#accettare il distacco
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pier-carlo-universe · 24 days ago
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Il giusto equilibrio di Ada Rizzo – Come affrontare l’imprevedibilità delle relazioni umane. Recensione di Alessandria today
Ada Rizzo riflette sulle dinamiche sociali, sull’imprevedibilità dei rapporti e sull’importanza di trovare il giusto equilibrio nella vita
Ada Rizzo riflette sulle dinamiche sociali, sull’imprevedibilità dei rapporti e sull’importanza di trovare il giusto equilibrio nella vita Autrice: Ada Rizzo Anno di pubblicazione: 2025 Genere: Saggistica, riflessione sociale, analisi delle dinamiche umane Valutazione: ⭐⭐⭐⭐⭐ Trama. Nel suo articolo “Il giusto equilibrio”, pubblicato su Alessandria Today, Ada Rizzo affronta il tema delle…
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worldofdarkmoods · 2 months ago
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Con me, chi semina distacco, raccoglie silenzio. Non è una minaccia, non è un ultimatum. È solo il risultato naturale di un cuore che ha imparato, a caro prezzo, quanto costi rincorrere chi non vuole essere raggiunto, quanto faccia male restare accanto a chi non riesce più nemmeno a vederti. Ho capito che non puoi trattenere nessuno, non puoi costringere qualcuno a restare, e soprattutto non puoi chiedere a una persona di darti ciò che non vuole o non sa dare.
All'inizio ci provi. Cerchi di ignorare i segnali, di giustificare i silenzi, di accettare le distanze come momentanee, come qualcosa che passerà. Ti dici che forse sei tu quella sbagliata, che forse stai pretendendo troppo. E così ti aggrappi a ogni singolo gesto, anche il più piccolo, sperando che basti a compensare tutto quello che manca. Ma non è mai abbastanza. Perché quando qualcuno sceglie di seminare distacco, lo fa senza guardare indietro, senza accorgersi delle crepe che lascia, delle ferite che continua ad aprire.
E allora ti ritrovi lì, con il cuore in mano e una testa piena di domande a cui nessuno risponderà. Perché? Cosa ho sbagliato? Cosa avrei potuto fare di diverso? Ma le risposte non arrivano, e anche se arrivassero, non cambierebbero niente. Perché il distacco non nasce per caso. È una scelta, anche quando sembra involontaria. È una strada che l’altra persona ha deciso di percorrere, lasciandoti indietro, spesso senza nemmeno voltarsi.
E così, un giorno, smetti di rincorrere. Non perché non ti importi più, non perché il dolore sia svanito, ma perché capisci che continuare a inseguire è inutile. Capisci che, a un certo punto, il tuo silenzio diventa l’unica risposta possibile. Non è un silenzio rabbioso, non è un muro che alzi per fare male. È un silenzio che parla di resa, di un cuore che si è arreso all’evidenza che certe battaglie non si possono vincere. È il silenzio di chi ha dato tutto e si è accorto che non c’era nessuno disposto a fare lo stesso.
Ma quel silenzio fa male, più di qualsiasi parola. Perché in quel vuoto che resta c’è il rumore assordante delle emozioni che non puoi più condividere, dei sogni che non vedranno mai la luce, delle speranze che hai coltivato solo per vederle appassire tra le mani. E allora ti chiedi: "Perché continuo a sperare? Perché continuo a credere che qualcuno, un giorno, possa vedere il mio silenzio non come un addio, ma come una richiesta di aiuto?"
Eppure, anche se cerchi di convincerti del contrario, quella speranza resta lì, appesa a un filo sottile, pronta a spezzarsi al minimo soffio. Perché il tuo cuore vuole ancora credere, vuole ancora aggrapparsi a qualcosa, anche quando la mente sa già che non c’è più nulla da salvare. E così il ciclo ricomincia: il distacco, il silenzio, il vuoto, e poi ancora quella speranza che non ti abbandona mai del tutto.
Ma più passa il tempo, più ti rendi conto che quel ciclo è una prigione. E allora provi a fare una scelta diversa. Decidi che il tuo silenzio non sarà più solo una risposta al dolore che ti hanno inflitto. Diventa il tuo scudo, il tuo rifugio, il tuo modo di ricominciare. Non perché non soffri più, non perché hai dimenticato, ma perché finalmente hai capito che l’unica persona su cui puoi davvero contare sei tu.
Con me, chi semina distacco, raccoglie silenzio. Ma quel silenzio non è solo la fine. È anche un nuovo inizio, un modo per ritrovarmi, per imparare a camminare da sola, per costruire qualcosa che nessuno potrà mai spezzare. Anche se fa male, anche se il vuoto resta, so che un giorno quel silenzio sarà la mia forza. E forse, quando quel giorno arriverà, non avrò più bisogno di parole per spiegare chi sono, cosa voglio, e soprattutto cosa non accetterò mai più.
Anonimo🖤
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libero-de-mente · 6 months ago
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Per sbaglio ho visto un pezzo di telegiornale. Non lo guardavo da tantissimo tempo. Non sono notizie quelle che si vedono, sono servizi in stile trash. Vedo la disperazione negli occhi della gente che ha perso tutto, come il distacco, con una buona dose di recita, negli occhi di chi è riuscito in vita a sedersi in una sede parlamentare. Il Grande Fratello diventa un programma di alta cultura in confronto, mi chiedo dal profondo del cuore... ma come si possa accettare tutto questo, fomentando opinioni a iosa sui social, che dimostrano quanto sia basso il livello d'umanità. Molti di noi sono vitelli in un macello, in attesa della mattanza, che si distraggono guardando un monitor.
