen Bee’s Hive. Angela è una fan appassionata e acuta di OUTLANDER, che spesso propone materiale davvero interessante sul suo sito—e tra le cose più intriganti di recente ci sono i suoi commenti, insieme a Jeff Woodman, che dà voce a Lord John negli audiolibri della serie Lord John (e lo fa in modo straordinario! È il mio lettore preferito, il che è tutto dire…)—sulla Stagione 7.
Angela mi ha appena inviato un link (è un link pubblico; non c’è alcun costo per utilizzarlo e non serve iscriversi a nulla) con il loro commento sull’Episodio 715, che include una splendida lettura di Jeff di un passaggio di WRITTEN IN MY OWN HEART’S BLOOD, riguardante una conversazione tra Lord John e suo fratello Hal, dopo la Battaglia di Monmouth—con il racconto di Lord John delle sue esperienze, tra cui essere stato colpito all’occhio da Jamie Fraser, curato da Claire, catturato dagli americani… e qualche altra cosa.
Se non avete mai ascoltato le interpretazioni di Jeff nei libri di Lord John, ve le consiglio vivamente—ma in ogni caso, sono sicura che vi piacerà questa:
Ep 715 Book Bonus - Il narratore di Lord John, Jeff Woodman, legge la scena nella tenda tra Hal e John dopo Monmouth
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susieporta · 9 months ago
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La verità è che nessuno si regge più in piedi da solo, sulle proprie gambe. Nessuno regge più il dolore, la perdita, la frustrazione, l’attesa.
Insomma, le cose della vita.
Abbiamo bisogno di normalizzare i processi della vita: nascere, crescere, ammalarsi, ferirsi, invecchiare, morire.
Un tempo si moriva sazi di vita, appagati, senza rimpianto alcuno, in modo del tutto naturale.
Oggi si muore insoddisfatti, delusi e stanchi.
Il lutto non rientra più nelle categorie del vivente.
Abbiamo inventato questa parola: “elaborazione”, dimenticando che i lutti non si elaborano, ma si accolgono, come parti integranti dell’esistenza, tutt’al più si contemplano come espressioni mutevoli del flusso continuo della vita.
“Sii paziente verso tutto ciò
che è irrisolto nel tuo cuore
e cerca di amare le domande,
che sono simili a
stanze chiuse a chiave
e a libri scritti
in una lingua straniera.
Non cercare ora le risposte
che possono esserti date
poiché non saresti capace
di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa.
Vivere le domande ora.”
Aveva ragione Rilke.
Abbiamo disimparato il valore del piangere insieme, di condividere il pasto, dono gentile e premuroso gesto della vicina di casa, la sera, quando si raccontava ai bambini dove sta il nonno adesso, e si passava la carezza della mano piccola sul suo viso freddo e immobile, disteso sul letto.
I sogni facevano il resto, perché si aveva tempo per dormire e per sognare. E al mattino, appena svegli, per raccontare.
Così chi non c’era più continuava ad esserci, a contare, a suggerire, a consolare.
I morti stavano insieme ai vivi.
Complicato allora non è il lutto, ma il modo di viverlo, di trattarlo, come se fosse una malattia in cerca di una cura. Ma la vita non è un problema da risolvere.
Ancora Rilke. Piuttosto un mistero da sperimentare. Una quota di ignoto inevitabile che spinge lo sguardo oltre la siepe.
Chi ha ancora desiderio di quell’infinito che solo l’esperienza del limite può disvelare?
Oggi tutti reclamano il diritto alla cura della psiche, forse perché i medici del corpo non riescono a guarire certe ferite dell’anima.
Ma così si sta perdendo il valore della psicoterapia. Così si confonde la patologia con la fisiologia dell’esistente, che contempla nel suo lessico le voci: malattia, solitudine, sofferenza, perdita, vecchiaia, morte.
