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Controlli Antidroga dei Carabinieri nelle Scuole del Tortonese: Prevenzione e Sensibilizzazione tra i Giovani
I Carabinieri e l’unità cinofila in azione per contrastare il consumo di droghe tra gli studenti e promuovere la legalità nelle scuole del tortonese. Nel tortonese, i Carabinieri hanno intensificato i controlli antidroga presso le scuole e gli istituti di formazione, in collaborazione con i dirigenti scolastici. Questa iniziativa, parte di un progetto sulla legalità, mira a ridurre la diffusione…
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Ambiguità tra Italiano e Inglese
False friends Italiano Inglese Ambiguità tra Italiano e Inglese, un libro di Giancarlo Livraghi che analizza ambiguità, distorsioni, malintesi e false friends tra le due lingue. Questo lavoro era nato un po’ per caso – quasi per scherzo – quando, nel 2002, stavo ragionando con alcuni amici su quanti errori si trovano nelle traduzioni e su come possono creare tanti malintesi, ambiguità, distorsioni di comprensione e di interpretazione. Ma ci eravamo accorti, fin dall’inizio, che questo problema non è solo ridicolo, è anche preoccupante. L’uso frequente – e spesso ripetuto – di termini poco chiari e mal capiti provoca un’insidiosa confusione di idee e di concetti. È nata così una prima raccolta di esempi che ho messo online – e che un po’ per volta, nel corso degli anni, è continuamente cresciuta fino ad assumere le dimensioni di questo libro. Spero che sia un testo divertente. Un po’ di ironia, in queste cose, non guasta mai. Gli errori possono farci sorridere, ma c’è un dubbio serio: quante cose si capiscono male o non sono quelle che sembrano? Naturalmente nessuno può avere la goffa pretesa di “mettersi in cattedra”. Capita a tutti di sbagliare, in un modo o nell’altro. Solo gli stupidi credono di essere “infallibili”. Ma errare humanum non è una buona scusa. Senza inutili pedanterie (se una cosa è chiara non è indispensabile che sia lessicalmente “esatta”) ci sono molti casi in cui conviene ricordare il classico dubbio socratico. Ti estì? Cioè… siamo sicuri di sapere di che cosa stiamo parlando? Questo problema c’è spesso, anche indipendentemente dalle differenze fra le lingue. Un’ovvia domanda: perché l’Inglese? È chiaro che ci possono essere insidiosi errori anche dall’Italiano all’Italiano – e nelle traduzioni da o in altre lingue. Ma una raccolta di tutte le possibili ambiguità riempirebbe un’enorme (e noiosa) enciclopedia. Il fatto è che l’inglese non è solo “un’altra lingua”. È la lingua internazionale. Continua a crescere (spesso inutilmente) il numero di parole inglesi che diventano “di uso comune” in italiano. Alcune chiare e ben comprensibili. Altre no – con risultati comici, ma anche imbarazzanti. Trecentottanta esempi bastano per elencare tutti gli errori, o almeno i più comuni? Ovviamente no. Ma sono, appunto, esempi. Possono aiutare a “stare in guardia” – e così cogliere anche quei casi di ambiguità che non sono compresi in questa piccola antologia.
Giancarlo Livraghi Chi ha scritto questo libro? Non io. Come succede (almeno nella mia esperienza) con tutti i libri, si è scritto da solo. Una volta impostata l’idea iniziale, un libro si evolve, cresce come una pianta, mette radici, rami e foglie, diventa una cosa diversa da quella che sembrava quando era appena spuntato dal seme. A chi lo scrive non resta che seguirlo, capirlo, accompagnarlo nella sua crescita, cercando di spiegare ogni concetto nel modo più chiaro possibile. Ma questo, in particolare, è un caso diverso. La parte centrale del libro, dalla pagina 9 alla pagina 117, è opera di diversi autori. I tanti che hanno sbagliato qualcosa in qualche posto dove mi è stato possibile notare l’errore. E i lettori delle cose pubblicate online che mi hanno segnalato “casi” interessanti diversi da quelli che conoscevo. Così a me è rimasto il compito dello scrivano, che prende nota e cerca di raccogliere in modo, per quanto possibile, chiaro e ordinato – oltre ad aggiungere qualche commento dove opportuno. Che libro è? Dipende da come si legge. Non è un vocabolario. È in ordine alfabetico perché ogni altro modo di raggruppare gli esempi sarebbe arbitrario – e perché può servire anche come “testo di consultazione”. Ma può essere utile leggerlo come se fosse un racconto, perché la serie dei “casi” rivela, un po’ per volta, come nascono e si moltiplicano le ambiguità. Il circolo vizioso dell’incomprensione Poiché l’inglese è la lingua internazionale, notizie e opinioni da tutto il mondo, che hanno origine in tante lingue diverse, ci arrivano spesso in inglese. È facile che un’informazione sia deformata perché qualcuno non ha saputo capire o tradurre un’espressione inglese. O anche perché all’origine qualcuno ha tradotto male dalla sua lingua all’inglese – e una ulteriore deformazione si aggiunge nella successiva traduzione in italiano. Un “circolo vizioso” in cui gli errori si