#partito personale
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" Avevamo visto insieme i risultati delle elezioni; eravamo in una casa con un salone molto grande, mangiavamo e bevevamo, eravamo chiassosi, e poi all'improvviso era calato un silenzio molto serio, preoccupatissimo, complicato. Scuotevamo la testa, ma non avevamo il coraggio di dire nulla. E vero che i sondaggi avevano suggerito di stare all'erta, ma ciò che stava accadendo sembrava impossibile a noi che eravamo l'Italia civile e moderna. Ogni tanto, se appariva uno di quelli che avevamo votato, qualcuno urlava un insulto - qualcosa di generico contro la sinistra; era un urlo stonato, in mezzo al silenzio, e veniva accolto con altro silenzio. E allora questa ragazza, che era seduta per terra davanti alla tv, si voltò solo un attimo per afferrare il suo bicchiere di vino rosso, poi disse: «Va bene, che sarà mai, Berlusconi ha vinto le elezioni e governerà, cosa può succedere?»
Quella frase ruppe il tappo del silenzio. Le si scagliarono tutti contro, dicendo che forse non si rendeva conto, elencando cosa aveva fatto Berlusconi fino a quel momento, come si era procurato i soldi, in quali rapporti era stato con Craxi. Il baratro che ci aspettava. E molti dicevano soltanto questa frase, come un mantra: dobbiamo andare via dall'Italia. Cosa ci sarebbe capitato, da quel giorno in poi, non si poteva nemmeno immaginare. Dovevamo andare a vivere in un altro Paese, più civile, più vicino a noi, perché l'Italia era caduta nelle mani di esseri umani che non sapevamo nemmeno che esistessero. Io non dicevo nulla, però continuavo a guardare quella ragazza che ascoltava tutti, diceva si lo so però dai, che sarà mai, e continuava piuttosto serenamente a sorseggiare il suo vino. L'unica impressione che dava era che quel vino le piacesse. Non so perché, e non importa, ma mi si piantarono dentro due sensazioni precise: una maggiore tranquillità verso quello che era appena accaduto, e un innamoramento diverso da tutti quelli che avevo avuto finora; non chiassoso, solido. "
Francesco Piccolo, Il desiderio di essere come tutti, Einaudi (collana Super ET), 2017 [1ª ed.ne 2013]; pp. 163-164.
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Sanità pubblica in crisi: mobilitazione del PD a Casale Monferrato. Presidio davanti all’Ospedale Santo Spirito per difendere il diritto alla salute
Il Partito Democratico di Casale Monferrato organizza una mobilitazione per sabato 30 novembre 2024, dalle ore 9:30 alle 13:00, davanti all’Ospedale Santo Spirito.
Il Partito Democratico di Casale Monferrato organizza una mobilitazione per sabato 30 novembre 2024, dalle ore 9:30 alle 13:00, davanti all’Ospedale Santo Spirito. L’iniziativa nasce per sensibilizzare la cittadinanza sull’importanza di difendere e rafforzare la sanità pubblica, un pilastro fondamentale per garantire equità e giustizia sociale, come stabilito dalla Costituzione italiana. Una…
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PRIMA PAGINA Secolo Italia di Oggi mercoledì, 06 novembre 2024
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10 MOTIVI PER CUI L'OMS VA FERMATA
1) L'OMS non serve A NULLA. Aveva un senso nel 1948 quando le informazioni sulle epidemie arrivavano con il telegrafo. Ora siamo in infodemia. Durante il covid l'OMS non ha fornito una singola informazione utile. Se non serve a quello evidentemente la sua reale funzione ora è un'altra.
2) L'OMS per pagare le sue ENORMI spese è in modo sostanziale pagata da privati. Tra essi i principali contributori sono la Bill Gates foundation, case farmaceutiche e associazioni pro diffusione vaccini, a loro volta pagate dai medesimi, come GAVI alliance.
3) A Maggio l'OMS cercherà di forzare tutti gli stati membri a firmare il cosiddetto "Trattato pandemico", una specie di MES DELLA MALATTIA, che garantirà ampi poteri all'organizzazione.
4) Se non riuscirà a compiere la forzatura del trattato pandemico, l'OMS tenterà di introdurre le stesse cessioni di sovranità via cambiamenti del "Regolamento Sanitario Internazionale", introdotto anni fa e già in vigore.
5) Un terzo del bilancio dell'OMS, oltre un miliardo di dollari, va negli stipendi del personale OMS sparso in sedi faraoniche in tutto il mondo. Lo stipendio MEDIO di chi lavora all'OMS, compresi i fattorini, è 120mila euro COMPLETAMENTE ESENTASSE.
6) Un altro terzo abbondante del bilancio OMS va in consulenze, strumento del tutto opaco per pagare a discrezione persone e organizzazioni in tutto il mondo.
7) La spesa in viaggi in giro per il mondo a carico dell'OMS è 160 milioni. I benefit futuri del personale sono un valore non desumibile dal bilancio, però la semplice oscillazione attuariale indica una cifra enorme.
8) La spesa TOTALE OMS per medicine e apparecchiature mediche in Africa è di soli 45 milioni. Tutta questa organizzazione enorme per una cifra minore del bilancio del comune di Urbino? Meno dei semplici costi di viaggio allocati a OMS Africa (53 milioni).
9) Il direttore OMS, l'Etiope di un partito comunista nazionalista, Tedros Ghebreyesus, mentre era ministro della sanità in Etiopia ha intessuto relazioni con la fondazione Bill Gates venendo nominato nel board di GAVI, the vaccine alliance, finanziatori complessivamente dell'OMS per quasi un miliardo.
10) L'Italia contribuisce in modo diretto e indiretto allo stipendificio OMS per circa 100 milioni l'anno.
Sarebbe il caso di smettere di pagare questi signori, magari allocando la cifra al nostro sistema sanitario nazionale. E' poco ma servirà sicuramente di più rispetto a quanto serve buttarli nella fornace OMS. Nel frattempo si deve ASSOLUTAMENTE non firmare il trattato pandemico e rifiutare ogni cambiamento al regolamento sanitario internazionale. Ho già provveduto insieme ad altri amici di maggioranza ad allertare il Governo per evitare il rischio di arrivare impreparati alla scadenza.
Fonti: Bilancio OMS:
https://who.int/publications/i/item/A76-17… Bozza testo trattato pandemico
https://apps.who.int/gb/inb/pdf_files/inb4/A_INB4_3-en.pdf… Alcune delle modifiche proposte al Regolamento Sanitario Internazionale
https://apps.who.int/gb/wgihr/pdf_files/wgihr1/WGIHR_Compilation-en.pdf… Un articolo ben scritto sui finanziatori OMS
https://ilbolive.unipd.it/it/news/chi-finanzia-lorganizzazione-mondiale-sanita… Un'intervista su OMS del celebre chirurgo Roy de Vita. Primario dell'Istituto dei tumori "Regina Elena" di Roma.
https://ilgiornale.it/news/politica/giusto-tagliare-i-finanziamenti-alloms-pi-utile-sostenere-i-2275818.html… Un'inchiesta di "Politico" sull'influenza di Bill Gates su OMS e risposta internazionale al covid.
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Storia di Musica #335 - The Clash, Sandinista!, 1980
Il punto esclamativo finale di questa piccola carrellata tra i dischi che lo hanno nel titolo arriva ad uno dei più famosi dischi degli anni ’80. Protagonista una band che nasce dal calderone del punk britannico della seconda metà degli anni ’70, ma che grazie ad un percorso per molti versi unico e virtuoso, è arrivata ad essere, giustamente, considerata come una delle più importanti rock band d tutti i tempi. Joe Strummer è figlio di un alto funzionario del Ministero degli Esteri Britannico, tanto che nasce in Turchia nel 1952. Quando ha 20 anni, fonda un gruppo, i 101’ers con Clive Tiperlee e Richard Dudanski. Suonano con discreto successo nei pub londinesi e registrano persino qualche canzone. Nel loro giro c’era un altro gruppo, I London SS, che erano noti poiché non suonavano quasi mai con la stessa formazione, in una sorta di gruppo aperto: tra coloro che più spesso ne facevano parte c’erano Mick Jones, Paul Simonon, Tory Crimes e Nicky “Topper” Headon. I primi tre si uniscono a Strummer e per qualche mese al chitarrista Keith Levine (che suonerà pochi anno dopo nei PIL di Johnny Rotten) e fondano un proprio gruppo, che prima si chiama Heartdrops, e poi The Clash. La prima, storica, esibizione è allo Screen On The Green di Islington, il 26 Agosto 1976. Inizia qui la loro storia: agli esordi sono una delle punte di diamante del punk di quegli anni, espressione più matura e politicamente sensibile del periodo storico economico di quei tempi. Ne è esempio il primo grande successo, White Riot, uscito nel Marzo 1977, ispirato agli scontri tra polizia e giovani neri al carnevale di Notting Hill nel 1976. Sono il punto di incontro della visione politica più matura e curiosa, lontano dall’anarchismo furbetto dei Sex Pistols o dall’apatia politica disinteressata dei Damned. Il loro esordio discografico è fragoroso: The Clash esce nell’anno Uno del Punk Britannico, il 1977, e piazza canzoni mito come I Fought The Law e (White Man) In Hammersmith Palais, unendo i ruvidi stilemi del punk a ritmi giamaicani del dub e del reggae. Il successo li carica, e il successo lavoro è leggenda: London Calling (1979) è il primo disco in studio cui Topper Headon prende posto dietro i piatti della batteria (dopo aver suonato già nel tour post primo disco), ma soprattutto è il racconto del rapporto odio-amore con gli Stati Uniti, fonte delle musiche vitali per loro stessi ma anche dell’ipocrisia, dei complotti. È un doppio disco che mostra la personale e infinita voglia di contaminare la musica di suoni e colori differenti: album pietra miliare per le musiche (l’incandescente title track), i temi (la violenza urbana di Guns Of Brixton, il terrorismo basco di Spanish Bombs), la copertina (che riprende la grafica dei primi dischi di Elvis con la foto di Simenon che distrugge il basso sul palco).
L’idea successiva, dopo un tour che li portò in mezzo mondo a suonare e una ormai consolidata fama di band impegnata, era piuttosto bizzarra: dopo aver imposto alla CBS il prezzo politico per London Calling di disco singolo pur essendo doppio, la band progettò la pubblicazione di 12 singolo uno per mese. Negata l’idea, ottenne di poter registrare per una settimana i mitici Electric Ladyland Studios di New York. Registrano di tutto, e tornano con una montagna di materiale a Londra. Inclusi vari remix dub di idee e canzoni. Mettono un po’ a posto tutto, e decidono di pubblicare tutto quello che avevano registrato, 36 canzoni, un triplo disco. La CBS non vorrebbe pubblicarlo, poi si accorda con la band: se volete anche stavolta il prezzo “politico imposto” dovete rinunciare ai diritti per le prime 200 mila copie. La band accettò.
