#antichi maestri
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I miei genitori non mi amavano e neanch'io li amavo. Non mi perdonavano il fatto di avermi genera-to, non mi hanno mai perdonato, per tutta la vita, il fatto di avermi genera-to. Se c'è un inferno, ed è naturale che un inferno ci sia, allora la mia infanzia è stata l'inferno. È probabile che l'infanzia sia sempre un inferno, l'infanzia è l'inferno per eccellenza, diceva, ogni infanzia, non importa quale, è l'infer-no. La gente dice di aver avuto una bella infanzia e invece era l'inferno. La gente falsifica tutto, falsifica anche l'infanzia che ha avuto. Ho avuto una bella infanzia, dicono, eppure non hanno avuto altro che l'inferno. La gente più invecchia e più facilmente dice di aver avuto una bella infanzia, mentre la loro infanzia non è stata altro che l'inferno. Linferno non arriva, l'inferno è stato, diceva, perché l'inferno è l'infanzia.
Thomas Bernhard
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Forse, trentaquattro anni sono troppi per iniziare ad aurorare. Ma al buon dio non sono mai parsi troppo pochi gli anni di suo figlio, o quelli dei mie due fratelli nati morti, per concedergli la gioia della notte senza riservargli prima la gentilezza di assaporare lo stagnante mistero del crepuscolo.
È vero: ho perso tardi i miei denti da latte. Ho dovuto prima costruire gengive abbastanza forti per poter reggere il peso delle mie zanne da cane. L’ho fatto in aule di scuola spettrali e nel paludoso labirinto della malattia mentale. Ma non è stato tempo sprecato. Soltanto tempo. Tempo. Un costrutto della mente umana che a volte assume la forma di uno sciame di cavallette. Tu, spiga di frumento solitaria, in un campo brumoso, sterminato, cullata mollemente dal grecale. Lontani, i colli lunghi delle ciminiere. Intorno, il silenzio di dio. Il Silenzio.
Aurorare a trentaquattro anni. Forse, una vergogna. Per molti, uno sperpero. Meglio, però, che vivere nell’infinito meriggiare di una vita che s’illude di non essere fragile; passata a mangiucchiare e a sbevazzare sopra le carcasse dei Maestri, teneri assassini di altri, più antichi, Maestri. Assisi sulla loro montagna di cadaveri freddi e luminosi, come scimmioni con le loro punte di selce, curvi su uno schermo a vedere una ragazzina impiastricciarsi le labbra, o Riga, nello splendore del natale, lasciata che venga assaporata da chi ha scelto, troppo tardi, l’aurora e non il mezzogiorno fasullo di un sole posticcio.
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Ce lo si dimentica, ma anche noi umani abbiamo un cuore, e perfino la capacità di silenzio: è vero. Gli animali sono educatori del cuore. Gli alberi del suo silenzio.
Non si incontrano di frequente
persone con il cuore vivo.
Ci sono tantissime persone intelligenti e anche attente e perfino sensibili, ma il cuore vivo è una qualità piuttosto rara. Anche perché varia, un giorno lo è e il giorno dopo no, un giorno dorme e il giorno dopo è ottuso, un giorno canta e poche ore dopo piange. Però, quelli sono i climi del cuore. Il cuore è una dimora. Ma non ha muri, è sconfinato. Per questo è anche pericoloso, perché invece il corpo i confini li ha e vanno rispettati. Il cuore ha un’apertura e una chiusura flessibili, ha i cardini. Il cuore può essere addestrato come si fa con un cavallo, o coltivato come si fa con un orto...
Coltivare il cuore significa prima di tutto essere consapevoli di cosa sentiamo, essere onesti fino ad arrossire, a noi stessi possiamo dirlo. Ogni malvagità o meschinità accolta nella consapevolezza del cuore si trasforma in qualcosa di diverso. Scopriamo che dietro ci sono una paura, un tremore antichi e negati, oppure che c’è pronto un silenzio clown che ci indica quanto siano anche umoristiche la nostra cattiveria, gelosia, invidia, tetraggine, falsità.
Mai forzare però: chi forza crea quella stucchevole sensazione di accoglienza di tutto che è solo dimostrativa e in realtà nasconde un’avidità di sottomettere tutti quanti alle proprie maestrie di prestigiatore del sorriso e dei bei gesti.
Partire da dove si è e augurarsi il bene è opera di bonifica.
- Chandra Livia Candiani - Questo immenso non sapere. Conversazioni con alberi, animali e il cuore umano
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“L’arte è quel che c’è di più grande e al tempo stesso di più disgustoso, diceva. Eppure noi dobbiamo persuaderci che un’arte grande e sublime esiste davvero, diceva, altrimenti precipitiamo nella disperazione. Anche se sappiamo che qualsiasi arte finisce nella goffaggine e nel ridicolo e nell’immondizia della storia, come peraltro tutto il resto, dobbiamo credere nell’arte grande e sublime, dobbiamo crederci fermamente, diceva. Noi sappiamo che cos’è, è un’arte raffazzonata, fallita, ma non possiamo tener sempre presente questo fatto, o la nostra rovina, diceva, sarà inevitabile.”
-Thomas Bernhard, “Antichi Maestri”
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Fotografia italiana di 5 decenni fa, élite negletta: Geri Della Rocca de Candal
di Carlo Maccà
Dedico l’articolo a Gustavo Millozzi, grande amico e maestro da più di mezzo secolo. Lasciandomi come sempre piena libertà, ne ha seguito tutta la gestazione ed è scomparso proprio al momento della conclusione.
Ai tempi antichi, nel millennio passato, la fotografia era analogica. Ogni immagine fotografica era il risultato di un processo che oggi apparirebbe lentissimo. Il sensore era costituito da uno strato di gelatina contenente sali d’argento depositato su una pellicola. La luce liberata dallo scatto dell’otturatore produceva all’interno del materiale sensibile un embrione, che attraverso fasi fisico-chimiche successive (sviluppo e stampa) si concretizzava materialmente in una immagine partorita sulla superficie di un supporto solido, generalmente cartaceo. Solamente allora l’immagine entrava effettivamente nella vita reale, poteva ricevere un nome, vivere in una cornice appesa a una parete o dormire all’interno di un album, essere mostrata a parenti e amici, alla comunità fotografica, e, attraverso i media, alla società e al mondo intero. La speranza di vita dell’oggetto poteva facilmente superare quella dei suoi contemporanei umani, compreso il presente autore. [1]
Alla selezione della immagini che meritavano di essere conosciute e divulgate nell’internazionale fotografica provvedevano soprattutto alcuni Annuari di editori specializzati, per lo più Americani o Britannici. Anno per anno, professionisti e amatori evoluti, giovani o maturi, nuovi o affermati, inviavano agli editori stampe, sciolte o in portfolio, sperando che almeno una di queste selezionata e il proprio nome comparisse nell’indice degli autori accettati seguito dal numero della pagina in cui avrebbero ritrovato l’immagine o dal numero d’ordine di questa. Se di quei numeri ne compariva più di uno, l’autore poteva considerarsi - o vedersi confermato – “Autore” coll’A maiuscola.
