#narrativa e riflessione
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pier-carlo-universe · 13 days ago
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Gli Affidabili di Francesco Luzzini: un affresco ironico e profondo della provincia globale. Recensione di Alessandria today
Francesco Luzzini racconta vite intrecciate tra modernità e tradizione, in una narrativa che unisce leggerezza e riflessione.
Francesco Luzzini racconta vite intrecciate tra modernità e tradizione, in una narrativa che unisce leggerezza e riflessione. Recensione: “Gli Affidabili – Cronache di provincia globale” di Francesco Luzzini è un romanzo che cattura con la sua combinazione di ironia, profondità e un realismo disarmante. Ambientato in una provincia italiana, ma con echi universali, il libro si presenta come un…
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princessofmistake · 8 months ago
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Basta cedere alla disperazione, lamentarsi, lagnarsi: al dolore si finisce per abituarsi. E fa male. Fa male non essere perfetti. Fa male doversi preoccupare di lavorare per mangiare e avere un tetto. E con ciò? Sarà pure ora. Questo mese finisce il mio primo quarto di secolo, vissuto all'ombra della paura: paura che mi venisse a mancare una qualche perfezione astratta. Ho spesso lottato, lottato e conquistato, non la perfezione, ma l'accettazione del mio diritto di vivere nei miei termini umani, imperfetti.
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matmatto1 · 21 hours ago
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IO CORRO DIETRO ALLE MIE OMBRE
In un mondo in cui il tempo sembrava scorrere in modo strano,
c'era un individuo intraprendente,
inseguito dalle sue ombre personali.
Il tempo aveva un ritmo irregolare, tik, tok, tak, tik, tok, tak,
e l'orologio sembrava disorientato, incapace di segnare con precisione l'andare del tempo.
Questa persona corse dietro alle sue ombre,
come se cercasse di inseguire se stessa,
girando in un cerchio senza fine.
Era come il Coniglio Bianco di Alice che lo guidava
verso un mondo sconosciuto, in una dimensione al di fuori del tempo comune.
Passato, futuro e presente si mescolavano in un tempo indefinito
che sembrava non passare mai e che lo intrappolava in un tunnel oscuro e senza fine,
portandolo al centro del mondo.
L'ambiente era caratterizzato da eclissi di luna,
dove la luce scompariva,
e sorrisi recitati di personaggi dallo stato mentale disturbato,
minacce velate e occhiate nel buio.
In questo mondo surreale, un gatto misterioso
si divertiva a sparire e riapparire,
ridendo mentre giocava con topi impazziti
che erano terrorizzati da lui.
Nel frattempo, questa persona prendeva il tè con il Cappellaio,
in un mondo che andava fuori di testa.
Giocheranno a scacchi, sfidando la regina,
e alla fine questa persona dimostrerà di essere all'altezza del gioco.
Nel Paese delle Meraviglie, tutto era strano,
e la normalità sembrava essere molto lontana.
Questo mondo era come un miraggio che scompariva nel buio,
mentre il Cappellaio e la lepre correvano in cerchio, intrappolati nel tempo senza fine.
La Regina di Cuori minacciava con la sua lama,
ma questa persona, con astuzia, evitava le sue trame e calunnie,
che diventavano drammi auto-flagellativi.
In seguito, la Regina di Cuori si ritrova seduta in una bettola,
circondata da ubriaconi, che beveva vino scadente
e rifletteva sulla sua infelicità.
Nel vortice del tempo, ballava senza fine,
sfidando le lancette dell'orologio che sembravano non riuscire a fermarli.
Correndo dietro al Coniglio Bianco,
intrapresero un viaggio alla ricerca del divino.
Il tempo continuava a scorrere in modo bizzarro,
ma queste strane avventure sembravano non avere fine.
Nel loro mondo incantato, il divertimento era perpetuo, il tempo si fermava.
E così, in questo regno unico, il tempo si fermò davvero,
permettendo a questa persona e ai suoi compagni di godersi un'eternità di meraviglie.
La poesia è un'opera originale dell'artista Matjaš Dellamorte ex Matjaž Borovničar.
Analisi della poesia
"IO CORRO DIETRO ALLE MIE OMBRE
" è una poesia che gioca con il concetto di tempo e di ricerca di sé. L'autore si trova in un mondo surreale, sospeso tra il passato, il presente e il futuro, dove le leggi del tempo sono distorte. La metafora delle ombre rappresenta le lotte interne e le difficoltà psicologiche del protagonista, che tenta di inseguire se stesso senza riuscirci, come se fosse intrappolato in un circolo vizioso. Il Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll diventa una metafora di un mondo alienante e senza logica, dove i personaggi sono condizionati da illusioni e dalla follia, ma anche dal desiderio di trovare un senso nel caos. La tensione tra realtà e fantasia è palpabile, così come la ricerca di una stabilità che sembra sempre sfuggire.
Descrizione della poesia
La poesia utilizza un linguaggio onirico e surreale, evocando un paesaggio inquietante in cui il protagonista è intrappolato. La ripetizione del ritmo del tempo "tik, tok, tak" evidenzia il senso di smarrimento e di attesa che accompagna il protagonista nel suo viaggio senza fine. L'ambientazione, ispirata al Paese delle Meraviglie, funge da allegoria di una realtà frammentata, dove la ricerca di sé e la scoperta del proprio cammino si intrecciano con le sfide interiori e le illusioni del mondo esterno. La figura del Coniglio Bianco, così come il Cappellaio e la Regina di Cuori, rappresentano elementi di una ricerca personale di significato e verità, mentre il tempo sembra deformarsi e allontanarsi dalla logica umana.
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diceriadelluntore · 7 months ago
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Storia Di Musica #328 - Francesco De Gregori, Titanic, 1982
I dischi che ho scelto il mese di Giugno hanno un valore ancora più personale, e sono legati da un fatto. A metà Maggio per aggiustare due tegole lesionate salendo in soffitta per fare spazio ho ritrovato degli scatoloni, e in uno di questi, catalogati in buste di carta, come quelle del pane, vi erano dei dischi. Ne ho scelti 5 per le domeniche di questo Giugno. Il primo era nella busta Dischi di Angela, il nome di mia madre. Interrogata, e felicemente sorpresa di aver ritrovato quello scatolone pensato perso dopo un temporaneo trasloco da casa, mi ha raccontato che non comprò il disco appena uscito, ma dopo qualche anno, dopo aver visto un concerto dell'artista di oggi, uno dei più grandi autori della canzone italiana.
Francesco De Gregori era stato lontano dagli studi di registrazione per tre anni: il 1979 era stato l'anno straordinario di Banana Republic con Lucio Dalla e di Viva L'Italia, disco fondamentale e che contiene una storia particolare. Fu infatti il tentativo della RCA, la sua casa discografica, di promuovere l'artista a livello internazionale. Fu ingaggiato Andrew Loog Oldham, leggendario scopritore e primo produttore dei Rolling Stones, che portò con sé una schiera di tecnici e turnisti britannici, e lo stesso De Gregori registrò delle versioni in inglese di alcune delle sue canzoni più note (Piccola Mela, Rimmel, Generale, una versione di Buffalo Bill con Lucio Dalla) con i testi tradotti da Susan Duncan Smith e Marva Jan Marrow, poetessa statunitense che rimase in Italia per un decennio, collaborando con numerosi artisti (Ivan Graziani adatta un suo brano, Sometimes Man, per Patti Pravo, che diviene una dedica per lei, intitolata Marva).