Sandinista! è un omaggio al Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, un movimento rivoluzionario e partito politico nicaraguense protagonista nel 1979 del crollo del regime dittatoriale di Anastasio Somoza Debayle: deve il suo nome all’ispirarsi alle teorie di Augusto César Sandino, rivoluzionario nicaraguense, nonché uno dei conduttori della resistenza rivoluzionaria alla presenza militare statunitense in Nicaragua tra il 1927 e il 1933. Tra l’altro leggenda vuole che Margareth Thatcher odiasse profondamente il termine e avesse avuto l’idea di proibirlo in Gran Bretagna. Il disco allarga a dismisura l’osservazione del mondo, proprio perché, e le interviste dopo la pubblicazione lo confermeranno, i concerti li avevano portati dove non erano mai stati, potendo così vedere quello che non avevano mai visto. La musica non è mai stata così piena di influenze, di idee, tanto che i fan della prima ora lo criticarono aspramente, accusandolo di aver perso tutta la spontanea violenza del punk. Ma a ben vedere, i nostri non hanno affatto perso lo sguardo critico e potente sulle cose, lo hanno solo voluto esprimere in modi diversi. Bastano i 6 monumentali, e storici, minuti di The Magnificent Seven per spiegare tutto: primo brano di rap bianco, Mick Jones a New York rimase ipnotizzato dai primi lavori della Sugarhill Gang e dei Grandmaster Flash & The Furious Five, è il viaggio nella testa di un operaio che si alza alle sette di mattina per andare al lavoro, che lavora per comprare regali alla sua fidanzata, ma che è anche un grande affondo alla realta del consumismo contemporaneo. Hitsville Uk è un brano che sa di gospel e di soul (il titolo è un omaggio alla Motown). C’è il Blues di Junco Partner e la sua versione dub in Version Pardner. Ivan Meets G.I. Joe è la cronaca surreale dell'incontro-scontro a ritmo di disco music tra un soldato americano e uno sovietico su una pista da ballo, in un tripudio di suoni da videogioco. The Call Up si apre con i cori dei Marines statunitensi, perché la chiamata del titolo è proprio un riferimento al servizio militare, dato che nel 1980 il Congresso ripristinò l'obbligo per gli uomini di età compresa tra 18 e 25 anni di registrarsi al Selective Service System. C’è persino un valzer, Rebel Waltz, Charlie Don't Surf è tratto da una celebre battuta del film Apocalypse Now, Police On My Back, divenuta famosissima, è una cover di un vecchio brano di Eddy Grant contro il regime dell'apartheid in Sudafrica. Il tutto con remix, versioni dub, riferimenti alle rivoluzioni in America Latina, perfino la voce di una bimba, Maria, figlia di Mick Gallagher che dà una bella mano a suonare nel disco, che canta in modo stentato alcune strofe di Guns of Brixton accompagnata al pianoforte dal padre.
Ridondante, eccessivo, imperfetto, eppure spargerà fertilità ovunque e per decenni. Ricordo un ultima curiosità: non si sa se per caso o perché i Clash lo imposero, ma il numero di catalogo del triplo era 'FSLN1', stesso acronimo di Frente Sandinista de Liberación Nacional. Un ultimo riferimento magico ad un disco leggendario.
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Agadir
"Te le vorrei scrivere addosso, sulla schiena, sul culo, intorno ai seni, lungo i fianchi, tutte quelle parole che non riesco a dirti quando mi stai davanti." (Luigi Mancini)
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Dopo aver passato un brutto periodo con parte del personale in cassa integrazione e altri di noi invece in alternativa obbligati a fare lavoro part-time, grazie a un notevole sforzo collettivo comune, a scelte sagge e lungimiranti dell’Amministratore Delegato e della Direzione Generale, la nostra piccola azienda, formata da circa trecento unità in tutto, negli ultimi anni ha ripreso decisamente quota.
La primavera di quattro anni fa, a revisione dei conti e del bilancio avvenuta, s’è visto che eravamo passati finalmente in attivo e anche di molto. Quindi sarebbe presto partito un piano di espansione. Hanno comunicato che avrebbero assunto altro personale, aperto delle filiali all’estero e ci sarebbero state comunque nuove prospettive per tutti. Personalmente io ho la fortuna di lavorare da sempre con Carlo: uno dei dirigenti più quotati e professionalmente proattivi e produttivi.
Mi ha assunta lui quindici anni fa e mi ha fatta crescere molto, professionalmente e umanamente. Per dare un’ulteriore motivazione al personale, con l’estate a seguire a tutti noi fu corrisposta una corposa gratifica: un premio di produzione variabile tra tremila e seimila euro, a seconda dell’inquadramento nella scala organizzativa. Inoltre, una piccola rappresentanza aziendale di due o tre unità, tra manager e collaboratori per ogni ramo aziendale, diciotto persone in totale, fu spedita ad Agadir, Marocco.
Motivazione: workshop d'aggiornamento su nuovi prodotti e tecniche di vendita innovative. Il luogo fu scelto scelto apposta dalla DG per spronare, motivare e ovviamente premiare. Al mio capo, incluso anche lui nel gruppetto, fu chiesto di selezionare una persona di sua fiducia e lui scelse me. Non stavo nella pelle. Due settimane di corso, con impegno limitato al solo mattino e dopo pranzo mare, sole e riposo. Incredibile! E poi con Carlo: il mio mentore, una pasta d’uomo!
Ne avevo proprio bisogno. Anche perché mio marito Raimondo e i suoi colleghi, nel loro posto di lavoro in pericolo da anni, nel tempo hanno dovuto subire dapprima tagli dolorosi e alla fine una cassa integrazione a termine, conclusasi con la perdita definitiva del posto. Era quindi di fatto confinato in casa da diversi mesi. Sempre di umore nero e nervosissimo. Spediva curriculum a destra e a manca, ma senza risultato. C’era sempre tensione, grazie ai soldi che scarseggiavano.
Suoi lavoretti qui e là, ogni tanto lo facevano tornare orgoglioso e sorridente. Per qualche ora. Logicamente facevamo economia su tutto: si spaccava il centesimo. Più nessuna tenerezza tra coniugi. Sesso praticamente azzerato. Fine di ogni suo tentativo di seduzione nei miei confronti. I suoi approcci erano infatti conditi solo di sarcasmo e si finiva sempre col discutere. Masticavo amaro. La sua cattiveria, la frustrazione quotidiana veniva a sera regolarmente sfogata su di me. La mia femminilità era sempre e regolarmente mortificata.
Comunque, almeno in ufficio raccattavo ancora qualche sorriso o complimento e quando succedeva era acqua fresca versata su un cuore femminile inaridito e assetato di apprezzamento. Però a settembre dello stesso anno… il corso d'aggiornamento in Marocco! Che bello: viaggio in aereo, sistemazione mia e di Carlo in camere attigue e finalmente uno stacco totale dall’atmosfera familiare più cupa mai sperimentata in oltre dieci anni di matrimonio.
A mio figlio e alla casa per quindici giorni avrebbe pensato Raimondo. Tutta la prima settimana fu un vero sogno, persino troppo bello per essere vero. Con il mio capo, al mattino si seguiva con scrupolo il corso, si prendevano appunti. Poi pranzavamo e al pomeriggio correvamo immediatamente a rosolarci al sole rovente del Marocco. In spiaggia si scherzava, si nuotava, si andava al largo in barca. Immersioni in un mare blu e pieno di pesci multicolore. Un vero sogno. Finalmente da Carlo era uscito fuori il suo lato più umano, allegro e gentile. Lo stimavo e lo apprezzavo, sebbene avesse circa vent’anni più di me. E poi era un bel fusto, oggettivamente.
In segreto avrei desiderato mille volte di più avere lui come marito, invece di quel musone che mi stava ormai esasperando l’esistenza. Ma la realtà è quella che è. Intanto mi godevo lo stacco. Al venerdì sera della prima settimana, dopo cena, esausta me ne tornai in camera. Verso le dieci già dormivo, ma Carlo bussò. Insolito: non s’era mai permesso. Pensai: “avrà bisogno di un’Aspirina o di ago e filo” ma come entrò già mi sentii inquieta. Infatti indossava l'accappatoio. Era anche un po’ brillo. Si sedette sul bordo del letto e mi confessò che s’era separato dalla moglie da circa cinque mesi.
Non l’aveva mai detto a nessuno e non voleva si sapesse in giro. Ma che comunque lui aveva le sue esigenze di uomo, che si facevano ogni giorno più pressanti. Il cuore mi batteva forte: ero terrorizzata e non sapevo cosa fare. Non volevo ferirlo, chiedendogli di uscire fuori, magari fraintendendo ciò che stava cercando di dirmi. Ascoltavo lo sviluppo del suo discorso. La mia bocca era asciutta. Continuò dicendomi che sapevo bene quanto m’avesse aiutata negli anni, che lui era a conoscenza delle difficoltà sia economiche che coniugali che stavo affrontando e che quindi potevamo forse aiutarci a vicenda con reciproco vantaggio. Stava arrivando al nocciolo…
Mi confessò che dal primo pomeriggio di lunedì, giorno in cui mi aveva vista in bikini al mare, era rimasto fortemente colpito dalla mia bellezza folgorante, dal profumo della mia pelle, e poi la mia bocca ormai lo ossessionava. Disse che se fossi stata generosa e aperta con lui mi avrebbe fatto salire entro l’anno di un livello categoriale, cosa che avrebbe comportato un aumento salariale in busta paga di oltre trecento euro lorde e l’anno dopo, se fosse stato contento della mia “fedeltà” m’avrebbe premiata con un corposo assegno mensile di “maggiori prestazioni.” Si trattava a suo dire di circa novecento euro lorde in totale!
Come finì di parlare s’alzò e aprì l’accappatoio. Mi venne vicino completamente nudo, mostrandomi la sua erezione totale. Era inequivocabile: mi voleva. Si sedette nuovamente sul bordo del letto e mi fece cenno di venire tra le sue cosce allargate e inginocchiarmi. Aggiunse che se mi fossi rifiutata ne avrei avuto tutto il diritto, per carità. Che lui non obbligava nessuno… ma che probabilmente, parlando molto chiaro, questo avrebbe segnato la fine della mia carriera e l’inclusione sicura in una lista nera di “sfaccendati” da liquidare alla prima occasione…
Non ebbi il coraggio di parlare e in silenzio obbedii. Ero incazzata nera, ma allo stesso tempo anche lusingata e onestamente confesso che un po' anche io lo desideravo. Mi inginocchiai, aprii la bocca e la feci riposare sul suo glande per circa trenta secondi, in cui cercai di trovare da qualche parte della saliva residua, per lavorarlo come si deve. Poi iniziai a succhiare e a farmelo entrare. Succhiavo sempre più forte. Lui inziò a gemere: “ooooh… femmina benedetta… finalmente… sapevo che avresti capito… brava, brava….” Erano secoli che mio marito non mi toccava. Anche se sotto ricatto, avevo proprio il bisogno fisico di succhiare un bel cazzo.
Mi ricordavo i “basics” e tra le lacrime, fra la gratitudine e la rabbia, rassegnata pian piano lo feci accomodare meglio che potevo nel mio cavo orofaringeo. Svolsi la pratica con competente e diligente freddezza, sebbene dentro bruciassi di rabbia e umiliazione. Venne in maniera esagerata: pretese che ingoiassi tutto. Fortunatamente era di sapore gradevole, al mio palato. Alla fine devo dire che… si: la sua sborra mi piaceva proprio! Saranno stati tutti i dolci che mangiavamo ogni giorno. Era molto che non stava con una donna, mi disse. Mi stese per terra a pancia in giù con un cuscino sotto il bacino, mi allargò le cosce e con fare deciso, senza delicatezze, mi penetrò la vulva. Serrai le mascelle mentre schiumavo rabbia. Ma pensavo all'aumento di stipendio. Entrò facendomi molto male, perché comunque non ero certo lubrificata e piena di libidine per lui.
