#antichi maestri
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I miei genitori non mi amavano e neanch'io li amavo. Non mi perdonavano il fatto di avermi genera-to, non mi hanno mai perdonato, per tutta la vita, il fatto di avermi genera-to. Se c'è un inferno, ed è naturale che un inferno ci sia, allora la mia infanzia è stata l'inferno. È probabile che l'infanzia sia sempre un inferno, l'infanzia è l'inferno per eccellenza, diceva, ogni infanzia, non importa quale, è l'infer-no. La gente dice di aver avuto una bella infanzia e invece era l'inferno. La gente falsifica tutto, falsifica anche l'infanzia che ha avuto. Ho avuto una bella infanzia, dicono, eppure non hanno avuto altro che l'inferno. La gente più invecchia e più facilmente dice di aver avuto una bella infanzia, mentre la loro infanzia non è stata altro che l'inferno. Linferno non arriva, l'inferno è stato, diceva, perché l'inferno è l'infanzia.
Thomas Bernhard
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Così Reger
Tutti questi cosiddetti Antichi Maestri, del resto, sono dei falliti, tutti senza eccezione erano condannati al fallimento, e un osservatore attento può constatare questo fallimento in ogni particolare dei loro lavori, in ogni pennellata, così Reger, nel più piccolo, nel più infimo dettaglio. Senza contare poi che tutti questi cosiddetti Antichi Maestri hanno sempre dipinto solo un dettaglio dei loro quadri in modo davvero geniale, nessuno di loro ha dipinto un quadro geniale al cento per cento, nessuno di questi cosiddetti Antichi Maestri c'è mai riuscito; o falliscono nel dipingere il mento, o il ginocchio, o le palpebre, così Reger. La maggior parte di loro fallisce nelle mani, non c'è un solo quadro al Kunsthistorisches Museum in cui si possa vedere una mano dipinta in modo geniale, o anche solo straordinario, nient'altro che mani mancate in maniera assolutamente tragicomica, così Reger, guardi qui in tutti questi ritratti, persino nei più celebri. Un mento se non altro insolito o un ginocchio effettivamente riuscito non è stato in grado di dipingerlo nessuno di questi Antichi Maestri. El Greco non ha mai saputo dipingere una mano che fosse una, le mani di El Greco hanno tutte l'aspetto di stracci sporchi e bagnati, disse Reger adesso, ma di El Greco, al Kunsthistorisches Museum com'è noto non ce ne sono affatto. E Goya, che pure non è presente affatto al Kunsthistorisches Museum, si è guardato bene dal dipingere nitidamente una sola mano, perché quanto alle mani, persino Goya è rimasto impantanato nel dilettantismo, quell'atroce, formidabile Goya che io metto al di sopra di tutti i pittori che mai abbiano dipinto, così Reger.
[Antichi Maestri, Thomas Bernhard, 1985, Adelphi, p. 183]
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Ce lo si dimentica, ma anche noi umani abbiamo un cuore, e perfino la capacità di silenzio: è vero. Gli animali sono educatori del cuore. Gli alberi del suo silenzio.
Non si incontrano di frequente
persone con il cuore vivo.
Ci sono tantissime persone intelligenti e anche attente e perfino sensibili, ma il cuore vivo è una qualità piuttosto rara. Anche perché varia, un giorno lo è e il giorno dopo no, un giorno dorme e il giorno dopo è ottuso, un giorno canta e poche ore dopo piange. Però, quelli sono i climi del cuore. Il cuore è una dimora. Ma non ha muri, è sconfinato. Per questo è anche pericoloso, perché invece il corpo i confini li ha e vanno rispettati. Il cuore ha un’apertura e una chiusura flessibili, ha i cardini. Il cuore può essere addestrato come si fa con un cavallo, o coltivato come si fa con un orto...
Coltivare il cuore significa prima di tutto essere consapevoli di cosa sentiamo, essere onesti fino ad arrossire, a noi stessi possiamo dirlo. Ogni malvagità o meschinità accolta nella consapevolezza del cuore si trasforma in qualcosa di diverso. Scopriamo che dietro ci sono una paura, un tremore antichi e negati, oppure che c’è pronto un silenzio clown che ci indica quanto siano anche umoristiche la nostra cattiveria, gelosia, invidia, tetraggine, falsità.
Mai forzare però: chi forza crea quella stucchevole sensazione di accoglienza di tutto che è solo dimostrativa e in realtà nasconde un’avidità di sottomettere tutti quanti alle proprie maestrie di prestigiatore del sorriso e dei bei gesti.
Partire da dove si è e augurarsi il bene è opera di bonifica.
- Chandra Livia Candiani - Questo immenso non sapere. Conversazioni con alberi, animali e il cuore umano
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“L’arte è quel che c’è di più grande e al tempo stesso di più disgustoso, diceva. Eppure noi dobbiamo persuaderci che un’arte grande e sublime esiste davvero, diceva, altrimenti precipitiamo nella disperazione. Anche se sappiamo che qualsiasi arte finisce nella goffaggine e nel ridicolo e nell’immondizia della storia, come peraltro tutto il resto, dobbiamo credere nell’arte grande e sublime, dobbiamo crederci fermamente, diceva. Noi sappiamo che cos’è, è un’arte raffazzonata, fallita, ma non possiamo tener sempre presente questo fatto, o la nostra rovina, diceva, sarà inevitabile.”
-Thomas Bernhard, “Antichi Maestri”
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Fotografia italiana di 5 decenni fa, élite negletta: Geri Della Rocca de Candal
di Carlo Maccà
Dedico l’articolo a Gustavo Millozzi, grande amico e maestro da più di mezzo secolo. Lasciandomi come sempre piena libertà, ne ha seguito tutta la gestazione ed è scomparso proprio al momento della conclusione.
Ai tempi antichi, nel millennio passato, la fotografia era analogica. Ogni immagine fotografica era il risultato di un processo che oggi apparirebbe lentissimo. Il sensore era costituito da uno strato di gelatina contenente sali d’argento depositato su una pellicola. La luce liberata dallo scatto dell’otturatore produceva all’interno del materiale sensibile un embrione, che attraverso fasi fisico-chimiche successive (sviluppo e stampa) si concretizzava materialmente in una immagine partorita sulla superficie di un supporto solido, generalmente cartaceo. Solamente allora l’immagine entrava effettivamente nella vita reale, poteva ricevere un nome, vivere in una cornice appesa a una parete o dormire all’interno di un album, essere mostrata a parenti e amici, alla comunità fotografica, e, attraverso i media, alla società e al mondo intero. La speranza di vita dell’oggetto poteva facilmente superare quella dei suoi contemporanei umani, compreso il presente autore. [1]
Alla selezione della immagini che meritavano di essere conosciute e divulgate nell’internazionale fotografica provvedevano soprattutto alcuni Annuari di editori specializzati, per lo più Americani o Britannici. Anno per anno, professionisti e amatori evoluti, giovani o maturi, nuovi o affermati, inviavano agli editori stampe, sciolte o in portfolio, sperando che almeno una di queste selezionata e il proprio nome comparisse nell’indice degli autori accettati seguito dal numero della pagina in cui avrebbero ritrovato l’immagine o dal numero d’ordine di questa. Se di quei numeri ne compariva più di uno, l’autore poteva considerarsi - o vedersi confermato – “Autore” coll’A maiuscola.
