#Giovani e Anziani
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Il lusso della giovinezza di Gaetano Savatteri: Un'indagine tra mistero e generazioni nelle Madonie. Recensione di Pier Carlo Lava
Saverio Lamanna e Peppe Piccionello tornano in una nuova avventura, tra ironia e riflessioni sulla gioventù e il futuro
Saverio Lamanna e Peppe Piccionello tornano in una nuova avventura, tra ironia e riflessioni sulla gioventù e il futuro. Ne Il lusso della giovinezza, Gaetano Savatteri ci porta sulle alte Madonie in compagnia dell’ormai celebre duo di investigatori involontari: Saverio Lamanna, giornalista disoccupato, e Peppe Piccionello, suo amico e mentore. I due si ritrovano a indagare su un misterioso…
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Ciò che Socrate disse sulla democrazia più di 2000 anni fa.
" La democrazia dovrà cadere, perché cercherà di adattarsi a tutti..
I poveri vorranno la ricchezza dei ricchi, e la democrazia gliela darà..
I giovani vorranno essere rispettati come gli anziani, e la democrazia glielo darà.
Le donne vorranno essere come gli uomini, e la democrazia glielo darà.
Gli stranieri vorranno i diritti dei nativi, e la democrazia glieli darà.
Ladri e truffatori vorranno importanti funzioni governative, e la democrazia gliele darà..
E in quel momento, quando i ladri e i truffatori finalmente prenderanno il potere democraticamente perché i criminali e i malfattori vogliono il potere, ci sarà una dittatura peggiore che ai tempi di qualsiasi monarchia o oligarchia"...
~Socrate
470-399 a.C.~
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Discorso tenuto da Daniele Leppe davanti al papa nella Basilica San Giovanni in Laterano, in data 25 ottobre 2024.
Ringrazio Sua Santità e ringrazio il Vicariato di Roma per questa opportunità unica. Nel ringraziarLa Le rappresento una realtà invisibile, quella di una trincea dove anche Dio ha abbandonato tutti.
Credo di essere la persona meno adatta a raccontare il disagio che vivono le nostre periferie.
Nella vita di tutti i giorni faccio l’avvocato. Sono nato in un quartiere popolare di Roma, figlio di un impiegato e di una casalinga, una famiglia semplice che mi ha dato la possibilità, con molto sacrificio, di studiare. Per questo ho deciso di restituire ai quartieri dove sono nato e cresciuto un po’ della fortuna che ho avuto. Ho messo a disposizione la mia professionalità per aiutare le persone più semplici, gli ultimi quei dannati che non sanno di esserlo, gli abitanti dei quartieri popolari di questa città, troppo spesso dimenticati, che troppo spesso tornano ad essere cittadini come gli altri solo in occasione delle campagne elettorali.
Al di fuori della mia attività lavorativa, esercito il mio volontariato professionale in due quartieri difficili di Roma: Tor bella monaca e il Quarticciolo.
Il primo, nato nei primi anni ‘80, rappresenta l’ultimo intervento di edilizia pubblica fatto nella capitale, che doveva essere un quartiere modello e che, invece, è diventato il terzo carcere a cielo aperto della capitale: ci vivono ben 800 persone agli arresti domiciliari.
Il secondo, il Quarticciolo, anch’esso ultimo quartiere popolare edificato, ma questa volta durante il fascismo, negli anni 40, che è rimasto tale e quale a 80 anni fa.
A Tor bella monaca collaboro con l’associazione Tor Più Bella di Tiziana Ronzio; una donna che da sola combatte una lotta senza sconti, e per questo paga lo scotto dell’isolamento umano, contro gli spacciatori, che dispensano la vita e la morte in quel quartiere. Tiziana è riuscita, da sola, a liberare dal controllo della criminalità organizzata il suo palazzo, in via santa Rita da Cascia, con un effetto domino su tutto il comprensorio di case che costeggiano la via.
Ha lottato per i suoi figli e per le persone che vivono nel suo palazzo, e per questo paga un prezzo altissimo.
Vive sotto scorta ogni ora della sua giornata perché la sua vita è in pericolo. Non può uscire da sola nel quartiere. Riceve continue minacce da parte della criminalità organizzata mentre le Istituzioni non riescono ad andare al di là di una solidarietà formale.