Figura 1. Geri Della Rocca deCandal -Sulla spiaggia. Ferrania XXI/7, luglio 1967, p.3.
Per Fotopadova immagini relative all'articolo
Per questa via, dalla metà degli anni ’60 cominciarono a farsi conoscere e apprezzare nel mondo fotografico internazionale alcuni dei nostri futuri Maestri, che già contribuivano ad animare e a svecchiare la fotografia italiana. Conservo con devozione alcuni di quegli annuari e ogni tanto li ripercorro con piacere (e qualche nostalgis). Per esempio, nel britannico Photography Year Book [2] del 1967 si rivedono Gianni Berengo Gardin con 4 fotografie (2 in doppia pagina), e Mario Giacomelli con 2 (fra cui l’iconico ritratto della madre colla vanga); con 2 immagini anche Cesco Ciapanna (futuro fondatore del mensile Fotografare, innovativo per l’ambiente fotografico italiano), e con una ciascuno Cesare Colombo e Michelangelo Giuliani. Via via negli anni si ritrovano anche altri autori italiani tuttora amati e apprezzati, assieme ad altri che hanno lasciato qualche memoria alla fotografia italiana.
Fra fotografi italiani che nei pochi Photograpy Year Book dei primi anni ’70 a disposizione già a quel tempo avevano destato la mia attenzione per la qualità delle immagini e per i commenti che le presentano, soltanto uno, che portava un nome facilmente ricordabile : Geri Della Rocca deCandal, non sembra aver trovato ricordi permanenti nella nostra comunità fotografica. Nella pubblicista fotografica italiana di quegli anni parsimoniosamente tramandata fino ai nostri giorni sembra essersene occupata soltanto la rivista Ferrania [3], che nel numero di luglio 1967 presenta un ispirato articolo di Giuseppe Turroni [4] dal titolo La consolazione dell’occhio. L’autore, autorevole critico cinematografico e fotografico, scrittore e pubblicista notissimo in quegli anni, promuove alcuni giovani autori part-time che nella loro opera si distinguano per "chiarezza, onestà, purezza, spontaneità, e/o linearità di espressione". Doti che in uno di loro riconosce accompagnate da una spiccata sensibilità formale, che diremmo “classica”. Ecco come lo introduce.
“Un giovane di Milano, studente in Fisica, Geri Della Rocca deCandal, ricerca un dilettantismo quasi prezioso, che può sembrare fuori moda e che anche per la scelta del soggetto non indulge alle convenzioni dei tempi. Ma in quanti siamo a stabilire l’esatta portata di un lavoro al di là degli aspetti formali o linguistici che ci suggestionano? Anche Geri Della Rocca de Candal ha spirito libero e introspettivo. Le sue foto ”artistiche” hanno un’impronta ovviamente diversa da quella che distingueva la produzione amatoriale italiana di lontana memoria. Sono centrate nel gusto formale del momento e nello stesso tempo riescono a tradurre un simbolo di realtà, per i nostri occhi abbacinati da tanta, da troppa cronaca che finisce per non dirci più niente, anzi per guastarci il sapore della realtà.” [4] Turroni accompagna questo testo con ben 5 immagini, certificando che il giovane, in Fisica ancora studente, in Fotografia ha già raggiunto un livello magistrale.
Da qualche anno la Fondazione 3M offre, oltre alla collezione completa digitalizzata della rivista sopra citata, anche i files delle fotografie originali depositate presso il ricco Archivio Ferrania. Due immagini, una presumibilmente degli anni ’60, l’altra del 1974, presenti nel fondo Lanfranco Colombo sono evidenti tracce di una mostra del giovane Geri a Il Diaframma, la prima galleria in Europa dedicata esclusivamente all’arte fotografica [5], e fanno pensare a una attività espositiva importante. Soltanto le fonti finora citate possono suggerire all'ambiente italiano l’esistenza di un Autore da non trascurare.
Figura 2. Lower Manhattan Skyline - New York City, 1968. APERTURE, SPRING 1972.
Infatti rimane insoddisfatto chi, come noi, cerca di approfondire quelle notizie per la via più agevole, la Rete, che al giorno d’oggi segnala qualsiasi evento grande o piccolo e ne preserva la memoria, e perciò è indotto a supporre che l’attività fotografica del Nostro si sia conclusa in patria prima dell’avvento di Internet. Che però non si trattasse di cosa trascurabile, e che si espandesse anche all’estero, lo si può dedurre da altre tracce che attraverso Internet si reperiscono in archivi digitali della stampa specializzata straniera: per esempio, negli elenchi nominativi dei fotografi con opere presenti in raccolte fotografiche museali, in mostre antologiche dedicate all’eccellenza dell’arte fotografica mondiale o, infine, negli archivi di riviste fotografiche straniere fra le più autorevoli. Tracce lasciate in tutto il mondo, dalla Norvegia all’Australia e dagli anni ’70 fino a tempi recenti. In qualche caso contengono anche riproduzioni di opere. La figura 2, per esempio, è tratta da un articolo dedicato al nostro Autore dalla rivista Aperture [6] nel 1972.
Dalle opere così identificate si poteva già dedurre che Della Rocca de Candal conducesse nel bianco e nero ricerche sulle forme nello spazio parallele a quelle che Franco Fontana e Luigi Ghirri portavano avanti nel colore. Ma nell’accostarsi ai due coloristi a lui contemporanei, Geri manifestvaa ancor più evidente l’eredità dall’arte italiana dei periodi più classici: dalle scansioni spaziali dei pittori del 400 come Piero Della Francesca e Paolo Uccello, alla profondità della prospettiva aerea di Leonardo, ed infine al perfetto equilibrio in cui sono quasi sospese le architetture più compiute di Andrea Palladio. Spazialità tutta di tradizione italiana, da secoli ammirata (e superficialmente imitata) nei paesi anglosassoni.
Figura 3. The Brooklin Bridge, NYC. 1968. Amon Carter Museum, Fort Worth, Texas.
Il nostro interesse per Geri Della Rocca de Candal si è meglio focalizzato quando, reperito qualche altro numero di quegli anni del Photography Year Book sopra citato, abbiamo trovato ripetutamente il suo nome, a conferma d’una produzione significativa, che si è imposta all’estero più durevolmente che da noi, e che ci è apparsa meritevole di meglio rivisitata.
Figura 4. Fellers, Swiss Alps. Photography Year Book 1972, Fig. 141.