Figura 1. Geri Della Rocca deCandal -Sulla spiaggia. Ferrania XXI/7, luglio 1967, p.3.
Per Fotopadova immagini relative all'articolo
Per questa via, dalla metà degli anni ’60 cominciarono a farsi conoscere e apprezzare nel mondo fotografico internazionale alcuni dei nostri futuri Maestri, che già contribuivano ad animare e a svecchiare la fotografia italiana. Conservo con devozione alcuni di quegli annuari e ogni tanto li ripercorro con piacere (e qualche nostalgis). Per esempio, nel britannico Photography Year Book [2] del 1967 si rivedono Gianni Berengo Gardin con 4 fotografie (2 in doppia pagina), e Mario Giacomelli con 2 (fra cui l’iconico ritratto della madre colla vanga); con 2 immagini anche Cesco Ciapanna (futuro fondatore del mensile Fotografare, innovativo per l’ambiente fotografico italiano), e con una ciascuno Cesare Colombo e Michelangelo Giuliani. Via via negli anni si ritrovano anche altri autori italiani tuttora amati e apprezzati, assieme ad altri che hanno lasciato qualche memoria alla fotografia italiana.
Fra fotografi italiani che nei pochi Photograpy Year Book dei primi anni ’70 a disposizione già a quel tempo avevano destato la mia attenzione per la qualità delle immagini e per i commenti che le presentano, soltanto uno, che portava un nome facilmente ricordabile : Geri Della Rocca deCandal, non sembra aver trovato ricordi permanenti nella nostra comunità fotografica. Nella pubblicista fotografica italiana di quegli anni parsimoniosamente tramandata fino ai nostri giorni sembra essersene occupata soltanto la rivista Ferrania [3], che nel numero di luglio 1967 presenta un ispirato articolo di Giuseppe Turroni [4] dal titolo La consolazione dell’occhio. L’autore, autorevole critico cinematografico e fotografico, scrittore e pubblicista notissimo in quegli anni, promuove alcuni giovani autori part-time che nella loro opera si distinguano per "chiarezza, onestà, purezza, spontaneità, e/o linearità di espressione". Doti che in uno di loro riconosce accompagnate da una spiccata sensibilità formale, che diremmo “classica”. Ecco come lo introduce.
“Un giovane di Milano, studente in Fisica, Geri Della Rocca deCandal, ricerca un dilettantismo quasi prezioso, che può sembrare fuori moda e che anche per la scelta del soggetto non indulge alle convenzioni dei tempi. Ma in quanti siamo a stabilire l’esatta portata di un lavoro al di là degli aspetti formali o linguistici che ci suggestionano? Anche Geri Della Rocca de Candal ha spirito libero e introspettivo. Le sue foto ”artistiche” hanno un’impronta ovviamente diversa da quella che distingueva la produzione amatoriale italiana di lontana memoria. Sono centrate nel gusto formale del momento e nello stesso tempo riescono a tradurre un simbolo di realtà, per i nostri occhi abbacinati da tanta, da troppa cronaca che finisce per non dirci più niente, anzi per guastarci il sapore della realtà.” [4] Turroni accompagna questo testo con ben 5 immagini, certificando che il giovane, in Fisica ancora studente, in Fotografia ha già raggiunto un livello magistrale.
Da qualche anno la Fondazione 3M offre, oltre alla collezione completa digitalizzata della rivista sopra citata, anche i files delle fotografie originali depositate presso il ricco Archivio Ferrania. Due immagini, una presumibilmente degli anni ’60, l’altra del 1974, presenti nel fondo Lanfranco Colombo sono evidenti tracce di una mostra del giovane Geri a Il Diaframma, la prima galleria in Europa dedicata esclusivamente all’arte fotografica [5], e fanno pensare a una attività espositiva importante. Soltanto le fonti finora citate possono suggerire all'ambiente italiano l’esistenza di un Autore da non trascurare.
Figura 2. Lower Manhattan Skyline - New York City, 1968. APERTURE, SPRING 1972.
Infatti rimane insoddisfatto chi, come noi, cerca di approfondire quelle notizie per la via più agevole, la Rete, che al giorno d’oggi segnala qualsiasi evento grande o piccolo e ne preserva la memoria, e perciò è indotto a supporre che l’attività fotografica del Nostro si sia conclusa in patria prima dell’avvento di Internet. Che però non si trattasse di cosa trascurabile, e che si espandesse anche all’estero, lo si può dedurre da altre tracce che attraverso Internet si reperiscono in archivi digitali della stampa specializzata straniera: per esempio, negli elenchi nominativi dei fotografi con opere presenti in raccolte fotografiche museali, in mostre antologiche dedicate all’eccellenza dell’arte fotografica mondiale o, infine, negli archivi di riviste fotografiche straniere fra le più autorevoli. Tracce lasciate in tutto il mondo, dalla Norvegia all’Australia e dagli anni ’70 fino a tempi recenti. In qualche caso contengono anche riproduzioni di opere. La figura 2, per esempio, è tratta da un articolo dedicato al nostro Autore dalla rivista Aperture [6] nel 1972.
Dalle opere così identificate si poteva già dedurre che Della Rocca de Candal conducesse nel bianco e nero ricerche sulle forme nello spazio parallele a quelle che Franco Fontana e Luigi Ghirri portavano avanti nel colore. Ma nell’accostarsi ai due coloristi a lui contemporanei, Geri manifestvaa ancor più evidente l’eredità dall’arte italiana dei periodi più classici: dalle scansioni spaziali dei pittori del 400 come Piero Della Francesca e Paolo Uccello, alla profondità della prospettiva aerea di Leonardo, ed infine al perfetto equilibrio in cui sono quasi sospese le architetture più compiute di Andrea Palladio. Spazialità tutta di tradizione italiana, da secoli ammirata (e superficialmente imitata) nei paesi anglosassoni.
Figura 3. The Brooklin Bridge, NYC. 1968. Amon Carter Museum, Fort Worth, Texas.
Il nostro interesse per Geri Della Rocca de Candal si è meglio focalizzato quando, reperito qualche altro numero di quegli anni del Photography Year Book sopra citato, abbiamo trovato ripetutamente il suo nome, a conferma d’una produzione significativa, che si è imposta all’estero più durevolmente che da noi, e che ci è apparsa meritevole di meglio rivisitata.