Decide quindi di concentrarsi su un disco che da un lato riprende progetti giovanili sul recupero delle musiche tradizionali, e dall'altro sia una sorta di concept album. Su questo ultimo punto, fu decisiva la lettura nei mesi precedenti le registrazioni di un libro, L'Affondamento Del Titanic di Hans Magnus Enzensberger. Prodotto da De Gregori con Luciano Torani, Titanic esce nel giugno del 1982. È un disco dove De Gregori lascia da parte la canzone d'amore (solo un brano è riconducibile ad una canzone romantica), musicalmente molto vario e che sembra, attraverso il racconto della mitica nave e del suo tragico destino, una riflessione faccia faccia, personale e spirituale, con il mare, i suoi messaggi potenti e profondi. Si apre con Belli Capelli, l'unica canzone d'amore, che lascia lo spazio a Caterina, emozionate omaggio a Caterina Bueno, cantautrice fiorentina che fu la prima a credere nel giovane De Gregori, chiamato come chitarrista nel 1971: i versi «e cinquecento catenelle che si spezzano in un secondo» sono un omaggio ad un brano di Bueno, «e cinquecento catenelle d'oro/hanno legato lo tuo cuore al mio/e l'hanno fatto tanto stretto il nodo/che non si scioglierà né te né io». La Leva Calcistica Del '68 è uno dei classici degregoriani, toccante racconto di un provino calcistico di un dodicenne nel 1980, con uno dei testi più belli del Principe (E chissà quanti ne hai visti e quanti ne vedrai\Di giocatori tristi che non hanno vinto mai\Ed hanno appeso le scarpe a qualche tipo di muro\E adesso ridono dentro al bar\E sono innamorati da dieci anni\Con una donna che non hanno amato mai\Chissà quanti ne hai veduti\Chissà quanti ne vedrai). La parte centrale del disco, musicale ed emozionale, è la cosiddetta trilogia del Titanic. L'Abbigliamento Di Un Fuochista, cantata con Giovanna Marini (grande custode della musica tradizionale italiana, recentemente scomparsa) racconta una storia di emigrazione attraverso il doloroso dialogo madre-figlio sullo sfondo della tragedia, e De Gregori in un disco successivo, altrettanto famoso, La Donna Cannone (1983), inserirà un brano, La Ragazza E La Miniera, che è la prosecuzione narrativa di questo brano. Titanic, dal meraviglioso ritmo sudamericano, è il brano metafora della questione sociale: la divisione in classi, prima, seconda e terza, che accomuna la nave alla società. I Muscoli Del Capitano inizia come Il Tragico Naufragio Della Nave Sirio, canzone popolare resa celebra da Caterina Bueno, e molti notarono lo stile particolare del testo, un riferimento alla narrazione futurista del progresso, della potenza meccanica, al mito dell'acciaio e dell'industria. La canzone, meravigliosa, sarà oggetto anche di numerose riletture, e ricordo quella convincente di Fiorella Mannoia in Certe Piccole Voci (1999). Il disco si chiude con il riff, spiazzante, di 150 Stelle, sulle bombe e i bombardamenti, con il simpatico rock'n'roll di Rollo & His Jets, che nel testo cita due dei suoi migliori collaboratori, Peppe Caporello (bassista mezzo messicano soprannominato chicco di caffè) e Marco Manusso (chitarrista con quel nome strano) che insieme con Mimmo Locasciulli suonarono nel disco. Leggenda vuole che per gli arrangiamenti dei fiati Caporello volle un paio di scarpe di tela Superga bianche. Chiude il disco il pianoforte, dolcissimo e malinconico, di San Lorenzo, in ricordo dei bombardamenti del 19 luglio 1943 sul quartiere romano di San Lorenzo ad opera degli alleati. Canzone stupenda, è anch'essa ricchissima di riferimenti: i versi su Pio XII che incontra la gente si rifà ad una famosissima fotografia (scattata però, ma si seppe anni dopo, davanti alla Chiesa di San Giovanni In Laterano, nell'agosto del '43 dopo la seconda sequenza di bombardamenti), il verso Oggi pietà l'è morta, ma un bel giorno rinascerà è presa dal famoso canto partigiano di Nuto Revelli.
Il disco, con in copertina il merluzzo su un piatto in un frigorifero accanto a un limone tagliato fotografato da De Gregori e colorata da Peter Quell, fu anche un successo di critica e di vendite: nonostante non ebbe traino da nessun singolo, vendette 100000 copie nel primo mese, regalando le sue canzoni stupende, con De Gregori che fu il primo a ripercorrere le orme del Battiato de La Voce Del Padrone, unendo nel modo più convincente la tradizione cantautorale, in questo lui un Maestro insuperato, con il grande pubblico.
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multiverseofseries · 4 months ago
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Beetlejuice Beetlejuice: il ritorno del cult di Tim Burton è un sentito omaggio
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Il classico di Tim Burton degli anni '80 torna con parte del cast originale, da Michael Keaton a Winona Ryder, oltre alla new entry Jenna Ortega. Presentato al Festival di Venezia 2024.
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La musica incalzante di Danny Elfman, la camera che scivola sulla cittadina di Winter River. È con un brivido che si accoglie l'apertura di Beetlejuice Beetlejuice, da fan di vecchia data del cult di Tim Burton e da amanti della filmografia del regista. Perché si capisce subito che è proprio ai fan di vecchia data che parlerà in prima battuta il film, questo ritorno che si affida a buona parte del cast originale, da Michael Keaton a Winona Ryder, con delle new entry d'eccezione come Willem Dafoe, Jenna Ortega e, ovviamente, Monica Bellucci.
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Winona Ryder torna nel sequel
Una trama (troppo?) elaborata per Beetlejuice Beetlejuice
Partiamo dallo spunto e l'intreccio, che ci hanno lasciato sensazioni contrastanti: ci è piaciuto lo spunto iniziale di tornare ai personaggi iconici di Beetlejuice a distanza di tanti anni, per ritrovare i Deetz e vedere come sono diventate le loro vite, dalla madre Delia che ancora insegue le sue pulsioni artistiche alla figlia Lydia la cui esistenza è ancora avvolta in quell'alone oscuro che avevamo amato negli anni '80, convogliato nella sua attività professionale. A loro si aggiunge una terza generazione di Deetz, rappresentata dalla figlia di Lydia, Astrid, tutte raccolta nuovamente a Winter River.
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Una sequenza di Beetlejuice Beetleuice
Lì la ragazza scopre il plastico dei Maitland ed entra in contatto con il mondo del soprannaturale in modi inaspettati, aprendo le porte al ritorno di Beetlejuice che è intanto alle prese con l'unico essere che riesce a spaventarlo: la sua ex moglie Delores. Più linee narrative che a tratti non trovano lo spazio e l'equilibrio necessario, come se la voglia di aggiungere idee e spunti avesse preso il sopravvento sulla compattezza narrativa. Un difetto che emerge soprattutto nel secondo atto, per poi sfociare con energia in un gran finale che rende giustizia alla potenza iconica dell'originale.
Un sequel tra evoluzione e omaggio
Abbiamo subito accennato a quello che ci è sembrato l'unico difetto di un film che nel complesso funziona: lo fa in quanto commedia macabra, con il gusto dark di Tim Burton che riemerge come in passato; lo fa in quanto omaggio in grado di parlare ai fan dell'originale, con richiami continui e sensati che i conoscitori sapranno identificare e amare; lo fa, ancora, come evoluzione di quei personaggi a cui ci sentiamo legati e che ritroviamo con emozione. In Beetlejuice Beetlejuice si nota, più che in altre produzioni recenti del regista, la voglia di costruire sequenze di grande impatto e nel divertimento che proviamo scorgiamo quello dello stesso Burton.
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Jenna Ortega è una delle new entry del film di Tim Burton
Parallelamente și percepisce la riflessione di un autore più maturo alle prese con personaggi che hanno abituato il suo passato e che esplora con curiosità a distanza di anni. Una riflessione che riguarda loro, ma in parallelo anche se stesso, un modo per ripensare alla sua vita e la sua carriera dal punto di vista privilegiato dell'autore più maturo.
La forza iconografica di Beetlejuice
È indubbio che il primo film abbia una forza iconografica incredibile, che abbia proposto al pubblico una sequenza da storia del cinema (la celebre, impagabile, cena/ballo) e il timore era che il sequel di Beetlejuice non riuscisse a rivaleggiare col suo predecessore su questo fronte. Seppur ovvio che qualcosa di quella potenza sia inarrivabile, non mancano i grandi momenti in questo nuovo film: una sequenza vede protagonista Monica Bellucci, un regalo di Burton all'attuale compagna, un altro è il gran finale, una cerimonia a ritmo di musica.
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Beetlejuice Beetlejuice: un'apparizione di Danny DeVito
Insomma un'operazione riuscita, un film compiuto al di là di qualche problema di gestione delle diverse linee narrative, ma soprattutto un film che i fan di Tim Burton e del primo Beetlejuice - Spiritello porcello apprezzeranno. Da estimatori non possiamo che esserne felici!