Qual è l’immagine del nostro tempo, che rappresenta il senso estetico dominante? Una enorme superficie levigata, perfetta, specchiante.
In questo modo, privata delle increspature, delle imperfezioni, del negativo, della mancanza, l’anima ha smarrito il suo luogo naturale, la sua origine, il respiro profondo della caducità, della provvisorietà, della fragilità del bene e del male.
Perché alla fine, tutto ciò che comincia è destinato a finire e l’unica verità che rimane è questo grumo di gioia che adesso vibra ancora nel cuore, qui e ora, in questo preciso istante, nonostante la paura, il disincanto, la sfiducia.
Non c’è salute dunque che non sia connessa alla possibilità di salvezza.
Alle nostre terapie manca quel giusto slancio evolutivo, che spinga lo sguardo oltre le diagnosi, i funzionamenti, i fantasmi che abitano nelle stanze buie della mente.
Un terapeuta non può confondere la luna con il dito che la indica.
Può solo indicare la direzione e sostenere il desiderio di raggiungerla.
Per questo ogni sera mi piace chiudere gli occhi del giorno con una poesia, ogni sera una poesia diversa, per onorare la notte con il canto dei poeti.
Perché la notte sa come mantenere e custodire tutti i segreti.
Perché le poesie assomigliano alle preghiere.
Dicono sempre cose vere.
Stanotte per esempio ho scelto questa:
“Si è levata una luna trasparente
come un avviso senza minaccia
una macchia di nascita in cielo
altra possibilità di dimora. E poi.
Siamo invecchiati.
Il volume di vecchiaia
è pesato sul tavolino delle spalle,
sugli spiccioli di salute.
Cos’è mai la stanchezza?
Le cellule gridano
chiamano l’origine
vogliono accucciarsi
nel luogo prima del nome
nello spazio che sta tra cosa e cosa
e non invade gli oggetti
li accarezza e li accalora.
Non smettere di guardare il cielo
ti assegna la precisa misura
fidati della vecchiaia
è un burattino redentore.
Dopo tanta aritmetica
la serenità dello zero.”
Chandra Candiani
Testo di Giuseppe Ruggiero
foto dal seminario " In Quiete". Introduzione alle costellazioni Familiari con Anna Polin
Gloria Volpato
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traaforismierotismoeironia · 8 months ago
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La leggenda dell’albero della vita
Un bel giorno, un giovane ragazzo, mentre camminava, vide un albero, completamente isolato. Ripensò allora a ciò che aveva appreso lungo il suo cammino, ovvero che esisteva una connessione tra lui e il resto del mondo, e che per questo doveva essere in grado di comunicare anche con gli alberi.
Decise allora di rivolgersi proprio a quell’albero che se ne stava solitario su quel campo. Gli si avvicinò, e cominciò a parlargli, chiedendogli il permesso di avvicinarsi ancor di più, per condividere con lui il proprio campo di energia.
L’albero acconsentì con gioia. “Sono venuto a condividere le mie esperienze con te”, gli disse. “Vuoi vedere quello che ho visto nella mia vita?�� “Certo, sono felice di questo dono.”
Il corpo del ragazzo si avvicinò e abbracciò l’albero. Non appena a suo agio, il ragazzo iniziò a portare alla sua mente tutte le immagini più amate nella sua vita. Il mare e le onde, le montagne e la neve, gli estesi campi che attraversano i paesi, le grandi città affollate da persone che corrono frettolose verso nessun luogo, gli animali liberi e quelli in cattività, i libri, la televisione. Il giovane mostrò all’albero i suoi percorsi di vita ed esperienze, accompagnate da intensi sentimenti, come amore, odio, paura, speranza, amicizia, condivisione e solitudine.
Improvvisamente il ragazzo si sentì in colpa: stava mostrando all’albero tutto ciò che è in grado di muoversi, di poter vedere altri paesaggi, altre parti del pianeta, mentre invece l’albero non poteva spostarsi da quel punto della terra, costretto a rimanere nel mezzo di un campo vuoto.