Figura 4. Fellers, Swiss Alps. Photography Year Book 1972, Fig. 141.
Nello Year Book del 1972, nel quale si affermano ancora Berengo Gardin con due immagini da un servizio sulle celebrazioni della Pasqua a Siviglia, e Giorgio Lotti con quattro storiche fotografie per la rivista EPOCA [7] sugli effetti dell’inquinamento delle acque e dell’aria in alta Italia, Geri figura autorevolmente in doppia pagina coll’immagine di un villaggio delle Alpi Svizzere (Figura 4). Nel 1974, 3 pagine del Photography Year Book presentano un saggio d’un suo progetto pluriennale (BN e colore) dedicato alla tradizionale sfilata delle signore newyorkesi, con vistosi copricapi e accompagnate dai loro pets, nel giorno di Pasquetta lungo la 5th Avenue appositamente chiusa al traffico (Easter Parade, gia all’attenzione con diverso approccio del franco-ungherese Brassaï nel 1957 [8]).
Tuttavia mancava ancora la possibilità di inquadrare compiutamente la figura di Geri Della Rocca de Candal e la sua attività fotografica. Questa opportunità si è avverata soltanto molto recentemente per una fortunosa coincidenza. Compare inaspettatamente in rete un omonimo, fresco di dottorato in discipline umanistiche presso l’Università di Oxford e collaboratore di un gruppo oxoniano di ricerca sul primo secolo di storia del libro a stampa. Il giovane studioso si rivela essere il figlio del nostro obiettivo, e ci dà la possibilità di contattare il padre. Questi accetta di metter mano per noi al proprio archivio fotografico, da decenni lasciato a dormire, e di rivisitarlo con affettuoso distacco.
L’autore stesso ci fornisce un buon numero di files ottenuti da stampe analogiche eseguite personalmente per mostre e pubblicazioni. Molti sono di immagini per noi nuove, altri sostituiscono vantaggiosamente parte di quelli ricavati dalle fonti a noi già note. Tutti insieme saranno di valido aiuto ad interpretare correttamente secondo la dell’Autore pe le immagini ricavate da atre fonti.
Figura 5. Easter Sunday Fashion Parade, NY. Photography Year Book 1974 fig.133 .
Infine i suoi cenni autobiografici, seppure scarni, ci salveranno da induzioni ed esercizi di fantasia di precedenti commentatori [9] e ... nostri. E così possiamo raccontare che il giovane amatore (n. 1944), dopo un primo periodo di partecipazioni e successi in concorsi e mostre collettive, del quale rimase rara testimonianza l’articolo di Turroni sopra riportato, venne effettivamente "scoperto" da Lanfranco Colombo, che nel 1970 gli consentì la sua prima mostra personale presso la Galleria Il Diaframma [5]. Ben presto Geri interruppe gli studi universitari di Fisica per dedicarsi completamente alla professione di fotografo free-lance per la stampa internazionale. Fotografie realizzate nel corso dei suoi viaggi venivano pubblicate su quotidiani, settimanali riviste e libri negli Stati Uniti e in molti paesi europei (in Italia, per esempio, su Il Mondo). Contemporaneamente condusse un’intensa attività espositiva quasi esclusivamente all’estero, con mostre personali e partecipazioni a collettive in Europa e fino ai quattro angoli del mondo, dagli U.S.A. all’Australia e dal Brasile alla Cina. Considerato uno dei più rappresentativi fra i giovani fotografi Italiani del momento, sue opere vennero acquistate da musei stranieri. Ma all'inizio degli anni '80 Geri dovette occuparsi personalmente delle attività legate agli interessi di famiglia, tanto da abbandonare, prima gradualmente e poi del tutto, la fotografia. Le sue ultime apparizioni dirette non vanno oltre il 1984, ma sue opere continuano a comparire in ulteriori mostre dedicate alla più rappresentativa fotografia Italiana dei decenni in cui egli ha operato.
Figura 6. Venezia, 1977 (bacino di S. Marco visto da S. Giorgio Maggiore)
Una fotografia dello scaffale in cui sono allineati gli annuari, i cataloghi e altri fascicoli occasionali in cui sono riprodotte le sue opere ci ha permesso di arricchire la documentazione figurativa, completando la serie di Photography Year Book degli anni fra il 1972 e il 1980, in ognuno dei quali compare almeno una sua opera. La loro successione ci ha aiutato a formulare una traccia sulla quale restituire l’evoluzione dell’Autore.
Sua caratteristica costante è la sapienza della composizione, distribuita nello spazio con equilibrio di stampo classico, anche quando la prospettiva geometrica è forzata coll’impiego di un grandangolo spinto (fino al 20 mm), e quando si combina con quella forma particolare di prospettiva aerea ottenuta coll’aiuto di foschie e nebbie (figura 6), che già si notava nelle foto dei primi anni (figure 1 e 2). A mano a mano si accentua la ricerca d’una geometria severa, rafforzata da forti contrasti con bianchi puri e neri intensi o addirittura chiusi. Tuttavia il facile rischio dell’aridità viene evitato dalla presenza della persona umana o da dettagli che la richiamano, spesso con una ironia garbata e benevola (figure 7 e 8).
Figura 8. His, Hers (per Lui, per Lei). Photography Year Book 1980 fig.58.
Il bordino nero con cui l’autore costantemente racchiude l’immagine stampata (e nelle stampe da esposizione isola l’immagine entro un largo campo bianco) appare dettato, piuttosto che da una pretesa di eleganza, dall’intenzionale affermazione della compiutezza della composizione.
Figura 8. Silhouettes. PHOTOGRAPHIE (Winthertur, CH) Juli 1977.
Nelle diapositive a colori l’impatto grafico è mediato da una forte saturazione del colore (Figura 9), che possiamo ritenere frutto d’una leggera sottoesposizione del Kodachrome in fase di ripresa.
Figura 9. Storage closets. PHOTOGRAPHIE (CH) Juli 1978.
Varie mostre di successo e i frequenti portfolio ospitati da riviste fotografiche a grande diffusione portano la prova della sua popolarità. “Le sue frequenti permanenze negli Stati Uniti hanno dato alle immagini un’impronta, che per la fotografia europea risulta innovativa” (PHOTOGRAPHIE, Winthertur, Svizzera. Luglio 1978, editoriale). Reciprocamente, per i Nord-americani l’occhio con cui il loro paese è stato fotografato dall'ospite italiano era uno specchio insolito, rivelatore di aspetti da loro mai notati (o mai voluti prendere in considerazione, sebbene meno imbarazzanti di quelli bruscamente esibiti da altri stranieri come Robert Frank, Svizzero, o William Klein, Newyorkese ma culturalmente parigino e autodefinitosi straniero in patria).