Conclusioni
In conclusione Beetlejuice Beetlejuice è un sentito omaggio di Tim Burton al suo film degli anni ’80 e a quel pubblico che l’ha seguito sin dagli esordi. Il cast originale conferma il lavoro fatto sui personaggi e ne evolve la portata, le new entry completano il quadro in termini di evoluzione della storia. Qualche incertezza di scrittura, soprattutto nella parte centrale della storia, non rovina un film che diverte ed evoca quelle sensazioni che dal sequel di Beetlejuice ci saremmo aspettati.
👍🏻
L’estetica di Tim Burton, che ritroviamo con piacere.
Quel gusto per la commedia dark, tipica dell’autore.
Michael Keaton, Winona Ryder e il cast originale.
Un paio di sequenze potenzialmente cult.
👎🏻
Alcune storyline meno sfruttate.
Qualche problema di equilibrio tra vecchi e nuovi personaggi.
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bibliotecasanvalentino · 2 months ago
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Ed eccoci di nuovo qui con la rubrica a cadenza mensile e precisamente l'ultimo giorno di ogni mese, curata dalla nostra utente e amica @valentina_lettrice_compulsiva
Questa rubrica nasce anche e soprattutto da una riflessione che ci accompagna da un po' di tempo: per una "piccola" biblioteca di un piccolo paese non è sempre facile stare al passo con le richieste, i suggerimenti, le necessità degli utenti e non. Per questo motivo, con l'aiuto di Valentina scopriremo nuovi autori e nuove letture, consigli e spunti di riflessione, insieme a curiosità e notizie sui nostri cari libri. E allora, diamo il benvenuto a questo nuovo spazio culturale dove si viaggerà alla scoperta delle case editrici indipendenti: ʟᴇᴛᴛᴜʀᴇɪɴᴅɪᴇ.
La casa editrice di questo mese è: @pelledocaeditore
Buona lettura a tutti!
GHOST STORIES – M. R. JAMES
È la notte di Halloween, quale modo migliore di trascorrerla se non leggendo le storie di fantasmi dello scrittore e medievalista britannico Montague Rhodes James?
La casa editrice Pelledoca, specializzata in narrativa per ragazzi, ha pubblicato un graphic novel che raccoglie i cinque racconti più famosi dell’autore, nell’adattamento di Leah Moore e John Reppion, in cui vengono trattati: il tema della vendetta, del ritorno dal regno dei morti, della curiosità che spinge l’uomo a superare limiti invalicabili.
I protagonisti di queste storie sono studiosi impegnati in misteriose e insidiose ricerche in archivi polverosi o in dimore infestate, che si trovano ad affrontare esperienze al di là dell’umana comprensione.
"LA MEZZATINTA", in assoluto il mio racconto preferito di James, racconta di un dipinto che, notte dopo notte, prende vita per ricordare in eterno la terribile vendetta di un nobile decaduto.
"IL FRASSINO", invece, narra la storia di un albero che nasconde un terribile segreto, legato alla morte di una donna giustiziata per stregoneria
"LA NUMERO 13" racconta di una stanza d’albergo che appare e scompare.
"IL CONTE MAGNUS" è ambientato in un mausoleo misterioso nel quale sarebbe meglio non entrare.
“FISCHIA E IO VERRÒ DA TE” narra di un fischietto capace di evocare mostri e demoni.
Le splendide illustrazioni di Fouad Mezher, Alisdair Wood, George Kambadais, Abigail Larson e Al Davison costituiscono il valore aggiunto del volume.
COSA MI È PIACIUTO
Adoro la letteratura gotica e, in particolare, le storie di fantasmi. Quelle di M. R. James mi hanno sempre affascinata per le ambientazioni cupe e le vicende oscure che le caratterizzano.
COSA NON MI È PIACIUTO
Purtroppo l’età avanza e ho avuto un po’ di difficoltà a leggere le vignette di alcune tavole.
   
L’AUTORE
M. R. James (1862-1936) è stato uno scrittore e studioso medievale, ricordato soprattutto per le sue storie di fantasmi che sono considerate tra le migliori del genere. I racconti di M. R. James continuano ad influenzare molti dei grandi scrittori di oggi, tra cui Stephen King  (che discute di James nel libro di saggistica del Danse Macabre, 1981) e Ramsey Campbell.
LA CASA EDITRICE
I libri di Pelledoca editore vogliono raccontare storie belle, forti e particolari. Storie da brivido, capaci di tenere il lettore con il fiato sospeso e gli occhi incollati alla pagina. La casa editrice ha fatto una scelta precisa, decidendo di occuparsi solo di thriller, noir e mistero. Chi scrive per Pelledoca accompagna i lettori, soprattutto i più giovani, in un mondo narrativo di intrighi in cui si muovono personaggi equivoci, vittime e carnefici, ma anche astuti eroi.
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campanauz · 4 days ago
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Cosa ho letto quest'anno:
Le notti bianche, Fedor Dostojevskij
4/10, romanzo sentimentale, abbozzo di un opera breve, affronta le nevrosi di un protagonista molto solo che respira e vive dell'aria di San Pietroburgo. La descrizione dell'atmosfera è figlia del suo tempo, un opera molto lontana dal mio genere.
Istruzioni per rendersi infelici, di Paul Watslawick
10/10, Romanzo brevissimo ed estremamente ironico su come rovinarsi la vita dal punto di vista di un luminare di psicologia (uno dei capisaldi della psicologia contemporanea). Esilarante, miglior lettura di quest'anno.
Girl Juice di Benji Nate
7/10, autrice divertentissima, forse sono un po' fuori target per questa autrice. Graphiccnovel.
Quando muori resta a me, Zerocalcare
8/10, bellissimo ma non sono riuscita ad entrare in contatto con i personaggi. Limite mio sicuramente. Graphic novel.
Tutta sola al centro della terra, Zoe Thorogood
8/10, ho trovato questo piccolo racconto geniale. La grafica, il punto di vista soggettivo, il cambiamento di registro, di stili. Autrice molto molto interessante. Graphic novel.
Il Maestro e Margherita, Bulgakov
10/10, ironico, commuovente, profondo e leggero. Uno dei miei romanzi preferiti. Audiolibro, seconda lettura (o primo ascolto?)
Una stanza tutta per sé, Virginia Woolf
7/10, riflessione sulla condizione della donna intellettuale nel 1928. Amo la Woolf, disperatamente. Anche quando si perde in giri di parole.
Una stanza tutta per gli altri, Alicia Giménez-Bartlett
5/10, mi ha fatto ridere il titolo. Romanzo piacevole senza pretese. Alla lunga un po' ripetitivo e non ho adorato le allusioni dell'autrice per sottointendere in che chiave leggere il diario della protagonista. Ma non ho rimpianti, onesto.
Rouge, Mona Awad
9/10, secondo romanzo che leggo di questa autrice. Una pazza totale. Entrare nella narrativa della Awad significa prepararsi ad un viaggio lisergico tra metafore e doppi sensi. Ironico, femminile, non mi ha deluso.
Accabadora, Michela Murgia
7/10, primo libro che leggo della Murgia. Delicato. Mi è piaciuto molto.
Il famiglio, Leigh Bardugo
4/10, mi ha affascinato per quasi tutto il libro per lasciarmi estremamente delusa nel finale. Per me è un no.
Dieci cose che ho imparato da Jessica Fletcher, Alice Guerra
4/10, lei simpaticissima ed esilarante, ho sbagliato io a comprare un opera prima di una ragazza che di primo lavoro fa l'influencer. Però nel suo caso il finale era simpatico e il ritmo si è ripreso un po' nelle ultime battute, troppo tardi purtroppo.
Stephen King, Insomnia
8/10, un bel mattone. Ritmo incalzante, ti tiene incollato alle pagine. Forse la trama poteva essere strutturata meglio, ma è scritto talmente bene che non mi sento di volergliene.
Agatha Christie, Poirot sul Nilo
6/10, giallo divertente, ultimo romanzo letto di Poirot. É una compagnia rassicurante e un po' vintage.
108 rintocchi, Yoshimura Keiko
6/10, una storia molto pacifica sull'importanza della comunità. Un romanzo gentile ed ottimista, ogni tanto è piacevole.
Canto di Natale, Charles Dickens
8/10, dovevo leggere tutta la raccolta di racconti di Natale in inglese con una cara amica per Dicembre. Non ci sono riuscita, ma ho umilmente preso almeno l'opera principale dell'opera per leggerla in italiano. Niente da fare, Dickens è geniale. Ha una voce solo sua, e mentre strizza l'occhio al popolino con parentesi sentimentali e ammonimenti morali, non riesce a celare la sua natura ironica e gioconda. Davvero uno spasso.