moltiplicano – con risultati talvolta comici, ma anche pericolosamente devianti. Quello che non c’è Esistono “lingue” particolari, come il legalese, il tecnichese, il politichese, il burocratese, il modaiolo, lo stupidese eccetera, con differenze spesso problematiche fra l’inglese e l’italiano. Non sono comprese in questo elenco, se non in alcuni casi che influiscono sull’uso generale. Non sono citati gli errori di pronuncia – sempre più frequenti, specialmente in televisione – perché con quelli l’elenco diventerebbe interminabile. Né gli errori di ortografia, che in inglese non sono sempre identificabili, per le molteplici differenze del modo in cui la lingua è parlata e scritta in paesi diversi. Né (se non per qualche esempio particolarmente rilevante) l’enorme proliferazione di neologismi, che spesso sono confusi ancora prima di essere diffusi. Giancarlo Livraghi
English Vocabulary Ability. Non vuol dire “abilità”, ma “capacità” o “possibilità”. To be able to… significa “essere in grado di” fare una certa cosa. (“Abilità” si dice skill). Absorbing. Non vuol dire “assorbente”, ma “interessante” o “impegnativo”. Abstract. Come aggettivo può voler dire “astratto”, ma come sostantivo significa “estratto” di un testo – o, più spesso, “riassunto”. Abuse. Può avere significati simili all’italiano “abuso” o “abusare”, ma vuol dire anche cose diverse, come “insulto” o “maltrattamento”. Accessory. Vuol dire anche “accessorio”, ma è usato spesso nel senso di “complice” o “coinvolto” in un’attività criminale o riprovevole. Accident. Vuol dire “incidente”, non “accidente”. According to… Non vuol dire “in accordo con…”, ma “secondo…”. (Si può riferire a una fonte o a un’opinione). Accurate. Non vuol dire “accurato”, ma “esatto” o “preciso”. Act. Vuol dire “atto” o “agire”, ma ha anche altri significati che vengono da acting (“recitare”). Per “fingere” o “fare come se” si può dire anche play. In altri contesti act può avere un senso diverso. Per esempio in termini politico-giuridici un act è una decisione del parlamento, cioè una legge. Actual. Non vuol dire “attuale”, ma “vero” o “reale”. Actually. significa “davvero” o “in realtà”, non “attualmente”. Adjourn. Vuol dire “rinviare” o “spostare”, non “aggiornare”. Administration. Non vuol dire “contabilità” (accounting) né “amministrazione finanziaria”. Significa “gestione” o “organizzazione”. Per esempio sysadmin è la persona che gestisce un sistema di rete, non un contabile né un amministratore. (Anche in italiano, tuttavia, il termine “amministrazione” è talvolta usato in senso non solo finanziario, per esempio in definizioni come “amministratore delegato” o “consiglio di amministrazione”). Advocate. Non vuol dire “avvocato” (lawyer) ma energico e dichiarato sostenitore di un’opinione o di un impegno sociale, culturale o politico. Affair. Significa relazione sentimentale o sessuale, non “affare”. Se il signor X e la signora Y are having an affair non vuol dire che hanno un rapporto di business, ma che vanno a letto insieme (in modo più o meno clandestino). La parola affair viene usata anche per definire non un rapporto sessuale o comunque personale, ma una situazione in qualche modo torbida, oscura o losca (anche in italiano si usano espressioni come “l’affare Dreyfus”). Agenda. In Inglese non vuol dire “agenda”, ma “ordine del giorno” o “programma”di un incontro o di una riunione. (“Agenda” nel senso di libro-calendario si dice diary, come “diario”). L’espressione order of the day esiste in Inglese, ma con un significato un po’ diverso – un fatto rilevante di cui è importante occuparsi. Aggravate Nel linguaggio più diffuso (anche se disapprovato dai puristi della lingua inglese) non vuol dire “aggravare”, ma “irritare” o “infastidire”. Agony. Vuol dire “angoscia” o “grave sofferenza”, ma non “agonia”. Alien. Non vuol dire solo “alieno”, nel senso di “non umano”, ma anche “straniero”. (Vedi stranger). Alienate. To alienate non vuol dire “alienare”, ma “contrariare” e “rendere ostile”. Annoyed. Non vuol dire “annoiato”, ma “seccato” o “infastidito”. To annoy. vuol dire “disturbare”, “irritare”, “dare fastidio” – non “annoiare” (to bore). Anticipate. Benché i puristi della lingua inglese lo considerino sbagliato, è usato abitualmente nel senso di “prevedere” o “aspettarsi che” (non “anticipare”). Apology. Non vuol dire “apologia”. To apologize significa “chiedere scusa”, apology è l’atto di scusarsi. Appraise. To appraise non significa “apprezzare”, ma “valutare”, cioè farsi un’opinione bene informata su qualcosa. Appraisal. è una valutazione o una verifica, non un “apprezzamento”. C’è una parola simile in inglese che ha un significato diverso: to apprise vuol dire informare dettagliatamente. Per esempio qualcuno può apprise altri del suo appraisal di una situazione. “Apprezzare” si dice to appreciate (ma c’è un’ambiguità nel caso del gergo finanziario: se qualcosa, per esempio un titolo in borsa, appreciates vuol dire che il prezzo sale).