Non sappiamo nemmeno quante persone abitino in quel quartiere.
Le statistiche parlano di 28000 persone, ma poiché molti degli immobili pubblici sono occupati, i dati non corrispondono alla situazione reale. Nel quartiere ci sono 14 piazze di spaccio. Gli spacciatori, il primo datore di lavoro del quartiere, pagano le vedette, i pusher; le famiglie che nascondono la droga nel proprio appartamento, corrompono l’anima dei giovani e privano le persone di un futuro dignitoso.
C’è una presenza altissima di ragazze madri con figli nati da relazioni diverse, con mariti ristretti in carcere. Di anziani disabili. Di povertà, educativa e alimentare. Accanto a un tessuto sociale straordinario colpisce, nell’anno giubilare, l’assenza delle Istituzioni, che intervengono nel quartiere solo come forza repressiva e per questo sono viste come nemiche, incapaci di comprendere il disagio e le difficoltà di chi vive nella povertà.
Sembra di assistere ad una sorta di tacito patto sociale in questa città.
Nei quartieri poveri della capitale viene lasciata vita facile alla criminalità organizzata più invadente, per consentire agli abitanti della Roma bene di vivere in tranquillità.
La mia attività, in realtà, non è tanto giuridica: il più delle volte mi occupo di collegare i fili immaginari fra i poveri diseredati e le Istituzioni, per risolvere problemi che altrove sarebbero semplici, ma che in condizioni di povertà diventano insormontabili.
Le condizioni di degrado umano, abiezione, povertà, sono indicibili.
Donne che vendono il proprio corpo per comprare la droga, genitori in mano ad usurai per pagare i debiti contratti dai figli, bambini che crescono con i nonni, famiglie distrutte dalla droga e dalla povertà.
Quattro mesi fa ho partecipato ad una messa tenutasi in ricordo di un bimbo morto nel quartiere a causa dei ritardi nei soccorsi provocati dalla rottura di un ascensore e di una ragazza morta investita lungo via di Torbellamonaca.
La messa si teneva di domenica mattina, dietro la famigerata R5, un complesso popolare situato in via dell’Archeologia attualmente in ristrutturazione. Per entrare nel complesso ho contato 4 ingressi. Ognuno di questi ingressi era presidiato da spacciatori che, come in una sorta di confine immaginario, segnano l’ingresso fra il dentro e il fuori. Questo accadeva in pieno giorno, senza alcun imbarazzo, a pochi chilometri da qui.
Quando iniziai a lavorare nel quartiere ho conosciuto una donna che viveva prigioniera degli spacciatori. Il figlio aveva contratto un debito con uno di essi. Non riuscendo a pagarlo, è fuggito. Alla madre hanno bruciato l’attività imprenditoriale per vendetta. Non sa dove è andato a vivere il figlio e non vuole saperlo. Lo fa per proteggerlo. Lo sente solo con telefoni usa e getta. Lei continua a vivere nello stesso quartiere dove è cresciuto il figlio e dove riceve le minacce dei criminali per il debito contratto del figlio. Sembra un altro mondo. Siamo a 10 km da San Giovanni. Non sembra di essere in un paese ricco, in una democrazia liberale.
Il Quarticciolo, invece, è l’esempio dell’abbandono pubblico - né più né meno come Tor bella monaca - e della capacità delle persone di reagire, costruendo una speranza concreta per i più poveri.
Li collaboro con un’associazione; Quarticciolo ribelle, composta da ragazzi e ragazze che, finita l’università, hanno deciso di andare a vivere in quel quartiere, cui si dedicano giorno e notte.
Anche il Quarticciolo è una nota piazza di spaccio di Roma.
Come tutti i quartieri di edilizia popolare, la povertà economica e sociale e l’abbandono del patrimonio pubblico da parte delle Istituzioni costituiscono l’humus ideale per la proliferazione della criminalità.