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scogito · 3 months ago
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Ciao, so che non ti occupi di certe cose, ma cosa ne pensi del comportamento di Mammuccari a Belve? è l'ultima intervista dove ha lasciato lo studio mandando a fanc... la conduttrice...mi è sembrato molto cafone, ma non riesco a capire se era organizzata tra di loro o invece perchè ha risposto con questa rabbia?
Ciao,
l'ho vista per poterti rispondere. Ci sarebbe tanto da dire anche perché pur convincendosi di indossare una maschera razionale espone molti lati repressi, che tenta di nascondere.
Non so se è organizzata, in tv tutto è possibile. In ogni caso emerge il comportamento di una persona estremamente infantile e incapace di accettare qualsiasi commento o aggettivo che crede non gli corrisponda. Peccato che mentre nega conferma quanto gli si dice, proprio col suo comportamento. In certi momenti mi ha colpito molto la postura e certe espressioni marcate, quasi cartoonesche, tipiche delle false vittime.
Appare come una persona completamente settata su se stessa, incapace di cogliere l'argomento generale, ma fissa sulle parole singole perchè vede soprattutto attacchi e raggiri, non a caso spesso gira lui la frittata incolpando l'interlocutore di reagire così a causa sua. Non riesce ad ascoltare davvero un discorso perché sembra anche non sopportare l'idea di non potere controllare o guidare la situazione, così quando risponde attacca ribaltando il concetto appena sentito e quando non sa che dire fa il broncio e minaccia di andare via. Oltretutto aveva delle aspettative ed è probabile che appena sono state deluse gli sia sfuggita di mano la parte emotiva.
Sinceramente guardandolo ho rivissuto alcuni dialoghi che ho avuto con un uomo, molto simile anche nel distacco dalla realtà e nella convinzione di essere qualcuno che non è. Sembrano fatti con lo stampino.
Spero di averti dato qualche risposta.
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a-dreamer95 · 1 year ago
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Ho "attraversato" il dolore cercando di mantenere intatta la bellezza dei miei sentimenti. Nessun amore va mai perduto, anche se chi ne è l'oggetto, legittimamente, non lo corrisponde. L'amore è nato e cresciuto in noi e ci ha resi sicuramente migliori, se glielo abbiamo permesso, accettando la realtà senza cercare di sfuggire alla sofferenza che provoca. Tornerò a provare amore e gioia, è importante comprendere che si tratta solo di un momento della mia vita.
Ho solo voglia di restare con la felpa a guardare la luna dal terrazzo che si diverte a farsi inseguire con gli occhi. Ho sempre provato piacere a guardarmi indietro e a mettere un punto per "Riniziare" con la maiuscola. Stasera, invece, ho bisogno di spazio e di virgole, di lettere minuscole e di pochi imperativi. Sorrido e penso a quanto è bizzarra questa sera: la vita ha fretta che io diventi una donna con un lavoro, con obiettivi chiari e con la voglia di costruire, eppure io mi sento ancora un po' bambina perché non ho tutte le risposte, perché non so come affrontare il distacco dalla mia famiglia, ma nel mio respiro mi sento anche una giovane donna. Tra me e me mi dico" Vai, assapora ogni momento, prendi a morsi ogni dubbio, viaggia, respira (sennò poi sbotti), leggi, balla, canta, scrivi, muoviti, stai ferma, prenditi in giro, fai tante domande senza mai forzare nessun rapporto, ma soprattutto dai un tempo a questi anni che passano come lancette impazzite, dagli il tuo tempo, il tuo senso e la tua verità."
Nel frattempo, farò qualsiasi cosa possibile per far sentire meno sola anche soltanto una persona e per rimanere autentica in un mondo che ha paura di mostrare le fragilità. Paragonarsi agli altri non fa altro che allontanarmi da quello che voglio io e, quindi, da ciò che fa stare bene me. Va bene fermarsi perché ho imparato ad ascoltare e ad osservare, a fare ciò che mi è possibile in quel momento di vita. Va bene anche stare male e accogliere i "momenti no": non durano mai per sempre ma possono essere utili per conoscermi meglio e per crescere. Va bene iniziare un percorso e avere delle ricadute perché ho interiorizzato che non esistono linee rette, ma è proprio questo che rende interessante la mia strada. E quindi va bene guardarsi con occhi più gentili, accogliendo i difetti e capendo cosa si può fare per migliorare. Non si tratta di una gara a tempo e non si può sperare in un cambiamento se non vogliamo accettare di poter inciampare, cadere, fallire. Stiamo già cadendo nel momento in cui cerchiamo di essere persone perfette perché, per quanto rincorriamo questo estenuante obiettivo, sappiamo benissimo che non riusciremo mai a raggiungerlo. Abbiamo solo bisogno di cambiare la visione delle cose, di fare un passo indietro, per andare avanti. Con i nostri desideri, le nostre paure, i nostri tempi, i nostri modi, il nostro bagaglio di vita.
A prescindere da come andrà, non perdere mai la speranza. Ricordati che anche le cose peggiori possono portare conseguenze positive. Domani sarà più semplice e andrà meglio, un giorno alla volta.