Nello Year Book del 1972, nel quale si affermano ancora Berengo Gardin con due immagini da un servizio sulle celebrazioni della Pasqua a Siviglia, e Giorgio Lotti con quattro storiche fotografie per la rivista EPOCA [7] sugli effetti dell’inquinamento delle acque e dell’aria in alta Italia, Geri figura autorevolmente in doppia pagina coll’immagine di un villaggio delle Alpi Svizzere (Figura 4). Nel 1974, 3 pagine del Photography Year Book presentano un saggio d’un suo progetto pluriennale (BN e colore) dedicato alla tradizionale sfilata delle signore newyorkesi, con vistosi copricapi e accompagnate dai loro pets, nel giorno di Pasquetta lungo la 5th Avenue appositamente chiusa al traffico (Easter Parade, gia all’attenzione con diverso approccio del franco-ungherese Brassaï nel 1957 [8]).
Tuttavia mancava ancora la possibilità di inquadrare compiutamente la figura di Geri Della Rocca de Candal e la sua attività fotografica. Questa opportunità si è avverata soltanto molto recentemente per una fortunosa coincidenza. Compare inaspettatamente in rete un omonimo, fresco di dottorato in discipline umanistiche presso l’Università di Oxford e collaboratore di un gruppo oxoniano di ricerca sul primo secolo di storia del libro a stampa. Il giovane studioso si rivela essere il figlio del nostro obiettivo, e ci dà la possibilità di contattare il padre. Questi accetta di metter mano per noi al proprio archivio fotografico, da decenni lasciato a dormire, e di rivisitarlo con affettuoso distacco.
L’autore stesso ci fornisce un buon numero di files ottenuti da stampe analogiche eseguite personalmente per mostre e pubblicazioni. Molti sono di immagini per noi nuove, altri sostituiscono vantaggiosamente parte di quelli ricavati dalle fonti a noi già note. Tutti insieme saranno di valido aiuto ad interpretare correttamente secondo la dell’Autore pe le immagini ricavate da atre fonti.
Figura 5. Easter Sunday Fashion Parade, NY. Photography Year Book 1974 fig.133 .
Infine i suoi cenni autobiografici, seppure scarni, ci salveranno da induzioni ed esercizi di fantasia di precedenti commentatori [9] e ... nostri. E così possiamo raccontare che il giovane amatore (n. 1944), dopo un primo periodo di partecipazioni e successi in concorsi e mostre collettive, del quale rimase rara testimonianza l’articolo di Turroni sopra riportato, venne effettivamente "scoperto" da Lanfranco Colombo, che nel 1970 gli consentì la sua prima mostra personale presso la Galleria Il Diaframma [5]. Ben presto Geri interruppe gli studi universitari di Fisica per dedicarsi completamente alla professione di fotografo free-lance per la stampa internazionale. Fotografie realizzate nel corso dei suoi viaggi venivano pubblicate su quotidiani, settimanali riviste e libri negli Stati Uniti e in molti paesi europei (in Italia, per esempio, su Il Mondo). Contemporaneamente condusse un’intensa attività espositiva quasi esclusivamente all’estero, con mostre personali e partecipazioni a collettive in Europa e fino ai quattro angoli del mondo, dagli U.S.A. all’Australia e dal Brasile alla Cina. Considerato uno dei più rappresentativi fra i giovani fotografi Italiani del momento, sue opere vennero acquistate da musei stranieri. Ma all'inizio degli anni '80 Geri dovette occuparsi personalmente delle attività legate agli interessi di famiglia, tanto da abbandonare, prima gradualmente e poi del tutto, la fotografia. Le sue ultime apparizioni dirette non vanno oltre il 1984, ma sue opere continuano a comparire in ulteriori mostre dedicate alla più rappresentativa fotografia Italiana dei decenni in cui egli ha operato.
Figura 6. Venezia, 1977 (bacino di S. Marco visto da S. Giorgio Maggiore)
Una fotografia dello scaffale in cui sono allineati gli annuari, i cataloghi e altri fascicoli occasionali in cui sono riprodotte le sue opere ci ha permesso di arricchire la documentazione figurativa, completando la serie di Photography Year Book degli anni fra il 1972 e il 1980, in ognuno dei quali compare almeno una sua opera. La loro successione ci ha aiutato a formulare una traccia sulla quale restituire l’evoluzione dell’Autore.
Sua caratteristica costante è la sapienza della composizione, distribuita nello spazio con equilibrio di stampo classico, anche quando la prospettiva geometrica è forzata coll’impiego di un grandangolo spinto (fino al 20 mm), e quando si combina con quella forma particolare di prospettiva aerea ottenuta coll’aiuto di foschie e nebbie (figura 6), che già si notava nelle foto dei primi anni (figure 1 e 2). A mano a mano si accentua la ricerca d’una geometria severa, rafforzata da forti contrasti con bianchi puri e neri intensi o addirittura chiusi. Tuttavia il facile rischio dell’aridità viene evitato dalla presenza della persona umana o da dettagli che la richiamano, spesso con una ironia garbata e benevola (figure 7 e 8).
Figura 8. His, Hers (per Lui, per Lei). Photography Year Book 1980 fig.58.
Il bordino nero con cui l’autore costantemente racchiude l’immagine stampata (e nelle stampe da esposizione isola l’immagine entro un largo campo bianco) appare dettato, piuttosto che da una pretesa di eleganza, dall’intenzionale affermazione della compiutezza della composizione.
Figura 8. Silhouettes. PHOTOGRAPHIE (Winthertur, CH) Juli 1977.
Nelle diapositive a colori l’impatto grafico è mediato da una forte saturazione del colore (Figura 9), che possiamo ritenere frutto d’una leggera sottoesposizione del Kodachrome in fase di ripresa.
Figura 9. Storage closets. PHOTOGRAPHIE (CH) Juli 1978.
Varie mostre di successo e i frequenti portfolio ospitati da riviste fotografiche a grande diffusione portano la prova della sua popolarità. “Le sue frequenti permanenze negli Stati Uniti hanno dato alle immagini un’impronta, che per la fotografia europea risulta innovativa” (PHOTOGRAPHIE, Winthertur, Svizzera. Luglio 1978, editoriale). Reciprocamente, per i Nord-americani l’occhio con cui il loro paese è stato fotografato dall'ospite italiano era uno specchio insolito, rivelatore di aspetti da loro mai notati (o mai voluti prendere in considerazione, sebbene meno imbarazzanti di quelli bruscamente esibiti da altri stranieri come Robert Frank, Svizzero, o William Klein, Newyorkese ma culturalmente parigino e autodefinitosi straniero in patria).
Figure 10 e 11. Dalla serie Bars (Sbarre) PHOTOGRAPHIE (Winthertur, CH) Juli 1978.