Figure 10 e 11. Dalla serie Bars (Sbarre) PHOTOGRAPHIE (Winthertur, CH) Juli 1978.
NOTE
[1] Superfluo il confronto colla invadente, fugace, evanescente fotografia della nostra epoca digitale; ovvio e banale ogni commento. Sì, anche cumuli ben distribuiti di elettroni possono essere finalizzati a partorire immagini analogiche; ma ciò nella realtà avviene solo per frazioni fantastilionesimali di quelli partoriti dalle apposite strutture tecniologiche. Nonostante tutte le riviste di moda o di viaggi e gli album di matrimonio.
[2] In Italia fino agli anni ’60 quel poco che esisteva di editoria e pubblicistica fotografica era orientato quasi esclusivamente alla divulgazione e all’aggiornamento in materie tecniche, e gli orizzonti artistici erano assolutamente provinciali. Chi voleva rimanere informato sulla fotografia nel resto del mondo poteva reperire soltanto in rare librerie più accorte (a Padova, la Libreria Internazionale Draghi) qualche periodico internazionale, come il mensile statunitense Popular Photography e il suo Annuario, o il britannico Photography Year Book. Coll’arrivo di Gustavo Millozzi, qui immigrato da Venezia e La Gondola, i frequentatori del Fotoclub Padova potevano prenotare il mensile svizzero Camera, principale punto di riferimento internazionale per la fotografia.
[3] La rivista Ferrania [ https://it.wikipedia.org/wiki/Ferrania_(periodico) ], fondata nel 1947 e cessata nel 1967, era sponsorizzata dalla storica industria italiana omonima, che fu per vari decenni la produttrice di apparecchiature e materiali fotografici e cinematografici dominante sul nostro mercato. Memorabile la sua pellicola P30, matrice del bianco e nero del Neorealismo cinematografico italiano. La storia dell’azienda, conclusa definitivamente e infelicemente in questo millennio, si può trovare riassunta in https://it.wikipedia.org/wiki/Ferrania_Technologies . I PDF di tutti i numeri della rivista sono liberamente consultabili in Rete sul sito https://www.fondazione3m.it/page_rivistaferrania.php .
[4] Giuseppe Turroni, La consolazione dell’occhio,Ferrania XXI/7, luglio 1967 pagina 2.
[5] La Galleria Il Diaframma di Milano, fondata e diretta da Lanfranco Colombo, la prima in Europa dedicata esclusivamente all’arte fotografica, presentava molti maestri stranieri e giovani innovatori nostrani, esercitando così un’azione fondamentale per lo svecchiamento della fotografia italiana.
[6] APERTURE magazine è un periodico con cadenza trimestrale nato a New York nel 1952 per opera d’un gruppo di fotografi (Ansel Adams, Minor White, Dorothea Lange e altri) al fine di promuovere la fotografia d’arte. Si è presto affermato come il più importante interprete della cultura fotografica mondiale assieme al più antico Camera. Nelle sue pagine hanno trovato slancio o conferma molti dei più apprezzati fotografi delle successive generazioni, come Diane Arbus, Robert Frank e tanti altri. La rivista è ancora attiva, disponibile anche in formato digitale assieme all’archivio di tutti i numeri dalla nascita; soluzione particolarmente conveniente in Italia dove recentemente sono state “perdute” per le strade postali la metà delle copie cartacee d’un costoso abbonamento biennale.
[7] Il settimanale Epoca della Arnoldo Mondadori Editore, nato nel 1950 sul modello dell’americano LIFE, faceva ampio uso di servizi fotografici, molti dei quali sono rimasti nella storia.
[8] Brassaï, 100 photos pour la liberté de presse. Reporters Sans Frontieres, 2022.
[9] Vatti a fidare delle informazioni reperibili in rete. Esempio:Amazon presenta così Incontri con fotografi illustri, Ferdinando Scianna, 2023: “Scianna ha realizzato migliaia di ritratti: i contadini duri e dignitosi di Bagheria, le donne estasiate durante le processioni siciliane, l’amico e coinquilino (sic) Leonardo Sciascia”. In evidenza la massima, ma non unica, baggianata contenuta in quella frase, nel suo insieme atta a disorientare l’ignaro compratore sul reale contenuto del libro.
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I GATTI CI SFOTTONO
I gatti lo sapevano benissimo. I gatti sapevano già tutto. I gatti cercano di addestrarci da 13.000 anni di convivenza per questo momento. I gatti cercano di insegnarci a stare in equilibrio su ciò che si muove e si rinnova da prima degli antichi egizi.
I gatti lo sapevano, che una volta venuti al sodo ce la saremmo fatta sotto. Nonostante i millenni di preparativi. I millenni di santa pazienza a scortarci nel mondo della magia e delle energie sottili. I gatti sapevano già tutto. Continuano a scuotere la testa di nascosto, dall’alto della loro Perfezione e delle loro percezioni celesti, davanti a questo essere così goffo, così rudimentale, così incapace e infantile, definito "umano". Trattengono le risate - a fatica - da migliaia di anni.
I gatti, che conoscono la Morte e le infinite Rinascite, ce la mettono tutta per istruirci, ma noi abbiamo le teste più dure del granito e i cuori asfittici o calcificati. Loro fanno fatica a immaginarsi come si possa essere così – così duri e così ridicoli – e nei loro simposi segreti ci compatiscono di brutto. Lo fanno sotto il nostro naso, ché tanto noi – nonostante tutto – non siamo ancora in grado di cogliere certi segni. Ma su questo pianeta è stato loro assegnato il compito di scortarci e di allevarci verso la Luce, attraverso le Tenebre, di cui loro peraltro sono Maestri. Così, sospirano e portano pazienza ancora un altro benedetto anno.
Altroché santi. Altroché guru. Altroché cultura e filosofia. Nessuno li batte in esoterismo e ingegneria. Nessuno li batte in quanto ad autoguarigione. Nessuno può sfidarli nell’arte dell’equilibrio tra tutte le cose – Vita e Morte incluse. Sole e Luna. Estate e Inverno. Buio e Luce. Sonno pacifico e giocoso Terremoto. Saggezza e burloneria. Eleganza e poi il farsi giullari.
I gatti sono i mutaforme celesti che, sul vento di una promessa fatta a Dio, fanno di tutto per insegnarci ad attraversare soglie, a sostare impavidi sugli abissi, a danzare sui bivi. Ma noi siamo duri di comprendonio, molto duri.
I gatti sapevano già tutto di questo periodo storico e ora fanno gli straordinari nel cercare di attutirci la caduta, di ricordarci le lezioni impartite nei millenni e di mostrarci come si vola senza avere le ali.