In quel quartiere gli spacciatori smerciano la loro roba seduti su comode sedie agli angoli delle strade, in particolare vendono crack, che trasforma i ragazzi che ne fanno uso, in zombie che girano come morti per il quartiere. È un quartiere dove la polizia di Roma capitale ha paura ad entrare e ha bisogno di un parcheggio privato per i propri poliziotti per evitare che le macchine siano vandalizzate, dove gli spacciatori minacciano gli operai delle ditte dell’Ater in occasione dei interventi per la manutenzione degli stabili, e tanto altro ancora.
I ragazzi di Quarticciolo Ribelle costruiscono, invece, giorno per giorno, un’alternativa possibile, con il loro esempio e con le loro attività.
Nel quartiere hanno realizzato una palestra popolare dove i bambini e le bambine sono seguiti, direi accuditi, e tenuti fuori da ambienti malsani.
I familiari i che non possono permetterselo, non pagano rette. Questi ragazzi, che come detto si sono soprannominati Quarticciolo Ribelle, hanno organizzato il doposcuola per i bambini.
Hanno creato, nel deserto, un ambulatorio sociale che interviene laddove lo Stato arretra.
Cercano di creare lavori, fornendo un’alternativa concreta, con un birrificio, una stamperia.
Come dicono loro, dove tutto chiude, noi apriamo.
Supportano le famiglie nei colloqui con i servizi sociali e nei colloqui scolastici.
Collaborano con l’università nell’immaginare un possibile alternativa.
Coprono buchi.
Danno ovviamente fastidio. Innanzitutto alla criminalità, che prospera laddove è maggiore il bisogno. Ma anche alle Istituzioni. Sono sentinelle attive che denunciano, senza sconti, le loro mancanze, le loro lacune.
Raccontano di come i prezzi delle case, sempre più insostenibili, allontano i poveri dalla loro città, trasformata in una Disneyland per ricchi e turisti.
Collaboro con associazioni scomode con problematiche insostenibili.
Perché la povertà e l’abbandono sono scomode.
È più facile costruire una cancellata, un recinto, un ghetto, per occultare la realtà che dare risposte concrete ai bisogni dei poveri.
Con tristezza infinita sono costretto a constatare che gran parte degli interventi pubblici delle Istituzioni per onorare il giubileo, nato anche per la promozione della dignità di ogni persona e per il rispetto del creato, non siano stati investiti e utilizzati per dare dignità agli abitanti più sfortunati della nostra città ma per rendere più comodi, belli e sicuri i quartieri bene della Città Santa che santa non può essere se non apre gli occhi sulle povertà diffuse che la popolano.
#roma
#giubileo
#periferie
#realtà_vs_belleparole
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Attenti ad etichettare le persone,
perché ci sono molte donne
più coraggiose degli uomini,
uomini più sensibili dei bambini,
bambini più sofferenti degli anziani,
anziani più veloci dei giovani,
e giovani più saggi degli anziani.
Alcuni laureati insegnano ignoranza
e analfabeti insegnano la vita…
Autore sconosciuto
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“La vita è una sorpresa meravigliosa a ogni età. Io ho 81 anni, e vi assicuro che quando ci arriverete non sentirete differenze.
La differenza si sente solo quando non si vive, quando non si ama la vita, quando non si vuol più fare qualcosa di nuovo.
Ma se si rimane ancorati alla bellezza dell’amicizia, dell’amore, della musica, del mare e della poesia, la vita regala sorprese a ogni età.
Alla mia si sentono gli acciacchi, certo, ma nello spirito non c’è differenza. L’amore non cambia mai. Quando uno si innamora, non importa l’età.
Cambiano il riflesso fisico e la potenza sessuale, ma dal punto di vista emotivo, forse l’amore è più forte.
Ho visto e conosciuto persone che si sono innamorate a settant’anni, ma innamorate davvero. Di quell’amore che quando l’altro manca si sta malissimo.
L’ amore è questo: continuo bisogno, desiderio di avere l’altro con sé. Quindi, che siate giovani o anziani, state sicuri, l’amore non ha età”...
Roberto Vecchioni
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C'È BISOGNO DI MERAVIGLIA
Credo ci sia bisogno di meraviglia, non intendo quella della natura, dei paesaggi incantevoli, tramonti affascinanti, cieli stellati e aurore boreali, che pur rallegrano l'anima ma più semplicemente di gesti quotidiani che conciliano con la serenità dell'essere umano.