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xerotere · 2 years ago
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questa sensazione di vivere in una campana di vetro, di non far mai parte di nulla, di attraversare la vita come un turista che guarda gli altri nella loro quotidianità con curiosità e distacco, "bello questo posto, ma non è il mio", ma non c'è mai un posto da mettere sotto l'etichetta di "mio". questo sentimento di isolamento perenne, d'essere sempre slegata dagli altri, una barca al porto senza possiblità di approdo, trascinata dai venti e dalle correnti da baia in baia, mai ancorata, mai salda. questo dolore nel non poter condividere, nel non poter fare, raccontare, ridere, costruire, vivere altro rispetto all'angusta gabbia che io sono, che mi lascia solo intravedere l'esterno senza mai potervi agire.
forse non ho niente da offrire? o forse non so come farlo. fatto sta che il mio posto al mondo non c'è - o non l'ho ancora trovato - o sono tutti miei posti al mondo in queste vesti da osservatore, che indosso da tutta la vita ma ancora stento ad accettare.
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allecram-me · 1 year ago
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Mi pronuncio
Questo anno bianco di rumore e di umori fugaci è passato, e poche brecce nel muro di quella geometria serrata che ho imposto ai miei giorni hanno derogato il suo ritmo regolare. Praticamente, nel mio tentativo diretto e disperato di agire piuttosto che pensare, mi sono attribuita un sacco di responsabilità nuove, che dovevano avere il gusto della libertà dai vecchi epiteti, e dal naufragio che mi lasciavo alle spalle. Responsabilità estemporanee del tipo di indugiare tutta la serata in cucina, sigaretta dopo sigaretta, chiacchiera dopo chiacchiera - non vivere più sola mi ha posto condizioni che ho abbracciato come venivano, l’affitto sulle spalle lo pago ogni mese senza pensarci, e le bollette non le aspetto: i soldi che ci sono, se ne vanno, col tutto che mi fa meno effetto dello scorrere invano dell’acqua di quelle fontanelle pubbliche che ancora non hanno un interruttore a richiedere al flusso uno scopo. Sono sincera nel dire che non ho più chiesto a me stessa un bilancio, e lo testimoniano tutte le parole che avrei potuto scrivere - pensare - e che, sul serio, non sono venute più fuori. Adesso però sono qui a spolverare i banchi del mio dolcissimo e storico tribunale, e la tentazione potrebbe essere fortissima, è la cosa più animale che una creatura cerebrale come me potrebbe sperimentare in un lasso di tempo molto, moltissimo lungo. Sarà la voce che legge a giudicarmi, mi assolverò o disprezzerò con l’eleganza del distacco, la prossima volta. Poco fa ho fatto esperienza del fatto che questa capacità non si è persa al netto del poco esercizio, e a dire il vero a volte mi capita di trovarmi anche divertente, ma la verità è, credo, semplicemente che mi voglio bene come so voler bene al prossimo, e anche un po’ di più.
Qui giace, dunque, l’ammissione che mi piace davvero raccontare le mie storie, e forse sono a questo punto anche pronta a far pace col fatto che no, non era per le mie energie un percorso obbligato, non c’è determinismo a dettarmi una certa via di fuga alle pulsioni, adesso sì che ho in tasca un sacco di carte, le alternative. Il cerchio lo potrei chiudere dicendo che, in fondo in fondo, questo modo tutto sommato caratteristico di accettare sfaccettature di me attraverso esperimenti di astensione e imbocco della strategia diametrale, per imparare contemporaneamente il limite e l’onnipotenza, è il motore irriducibile di tutte le storie, e probabilmente assomiglia pure all’orizzonte di libertà coltivato in terapia, per quello che m’immagino. Come ballare, parlare in pubblico, non scrivere, disinnamorarsi, vivere in questo quartiere piuttosto ostile, lavorare per persone i cui valori sono il rovescio del mio cielo, fare chilometri a piedi per conquistare un tragitto in treno incredibilmente corto. E in tutto questo, poi, amarmi davvero, pelle, depressione, voce e ossa.
Mi è venuta voglia di farmi un tatuaggio, e di incidermi da qualche parte addosso qualcosa di molto simile a ciò con cui introdurrò nell’arco di un anno la mia tesi di dottorato. L’anima, la salvezza, la legittima, sacrosanta maniera squisitamente soggettiva di tenere insieme queste cose: dio mi fulmini se mi dimentico ancora di questo diritto. Dio mi fulmini se torno indietro. Ci meritiamo tutto: il rispetto, la scienza, e le storie. E anche la pace. Ci meritiamo di dimenticare, di ricordare, e di passeggiare tranquillamente in questo bosco.
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about-me2072 · 11 months ago
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Prima di festeggiare la liberazione, dovremmo liberarci dalle prigioni della nostra mente,
dai soliti stereotipi e dai fenomeni di massa.
Da quelle relazioni tossiche che tessiamo con la pretesa che l'altro ci appartenga: questo disperato bisogno di possedere le cose, (il confondere l'avere con l'essere)
Che cambiano col tempo come cambiano noi.
Potersi sentire liberi di essere sé stessi, (nella diversità che ognuno di noi porta)
é la forma più alta di amor proprio e la chiave per amare l'altro.
Liberi di accettare anche ciò che non comprendiamo, senza il peso del giudizio ma con un naturale distacco che non generi odio.
Alla fine l'amore che ricevi, è uguale all'amore che dai.
About me🌻
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tuttabirra · 1 year ago
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Il problema è che come fai sbagli.
Se non sei interessata e usi perifrasi, dovresti parlargli con chiarezza.
Se non sei interessata e lo dici chiaramente, che stronza, gli spezzi il cuore.
Se continui a vederlo, lo illudi che ci sia ancora speranza.
Se tagli i ponti, lo fai soffrire per il distacco.
Se ignori battute sessiste, su, un po’ di orgoglio, legittimi la mancanza di rispetto.
Se reagisci alle battute sessiste, ma come sei pesante, fattela una risata.
Se conservi le relazioni che avevi prima di lui, lo fai ingelosire.
