#Cyberbullismo
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“#Debate-me bros” are #manipulated to #swarmattack with perceived #impunity. The #results are #unsettling, this is a comprehensive #article addressing #cyberbullying.
https://halflifecrisis.com/hlc-articles/cyberbullying-research-its-distressing…
It #explores #polarization & #tendencies that start #online interaction with #insults.
#half life crisis#baqueroalvarez#authoritarianism#propaganda#trump#politics#kamala harris#please vote#vote democrat#cyberbullying#cyberbullismo#debate me#debatemebros#toxic relationship#toxic masculinity#2nd amendment#gun rights#gun control#trump lost#donald trump#fuck trump#trump 2024#president trump#trump derangement syndrome#truth#vote kamala#kamala 2024#kamala for president#election#twitter
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The most sensitive tumblr girlies will come in your inbox and tell you to kill yourself, like darling, you have five self diagnosed mental illnesses and three pronoun pins you bought for 30 each dollars on Esty, maybe you shouldn't try to cyberbully. A man got shot in front of my house this week, and that is a common occurrence every couple of months, I could die from male violence at any moment, I ain't killing myself, and you who can't make a phone call cannot bully me into it, why are we fighting sister when we could be fingering each other?
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First Poster
@chaeify(huh yunnies) and Dat1OrangeCatMan cyberbulling me edivence
#cyberbulling #cyberbullied
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Un ragazzo che non conoscevo se ...ammazzato soffriva di cyberbullismo
Io ne soffro da anni soffro di altre cose lui un idolo io nessuno non sono niente e non sarò mai niente appena mi tolgo da questo mondo voglio vedere se non sono nessuno...
Volevo essere ammirato invece niente
Mi sa che ricomincerò a tagliarmi...
E tutti muti io faccio cazzo mi pare il corpo e mio ....
Halloween sta arrivando e io non si come finirò....."forse rimarrò a casa" i malati a casa ....ricordiamolo che uno che a una malattia deve stare sempre a casa non può manco lavorare e cerco e nessuno risponde porco dio
Questo è l'inferno e spero di bruciare più che mai oggi morire e togliermi da questo mondo
Se mi a mazzate mi fate un favore a me e alla umanità grazie prego ciao
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Come banane
Siamo come banane perché siamo etichettati da chi ci conosce (o pensa di conoscerci) e a nostra volta etichettiamo chiunque e qualunque cosa, spesso anche a sproposito. Lo facciamo per comodità, perché la nostra mente ama le categorizzazioni al fine di non perdersi nella complessità e nella stragrandissima varietà che trovansi nell’universo.
Più etichettiamo e infiliamo roba (volti, eventi, situazioni, persone) nei nostri archivi mentali più c’illudiamo di aver chiarito e pulito i nostri pensieri e riordinato le nostre scale di valori, confermandole invece che confutarle con sani e spesso salvifici dubbi.
Le categorie, ovvero anche le tassonomie - elenchi più o meno esaustivi di cose, persone, animali, piante, santi, interessi e nemici di Salvini, marchi sponsorizzati dalla Ferragni, astri, colori Pantone, libri di Andrea Camilleri - hanno nell’antichità rappresentato lo scibile e dalle tassonomie di un tempo derivano anche le prime enciclopedie. Un paio di esempi - estremi - per tutti: Bouvard et Pécuchet (personaggi di un incompiuto romanzo di Flaubert che volevano categorizzare le conoscenze scientifiche e si ritrovarono a catalogare i luoghi comuni) e Linneo (celeberrimo e puntiglioso naturalista svedese).
Se Charles Darwin non avesse avuto la fissa di catalogare piante, insetti, animali, ciottoli, ossa, conchiglie e fiori sin da piccolo, noi non avremmo avuto la più completa e ragionata disamina delle dinamiche evoluzionistiche che hanno rifondato la filogenesi.