C'è bisogno di meraviglia nell'empatia tra le persone, ritrovare quella fiducia che abbiamo perso. Comprendere le lacrime dei bambini, degli anziani fragili, dei giovani silenziosi, facoltà che sono proprie dell'essere umano. Ci stiamo abituando a parlare con voci automatiche, riempire moduli digitali che mortificano l'esistenza, abbiamo affidato agli algoritmi il ruolo di comprendere le nostre esigenze, come mangiare cibo preconfezionato all'uso immediato.
Il peggio che ci può capitare è una solitudine forzata, l'apatia nei gesti quotidiani, come la rassegnazione che ci prende quando tutto sembra o debba ricominciare daccapo e la soluzione non è mai a portata di mano.
Si corre verso l'intelligenza artificiale come richiamati da una luce stupefacente che promette un futuro brillante. Noi e i nostri dati, elaborati in sintesi veloci da algoritmi senz'anima e vomitate da milioni di piccoli monitor e tutto sarà a portata di mano, ma tutto in poche mani, tutto quello che aspetti ti arriverà sul cellulare, magari con un drone che piove dal cielo, da un'auto teleguidata, tutto deciso e definito nella totale assenza dell'umanità, noi usati solo come cliente finale, un numero ad uso e consumo per le prossime multinazionali.
Ma che meraviglia questo futuro che non mi meraviglia per niente, niente che possa somigliare ad un essere umano che ti guarda negli occhi e ti chiede: "come stai?"
@ilpianistasultetto
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I bambini sono bambini dello Stato, così pensa lo Stato e si comporta di conseguenza, provocando da secoli danni devastanti. È lo Stato in realtà che partorisce i bambi-ni, vengono partoriti soltanto bambini di Stato, la verità è questa. Non esiste un solo bambino libero, c'è soltanto il bambino di Stato, di cui lo Stato può fare quello che vuole, è lo Stato che mette al mondo i bambini, alle madri vien solo dato a intendere che siano loro a mettere al mondo i bambini, ma è dal ventre dello Stato che nascono i bambini, la verità è questa. Sono centinaia di migliaia i bambini che ogni anno escono dal ventre dello Stato sotto forma di bambini di Stato, la verità è questa. I bambini di Stato vengono messi al mondo dal ventre dello Stato e vanno alla scuola di Stato, dove sono istruiti dagli insegnanti di Stato. Lo Stato partorisce i suoi bambini nello Stato, la verità è questa, lo Stato partorisce i suoi bambini di Stato nello Stato e non li lascia più uscire. Ovunque ci guardiamo intorno, non vediamo altro che bambini di Sta-to, scuole di Stato, lavoratori di Stato, funzionari di Stato, anziani di Stato, morti di Stato, la verità è questa. Lo Stato produce e autorizza soltanto esseri umani di Stato, la verità è que-sta. Lessere umano secondo natura non esiste più, è rimasto soltanto l'essere umano di Stato, e dove l'essere umano secondo natura esiste ancora, esso viene braccato e perseguitato a morte e/o trasformato in un essere umano di Stato. La mia è stata un'infanzia bella ma nello stesso tempo crudele raccapricciante, penso, un infanzia nel corso della quale quando ero dai nonni potevo essere un essere umano secondo natura, mentre a scuola ero tenuto a essere un essere umano di Stato, a casa dai miei nonni ero un essere umano secondo natura, a scuola ero un essere umano di Stato, per mezza giornata ero secondo natu-ra, per mezza giornata di Stato, per mezza giornata, e cioè di pomeriggio, ero secondo natura e quindi felice, per mezza giornata, e cioè di mattina, ero di Stato e quindi infelice. Di pomeriggio ero l'essere umano più felice che si possa immaginare, di mattina il più infelice. Per molti anni fui di pomeriggio l'essere umano più felice in assolu-to, di mattina il più infelice in assoluto, penso. A casa, dai nonni, ero un essere secondo natura e felice, a scuola, giù nella cittadina, ero un essere innaturale e infelice. Quando scendevo giù nella cittadina andavo nell'infelicità (dello Stato!), quando tornavo a casa dai miei nonni in mon-tagna, andavo nella felicità. Quando andavo dai nonni in montagna, andavo nella natura e nella felicità, quando scendevo giù nella cittadina, a scuola, andavo nell'artificio e nella infelicità.