Saltano sulla scrivania nel pieno di una conferenza impegnata. Distraggono il politico, il giornalista e il guru allo stesso modo durante i loro discorsi seriosi. Si fanno gioco del nostro impegno cerebrale, nella nostra comicissima codardia quando ci mettiamo la maschera di quelli sicuri di sé, per poi scappare al primo brivido della terra o al primo battito d’ali. Sanno che siamo degli esseri ipocriti e cagasotto.
Diciamoci la verità, i gatti sarebbero da venerare. Qualcuno, non a caso, lo faceva. Ma siccome non arriviamo neanche al chilo (cioè, non arriviamo neanche a capire questo), e il loro sforzo immane è a molti di noi del tutto sconosciuto e invisibile, resistono per le promesse fatte a Dio. Ma, e soprattutto di recente, appena possono, ci sfottono. Fatevene una ragione.
Sonia Serravalli
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Jake Wood-Evans (🇬🇧 Regno Unito, 1980 - oggi)
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“In un'epoca dominata da schermi e immagini pixelate, il lavoro di Jake Wood-Evans sembra un gradito antidoto. Attingendo alle eredità degli antichi maestri, la sua intenzione è quella di catturare l'essenza di queste opere storiche senza replicarle, raffigurando argomenti familiari, ma oscurati.
Creando immagini eteree che sono sia inquietanti che belle, il potente uso della luce da parte di Wood-Evans emerge da un'applicazione sciolta e istintiva della vernice. I suoi dipinti ad olio brillano con strati di colore luminosi e intensi mentre segni audaci, oli gocciolanti e superfici punteggiate siedono in compagnia di dettagli fini e delicati.
Descrivendo il suo lavoro come "un processo di conflitto con lo spazio ambiguo tra rappresentazione e astrazione", Wood-Evans resiste all'impulso di fornire letture facili o composizioni immediatamente accessibili. Invita lo spettatore a fermarsi a contemplare silenziosamente una serie di dipinti a più strati.”
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(via @galleria-artistica)
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Presto verrà l’inverno, i giorni saranno sempre più corti e farà sempre più freddo, finché un giorno cadrà la neve e il silenzio. Ma il cielo continuerà a essere blu, il sole a splendere, i fiumi a scendere dai monti, l’erba a essere verde e così il mio spirito.
Il Creatore conosce le vie, conta i grani che sono gli anni che mi restano, il tempo che ancora mi è concesso.
Non ho paura dell’ultimo dei miei giorni. Nella luce calante del tramonto sarà bello andare via. La fine è l’inizio, il vero inizio.
Mi entusiasma pensare a quale volto vedrò per primo quando intraprenderò quel viaggio, e quale luogo mi sarà destinato. Spero di tornare a cavalcare ancora una volta insieme ai miei maestri, di ritrovare i miei antichi padri e madri e fratelli e sorelle e amici e ridere ancora con loro come una volta.
Sarà un grande giorno quel giorno. Nella Bellezza io camminerò. Enzo Braschi (Bisonte che corre) art by_javier_lluesma_ *********************** Winter will come soon, the days will get shorter and shorter and it will get colder and colder, until one day there will be snow and silence. But the sky will continue to be blue, the sun to shine, the rivers to flow down from the mountains, the grass to be green and so will my spirit.
The Creator knows the ways, counts the grains which are the years that remain to me, the time that is still granted to me.
I am not afraid of the last of my days. In the waning light of the sunset it will be nice to leave. The end is the beginning, the real beginning.
It excites me to think about which face I will see first when I embark on that journey, and which place will be destined for me. I hope to go riding once again with my masters, to find my ancient fathers and mothers and brothers and sisters and friends and laugh with them again as I once did.
It will be a great day that day. In Beauty I will walk. Enzo Braschi (Running Bison) art by_javier_lluesma_
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HENRY MATISSE
Uno dei maggiori talenti della creatività, un maestro della scienza della percezione, un instancabile sperimentatore.
Un genio visionario che considero da sempre un vero modello di artista universale.
Un individuo affetto da una malattia esiziale :
una inguaribile curiosità
esistenziale.
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CITAZIONI
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“Io non dipingo cose, ma soltanto i rapporti che le collegano.”
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Ho sempre considerato il disegno non come un esercizio di particolare abilità, ma soprattutto come un mezzo per esprimere sentimenti intimi e stati d'animo: mezzi semplificati però per dare maggiore semplicità, maggiore spontaneità all'espressione.
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Oggetto della pittura non è più descrivere la storia poiché la si trova nei libri. Noi ne abbiamo un concetto più alto. Con la pittura l'artista esprime le proprie visioni interiori.
[ 1909 ]
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“La creatività vuole coraggio"
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“Dipingere una natura morta consiste nel trasporre i rapporti fra gli oggetti del tema, con l'accordo di diversi valori cromatici e delle loro correlazioni. Bisogna però rendere le emozioni che essi risvegliano.”
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“Ho lavorato per arricchire la mia intelligenza, per soddisfare le differenti esigenze del mio spirito, sforzando tutto il mio essere alla comprensione delle diverse interpretazioni dell'arte plastica date dagli antichi maestri e dai moderni.”
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“Chiunque si dedichi alla pittura dovrebbe iniziare tagliandosi la lingua.”
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“Creare è proprio dell'artista; dove non c'è creazione, l'arte non esiste.”
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"Non bisogna considerare il pensiero di un pittore come estraneo ai suoi mezzi, perché è solo nella misura in cui essi lo servono che quel pensiero ha un valore; e quei mezzi devono essere tanto più completi (dico completi, non complicati) quanto più il pensiero è profondo. Per me è impossibile distinguere tra il sentimento che nutro della vita e la forma in cui lo traduco."
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"Nel campo dell'arte, il creatore autentico non è solo un essere particolarmente dotato, è un uomo che ha saputo ordinare in vista del loro fine un insieme di attività, delle quali l'opera d'arte è il risultato finale."
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"Il colore soprattutto, forse ancor più del disegno, è una liberazione."
Mi piace la danza. E’ una cosa straordinaria: vita e ritmo. Quando dovetti comporre una danza mi limitai ad andare al Moulin de la Galette. Tornato a casa composi canticchiando lo stesso motivo che avevo ascoltato poco prima, ecco perchè tutta la composizione, tutti i ballerini, vanno d’accordo e danzano sullo stesso ritmo.
Non basta mettere i colori, per quanto belli, gli uni accanto agli altri; bisogna anche che questi reagiscono gli uni con gli altri. Altrimenti è cacofonia. Jazz è ritmo e significato.
Andiamo verso la serenità con la semplificazione delle idee e della plastica. Il nostro solo ideale è l’insieme, i dettagli diminuiscono la purezza delle idee, nuocciono all’intensità emotiva; li rifiutamo.