Se lui diventa la tua unica relazione, non puoi farti terra bruciata intorno.
Se hai meno successo di lui, vuoi fare la mantenuta, sei una zavorra.
Se hai più successo di lui, lo fai sentire inadeguato, vuoi umiliarlo.
Se il violento sembra violento, te lo sei proprio cercato.
Se il violento sembra un bravo ragazzo, devi averlo fatto esasperare.
Se riconosci i segnali di violenza, ma dai, su, non esagerare.
Se non riconosci i segnali di violenza, come hai fatto a non accorgertene?!
Se lo denunci, gli rovini la vita.
Se non lo denunci, avresti dovuto cercare aiuto.
Se scappi, ti comporti da preda.
Se resti, ti comporti da preda.
Il problema è che come fai sbagli, in una società sbagliata.
In una società giusta, ogni persona dovrebbe sapere che la relazione si basa sul consenso.
E che ogni mancato consenso, ogni rifiuto, è un’eventualità accettabile e da accettare.
In una società giusta, il possesso riguarda al più gli oggetti, certo non le persone.
In una società sbagliata, invece, a sentirsi sbagliata è la vittima, anche se a sbagliare è il carnefice.
Roberta Covelli
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canesenzafissadimora · 1 year ago
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Il problema è che come fai sbagli.
Se non sei interessata e usi perifrasi, dovresti parlargli con chiarezza.
Se non sei interessata e lo dici chiaramente, che stronza, gli spezzi il cuore.
Se continui a vederlo, lo illudi che ci sia ancora speranza.
Se tagli i ponti, lo fai soffrire per il distacco.
Se ignori battute sessiste, su, un po’ di orgoglio, legittimi la mancanza di rispetto.
Se reagisci alle battute sessiste, ma come sei pesante, fattela una risata.
Se conservi le relazioni che avevi prima di lui, lo fai ingelosire.
Se lui diventa la tua unica relazione, non puoi farti terra bruciata intorno.
Se hai meno successo di lui, vuoi fare la mantenuta, sei una zavorra.
Se hai più successo di lui, lo fai sentire inadeguato, vuoi umiliarlo.
Se il violento sembra violento, te lo sei proprio cercato.
Se il violento sembra un bravo ragazzo, devi averlo fatto esasperare.
Se riconosci i segnali di violenza, ma dai, su, non esagerare.
Se non riconosci i segnali di violenza, come hai fatto a non accorgertene?!
Se lo denunci, gli rovini la vita.
Se non lo denunci, avresti dovuto cercare aiuto.
Se scappi, ti comporti da preda.
Se resti, ti comporti da preda.
Il problema è che come fai sbagli, in una società sbagliata.
In una società giusta, ogni persona dovrebbe sapere che la relazione si basa sul consenso.
E che ogni mancato consenso, ogni rifiuto, è un’eventualità accettabile e da accettare.
In una società giusta, il possesso riguarda al più gli oggetti, certo non le persone.
In una società sbagliata, invece, a sentirsi sbagliata è la vittima, anche se a sbagliare è il carnefice.
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Roberta Covelli
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sophiaepsiche · 2 years ago
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Sul perdono
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“Molti parlano di perdono senza capire l’impercettibile ma grave pericolo che si nasconde dietro alcune situazioni, come ci si deve comportare? Il perdono è trascendenza o è un particolare comportamento?”
Sicuramente il vero significato è il medesimo, purtroppo però il termine ‘perdono’, col tempo, si è caricato di condizionamenti culturali e spirituali che sembrano dover implicare specifici comportamenti. Il perdono è stato troppo concettualizzato ed è collegato, almeno nell’immaginario comune, ad una serie di ‘istruzioni’ su cosa fare. Della serie: ‘se sei buono, ci si aspetta che tu faccia così’. Questo può creare ulteriori dissonanze cognitive in chi già viene confuso e manipolato da persone cattive, il che indebolisce ancor di più. Il perdono è quindi più fraintendibile e, sono d’accordo, può diventare anche pericoloso. Non a caso negli insegnamenti religiosi una delle virtù da coltivare è anche la prudenza, proprio per controbilanciare tutti questi concetti che possono essere fraintesi.
La nuda trascendenza non ha queste accezioni solitamente. È già spiritualità e, come tale, non è fatta di concetti, è la soluzione più pratica e semplice che ci sia. Se non provo rabbia o dolore, perché li ho trascesi davvero, non sento di aver nulla da perdonare, mantenendo, allo stesso tempo, un contatto con la realtà impeccabile e non manipolabile. La lucidità è priva della scia psichica e valuta molto meglio l’accaduto. Le azioni che ne conseguono sono solo frutto di intelligenza. Il perdono, ad esempio, non implica affatto continuare a frequentare una persona distruttiva e subdola, soprattutto se si deve difendere, non solo se stessi, ma anche qualche persona di cui si è responsabili. Lo ripeto, soprattutto se si è responsabili di qualcuno che deve essere difeso.
Non serve odiare il lupo per non farlo entrare in casa, serve solo il buon senso. Lo si può addirittura reputare bello e augurargli ogni bene. Con la trascendenza è impossibile nutrire avversione e relativi pensieri vendicativi e cattivi e questo basta di per sé. La pratica spirituale, nell’atto pratico, è sempre un processo di sottrazione, non è mai fatto di concetti o di consigli su cosa fare. Dobbiamo sempre e solo togliere contenuti mentali o emozionali, tutto qua.