Ambiguità tra Inglese e Italiano Argument. Non vuol dire “argomento” (vedi subject) ma “discussione” o “litigio”. To argue. significa “litigare”. (Vedi discussion). Ass. In questo caso l’ambiguità è all’interno della lingua Inglese perché ci sono due parole uguali di significato diverso. Ass vuol dire “asino” (e, come in italiano, ha il senso traslato di “ignorante”). Ass vuol dire anche “fondoschiena” (ma senza il traslato “fortuna” che ha in italiano). Asshole è un modo “volgare” e insultante di dire “stupido”. Assessor. Non vuol dire “assessore”. Significa “perito” – o, più in generale, persona incaricata di stimare (assess) un valore. Assumption. Non vuol dire “assunzione”, ma “ipotesi” o “supposizione”. To assume. vuol dire “supporre” o “presumere”, non “assumere” (vedi anche presume). Attempt. Vuol dire “tentativo”, non “attentato”. Attend. Non vuol dire “attendere” o “aspettare” (wait) ma “assistere” o “essere presenti” (a un avvenimento, riunione eccetera). Attic. Vuol dire “soffitta”, non “attico” nel senso in cui la parola è più spesso usata in italiano (specialmente nel commercio immobiliare) con un significato simile all’inglese penthouse. Attitude. Non “attitudine” (aptitude o ability) ma “atteggiamento”, “opinione” o “comportamento”. Avert. Vuol dire “distogliere”, “distrarre” o “evitare”. Non “avvertire”. Bank holiday. Non è una “vacanza delle banche”, ma una “festa comandata”, cioè un giorno in cui, oltre alle banche, sono chiusi anche gli altri uffici. Bankruptcy. Non vuol dire “bancarotta”, né “fallimento”. Ha un significato più simile ad “amministrazione controllata”. Barbed wire. Non è una telefonata barbosa o un telegramma noioso. Barbed wire vuol dire “filo spinato”. (In inglese non esiste l’espressione “barba” nel senso di “noia”). Barracks. Vuol dire “caserma”, non “baracca”. Basement. Sembra incredibile, ma ci sono casi in cui basement è tradotto “basamento” quando è ovvio dal contesto che si tratta di “sotterraneo” o “seminterrato”. Billion. Vuol dire “miliardo”. Non ha senso che qualcuno lo traduca “bilione”. Ma anche in Inglese il significato della parola non è sempre chiaro. Mentre è generalmente inteso che voglia dire mille milioni, pare che alcuni usino billion per indicare un milione di milioni, cioè mille miliardi (vedi trillion). Bimbo. Non vuol dire “bambino”. È una forma gergale per “persona stupida e frivola”. Si può dire di un uomo, ma è usato più spesso per le donne (specialmente nel mondo dello spettacolo). Binary. Vuol dire “binario” nel senso matematico (vedi digital) ma non nelle ferrovie (e relativi traslati). I binari dei treni si chiamano tracks. Bird. Vuol dire “uccello”, ma non nel senso “traslato” che ha in italiano. Nel vecchio gergo inglese bird è una ragazza. (Oggi talvolta chiamata chick, “pulcino”). Bitch. È la femmina del cane (non del maiale). Detto di una donna, non significa sempre “puttana”. Si dice anche di una donna antipatica, cattiva o intrigante. Ma son of a bitch (anche riassunto in SOB) ha lo stesso significato di “figlio di …” in italiano. Blank. Non vuol dire “bianco” (white) ma “spazio vuoto”. Può essere una “pagina bianca” (o qualsiasi “supporto” in cui non sono stati inseriti contenuti) o anche un “vuoto di memoria” o altri “traslati” di significato analogo. Blonde. Significa “bionda”. Ma (specialmente in America) è diventata un’espressione gergale e ironica per “donna stupida, banale e ignorante”. Blunt. Quando si tratta di un oggetto vuol dire “ottuso”, nel senso di non affilato o non appuntito. Nel caso di persone, affermazioni o atteggiamenti significa duro, sincero, rude, diretto – non necessariamente rozzo o villano, ma senza sottigliezza. Body. Vuol dire “corpo���, ma ha alcuni significati “traslati” in inglese che non ha in italiano (e viceversa). In alcuni casi si usa body nel senso di “persona” (somebody vuol dire “qualcuno”). Quel “capo di abbigliamento” femminile che in italiano si usa chiamare “body” in inglese non si chiama così. In un testo scritto si chiama body copy ciò che non è headline, cioè titolo (vedi copy). In italiano si chiama “corpo” la grandezza di un carattere, mentre in inglese si dice semplicemente size (il carattere si chiama typeface o abbreviato face – oppure font). Chi ha pratica del linguaggio HTML sa come sono usati in quel contesto codici come head, body, font, face e size. Border. Non vuol dire “bordo”. Può significare “cornice” come contorno grafico (la cornice di un quadro è frame) ma più spesso vuol dire “confine”.