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londranotizie24 · 26 days ago
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katnisshawkeye · 1 month ago
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Visus
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Scheda informativa
Titolo completo: Visus. Storie del volto dall'antichità al selfie.
Autore: Riccardo Falcinelli
Editore: Einaudi
Prima edizione: 2024
Pagine: 546
Prezzo: € 25,00
Trama
Cosa c'è di più facile del volto? Tutti ne abbiamo uno, e abbiamo a che fare con quello degli altri. Eppure, di tutte le cose che ci capita di guardare, il volto rimane la più enigmatica.
Pubblicando i selfie su Instagram ci poniamo gli stessi problemi che si è posto ogni artista e comunicatore nella Storia: cercare di rendere una faccia più eroica, autorevole, addirittura divina. O magari conferirle valori morali, come i pittori del Rinascimento, che ritraevano i sovrani accanto a una colonna o una tenda per esprimere maestà e prestigio. La faccia è la parte del corpo più soggetta ad attribuzioni di senso: anche se tendiamo a considerarli qualcosa di «naturale», i volti sono sempre stati una costruzione culturale. Da Alessandro Magno a Rita Hayworth, da Elsa di “Frozen” al bambino della Kinder, dall'icona di Cristo fino alle foto sulle lapidi dei nostri nonno, con immensa profondità di analisi e verve narrativa, Falcinelli inventa una «facciologia», chiamando in causa l'arte, la semiotica, le neuroscienze, la storia politica, la moda e i cosmetici. Perché il volto che ci costruiamo può determinare la vita che faremo.
Recensione
Come esseri umani, il viso (dal latino visum, participato passato del verbo video, “la cosa vista, l'immagine, l'apparizione”) è una parte fondamentale del nostro essere: è la prima cosa che ci fa apparire davanti agli altri ma, anche, davanti a noi stessi. Ed è anche per questo che lo chiamiamo anche faccia (dal latino facio, “fare”, ma anche “comporre, rappresentare, fingere, creare, immaginare”): noi, come esseri umani appariamo e facciamo in modo di crearci una nostra apparizione, perché vogliamo e desideriamo nostro volto (dal latino volo e voluptas, “immagine del volere e del desiderio”) — la parte più visibile del nostro corpo (dal latino vultûs, “il lato visibile di qualcosa”) — splenda (dal latino vulthus, “splendere”).
E, attraverso il viso, Riccardo Falcinelli ripercorre la storia umana per analizzare come ogni epoca lo ha rappresentato, costruito, usato e distrutto, dando splendidi spunti di riflessione da integrare nel punto di vista di tutte le arti visive.
Valutazione
★★★★★ 5/5
Dello stesso autore
Critica portatile al Visual Design, Einaudi, 2014
Cromorama, Einaudi, 2017
Figure, Einaudi, 2020
Filosofia del Graphic Design, Einaudi, 2022
Supportami su Instagram!
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questsphere-nexus · 1 month ago
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L'Europa e la guerra in Ucraina: tra speranze di Trump e la realtà geopolitica
Il pessimismo del ex ministro Kuleba, rilasciato dopo una serie di dichiarazioni in merito alle prospettive di pace, offre uno spunto di riflessione sulle dinamiche geopolitiche che stanno plasmando il conflitto in Ucraina. Secondo Kuleba, l'arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, previsto per il 20 gennaio, non rappresenterebbe la soluzione auspicata da molti, poiché il presidente russo Vladimir Putin non è interessato a negoziare, ma piuttosto a sfruttare la debolezza percepita dell'Occidente. Le sue parole non sono un monito, ma una constatazione: la guerra, per il momento, non sembra destinata a fermarsi.
Mentre l'Occidente si divide sulle risposte da dare a Mosca, il fronte ucraino continua a subire pressioni. Le affermazioni di Kuleba, già ministre degli Esteri ucraini, non sono una novità: da mesi denuncia l'insufficienza e la lentezza con cui gli alleati occidentali supportano l'Ucraina, soprattutto sotto il profilo degli armamenti. Il suo pessimismo non è solo un riflesso della situazione attuale, ma anche una riflessione sulle scelte strategiche del suo paese, intrappolato tra la necessità di difendersi e la mancanza di una via diplomatica credibile.
La questione dei combattenti stranieri, che si schierano sotto le bandiere ucraine come membri della Legione Internazionale, merita un'attenzione particolare. Se da un lato si fa appello ai "buoni" contro i "cattivi", dall'altro la presenza di forze straniere tra le fila dell'esercito di Kiev non viene trattata con la stessa retorica. La narrativa mediatica tende a dipingere i combattenti russi come mercenari privi di valori morali, mentre quelli ucraini sono presentati come difensori della libertà. Eppure, la realtà è ben più sfumata. Tra i combattenti ucraini ci sono anche soldati provenienti da paesi come gli Stati Uniti, i paesi baltici e il Sud America, ma la loro presenza viene minimizzata o giustificata come una lotta contro l'aggressore russo.
Questo doppio standard, che tra l'altro vede l'Europa divisa tra il sostegno a Kiev e le preoccupazioni per le proprie capacità economiche, riflette una contraddizione più profonda. Se l'Occidente si sforza di mantenere una facciata unita, dietro le quinte si fa sempre più strada la consapevolezza che le risorse europee non sono infinite e che la guerra sta erodendo rapidamente i fondi già risicati. Non è un caso che Mark Leonard, del European Council, abbia recentemente sollevato il timore che il conflitto possa portare a un inasprimento delle politiche interne, con le economie europee già sotto pressione dalla crisi del costo della vita e dalle difficoltà post-pandemia.
Intanto, l'Europa sembra trovarsi in una posizione di attesa. Mentre il governo di Kiev continua a chiedere aiuto, le capitali europee appaiono divise su come reagire in caso di una possibile vittoria di Trump. Il suo discorso di riduzione dell'intervento americano in Ucraina e la promessa di porre fine al conflitto sembrano mettere sotto pressione i leader europei, che, da un lato, temono un ridimensionamento dell'aiuto da parte degli Stati Uniti e, dall'altro, non sanno come reagire qualora le promesse di Trump dovessero concretizzarsi. La posizione europea diventa ancora più precaria se si considera che le risorse per l'armamento provengono in gran parte dagli Stati Uniti, facendo così aumentare la dipendenza dell'Europa da Washington.
La questione che si pone è quindi questa: come reagirà l'Europa se dovesse trovarsi senza l'appoggio americano? Gli attuali segnali non sono promettenti. L'iniziativa diplomatica sembra essersi fermata e la posizione della leadership europea, che continua a dichiararsi pronta a sostenere Kiev, potrebbe rivelarsi insostenibile nel lungo termine. Le contraddizioni interne alla politica europea e le divergenze tra i vari Stati membri mettono in luce la mancanza di una strategia unitaria, mentre la guerra in Ucraina continua a determinare l'agenda internazionale.
In questo scenario, il futuro della guerra in Ucraina sembra essere appeso a un filo sottile. Le dichiarazioni di Kuleba, che descrivono un fronte sempre più fragile e un possibile collasso della resistenza ucraina, non sono solo una previsione pessimistica, ma un segno della crescente difficoltà di mantenere un fronte unito, sia all'interno dell'Ucraina che tra gli alleati. In assenza di un cambiamento radicale, la guerra rischia di continuare ad evolversi in modo imprevedibile, con ripercussioni sempre più gravi per tutta l'Europa.
✍️ Giulia A.
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empedoclecielo · 1 month ago
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Sciascia Alien
Universo senza donne: Sciascia non narra mai di grandi passioni sentimentali. Nel suo universo la donna, come costante essenziale di tutte le altre vicende umane, non esiste.
Protagonisti sono i capipopolo e gli assassini, i cardinali, i ruffiani, i colonnelli dei carabinieri, i ministri, i confidenti di polizia, i teologi, i viceré, gli accattoni: la donna mai!