Per me, il soggetto di un quadro, e il suo sfondo, hanno lo stesso valore o, per dirlo più caramente, nessun punto prevale sull’altro, conta solamente la composizione, il modello generale.
Il quadro è fatto dalla combinazione di superfici variamente colorate.
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“Per chi vuole vederli, ci sono fiori dappertutto.”
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Jake Baddeley, nato a Nottingham, in Inghilterra, nel 1964, vive a L'Aia in Olanda, trae le sue ispirazioni da molte fonti: gli antichi greci, i maestri italiani del Rinascimento, i maestri olandesi, l'iconografia, la mitologia, la psicologia e la filosofia.
🎨 Il giocoliere
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I bambini sono bambini dello Stato, così pensa lo Stato e si comporta di conseguenza, provocando da secoli danni devastanti. È lo Stato in realtà che partorisce i bambi-ni, vengono partoriti soltanto bambini di Stato, la verità è questa. Non esiste un solo bambino libero, c'è soltanto il bambino di Stato, di cui lo Stato può fare quello che vuole, è lo Stato che mette al mondo i bambini, alle madri vien solo dato a intendere che siano loro a mettere al mondo i bambini, ma è dal ventre dello Stato che nascono i bambini, la verità è questa. Sono centinaia di migliaia i bambini che ogni anno escono dal ventre dello Stato sotto forma di bambini di Stato, la verità è questa. I bambini di Stato vengono messi al mondo dal ventre dello Stato e vanno alla scuola di Stato, dove sono istruiti dagli insegnanti di Stato. Lo Stato partorisce i suoi bambini nello Stato, la verità è questa, lo Stato partorisce i suoi bambini di Stato nello Stato e non li lascia più uscire. Ovunque ci guardiamo intorno, non vediamo altro che bambini di Sta-to, scuole di Stato, lavoratori di Stato, funzionari di Stato, anziani di Stato, morti di Stato, la verità è questa. Lo Stato produce e autorizza soltanto esseri umani di Stato, la verità è que-sta. Lessere umano secondo natura non esiste più, è rimasto soltanto l'essere umano di Stato, e dove l'essere umano secondo natura esiste ancora, esso viene braccato e perseguitato a morte e/o trasformato in un essere umano di Stato. La mia è stata un'infanzia bella ma nello stesso tempo crudele raccapricciante, penso, un infanzia nel corso della quale quando ero dai nonni potevo essere un essere umano secondo natura, mentre a scuola ero tenuto a essere un essere umano di Stato, a casa dai miei nonni ero un essere umano secondo natura, a scuola ero un essere umano di Stato, per mezza giornata ero secondo natu-ra, per mezza giornata di Stato, per mezza giornata, e cioè di pomeriggio, ero secondo natura e quindi felice, per mezza giornata, e cioè di mattina, ero di Stato e quindi infelice. Di pomeriggio ero l'essere umano più felice che si possa immaginare, di mattina il più infelice. Per molti anni fui di pomeriggio l'essere umano più felice in assolu-to, di mattina il più infelice in assoluto, penso. A casa, dai nonni, ero un essere secondo natura e felice, a scuola, giù nella cittadina, ero un essere innaturale e infelice. Quando scendevo giù nella cittadina andavo nell'infelicità (dello Stato!), quando tornavo a casa dai miei nonni in mon-tagna, andavo nella felicità. Quando andavo dai nonni in montagna, andavo nella natura e nella felicità, quando scendevo giù nella cittadina, a scuola, andavo nell'artificio e nella infelicità.
Entravo, di prima mattina, direttamente nell'infelicità e per mezzogiorno o nel primo pomeriggio ritornavo nella felicità. La scuola è una scuola di Stato, dove i giovani vengono trasformati in esseri umani di Stato, vale a dire in galoppini dello Stato e nient'altro. Quando andavo a scuola andavo nello Stato, e poiché lo Stato annienta gli esseri umani, andavo nell'istituto per l'annientamento degli esseri umani. Per molti anni io sono uscito dalla felicità (dei nonni!) per andare nell'infelicità (dello Stato!) e ritornare, sono uscito dalla natura per andare nell'artificio e ritornare, la mia infanzia è consistita in questo andirivieni e nient'altro. Sono cresciuto in questo andirivieni dell'infanzia. Ma in un simile diabolico gioco, non ha vinto la natura ma l'artificio, la scuola e lo Stato, non la casa dei miei nonni. Lo Stato ha costretto me, come tutti gli altri, a entrare al suo interno e mi ha asservito, lo Stato ha fatto di me un essere umano di Stato, un essere umano irreggimentato e registrato e addestrato e diplomato e pervertito e depresso come tutti gli altri. Quando vediamo degli esseri umani, vediamo soltanto esseri umani di Stato, servi dello Stato, come giustamente si dice, non vediamo esseri umani naturali, ma esseri umani di Stato sotto forma di servi dello Stato che sono ormai in tutto e per tutto innaturali, e per tutta la vita rimangono al servizio dello Sta-to, il che significa per tutta la vita al servizio dell'artificio. Quando vediamo degli esseri umani, vediamo soltanto esseri umani di Stato sotto forma di esseri umani innaturali, immolati all'ottusità dello Stato. Quando vediamo degli esseri umani, vediamo soltanto esseri umani in balia dello Stato e al servizio dello Stato, ormai vittime dello Stato. Gli esseri umani che vediamo sono vittime dello Stato e l'umanità che vediamo non è altro che il foraggio dello Stato, con cui lo Sta-to, sempre più ingordo, viene appunto foraggiato. L'umanità non è altro, ormai, che un'umanità di Stato, e già da secoli, e cioè da quando esiste lo Stato, essa ha perso, penso, la propria identità. L'umanità oggi non è altro, ormai, che una disumanità, che poi è lo Stato, penso.