Entravo, di prima mattina, direttamente nell'infelicità e per mezzogiorno o nel primo pomeriggio ritornavo nella felicità. La scuola è una scuola di Stato, dove i giovani vengono trasformati in esseri umani di Stato, vale a dire in galoppini dello Stato e nient'altro. Quando andavo a scuola andavo nello Stato, e poiché lo Stato annienta gli esseri umani, andavo nell'istituto per l'annientamento degli esseri umani. Per molti anni io sono uscito dalla felicità (dei nonni!) per andare nell'infelicità (dello Stato!) e ritornare, sono uscito dalla natura per andare nell'artificio e ritornare, la mia infanzia è consistita in questo andirivieni e nient'altro. Sono cresciuto in questo andirivieni dell'infanzia. Ma in un simile diabolico gioco, non ha vinto la natura ma l'artificio, la scuola e lo Stato, non la casa dei miei nonni. Lo Stato ha costretto me, come tutti gli altri, a entrare al suo interno e mi ha asservito, lo Stato ha fatto di me un essere umano di Stato, un essere umano irreggimentato e registrato e addestrato e diplomato e pervertito e depresso come tutti gli altri. Quando vediamo degli esseri umani, vediamo soltanto esseri umani di Stato, servi dello Stato, come giustamente si dice, non vediamo esseri umani naturali, ma esseri umani di Stato sotto forma di servi dello Stato che sono ormai in tutto e per tutto innaturali, e per tutta la vita rimangono al servizio dello Sta-to, il che significa per tutta la vita al servizio dell'artificio. Quando vediamo degli esseri umani, vediamo soltanto esseri umani di Stato sotto forma di esseri umani innaturali, immolati all'ottusità dello Stato. Quando vediamo degli esseri umani, vediamo soltanto esseri umani in balia dello Stato e al servizio dello Stato, ormai vittime dello Stato. Gli esseri umani che vediamo sono vittime dello Stato e l'umanità che vediamo non è altro che il foraggio dello Stato, con cui lo Sta-to, sempre più ingordo, viene appunto foraggiato. L'umanità non è altro, ormai, che un'umanità di Stato, e già da secoli, e cioè da quando esiste lo Stato, essa ha perso, penso, la propria identità. L'umanità oggi non è altro, ormai, che una disumanità, che poi è lo Stato, penso.
Thomas Bernhard
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“La vita è una sorpresa meravigliosa a ogni età.
Io ho 80 anni, e vi assicuro che quando ci arriverete non sentirete differenze.
La differenza si sente solo quando non si vive, quando non si ama la vita, quando non si vuol più fare qualcosa di nuovo.
Ma se si rimane ancorati alla bellezza dell’amicizia, dell’amore, della musica, del mare e della poesia, la vita regala sorprese a ogni età.
Alla mia si sentono gli acciacchi, certo, ma nello spirito non c’è differenza.
L’amore non cambia mai.
Quando uno si innamora, non importa l’età.
Cambiano il riflesso fisico e la potenza sessuale, ma dal punto di vista emotivo, forse l’amore è più forte.
Ho visto e conosciuto persone che si sono innamorate a settant’anni, ma innamorate davvero.
Di quell’amore che quando l’altro manca si sta malissimo.
L’ amore è questo: continuo bisogno, desiderio di avere l’altro con sé.
Quindi, che siate giovani o anziani, state sicuri, l’amore non ha età”...