NOTE
[1] Superfluo il confronto colla invadente, fugace, evanescente fotografia della nostra epoca digitale; ovvio e banale ogni commento. Sì, anche cumuli ben distribuiti di elettroni possono essere finalizzati a partorire immagini analogiche; ma ciò nella realtà avviene solo per frazioni fantastilionesimali di quelli partoriti dalle apposite strutture tecniologiche. Nonostante tutte le riviste di moda o di viaggi e gli album di matrimonio.
[2] In Italia fino agli anni ’60 quel poco che esisteva di editoria e pubblicistica fotografica era orientato quasi esclusivamente alla divulgazione e all’aggiornamento in materie tecniche, e gli orizzonti artistici erano assolutamente provinciali. Chi voleva rimanere informato sulla fotografia nel resto del mondo poteva reperire soltanto in rare librerie più accorte (a Padova, la Libreria Internazionale Draghi) qualche periodico internazionale, come il mensile statunitense Popular Photography e il suo Annuario, o il britannico Photography Year Book. Coll’arrivo di Gustavo Millozzi, qui immigrato da Venezia e La Gondola, i frequentatori del Fotoclub Padova potevano prenotare il mensile svizzero Camera, principale punto di riferimento internazionale per la fotografia.
[3] La rivista Ferrania [ https://it.wikipedia.org/wiki/Ferrania_(periodico) ], fondata nel 1947 e cessata nel 1967, era sponsorizzata dalla storica industria italiana omonima, che fu per vari decenni la produttrice di apparecchiature e materiali fotografici e cinematografici dominante sul nostro mercato. Memorabile la sua pellicola P30, matrice del bianco e nero del Neorealismo cinematografico italiano. La storia dell’azienda, conclusa definitivamente e infelicemente in questo millennio, si può trovare riassunta in https://it.wikipedia.org/wiki/Ferrania_Technologies . I PDF di tutti i numeri della rivista sono liberamente consultabili in Rete sul sito https://www.fondazione3m.it/page_rivistaferrania.php .
[4] Giuseppe Turroni, La consolazione dell’occhio,Ferrania XXI/7, luglio 1967 pagina 2.
[5] La Galleria Il Diaframma di Milano, fondata e diretta da Lanfranco Colombo, la prima in Europa dedicata esclusivamente all’arte fotografica, presentava molti maestri stranieri e giovani innovatori nostrani, esercitando così un’azione fondamentale per lo svecchiamento della fotografia italiana.
[6] APERTURE magazine è un periodico con cadenza trimestrale nato a New York nel 1952 per opera d’un gruppo di fotografi (Ansel Adams, Minor White, Dorothea Lange e altri) al fine di promuovere la fotografia d’arte. Si è presto affermato come il più importante interprete della cultura fotografica mondiale assieme al più antico Camera. Nelle sue pagine hanno trovato slancio o conferma molti dei più apprezzati fotografi delle successive generazioni, come Diane Arbus, Robert Frank e tanti altri. La rivista è ancora attiva, disponibile anche in formato digitale assieme all’archivio di tutti i numeri dalla nascita; soluzione particolarmente conveniente in Italia dove recentemente sono state “perdute” per le strade postali la metà delle copie cartacee d’un costoso abbonamento biennale.
[7] Il settimanale Epoca della Arnoldo Mondadori Editore, nato nel 1950 sul modello dell’americano LIFE, faceva ampio uso di servizi fotografici, molti dei quali sono rimasti nella storia.
[8] Brassaï, 100 photos pour la liberté de presse. Reporters Sans Frontieres, 2022.
[9] Vatti a fidare delle informazioni reperibili in rete. Esempio:Amazon presenta così Incontri con fotografi illustri, Ferdinando Scianna, 2023: “Scianna ha realizzato migliaia di ritratti: i contadini duri e dignitosi di Bagheria, le donne estasiate durante le processioni siciliane, l’amico e coinquilino (sic) Leonardo Sciascia”. In evidenza la massima, ma non unica, baggianata contenuta in quella frase, nel suo insieme atta a disorientare l’ignaro compratore sul reale contenuto del libro.
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Jake Wood-Evans (🇬🇧 Regno Unito, 1980 - oggi)
__________________________
“In un'epoca dominata da schermi e immagini pixelate, il lavoro di Jake Wood-Evans sembra un gradito antidoto. Attingendo alle eredità degli antichi maestri, la sua intenzione è quella di catturare l'essenza di queste opere storiche senza replicarle, raffigurando argomenti familiari, ma oscurati.
Creando immagini eteree che sono sia inquietanti che belle, il potente uso della luce da parte di Wood-Evans emerge da un'applicazione sciolta e istintiva della vernice. I suoi dipinti ad olio brillano con strati di colore luminosi e intensi mentre segni audaci, oli gocciolanti e superfici punteggiate siedono in compagnia di dettagli fini e delicati.
Descrivendo il suo lavoro come "un processo di conflitto con lo spazio ambiguo tra rappresentazione e astrazione", Wood-Evans resiste all'impulso di fornire letture facili o composizioni immediatamente accessibili. Invita lo spettatore a fermarsi a contemplare silenziosamente una serie di dipinti a più strati.”
__________________________
(via @galleria-artistica)
#art#artwork#drawing#painting#oil painting#oil on canvas#traditional art#arte#pittura#artists on tumblr#art history#contemporary art#figurative art#abstract art#dark art#united kingdom#artisti
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Presto verrà l’inverno, i giorni saranno sempre più corti e farà sempre più freddo, finché un giorno cadrà la neve e il silenzio. Ma il cielo continuerà a essere blu, il sole a splendere, i fiumi a scendere dai monti, l’erba a essere verde e così il mio spirito.
Il Creatore conosce le vie, conta i grani che sono gli anni che mi restano, il tempo che ancora mi è concesso.
Non ho paura dell’ultimo dei miei giorni. Nella luce calante del tramonto sarà bello andare via. La fine è l’inizio, il vero inizio.
Mi entusiasma pensare a quale volto vedrò per primo quando intraprenderò quel viaggio, e quale luogo mi sarà destinato. Spero di tornare a cavalcare ancora una volta insieme ai miei maestri, di ritrovare i miei antichi padri e madri e fratelli e sorelle e amici e ridere ancora con loro come una volta.
Sarà un grande giorno quel giorno. Nella Bellezza io camminerò. Enzo Braschi (Bisonte che corre) art by_javier_lluesma_ *********************** Winter will come soon, the days will get shorter and shorter and it will get colder and colder, until one day there will be snow and silence. But the sky will continue to be blue, the sun to shine, the rivers to flow down from the mountains, the grass to be green and so will my spirit.
The Creator knows the ways, counts the grains which are the years that remain to me, the time that is still granted to me.
I am not afraid of the last of my days. In the waning light of the sunset it will be nice to leave. The end is the beginning, the real beginning.