In quello che probabilmente resta il suo libro esemplare, per perfezione narrativa e nitidezza di significati morali, “Il giorno della civetta”, unico personaggio femminile presente in tutto l’arco del racconto è la vedova Nicolosi, che praticamente costituisce il perno dialettico dell’intera vicenda: il marito è stato assassinato per un delitto di mafia, e tuttavia qualcuno vuole dimostrare com’egli sia stato semplicemente trucidato da un misterioso amante della donna. C’è, per un attimo, un presentimento da tragedia greca. Ma appena la vedova Nicolosi fa un passo avanti (che diamine, l’uomo che hanno ucciso era il suo uomo, tutto dovrebbe gridare vendetta, violenza, passione in lei) Sciascia la ricaccia subito gelidamente indietro. E’ gelido anche nel descriverla, quasi con l’involontaria ironia di un verbale di carabinieri: «Era bellina la vedova; castana di capelli e nerissimi gli occhi, il volto delicato e sereno ma nelle labbra il vagare di un sorriso malizioso. Non era timida. Parlava un dialetto comprensibile. Qualche volta riusciva a trovare la parola italiana, o con una frase in dialetto spiegava il termine dialettale!».
Tutta la storia d’amore di questa donna, giovane, bella, alla quale hanno letteralmente strappato il marito per farne pupo da zucchero (un dolce tipico siciliano che si regala ai bambini nel giorno dei Morti), tutta la passione, i fremiti, il desiderio tradito, il dolore, la violenza sensuale, i sogni spezzati, l’essere donna di questa vedova, tutto il suo grido di femminilità violentata, si racchiude in questo placido periodo, allorché ella racconta il suo rapporto con l’ucciso:
«Egli ha conosciuto me ad un matrimonio: un mio parente sposava una del suo paese, io sono andata al matrimonio con mio fratello. Lui mi ha vista e quando quel mio parente è tornato dal viaggio di nozze, lui gli ha dato incarico di venire da mio padre per chiedermi in moglie. Dice “è un buon giovane, ha un mestiere d’oro”, e io dico che non so che faccia ha, che prima voglio conoscerlo. E’ venuto una domenica, ha parlato poco, per tutto il tempo mi ha guardata come fosse in incantamento. Come gli avessi fatto una fattura, diceva quel mio parente. Per scherzare, si capisce. Cosi mi sono persuasa a sposarlo!». Nelle donne di Sciascia non ci sono proiezioni d’ombre e trasalimenti di Ecuba, Fedra, Medea, nessuna femminilità tragica e furente, nessuna donna come madre della vita. Il rapporto sentimentale fra uomo e donna è sempre grigio, usuale, senza misteri. Sciascia probabilmente non ritiene la donna pari all’uomo, né come individuo, né dentro la storia. Una aggregazione, una appendice, un elemento di spettacolo. Le donne: mogli, amanti, duchesse e puttane, vengono sulla scena a recitare la loro parte e basta. Sono ininfluenti, emettono suoni, non comunicano sentimenti. Comparse che servono semmai alla battuta del maschio, alla sua riflessione; al più sono comprimarie utili al dialogo, in cui tuttavia gli uomini protagonisti formulano infine il pensiero essenziale, l’unico degno di rispetto.
da I Siciliani (maggio 1983)
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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Il lusso della giovinezza di Gaetano Savatteri: Un'indagine tra mistero e generazioni nelle Madonie. Recensione di Pier Carlo Lava
Saverio Lamanna e Peppe Piccionello tornano in una nuova avventura, tra ironia e riflessioni sulla gioventù e il futuro
Saverio Lamanna e Peppe Piccionello tornano in una nuova avventura, tra ironia e riflessioni sulla gioventù e il futuro. Ne Il lusso della giovinezza, Gaetano Savatteri ci porta sulle alte Madonie in compagnia dell’ormai celebre duo di investigatori involontari: Saverio Lamanna, giornalista disoccupato, e Peppe Piccionello, suo amico e mentore. I due si ritrovano a indagare su un misterioso…
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blog-980089 · 2 months ago
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Il Viaggio di Paulo Coelho verso l’Icona Letteraria Globale
Paulo Coelho è diventato uno dei più celebri scrittori contemporanei grazie alla sua capacità di toccare corde universali con le sue storie spirituali e ricche di saggezza. Nato in Brasile, la sua vita è stata un percorso straordinario che lo ha portato da esperienze difficili a un successo globale come autore. Il suo cammino, nonostante le numerose sfide, ha ispirato milioni di lettori in tutto il mondo, e attraverso piattaforme come z.library Coelho ha visto le sue opere diffondersi tra coloro che amano la lettura digitale.
Le Origini di Coelho: Ribellione e Sogni Infranti
Il viaggio di Coelho inizia con una giovinezza turbolenta caratterizzata da una ricerca costante di libertà e comprensione. Cresciuto in una famiglia conservatrice, trovava spesso rifugio nei libri e nei sogni di diventare uno scrittore. Tuttavia, il suo spirito ribelle portò anche a difficoltà personali. Fu mandato in istituti psichiatrici dai genitori preoccupati per il suo comportamento anticonformista ma non si lasciò abbattere e usò queste esperienze come fonte d’ispirazione.
Un insegnamento nascosto nella sua esperienza adolescenziale è l’importanza della perseveranza e della ricerca di sé, valori che traspaiono in molti dei suoi scritti. È come se ogni libro fosse una parte di lui stesso riflessa tra le pagine.
Il Momento di Cambiamento: Santiago e il Pellegrinaggio
Uno dei momenti più significativi nella vita di Coelho avvenne quando decise di intraprendere il famoso cammino di Santiago de Compostela. Questo pellegrinaggio fu un’esperienza di trasformazione profonda che segnò una svolta spirituale e letteraria nella sua vita. Al termine del cammino, Coelho sentì il bisogno di condividere questa scoperta interiore attraverso la scrittura.
Il Pellegrinaggio divenne il primo romanzo in cui Coelho esplora il concetto di ricerca personale e realizzazione, un tema che sarebbe poi diventato centrale in tutta la sua opera. Per lui, scrivere non era solo raccontare una storia, ma offrire ai lettori una guida alla scoperta di sé.
L'Alchimista: Il Successo Mondiale
Con la pubblicazione de L’Alchimista, Paulo Coelho raggiunse il successo planetario. Questo romanzo, incentrato sulla ricerca del proprio destino, ha conquistato lettori di ogni età e cultura per la sua semplicità e profondità. L’alchimista ha venduto milioni di copie e ha trasformato Coelho in una figura iconica nella letteratura moderna.
La sua popolarità si basa su alcuni punti distintivi che fanno di lui un autore unico:
Storie dal linguaggio semplice e diretto
Temi universali come l’amore e la realizzazione personale
Spiritualità e filosofia accessibili a tutti
Utilizzo di personaggi che riflettono il viaggio interiore dell’autore
Inoltre, la presenza delle sue opere nelle biblioteche digitali ha permesso a sempre più persone di scoprire il suo mondo letterario senza dover andare in una libreria fisica.
Il Messaggio di Coelho: Trasformare il Dolore in Crescita
I libri di Paulo Coelho non sono solo romanzi ma veri e propri strumenti di riflessione per affrontare le sfide della vita. Coelho invita i lettori a considerare le difficoltà non come ostacoli, ma come opportunità di crescita e trasformazione. La sua filosofia si rivolge a chiunque cerchi uno scopo più profondo nella propria esistenza e riconosce che la vita è una continua evoluzione.
Riflessioni Spirituali nei Romanzi di Coelho
Le riflessioni spirituali sono il cuore della narrativa di Coelho. Nei suoi romanzi, ogni esperienza è vista come un tassello essenziale del viaggio umano. Tra visioni mistiche e insegnamenti antichi, Coelho invita ciascun lettore a esplorare la propria anima e a trovare risposte dentro di sé.
Un Esempio di Perseveranza per Scrittori Emergenti
Paulo Coelho è oggi una fonte di ispirazione non solo per i lettori, ma anche per molti scrittori emergenti che vedono nel suo percorso una prova che, nonostante le difficoltà, il successo è possibile.
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nusta · 4 months ago
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Finito poco fa in spiaggia, prima che scoppiasse il temporale. Veloce, interessante, insolito. Se vi piace il ciclo arturiano, questa è una riflessione su alcune donne, più o meno protagoniste, delle storie che sono state narrate e rimaneggiate nel tempo. Se vi piacciono le fan-fiction e la narrativa di rielaborazione, è una illuminante critica sulla prospettiva e sulle carenze della rappresentazione e le conseguenze sull'immaginario collettivo. Se avete amato Michela Murgia, è una piccola finestra biografica su un pezzetto della sua vita che ha fatto da significativo ingrediente per quello che è stato composto successivamente.