Pian piano, purché finisse presto, mi adattai ai suoi movimenti e iniziai inevitabilmente a collaborare, ad agevolare la sua penetrazione. Involontariamente iniziai a godere di quel notevole uccello nella fica che pretendeva amore e prepotente accettazione. Venni da pazzi e mentre venivo gli accarezzai i testicoli dolcemente, inarcando la schiena per raggiungerli. Gli chiesi con voce flautata e dolce di spingere di più. A sentirmi ammansita e domata, Carlo intensificò le sue spinte e alla fine uscì dalla mia fica, inondandomi di sborra la schiena. Avevo goduto come una porca, con lui nudo sulla schiena e dentro di me! Incredibile! Ero incazzata nera ma anche sessualmente soddisfatta. Poi, con ovvio imbarazzo lui si alzò e indossò nuovamente l’accappatoio. A occhi bassi, senza guardarmi in viso, mi lasciò come una cosa buttata lì sul tappeto della stanza e se ne andò.
Piansi a dirotto: ero incazzata con me stessa e mi sentivo in colpa. Soprattutto perché non avevo saputo oppormi e poi perché m'era proprio piaciuto: sia nel prenderlo in bocca che mentre mi rompeva la fica: coi minuti che passavano, in entrambe le situazioni avevo provato puro godimento. Moltissimo. Mi ero sentita nuovamente desiderata, apprezzata come femmina fonte di piacere sessuale per un uomo e non sapevo più cosa fare, cosa pensare. Denunciare la cosa avrebbe fatto scoppiare uno scandalo, che di sicuro si sarebbe ripercosso negativamente su tutta l’azienda. Mi avrebbero odiata: per tutti sarei stata di sicuro io la puttana provocatrice. Avrebbe significato certamente perdere il mio lavoro a breve termine.
Tacere e adattarmi invece avrebbe comportato una mia totale sottomissione a Carlo, ma per la mia famiglia alla fine solo dei vantaggi. E del mio lavoro avevamo assoluto bisogno. Tra la rabbia e i dubbi, alla fine mi addormentai. Sognai che Carlo mi prendeva, ma nel sogno non ero imbarazzata, anzi: lo desideravo. Mi sorpresi nel mio dormiveglia tormentato a provocarlo con vestiti sexy e un atteggiamento civettuolo e malizioso, a volerlo dentro. E incredibilmente, pur standomene rilassata a letto, con la fica che mi bruciava ancora, sentivo fisicamente il mio ano contrarsi e desiderare il suo cazzo, in modo inequivocabile.
Verso l’una mi alzai, andai in bagno e pensando a lui mi infilai il manico della spazzola nel culo, mentre mi davo piacere da sola sgrillettandomi la fica. Mi accorsi mio malgrado che non pensavo ad altro che a Carlo! Ma finalmente mi placai e potetti dormire. Lo pensavo intensamente e lo desideravo, soprattutto in culo. Il mattino dopo era sabato; a colazione lui non scese. Me ne andai in spiaggia: neanche lì si fece vedere. Passai la mattinata cercando di essere il più normale possibile, ciarlando con i colleghi: spettegolai come al solito e presi il sole. A pranzo mangiai un’insalata e bevvi un’aranciata. Scambiai solo due chiacchiere rapide con i commensali e subito me ne tornai in camera.
Non riuscendo a riposare, per il nervosismo e l’eccitazione della novità, né a leggere qualcosa, mi risolsi verso le due ad andare a trovarlo in camera. Bussai e lui mi aprì, ancora in pigiama leggero di raso. Sempre restando a occhi bassi, iniziò dicendomi che si scusava tantissimo. Che l’alcool la sera prima gli aveva completamente offuscato la ragione e mi pregava di dimenticare tutto, se potevo. Si vergognava da morire e mi si inginocchiò davanti, abbracciandomi le gambe a occhi chiusi e inalando il profumo della mia pelle cosparsa di crema profumata. Mi stava adorando e si stava umiliando! Carlo: l’uomo più orgoglioso ma generoso, combattivo e a suo modo dolce e pieno di sé che abbia mai conosciuto, adesso era psicologicamente ai miei piedi! Finalmente!
Francamente, ero entrata per dirgliene comunque quattro e poi ero sicura che sarei andata avanti a braccio, a strillare che non poteva trattarmi così, che ero una persona piena di dignità, che avevo una famiglia e i miei diritti di donna. Però, lì per lì mi venne solo da accarezzargli la testa. Ero bellissima e fiera, in costume e pareo. Dopo le sue scuse quindi, mi venne spontaneo solo di girarmi e andarmene. Stava soffrendo ed era vero. Lo conoscevo bene, ormai. Però sul letto in camera mia mi sentivo inquieta: la mamma che era in me provava un assoluto e urgente bisogno di perdonarlo.
La femmina a digiuno da tempo di attenzioni invece era lusingata dal suo desiderio per il mio corpo e continuava a chiedere il suo sesso. Con insistenza. Non resistetti. Era ufficiale: lo volevo da impazzire. Tornai da lui. Mi guardò come se aspettasse una sentenza, ma io invece mi girai di schiena e mi tolsi il costume. Restando completamente nuda, mi inginocchiai spalle a terra e culo altissimo, cosce ben aperte. Gli dissi solo:
-sfondami il culo, Carlo. Sarò tua quando mi vorrai, d’ora in poi, se proprio mi desideri così tanto. Ma in segreto e con tutte le cautele del caso. E non dovrà mai saperlo nessuno. Chiaro?
Sorrideva e piangeva, mi disse solo:
-grazie, grazie, mio dolcissimo tesoro: vedrai, sarò un amante discreto e focoso. Ti piacerà e ne avrai solo grandi vantaggi… sai, ti desidero molto e…
ma io:
-basta chiacchiere: t’ho già perdonato e ti imploro solo di sfondarmi, dai che ti voglio…
Mi prese dolcemente. Fu un vero signore, stavolta. Si inginocchiò e mi ammirò a lungo. Sentivo che mi mangiava con gli occhi, nuda davanti a lui e desiderosa. Quindi iniziò. Dapprima mi inumidì, leccandomi per un po’ prima la fica e dopo molto a lungo il buco del culo. Era abbastanza chiaro cosa volesse provare, del mio corpo. Ero impaziente e glielo facevo capire, contraendo e rilassando l’ano di seguito. Non ne potevo più: lo volevo da morire. Gemevo.
Quando mi entrò in culo, esclamai un: “oooooh… finalmente, amore mio…” capii finalmente che lo avevo sempre segretamente amato e che ormai sarei stata la sua puttana felice da quel momento in poi. Mi cavalcò e mi sfondò per un sacco di tempo. Era contento come un bambino. Mi baciava la schiena, il collo, le spalle e continuava a ringraziarmi, a dirmi che ero una femmina bellissima, che il suo cazzo mi reclamava in segreto da sempre. Moltissimo.
Mi stuzzicava i capezzoli, tenendo le mani a coppa sul seno, intanto che mi cavalcava. Mentre lui si dava da fare, venni due volte di culo: non m’era mai successo prima. Poi con fermezza mi girò. Mi baciò con intensità. Era innamorato pazzo. Mi prese e portò sul letto, mi sdraiò sulla schiena. Mi scopò con amore e gioia reciproca. Aveva un ottimo arnese. Ed era inesauribile: aveva un uccello grosso e per giunta duro come il marmo, per essere un quasi sessantenne. Non sapendo se prendevo precauzioni, al momento opportuno lo tirò ancora una volta fuori e mi sborrò sul ventre e sulle tette una notevole quantità di seme.
Scoprii che anche questo suo gesto mi piaceva! Poi col glande prese a titillarmi i capezzoli. Con notevole e reciproca soddisfazione. Giocammo, scherzammo come dei ragazzini, ridemmo e parlammo. Gli dissi comunque che avevo la spirale e che quindi poteva venirmi dentro liscio. Anzi, lo avrei gradito molto perché sarebbe stato un suo segno di gran desiderio di intimità con me. Gli confessai che ero stata molto colpita dal fatto che tra le tante belle ragazze sulla spiaggia lui comunque fosse stato interessato soltanto alle mie tette e al mio culo! M’ero accorta infatti che guardava solo me! Mi baciò appassionatamente e riprendemmo a scopare.
Ci baciavamo come due innamorati. Al momento opportuno mi accorsi che stava nuovamente venendo e gli dissi: “sai, ho cambiato idea. Quando vieni, ricoprimi nuovamente di sborra il ventre e il seno. Mi piace, quando mi oltraggi così. Trattami come la tua troia da quattro soldi, mancami di rispetto. Poi stasera dopocena ordinami nuovamente di succhiarti il cazzo e ingoiare. Vedrai che sarà tutt’un altro godere. La mia lingua è capace di veri miracoli, se mi ci metto. Ti farò felice. Per tutto il weekend e la settimana restante, voglio passare la notte sempre nel tuo letto: a succhiarti il cazzo, masturbarti, leccarti le palle e l’ano e a farmi sfondare come e quanto tu vorrai.”
Così, piena di vergogna interiore, passai comunque forse la settimana più peccaminosa ma più bella della mia vita. Carlo fu di parola: dopo tre mesi ebbi un livello categoriale e l’anno dopo un aumento per “maggiori prestazioni”. Con grande scorno delle colleghe, che mi guardano tuttora con occhi taglienti. Soprattutto di quelle che si erano dichiaratamente offerte a lui senza che però Carlo neppure le prendesse in considerazione. So che tra loro mi chiamano “la troia del Capo” ma non mi interessa minimamente. Scopiamo regolarmente e io lo ingoio sempre di gusto: spesso a pranzo ci chiudiamo in ufficio e lo spompino rapidamente. Eravamo e siamo comunque molto discreti. Non lasciamo mai tracce evidenti.
Mio marito da circa due anni ha iniziato un lavoro in proprio come rappresentante di infissi ed è spesso fuori casa per alcuni giorni. Non mi manca, però. Quando ha voglia, lo faccio scopare ovviamente, mi faccio inculare e mi fingo innamoratissima. Sono un’attrice nata. Tutte noi donne lo siamo! Lo accarezzo, me lo bacio, lo confondo col profumo e il gusto della mia fica sulla sua bocca. Me la faccio leccare a lungo, da lui. Ma la felicità per me ormai è solo il cazzo del mio capo Carlo: quando mi riempie o mi copre di sborra, io godo veramente come una troia professionista. Tra due amanti consenzienti, nulla è peccato e tutto è assolutamente benedetto in cielo dalla passione.
RDA
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Una volta tanto sono parzialmente d'accordo con Grillo.