La situazione più difficile che può capitarci è proprio quella in cui effettivamente non c’è via d’uscita. Potremmo vivere una situazione tossica da cui è davvero impossibile sottrarsi o una crisi generale in cui non appena trascendiamo una reazione, ne viene stimolata un’altra troppo presto. In questi casi dovrete avere compassione soprattutto per voi stessi e non condannarvi se, a volte, le vostre reazioni risultano un po’ nevrotiche. Continuate a praticare intensamente e imparate a farlo sempre. Queste crisi sono da prendersi come un corso full immersion di meditazione. Finita la crisi diverrete forti come leoni e avrete un distacco ben maggiore del precedente. Vedrete che la base della vostra pratica subirà una sorta di upgrade. Prendete tutto, ma proprio tutto, come uno stimolo alla pratica e purificate il più possibile. Le azioni che seguono la purificazione, così ottenuta, sono spontaneamente le più intelligenti,  che siano severe e restrittive o accoglienti e accomodanti. Questa spontaneità vi renderà più leggeri e agili.
La differenza tra concetti e trascendenza separa la sfera umana dalla sfera spirituale. Tutti i dubbi sulla spiritualità sono solo concettuali, perché, se praticassimo davvero, sapremmo che dobbiamo solo ed esclusivamente trascendere le reazioni interiori e i relativi pensieri che si presentano. In passato ho spesso definito i condizionamenti come ‘lato psichico della realtà’. È come un’appendice che può essere tolta da tutto, grazie al distacco. Una volta tolta, resta solo la realtà. Così sviluppiamo la capacità di riconoscere il vero dal falso e, inoltre, alleniamo la forza di accettare la realtà per ciò che è, e questo è l’antidoto migliore contro qualsiasi tipo di dissonanza.  
Il perdono e la benevolenza sono sottolineate in ogni religione perché il bivio tra creatività e distruttività (o tra bene e male, se volete) parte proprio dal dolore . Il dolore mal gestito degenera fino a causare risposte distruttive: rabbia, avversione, odio, vendetta. Chi è maturo e cerca perlomeno l’elaborazione del dolore a livello psicologico non diviene distruttivo e ha più energie per essere creativo. Può, però, ancora sbagliare parecchio nell’atto pratico, perché il suo perdono, come detto, può essere ancora condizionato da quella serie di aspettative che sembra comportare. Ancor più se chi ha intorno preme per un comportamento ‘da manuale’. L’influenza degli altri può far perdere la lucidità che serve in situazioni potenzialmente pericolose. 
Il contemplativo difficilmente farà questi errori perché trascende gli elementi psichici lasciando l’azione totalmente libera. Non si fa influenzare da consigli, frecciatine o paternali varie, non ha a cuore quello che gli altri pensano di lui ed ha la forza di stare solo contro il mondo.  Non c’è manipolazione che tenga. È dunque integro in un modo inaccessibile agli altri proprio in quanto più distaccato dal mondo e disinteressato a ciò che il mondo pensa di lui. Il contemplativo sa che Dio lo guarda e lo giudica da dentro, resta quindi a pulire dove davvero conta. 
Invece di decidere le azioni col pensiero, come gli altri, chi trascende segue un flusso naturale dettato dalla sensibilità. Quando si può sperare di salvare il salvabile, egli darà naturalmente delle seconde possibilità senza neanche pensarci. Se e quando arriva a chiudere del tutto con una persona, non sta chiudendo il suo cuore e la sua compassione, sta solo chiudendo la manifestazione esterna del suo amore, perché risulta controproducente. Tutto questo avviene intuitivamente e senza scelta. Avviene inoltre senza dubbi o pentimenti perché, in quel caso, è evidente che la persona in questione ha più possibilità di imparare col dolore della perdita che con la manifestazione aperta del suo amore. Il perdono non deve mai abbandonare i nostri cuori ma può manifestarsi o non manifestarsi esternamente.
Nella trascendenza, oltre alle risposte intelligenti e libere da condizionamenti, si verifica una vera e propria trasmutazione energetica. Ciò che interviene, in questo caso, non è più solo creativo, è creazione stessa. Si comincia, allora, ad essere testimoni di piccoli e grandi miracoli quotidiani. E vi assicuro che, se avete qualche hater incallito, comincerà a chiedersi come fate ad evitare gli ostacoli e a tramutare le loro vendette in benedizioni. Loro ancora non sanno che essere buoni conviene e questa lezione gliela può impartire solo un buono forte ed integro, saldo nella consapevolezza e dedito alla trascendenza. 
La spiritualità dona una forza divina e non una bontà debole.
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micro961 · 4 months ago
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Viola Thian - Il singolo “CATTIVAMOONLIGHT”
Il brano tratta della fine di una storia d’amore e i sentimenti contrastanti che si porta dietro
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La cantautrice Viola Thian pubblica sui principali stores digitali, nel mese di giugno del 2024, il nuovo brano “CATTIVAMOONLIGHT”, disponibile dal 6 novembre 2024 anche nelle radio in promozione nazionale. Il singolo è stato prodotto da Marco Iodice di SightMusic Production e inaugura la nuova era musicale dell’artista marchigiana. “CATTIVAMOONLIGHT” racconta la fine di una storia d’amore e delle sue conseguenze, che continuano a tormentare il presente. Non è mai facile accettare un distacco sentimentale: si tendono a dimenticare le sofferenze, cancellarle, a favore del ricordo dei momenti più belli e profondi. Nel brano, si parla proprio di questo: la voglia di scappare e, allo stesso tempo, quella di rimanere ancorati alla nostalgia del passato, creando un mix tra il romanticismo e le sonorità pop moderne.