It excites me to think about which face I will see first when I embark on that journey, and which place will be destined for me. I hope to go riding once again with my masters, to find my ancient fathers and mothers and brothers and sisters and friends and laugh with them again as I once did.
It will be a great day that day. In Beauty I will walk. Enzo Braschi (Running Bison) art by_javier_lluesma_
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HENRY MATISSE
Uno dei maggiori talenti della creatività, un maestro della scienza della percezione, un instancabile sperimentatore.
Un genio visionario che considero da sempre un vero modello di artista universale.
Un individuo affetto da una malattia esiziale :
una inguaribile curiosità
esistenziale.
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CITAZIONI
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“Io non dipingo cose, ma soltanto i rapporti che le collegano.”
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Ho sempre considerato il disegno non come un esercizio di particolare abilità, ma soprattutto come un mezzo per esprimere sentimenti intimi e stati d'animo: mezzi semplificati però per dare maggiore semplicità, maggiore spontaneità all'espressione.
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Oggetto della pittura non è più descrivere la storia poiché la si trova nei libri. Noi ne abbiamo un concetto più alto. Con la pittura l'artista esprime le proprie visioni interiori.
[ 1909 ]
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“La creatività vuole coraggio"
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“Dipingere una natura morta consiste nel trasporre i rapporti fra gli oggetti del tema, con l'accordo di diversi valori cromatici e delle loro correlazioni. Bisogna però rendere le emozioni che essi risvegliano.”
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“Ho lavorato per arricchire la mia intelligenza, per soddisfare le differenti esigenze del mio spirito, sforzando tutto il mio essere alla comprensione delle diverse interpretazioni dell'arte plastica date dagli antichi maestri e dai moderni.”
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“Chiunque si dedichi alla pittura dovrebbe iniziare tagliandosi la lingua.”
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“Creare è proprio dell'artista; dove non c'è creazione, l'arte non esiste.”
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"Non bisogna considerare il pensiero di un pittore come estraneo ai suoi mezzi, perché è solo nella misura in cui essi lo servono che quel pensiero ha un valore; e quei mezzi devono essere tanto più completi (dico completi, non complicati) quanto più il pensiero è profondo. Per me è impossibile distinguere tra il sentimento che nutro della vita e la forma in cui lo traduco."
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"Nel campo dell'arte, il creatore autentico non è solo un essere particolarmente dotato, è un uomo che ha saputo ordinare in vista del loro fine un insieme di attività, delle quali l'opera d'arte è il risultato finale."
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"Il colore soprattutto, forse ancor più del disegno, è una liberazione."
Mi piace la danza. E’ una cosa straordinaria: vita e ritmo. Quando dovetti comporre una danza mi limitai ad andare al Moulin de la Galette. Tornato a casa composi canticchiando lo stesso motivo che avevo ascoltato poco prima, ecco perchè tutta la composizione, tutti i ballerini, vanno d’accordo e danzano sullo stesso ritmo.
Non basta mettere i colori, per quanto belli, gli uni accanto agli altri; bisogna anche che questi reagiscono gli uni con gli altri. Altrimenti è cacofonia. Jazz è ritmo e significato.
Andiamo verso la serenità con la semplificazione delle idee e della plastica. Il nostro solo ideale è l’insieme, i dettagli diminuiscono la purezza delle idee, nuocciono all’intensità emotiva; li rifiutamo.
Per me, il soggetto di un quadro, e il suo sfondo, hanno lo stesso valore o, per dirlo più caramente, nessun punto prevale sull’altro, conta solamente la composizione, il modello generale.
Il quadro è fatto dalla combinazione di superfici variamente colorate.
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“Per chi vuole vederli, ci sono fiori dappertutto.”
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Jake Baddeley, nato a Nottingham, in Inghilterra, nel 1964, vive a L'Aia in Olanda, trae le sue ispirazioni da molte fonti: gli antichi greci, i maestri italiani del Rinascimento, i maestri olandesi, l'iconografia, la mitologia, la psicologia e la filosofia.
🎨 Il giocoliere
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UN PARTITO ACERBO, CHE SEGUE CATTIVI MAESTRI, NON FARA' MAI NESSUNA RIVOLUZIONE MA SOLO CONFUSIONE
Franco Piperno con classico cappello da maestro… ma non solo lui Cappello – In Massoneria il Maestro durante i lavori della Camera di Mezzo dovrebbe avere sempre il capo coperto dal cappello, quale emblema di sovranità e comando. Secondo alcuni studiosi esso ricorderebbe la corona con la quale si cingevano il capo gli iniziati, durante gli Antichi Misteri.
Tratto da: Luigi Troisi – Massoneria…
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I bambini sono bambini dello Stato, così pensa lo Stato e si comporta di conseguenza, provocando da secoli danni devastanti. È lo Stato in realtà che partorisce i bambi-ni, vengono partoriti soltanto bambini di Stato, la verità è questa. Non esiste un solo bambino libero, c'è soltanto il bambino di Stato, di cui lo Stato può fare quello che vuole, è lo Stato che mette al mondo i bambini, alle madri vien solo dato a intendere che siano loro a mettere al mondo i bambini, ma è dal ventre dello Stato che nascono i bambini, la verità è questa. Sono centinaia di migliaia i bambini che ogni anno escono dal ventre dello Stato sotto forma di bambini di Stato, la verità è questa. I bambini di Stato vengono messi al mondo dal ventre dello Stato e vanno alla scuola di Stato, dove sono istruiti dagli insegnanti di Stato. Lo Stato partorisce i suoi bambini nello Stato, la verità è questa, lo Stato partorisce i suoi bambini di Stato nello Stato e non li lascia più uscire. Ovunque ci guardiamo intorno, non vediamo altro che bambini di Sta-to, scuole di Stato, lavoratori di Stato, funzionari di Stato, anziani di Stato, morti di Stato, la verità è questa. Lo Stato produce e autorizza soltanto esseri umani di Stato, la verità è que-sta. Lessere umano secondo natura non esiste più, è rimasto soltanto l'essere umano di Stato, e dove l'essere umano secondo natura esiste ancora, esso viene braccato e perseguitato a morte e/o trasformato in un essere umano di Stato. La mia è stata un'infanzia bella ma nello stesso tempo crudele raccapricciante, penso, un infanzia nel corso della quale quando ero dai nonni potevo essere un essere umano secondo natura, mentre a scuola ero tenuto a essere un essere umano di Stato, a casa dai miei nonni ero un essere umano secondo natura, a scuola ero un essere umano di Stato, per mezza giornata ero secondo natu-ra, per mezza giornata di Stato, per mezza giornata, e cioè di pomeriggio, ero secondo natura e quindi felice, per mezza giornata, e cioè di mattina, ero di Stato e quindi infelice. Di pomeriggio ero l'essere umano più felice che si possa immaginare, di mattina il più infelice. Per molti anni fui di pomeriggio l'essere umano più felice in assolu-to, di mattina il più infelice in assoluto, penso. A casa, dai nonni, ero un essere secondo natura e felice, a scuola, giù nella cittadina, ero un essere innaturale e infelice. Quando scendevo giù nella cittadina andavo nell'infelicità (dello Stato!), quando tornavo a casa dai miei nonni in mon-tagna, andavo nella felicità. Quando andavo dai nonni in montagna, andavo nella natura e nella felicità, quando scendevo giù nella cittadina, a scuola, andavo nell'artificio e nella infelicità.