Anche le categorie che applichiamo agli umani (belli, brutti, intelligenti, superbi, cafoni, bizzarri e tanto altro) aiutano ad orientarci, quindi. Lo facciamo da sempre, da quando eravamo cavernicoli, onde evitare personaggi poco raccomandabili ed associarci a soggetti che - già allora - rinforzavano la nostra comfort zone e la nostra bolla, nel senso che non rappresenta(va)no minacce per la nostra sopravvivenza, fisica e psichica: gente simile a noi, che la pensava come noi, con gli stessi gusti gastronomici, e così via fino a categorizzarci per religioni, colore della pelle, politica, squadre di calcio, marche di caffè, pandoro o panettone.
Marc’Aurelio cominciò appunto con un piccolo elenco di personaggi da evitare nel suo A sé stesso.
Nulla di nuovo, pertanto, se abbiamo importato le categorie anche sui social, luoghi pieni delle cosiddette bolle, dove elenchi e selezioni di argomenti e persone vengono peraltro favoriti e/o aggravati da perversi algoritmi.
I social - non si sbaglia mai a ricordare che sono mezzi, come il telefono, la radio, YouTube - sono diventati un’estensione di noi stessi. Hanno ampliato la cerchia di conoscenze (l’amicizia è altra ed alta cosa) e le categorizzazioni risultano vieppiù importanti ed utili nel selezionare o farci selezionare le persone da seguire.
Proprio nel 2023 cade il ventennale della creazione di Facemash, il prototipo di Facebook, da parte di Mark Zuckerberg. Dal momento in cui venne messo in rete, questo totem dei social (ancora il più diffuso al mondo) ha creato una rete così vasta da diventare - virtualmente - la terza nazione più popolosa sul pianeta.
Pensate che Facebook - assieme agli altri social - ci abbia fornito amicizie e vero conforto? Ovviamente no. Seppur nati per mettere in contatto gente, i social sono diventati un palcoscenico personale, più che un salotto accogliente per chiacchierare amabilmente.
Un palcoscenico siffatto divora quotidianamente storie ed emozioni. C’è chi non sta al gioco al massacro delle proprie immagini, dei propri sentimenti (e della propria vita privata) e diminuisce lo sharenting (la condivisione parossistica) magari aspirando al ghosting (scomparire). C’è chi invece cerca spasmodicamente la ribalta: fare l’influencer diventa il sogno di chi un tempo aspirava a diventare facilmente famoso come calciatore (o moglie di)/cantante/attore/modella.
(Va da sé che diventare famosi come Astrosamantha - alias di Samantha Cristoforetti - non è impresa semplice, pertanto non risulta comunemente appetibile e l’astrofisica - la materia di studio, cioè - non riscuote lo stesso gradimento del gossip.)
Adesso si può diventare famosi semplicemente ossessionando la gente con le proprie immagini, con la propria quotidianità (non sempre esaltante e dorata) e - ahimè - anche con le proprie miserie umane.
Nasce mediante tali sistemi il fenomeno Kardashian, prototipo di vita spiata a favor di telecamera: famiglia famosa per la faccia da esibizionisti che hanno saputo mantenere negli anni.
Tuttavia, non tutti sono così abili con immagini e parole. Infatti, non tutti siamo diventati Kardashian o Ferragnez e tanti, pur di farsi notare, esagerano nell’esporsi, esagerano nelle parole e nei toni e nei filtri fotografici, sia sui social pubblici (Twitter, Instagram, TikTok), che sulle chat.
Lunga premessa - anche un po’ storica - per arrivare al tema: comportarsi nelle chat.
Ormai non possiamo più farne a meno: Whatsapp soprattutto, ma anche Telegram ci aiutano perfino al lavoro.
La cosiddetta comunicazione differita, tramite messaggi scritti, vocali e video, è il sistema imperante, avendo scalzato le telefonate. Il differimento ci fa sentire quasi onnipotenti, perché, nel momento in cui registriamo, il destinatario non può ribattere. Magari lo farà appena dopo, ma nel momento siamo noi, le nostre idee e soprattutto le nostre parole ad imporsi, in quanto non siamo costretti ad ascoltare l’interlocutore. Non ci piace ascoltare nessuno, se non noi stessi. (Fateci caso, anche nei talk-show televisivi: ci sono giornalisti che prima di fare una domanda all’ospite fanno comizietti di un quarto d’ora e l’ospite, poi, risponde spesso off topics, interessato solo alle proprie idee comunque sia.)