Ascolta il brano
Storia dell’artista
Viola Thian inizia a studiare musica a 16 anni. Nel 2017, esce "Ti Amerò Per Sempre", scritto da Valeria Vaglio, cantautrice e concorrente del Festival di Sanremo nel 2008. Viola è poi ospite del tour estivo di Luca Barbarossa a Senigallia, Civitanova e Pineto. Nel 2018, esce “La Paura Di Affogare”; il singolo è seguito dall’uscita del primo EP “Sottozero”, una raccolta di 7 tracce scritte in collaborazione con il produttore Emilio Munda, autore e produttore per Sugar Music. Nel corso degli anni 2018 e 2019, Viola è protagonista dello spettacolo teatrale "Incontro Con…", che ospita alcuni tra i più grandi cantautori italiani nei teatri d'Italia per un incontro tra musica e parole. Tra gli ospiti dello spettacolo: Bungaro, Mario Venuti e Giovanni Baglioni. Il 2019 si rivela essere uno dei più importanti e formativi, la cantautrice apre infatti il concerto di Anastacia a Comacchio e tiene il primo concerto solista nella sua città: Fano, nella cornice suggestiva della storica Rocca Malatestiana, accompagnata da una formazione di talento e tutta al femminile. Nel 2022, esce “Canzoni per l’immEnzo Jannacci”, una raccolta di brani dedicati al grande Enzo Jannacci, alla quale Viola partecipa scrivendo e producendo, con Silvia Wakte (chitarrista), il brano “Solo un’ora”. Tra gli interpreti ed autori della raccolta: Fabio Concato, Enzo Iacchetti e Rosalia De Souza. Il 2022 e il 2023 sono gli anni della rinascita post-pandemia, durante i quali Viola lavora alla nuova musica che vede luce nel 2024, con l’uscita di CATTIVAMOONLIGHT.
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claudio1959 · 5 months ago
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ex Allievi in evidenza: ROMA. INTERVISTA AL COMANDANTE GENERALE DELL'ARMA DEI CARABINIERI GENERALE DI CORPO D’ARMATA TEO LUZI
«Gli stranieri nati qui? Italiani.
Ci vuole la legge sulla cittadinanza»
(articolo di Goffredo Buccini su Corriere. it)
Luzi, comandante generale dei Carabinieri: «La norma del ’92 è obsoleta»
Una legge sulla cittadinanza «non più aderente al cambiamento che c’è stato» e, dunque, da ripensare ex novo nel senso dell’integrazione.
Periferie dove non basta la risposta securitaria,
«perché servono scuole, decoro urbano, qualità di vita dei quartieri».
Un Paese stressato da Covid e guerre, «due macigni».
Arrivato alla guida dei carabinieri a metà gennaio 2021, Teo Luzi è prossimo al passo d’addio (andrà via a novembre).
E lascia con la stessa attenzione al sociale che l’ha accompagnato in quasi quattro anni da comandante generale dell’Arma.
Com’è l’Italia oggi?
«Dovessi indicarle il sentimento prevalente tra i nostri compatrioti, direi: la preoccupazione.
Che sfocia in tensioni, litigiosità… nei condomini, tra i banchi, sul lavoro. Nelle nostre sale operative si riversano episodi talvolta inspiegabili».
Parlando l’altro giorno ai suoi cadetti dell’Accademia di Modena ha proposto loro un antidoto: l’ALTRUISMO. Parola desueta.
«Questo è un mondo sempre più egoista, è vero.
Ma ai ragazzi ho parlato di assistenza reciproca, anche nelle piccole difficoltà quotidiane.
La capacità di ascolto dei carabinieri è una forma di altruismo».
Ed è uno strumento di lavoro per non perdere di vista uno snodo decisivo della nostra convivenza democratica: le periferie.
I problemi di sistema in Germania e Francia lo dimostrano.
È così anche per l’Italia?
«Assolutamente sì.
Le periferie sono un vulnus nell’equilibrio sociale delle democrazie occidentali, bisogna garantire a chi ci vive la stessa qualità di vita di chi abita altrove. Sono aree che in Italia richiedono molta attenzione.
Ma in Francia ne richiedono ancor di più: da noi non esistono banlieue dove le forze di polizia non possono entrare.
Tanto è stato fatto.
Ma molto ancora c’è da fare per rimuovere ostacoli che danno l’idea di vivere in serie B».
Quali ostacoli ad esempio?
«Penso alla qualità dell’istruzione. Alle strutture sportive. Alle strade e alle piazze. Penso a Caivano…».
Ci sarei arrivato. Sia sincero: è tutta realtà o anche spot?
«Sono stati fatti passi importanti, a 360 gradi.
E non è solo un problema di polizia ma di socialità complessiva.
L’Arma si è impegnata prima che arrivasse l’attenzione mediatica su Caivano.
La Compagnia lì è nata nel 2021, voluta dall’allora ministro Lamorgese.
Si è lavorato sulle scuole, anche in sinergia con noi.
Non è un’isola felice, certo.
Ma la qualità di vita è assimilabile al resto del territorio nazionale.
E il modello Caivano va esportato in altre aree».
Quali sono quelle che vi preoccupano di più e su cui state intervenendo?
«A mente, Palermo, lo Zen: dove siamo riusciti a far accettare la stazione dei carabinieri nel quartiere, cosa non banale.
I nostri lì fanno attività sociale: un tempo io allo Zen non potevo entrare.
Bari, San Paolo. Librino a Catania. A Nord, Genova, il quartiere di Diamante. Pilastro a Bologna.
Poi Cagliari Sant’Elia.
Tor Bella Monaca a Roma.
Lì abbiamo lavorato molto sulle occupazioni abusive.
È un tema fondamentale».
La casa contesa tra ultimi e penultimi.