“Oh, mi dispiace albero, non volevo renderti triste!” “Triste? Oh, piccolo uomo, l’unico modo che ho di sperimentare la tristezza è attraverso i vostri sentimenti. Tutto ciò che hai condiviso con me, quello che hai visto e sentito con il cuore, non era affatto nuovo per me. Le mie radici sono nella terra e i miei rami nel cielo, il mondo non è un mistero, né lo sono i suoi mari e monti, le sue valli e i suoi cieli.
Le persone hanno pensieri e pensano molto. E grazie a questi pensieri, noi riusciamo a sentire. Noi sentiamo tutto ciò che viene da un uomo o un animale, da un vegetale o dal cielo. Piccolo uomo, tu hai bisogno di viaggiare per vedere il mondo, noi abbiamo bisogno di toccare solo la brezza. Quello che non si vede, in realtà esiste Tutto ciò che esiste, esiste ovunque. Non abbiamo bisogno di andare da nessuna parte per essere ovunque. Noi alberi siamo benedetti. Vai in pace giovane uomo e vieni da noi, se ti senti solo di nuovo”.
Il ragazzo, in soggezione, si scostò di qualche metro dall’albero. Quello che avrebbe dovuto rattristare l’albero in verità aveva reso triste lui. Quello che non conosceva prima, il bisogno di poter credere, la necessità di toccare, annusare, parlare, sentire … improvvisamente si rese conto che tutto quello che pensava di aver raggiunto, di fatto già esisteva nella natura di tutte le cose. Essere connessi non è un obiettivo da raggiungere, è sufficiente ricordare la natura di ognuno. L’albero della vita è uno dei simboli cabalistici più antichi ed importanti.
L’albero stabilisce la comunicazione fra i tre livelli dell’universo: la terra, tramite le sueradici; la superficie, tramite il tronco, ed il cielo, attraverso i propri rami. L’albero è quindi l’epicentro del mondo, che stabilisce la relazione tra terra e cielo. L’albero della vita sorge da un insieme che simboleggia la madre terra, dalla quale nasce la vita
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thegianpieromennitipolis · 10 months ago
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO SECONDO - di Gianpiero Menniti
PARADIGMI DELLA RAPPRESENTAZIONE
Due modi d'interpretare, non solo il tema religioso ma il proprio tempo: simbologie opposte.
Il Cristo di Piero della Francesca è una rappresentazione di onnipotenza disincantata, la forza della verità che si erge, maestosa eppure solitaria e rassegnata, lascia dietro di sé le tracce del mondo sconfitto dalla sterile condizione dell'umanità immersa nel sonno della ragione.
Risorgere potrebbe apparire inutile.
Eppure, è il segno potentissimo che rivela la radicalità della scelta, tra salvezza e morte.
Al contrario, il "Risorto" di Paolo Veronese è trionfante, posseduto dalla mistica ascesa al cielo, ormai incurante delle vicende terrene, come un dio pagano si erge al di sopra della materialità e delle miserie umane, avvolto nella luce che acceca e spaventa, mentre l'angelo sul fondo, in una scena lontana, indica alle pie donne il compimento del disegno divino.
Il primo è un Cristo messaggero che invita gli uomini a destarsi per contemplare la dualità della storia e la necessità della scelta.
Ed un Cristo che imprime la sua "auctoritas" sulla realtà terrena in una plateale, solida fissità capace di suscitare un ineluttabile moto di conversione.
Il secondo è un "redentore" che offre il mistero della sua resurrezione come implacabile superiorità del divino sull'umano, come luce sulle tenebre, come leggerezza che vince la "gravitas" dell'esistenza terrena.
Ma che guarda in alto.
E si lascia contemplare nella sua apoteosi.
Due narrazioni della cristianità, opposte, inconciliabili.