Il potere della lingua Brave. Significa coraggioso, non “bravo”. La parola bravo esiste in inglese, ma con un significato particolare (come in francese – accento sulla “o”). È un’esclamazione, un applauso (e si usa anche al femminile e al plurale, cioè si grida braavoo anche se la persona applaudita è una donna o se si tratta di una squadra o gruppo anziché di una sola persona). Briefing. Brief significa “breve”, ma ha vari traslati (fra cui briefs – mutande). To brief significa dare informazioni o istruzioni. Perciò briefing è un documento (o un incontro) in cui si definiscono le linee di un progetto o di un piano d’azione (e, al contrario, debriefing quando si raccolgono informazioni da qualcuno che conosce i fatti). Un’altra derivazione è briefcase come cartella o valigetta in cui si tengono carte e documenti. Brigade. Vuol dire “brigata” militare (e anche nel caso di fire brigade, “pompieri o “vigili del fuoco”) ma non nel senso più ampio che ha in italiano. Brigadier Con i gradi militari ci possono essere variazioni di significato, ma brigadier in inglese vuol dire “generale di brigata”, non “brigadiere”. Broad. Vuol dire “largo” o “ampio”. Ma nel gergo americano è un modo un po’ volgare e insultante di dire “donna”. Bug. Guasto, inconveniente, errore tecnico. L’etimologia di bug non deriva dagli insetti, ma si usa questa parola per indicare parassiti fastidiosi (in particolare gli scarafaggi). È un po’ improprio tradurre bug con “baco” anche se il concetto rimane comprensibile. Ci sono usi “traslati” come per esempio «this bugs me» («questa cosa mi preoccupa»). Bullish. Viene da bull (toro) ma non ha necessariamente un significato aggressivo o arrogante. Può voler dire che qualcuno è molto ottimista su qualcosa. Ne deriva bull nel gergo del mercato azionario per indicare una fase in crescita (il contrario è bear e l’etimologia è incerta – qualcuno pensa che possa derivare dal proverbiale “vendere la pelle dell’orso”). Invece bull ha un significato negativo come abbreviazione di bullshit – cioè stupidaggine, bugia, esagerazione o vanteria. Buy. To buy vuol dire “comprare”. Ma anche “approvare” o “condividere” (vedi sell). Si può buy un’idea o una proposta. «I don’t buy it» può voler dire «non sono d’accordo» oppure «non ci credo». By the way. Non vuol dire “per la strada”, ma “a proposito” o “fra parentesi” o “per inciso”. Nel gergo dell’internet è spesso abbreviato in BTW. Cabin. Vuol dire “cabina” (in una nave) ma ha anche altri significati, come “capanna” o “rustico” o “piccola casa”, di solito di legno, generalmente in campagna e in particolare in un bosco. Può definire anche una stanza separata dal resto di una casa o di un albergo. Nel caso di un aeroplano, si riferisce alla cabina dei passeggeri, non a quella dei piloti (cockpit). Cabinet. Vuol dire “gabinetto” nel senso di organizzazione ministeriale, ma in una casa o in un ufficio significa “ripostiglio” o anche un locale o mobile in cui si tengono carte e oggetti – comunque non una stanza da bagno o un impianto igienico. Cable. Vuol dire “cavo”, ma anche “telegramma”. Callous. In dermatologia può voler dire “calloso”, ma in generale definisce una persona insensibile, rozza, cattiva, crudele – anche, ma non solo, nel senso di “criminale incallito”. Camel. Nell’uso corrente la lingua inglese non distingue fra il cammello e il dromedario (come dimostra l’immagine sul pacchetto di una nota marca di sigarette). Ma la parola dromedary esiste ed era abitualmente usata in passato (per esempio in un articolo di Samuel Johnson del 1759 – vedi http://gandalf.it/m/johnson.htm). Cameo. Vuol dire “cammeo”. Ma (cosa nota a chi si occupa di cinema) si usa anche nel senso di piccolo “inciso”, o corta definizione di un personaggio, in un testo narrativo – o di breve apparizione di un attore in un film (può essere il regista, come faceva abitualmente Alfred Hitchcock). Cancel. Non significa “cancellare”, ma “annullare” o “eliminare”. “Cancella” si dice delete o erase. Candid. Non vuol dire “candido”, ma “sincero”. Canteen. Non vuol dire “cantina”, ma “mensa” o “borraccia”. Carbon. Vuol dire “carbonio”, non “carbone” (coal). Ma ha un significato diverso in alcuni casi, come per esempio nell’espressione carbon copy che si continua a usare (per indicare qualcosa “copiato letteralmente”) benché la “carta carbone” sia caduta in disuso. Carton. Non vuol dire “cartone” ( Read the full article
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A proposito di integrazione, quando il made in Italy è indigesto
Ecco che Galli Della Loggia risale in cattedra, quella con la predella, per dichiarare che è ora di abbattere gli idoli e i loro miti come l’inclusione di tutti nella scuola di tutti. È giunto il momento di riporre in soffitta la scuola inclusiva e sottrarre alle ragnatele dell’abbandono, spolverata e lustrata, la scuola meritocratica e competitiva. Sa di parlare all’orecchio di un governo…
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🌍 La Festa dell'Ambiente a Benevento ha celebrato le eccellenze nel settore ambientale! 🌱
Sanav emerge come protagonista, premiata per il suo impegno e le sue iniziative sostenibili.
Dal dono di mille borracce ecosostenibili agli #studenti, alla sua mission centrata sulla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema italiano, Sanav dimostra come #innovazione e #responsabilità possano andare di pari passo.
Scopri di più sull'importante ruolo di Sanav nella promozione di un'economia sostenibile e sulla sua filosofia incentrata sull'ambientalismo. 🌿🏆
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Promuovere la cultura della legalità, a Corciano un incontro tra i Carabinieri e gli studenti locali
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Un professore di Lettere e Filosofia del liceo Tasso, Giancarlo Burghi, ha scritto una lettera aperta al ministro dell’Istruzione Valditara che è un autentico manifesto PARTIGIANO di difesa altissima della cultura e della Costituzione.
È lunga, ma merita davvero di essere letta tutta, condivisa, applicata. Fino in fondo.
“Egregio ministro,
Le scrivo di nuovo dalla desolazione della “trincea”: quella in cui ogni giorno, con le studentesse e gli studenti, combattiamo l’eterna guerra contro la semplificazione e la superficialità. Oggi, però, le scrivo per ringraziarla delle Linee guida sull’insegnamento dell’educazione civica che ci ha inviato all’inizio dell’anno scolastico. Da oggi abbiamo un punto fermo nel nostro lavoro di docenti ed educatori: ci dirigeremo nella direzione esattamente opposta a quanto ci indica. L’educazione civica, secondo lei deve «incoraggiare lo spirito di imprenditorialità, nella consapevolezza dell’importanza della proprietà privata». In modo quasi ossessivo nel documento traccia l’idea di una sorta di “educazione alla proprietà ”.