«Parliamo di migliaia di case occupate abusivamente, lo Stato non mette abbastanza attenzione al tema.
Dietro un’occupazione c’è chi gestisce, si alimenta la criminalità territoriale.
Serve una politica più concreta».
Però ora il governo ha sterzato,
si colpiscono più duramente le occupazioni.
«E io sono assolutamente d’accordo.
Poi capisco che servono anche soluzioni, ma quando questa soluzione è abusiva è il peggio: alimenta il distacco della percezione pubblica rispetto allo Stato».
A Casal di Principe, terra che davamo per bonificata, ci sono state due «stese» a poche ore dalle elezioni di giugno: rischiamo di tornare indietro in territori che pensavamo recuperati allo Stato?
«Io sono un po’ più ottimista.
Ora lo Stato ha il controllo.
Resta latente una forma, diciamo, culturale della criminalità, le “stese” sono messaggi criminali. Non siamo però agli anni Ottanta. E comunque quando lei parla di condizionamenti, bisogna pensare anche al Nord».
È, per dirla con Sciascia, la risalita della linea della palma?
«Beh, la criminalità organizzata rispetto alla politica locale si sente, hanno sciolto Comuni per infiltrazioni mafiose anche al Nord.
Lì lavorano con un profilo economico-politico».
E allora da dove viene l’ottimismo?
«Abbiamo un quadro normativo avanzato.
Una grande sensibilità della magistratura.
Pochi Paesi al mondo, oggi, possono affrontare la criminalità organizzata come possiamo fare noi.
L’arma del sequestro preventivo è fondamentale».
Non è il massimo del garantismo.
«Beh, se i beni provengono dal crimine e lo si dimostra con le indagini…».
La questione migratoria e la questione sociale delle periferie quanto si sovrappongono?
«Tanto. Le tensioni nelle periferie non sono risolte.
Ci sono aspetti culturali, criminalità etnica.
La nostra interposizione abbassa la conflittualità che però rimane latente. E c’è un altro tema…».
Dica.
«Quello degli italiani con genitori stranieri, le seconde generazioni.
È emerso specie al Nord, in maniera non virulenta come in Francia: ma è una questione su cui bisogna aprire una riflessione».
Cioè?
«Bisogna favorire quanto più possibile l’integrazione.
SONO ITALIANI ».
Favorirla con la cittadinanza?
«SONO ITALIANI.
Nelle periferie l’integrazione deve essere la regola.
Non la fanno le forze di polizia.
Si fa con la scuola, l’avviamento al lavoro».
Semplificando: se sono nato in Italia, faccio un certo numero di anni di scuola, devo averla o no la cittadinanza?
«Tutti i maggiori Paesi in Europa hanno un meccanismo di integrazione e anche l’Italia deve averlo.
Quale sia, lo decida la politica.
Ma il meccanismo di integrazione, con equilibrio politico, va trovato: si guardi alla Germania, alla Francia, all’Inghilterra».
Ma qui non c’è.
«Non c’è la legge.
Ci vuole una legge.
Tocca al Parlamento sovrano».
Per dirla chiara: la legge che oggi c’è, quella del 1992, è obsoleta?
«Non rispecchia più il cambiamento che c’è stato.
Poi come debba essere la nuova, per tutelare la cultura italiana, tocca alla politica dirlo.
La contrapposizione non porta da nessuna parte.
Io personalmente sono molto aperto: occorre una normativa più moderna».
Quest’Italia è travagliata anche da gravi rigurgiti di antisemitismo.
È una questione di sicurezza nazionale?
«Lo è. Si batte su un piano culturale. E non lasciando sole le comunità ebraiche.
Un nostro generale, Angelosanto, è commissario del governo contro questo fenomeno».
I nostri anziani sono l’anello più debole della società.
«Sì, sono molto più vulnerabili, più soli.
E quindi sono il bersaglio dei truffatori.
Per l’anziano essere truffato è un trauma vero, dà un senso di vergogna, di fine.
Così abbiamo messo su col Viminale una campagna d’informazione.
Alla messa domenicale, nelle scuole per arrivare ai nonni, sui media.
Anche Lino Banfi ci ha aiutato.
Lui è per tutti il nonno d’Italia»... ben fatto ⭐️🇮🇹 #UnaAcies
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cuor-trasparente · 8 months ago
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Che tristezza.
A tavola siamo in quattro, pronti a bere. C’è distacco e lo sento. Parole vuote, non si parla di niente davvero.
Intrattengo la conversazione nonostante non mi interessi parlare di altri, ma l’alternativa è stare in silenzio e si sarebbe percepito il mio non intervenire, forse.
La sensazione di essere di troppo, il linguaggio del corpo della persona seduta al mio fianco che sembrava proprio non vedesse l’ora che mi alzassi.
Forse loro si assomigliano e io sto prendendo colori e forme diverse, forse non sono più le mie persone?
Continuo a tenermi stretta l’idea pura di quella persona, ma più passa il tempo e più mi delude.
È diversa, non si accorge ma è anche giudicante, mi scoccia vedere come sminuisce le cose che fanno gli altri, dalle più grandi alle più piccole. Io non sono così, io ho bisogno di persone che vedono quello che fanno le altre persone e che ci diano valore, cazzo.