Tra la severità che accoglie e l'alterità che allontana.
- Piero della Francesca (1416-1492): "La Resurrezione",1460-1465, Museo Civico, Borgo San Sepolcro (AR) - Paolo Veronese (1528-1588): "La Resurrezione di Cristo",1570 circa, Museo dell'Ermitage, San Pietroburgo
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pier-carlo-universe · 9 days ago
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La verità sul caso Joanna Duncan: la nuova indagine di Kate Marshall di Robert Bryndza. Recensione di Alessandria today
Un thriller mozzafiato tra misteri irrisolti e scandali politici
Un thriller mozzafiato tra misteri irrisolti e scandali politici Robert Bryndza, autore di fama internazionale, torna con il terzo capitolo della serie dedicata a Kate Marshall. La verità sul caso Joanna Duncan è un thriller avvincente, ricco di suspense e colpi di scena, che conferma il talento dell’autore nel creare trame intricate e personaggi memorabili. Biografia dell’autore Robert…
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altrovemanonqui · 3 months ago
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È la seconda volta che provo a scrivere questo post… Non riesco a pubblicarlo ma non mi arrendo…
Ho assistito ad uno spettacolo che ha nei credits Adolf Hitler. Lo ammetto. Fa un po’ specie.
L’ho fatto per Stefano Massini ed il “suo” Mein Kampf. Anni di studi e ricerche approfondite per portare in teatro il diario delirante che ha attinto alla parte oscura di molti per affermare una supremazia psicotica e distruttiva.
Il libro che distrusse milioni di libri. Temuto e vietato fino a 8 anni fa, quando la Germania finalmente capì che il mistero ed il divieto spesso servono solo a mitizzare ancora di più.
Pagine che vengono imprigionate nel tempo e nello spazio di un monologo rumoroso. Un fiume in piena di invettive, ripetizioni, vaneggiamenti, che esplodono su un palcoscenico essenziale e diventano quasi sublimazione carismatica di quel pensiero folle e ossessivo.
Si entra curiosi e se ne esce turbati, lo ammetto.
La scenografia minimal, nessun baffetto o capigliatura strana, nessuna distrazione da ciò che davvero conta.
Le riflessioni arrivano spontanee e inevitabili perché Massini è superbo ma le parole che sono le uniche vere protagoniste lasciano il segno, spaventano, provocando un senso di repulsione, sdegno ma spero anche consapevolezza.
Perché le parole sono conseguenze!
E quindi, se potete, andate a vederlo. Portatevi dietro le vostre paure, i dubbi, i pregiudizi ma andate a vederlo. Ne uscirete forse disturbati, con qualche domanda in più e forse con qualche risposta che non cercavate… ma ne vale la pena!
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sistemabibliotecariomilano · 9 months ago
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Primavera di libri
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Torniamo a suggerirvi nuove letture e film “raccomandati” dai vostri bibliotecari di fiducia.
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Un autentico caso letterario l’inedito di Gabriel García Márquez Ci vediamo in agosto, che, come narra la leggenda a proposito dell’Eneide di Virgilio, l’autore avrebbe voluto distruggere: “un omaggio alla femminilità, una storia di libertà e di desiderio che non si sopisce con l’età e nemmeno con l’amore coniugale”. I figli hanno consentito la pubblicazione di questo breve romanzo, che esce in contemporanea in tutti i paesi e ci delizia come una sorpresa inaspettata, nonostante la volontà del suo artefice, forse troppo esigente con sé stesso.