Non esistono libri innocui, perché non siamo innocui noi. Gli esseri umani sono pericolosi e quello che nutre il loro immaginario si rivela l’innesco di processi di misteriosa combustione, talvolta divampante, talvolta ardente in latenza, come una minaccia in attesa di concretizzarsi. Non sempre ne siamo consapevoli mentre leggiamo e forse è un bene, perché credo saremmo più cauti nel considerare le storie un diversivo al reale: ne sono invece la matrice.
(...)
In nessuno dei libri che avevo letto fino a quel momento il conflitto di genere era mai stato posto con questa chiarezza, né mai l’avevo visto collegato all’immaginario religioso. Ne uscii scioccata. Le considerazioni politiche e specificamente femministe che sono in grado di formulare oggi ovviamente non erano così strutturate mentre leggevo il libro in nave, ma la storia le insinuava in modo molto efficace e per me tutt’altro che indolore. In quella riscrittura c’era però già qualcosa di ineludibile: l’evidenza che il cristianesimo– che negli anni del papato di Giovanni Paolo II sbraitava ancora per essere riconosciuto come unica “radice d’Europa”– appariva sì dominante, ma solo in quanto distruttore di tutte le alternative. Acquisire questa consapevolezza durante la lettura del romanzo non fu un processo neutro per me. Mentre facevo quella traversata in mare nella notte con in mano Le nebbie di Avalon, io ero vicepresidente diocesana dell’Azione cattolica.
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daimonclub · 5 months ago
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Amori, lettura e scrittura in estate al lago
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Estate al lago Amori, lettura e scrittura in estate al lago, un articolo che analizza il romanzo Estate al lago di Alberto Vigevani, con un estratto di alcune pagine del testo. Attorno agli anni '90 avevo trovato allegato ad una rivista, in omaggio, il libro Estate al lago di Alberto Vigevani e benché non fossi un grande amante dei romanzi, visto che non potevo andare in vacanza e poiché in gioventù avevo trascorso spesso delle giornate estive sul lago di Garda, benché in questo caso si trattasse del lago di Como, memore di qualche rifermento ai Promessi Sposi del Manzoni, decisi di leggerlo.  Il lago in ogni caso ha comunque un fascino particolare, e come dicevo anch'io ho trascorso in questi ambienti un bel po' di giornate, prima con mia mamma che mi accompagnava per andare a pescare attorno ai 12-13 anni, nelle acque di Salò, Maderno, Desenzano, poi con i miei amici negli anni turbolenti della mia adolescenza, principalmente a Toscolano Maderno, Manerba, Padenghe, e poi ancora sul Lago d'Idro, e infine ancora con mia mamma alle terme di Sirmione. Ora a distanza di più di trent'anni da quel periodo e a ben 66 anni dalla pubblicazione del libro avvenuta nel 1958, ho deciso di dedicargli questo articolo, anche perché, visto che siamo in estate e la gente in genere legge sempre meno, mi sento di affermare che leggere "Un'estate al lago" di Alberto Vigevani è come concedersi una vacanza letteraria, ricca di emozioni, riflessioni e bellezza. Direi per prima cosa che consigliare questo romanzo, snello ma succulento, significa suggerire un viaggio emozionante nella nostalgia e nella bellezza del passato. Ed ora vi elencherò diversi punti per cercare di convincere qualcuno a non perdere questa occasione letteraria. 1) Vigevani è un maestro nel creare atmosfere che trasportano il lettore direttamente nelle calde estati italiane, tra paesaggi lacustri incantevoli e la quiete della natura. 2) I protagonisti del romanzo sono descritti con una profondità psicologica che permette al lettore di immedesimarsi nelle loro vite e nei loro sentimenti. Le loro storie e interazioni sono il cuore pulsante del libro. 3) La prosa di Vigevani è elegante e poetica, rendendo la lettura un'esperienza estetica oltre che narrativa. La sua capacità di descrivere i dettagli con delicatezza e precisione arricchisce ogni pagina. 4) Il romanzo esplora temi come l'amore, la memoria, la perdita e la ricerca di sé, offrendo spunti di riflessione che risuonano profondamente con i lettori di ogni età. 5) Ambientato negli anni '30, "Un'estate al lago" offre un affascinante spaccato di un'epoca passata. Vigevani riesce a catturare l'essenza del tempo e del luogo, permettendo al lettore di vivere un pezzo di storia italiana attraverso gli occhi dei suoi personaggi. 6) Il libro è pervaso da una dolce nostalgia, che invita il lettore a riflettere sulla propria infanzia e sui ricordi estivi. Questa introspezione rende la lettura profondamente personale e toccante. 7) "Un'estate al lago" è stato accolto favorevolmente dalla critica, che ne ha lodato la qualità narrativa e la profondità emotiva. È un'opera apprezzata sia dai lettori che dagli esperti letterari. 8) La descrizione dei paesaggi, delle giornate estive, e delle piccole gioie quotidiane crea un'esperienza immersiva che consente al lettore di "vivere" l'estate al lago insieme ai personaggi.
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Alberto Vigevani Alberto Vigevani (1918-1999) è stato uno scrittore, poeta ed editore italiano. Nato a Milano, si distinse per la sua produzione letteraria caratterizzata da una prosa elegante e malinconica. Oltre a numerosi romanzi e racconti, Vigevani pubblicò poesie e si dedicò all'editoria, fondando la casa editrice Il Polifilo, specializzata in libri d'arte e di alta qualità tipografica. Le sue opere riflettono spesso la nostalgia per un mondo perduto e la complessità delle relazioni umane. Vigevani è ricordato come una figura importante nel panorama culturale italiano del XX secolo. Oltre a Estate al lago ha pubblicato Un’educazione borghese; La casa perduta; L'abbandono; La breve passeggiata. Ha ottenuto, tra altri, il Premio Bagutta. Estate al lago. L'estate era stata diversa da quelle passate: le ultime vacanze dell'infanzia. Era maturata per Giacomo una nuova età: dalla suggestione dei sensi alle delicate immagini del suo amore puerile. Tutto si poteva dire in silenzio e tutto si scioglieva in contemplazione. Come ha scritto Geno Pampaloni nell'introduzione al testo, la verità del libro è in questo attimo di sospensione vitale, in questo (doloroso e insieme corroborante) diritto al segreto di fronte alla violenza della realtà. E, la sua, una sospensione magica, illusa e labile com'è proprio dell’adolescenza. Ma non è solo sua: è anche l’illusione ansiosa del silenzio e della contemplazione, quella lieve vertigine fatta di insicurezza, di angoscia e di nostalgia che caratterizzò la cultura europea tra le due guerre al cospetto delle dittature e nell’imminenza della tragedia. Pampaloni spiega molto bene la natura del romanzo e tutti i suoi risvolti, come si evince da queste sue riflessioni. " Intendiamoci. La qualità poetica del racconto del Vigevani attinge a una cultura riflessa. Tutto è già alle sue spalle. «Tutto è accaduto», come dice un titolo di Corrado Alvaro, che sentì come pochi altri scrittori, con intelligenza amara, la transizione esistenziale propria del nostro tempo. Non per nulla Alberto Vigevani è libraio antiquario, ed è editore di testi preziosi e dimenticati della più raffinata tradizione, quasi che la sua vocazione di uomo sia dedicata al recupero, all’assaporamento di valori non mercificabili, alla fedeltà della memoria. Dietro di lui scrittore si staglia la grande ombra di Proust, il fascino della grande borghesia colta, intenta a cogliere l’ultima essenza di un mondo stremato dai suoi stessi valori... Perciò, contrariamente allo schema usuale, per cui l'adolescente passa dalla innocenza alla torbida scoperta del sesso, egli supera abbastanza rapidamente l’accensione sensuale, e sublima la sua ricchezza affettiva in un amore impossibile per la bionda e gentile madre del suo compagno di giuochi. Ma ecco che qui racconto d’amore e storia di un’educazione sentimentale si saldano.