Roberto Vecchioni
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Grazie Lapini sei l'unico rimasto a fare con le tue foto una narrazione realistica di ciò che accade. Il TG3 regionale fascio leghista doc ha dedicato 30 secondi netti al presidio dopo 5 sulla uno bianca e a seguire altri 5 alle attività nelle case di riposo per anziani per finire con un servizio infinito sulla vittoria del Bologna Ha fatto vedere immagini insensate, ha bollato tutto come "scontri " ha ridotto il comunicato ad un bignami , traslando il nome del comitato promotore ha etichettato il presidio come partecipato da fantomatici giovani palestinesi . Certo una picevole sorpresa che Bologna sia abitata da tanti giovani palestinesi! Ricordiamoci che con un'informazione libera la politica si guarderebbe bene di fare quello che fa. Non bastano i presidi bisogna smettere di guardarla questa RAI e pure il resto della tv. Da liceale ho approfondito molto gli studi e letture sull'Olocausto e spesso mi sono chiesta come il mondo potesse essere stato a guardare pur sapendo ora lo so, l'ho capito anche troppo bene. Il popolo palestinese è sulla coscienza di ognuno di noi. Ricordiamocelo domattina quando ci guardiamo allo specchio. Sentiamocela tutta la responsabilità quando dopo le veline di nonna Mara Venier riaccendiamo la TV e paghiamo il canone.
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Belli pure quelli che, analizziamo il voto dei gggiovani. Fossero svegli e sapessero cosa è un trend, sarebbero invece attenti al voto degli anziani: l'età media s'alza sempre di più, i vecchi son sempre più maggioranza; il futuro un tempo era dei giovani, ora sarà di chi c'è ...
dice si ma, sono questi gggiovani con le loro testicole a diventare gli anziani nel futuro. Pur mettendo nel conto le sostituzioni etniche in corso (basta guardare gli europei d'atletica), mia nonna evidenziava un segno di speranza, palese per i più attenti alle dinamiche naturali dell'orto: tranquilli, col tempo maturano anche le zucche.
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Sicurezza e vandalismo: Un piano concreto e partecipativo per Alessandria
Il Vicesindaco Giovanni Barosini propone un approccio sistemico e laico, con maggiore illuminazione, videosorveglianza potenziata e un coinvolgimento attivo dei cittadini per ridurre il vandalismo in città.
Il Vicesindaco Giovanni Barosini propone un approccio sistemico e laico, con maggiore illuminazione, videosorveglianza potenziata e un coinvolgimento attivo dei cittadini per ridurre il vandalismo in città. Il tema della sicurezza e del crescente vandalismo ad Alessandria sta diventando sempre più urgente e non può più essere rimandato. Secondo il Vicesindaco Giovanni Barosini, la risposta deve…
#anziani e sicurezza#associazioni locali#centrale di controllo#comitati cittadini#comunità locale#Forze dell&039;ordine#futuro Alessandria#gestione disagio giovanile#giovani e vandalismo#Giovanni Barosini#guardie giurate Alessandria#Illuminazione pubblica#mediatori culturali#monitoraggio urbano#operatori sociali#partecipazione cittadina.#piano sicurezza#prevenzione crimini#prevenzione partecipata#prevenzione vandalismo#Quartieri sicuri#relazioni quartiere#sensibilizzazione collettiva#sicurezza Alessandria#Sicurezza Notturna#Sicurezza Urbana#supporto volontari#Vandalismo#Vicesindaco Alessandria#videosorveglianza Alessandria
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Donne contro uomini, giovani contro anziani, dipendenti pubblici contro autonomi, autoctoni contro alloctoni, destri contro sinistri, vaccinati contro non vaccinati.
La facilità con cui cadiamo nei conflitti sezionali (orizzontali) calati dall'alto è sconfortante. I conflitti orizzontali servono esclusivamente a impedire la nascita degli unici conflitti che gli attuali vincitori della lotta di classe temono: quelli verticali.
E' una vecchissima regola del sistema: divide et impera (i buoni contro i cattivi), ma ancora pochi hanno capito come contrastarla.
Gilberto Trombetta
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COSA SIGNIFICA ESSERE FIGLI ANZIANI DI GENITORI ANZIANI?
Uno degli aspetti più affascinanti del viaggiare da soli è la maggiore facilità con cui si fanno incontri e addirittura la possibilità di entrare in poco tempo in relazioni anche profonde.
Con questi amici abbiamo condiviso tanti bei momenti e mi ha colpito quanto fosse ricorrente parlare del rapporto con i genitori, in particolare mamme anche ultra centenarie.