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Tutt’altro che deprimente, Piccoli suicidi tra amici di Arto Paasilinna è ormai diventato un classico. Scritto con stile quasi cronachistico, la sua apparente freddezza (che peraltro ben si addice alle gelide lande della Finlandia da cui provengono i personaggi del libro) non fa che accrescere l’ironia, magari un po’ macabra, di cui è pervaso. “… ogni giorno è per ciascuno sempre il primo della vita che gli resta da vivere, anche se siamo troppo occupati per rendercene conto” è la sintesi filosofica di un romanzo divertente, originale, che si risolve in un inno non banale alla vita, alla solidarietà, all’amicizia. Un vero toccasana “per tempi agitati”, citando Mauro Bonazzi, come sono quelli in cui ci troviamo a vivere. Dalla postfazione di Diego Marani: “Una delle cose più belle dei romanzi di Paasilinna è che dopo il tumulto, il fragore e le spericolate rincorse tutto si risolve delicatamente, come una risata di cui resta solo il gioioso ricordo, nell’acqua increspata d’un lago, nel vento della sera, nell’odore di foraggio appena tagliato. … In questo libro la grande beffata è la morte”.
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Ambientato a Bologna durante le festività natalizie tra la fine del 1953 e l’inizio del ’54, Intrigo italiano di Carlo Lucarelli ci ripropone la compagnia del commissario De Luca, sempre ombroso, inappetente e drogato di caffeina. Lo accompagna un giovane poliziotto che lo introduce negli ambienti musicali degli amanti del jazz, di cui era appassionato un noto professore morto in circostanze non chiare. Ma il mistero si infittisce quando anche la vedova viene trovata uccisa e De Luca stesso è controllato dai Servizi Segreti. Non siamo più in tempo di guerra mondiale, ma di guerra fredda e anche i migliori si devono aggiornare. Un giallo di classe, con una ricostruzione storica sempre molto accurata. È del 2022 il ritorno del commissario Marino, segretamente ma attivamente antifascista, in Bell’abissina, dopo l’esordio del 1993 con Indagine non autorizzata, quando era ancora soltanto ispettore. Si tratta di un cold case soltanto apparente, perché la serie di delitti, legati da somiglianze via via sempre più chiare, si protrae dal passato al presente pericolosamente minacciato dall’imminente scontro bellico. Marino ha un temperamento diverso da quello di De Luca e si getta anima e corpo in questa indagine che coinvolge corrotti fiancheggiatori del regime. Un incontro, come dice l’autore stesso nei Ringraziamenti, tra la storia, con la s minuscola, frutto di fantasia, e la Storia, quella del secondo conflitto mondiale che Lucarelli conosce molto bene e che ha trattato anche in diverse trasmissioni televisive.
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Irresistibile la doppietta di Simenon che vi proponiamo. Gli altri, inedito in Italia fino alla pubblicazione di Adelphi del 2023, è scritto in forma di diario-confessione e ci guida con il suo ritmo irresistibile tra i meandri di un suggestivo castello francese, che racchiude, ça va sans dire, una morte misteriosa, una giovane e affascinante castellana, nonché un burbero e attempato maggiordomo, sospettosamente depositario di ogni segreto… Come sempre, con pochi abili tratti l’autore descrive una serie di personaggi che non potrebbero essere fra loro più diversi, anche se appartenenti alla stessa famiglia: la sua penna riesce a far sembrare del tutto naturali e accettabili legami apparentemente inconciliabili e al limite della moralità. Il finale è riservato all’apertura del testamento: a chi andrà la cospicua eredità del vecchio Antoine Huet? Ma soprattutto: in che modo la ricchezza influirà sulla vita e le abitudini dei protagonisti? A voi il piacere di scoprirlo. Il romanzo La prigione inizia ex abrupto con un misterioso omicidio, su cui la polizia indaga. Ma duplice è la ricerca intrapresa dall’autore: da una parte il movente del delitto, dall’altra la psicologia del protagonista, costretto a scavare nella sua vita per scoprire su sé stesso e sulle persone che gli erano più intimamente vicine segreti che ignorava o che, più probabilmente, cercava di rimuovere per superficialità, paura o inadeguatezza. Così la prigione diventa una metafora per descrivere una vita fasulla che implode in un solo istante di un giorno d’autunno. Al di là del caso limite rappresentato dal fatto di sangue e delle inevitabili differenze di carattere, è talmente accurata l’analisi psicologica che ogni lettore potrebbe ritrovare qualcosa di sé nell’indole del protagonista e comprendere i suoi atti apparentemente privi di logica. Simenon, come sempre, con ritmo inesorabile e accanito vaglio introspettivo ci conduce all’unica soluzione possibile.