Il Movimento 5 Neuroni è già morto. Solo che, a differenza sua, ritengo che sia NATO MORTO. Il M5S nasce sull'onda dell'antipolitica sobillata anche dal libro più nefasto della storia dopo "Il Capitale" di Marx : "La Casta" , scritto da quei due emeriti COGLIONI di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, che ha dipinto la classe politica come un cancro. Tra i suoi scopi fondativi c'era infatti l' abolizione dei cosiddetti "privilegi" della "Ca$ta" (lo scrivevano così , agli albori), tra cui il finanziamento pubblico ai partiti. Bersaglio principale di quel ributtante tomo. Un'onda (quella dell'antipolitica, scaturita in origine dalla NEFASTA "Mani Pulite" e ancora prima dal CONCETTO FASCISTA della "questione morale" enunciato da Berlinguer) che il Movimento ha cavalcato con successo diventando uno dei principali partiti italiani per più di un decennio. Che risultati ha raggiunto il Movimento sulla base di quei successi elettorali?
I principali : -Scandalo dei Banchini a rotelle durante il COVID -Introduzione incentivi ai monopattini elettrici -Reddito di cittadinanza -Introduzione del SuperBonus 110 % Piccolo particolare: il finanziamento pubblico ai partiti e i cosiddetti vitalizi agli Ex Parlamentari NON SONO STATI ABOLITI DA GOVERNI CON DENTRO IL M5S! Il Finanziamento pubblico ai partiti è stato abolito dal Governo Letta nel 2013, secondo una pessima tradizione seguita dal PD volta a togliere l' "acqua del consenso" al mulino degli avversari. Nel 2000 la applicarono contro la Lega varando le SCIAGURATISSIME norme costituzionali sulle Autonomie regionali (il PEGGIOR danno fatto alla Costituzione dal 1948 ad oggi) , nel 2013 la applicarono contro il M5S con l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. (Atti che, a mio avviso, fanno del PD il partito più nefasto della storia repubblicana, immediatamente prima del suo antenato PCI) Quindi, l'abolizione dei cosiddetti "privilegi della Ca$ta" non possono nemmeno essere annoverati tra i "successi" del M5S. Tra i danni causati, d'altra parte, spiccano il Reddito di cittadinanza, costato 35 miliardi di euro in 5 anni e, ancor di più, il Superbonus costato (insieme ai bonus fratelli Ecobonus e Sismabonus) la cifra MONSTRE di 170 miliardi di euro in 3 anni e mezzo. Combinati, i due provvedimenti bandiera del M5S hanno prodotto il PEGGIOR DANNO MAI REGISTRATO alla finanza pubblica: un buco da oltre 200 miliardi di euro che ha avuto insignificanti effetti sulla produzione di Ricchezza del paese. Immaginatevi cosa avremmo potuto fare con tutti quei soldi. Altro che PNRR (che è DEBITO, quindi MALE). IMMAGINATE! Quanti ospedali, scuole, equipaggiamenti per FFOO e FFAA, quante strade, quante centrali elettriche SERIE (Nucleari), quanto decoro urbano avremmo potuto realizzare con quei soldi? A titolo di raffronto, il finanziamento pubblico ai partiti non è mai andato oltre ai 500-600 milioni di euro l'anno. Se contiamo 600 milioni di euro come spesa media dal 1976 (anno di istituzione) al 2012 (ultimo anno di erogazione), abbiamo una cifra di circa 20-22 miliardi di euro in TRENTASEI ANNI. Ossia : Anche volendo attribuire al M5S la spinta ideale per l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti , occorreranno 342 ANNI per ammortizzare il danno da essi fatto con Superbonus e Reddito di cittadinanza.
Ossia altri 330 anni.
Con un'altra piccola nota negativa: l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti ha fatto PRECIPITARE la qualità media del personale politico (allineandola alla pessima qualità media proprio del M5S, composto da illustri signori Nessuno diventati politici con qualche click raccattato sulla piattaforma online del Movimento). È un meccanismo facile da capire: se io dirigente di partito dispongo di un Budget, dato che quel budget garantisce lustro e importanza alla figura di partito che poi lo impiegherà, avrò diversi pretendenti a quella carica e potrò operare una SELEZIONE AL MEGLIO per competenze. Se invece posso offrire a chi deve ricoprire cariche di partito solo sacrifici, zero budget (il che significa che CHIEDERÒ a quelle cariche di spendere del LORO) e un' importanza solo di simbolo, mi troverò a dover cercare di CONVINCERE gente ad accettare quella carica , sorvolando DEL TUTTO su competenze, abilità, inclinazione, capacità. Di più: se posso garantire un budget , ho anche poteri EFFETTIVI di controllo "qualità" dell' operato della persona in carica, e posso rimuoverla senza troppi problemi (avendo altri pretendenti al ruolo). Se non posso farlo, pur di non avere vuoti organici sarò costretto a sopportare e ignorare qualsiasi scemenza la carica commetta.
È ESATTAMENTE PER QUESTO che (ormai anche in ruoli apicali nazionali) vedete alcuni personaggi del tutto IMBARAZZANTI e TOTALMENTE INADATTI alle cariche politiche che ricoprono. I Bonafede, i Toninelli, le Azzolina, i Sangiuliano, le Moretti, le Fedeli li avete avuti ESATTAMENTE per questo motivo. Concludendo, il M5S non è morto perché " ha perso la sua natura " come sottintende Grillo.
No!
È morto per il motivo diametralmente opposto : perché ha RISPETTATO LA SUA NATURA! Perché è di SINISTRA. Perché è stato, e lo certificano i NUMERI (che rappresentano quattrini di debito pubblico che dovremo pagare tutti noi), una cura PEGGIORE del male contro cui era nato . Una caratteristica INTRINSECA di quasi ogni tipologia di sinistra esistente : sono una proposta di risposta (sbagliata) a un problema di cui sono contemporaneamente LA CAUSA. Perché non sono il rimedio, MAI. Sono IL PROBLEMA, IL GUAIO. Un guaio che ci riguarda, purtroppo, tutti. Per questo dico, con estremo livore: Sei morto M5S ? EVVIVA! E VA ALL'INFERNO, di tutto cuore. Non ti rimpiangeremo MAI. Confidando che tu sia presto raggiunto dai tuoi simili nel cimitero virtuale della politica .
Con astio.
Davide Galeotti.
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Doveroso aggiungere che sono stati l'anti-scienza per eccellenza, lo stesso per le opere pubbliche strategiche (cancellare la costruzione di opere pubbliche, ovvero investimenti, quindi salari, tasse, PIL che alimenta uno Stato) per finanziare la contraddizione del reddito di cittadinanza. Anziché sbloccare i concorsi ove fondamentale, come nei comparti della Sanità, della Pubblica Istruzione, della Sicurezza. Sarebbero stati stipendi, quindi persone che producevano e pagavano le tasse, che avrebbero alimentato le loro spese con redditi sicuri e contribuito al benessere di tutti. Vorrei ricordare che la famosa "borsa della spesa che cammina" derisa da grillo a più riprese, fu invece osannata quando resa popolare da obama (il minuscolo è voluto per entrambi...). Il Movimento a 5 Decrescite è venuto al mondo per fare danni e danni ci ha lasciato.
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Europee
Il voto è anonimo quindi nessuno lo saprà e nessuno vi giudicherà
Condividete e facciamo un nostro personale exit poll giusto per curiosità
#italian politics#politica italiana#Politico#Politici#Italia#Italiani#Italy#Europa#Europee#Voto#Votare#Votazione#Votazioni#Elezioni#Elezione#Eleggere#Partiti italiani#Partito#Lega#Fratelli d'Italia fdi#Forza Italia fi#Stati Uniti d'Europa sue#Azione#Movimento cinque 5 stelle m5s#Partito Democratico pd#Alleanza Verdi Sinistra italiana avs#Scheda bianca o nulla#Astenuto#Astenuti#Astensionismo
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One Piece [Live Action]
"L'inizio di una grande avventura"
Non mentirò:
Alla notizia di un live action di One Piece di produzione occidentale mi era partito un brivido per tutto il corpo. Lampi di Dragon Ball Evolution e del Dio Kira biondo ossigenato mi sono passati davanti agli occhi ed ho alzato lo sguardo al cielo perplessa e spaventata, domandandomi se c'era davvero bisogno di una serie sull'opera del Maestro Oda.
La paura infatti era sempre la stessa: vedere una serie fatta solo per racimolare i soldi di un nome famoso, di successo, senza metterci anima e passione ma per mero interesse economico.
One Piece poi è una pietra miliare. Una mia personale pietra miliare. Piangerò quando finirà. Rappresenta la mia infanzia e adolescenza e tutt'ora mi accompagna come un carissimo amico da più di vent'anni. Seguo la sua storia dai tempi di Alabasta, leggo il manga, mi vedo l'anime e compro action figure a tema One Piece almenouna volta all'anno. Per cui credo che la mia paura fosse giustificabile, viste le premesse disastrose quando si parla di live action di produzione occidentale.
A differenza di molti però, a me il trailer non era dispiaciuto. Avevo letto in giro molti commenti negativi ma dalle prime immagini avevo percepito un tentativo di voler rispettare l'opera, con scene e personaggi che seppur visti brevemente, rispecchiavano lo stile dell'opera di Oda.
Per questo alla sua uscita ho deciso di vederlo - anche con discreto entusiasmo - e per meglio avere un commento più obbiettivo possibile ho coinvolto pure @veronica-nardi, novizia di One Piece e perciò "cavia perfetta", capace di non farsi influenzare come me da facili sentimentalismi e nostalgie e che ringrazio per avermi fatto compagnia in questa avventura. è proprio il caso di dirlo
Per me, il problema più grosso quando si tratta di One Piece - e il lettore del manga lo sa bene - è immaginarsi il mondo inventato da Oda in versione abbastanza realistica da essere credibile per una serie tv senza perdere la fantasiosità dell'opera originaria. Tra personaggi esteticamente bizzarri, luoghi fuori di testa, costumi improbabili, poteri assurdi e chi più ne ha più ne metta, One Piece è un ode alla fantasia, dove tutto più succedere e quello che pensavi impossibile in realtà non lo è.
Ed è possibile traslare ciò in un live action?
Diciamo che questa serie tv fa il meglio che può . E lo fa bene. Certo, non è esente da difetti - e di quello parlerò - ma nel complesso a me è piaciuta e credo che riesca a centrare diversi punti essenziali della storia portandosi a casa la mia approvazione da fan dell'opera.
pur con delle riserve
Per una volta iniziamo dalle cose belle:
IL CAST
Credo che l'incentivo più grande al successo del live action sia stata la scelta del cast, sia dei principali che dei comprimari.
Inaki, Emily, Jacob e gli altri mettono passione nella loro recitazione dandomi quell'impressione che per loro, interpretare Zoro, Nami o Luffy sia un enorme onore. Essendo loro stessi fan dell'opera di Oda - Emily faceva il cosplay di Nami ad esempio - riescono a trasmettere convinzione ai loro personaggi con movenze, sguardi o atteggiamenti che tanto ricordano le loro controparti cartacee.
Sicuramente poi, il cast ha un ottima chimica. Sono amici dentro e fuori dal set e ciò si vede quando recitano assieme.
Tanto più che non sono attori famosi abituati a recitare in grandi produzioni e nonostante questo, tutto mi sono sembrati, meno che novellini. La produzione poteva affidarsi ad attori già conosciuti al pubblico, anche per incentivare i non conoscitori della storia alla visione, ma invece questa scelta coraggiosa è stata ben ripagata.