E poi c’è il filtro, la lontananza, il rapporto diadico tra noi e l’apparecchio, più che tra noi e il destinatario del messaggio. Così, inconsapevolmente aggiungiamo un sentore di arroganza in più a ciò che diciamo.
A dir la verità, molti aggiungono più che un sentore, guastando irreparabilmente la comunicazione, la quale diventa ostile.
E non ce ne accorgiamo mica. Liti, incomprensioni, bannamenti, ingiurie ed improperi sono sempre in agguato, dentro una chat o in un thread di Twitter: l’incomprensione è l’humus sul quale prolifica l’ostilità digitale.
Se si può, la situazione peggiora quando gli agenti (emittenti e destinatari) sono ragazzi, pre-adolescenti o adolescenti.
La strutturazione adolescenziale del Sé è faccenda complessa e nel Terzo millennio è diventata addirittura tragica. Si legge da più parti della debolezza psichica dei nostri ragazzi e ragazzini che non reggono il peso del giudizio del branco, fosse anche quella dei partecipanti alla chat della scuola/della palestra/dell’oratorio o gli spietati confronti di immagini su Instagram (dopo esserci smostrati a colpi di filtri, tipo Mona Insta in gallery).
Ci vorrebbe una materia di studio ad hoc, ma poiché non siamo in Norvegia (a scuola è previsto un corso educazione alla comunicazione digitale), dobbiamo correre ai ripari in autonomia.
Tuttavia, abbiamo un aiuto nel (densissimo) manuale scritto da Carlotta Cubeddu e Federico Taddia: Penso, parlo, posto (il castoro ed.), che abbiamo presentato sabato 11 febbraio 2023 nella sala ragazzi della Biblioteca provinciale (a Corso Europa) nell’ambito del Festival della letteratura per ragazzi organizzato dall’associazione Ebbridilibri, capitanata dall’infaticabile Marina Siniscalchi.
Carlotta ha intensamente interagito con il pubblico, ponendo domande insidiose per dimostrarci come la comunicazione digitale può essere pericolosa, ma ci ha anche insegnato a difenderci con le parole non ostili, come pure a non diventare banane.
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The fact that she got the nerves to type this with prime details,is crazy …your blocked and yall need to report this girl bc wtf …bc if it was her,she would’ve been on HOTZ but noo u woke up and decided to talk bad about someone whom was already ashamed about their body…and this is why people commit s*cide bc of people like you and I hope you know that and live with that …in fact u can burn with it .💋
Okay wait the fact that he’s confident enough to post this…💀 ain’t no way in hell-
Why is his belly button like thatttt😭😭
He’s a lil fat tho guys like than Matt or chris….
#stop bullying#sturniolo triplets#chris sturniolo#matt sturniolo#christopher sturniolo#nick sturniolo#sturniolo fanfic#nicolas sturniolo#cyberbullismo#stop cyberbullying#body shame
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Lizzie Velásquez: Una Vita Dedicata all’Attivismo e alla Lotta contro il Bullismo
Elizabeth Anne Velásquez, meglio conosciuta come Lizzie, è un esempio vivente di resilienza e attivismo. Nata il 13 marzo 1989 a Austin, Texas, questa giovane donna ha trasformato la sua esperienza di vita unica in una missione per ispirare gli altri e combattere il bullismo. La sua storia, caratterizzata da una rara condizione genetica e da sfide personali straordinarie, è una testimonianza del potere dell’attivismo nel generare cambiamenti significativi.