La cosa è nata dalla curiosità che avevano nel vedere una donna ultracinquantenne, sola e con tanto di ricrescita senza tinta, dormire in macchina.
La mia battuta sul fatto che vacanza per me significa ridurre al minimo le cose e le persone di cui occuparmi, solleva sempre un certo sconcerto.
Credo perché da una donna non ci si aspetti uno sdoganamento così sfacciato di un tabù di genere: sola - o meglio non in coppia con un uomo -, autonoma negli spostamenti, indipendente, apparentemente felice della sua situazione, incurante delle apparenze e soprattutto che non si sente in colpa nell'esprimere il desiderio e la necessità di stare unicamente in rapporto con sé stessa.
Certamente attraggo tante curiosità, specie dalle donne over cinquanta che vengono confrontate indirettamente con il proprio rapporto con la libertà all'età a cui sono arrivate.
Così le persone si avvicinano, mi chiedono del perché di questa scelta, che pensavano fossi straniera perché non è da italiane girare da sole, men che meno " ad una certa età ".
E allora iniziano a parlare, specie le donne, di quanto ancora si sentono incastrate nelle loro vite famigliari, in particolare nei loro ruoli di accudimento in quanto mamme, nonne e figlie.
È un tema questo che ricorre sovente in quest'ultimo anno.
Le persone con cui ne ho parlato finora mi hanno tutte confermato una certa fatica e irritazione nell'essere trattati ancora come figli piccoli, nonostante si abbiano abbondantemente superato gli "anta".
Persone che a settant'anni si sentono ancora di dover giustificare delle scelte oppure che debbono fare ciò che il genitore si aspetta per non sentirsi cattivi.
Le figlie femmine - ovviamente - sono le più vessate.
Genitori da mantenere, conflitti famigliari tra fratelli, donne eternamente impegnate sul fronte dell'accudimento dei nipoti e dei genitori e magari invischiate in eterni conflitti con fratelli, in particolare maschi, che si sentono più liberi di stare distanti.
Di questo genere di esperienze, specie in un paese come il nostro ad alto tasso di invecchiamento, se ne parla pochissimo eppure credo incida nella vita delle persone statisticamente di più delle problematiche adolescenziali o giovani adulte.
Perché non se ne parla secondo voi? perché non esistono esperti che danno indicazioni come si vede di sovente in altri campi delle relazioni umane?
Esistono testi che si occupano della relazione genitori-figli in tarda età?
Qual'è la vostra esperienza? Ditemi cosa ne pensate.
Gloria Volpato
#donnelibere #equità #ruolidigenere #esserevecchicongenitorianziani
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Volano gli stracci e l’audience aumenta
Non è il titolo di una pièce teatrale, ma, la cartina al tornasole dell’attrattività dei programmi di basso e infimo contenuto, della tv commerciale.
Sgombriamo il campo da ogni equivoco, specificando che, anche i programmi di basso contenuto sono nei palinsesti della televisione del servizio pubblico, proseguendo una china di inarrestabile caduta verso il nulla.
In questo panorama di desertificazione culturale, si salva, in Rai, qualche programma degno di nota, sia esso per il pubblico giovanile, che per il pubblico più anziano (la cui componente è maggioritaria – come riportato dai dati Auditel), sebbene sempre meno giovani - con scolarizzazione elevata - disertano la tv (di servizio pubblico o commerciale) per altre forme di intrattenimento, mentre i più anziani (con titoli di studio più bassi) prediligono i programmi tv spazzatura (più del 70% dei contenuti dei palinsesti).
Ulteriore chiarimento, per tacitare chi vede nel post del classismo e interpreti secondo propri Bias: rientro nella ctg 60, seguo in replica i programmi tv (mai quelli spazzatura), quando possibile e se interessanti; di fatto non faccio/sono target per le inserzioni pubblicitarie.
Lungi dal giustificare/accettare le scelte strategiche e aziendali, che hanno preferito far slittare il programma di A.Angela a settembre, con o senza il proprio consenso poco importa, ma, preme sottolineare l’altro aspetto di questa grottesca vicenda: i programmi a contenuto più scientifico/culturale, non possono tenere il passo con gli stracci volanti dei format, delle corna, dei palestrati e delle labbra siliconate, persino dei giochi olimpici moderni (breakdance, skateboard, bmx etc.)