Oppure poteva prendere attori " più adulti" e fargli interpretare dei ragazzi - come fanno spesso nelle serie soprattutto scolastiche - ma invece così facendo, si nota la differenza d'età con i veri attori adulti e sembra davvero " il nuovo che avanza".
PS: Mackenyu è l'unico che conoscevo avendolo visto in altre serie. E già lì era stato bravissimo. Mi da ancora gli incubi dalla serie Fugitive Boys.
Stesso discorso lo vorrei fare per gli attori secondari: la scena della cena di Garp e Zeff è una meraviglia di recitazione. Convincenti, credibili... anche quando sono vestiti in modo assurdo o senza arti.
IL RISPETTO PER I TEMI TRATTATI
Chi segue One Piece sa che la sua storia non gira unicamente attorno all'avventura di Luffy e Company. Oltre alla macro storia - e non farò spoiler qui - Oda inserisce tematiche importanti come il razzismo, la libertà, il raggiungimento di un sogno, la concezione della giustizia...
Mi ha fatto quindi enormemente piacere notare come anche nel live action tali temi siano stati affrontati - la citazione a Jimbe è un tocco di classe - e resi centrali per alcuni personaggi come Koby o Arlong.
Avrebbero potuto solo accennarli o soprassedere su alcuni di loro. Ed invece... si vede insomma, che l'influenza di Oda nella realizzazione della serie è stata sempre presente.
L'AMORE PER I FAN
La produzione sapeva bene di avere tra le mani o un inestimabile tesoro o una bomba devastante. L'opera di Oda è famosissima ed i suoi fan - me compresa - super protettivi. Bastava poco per farci salire a tutti sulle barricate armati di machete urlando al sacrilegio.
Motivo per il quale mi hanno letteralmente comprato, inserendo più riferimenti possibili al manga. Tavole, oggetti di scena, vestiti... persino una Jaya e un Nolan buttato qua e là. E' stato quindi super divertente per me, giocare a "trova le similitudini" e vedere con quanta attenzione cercavano di rispettare l'opera il più possibile inserendo tutte queste cose che magari sono dettagli per altri ma che scaldano il cuoricino dei fan.
Questo è anche uno dei motivi per cui voglio fare i complimenti alla produzione: fare una serie che andasse bene sia per chi non ha mai aperto manco un volume di One Piece e chi ne è un fan sfegatato non è cosa facile. Anche l'uso appunto di questi riferimenti al manga ha sicuramente aiutato a convincere i fan.
I CAMBIAMENTI
Nessuno pretende - men che meno io - di vedere una copia carbone di One Piece. Prima di tutto perché sarebbe impossibile. Ma poi i lettori già conoscono a menadito tutta la storia, battute comprese.
Ecco allora che la serie presenta delle modifiche che - tranne una - ho apprezzato: Koby e Garp ad esempio. Se nel manga incontriamo il nonno di Luffy molto più in là e scopriamo che Koby ne è diventato l'allievo, averli invece inseriti subito e seguire le loro vicende è sicuramente più interessante. Si viene così a creare un percorso parallelo tra Koby e Luffy incentivando ancora di più il legame del rispettivo viaggio tra i due. E si costruisce il rapporto tra Garp, Koby ed Hermeppo.
O ancora Garp e la sua ricerca del nipote perduto. Per tutte le puntate mi sono chiesta perché avessero caratterizzato il vice ammiraglio così cagacazzi e determinato nel fermare il nipote. Nel manga sappiamo bene quanto cazzone sia Garp! Perché questa ossessione?
E poi con l'ultima puntata si ritorna sui giusti binari ed ho quindi apprezzato questa modifica che ha reso più "frizzantella" questa prima stagione.
NOTA: l'unico cambiamento che mi ha fatto storcere il naso è Garp che chiama Occhi di Falco per dare la caccia al nipote. Prima di tutto Garp ci sarebbe andato da solo, sia che facesse per finta sia che fosse sincero. Ma poi che Occhi di Falco obbedisca agli ordini del nonno di Luffy è utopia. Forse è quello dei Sette che se ne sbatterebbe di più. Ma prenderò per buono che abbia obbedito perché incuriosito da Luffy piuttosto che per ordini dall'alto.
Bellissime anche tutte le scenografie - ho amato il Baratie - o la claustrofobica casa di Kaya, così come ho apprezzato gran parte dei combattimenti anche se su questo per me ci si potrebbe lavorare un po' sopra.
Villain migliore per cattiveria rimane Arlong mentre Baggy ha una presenza di scena che meriterebbe uno spinoff tutto suo. <3
Ed ora, passiamo ai meh, ossia alle cose che mi sono piaciute un po' meno e che alcune di loro spero vengano "aggiustate " nella seconda stagione.
Coerenza narrativa
Con la "scusa" degli otto episodi la serie corre come un treno. Condensare 70 e passa capitoli e 100 episodi di un anime in sole 8 ore è un impresa degna di nota che però certe volte cade nella frettolosità e nella mancanza di coerenza narrativa.
Da Luffy che prende la testa di Baggy dagli uomini pesce non si sa come, ai personaggi che entrano a far parte della ciurma del nostro in quattro secondi netti. Dovrei rileggermi la saga del Baratie ma sono sicura che Luffy ci abbia messo un bel po' a convincere Sanji ad unirsi a lui, insistendo non poco.
Nella serie invece, per mancanza di tempo presumo, Usopp e lo chef dei nostri cuori, salgono a bordo appena Luffy glielo chiede o insiste due secondi.
C'è Usopp che dice che gli piacerebbe andare per mare ma non può per via di Kaya - in una frase praticamente - e che poi nel finale di puntata sale a bordo con gli altri come se fosse una cosa naturale.
Per arrivare a Zoro che commenta la galanteria di Sanji durante il combattimento contro gli uomini pesce come se lo conoscesse da una vita e non che si sia unito a loro due giorni prima. Tanto più che Zoro, nelle scene con Sanji al Baratie, era pure svenuto. E' giusta la reazione dello spadaccino perché davanti a Sanji non insulti una donna... ma questo Zoro non lo può sapere.
Ora, probabilmente questa fretta era dovuta al non sapere se la serie avrebbe avuto successo meritandosi un sequel e quindi gli autori non abbiano voluto osare perché non sapevano se il gioco valesse la candela. Visto però il successo della serie e la probabile seconda stagione, si spera che si prendano del tempo per "dare tempo" e costruire le varie vicessitudini e relazioni.
La CGI, le parrucche e le inquadrature
Sarò strana io ma difficilmente ho visto così tanti primi piani. Seriamente, primi piani ovunque. E se all'inizio non ci facevo manco caso, intorno al 6 episodio ho incominciato a rendermene conto e a chiedermi perché non allargavano un po' più il campo?
Discorso dubbioso anche per la CGI che non mi ha fatto impazzire onestamente. Certe scene dei combattimenti di Luffy presentavano a parer mio una realizzazione un po' troppo finta, segno che ci si può lavorare ancora sopra.
La cosa peggiore comunque risultavano certe parrucche - come quella della sorella di Nami - così finte che te le avrebbero tirate dietro anche al Lucca Comics. Ok, One Piece presenta gente strana e bizzarra, con capelli di tutte le forme e tutti i colori. Ma sono piuttosto sicura che si potrebbero trovare parrucche colorate meno scrause...no?
La risata
Nel manga di Oda si ride spesso. Persino nelle battaglie più epiche e dense di tensione c'è sempre il momento gag che ti fa spisciare sotto dalle risate: penso ai combattimenti di Luffy contro Crocodile o Ener ad esempio.
Nel live action invece la risata da farti mancare il fiato non c'è e al limite si sorride divertiti, come nella scena di Sanji che flirta con Nami al Baratie cpn le prese in giro degli altri.
Ora, su questo ci sarebbe da riflettere. Perché se è vero che la risata è un concetto cardine dell'opera di Oda è anche vero che nella serie si è cercato di essere più realistici possibile per rendere credibile la storia, eliminando certe gag che forse avrebbero aggiunto troppo cringe. Ci sono battute e piccole gag ma siamo ben lontani dalla follia ridanciana tipica del manga.
E' una cosa giusta? La serie dovrebbe far più ridere? e se fosse poi troppo cringe appunto?
Su questo punto voglio aspettare la seconda stagione per avere le idee più chiare.
Detto tutto questo, io promuovo la serie.
E' riuscita a piacere a chi One Piece non l'ha mai visto ed a convincere i fan - che più chi meno - rispettando il cuore dell'opera e le volontà del suo autore, grazie anche ad uno splendido cast che ha trasmesso la loro passione ai personaggi, rendondoli convincenti e credibili.
Certo, ci sono a mio parere ancora dei miglioramenti da fare ma come primo step non è andata affatto male.
VOTO: 8.1
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Nannina
“Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale”, questa poesia ritorna costantemente nella mia vita ed in questi anni di social lo fa ancora di più, è sfruttata fino all’inverosimile, pubblicata, ripostata, taggata e twittata in continuazione, è inflazionata e abusata, ma incredibilmente non perde la sua forza, ogni volta che la incontro è come una goccia d’acqua che cade dentro il mio lago interiore creando delle onde che rimbalzano sulla costa , si intrecciano e sovrappongono, ipnotizzano gli occhi ed in questo viaggio onirico formano un volto, quello di mia nonna, Nannina, con lei sotto braccio ho sceso veramente un milione di scale e non perché i suoi occhi fossero obnubilati ma per le sue gambe, il suo corpo era consunto dalla guerra, dai genitori persi troppo presto, dalla fatica di crescere le sorelle più piccole quando tutto intorno era solo fame e freddo, le gambe le tremavano per la scomparsa prematura di un figlio, e anche il tempo non era stato clemente con le sue ossa, la fine le aveva riservato l’osteoporosi, “n’se famo mancà gnente no”, Nannina, mai Anna, sempre e solo Nannina, aveva una rigidità impostagli dai patimenti, dalle valigie sempre troppo pesanti, ma dentro di lei, lì si nascondeva una bontà straripante, desiderava voler bene alla gente, Nannina, e io, io ero il nipote fortunato, quello più piccolo e nato dalla figlia femmina, ero privilegiato, il poterle tenere il braccio mi aveva regalato qualcosa, una ragazza mi disse “odio tua nonna, è lei che ti ha dato la dolcezza che mi tiene legata a te”, perché odiarla quando puoi godertela?
Nannina era la seconda ragazza più bella del paese, questo raccontavano gli anziani di Fiano e questo le disse anche mio nonno, “allora vai dalla prima” tosta la nonnina (rinunciare ad un buon partito), “ma per me sei la più bella” e lei si sciolse al baffetto conquistadores del nonno (se ti chiami Ovidio qualche freccia al tuo arco devi pur averla), Nonna Nannina, così la chiamavamo noi nipoti, sentite come suona? Nonna Nannina, suona come una lallazione, come una glossolalia, come una formula magica, come quelle delle maghette della nostra infanzia, pimpulo pampolo palim pa pu, puff e la magia è fatta, Nonnanannina, puff e la magia è fatta, lei aveva una sua formula magica personale, semplicissima ed efficace, diceva sempre “basta che ve volete bene”, “basta che ve volete bene” tutto qui, semplice e disarmate, basta volersi bene e tutto andrà a posto, è roba da far cadere le braccia, “basta che ve volete bene”, è come dopo una lunga salita spossante vedere aprirsi agli occhi l’immenso panorama di una valle, lascia senza fiato.