Thomas Bernhard
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Elogio a Milano
Salgo a san Babila. Una voce, accento napoletano. Ciò che pare, è. Non sembra, è. È proprio cosi. Non sembra sembra ma, cosi come pare, così è. Con chi parla, a chi si rivolge. L'uomo seduto di fianco. No. Lui parla con la donna. Palestro. Apertura porte a destra. A chi si rivolge. Non ha cuffie, non è al telefono. Dici appare e basta, no, è proprio cosi. Sembrava che no, invece si. Una città che esprime non una, ma ben due squadre in Champions League. Porta Venezia. Apertura porte a destra. O sinistra. Due squadre presenti in Champions League, che sono da Champions League, giocano la Champions League, e vanno avanti. Tutte e due. rivolto all'uomo di fianco, non lo ascolta. O lo ascolta. Non gli dà retta. Non una si l'altra no. Due squadre in Champions. Questa città. Si liberano dei posti. Si guarda intorno. Mi guardo intorno. Intorno le persone in piedi esitano. Una donna si siede. Un uomo non si siede. Roma, per dire, Roma c'ha mezza squadra in Conference. Mi siedo. Mezza squadra, in Conference, a Roma. Questa città, due squadre, tutte due in Champions. E ci stanno. Lima. Apertura porte a sinistra. O destra. Una roba di alto profilo. Altissimo profilo. Di altissimo profilo. Altroché. Tu dici pare. Non pare, è. Non sembra soltanto, è cosi. E basta. Ecco. Lo sguardo è orizzontale, verso l'orizzonte. La voce, si orienta e raggiunge le persone davanti a lui. Quelle di fianco. Un raggio limitato, una platea gremita. Che ascolta e non dà retta. Seduto ascolto. In piedi, l'uomo ciuffo biondo forse tinto. Accento napoletano. Non dice squadre. Dice shquadre. Due shquadre in Champions League, questa città. Questo è. Mezza shquadra in Conference di là. Due shquadre in Champions di qua. Da nessun'altra parte. Loreto. Aperture porte a destra. O sinistra. Scendo. Guardo il treno che sfila. Che treno, penso. Solo in questa città, un treno cosi.
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Autunno '24: il momento giusto per regalarsi un rituale Rasul a Gardacqua - Garda (VR)
L'autunno '24 di Gardacqua, a Garda, sulla sponda veronese del lago, tra relax, beauty e sport, regala ore da dedicare a se stessi, momenti perfetti per riposare mente e corpo e poi ripartire di slancio.
Partiamo dall'Area Beauty, in cui le cinque cabine sono state appena rinnovate. Tre sono dedicate a massaggi, trattamenti e pressoterapie, una al Solarium e infine una è per chi vuol regalarsi un sogno, Rasul, un'esperienza ispirata ad antichi rituali orientali. E' il luogo giusto per godersi massaggi di coppia con bagno turco privato. E poi vapore purificante e rigenerante con l'utilizzo di uno scrub a base di sale marino, maschera e viso all'argilla e olii essenziali. E' un'esperienza rilassante e distensiva per corpo e mente...
Eccoci adesso Area Pools di Gardacqua che è aperta tutto l'anno. Infatti accanto alle vasche all'aperto, ci sono anche quelle al coperto. E' ripartita la Scuola Nuoto che inizia dal livello Biberon (dai 3 ai 47 mesi, ovvero fino ai 4 anni non compiuti), passa alle proposte per bambini e ragazzi fino ai corsi per gli adulti ed il nuoto libero. Ed è possibile anche dedicarsi all'Acqua Fitness.
Chiudiamo con il cuore di Gardacqua, ovvero la sua Area SPA di Gardacqua, che è dotata di un nuovo giardino naturista. Qui è possibile godersi Sauna Finlandese, Bio Sauna, Bagno Turco, Bagno Salino, Laconium, Percorso Kneipp, Vasca Idromassaggio, Sala relax e Dream Room. E conta ancora di più l'approccio di Gardacqua: chi decide di regalarsi un ingresso di 3 ore o giornaliero nell'Area SPA, si gode anche i trattamenti che gli ogni gli Augfuss Meister, i maestri di sauna, propongono. Ad esempio, Bagni di Suono con strumenti ancestrali, Maschere viso, Scrub corpo, Tisaneria, Savonage, Bagni di Gong…
Riassumendo, dopo un'estate fantastica, l'autunno 2024 di Gardacqua, a Garda, sulla sponda veronese del lago, è già iniziato con tante novità ed altrettante conferme. Si può ripartire senza stress, dallo sport nell'Area Pools oppure rilassandosi nell'Area SPA e magari, subito dopo, regalarsi un trattamento nell'Area Beauty… e infine mangiare qualcosa al Bistrò. Gardacqua è infatti da tempo un riferimento per chi vuol mettere insieme salute, benessere e movimento con un approccio conosciuta per il suo approccio globale al wellness.
Cos'è Gardacqua?
Gardacqua, a Garda, sulla sponda veronese del lago, è sinonimo di tempo dedicato al benessere, allo sport, al beauty... La struttura, conosciuta per il suo approccio globale al wellness, è circondata da un verde parco con ulivi secolari. A livello architettonico è caratterizzata da una elegante cupola di cristallo ed ospita una SPA di oltre 1700 MQ, grandi piscine interne ed esterne in cui rilassarsi oppure nuotare, beauty center in cui regalarsi trattamenti e massaggi d'ogni tipo, bar, ristoranti ed aree kids dedicate ai più piccoli.
Gardacqua - SPA, Wellness and Pools
Via Cirillo Salaorni ,10 37016 Garda (VR)
045 627 0563 https://www.gardacqua.org
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Autunno '24: il momento giusto per regalarsi un rituale Rasul a Gardacqua - Garda (VR)
L'autunno '24 di Gardacqua, a Garda, sulla sponda veronese del lago, tra relax, beauty e sport, regala ore da dedicare a se stessi, momenti perfetti per riposare mente e corpo e poi ripartire di slancio.
Partiamo dall'Area Beauty, in cui le cinque cabine sono state appena rinnovate. Tre sono dedicate a massaggi, trattamenti e pressoterapie, una al Solarium e infine una è per chi vuol regalarsi un sogno, Rasul, un'esperienza ispirata ad antichi rituali orientali. E' il luogo giusto per godersi massaggi di coppia con bagno turco privato. E poi vapore purificante e rigenerante con l'utilizzo di uno scrub a base di sale marino, maschera e viso all'argilla e olii essenziali. E' un'esperienza rilassante e distensiva per corpo e mente...
Eccoci adesso Area Pools di Gardacqua che è aperta tutto l'anno. Infatti accanto alle vasche all'aperto, ci sono anche quelle al coperto. E' ripartita la Scuola Nuoto che inizia dal livello Biberon (dai 3 ai 47 mesi, ovvero fino ai 4 anni non compiuti), passa alle proposte per bambini e ragazzi fino ai corsi per gli adulti ed il nuoto libero. Ed è possibile anche dedicarsi all'Acqua Fitness.