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Furio Scarpelli e Agenore Incrocci hanno firmato, sotto la nota sigla di Age&Scarpelli, “le più memorabili sceneggiature dell’epoca d’oro del cinema italiano”, da Totò le Mokò di Bragaglia, a La banda degli onesti di Mastrocinque, C’eravamo tanto amati di Scola, I soliti ignoti, L’armata Brancaleone e La Grande guerra di Monicelli, per citarne solo una minima parte. Tra gli inediti di Scarpelli che Sellerio sta ripubblicando (è del 2019 Amori nel fragore della metropoli) vi consigliamo Si ricorda di me, signor tenente?, romanzo che introduce i protagonisti alternando, con la tecnica del flash back, la narrazione contemporanea al memoriale di guerra. Lo scavo nel complesso passato del personaggio principale porterà alla luce gravi traumi, profondi e rimossi sensi di colpa. Ma chi è lo sgangherato seccatore che apostrofa con la domanda del titolo il vecchio Giulio, tranquillo pensionato che passeggia per le vie della Milano del 1999? Un truffatore, un commilitone o un rigurgito della sua coscienza addormentata? Si legge piacevolmente tutto d’un fiato.
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Per una lettura diversa dal solito vi proponiamo Nightmare Alley, La fiera delle illusioni di William Lindsay Gresham, “una tipica storia noir”, da cui sono stati tratti ben due film: un classico con il fascinoso Tyrone Power in una veste per lui inedita e il recentissimo remake di Guillermo Del Toro con Bradley Cooper, Cate Blanchett, Willem Dafoe. Diviso in due parti (con un finale ad anello): da un lato il fantastico, bizzarro, grottesco mondo del circo, con i suoi misteri e le sue crudeltà; dall’altra quello dell’alta borghesia, non meno pericoloso. In sintesi, il libro e i due film sono “Tre facce della stessa storia che presentano tutte letture degne di essere lette e viste per una storia che potrebbe benissimo svolgersi anche al giorno d’oggi. I prestigiatori, che siano o meno appassionati di mentalismo/spiritismo, vi troveranno molti spunti interessanti.”
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Un prezioso suggerimento dal passato: se vi fosse sfuggito, potete rimediare cogliendo dai nostri scaffali Il peso falso di Joseph Roth. Un autentico gioiello che mischia allo stile formulare dei poemi omerici, un’autentica passione d’amore e una finissima riflessione sull’essere umano, dominato dai suoi difetti, quasi deterministicamente volto verso il male, incapace di sfuggire alla tentazione del peccato, anche quando è mosso dalle migliori intenzioni. I temi sono quelli consueti della poetica di Roth, e spesso tornano anche gli stessi personaggi, che inevitabilmente cadono nella colpa: il tutto senza pessimismo né amarezza, anzi forse con una leggera sfumatura di fatalistica ironia.
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Come una diabolica matrioska le vicende biografiche dell’autore, Herbert Clyde Lewis, giornalista e scrittore americano, nato a New York da ebrei russi emigrati, si ripercuotono sul protagonista del romanzo per poi accanirsi inspiegabilmente sulle vicissitudini editoriali dell’opera che vi vogliamo consigliare, Gentiluomo in mare. Sì, perché come l’autore ebbe una vita difficile, nonostante gli incessanti sforzi profusi per affermarsi e l’indubbio talento, così il protagonista di questo delizioso romanzo breve è vittima di “una sorte bizzarra e cattiva”, per citare la splendida canzone di Lauzi-Conte, e infine la novella fu ingiustamente ignorata alla sua prima pubblicazione nel 1937 per essere poi “ripescata” (è proprio il caso di dirlo) dall’abisso dei libri dimenticati per la prima volta in Argentina nel 2010: da quel momento il successo, più che meritato anche se postumo, divenne planetario. Davvero “una perlita”, come fu definito nella recensione argentina.