In breve la cultura (scientifica o umanistica, seppur accennata in formato televisivo), non rende, non attrae, non stimola riflessioni e approfondimenti, anche per mera curiosità personale.
Il nulla, di contro, ma, non il nulla di Parmenide memoria, o, il non ente di Heiddeger, o l’inconsistenza concettuale del nulla di J. Locke, piuttosto il nulla inteso come disvalore negativo assoluto, è la pietra angolare dell’auditorium televisivo italico.
Che tristezza.
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La vita è una sorpresa meravigliosa a ogni età. Io ho 80 anni, e vi assicuro che quando ci arriverete non sentirete differenze. La differenza si sente solo quando non si vive, quando non si ama la vita, quando non si vuol più fare qualcosa di nuovo. Ma se si rimane ancorati alla bellezza dell’amicizia, dell’amore, della musica, del mare e della poesia, la vita regala sorprese a ogni età. Alla mia si sentono gli acciacchi, certo, ma nello spirito non c’è differenza. L’amore non cambia mai. Quando uno si innamora, non importa l’età. Cambiano il riflesso fisico e la potenza sessuale, ma dal punto di vista emotivo, forse l’amore è più forte. Ho visto e conosciuto persone che si sono innamorate a settant’anni, ma innamorate davvero. Di quell’amore che quando l’altro manca si sta malissimo. L’ amore è questo: continuo bisogno, desiderio di avere l’altro con sé. Quindi, che siate giovani o anziani, state sicuri, l’amore non ha età...
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A qualche giorno dalla visione de “La chimera” di Alice Rohrwacher provo a buttare giù qualche riga sulle sensazioni che mi ha dato e le relative riflessioni che mi ha suscitato.
Parto col dire che lei mi aveva già colpito positivamente con il precedente film, “Lazzaro felice”, dove, salvo l’ultimo quarto d’ora un po’ sottotono, é riuscita a trasportarmi in un mondo ancestrale e magico allo stesso tempo, dove gli aspetti negativi dell’uomo emergevano preponderanti di fronte alla bontà primordiale di un essere divino. Il modo di rappresentare questa critica alla società contemporanea mi ha fatto ben sperare riguardo le nuove generazioni di cineasti nostrani.
Nel vedere al cinema La Chimera mi sono nuovamente trovato a pensare di stare guardando (finalmente) l’opera di un’autrice che ha qualcosa da dire e che sa come farlo. Le tematiche presenti sono avvolte da un velo di nostalgia e romanticismo verso un passato di comunione che forse non é mai esistito, se non nelle fantasie comuniste che ancora oggi hanno un certo appeal sui giovani e certi anziani che non hanno ancora capito che di rivoluzioni proletarie non ce ne saranno.
Un filo e la voce di una donna richiamano a se la persona rimasta appesa, come la carta dei tarocchi, tra due mondi: passato e presente, vita e morte. Il dono concesso di avvertire la presenza delle “anime” del passato porta con se la disgrazia di un presente spezzato. Serve dunque decidere se recuperare ciò che si é perso e recidere dunque ciò che di buono si ha oppure continuare a vivere in un mondo sempre più rancido e materialista.
La scelta di dare il ruolo da protagonista a un attore inglese risulta azzeccata sotto molti punti di vista: da una parte attira attenzioni dal fronte estero, dall’altra invece riesce ad esprimere appieno il senso di estraneità di Arthur nei confronti delle persone che lo circondano e che si riferiscono a lui con l’appellativo di “straniero”.
Dal punto di vista tecnico/visivo l’ho trovato ineccepibile: la fotografia mi ha ricordato per certi aspetti il recente “Aftersun”, sia per tono dei colori che per l’effetto da pellicola del passato; la regia e alcuni movimenti di camera invece mi hanno fatto pensare subito a “Stalker” e “Nostalghia”, nonostante l’assenza di tempi particolarmente dilatati.
Per chi se lo fosse perso, consiglio caldamente la visione, pellicole rare come queste vanno supportate!
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