Nannina in quelle lunghe discese mi ha regalato degli occhi strani, una sensibilità diversa, forse sfasata, diroccata, ma è sempre stato chiaro per me che l’importante fosse invisibile agli occhi, gli ultimi giorni della sua vita li ha passati sofferente in un letto, le veniva somministrata della morfina per lenire i dolori, alternava stati di veglia e sonno ,e lì, lì mi ha regalato la sua ultima magia, stavo vivendo un periodo orribile, uno di quelli dove hai perso il filo ed hai paura a toccare la matassa informe che è la tua vita, era il suo ultimo giorno, trovai la forza di avvicinarmi al suo orecchio e sussurrarle “ti voglio bene” mi rispose “grazie ni’ ”, grazie ni’, nino, ninetto, bambino, ero tornato ad essere il nipote piccolo, ero tornato bambino e lì avvenne l’incantesimo, anzi il DIS-incantesino, mi sbloccò dal torpore, ruppe la brocca che conteneva tutte le mie lacrime, esplosi in un pianto liberatorio, sbloccò il meccanismo che si era inceppato, mi rimise in moto, e quindi, quindi grazie a chi ci DIS-incanta, a chi ci sblocca e chi ci regala occhi nuovi, alle Nannine del mondo.
P.S.
Nannina aveva i capelli rossi, e le rosse fanno sempre un gran casino, spesso, senza far rumore.
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Il sistema familarista instaurato da Giorgia Meloni rappresenta il punto cardine del suo progetto politico, una vera e propria trasposizione della famiglia all’interno del partito “Fratelli d’Italia” e cosa ancor più grave all’interno della compagine governativa. L’Italia democratica e caciottara, concepita dalla famiglia Meloniana, viene a fondarsi su una vera parentopoli allargata, dove cognato, sorella, madre, ex cognato, amici personali e fidatissimi si intrecciano con gli interessi politici del Paese. Il “tengo famiglia” del grande Totò De Curtis la dice lunga sul modo di rapportarsi della Premier con questa, e il suo trovare sostegno e forza proprio nei vincoli di parentela. Fratelli d’Italia, il partito personale della Premier, non rappresenta altro che la sua identità fascio caciottara, la sua anima politica in cui si ritrovano interessi familiari, amicali, parentali.generazionali di un mondo nostalgico che sopravvive e si nutre ancora oggi dell’ideologia del ventennio. Del resto mai scelta del nome, Fratelli d’Italia, fu più azzeccata per il partito di cui “Giorgia” è fondatrice e madre. Un coacervo di “valori” propagandistici ingialliti dal tempo, Dio, Patria, e Famiglia, e il ricordo nostalgico del “bastone e della carota” in un Paese come l’Italia fragile e di memoria corta sono ritornati alla ribalta. [...] Solo un rigurgito del ventennio, un uso privatistico della politica, un cumulo di menzogne e di arrogante ipocrisia fanno da proscenio all’azione di questo governo, il peggiore dell’epopea conservatrice. Qualsiasi circostanza anche riservata, qualsiasi manifestazione e azione comportamentale della Premier viene celebrata e veicolata dai media con l’apoteosi degna del vecchio Istituto Luce. L’immagine di questi giorni di una serafica Meloni, donna , madre, e cristiana davanti il presepe di casa, il suo apprezzamento verso quello che rappresenta il fulcro della nostra cultura cristiana, il pensiero alla figlia Ginevra, e le critiche rivolte a coloro che la pensano in maniera diversa, danno la dimensione della sua innata ipocrisia. [...]
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Il treno dei bambini di Viola Ardone: Un viaggio di speranza e crescita nella Napoli del dopoguerra. Recensione di Alessandria today
La commovente storia di un bambino e di un’Italia che si rialza dopo la guerra
La commovente storia di un bambino e di un’Italia che si rialza dopo la guerra Il romanzo Il treno dei bambini di Viola Ardone, pubblicato da Einaudi nel 2019, racconta la storia di Amerigo, un bambino di sette anni che lascia la sua Napoli nel 1946 per affrontare un lungo viaggio verso il Nord Italia. Insieme a migliaia di altri bambini del Sud, Amerigo partecipa a un’iniziativa del Partito…
#accoglienza temporanea#autori italiani contemporanei#bambini e guerra#bambini meridionali#Crescita Personale#Dopoguerra#Il treno dei bambini#Italia del 1946#letteratura sul dopoguerra#migrazione interna#Napoli#narrativa contemporanea#narrativa di qualità#narrativa italiana#narrativa su esperienze reali#Partito Comunista#ricostruzione post-bellica#romanzi che emozionano#romanzi tradotti#romanzo ambientato a Napoli.#Romanzo commovente#romanzo di formazione#Romanzo storico#romanzo storico italiano#romanzo sulla famiglia#romanzo sull’infanzia#romanzo sulle difficoltà#Separazione#speranza e crescita#storia dell’Italia
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[✎ ITA] Hope On The Street Vol.1 : Intervista dall'Album Speciale di j-hope (INTERLUDE) | 29.03.24⠸
HOPE ON THE STREET VOL.1
__ Parte 2 : INTERLUDE __
PARTE 1
3. PLAYGROUND / OSAKA con Gucchon
j-hope : Intervista 6
- I wonder... (with JUNGKOOK of BTS) -
"Ce l'avevo nel sangue"
Ti ricordi che, prima del debutto,eri solito postare le analisi"j-hope's Street Dance Overview (Resoconti sulla Street Dance by j-hope)" sul Bangtan Blog?
Certo! Come potrei dimenticarmene? Periodicamente, postavo i miei video di street dance. Era un segmento nato di mia personale iniziativa e per un desiderio genuino. Col senno di poi, è proprio da quella serie di post che è partito tutto. Già allora, ne ero un grande appassionato. Più che appassionato – ce l'avevo nel sangue.
E, come in passato, anche qui inizi dal popping
Non c'è un motivo particolare. Quando stavo pensando a chi coinvolgere, ho pensato il popping si sarebbe ben sposato con Osaka, ed Osaka è dove balla Gucchon. È fin da quando ero ragazzino che, insieme a Boogaloo Kin, facevo ricerche sul suo conto, quindi ho pensato sarebbe stato fantastico poterci lavorare insieme.
Le nostre riprese sono iniziate ad Osaka, quando era ancora tutto piuttosto confuso. "Com'è meglio iniziare?", "Quale approccio dovrei adottare?", "Dovrei iniziare semplicemente ballando?", "No, non credo vada bene.." Quindi alla fine ho deciso di buttarmi e prendere il progetto di petto. È ciò che amo– qualcosa che faccio fin da quando ero ragazzino – andrà tutto bene...no? Ma non appena abbiamo iniziato, mi sono subito reso conto di quanto effettivamente fosse difficile. Però, conoscete il detto, no? "Chi ben comincia, è a metà dell'opera". L'importante è iniziare.
Il tema (musicale) del capitolo dedicato ad Osaka è "i wonder..." Come mai? Cosa significa?
Ho iniziato a chiedermi cosa mi aspetterà in futuro. Chissà se mi piaceranno ancora le stesse cose, se continuerò a coltivare questa passione? Insomma, ho sviluppato una certa curiosità rispetto al futuro in generale – al mio futuro, per come me lo sono sempre prefigurato, e a quello dei miei colleghi ballerini e di gruppo. Ho pensato unire elementi di vita vera e musica col ballo avrebbe dato ottimi risultati – creato una certa sinergia. Dunque "i wonder..." mi sembrava un buon punto d'inizio.
E ora che le riprese sono finite, pensi di aver soddisfatto quella tua curiosità?
In fin dei conti, tutto mi ha ricondotto, ancora una volta, alla musica e al ballo. Ho capito che continuando ad amare ciò che facciamo, a trarne gioia e a divertirci nel processo, il futuro non può essere poi così diverso dal presente. Ovviamente, non posso averne la certezza. Ma fin tanto che continuerò a divertirmi e ad amare il ballo, credo non ci sia motivo di guardare al futuro con ansia. O almeno, questa è la spiegazione che mi son dato.
INTERVISTA con GUCCHON
Popper giapponese, Gucchon è un maestro del popping, abilissimo nel controllo dei movimenti. Ha un suo stile del tutto personale. Il suo è il genere di ballo cui j-hope è particolarmente appassionato.
Il popping è un tipo di ballo che si concentra sul ritmo e sull'isolamento* dei movimenti.
(nota a cura di Boogaloo Kin)
[isolamento: quando si muove solo una parte del corpo indipendentemente dalle altre – sia che il resto del corpo sia fermo o che esegua movimenti completamente differenti.]
Potresti presentarti brevemente?
Salve, mi chiamo Gucchon e sono di Osaka, in Giappone.
Rappresento lo studio di ballo Co-thkoo, Fab5Boogz
Da dove trai ispirazione per il ballo?
La cosa fondamentale sono i cypher (battaglie di ballo freestyle). I cypher accendono la mia immaginazione, sono una fonte d'ispirazione e mi danno sempre nuove idee creative.
Il tema dell'episodio dedicato ad Osaka è "i wonder...", quindi sarei curiosə qual è il futuro che vorresti?
Il futuro dei miei sogni è una società in cui quando camminando per strada senti una musica, il tuo corpo risponde automaticamente ed è possibile e normale ballare tutti insieme.
In conclusione, cosa significa il ballo per te?
Il ballo è tutta la mia vita. Il ballo è vita e la vita è ballo. Inoltre, il ballo fa parte del mio lavoro, ma non ho mai smesso di amarlo. La danza è il cuore pulsante del modo in cui vivo.
4. MOTIVATION / NEW YORK con Link
j-hope : Intervista 7
- What if... (dance mix with JINBO the SuperFreak) -
"L'unico modo per sopravvivere"
A New York hai ballato l'hip-hop, pensi sia lo stile con cui ti trovi più a tuo agio?
Sì, credo il popping e l'hip hop siano i due stili maggiormente radicati nel mio sangue. Ero sicuro non avrei avuto problemi, almeno su questo. Ma il tutto ha preso una piega totalmente inaspettata. Lo vedrete nell'episodio di New York. Guardando, capirete quanto fossi agitato. Non aggiungo altro (ride).
Link è uno dei pionieri dello stile hip hop. Com'è stato vederlo ballare?
Come ho già menzionato, il mio modello è Boogaloo Kin, ma il suo modello è Link. Wow! È un pezzo di storia. È davvero incredibile. È come trovarsi di fronte ad un pezzo di storia della street dance in carne ed ossa. Sono sicuro gli/le appassionat�� di ballo ameranno quest'episodio, mentre coloro che non hanno tanta esperienza col ballo, ne rimarranno incuriositə, credo.
Ho saputo che Link ti ha mandato un video, prima che tu partissi per New York. Cos'hai provato quando l'hai visto?
Mi ha buttato parecchio giù, a dire il vero. Conoscevo molte delle cosiddette mosse da dance party, ma in diversi segmenti il ritmo era talmente strano che mi son chiesto se veramente avessi già provato quella routine, beat o stile in precedenza. Quindi, anche se mi ero preparato al meglio mentalmente prima di partire per New York, non appena ho visto le movenze di Link, mi sono sentito come se fino a quel momento io non avessi realmente ballato. Continuavo a chiedermi "Cos'è? Come si fa?" e non riuscivo a stare al passo. Era la prima volta nella mia vita che mi sentivo così, una sensazione del tutto inedita – sì, è stata un'esperienza davvero nuova, per me.