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Lago di Como in estate Che cosa rivela a Giacomo l’incontro con la giovane donna e il suo figliolo malato e ardente? 1. La forza della passione, così profonda e coinvolgente da risultare rasserenante anche se dolorosa; 2. L’« armonia e tenerezza» che unisce madre e figlio in un legame meraviglioso, compatto, inscindibile; 3. L'ambiguità della figura materna, ove si mescolano la dolcezza sensuale e il tepore protettivo, oscuro modello e | presagio di un’ambiguità esistenziale che accompagna l’intera vita; 4. La gioia pura e malinconica della bellezza, che invita al silenzio e alla contemplazione; 5. Gli rivela infine la possibilità stessa della rivelazione dell’io profondo, vertiginosa «come se si trovasse sull’orlo della propria vita ». Tutto questo lo prepara all’intuizione finale: «com'era complesso l’amore; non solo desiderio d’armonia, di bellezza, ma anche aspirazione a non esistere più, ad annientarsi. E ancora: vi era qualcosa di crudele, d’irrimediabile, qualcosa che non si sarebbe nemmeno potuto confessare, anche se lo avesse veramente compreso ». Questo è, mi pare, il tratto originale del personaggio (e del libro): la perdita dell’innocenza, momento fatale di ogni adolescenza, si trasforma, come in dissolvenza, nella consapevolezza della complessità dell'amore, con tutto ciò che di ambiguo, di doloroso, ma anche di certo e, in qualche senso, di supremo, tale consapevolezza porta con sé. Mentre si chiudono, tra le prime piogge e i colori spenti dell'autunno, le «ultime vacanze dell’infanzia », l'educazione sentimentale di Giacomo può dirsi compiuta, ma nel senso che il velo d’ombra di un’incompiutezza infinita si proietta a occupare ogni possibile futuro. Il crepuscolo di adolescenza, la lacerazione tra innocenza e maturità, che egli ha vissuto nell’estate al lago, è destinata a durare per sempre. Ma si capisce che, avviandosi ignaro verso i tempi della violenza e della devastazione che si affacceranno alla storia, egli entrerà nella vita non sotto il segno della conquista ma sotto il segno della poesia." Ma ora lasciamo lo spazio ad alcune pagine del libro. I primi giorni di vacanza seguirono rapidi, come una febbre che accalori le guance e svanisca lasciando una stanchezza, un senso di sonnolenza, e ancora fame di nuova stanchezza e di sonno. I cugini erano arrivati: l’Elisa, gentile e non bella, dal corpo pesante, la fronte a bauletto sporgente sopra gli occhi; Aldo, che aveva l’età di Stefano e dipingeva all’acquarello; Mario, un ragazzo calmo, maggiore di Giacomo di due anni. Stavano sempre insieme: nuotavano, andavano in barca, a volte salivano sulla strada di Porlezza, dov'era una valle segnata da un fiumiciattolo incassato, il Senagra. Altre partivano per Cadenabbia o, dalla parte opposta, per Acquaseria e Gravedona, in bicicletta, con la merenda al sacco, e dopo aver fatto il bagno si riposavano sui prati. Formavano una compagnia allegra, con altri giovani che s'erano aggiunti: la bruna che Stefano aveva conosciuto al Lido, Elsa, figlia del padrone dell’albergo Victoria, e il fratello, un giovane basso, il tuffatore migliore della spiaggia, che anche fuori portava una calottina rossa sui capelli impomatati. Poi le due ragazze Lanfranchi, già da Milano amiche dei cugini: la maggiore slanciata, con occhi verdi luminosi; la minore, grassottella e addormentata, con gli stessi occhi, ma sbiaditi e gonfi, che le davano l’espressione attonita di un pesce... Giacomo aveva scoperto per conto suo che l’Elsa non era tutta muscoli, ma d’una bellezza così piena e persuasiva che se ne sentiva attirato. Tuttavia la sua inclinazione non andava oltre il piacere degli occhi e quel senso di vergogna che lo istupidiva se gli capitava di rimanere solo con lei. La presenza di Clara, d’altra parte, riusciva a rendere leggera l’aria che li avvolgeva, nulla in essa s’incideva con troppa asprezza, appena vi si accennavano le amicizie ancora incerte. L’Elisa e la minore delle Lanfranchi divennero inseparabili, Mario stava insieme con Giacomo che era il più giovane ma non stonava in mezzo agli altri, in quei primi giorni in cui tutto scaturiva con spontaneità, come se per le vacanze fossero tornati ragazzi anche i grandi. Forse non badavano alla differenza di età, o lo ammettevano perché li faceva ridere con uscite in cui, incitato dal desiderio di farsi notare, caricava il suo senso dell'umorismo di una capacità d’invenzione che si smentiva di rado. Le zitelle che aveva spaventato in bicicletta erano divenute dei personaggi, così Antonio, il custode, di cui rifaceva la voce e imitava i discorsi farciti d’interiezioni, di proverbi detti a sproposito. Ma forse erano gli altri, a completare o ad accrescere il ridicolo dei suoi accostamenti, delle trovate che gli nascevano spontanee dal troppo parlare, quando si eccitava: la verità era che avevano voglia di ridere, di sentirsi disinvolti e spensierati prima d’addentrarsi nel terreno sfuggente e sconosciuto delle nuove amicizie.
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Cartina del lago di Como Finirono anche quei giorni d’attesa: Stefano ora lo respingeva, se gli andava vicino mentre aveva al braccio l’Elsa; rispondeva a monosillabi. Durante le gite Giacomo e Mario restavano indietro. Prima, avevano tutti riso delle sue immagini, si era sentito ammirato dalle ragazze, invidiato da Mario, in brevi momenti di esaltazione che lasciavano adesso il posto a un risentimento. Supponeva d’essere condannato a portare i calzoni corti in eterno, come un segno d'’inferiorità. Tra loro due e i grandi duravano lunghi silenzi, le parole di Giacomo cadevano senza che nessuno le raccogliesse, e a un tratto s'’accorgevano che i giovani camminavano avanti, sulla mulattiera lungo il monte, o rimanevano solo loro sulla spiaggia, mentre gli altri se n'erano andati in barca senza chiamarli. Li ritrovavano poi che ballavano nella sala a pianterreno della villa o all’albergo Victoria... Presto arrivò luglio. Negli alberghi si davano i primi balli: la stagione vera sarebbe venuta a settembre. Clara si metteva in abito lungo e veniva a farsi ammirare prima di uscire. Stefano vestiva lo smoking e Giacomo gli faceva compagnia mentre si preparava in bagno e annodava la cravatta davanti allo specchio. Forte e giovane, le sopracciglia folte, gli occhi vellutati e scuri uguali a quelli del padre, pareva lontano come mai, e proprio nel momento in cui gli offriva maggiore confidenza. Delle feste parlavano a tavola, il giorno dopo. Gli rimanevano nella mente episodi e nomi di persone, uditi nei discorsi dei fratelli, con il prestigio delle cose inaccessibili. Se la festa era a Menaggio, andava con le domestiche a vedere l’entrata dai cancelli. L’Emilia gli metteva una mano sulla spalla; diceva: «Ti piacerebbe vestirti da sera, ballare anche tu? »... A metà d’agosto il padre tornò per fermarsi una settimana. Giacomo quasi non s’accorgeva di lui. Gli era toccato ancora deluderlo: non aveva mai adoperato gli attrezzi e aveva fatto pochi progressi nello studio. Si sentiva in colpa, guardandolo: come provasse il sentimento che il padre fosse, senza sospettarlo, esposto a subire le conseguenze di ciò che a un tratto poteva insorgere nel suo animo. Gli appariva incapace di difendersi, nell’abito di tela un po’ ottocentesco, con la camicia di seta cruda aperta sul collo e il leggero copricapo di panama che sbiancavano ancor più la sua carnagione cittadina. Del resto non stavano mai insieme: usciva con la madre a visitare parenti o conoscenti che poi venivano a prendere il tè in giardino. A Giacomo sembrava che tra loro due qualcosa fosse già cambiato. Forse temeva per il suo segreto, quando gli occhi del padre si posavano sopra di lui, schiariti da un’ironia dolce e penetrante che avrebbe voluto sfuggire. Eppure, durante il giorno, tra Giacomo e l’Emilia tutto si svolgeva come prima, di nuovo non c'era che la carezza più ardita, le poche sere, ormai, che andavano a passeggio insieme. Spesso lei voleva uscire con l’Elvira, dicendo che si recavano al cinema, dove lui non poteva seguirla. Incontrandolo, sorrideva sempre, lo sfiorava col fianco come per scherzo, forse per vedergli in faccia il turbamento che non riusciva a nascondere. Era come fosse per abbandonarsi a piangere, e non potesse trovare comprensione se non in lei che già mostrava di evitarlo. Ma la notte, prima di addormentarsi, era diverso: come un appuntamento, ogni volta si ripeteva il lungo istante in cui, col respiro disordinato, il capo fitto nel guanciale, brancolava sopra un’immagine di lei oscura e avvincente. Se la raffigurava nuda, nella sua ricchezza segreta, lambita dal buio, le spalle e il petto candidi in luce, il ventre affondato in una macchia. Confusa e incerta ossessione, come confuse e incerte le reminiscenze, il negativo del nudo tra le rocce finte, i corpi femminili alla spiaggia, ogni nutrimento anonimo e frammentario della sua fantasia. A sfiorare quella immagine con una carezza, qualcosa entro di lui si rompeva in una breve liberazione che lo lasciava intontito e vergognoso. Infine una sera, appena partito il padre, che tutti erano usciti - l’Elvira aveva voluto andare al cinema da sola -, udì il passo dell'Emilia nella stanza che occupava all’ultimo piano, sopra la sua. Giacomo aveva già un poco dormito e quei passi gl’illuminarono d’improvviso la figura di lei, i suoi gesti mentre andava spogliandosi. Gli pulsavano le tempie; senz’accorgersene si trovò fuori della porta. Salì le scale nell’oscurità, cercando di non far rumore. Si sentiva un ladro, temeva che qualcuno potesse sorprenderlo. Una striscia di luce bagnava il pianerottolo, da sotto la porta. Non udiva nemmeno più il passo della donna. S’appoggiò alla maniglia, la porta cedette. Dalla finestra ovale entrava la luna e illuminava il letto. Il suo volto era quasi al buio: pareva ancora più pallido. Vide che i suoi occhi lo fissavano. « Giacomo », disse a bassa voce, « sei tu? ». Siccome non si muoveva, rigido contro la porta, il cuore che gli batteva di furia, lei riprese, con una voce alterata che sembrò una carezza: «Vieni qua». Andò verso il letto in punta di piedi. Si muoveva in quella luce quasi irreale come in una delle apparizioni che venivano a sorprenderlo la notte, quando non riusciva a dormire. Lei gli prese i polsi, l’attirò a sé. Piegando le ginocchia contro la sponda del letto, premette la guancia sulla spalla nuda. Il suo profumo lo confondeva. Dietro la testa di lei, sopra il candore del guanciale colpito dalla luce, i capelli sciolti addensavano un bosco oscuro e segreto da cui si staccava il suo volto smorto, senza più quel sorriso che sempre lo pungeva, sulle labbra adesso aride e schiuse. Gli occhi, scintillanti, sembravano vetri in cui la luce acquistasse profondità.