Chiudiamo con il cuore di Gardacqua, ovvero la sua Area SPA di Gardacqua, che è dotata di un nuovo giardino naturista. Qui è possibile godersi Sauna Finlandese, Bio Sauna, Bagno Turco, Bagno Salino, Laconium, Percorso Kneipp, Vasca Idromassaggio, Sala relax e Dream Room. E conta ancora di più l'approccio di Gardacqua: chi decide di regalarsi un ingresso di 3 ore o giornaliero nell'Area SPA, si gode anche i trattamenti che gli ogni gli Augfuss Meister, i maestri di sauna, propongono. Ad esempio, Bagni di Suono con strumenti ancestrali, Maschere viso, Scrub corpo, Tisaneria, Savonage, Bagni di Gong…
Riassumendo, dopo un'estate fantastica, l'autunno 2024 di Gardacqua, a Garda, sulla sponda veronese del lago, è già iniziato con tante novità ed altrettante conferme. Si può ripartire senza stress, dallo sport nell'Area Pools oppure rilassandosi nell'Area SPA e magari, subito dopo, regalarsi un trattamento nell'Area Beauty… e infine mangiare qualcosa al Bistrò. Gardacqua è infatti da tempo un riferimento per chi vuol mettere insieme salute, benessere e movimento con un approccio conosciuta per il suo approccio globale al wellness.
Cos'è Gardacqua?
Gardacqua, a Garda, sulla sponda veronese del lago, è sinonimo di tempo dedicato al benessere, allo sport, al beauty... La struttura, conosciuta per il suo approccio globale al wellness, è circondata da un verde parco con ulivi secolari. A livello architettonico è caratterizzata da una elegante cupola di cristallo ed ospita una SPA di oltre 1700 MQ, grandi piscine interne ed esterne in cui rilassarsi oppure nuotare, beauty center in cui regalarsi trattamenti e massaggi d'ogni tipo, bar, ristoranti ed aree kids dedicate ai più piccoli.
Gardacqua - SPA, Wellness and Pools
Via Cirillo Salaorni ,10 37016 Garda (VR)
045 627 0563 https://www.gardacqua.org
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“Guai a lei se legge con più penetrazione del solito, si rovina il gusto per tutto ciò che legge. Qualsiasi cosa lei legga, questo qualcosa alla fine diventa ridicolo, alla fine non ha più alcun valore. Si guardi bene dall’affrontare con troppa penetrazione un’opera d’arte, diceva, si guasterà tutto, anche le cose più amate. Non guardi troppo a lungo un quadro, non legga un libro con troppa penetrazione, non ascolti un brano musicale con il massimo impegno, perché si rovinerebbe tutto e quindi anche ciò che di più bello e di più utile esiste al mondo. Legga quello che le piace, ma non penetri l’opera fino in fondo, ascolti quello che le piace, ma non lo ascolti fino in fondo, osservi quello che le piace, ma non lo osservi fino in fondo. Io, avendo sempre ascoltato tutto fino in fondo, avendo sempre ascoltato tutto fino in fondo o, quanto meno, avendo sempre cercato di ascoltare, di leggere, di osservare tutto fino in fondo, alla fine mi sono storpiato irrimediabilmente tutta l’arte figurativa e tutta la musica e tutta la letteratura, diceva ieri. Così, con questo sistema, mi sono alla fine storpiato irrimediabilmente il mondo intero, mi sono semplicemente storpiato tutto. Per anni mi sono semplicemente storpiato tutto e, cosa di cui mi pento dal più profondo del cuore, ho anche irrimediabilmente storpiato tutto a mia moglie. Per anni, diceva, la mia esistenza è stata possibile soltanto all’interno e in virtù di questo meccanismo di storpiatura. Ma ora so che devo evitare di leggere fino in fondo, di ascoltare fino in fondo, di osservare e stare a guardare fino in fondo, se voglio continuare a vivere.”
-Thomas Bernhard -Antichi maestri
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L’autunno è il momento perfetto per un rituale Rasul a Gardacqua - Garda (VR)
L'autunno '24 di Gardacqua, a Garda, sulla sponda veronese del lago, tra relax, beauty e sport, regala ore da dedicare a se stessi, momenti perfetti per riposare mente e corpo e poi ripartire di slancio.
Partiamo dall'Area Beauty, in cui le cinque cabine sono state appena rinnovate. Tre sono dedicate a massaggi, trattamenti e pressoterapie, una al Solarium e infine una è per chi vuol regalarsi un sogno, Rasul, un'esperienza ispirata ad antichi rituali orientali. E' il luogo giusto per godersi massaggi di coppia con bagno turco privato. E poi vapore purificante e rigenerante con l'utilizzo di uno scrub a base di sale marino, maschera e viso all'argilla e olii essenziali. E' un'esperienza rilassante e distensiva per corpo e mente...
Eccoci adesso Area Pools di Gardacqua che è aperta tutto l'anno. Infatti accanto alle vasche all'aperto, ci sono anche quelle al coperto. E' ripartita la Scuola Nuoto che inizia dal livello Biberon (dai 3 ai 47 mesi, ovvero fino ai 4 anni non compiuti), passa alle proposte per bambini e ragazzi fino ai corsi per gli adulti ed il nuoto libero. Ed è possibile anche dedicarsi all'Acqua Fitness.
Chiudiamo con il cuore di Gardacqua, ovvero la sua Area SPA di Gardacqua, che è dotata di un nuovo giardino naturista. Qui è possibile godersi Sauna Finlandese, Bio Sauna, Bagno Turco, Bagno Salino, Laconium, Percorso Kneipp, Vasca Idromassaggio, Sala relax e Dream Room. E conta ancora di più l'approccio di Gardacqua: chi decide di regalarsi un ingresso di 3 ore o giornaliero nell'Area SPA, si gode anche i trattamenti che gli ogni gli Augfuss Meister, i maestri di sauna, propongono. Ad esempio, Bagni di Suono con strumenti ancestrali, Maschere viso, Scrub corpo, Tisaneria, Savonage, Bagni di Gong…
Riassumendo, dopo un'estate fantastica, l'autunno 2024 di Gardacqua, a Garda, sulla sponda veronese del lago, è già iniziato con tante novità ed altrettante conferme. Si può ripartire senza stress, dallo sport nell'Area Pools oppure rilassandosi nell'Area SPA e magari, subito dopo, regalarsi un trattamento nell'Area Beauty… e infine mangiare qualcosa al Bistrò. Gardacqua è infatti da tempo un riferimento per chi vuol mettere insieme salute, benessere e movimento con un approccio conosciuta per il suo approccio globale al wellness.
Cos'è Gardacqua?
Gardacqua, a Garda, sulla sponda veronese del lago, è sinonimo di tempo dedicato al benessere, allo sport, al beauty... La struttura, conosciuta per il suo approccio globale al wellness, è circondata da un verde parco con ulivi secolari. A livello architettonico è caratterizzata da una elegante cupola di cristallo ed ospita una SPA di oltre 1700 MQ, grandi piscine interne ed esterne in cui rilassarsi oppure nuotare, beauty center in cui regalarsi trattamenti e massaggi d'ogni tipo, bar, ristoranti ed aree kids dedicate ai più piccoli.
Gardacqua - SPA, Wellness and Pools
Via Cirillo Salaorni ,10 37016 Garda (VR)
045 627 0563 https://www.gardacqua.org
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