Dunque Link è stato il tuo tutor per il ballo hip hop, ma hai forse imparato anche altro da lui?
Ogni minuto trascorso insieme a lui è stato fonte di nuove conoscenze. Credo sia proprio questione di energia ed aura, quando si è in sua presenza, perché è letteralmente una parte di storia del ballo. È stato una grandissima ispirazione, per me, e credo di averne approfittato per chiedergli tutto ciò che avevo sempre voluto sapere. E non si è trattato solo di imparare cose sul ballo, ma anche sulla vita. L'unica cosa che mi è dispiaciuta è che non abbiamo potuto trascorrere molto tempo insieme. C'erano talmente tante cose che avrei voluto chiedergli! Gli ho chiesto che cosa pensava avrebbe fatto, se non fosse stato un ballerino, ed è stata come una domanda posta a me stesso.
E come credi sarebbe la tua vita senza il ballo?
Non credo sarei la persona che sono oggi, se non fosse stato per il ballo. Non riesco neanche a concepire l'idea di non avere il ballo nella mia vita. È impossibile. Credo né j-hope e neppure il vero Hoseok sarebbero gli stessi. Il ballo, ormai, è tutta la mia vita. È da lì che è iniziato tutto.
INTERVISTA con LINK
Il ballerino americano Link, maestro di ballo hip hop, non ha bisogno di presentazioni. È il primo ballerino cui pensiamo quando si parla di hip hop freestyle ed è sempre stato una grandissima fonte di ispirazione per me, j-hope, ed innumerevoli altrə ballerinə in tuttto il mondo.
(nota a cura di Boogaloo Kin)
Com'è andata? Come ti è parso j-hope?
Quando provavamo dei passi e coreografie complesse, j-hope non si è mai lamentato, non ha mai detto "Non voglio farlo" o "cambiamo quella mossa", era sempre pronto a mettersi alla prova. È evidente quanto ami il ballo. Credo il suo nome [d'arte, Hope / speranza] la dica lunga sul suo conto. E io "spero" continuerà a coltivare quella passione e che quella sua scintilla non sbiadisca mai. Quello è l'unico modo per continuare e sopravvivere, in ogni aspetto della vita.
La street dance incorpora diversi generi e stili di ballo, come potremmo definire lo stile hip hop, secondo te?
Se spezziamo ed analizziamo la parola, "hip" significa "sapere", tipo.. sapere quali sono i posti e i beat giusti, ma è una consapevolezza che si può applicare a tutto. E "hop" significa "muoversi". Quindi si è "hip" (consapevoli) rispetto alla musica e la si segue, hopping dove ci conduce, per esser parte del divertimento insieme. Quello è l'hip hop.
In conclusione, che cosa significa il ballo per te?
Bisogna farsi alcune domande, tipo 'e se il ballo non mi trasmettesse nulla?', 'Il motivo per cui ballo è davvero perché amo la danza?', 'È fonte di ispirazione, per me?' Se il ballo non conduce a ciò che ci eravamo prefiguratə, è inevitabile rimanere delusə. E poi si finisce per sentirsi inadeguatə. Ma se davvero ti piace ballare, non sarai mai delusə, e tanto basta.
5. ART / PARIGI con Yugson
j-hope : Intervista 8
- I don't know (with HUH YUNJIN of LE SSERAFIM) -
"Messo di fronte a quelle incertezze,
ho potuto accettarle ed affrontarle"
Il tema dell'episodio dedicato a Parigi è "I don't know". C'è forse un qualche motivo particolare per questa scelta?
Credo ognunə di noi abbia momenti di insicurezza. Può essere incertezza riguardo la nostra vita o i nostri sentimenti. Di fatto, può essere per qualsiasi cosa, ma io ho affrontato questo tema pensando al ballo e alla mia vita. Può capitare di andare in crisi o sviluppare delle cattive abitudini, senza neppure sapere perché. Nell'episodio dedicato a Parigi, ho cercato di lavorare su quel tipo di sensazioni e risolverle.
Lo stile house ti è poco familiare, dico bene?
È una totale novità, per me. È l'unico che non avevo ancora imparato. Ma credo di aver sempre avuto un po' di house in corpo, sottilmente inscritto nel mio ritmo. Quando ballo la house, mi sento come attraversare da una scossa di entusiasmo. È uno dei miei stili preferiti– non solo per quanto riguarda il ballo, ma anche come genere musicale. Credo sia proprio quell'entusiasmo, quell'ebrezza ed emozione a definire la house e renderla ciò che è. Quindi imparare lo stile house è un must. È un'occasione da non perdere assolutamente.
Qual è stato l'aspetto più memorabile riguardo Parigi?
Non dimenticherò mai le scale. C'era questa scalinata tappezzata di scritte "Paris"– incarnav la vera essenza di Parigi. La musica, l'atmosfera–era tutto fantastico. Ed io ho potuto ballare proprio in quel luogo, non potevo desiderare di meglio. Ballare su quelle scale è il ricordo più memorabile che ho.
L'episodio è iniziato con delle domande riguardo il tuo blocco artistico. Credi di aver risolto quelle emozioni, ora?
Subito dopo il debutto, c'è stato un momento in cui ho iniziato ad avere dubbi riguardo la mia esperienza e gli stili di ballo imparati fino a quel momento. Ero estremamente insicuro e continuavo a rimproverarmi a riguardo. Continuavo a mettere in dubbio le mie capacità, non riuscivo a smettere, e non sapevo neanche il perché. Volevo migliorare nel ballo, ma non è sempre così semplice. Credo quell'esperienza mi abbia davvero aiutato molto quando si è trattato di lavorare ed esplorare il tema di "I don't know". Sicuramente non sono il solo, sono certo tuttə quantə, almeno una volta, abbiano affrontato insicurezze simili riguardo la propria vita o il proprio lavoro.
Quando poi ho riguardato l'episodio di Parigi, a fine riprese, mi son detto che forse ho potuto approcciarmi al genere house proprio grazie a quell'esperienza, al fatto che ho continuato a ballare ed insistere, nonostante i miei dubbi. Messo di fronte a quelle incertezze, ho potuto accettarle ed affrontarle. Cioè, se non si riesce ad accettare qualcosa, si finisce per svilupparne un rifiuto ad un livello emotivo ancor più profondo. Io sono riuscito a lavorarci su, ad accettare ed affrontare quei dubbi, anche a lavorare su me stesso, e penso quello mi abbia portato una maggiore consapevolezza e conoscenza di me stesso.
INTERVISTA con YUGSON
Yugson è un ballerino francese abile non solo nell'house, ma anche, tra gli altri generi, nell'hip hop freestyle. L'house europeo, in particolare, ha un'aura ed unicità diverse rispetto a quello americano o asiatico. Yugson ha vinto diverse edizioni di Juste Debout, un evento internazionale dedicato al ballo, spesso considerato come le olimpiadi della street dance
(nota a cura di Boogaloo Kin)
La street dance comprende diversi stili di ballo. Tra questi, che tipo di ballo è il genere house, secondo te?
L'house è cultura, è libertà. È l'opportunità per persone appartenenti a culture diverse di condividere idee. È come se il tuo corpo fosse pervaso da una qualche forma d'energia.
Io sono originario del Congo e, grazie alla house, riesco ancora a godere di quella carica. Credo lo si possa chiamare "potere": c'è questo scambio, ricevi questa scarica di energia e ti senti subito a casa (*house), ecco perché si chiama così.
E che cos'è il ballo, per te?
Il ballo è passato, presente e futuro. In altre parole, il ballo è tempo. Prendiamo il passato, vi riflettiamo nel presente e così facendo ci muoviamo verso il futuro– ecco cos'è il ballo per me. È qualcosa d'eterno.
Rimpiangi mai d'essere un ballerino?
Neanche per sogno. Ballo col cuore, quindi non ho rimpianti. Ogni volta che ballo lo faccio come se fosse l'ultima volta. Oggi ballo, ma chissà dove sarò domani. Ecco perché ogni volta do il 100%
Epilogo : Crudo e puro
- Conversazione tra J-Hope e Boogaloo Kin -
J-HOPE: Boogaloo Kin! Grazie mille per aver fatto quest'esperienza insieme a me. Mi hai davvero aiutato un sacco a far sì che 'HOPE ON THE STREET' filasse per il verso giusto. E, ancora una volta, grazie per tutto l'impegno che hai dimostrato. Cosa hai pensato? Cosa ti ha convinto ad accettare? La mia è stata una richiesta piuttosto improvvisa.
BOOGALOO KIN: Ero in un tumulto da ultima ora, non c'è dubbio. Non c'era nulla di chiaramente pianificato, quindi inizialmente ero un po' preoccupato. Allo stesso tempo, però, non vedevo l'ora. Ci sono tanti documentari dedicati al ballo, ma nessuno passa in rassegna tutti i generi di street dance che conosciamo e pratichiamo noi – popping, locking, hip hop e house. Sul serio, di fatto non ce n'è nessuno così preciso ed approfondito. Ho sempre desiderato, un giorno, poter creare un documentario simile e mostrare al mondo questo nostro bellissimo stile di ballo. E poi, all'improvviso, ecco che mi si è presentata l'occasione di fare di questo sogno una realtà. E, alla fin fine, mi sono preoccupato per nulla perché tu hai deciso di rimanere sul semplice – sul ballo crudo e puro. Sono felice che siamo riusciti a catturare l'essenza della danza per quella che è.
JH: Ma non è semplice catturare e rappresentare al meglio quell'aspetto grezzo. Non ce l'avrei mai fatta da solo. Se non fosse stato per te e per il tuo costante amore per il ballo, non sarei mai riuscito a tenere il progetto in carreggiata. Credo siano state la tua esperienza e la tua guida a rendere il documentario ancor più bello. E la cosa migliore è che tornare a ballare con te, dopo tanto, mi ha dato l'opportunità di riflettere su me stesso. Ti sembra sia cambiato qualcosa, dopo quest'esperienza? Se sì, cosa?
BK: La cosa migliore è stata poter lavorare a questo progetto insieme a te. Per un periodo, non abbiamo potuto lasciare la Corea a causa della pandemia, ma prima di quello, la nostra vita era un costante viaggio. Ogni luogo in cui arrivavamo, trovavamo sempre un qualche ballerino, come Gucchon, Link o Yugson. Ero solito incontrare persone come loro almeno una volta all'anno. È stato davvero fantastico poterli rincontrare dopo tanto, ma di fatto, appunto, non era la prima volta (ride). Però è stato bello poterli incontrare insieme a te e vedere come sono cambiati e che cosa hanno a cuore e quali sono i loro interessi ultimamente. Abbiamo proprio parlato un sacco durante questo viaggio, vero?
JH: Sì, avremo condiviso qualcosa come 30 anni di aneddoti e storie. Cioè, io ora ho 30 anni e mi sembra di aver coperto tutta la mia vita nelle nostre chiacchierate (ride).