Ma cosa dovremmo farci di questo slogan vuoto? Stiamo oltrepassando finanche il senso del ridicolo, andando oltre la teoria delle tre “i” di berlusconiana memoria (inglese, impresa, internet). Ai nostri studenti, signor Ministro, l’articolo 42 della Costituzione lo leggiamo e lo spieghiamo: «La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge […] allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere [..] espropriata per motivi di interesse generale". Dice proprio questo la Costituzione! Però non si ispira a Pol Pot ma alla dottrina sociale della Chiesa, al cristianesimo sociale di Giorgio La Pira e Giuseppe Dossetti. Nelle Linee guida Lei continua, poi, con l’affermazione di sapore thatcheriano, ma in realtà generica e vuota quanto la prima, per cui dovremmo insegnare che «la società è in funzione dell’individuo (e non viceversa)».
Vede Ministro, se le dovesse capitare di sfogliare la Costituzione italiana scoprirebbe che il termine “individuo” semplicemente non compare. (…) Mi consenta di farle notare che, se sfogliasse la Costituzione, scoprirebbe che il termine “patria” compare solo una volta (perché Mussolini lo aveva profanato e disonorato) e per di più non ha niente a che fare con “i sacri confini nazionali” da difendere o l’italianità quale identità da salvaguardare contro la minaccia della sostituzione etnica.
La patria è il patrimonio dei padri e delle madri costituenti, vale a dire le istituzioni democratiche non separabili dai valori costituzionali: l’eguaglianza, la libertà, la pace, la giustizia, il diritto di asilo per lo straniero «che non ha garantite le libertà democratiche».
I patrioti non sono quelli che impediscono lo sbarco dei migranti, ma coloro che ogni giorno testimoniano il rifiuto della discriminazione. Cosi come patrioti non erano i fascisti che hanno svenduto la patria a Hitler e l’hanno profanata costringendo milioni di italiani ad offendere altre patrie, ma i membri dei GAP (che non erano i “gruppi di azione proletaria” come ebbe a dire, per dileggio, Berlusconi), ma i “gruppi di azione patriottica (appunto), che operavano nella Brigate Garibaldi dei patrioti comunisti italiani, protagonisti della Resistenza quale secondo Risorgimento.
Ci consenta di formare i nostri studenti ispirandoci a chi di patria si intendeva: non a Julius Evola o Giorgio Almirante, ma a Giuseppe Mazzini che ha ripetuto per tutta la vita che la patria non è un suolo da difendere avidamente ma una «dimora di libertà e uguaglianza» aperta a tutti: «Non vi è patria dove l’eguaglianza dei diritti è violata dall’esistenza di caste, privilegi, ineguaglianze. In nome del vostro amore di patria, combattete senza tregua l’esistenza di ogni privilegio, di ogni diseguaglianza sul suolo che vi ha dato vita. (Dei doveri dell’uomo). Mazzini non contrapponeva la patria all’umanità, ma la considerava il mezzo più efficace per tutelare la dignità di ogni essere umano: «I primi vostri doveri, primi almeno per importanza, sono verso l’ Umanità. Siete uomini prima di essere cittadini o padri. […] In qualunque terra voi siate, dovunque un uomo combatte per il diritto, per il giusto, per il vero, ivi è un vostro fratello: dovunque un uomo soffre, tormentato dall’errore, dall’ingiustizia, dalla tirannide, ivi è un vostro fratello. Liberi e schiavi, siete tutti fratelli. (Dei doveri dell’uomo)
E ci consenta, da educatori democratici, di trascurare le sue Linee guida, per illuminare le coscienze dei giovani con le parole di don Milani: «Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri». Egregio Ministro, dal momento che la costruzione di una cittadinanza consapevole avviene anche attraverso l’esercizio della memoria storica e civile, Lei ci ha inviato a una circolare con cui ha bandito un concorso per le scuole con lo scopo di celebrare la «Giornata Nazionale delle Vittime Civili delle Guerre e dei Conflitti nel Mondo». Il titolo del concorso: «1945: la guerra è finita!» Incredibile! Il 25 aprile 1945 che, prima dell’era Valditara, era semplicemente e banalmente la «liberazione dal nazifascismo» ora diventa un momento della «Giornata Nazionale delle Vittime Civili delle Guerre e dei Conflitti nel Mondo».
Cosa dovrebbero ricordare le giovani generazioni nella sua bizzarra idea di memoria civile? Ecco il suo testo: «Il popolo che ha subito sulla propria pelle gli orrori di quel tremendo conflitto, dai bombardamenti degli alleati alle rappresaglie nazifasciste [equiparati !] fino agli ordigni bellici inesplosi che, nei decenni a venire, hanno continuato a produrre invalidità e mutilazioni». E tutto per andare «al di là della tradizionale lettura vincitori-vinti», opposizione che attentamente sostituisce quella di antifascisti/liberatori e fascisti. Si tratta dunque, secondo lei, di ricordare una guerra tra tante, quasi un ineluttabile evento naturale in cui tutti sono cattivi (i liberatori, gli aguzzini e i partigiani) e dunque tutti ugualmente assolti nel tribunale della neostoria. Del resto, Ministro, devo darle atto di una certa garbata compostezza sulla memoria del 25 aprile. La sua sottosegretaria (la nostra sottosegretaria all’Istruzione) Paola Frassinetti la Festa della Liberazione l’ha festeggiata al campo 10 del Cimitero maggiore di Milano per onorare i volontari italiani delle SS. È immortalata in un video in mezzo a un drappello di camerati che sfidano, tra insulti e minacce, alcuni manifestanti antifascisti. Frassinetti si lascia andare alla rabbia ed esclama “ma vai aff…”.