Entravo, di prima mattina, direttamente nell'infelicità e per mezzogiorno o nel primo pomeriggio ritornavo nella felicità. La scuola è una scuola di Stato, dove i giovani vengono trasformati in esseri umani di Stato, vale a dire in galoppini dello Stato e nient'altro. Quando andavo a scuola andavo nello Stato, e poiché lo Stato annienta gli esseri umani, andavo nell'istituto per l'annientamento degli esseri umani. Per molti anni io sono uscito dalla felicità (dei nonni!) per andare nell'infelicità (dello Stato!) e ritornare, sono uscito dalla natura per andare nell'artificio e ritornare, la mia infanzia è consistita in questo andirivieni e nient'altro. Sono cresciuto in questo andirivieni dell'infanzia. Ma in un simile diabolico gioco, non ha vinto la natura ma l'artificio, la scuola e lo Stato, non la casa dei miei nonni. Lo Stato ha costretto me, come tutti gli altri, a entrare al suo interno e mi ha asservito, lo Stato ha fatto di me un essere umano di Stato, un essere umano irreggimentato e registrato e addestrato e diplomato e pervertito e depresso come tutti gli altri. Quando vediamo degli esseri umani, vediamo soltanto esseri umani di Stato, servi dello Stato, come giustamente si dice, non vediamo esseri umani naturali, ma esseri umani di Stato sotto forma di servi dello Stato che sono ormai in tutto e per tutto innaturali, e per tutta la vita rimangono al servizio dello Sta-to, il che significa per tutta la vita al servizio dell'artificio. Quando vediamo degli esseri umani, vediamo soltanto esseri umani di Stato sotto forma di esseri umani innaturali, immolati all'ottusità dello Stato. Quando vediamo degli esseri umani, vediamo soltanto esseri umani in balia dello Stato e al servizio dello Stato, ormai vittime dello Stato. Gli esseri umani che vediamo sono vittime dello Stato e l'umanità che vediamo non è altro che il foraggio dello Stato, con cui lo Sta-to, sempre più ingordo, viene appunto foraggiato. L'umanità non è altro, ormai, che un'umanità di Stato, e già da secoli, e cioè da quando esiste lo Stato, essa ha perso, penso, la propria identità. L'umanità oggi non è altro, ormai, che una disumanità, che poi è lo Stato, penso.
Thomas Bernhard
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Autunno '24: il momento giusto per regalarsi un rituale Rasul a Gardacqua - Garda (VR)
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L'autunno '24 di Gardacqua, a Garda, sulla sponda veronese del lago, tra relax, beauty e sport, regala ore da dedicare a se stessi, momenti perfetti per riposare mente e corpo e poi ripartire di slancio.
Partiamo dall'Area Beauty, in cui le cinque cabine sono state appena rinnovate. Tre sono dedicate a massaggi, trattamenti e pressoterapie, una al Solarium e infine una è per chi vuol regalarsi un sogno, Rasul, un'esperienza ispirata ad antichi rituali orientali. E' il luogo giusto per godersi massaggi di coppia con bagno turco privato. E poi vapore purificante e rigenerante con l'utilizzo di uno scrub a base di sale marino, maschera e viso all'argilla e olii essenziali. E' un'esperienza rilassante e distensiva per corpo e mente...
Eccoci adesso Area Pools di Gardacqua che è aperta tutto l'anno. Infatti accanto alle vasche all'aperto, ci sono anche quelle al coperto. E' ripartita la Scuola Nuoto che inizia dal livello Biberon (dai 3 ai 47 mesi, ovvero fino ai 4 anni non compiuti), passa alle proposte per bambini e ragazzi fino ai corsi per gli adulti ed il nuoto libero. Ed è possibile anche dedicarsi all'Acqua Fitness.
Chiudiamo con il cuore di Gardacqua, ovvero la sua Area SPA di Gardacqua, che è dotata di un nuovo giardino naturista. Qui è possibile godersi Sauna Finlandese, Bio Sauna, Bagno Turco, Bagno Salino, Laconium, Percorso Kneipp, Vasca Idromassaggio, Sala relax e Dream Room. E conta ancora di più l'approccio di Gardacqua: chi decide di regalarsi un ingresso di 3 ore o giornaliero nell'Area SPA, si gode anche i trattamenti che gli ogni gli Augfuss Meister, i maestri di sauna, propongono. Ad esempio, Bagni di Suono con strumenti ancestrali, Maschere viso, Scrub corpo, Tisaneria, Savonage, Bagni di Gong…
Riassumendo, dopo un'estate fantastica, l'autunno 2024 di Gardacqua, a Garda, sulla sponda veronese del lago, è già iniziato con tante novità ed altrettante conferme. Si può ripartire senza stress, dallo sport nell'Area Pools oppure rilassandosi nell'Area SPA e magari, subito dopo, regalarsi un trattamento nell'Area Beauty… e infine mangiare qualcosa al Bistrò. Gardacqua è infatti da tempo un riferimento per chi vuol mettere insieme salute, benessere e movimento con un approccio conosciuta per il suo approccio globale al wellness.
Cos'è Gardacqua?
Gardacqua, a Garda, sulla sponda veronese del lago, è sinonimo di tempo dedicato al benessere, allo sport, al beauty... La struttura, conosciuta per il suo approccio globale al wellness, è circondata da un verde parco con ulivi secolari. A livello architettonico è caratterizzata da una elegante cupola di cristallo ed ospita una SPA di oltre 1700 MQ, grandi piscine interne ed esterne in cui rilassarsi oppure nuotare, beauty center in cui regalarsi trattamenti e massaggi d'ogni tipo, bar, ristoranti ed aree kids dedicate ai più piccoli.
Gardacqua - SPA, Wellness and Pools
Via Cirillo Salaorni ,10 37016 Garda (VR)
045 627 0563 https://www.gardacqua.org
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Autunno '24: il momento giusto per regalarsi un rituale Rasul a Gardacqua - Garda (VR)
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L'autunno '24 di Gardacqua, a Garda, sulla sponda veronese del lago, tra relax, beauty e sport, regala ore da dedicare a se stessi, momenti perfetti per riposare mente e corpo e poi ripartire di slancio.