BK: È stato bello conoscere questo tuo lato ancor più autentico e ho constatato con piacere che sei proprio cresciuto al meglio. Se c'è qualcosa che è cambiato da dopo il documentario, è che sento un senso di responsabilità ancor più grande nonché una certa pressione perché, con il rilascio di un progetto così bello, credo molte più persone inizieranno a prestare attenzione a ciò che faccio. Quindi, d'ora in poi, farò meglio a riflettere bene prima di parlare. Inoltre, mi sento in dovere di approfondire ancora la conoscenza degli stili di ballo che pratico da oltre 20 anni, imparare per bene tutti i dettagli storici del caso, così da poter passare questa mia conoscenza alle generazioni future.
JH: Credo quello sia un sentimento che abbiamo in comune. Penso di aver lavorato ancor più duramente proprio perché non volevo essere di peso al progetto, e ovviamente questo implica un senso di responsabilità ed una certa pressione. Inoltre, al di là del ballo, credo di aver imparato molto. Col senno di poi, c'è forse qualcosa avresti voluto fosse andato meglio? Adoro tutto ciò che abbiamo fatto, ma mi spiace anche un po' perché sapevo fin dall'inizio del tuo infortunio al ginocchio.
BK: Metterci in gioco ed in mostra per il pubblico è l'essenza del nostro lavoro, è l'unica cosa che possiamo provare a noi stessi, ciò che sappiamo fare e presentiamo a chi ci segue. Non credo il pubblico sia completamente consapevole di quanto sta dietro, ma va bene così. La cosa importante è dare sempre il 120%, ma io non ho potuto dare neppure il mio 100% e mi è dispiaciuto. Immagino ci siano persone perplesse riguardo la nostra collaborazione e, in passato, quel tipo di opinioni mi avrebbe infastidito e ferito, ma ora non me ne curo assolutamente. Chi se ne frega. Ho comunque intenzione di continuare a ballare fino all'ultimo giorno, abbiamo tuttə qualcosa in cui siamo bravə e qualcos'altro meno. Siamo tuttə diversə. Semplicemente, io ballo perché mi piace ballare. Se un giorno il mio ginocchio tornerà al 100%, potremo sempre ripetere l'esperienza. Di questo non mi preoccupo, quindi non importa. E tu?
JH: Grazie a queste riprese ho realizzato che quanto ho fatto finora non è semplice. Ho capito quanto importante sia anche il processo e ora so che ci sono ancora tante cose da imparare. Il mio scopo, in fondo, era proprio quello di imparare. Proprio per questo, ho voluto approcciarmi a questo progetto con serietà ed impegno. Ad ogni modo, è proprio vero che il tempo vola. Sembra solo ieri che abbiamo iniziato le riprese, e ora sono già finite. Grazie infinite per tutto l'aiuto che mi hai dato durante questo progetto.
BK: Grazie a te per aver pensato a me e per avermi proposto di partecipare. È stata l'opportunità di riflettere sulla mia passione per il ballo e su cosa farò ora. Facciamo un brindisi finale.
JH: Brindiamo alla 2a stagione, ad una vita pervasa dal ballo, alla buona guarigione del tuo ginocchio e all'importanza di dare sempre il 120%! (fanno un brindisi).
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“ La violenza dei giorni del colpo di stato, la brutalità della repressione, l’avevano solo sfiorata. Anche quando ne parlava a anni di distanza; anche quando raccontava episodi sinistri o atroci le brillavano gli occhi, e diceva, sai, è strano, ma di quel periodo ho anche ricordi bellissimi. Aveva avuto fortuna. Nessun militare aveva sfondato la porta di casa sua o portato via membri della sua famiglia, non aveva visto cadaveri: il primo sarebbe stato quello di una ragazza, lanciato di notte dai militari dentro al recinto dell’ambasciata. Ma questo è successo quando Iris era già al sicuro, e anche mettersi al sicuro era stata un’avventura a lieto fine. Avevano preso un taxi, di notte, lei e una sua amica; l’amica era terrorizzata, lei no; erano scese a un paio di isolati di distanza; arrivate di corsa sul posto senza che nessuno le fermasse, Iris si era appoggiata con la schiena al muro dell’ambasciata, poco piú di due metri, e aveva unito le mani facendo scaletta; l’amica aveva preso lo slancio arrivando in cima, e con una gamba di là e una di qua l’aveva aiutata a tirarsi su. Dall’altra parte avevano rischiato di atterrare addosso a uno con un braccio al collo, seduto per terra proprio sotto il muro, a fumare; le aveva perdonate con un sorriso e si era raccomandato di far piano: all’interno dormivano. Sarà stata giovanile incoscienza, sarà stato per la tendenza delle persone per bene a negare il male se proprio non ci vanno a sbattere contro, ma Iris non ricorda di aver avuto paura in quei giorni.
Nell’ambasciata c’era di tutto: dirigenti socialisti e comunisti di mezz’età insieme a ragazzi finiti nei guai per aver scritto uno slogan su un muro; adolescenti soli e famiglie con bambini; i severi militanti di partito e i cosiddetti cani sciolti, che non facevano parte di nessuna organizzazione e le criticavano tutte. Qualcuno di loro era stato arrestato, qualcuno torturato. Tutti ce l’avevano fatta per un pelo, nessuno sapeva come sarebbe andata a finire; ma c’era anche allegria: si respirava, dice Iris, non tanto la sconfitta (a quella ci avrebbero pensato dopo), ma il profumo della vita che, a dispetto di tutto, va avanti. Ecco che non c’erano piú lezioni, serate noiose in famiglia, zie beghine che cautamente indagavano sulla sua vita sentimentale. Quasi tutti nell’ambasciata erano simpatici; tutti erano preoccupati, molto; e alcuni, i cosiddetti contagiosi, trasmettevano agli altri la loro agitazione; ma bastava spostarsi di venti metri per trovare un gruppetto dove si cantava una canzone o si discuteva di letteratura. In quei giorni Iris ha perso la verginità: probabilmente in simultanea e, dice, praticamente a contatto di gomito con un paio di altre ragazze. Si dormiva per terra, su materassi forniti dalla croce rossa, in tanti in ogni stanza. Il personale dell’ambasciata aveva cercato di mettere un po’ d’ordine, per esempio destinando a ragazzi e ragazze due piani diversi della palazzina, con in mezzo, a separarli, le famiglie. L’unica conseguenza era stata, ogni notte, un intenso traffico sulle scale. Ovviamente, arrivati a destinazione, di intimità neanche a parlarne; ma, dice Iris, a quell’età ci si adatta a cose ben peggiori. “
Guido Barbujani, Soggetti smarriti. Storie di incontri e spaesamenti, Einaudi (collana Super ET Opera Viva), febbraio 2022¹; pp. 140-142.
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L'ideologia
Raramente chi cambia convinzioni cambia ideologia.
Stanisław Jerzy Lec
Come ogni volta è stato necessario dal conseguimento dei miei 18 anni, anche ieri sono andato a votare. Dalle prime lezioni Europee, la percentuale di partecipazione dei votanti è calata di quasi 20 punti percentuali.
È molto bello leggere qui le considerazioni che scorrono in dash sull'argomento, e vorrei portare la mia particolare attenzione per tre temi che trovo affascinanti ma spesso brutalmente semplificati.
I primi due sono collegati. L'aumento a livelli mai visti dell'astensione, pone in cattiva luce coloro che non hanno esercitato il proprio diritto di voto, in una posizione alquanto intrigante nell'indagine sui perché non siano andati a votare. Sulla questione, sebbene a mio parere è più importante votare che non farlo, sono molto meno estremista di chi sostiene che a)non ci si può poi lamentare e b) si fa un favore a certe fazioni politiche (questo punto sarà la partenza della seconda questione). L'articolo 48 della Costituzione Italiana stabilisce che il voto è personale, uguale, libero e segreto e che il suo esercizio è un «dovere civico». Sull'ultimo punto, che è ambiguo, la doverosità si lega solo all'espressione del vincolo politico di appartenenza al popolo, che vuol dire che se non si vota non ci sono sanzioni civili o penali, e l'unico vincolo esistente è morale. Siccome essa è varia e per fortuna non viviamo ancora in uno Stato Etico, credo che sia doveroso essere meno istintivi e più riflessivi sul punto, per lo stesso principio per cui, e ne sono fermamente convinto, è inopportuno e insensato chiedere alle famiglie di fare più figli per sostenere la natalità.
Seconda questione: i motivi del non voto. Il più sentito è la mancanza di corrispondenza tra i propri ideali e quelli proposti dalle compagini politiche. È un punto inattaccabile, lo ammetto. Ma mi chiedo a questo punto se esista davvero qualcosa che possa essere esauriente nella corrispondenza tra i nostri ideali e la realtà. Avendo avuto mezza famiglia impegnata in politica negli anni precedenti, ho avuto la fortuna di leggere i verbali delle assemblee delle sezioni del Partito Comunista Italiano della mia città e della mia provincia. Già allora esistevano le contestazioni su cosa fosse o meno di sinistra (accusando immancabilmente gli altri di non capirlo), con argomentazioni a volte di una sottigliezza politica ed intellettuale ammirevole, ma il tutto si discuteva e si "risolveva" (il più delle volte) all'interno della sezione, che poi guidava il voto, che era compatto per ideologia di partito oltre le differenze individuali, a volte dal punto di vista politico anche profonde (tanto che poi non si rinnovava la tessera, per esempio). Finita l'ideologia partitica, per motivo storici a volte validi e altri del tutto costruiti prima dal berlusconismo, poi dal populismo dilagante, non vorrei che si spingesse gli elettori a scegliere le proprie idee con la stessa mentalità con cui scegliamo un bene di consumo, attenti alle parole slogan, a particolari che politicamente sono inutili ma nella propaganda efficaci e soprattutto ad un modo di pensare che ormai, per ogni questione, polarizza l'attenzione sugli estremi delle posizioni, fa di tutto per rendere inutile il dialogo, e mette sempre le questione ad un bivio, questo si etico, per cui se non sei così non sei buono e viceversa. Dando solo una sempre più incontenibile potenza all'individualismo.
In un post che mi è piaciuto molto, @biggestluca pone l'accento sull'importanza di riprendere un discorso di cultura politica di base che, e lo condivido in pieno, è del tutto scomparsa. Anche in questo caso, il ruolo delle strutture del partito o di quelle che nella scienza politica venivano detti "corpi intermedi", si è dissolto lasciando uno spazio desolante di mancanza di riferimento, solo in parte sostituita, a volte unica via, dall'informazione personale. Che se da un lato è percorso formativo necessario, dall'altro rischia di travolgere i concetti e di definirli secondo le dinamiche del punto secondo. Faccio un esempio recentissimo: le bellissime immagini delle vittore dei ragazzi e delle ragazze dell'Atletica italiana ai recenti Europei di Roma, con la loro bellezza multiculturale (che quindi in parte è già viva e presente, sebbene impedita con norme oscene dallo Stato) sono quasi tutte descritte come una risposta anti-Vannacci, issando un pensiero che rimane pur sempre minoritario (che è quello di questo tizio, stando ai numeri), dandogli maggior importanza di quello che è. La questione gioiosa, che da un lato nasconde problematiche annose e politicamente rilevanti, finisce per essere una sorta di sfottò al personaggio salito alla ribalta delle cronache.
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