Sempre a proposito di Linee guida per l’educazione civica… Da sottosegretaria del suo Ministero Paola Frassinetti, il 28 ottobre del 2024, anniversario della marcia su Roma, ha celebrato il “fascismo immenso e rosso”. Capisce, signor Ministro, perché ci sentiamo soli nella trincea? E perché le ho detto che è “passato al nemico” (il nemico è la parzialità, la manipolazione, la contrapposizione faziosa). Ma noi siamo combattenti testardi. Non avendo capi politici da lusingare, la nostra coscienza e la Costituzione antifascista sono le nostre uniche e inderogabili “linee guida” da seguire nel formare cittadine e cittadini liberi e consapevoli. Egregio Ministro, spero che queste parole non mi costino quella decurtazione dello stipendio che ha inflitto a un mio collega per aver pronunciato delle parole che Lei non ha gradito. Sarebbe non solo grave ma anche di cattivo gusto anche perché di recente insieme ad altri ministri lei lo stipendio ha cercato di aumentarselo.”
P. S. Le sue Linee guida stanno conseguendo i primi risultati. Qualche giorno fa uno studente che aveva studiato la divisione dei poteri di Montesquieu ha osservato che se un ministro fa una manifestazione sotto un tribunale per difendere un altro ministro sotto processo viola la separazione dei poteri. Aggiungendo che un ministro non è un semplice cittadino ma un membro dell’esecutivo, cioè di un potere dello stato. Gli ho risposto che ha ragione e gli ho dato un ottimo voto in educazione civica.
Con cordialità, prof. Giancarlo Burghi.
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Da vari mesi sembra che il terreno di conflitto principale rispetto a questo governo e alle sue scelte politiche sia quello della libertà di espressione, di manifestazione, di dissenso. Questo piano ovviamente va difeso (e la solidarietà di amici e compagni e gli avvocati sono oro), ma se riduciamo le nostre critiche e le nostre lotte a questo piano, il rischio è di ridurle a una resistenza difensiva. La libertà di opinione, di insegnamento, di manifestazione, di dissenso, sono il minimo sindacale. Le lotte importanti da fare sono quelle per la giustizia, per allargare i diritti. E in questo momento la lotta più importante da fare è quella contro il neonazionalismo di questo governo. Nella scuola e fuori dalla scuola in questo momento l'ingiustizia più grande contro cui combattere è quella per cui in classe abbiamo studenti nati in Italia, che studiano da anni in Italia, che non hanno la cittadinanza italiana. La scuola italiana è in questo momento de facto un'educazione al razzismo. Quella per lo ius soli, o lo ius scholae sono le lotte fondamentali, come quella contro i respingimenti in mare. Per questa ragione per me va criticato il ministro Valditara. Per le nuove linee di educazione civica, per le classi di italiano potenziato, l'idea di integrazione come assimilazione, per il suo sostegno a Salvini nel processo di Palermo. Non solo in nome della libertà di espressione, ma in nome di un'idea diversa di società, di mondo, di giustizia, in cui tra essere italiani, singalesi, austriaci, peruviani, ghanesi, estoni, eritrei, non c'è nessuna differenza. Il nostro compito è educare a questo riconoscimento, educare a questa giustizia, alla realtà che impariamo nelle classi tutti i giorni da persone di otto o quindici anni. Christian Raimo, Facebook
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Si apprende che Pfizer Italia da metà ottobre terrà lezioni su “misinformazione” e “fake news” nelle scuole superiori e nelle università italiane per “alfabetizzare” (sic) studenti e professori. Il ministro dell’istruzione è al corrente di questa profanazione degli istituti italiani da parte del colosso farmaceutico americano? Il progetto prevede anche corsi di giornalismo e di scienze della comunicazione per ‘formare’ nuovi giornalisti.
-Maddalena Loy
cancellato il pensiero critico nelle persone, sarà possibile tutto: che il Papa riscriva il Vangelo, che una drag queen si occupi di educazione, che la farmaceutica salga in cattedra per "formare" nuovi giornalisti ecc...
quello che vediamo tutti i giorni. Amen.
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"Gli studenti hanno mostrato oggettivamente di fare un uso molto pervasivo dei dispositivi, soprattutto dello smartphone, ma anche di essere coscienti in prima persona degli aspetti negativi che questo comporta per la loro vita scolastica e personale. Le ragazze si sono rivelate più sofferenti dei ragazzi da questo punto di vista. I risultati mostrano che un arrivo molto precoce è associato a una serie di conseguenze negative a livello di risultati scolastici, competenza digitale, e anche benessere soggettivo. Un percorso strutturato di educazione all’uso dei media nell’era degli strumenti mobili ci può davvero far stare meglio."
Marco Gui
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Il termine enjo kōsai (traducibile come "appuntamento sovvenzionato" o "incontrarsi per un aiuto") indica un fenomeno sociale del Giappone contemporaneo, riguardante le studentesse tra i 12 e i 17 anni, ma anche le casalinghe, che in cambio di denaro o di regali sono disposte a frequentare di nascosto uomini adulti.
In pratica le ragazze/donne che praticano l'enjo kōsai sono da considerarsi delle escort a tutti gli effetti.
Il fenomeno apparve agli inizi degli anni novanta, quando i mass media nipponici iniziarono a interessarsi della giovane età delle ragazze e a domandarsi il perché di questo fatto.
Queste ragazze infatti provengono perlopiù da famiglie perbene e dispongono di una buona educazione, a differenza delle sukeban, le ragazze teppiste degli anni settanta.
Si può parlare, dunque, di prostituzione? A volte, purtroppo sì.
Infatti alcune ragazze si limitano ad accompagnare gli uomini ai locali di karaoke o al ristorante, altre si spingono oltre, arrivando ad avere rapporti sessuali.