Vorrei semplicemente tornare alla sensazione di casa che avevo quando ero in sua compagnia, mi sembra solo un ricordo lontanissimo. Quelli sguardi di complicità da “io e te e poi gli altri” non ci sono più, dovrei rassegnarmi al fatto che lei è cambiata, probabilmente anche io. E se lei non ha il desiderio di ricercare quella sensazione come me, che sto provando a fare da mesi, forse dovrei rassegnarmi. Il bene e l’affetto, quelli rimangono. L’impegnarsi veramente per stare assieme e sentirsi assieme non ci sono più. A volte mi chiedo se fossi la sua priorità solo perché non c’erano altre persone. Mi ripeto all’infinito che non è così, perché da un lato non voglio crederci e dall’altro mi farebbe troppo male. Voglio conservare i ricordi degli anni scorsi con cura.
Non si parla di niente, la sensazione è di niente.
Sento che è un periodo di transizione, e ripeto, magari sto prendendo forme e colori diversi, crescendo a maturando in modo diverso.
Peró fa male. Le persone le perdi nel corso degli anni, ed è più che normale, solo che non riesco ancora ad accettare che ho perso uno dei rapporti più importanti. Devo accettare che ormai è così e tenermi il bello, sapendo che è semplicemente cambiato il nostro rapporto, è diverso. Posso imparare a prendermi il bello di quello che c’è e basta.
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thoughtsofnight · 1 year ago
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Pensavo di avercela fatta, dopo tanto e tanto tempo. Pensavo che il mio momento di essere felice fosse arrivato. Pensavo di aver trovato la mia persona. Dopo mesi, anni, persone e delusioni, credevo fermamente di aver trovato qualcuno per cui valesse la pena impegnarsi, qualcuno che mi fa stare bene, qualcuno a cui donare la parte migliore di me. Sembrava un sogno, dopo tutto questo tempo a vedere solo difetti nelle persone. E mi sono illusa che potesse funzionare, che avrebbe cambiato idea sulla distanza, che la nostra voglia di viverci ogni giorno ancora per tanto tempo sarebbe bastata. Ma appunto, mi sono illusa. Ma ho aperto gli occhi. Non è finita, ma finirà. Non siamo distanti, ma lo saremo. E io devo accettarlo, accettare la situazioni e la sofferenza. Perché ormai è tardi per tornare indietro. Ma non posso continuare a dare a lui tutto il mio tempo e le mie energie, perché è tempo perso (anche se vissuto al massimo).
Vorrei poter dire che mi sono messa il cuore in pace, che non mi farò più prendere dalle emozioni e gestirò la situazione con freddezza e distacco, le caratteristiche tipiche della me degli ultimi tempi. Ma la verità è che continuerò a farmi del male, continuerò a vivere e a donargli la maggior parte dei sorrisi della giornata, perché dopo tempo che non mi sentivo così, non riesco a rinunciare a questo benessere. Anche se momentaneo, anche se lascia il posto alla sofferenza ogni volta che lui va via.
Vorrei avere la forza di dire basta e mettere un punto, ma ogni volta che ci provo penso al suo sorriso e mi perdo tra il bisogno di un suo abbraccio e la voglia di vivermela ancora e ancora finché non sarà troppo tardi.
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mindfulness75 · 1 year ago
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PERCHÈ È DIFFICILE LASCIAR ANDARE LE PERSONE❓
SCOPRI COSA COMPORTA IL LASCIAR ANDARE I LEGAMI PERSONALI
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Spesso ci troviamo in relazioni che, col passare del tempo, perdono il loro fulgore e sarebbe opportuno chiuderle definitivamente. Questi sono quei legami in cui qualcosa si è spezzato ma che, per qualche motivo, non riusciamo a lasciar andare. La verità è che separarci da persone a cui siamo legati non è mai facile. Perché❓Esaminiamo più da vicino questa sfida.
Quando il distacco diventa difficile
Ogni rapporto, sia esso amicizia o amore, contribuisce alla nostra crescita personale. Tuttavia, quando invece di arricchire la nostra vita, una persona inizia a toglierci felicità, è giunto il momento di valutare il legame. Perché, nonostante questa evidenza, spesso ci ostiniamo a mantenere legami che ci danneggiano❓
La paura di perdere
La paura della perdita è uno dei sentimenti più dolorosi che possiamo sperimentare, e talvolta preferiamo soffrire piuttosto che affrontarla. Questa paura è particolarmente intensa per coloro che non riescono a essere autosufficienti, coloro che dipendono dagli altri per sentirsi completi. Questo può derivare da esperienze passate di rapporti conflittuali o da una mancanza di amore e supporto durante l'infanzia.
L'importanza di lasciar andare
Lasciar andare qualcuno è una parte naturale della vita e può essere vista come una nuova opportunità piuttosto che come un fallimento. Non dobbiamo essere schiavi delle nostre emozioni negative o della paura della solitudine. Se qualcuno non contribuisce alla nostra felicità, dovremmo avere il coraggio di lasciarlo andare. Ricordiamo che siamo responsabili della nostra felicità e non dobbiamo mettere nelle mani degli altri il nostro benessere.
Consigli per affrontare il distacco
Per riuscire a lasciar andare, dobbiamo accettare che alcune persone entreranno e usciranno dalla nostra vita, e che possiamo prosperare anche senza di loro. Dobbiamo smettere di sentirci in colpa e prendere coscienza delle nostre insicurezze profonde. Un percorso con un professionista può essere utile per scoprire e affrontare queste paure.
La vita è troppo breve per essere vissuta con tristezza. Prendiamoci cura di noi stessi e circondiamoci di persone che ci amano davvero e ci fanno stare bene. Lasciamo andare il resto.
Scopri come affrontare la difficile arte di lasciar andare e creare spazio per una vita più felice e appagante. Libera te stesso dalle relazioni tossiche e abbraccia un futuro luminoso. Contattami per iniziare il tuo viaggio verso la libertà emotiva e la serenità.
Tito Bisson
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