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ma-pi-ma · 6 months ago
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Mi sono trovata volentieri e con piacere nella
natura di ogni cosa: altre persone, alberi,
nuvole. E questo è ciò che ho imparato,
che l'alterità del mondo è l'antidoto alla
confusione - che stare all'interno di questa
alterità - la bellezza e il mistero del mondo,
nei campi o nelle profondità dei libri - può
nobilitare il cuore più ferito.
Mary Oliver, da Sopravvivere
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queerographies · 9 months ago
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[Biografia di X][Catherine Lacey]
Svelando i segreti di X: un viaggio alla scoperta di un’artista geniale e camaleontica Titolo: Biografia di XScritto da: Catherine LaceyTitolo originale: Biography of XTradotto da: Teresa CiuffolettiEdito da: SurAnno: 2024Pagine: 470ISBN: 9788869983962 La trama di Biografia di X di Catherine Lacey Alla morte dell’amatissima moglie – un’artista famosa ed elusiva che si nascondeva sotto lo…
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chez-mimich · 2 months ago
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“… Con «Domus» e «Abitare» abbiamo sperimentato diverse strategie di trasmissione cartacea dell'esperienza dell'abitare, tutte generate da un'insoddisfazione per le forme canoniche- testi esplicativi, piante, sezioni, prospetti, assonometrie, prospettive, plastici, rendering - della rappresentazione in architettura. Una delle sperimentazioni più radicali affrontate con Mario Piazza, grafico e soprattutto colto intellettuale della visione con cui ho condiviso l'esperienza delle due riviste, è stata la costruzione di un numero di «Domus» (l'ultimo della mia direzione, il 902 di aprile 2007) esclusivamente affidato alle immagini e alle fotografie, senza testi di ac-compagnamento. I servizi, l'editoriale, la rubrica dei libri, persino la pubblicità, erano privi di testi scritti. Il numero aveva come titolo Esperanto (l'utopia di un linguaggio universale) e ospitava nella copertina un disegno di Ettore Sottsass che raccoglieva i simboli con cui l'immaginario umano rappresenta - e forse esorcizza - la dimensione del mistero e dell'ignoto…”
(Stefano Boeri, “Urbania”- Laterza)
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frittamista · 5 days ago
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Che bello fare quello che ci piace. A volte me ne dimentico. Io non so se tra noi e l’universo, tra noi e questo mistero ci sia qualcosa. Però, so che quello che chiedevo, ce l’ho. Cioè desideravo trovare una mia vocazione, un qualcosa che mi facesse sentire me. E con il tempo, ho fatto spazio. Non sono più rimasta sulla soglia. Studio una materia di cui sono innamorata, mai avrei pensato che potessi andare a studiare una cosa così. Sto costruendo nuove amicizie, sto imparando un nuovo modo di relazionarmi, di espormi. Con mia mamma ho cominciato a parlare senza urlarci contro, non che lo scontro sia quieto, però ci siamo ascoltate quando abbiamo parlato. È già “un buco su quel muro”. Piano piano, attraverso queste parole, se usate bene e in maniera onesta possiamo buttarlo giù quel muro. Piano piano, col tempo. Sono un po’ sotto pressione per gli esami, ma che privilegio poter dire “che palle sto ore sui libri però che figo”. Non tutti scelgono le cose che fanno per loro, o magari non se lo pongono il problema. Io non riesco a “stare” , devo esserci.
Sono serena.
Buonanotte, ogni tanto scrivere anche belle notizie, cantare un po’ di gioia, fa bene.
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