Gli incontri avvengono tramite il computer, il telefono cellulare o i telekura. Gli uomini che frequentano le ragazze sono soprattutto professori, avvocati e i cosiddetti salaryman, ovvero uomini d'affari.
Talvolta il giro dell'enjo kōsai viene gestito da vere e proprie organizzazioni, le stesse che mettono in contatto i clienti con le ragazze fornendo loro numeri di cellulare, fotografie e quant'altro.
Non è un caso trovare attaccati alle cabine telefoniche dei quartieri 'a luci rosse' i biglietti da visita che ritraggono, spesso anche solo con un disegno in stile manga, le giovani prostitute, descrivendone il servizio offerto.
Biglietti che possono essere staccati da chiunque, per essere immediatamente rimpiazzati da personale apposito.
Gente che agisce per lo più nella clandestinità, ma al contempo sotto gli occhi di tutti.
Le ragazze spendono i soldi ricevuti principalmente in vestiti o borse firmate. Ma a parte questo, che cosa spinga un'adolescente a vendere il proprio tempo ed eventualmente il proprio corpo, è un mistero ancora da chiarire.
Abbiamo infatti appurato che queste ragazze non provengono da famiglie con problemi finanziari e non hanno problemi d'integrazione sociale, tutt'altro, ma il fenomeno è comunque in preoccupante espansione.
La polizia giapponese ha affermato che nel 1995 più di 5.000 ragazze tra i 14 e i 19 anni sono state fermate per problemi riguardanti la prostituzione, mentre nel 1996 nella sola città di Tokyo sono state fermate più di 1.000 studentesse.
Una ricerca del governo metropolitano di Tokyo ha appurato che il 3,5% delle studentesse delle scuole medie e il 4,4% delle studentesse delle scuole superiori ha praticato almeno una volta l'enjo kōsai.
Le cause di questo fenomeno potrebbero essere da ricercare anche in famiglia e nelle scuole.
Parlando di società giapponese, infatti, ci riferiamo a un ambito in cui una famiglia può difficilmente permettersi più di un figlio. Un tempo, il cosidetto 'nucleo familiare allargato' garantiva la sicurezza della solidarietà tra parenti, consigli e la trasmissione di valori che si stanno perdendo.
Come le famiglie europee, quelle giapponesi hanno sempre meno tempo da dedicare ai figli, prese come sono dal lavoro e dall'obiettivo del raggiungimento di una elevata posizione sociale. Nello stesso modo, e forse di conseguenza, anche il sistema educativo appare in crisi: le scuole giapponesi pretendono sempre di più, e qualsiasi errore viene mal tollerato: l'obiettivo è quello di ottenere sempre ottimi risultati, di frequentare le scuole migliori, superare gli esami per le università più prestigiose, trovare un lavoro che sia stabile, redditizio... e diventare ricchi.
Tutto questo sottopone gli studenti a un grado di stress che li porta e sfogare sui più deboli l'aggressività accumulata. Una tensione che sfocia in maltrattamenti verbali e, nei peggiori dei casi, fisici, e a isolare chi viene distinto come 'diverso': perchè non si comporta in un determinato modo o non possiede determinati beni che ne attesterebbero l'appartenenza a un gruppo piuttosto che alla massa anonima e standardizzata.
Da qui, probabilmente, il bisogno di chiudersi in casa, di non frequentare più la scuola, per rendersi invisibili; oppure, al contrario, la necessità di procurarsi, indipendentemente da come, quello che hanno gli altri. Per essere come loro.
L'enjo kōsai, dunque, forse è solo uno dei tanto modi in cui si manifesta una sofferenza che spesso dà risultati se possibile ancora più tragici: pestaggi a scopo di rapina o per divertimento, effettuati da bande di bambini, ai danni di anziani o barboni; delitti, suicidi. Esperienze che segnano non solo chi subisce violenza, ma anche chi le commette: guai con la legge che si ripercuotono su tutta una vita; problemi di coscienza per via di leggerezze che si sarebbero potute evitare. Le stesse giovani che si lasciano coinvolgere nel giro dell'enjo kosai non ne sono immuni, perchè quando si pentono d'essersi buttate via per motivi futili, per poter soddisfare un capriccio, calpestando la propria dignità per privilegiare il materialismo o entrare a far parte di un gruppo incapace di apprezzarle per ciò che sono... è già troppo tardi.
All'enjo kōsai ricorrono spesso le kogal, per ottenere i soldi necessari per i loro divertimenti.
Fonti: GiapponeOnline, Wikipedia, Gals Style
Personalmente penso che questo sia il risultato del voler "apparire" piuttosto che "essere", e che sia un fenomeno a cui la società ti COSTRINGE con forza, soprattutto se sei così giovane, cercando di farti credere che se non hai determinate cose, oggetti, stile, giri di amicizie, non appartieni alla società stessa.
Questo fenomeno di "coercizione" è presente anche in Italia, non solo in paesi così lontani come il Giappone.