Partiamo dall'Area Beauty, in cui le cinque cabine sono state appena rinnovate. Tre sono dedicate a massaggi, trattamenti e pressoterapie, una al Solarium e infine una è per chi vuol regalarsi un sogno, Rasul, un'esperienza ispirata ad antichi rituali orientali. E' il luogo giusto per godersi massaggi di coppia con bagno turco privato. E poi vapore purificante e rigenerante con l'utilizzo di uno scrub a base di sale marino, maschera e viso all'argilla e olii essenziali. E' un'esperienza rilassante e distensiva per corpo e mente...
Eccoci adesso Area Pools di Gardacqua che è aperta tutto l'anno. Infatti accanto alle vasche all'aperto, ci sono anche quelle al coperto. E' ripartita la Scuola Nuoto che inizia dal livello Biberon (dai 3 ai 47 mesi, ovvero fino ai 4 anni non compiuti), passa alle proposte per bambini e ragazzi fino ai corsi per gli adulti ed il nuoto libero. Ed è possibile anche dedicarsi all'Acqua Fitness.
Chiudiamo con il cuore di Gardacqua, ovvero la sua Area SPA di Gardacqua, che è dotata di un nuovo giardino naturista. Qui è possibile godersi Sauna Finlandese, Bio Sauna, Bagno Turco, Bagno Salino, Laconium, Percorso Kneipp, Vasca Idromassaggio, Sala relax e Dream Room. E conta ancora di più l'approccio di Gardacqua: chi decide di regalarsi un ingresso di 3 ore o giornaliero nell'Area SPA, si gode anche i trattamenti che gli ogni gli Augfuss Meister, i maestri di sauna, propongono. Ad esempio, Bagni di Suono con strumenti ancestrali, Maschere viso, Scrub corpo, Tisaneria, Savonage, Bagni di Gong…
Riassumendo, dopo un'estate fantastica, l'autunno 2024 di Gardacqua, a Garda, sulla sponda veronese del lago, è già iniziato con tante novità ed altrettante conferme. Si può ripartire senza stress, dallo sport nell'Area Pools oppure rilassandosi nell'Area SPA e magari, subito dopo, regalarsi un trattamento nell'Area Beauty… e infine mangiare qualcosa al Bistrò. Gardacqua è infatti da tempo un riferimento per chi vuol mettere insieme salute, benessere e movimento con un approccio conosciuta per il suo approccio globale al wellness.
Cos'è Gardacqua?
Gardacqua, a Garda, sulla sponda veronese del lago, è sinonimo di tempo dedicato al benessere, allo sport, al beauty... La struttura, conosciuta per il suo approccio globale al wellness, è circondata da un verde parco con ulivi secolari. A livello architettonico è caratterizzata da una elegante cupola di cristallo ed ospita una SPA di oltre 1700 MQ, grandi piscine interne ed esterne in cui rilassarsi oppure nuotare, beauty center in cui regalarsi trattamenti e massaggi d'ogni tipo, bar, ristoranti ed aree kids dedicate ai più piccoli.
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L’autunno è il momento perfetto per un rituale Rasul a Gardacqua - Garda (VR)
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L'autunno '24 di Gardacqua, a Garda, sulla sponda veronese del lago, tra relax, beauty e sport, regala ore da dedicare a se stessi, momenti perfetti per riposare mente e corpo e poi ripartire di slancio.
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Eccoci adesso Area Pools di Gardacqua che è aperta tutto l'anno. Infatti accanto alle vasche all'aperto, ci sono anche quelle al coperto. E' ripartita la Scuola Nuoto che inizia dal livello Biberon (dai 3 ai 47 mesi, ovvero fino ai 4 anni non compiuti), passa alle proposte per bambini e ragazzi fino ai corsi per gli adulti ed il nuoto libero. Ed è possibile anche dedicarsi all'Acqua Fitness.
Chiudiamo con il cuore di Gardacqua, ovvero la sua Area SPA di Gardacqua, che è dotata di un nuovo giardino naturista. Qui è possibile godersi Sauna Finlandese, Bio Sauna, Bagno Turco, Bagno Salino, Laconium, Percorso Kneipp, Vasca Idromassaggio, Sala relax e Dream Room. E conta ancora di più l'approccio di Gardacqua: chi decide di regalarsi un ingresso di 3 ore o giornaliero nell'Area SPA, si gode anche i trattamenti che gli ogni gli Augfuss Meister, i maestri di sauna, propongono. Ad esempio, Bagni di Suono con strumenti ancestrali, Maschere viso, Scrub corpo, Tisaneria, Savonage, Bagni di Gong…
Riassumendo, dopo un'estate fantastica, l'autunno 2024 di Gardacqua, a Garda, sulla sponda veronese del lago, è già iniziato con tante novità ed altrettante conferme. Si può ripartire senza stress, dallo sport nell'Area Pools oppure rilassandosi nell'Area SPA e magari, subito dopo, regalarsi un trattamento nell'Area Beauty… e infine mangiare qualcosa al Bistrò. Gardacqua è infatti da tempo un riferimento per chi vuol mettere insieme salute, benessere e movimento con un approccio conosciuta per il suo approccio globale al wellness.
Cos'è Gardacqua?
Gardacqua, a Garda, sulla sponda veronese del lago, è sinonimo di tempo dedicato al benessere, allo sport, al beauty... La struttura, conosciuta per il suo approccio globale al wellness, è circondata da un verde parco con ulivi secolari. A livello architettonico è caratterizzata da una elegante cupola di cristallo ed ospita una SPA di oltre 1700 MQ, grandi piscine interne ed esterne in cui rilassarsi oppure nuotare, beauty center in cui regalarsi trattamenti e massaggi d'ogni tipo, bar, ristoranti ed aree kids dedicate ai più piccoli.
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“Guai a lei se legge con più penetrazione del solito, si rovina il gusto per tutto ciò che legge. Qualsiasi cosa lei legga, questo qualcosa alla fine diventa ridicolo, alla fine non ha più alcun valore. Si guardi bene dall’affrontare con troppa penetrazione un’opera d’arte, diceva, si guasterà tutto, anche le cose più amate. Non guardi troppo a lungo un quadro, non legga un libro con troppa penetrazione, non ascolti un brano musicale con il massimo impegno, perché si rovinerebbe tutto e quindi anche ciò che di più bello e di più utile esiste al mondo. Legga quello che le piace, ma non penetri l’opera fino in fondo, ascolti quello che le piace, ma non lo ascolti fino in fondo, osservi quello che le piace, ma non lo osservi fino in fondo. Io, avendo sempre ascoltato tutto fino in fondo, avendo sempre ascoltato tutto fino in fondo o, quanto meno, avendo sempre cercato di ascoltare, di leggere, di osservare tutto fino in fondo, alla fine mi sono storpiato irrimediabilmente tutta l’arte figurativa e tutta la musica e tutta la letteratura, diceva ieri. Così, con questo sistema, mi sono alla fine storpiato irrimediabilmente il mondo intero, mi sono semplicemente storpiato tutto. Per anni mi sono semplicemente storpiato tutto e, cosa di cui mi pento dal più profondo del cuore, ho anche irrimediabilmente storpiato tutto a mia moglie. Per anni, diceva, la mia esistenza è stata possibile soltanto all’interno e in virtù di questo meccanismo di storpiatura. Ma ora so che devo evitare di leggere fino in fondo, di ascoltare fino in fondo, di osservare e stare a guardare fino in fondo, se voglio continuare a vivere.”