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Grand Hotel Victoria Liberò le mani per cercarle il seno: annaspavano contro la tela un po’ ruvida della camicia. Fu lei a offrirglielo, scostando la spalla, e gli sembrò che bruciasse; poi quel fuoco gli entrò nella pelle. Lo palpava intero senza sapere dove indugiare. Si riempiva le mani della ricchezza che lei gli aveva ‘nascosto, e non cedeva alla carezza ripetuta ma la chiamava ancora, rinnovandogli come uno spasimo. Era entro un sentiero buio che lo faceva trasalire, e morbido, in cui ritrovava pungente l’odore dei capelli che gli coprivano le guance, la fronte. Un alito resinoso di terra e di donna che pareva quello del suo sangue. «Giacomo », aveva detto, due, tre volte, irosamente, gli era sembrato, muovendo il petto per svincolarsi. Ma s’avvinghiava a lei come se dovesse spremere, succhiare tutto il profumo e il calore che emanava. Poi gli si abbandonò, ansimante. Gli aveva cercato la bocca, la mano, ma appena raggiunte si era scossa, l’aveva allontanato con violenza, accendendo la piccola lampada sul tavolino. Era rimasto in fondo al letto. La fissava, nella debole luce elettrica, i capelli e la camicia in disordine, il volto quasi cattivo, mutato, con le labbra tremanti e tumide. La sua bellezza pareva a un tratto non più lontana, ossessiva, ma come rozza e affranta. Il torpore lo avvolgeva, allontanando ogni cosa nel tempo: si sentiva quasi spettatore di quel suo risveglio. Vide il seno scomparire nello scollo e gli parve una macchia, un fiore raggrinzito, la punta violacea che esitò un istante sull’orlo della camicia. Contrastando con la pelle chiara del petto somigliava a un oggetto immaginato nel sogno, che alla luce reale stupisca. Anche i suoi occhi erano diversi: lo sfuggivano come fosse lei, ora, a provare vergogna e a temere il suo riso. Gli pareva anche un'illusione il sussurro, quasi un gemito, che aveva colto sulle sue labbra. Si era seduta e aveva preso il pettine. Mentre ravviava i capelli si tolse la forcina dalle labbra e disse, a bassa voce: «Ti voglio bene, però sei un bambino ». Parole così fragili gli avevano fatto l’effetto che le avesse pensate, più che dette. Non capiva perché tornava ora un bambino, quando per un lungo momento era stata lei a soffrire sotto il suo abbraccio, e le sue labbra avevano perduto ogni voglia di sorriso. Read the full article
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hildegard-sonnenschein · 6 months ago
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Il Mondo Oscuro e Emozionante di "Neon Genesis Evangelion": Un'Analisi del Manga
Benvenuti nel mio blog dedicato al complesso e affascinante universo di "Neon Genesis Evangelion", un manga e serie animata che ha rivoluzionato il panorama dei media giapponesi negli anni '90. Questo lavoro di Yoshiyuki Sadamoto, basato sull'opera originale di Hideaki Anno, è una profonda riflessione sulla psiche umana, la religione, e la relazione tra umani e macchine.
Il Contesto e la Nascita di Evangelion
"Neon Genesis Evangelion" è ambientato in un futuro post-apocalittico dove l'umanità è costantemente minacciata dagli "Angeli", giganteschi esseri extraterrestri che fanno irruzione sulla Terra. Per difendersi, l'umanità ha sviluppato i mecha chiamati Evangelion, pilotati solo dai giovani selezionati. Il manga, così come la serie animata, esplora le dinamiche tra questi giovani piloti, i loro traumi, e la loro lotta contro i poteri soprannaturali.
Guarda il collegamento:https://www.mangaconigli.com/
Il Protagonista: Shinji Ikari
Al centro della storia c'è Shinji Ikari, un ragazzo introverso e indeciso che viene forzato a diventare il pilota dell'Evangelion Unit-01. La sua relazione con l'Evangelion, così come con i suoi compagni piloti, diventa il fulcro di molte delle tematiche esplorate nella storia: la sofferenza, la responsabilità, e la ricerca di un senso nella vita.
I Temi Profondi
"Neon Genesis Evangelion" è molto più di un semplice manga di mecha. Esso affronta temi complessi come la depressione, l'angoscia esistenziale, e la ricerca di un'identità personale. Il manga esamina la relazione tra umani e macchine, chiedendosi se l'umanità può trovare redenzione attraverso la tecnologia o se, al contrario, questa la condanna all'alienazione.
Gli Angeli e la Battaglia Cosmica
Gli Angeli, oltre a essere un minaccia fisica, rappresentano anche simboli di difficoltà interiori che gli umani devono affrontare. Ogni battaglia contro un Angelo è un'opportunità per i personaggi di esplorare e risolvere i loro problemi psicologici. Questo aspetto rende il manga profondo e riflessivo, oltre che azionato.
L'Arte e la Stile del Manga
Yoshiyuki Sadamoto ha creato un mondo visivamente suggestivo e ricco di dettagli. Il manga è caratterizzato da linee fluide e dinamiche, che rendono ogni scena un'esperienza visiva unica. Inoltre, l'uso del colori e delle sfumature contribuisce a creare un'atmosfera oppressa e intensa, perfetta per la narrativa.
L'Impatto e la Ricezione
"Neon Genesis Evangelion" ha avuto un enorme impatto sulla cultura pop giapponese e internazionale. Il manga e la serie animata sono stati oggetto di studio accademico, hanno ispirato numerosi spin-off, e hanno influenzato generazioni di creatori nel campo dell'animazione e del manga.
Conclusioni
"Neon Genesis Evangelion" è un manga che non si può dimenticare facilmente. Oltre ad essere un'esperienza visiva e narrativa straordinaria, esso offre una profonda riflessione sulla vita, la morte, e la nostra relazione con il mondo. Se siete ancora in dubbio, vi consiglio vivamente di immergervi in questo universo oscuro ed emozionante. L'avventura vi aspetta!
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