Autrice del forum: @adaralbion
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Carabinieri e studenti insieme per la legalità: Educazione e prevenzione a Serravalle Scrivia
Un incontro tra i Carabinieri e gli studenti dell'Istituto CNOS-FAP per discutere di stupefacenti, Codice della Strada e truffe contro le fasce deboli
Un incontro tra i Carabinieri e gli studenti dell’Istituto CNOS-FAP per discutere di stupefacenti, Codice della Strada e truffe contro le fasce deboli. A Serravalle Scrivia, l’educazione alla legalità è stata protagonista di un incontro che ha visto coinvolti i Carabinieri e gli studenti dell’Istituto CNOS-FAP. L’evento è stato un’opportunità per sensibilizzare i giovani su temi cruciali come il…
#Carabinieri#Carabinieri educazione legale#Codice della strada#contrasto stupefacenti#Cultura della Legalità#dialogo studenti e forze dell&039;ordine#Educazione alla Legalità#Educazione civica#educazione studenti#Fasce deboli#incontro Carabinieri scuole#incontro studenti#Istituto CNOS-FAP#prevenzione incidenti stradali#Prevenzione truffe#Protezione anziani#protezione fasce vulnerabili.#Rispetto delle regole#rispetto norme stradali#sensibilizzazione alla legalità#sensibilizzazione giovani#Serravalle Scrivia#Sicurezza Pubblica#Sicurezza stradale#Stupefacenti#Truffe anziani#truffe digitali#truffe informatiche#truffe telefoniche#volantini antitruffa
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Ehi ciao! Posso chiederti che argomento hai scelto per la tesi?
Il ruolo della motivazione controllata nell'autostima degli studenti adolescenti nelle lezioni di educazione fisica.
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Merito e relazione l’ossimoro scolastico
Non si chiamano materie, neppure discipline, tanto meno aree disciplinari, anche se a volte rivendicano una non ben precisata interdisciplinarità o transdisciplinarità. Sono le “Educazioni”. Educazione civica, educazione stradale, educazione alimentare, educazione ambientale, educazione alla salute e potremmo proseguire. Non hanno vita facile, neppure hanno l’imprimatur dei Programmi o delle…
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SCUOLE, ARRIVA L’ORA DI EDUCAZIONE ALLE RELAZIONI
Arriva nelle scuole italiane l’ora di ‘educazione alle relazioni’. Un percorso per gli studenti delle primarie e secondarie di primo e secondo grado che introduce la creazione di gruppi di approfondimento, discussione e confronto in classe, guidati da un docente e con il coinvolgimento dell’Ordine degli psicologi e degli esperti dei centri anti violenza.
Questo progetto vuole essere un invito a far entrare la cultura del rispetto e dell’educazione alle relazioni tra gli insegnamenti e coinvolgere gli studenti in prima persona per accompagnarli a prendere consapevolezza nel modificare atteggiamenti e rappresentazioni nelle interazioni con gli altri. Nell’iniziativa sono coinvolte anche le famiglie e le associazioni tramite il Fonags (Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola) che raccorderanno le modalità di attuazione dei percorsi progettuali concernenti l’educazione alle relazioni con le esigenze e le osservazioni delle rappresentanze dei genitori.
Il percorso di 30 ore sarà svolto in orario extracurricolare, per tre mesi l’anno e l’adesione degli istituti potrà essere inizialmente facoltativa. Nel progetto è previsto il supporto occasionale di avvocati, assistenti sociali, organizzazioni attive nel contrasto alla violenza di genere e il coinvolgimento di testimonial vicini ai giovani come influencer, cantanti e attori. «Confrontarsi, far emergere i problemi e cercare di superarli. La scuola si occupa del fenomeno culturale e di combattere quel maschilismo ancora imperante nella nostra società che si manifesta a scuola, sul lavoro, per strada», ha affermato Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito, promotore dell’iniziativa.
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Fonte: Ministero dell’Istruzione e del Merito; foto di Olia Danilevich
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Nel caldo abbraccio della conoscenza, come le pesche maturano al sole, così l’educazione arricchisce la nostra mente e il nostro spirito. 🍑📚 Ogni pagina è un passo verso la scoperta, ogni lezione un boccone di saggezza.
Oggi celebriamo il potere dell’educazione e dell’apprendimento. Che siate insegnanti o studenti, ricordate che il vostro impegno e la vostra sete di sapere portano frutti dolci per tutta la vita.
Continuiamo a coltivare la nostra mente e a condividere la conoscenza con passione. L’educazione è la chiave per un futuro luminoso. ✨📖 #Educazione #Apprendimento #Saggezza
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🗓️📌 Milano, mercoledì 21 giugno, via privata Antonio Meucci 3, ore 21:
"📖 Il libro nero della Scuola"
Non solo il rapporto fra giovani, educazione, tecnologia e le sue conseguenze, ma Identità Digitale, sorveglianza e profilazione.
👉 Prendiamo in esame il caso del registro elettronico:
"In quella che Zuboff chiama l'era del capitalismo della sorveglianza, l'introduzione del registro elettronico nelle scuole, voluta in Italia da Mario Monti, sembra un ulteriore regalo ai Grandi della sorveglianza e del controllo [...] «Se i dati sono il nuovo petrolio, allora le scuole pubbliche sono il nuovo Texas» "
"La non obbligatorietà del registro elettronico è stata ribadita dalla sentenza n. 47241 del 21 novembre 2019 [...] Eppure, se un insegnante si rifiuta di utilizzarlo per salvaguardare la privacy dei propri studenti viene sanzionato."
"In altre parole, i dati delle migliaia di alunni che quotidianamente sono inseriti nei registri elettronici vengono trattati da Amazon, in Irlanda, per conto di un'azienda privata italiana, in assenza di una legge, di un Piano di dematerializzazione e di una approvazione da parte dell'Autorità Garante della privacy"
" «Il rischio forte di mettere a disposizione [...] dati importanti di bambini e di ragazzi raccolti in maniera sistematica, perché ricordiamo che non si tratta di un dato, ma della storia di un bambino o ragazzo che si forma, quello che gli accade, i suoi interessi...» "
Parliamone! Appuntamento mercoledì sera con l'autore del libro, Giorgio Matteucci. Non mancate 💥
⏰ Ore 19.30 Aperitivo / Ore 21.00 presentazione del libro e dibattito!
https://t.me/canalemiracolomilano
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