-Thomas Bernhard -Antichi maestri
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Picasso a Sanremo: Ceramiche Solari e Mediterranee alla Galleria Palla Blu
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Dal 14 luglio al 15 settembre, la Galleria Palla Blu di Sanremo è lieta di presentare la mostra "Picasso: La Gioia della Ceramica", che lega l'artista alle sue radici mediterranee. Questa selezione di ceramiche colorate e solari sarà completata da opere di Yves Klein (1928-1962), l'iconico artista francese nato a Nizza, e dalle opere d'inchiostro di T'ang Haywen (1927-1991).
La Galleria Palla Blu di Sanremo apre le sue porte a un'estate ricca di arte e colore con la mostra "Picasso: La Gioia della Ceramica", in programma dal 14 luglio al 15 settembre 2024. Un'occasione unica per immergersi nel genio creativo di Pablo Picasso e ammirare la sua prolifica produzione di ceramiche, espressione di una profonda connessione con le sue radici mediterranee.
Accanto alle opere di Picasso, la mostra espone anche lavori di Yves Klein (1928-1962), l'iconico artista francese nato a Nizza, conosciuto per il suo blu oltremare e la sua ricerca sull'immateriale. Completano la rassegna le opere d'inchiostro di T'ang Haywen (1927-1991), artista cinese che ha rivoluzionato la calligrafia tradizionale.
La mostra è realizzata in collaborazione con la Galerie Jean-François Cazeau di Parigi, specializzata in maestri impressionisti e moderni.
Picasso
Il Mediterraneo di Picasso è molteplice, sia vissuto che sognato, dal paesaggio dei suoi porti spagnoli nativi agli studi degli ultimi anni della sua vita, passando per le località della Costa Azzurra e culminando nel Midi di Antibes, Vallauris e Cannes. Nonostante viaggiasse poco, Picasso si spostava sulla costa settentrionale del bacino del Mediterraneo potendo scoprire le culture di questa regione. Fu anche attraverso libri e musei, come il Prado o il Louvre, e grazie alle numerose cartoline e riproduzioni ricevute, che si nutrì della cultura mediterranea. Fin dagli esordi, queste molteplici fonti alimentarono il suo lavoro.
L'opera di Picasso è radicata in una ricca cultura ispanica, che spazia dall'antica arte iberica - come testimoniato dalla serie di piccoli bronzi antichi collezionati dall'artista - ai grandi maestri della pittura spagnola scoperti al Prado, fino al folklore dei costumi tradizionali, del flamenco e della corrida. In questo periodo particolarmente fecondo per Picasso, la ceramica svolge un ruolo fondamentale. Attraverso questa tecnica, l'artista riscopre anche la gioia fanciullesca della creazione stessa. Egli sposa forma e funzione con infinita inventiva.
Nel 1948 Picasso si trasferisce a Vallauris, un villaggio di ceramisti. Aveva già conosciuto Suzanne e Georges Ramié, proprietari dello studio Madoura, nel 1946. Fino alla sua morte, lavorerà solo con loro, creando sia pezzi unici che edizioni originali. Questo segna l'inizio di un intenso periodo creativo, incentrato sulla produzione di ceramiche. Picasso modella e disegna nell'argilla fauni e ninfe, pesci e tori, capre e gufi, utilizzando i supporti più inaspettati - frammenti di pignatte, gazette di fornace usate per cuocere i pezzi d'argilla o mattoni rotti. In particolare, i gufi compaiono frequentemente nelle sue opere, e rimangono uno dei soggetti più ricercati del suo lavoro.
Yves Klein
A completare questa selezione, sarà presentata una scultura di Yves Klein, "L'Esclave mourant d'après Michel-Ange", un'interpretazione post-moderna del soggetto rinascimentale nel suo emblematico blu Klein. Proprio come Picasso, Yves Klein amava giocare con i codici della storia dell'arte e sovvertirli. Le sue opere, che fanno parte del gruppo del Nouveau Réalisme, rappresentano una risposta europea al movimento americano della Pop Art.
T'ang Haywen
Saranno inoltre esposte opere d'inchiostro di T'ang Haywen, artista cinese della scuola post-bellica di Parigi che ha appena avuto una mostra retrospettiva al Musée National des Arts Asiatiques - Guimet. L'artista, della stessa generazione di Zao Wou-Ki e Chu Teh-Chun, ha dedicato la sua pratica alla pittura a inchiostro, nella grande tradizione cinese, rinnovandola con i precetti dell'astrazione occidentale.
Forte di un vero e proprio riconoscimento istituzionale, T'ang Haywen ha avuto diverse retrospettive in musei internazionali, a Monaco, Taipei, Parigi e Budapest. Le sue opere sono oggi conservate nelle collezioni del Museo Guimet, dell'Art Institute of Chicago, dell'M+ Museum di Hong Kong e della Menil Collection di Huston.
Un dialogo affascinante tra tre grandi maestri che, attraverso tecniche e linguaggi espressivi diversi, esplorano temi universali come la natura, la spiritualità e la condizione umana. Un'occasione imperdibile per gli amanti dell'arte e per tutti coloro che desiderano scoprire nuove sfaccettature del genio creativo di Picasso e dei suoi contemporanei.
Un'occasione imperdibile per ammirare capolavori di maestri moderni e contemporanei e per celebrare l'arte mediterranea in tutte le sue sfumature.
Informazioni sulla mostra:
Galleria Palla Blu
Indirizzo: Via Matteotti, 11, 18037 Sanremo IM, Italia
Date: 14 luglio - 15 settembre 2024
Sito web: https://www.galleriapallablu.com/
Contatto: +39 389 990 65 87
Post Facebook:
La Galleria Palla Blu di Sanremo apre le sue porte a un'estate ricca di arte e colore con la mostra "Picasso: La Gioia della Ceramica", in programma dal 14 luglio al 15 settembre 2024. Accanto alle opere di Picasso, la mostra espone anche lavori di Yves Klein (1928-1962) e le opere d'inchiostro di T'ang Haywen (1927-1991).
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