La Sfida della Malattia
Lizzie è nata con una condizione genetica estremamente rara conosciuta come sindrome dall’aspetto progeroide e marfanoide con lipodistrofia. Questa malattia le impedisce di accumulare grasso corporeo, mantenendo il suo peso corporeo al di sotto dei 29 chilogrammi per tutta la vita. Nonostante il suo aspetto unico e le difficoltà fisiche che affronta quotidianamente, Lizzie non ha mai permesso che la sua condizione definisse chi è o limitasse le sue ambizioni. Con una dieta rigorosa che prevede fino a 8.000 calorie al giorno e un atteggiamento determinato, ha affrontato la sua malattia con grazia e forza.
La Scoperta dell’Attivismo
L’attivismo di Lizzie è emerso come risposta al bullismo e al cyberbullismo che ha subito durante la sua adolescenza. Uno degli episodi più significativi è stato quando, all’età di 17 anni, un video su YouTube la definì “la donna più brutta del mondo”. Questo attacco devastante avrebbe potuto abbattere chiunque, ma Lizzie ha scelto di rispondere con forza e determinazione. Questa esperienza ha acceso in lei una passione per l’attivismo, spingendola a condividere la sua storia per sensibilizzare sul bullismo e promuovere la gentilezza.
Un’Autrice e Oratrice Ispiratrice
Lizzie è una scrittrice prolifica e un’oratrice motivazionale di fama internazionale. Tra i suoi libri più noti ci sono “Lizzie Beautiful: The Lizzie Velásquez Story”, scritto con sua madre, e “Dare to Be Kind”, una guida che esplora l’importanza della gentilezza basata sulle sue esperienze personali. Attraverso questi testi, Lizzie ha consolidato il suo ruolo di leader nell’attivismo contro il bullismo, incoraggiando le persone a vedere oltre le apparenze e a concentrarsi sulle qualità interiori.
Il suo celebre TED Talk, “How Do YOU Define Yourself”, è un manifesto di empowerment personale e un invito a sfidare gli stereotipi. Questo discorso ha avuto un impatto globale, raccogliendo milioni di visualizzazioni e ispirando persone di ogni età a ridefinire il proprio valore.
La Scienza Dietro la Sua Condizione
La malattia di Lizzie è stata oggetto di studi approfonditi, che hanno identificato una mutazione genetica nel gene FBN1 come causa della sua condizione. Questi studi hanno anche contribuito a migliorare la comprensione di altre malattie genetiche rare, sottolineando l’importanza della ricerca medica. Nonostante le sfide fisiche e mediche, Lizzie continua a promuovere l’attivismo, dimostrando che ogni ostacolo può essere trasformato in un’opportunità.
L’Influenza dei Suoi Valori
La fede ha giocato un ruolo cruciale nella vita di Lizzie. Crede fermamente nel cristianesimo e attribuisce la sua forza e resilienza alla preghiera e alla connessione con Dio. Questi valori sono centrali nel suo messaggio, rendendo il suo attivismo una missione non solo sociale, ma anche spirituale.
Dal Cyberbullismo al Successo Mediatico
Nel 2015, il documentario “A Brave Heart: The Lizzie Velásquez Story” ha fatto il suo debutto al South by Southwest Festival, narrando la vita di Lizzie e il suo viaggio verso l’attivismo. Questo film ha ulteriormente solidificato la sua posizione come figura ispiratrice e ha attirato l’attenzione su questioni cruciali come il bullismo e l’accettazione.
Lizzie ha anche condotto il talk show “Unzipped”, dimostrando ancora una volta la sua versatilità e il suo impegno nel sensibilizzare il pubblico. Attraverso i suoi libri, discorsi e apparizioni mediatiche, Lizzie continua a essere una voce potente nel mondo dell’attivismo.
Conclusione: Un Modello di Attivismo per Tutti
La vita di Lizzie Velásquez è una testimonianza di come il coraggio personale e l’attivismo possano trasformare le avversità in opportunità di cambiamento. Con la sua voce e la sua determinazione, Lizzie ha toccato milioni di cuori, dimostrando che l’aspetto esteriore non definisce il valore di una persona. Il suo impegno nell’attivismo ha non solo cambiato la sua vita, ma anche ispirato una generazione a essere più gentile, accogliente e resiliente.
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Tecnologia e Social Media: Come i Social Network Stanno Cambiando Comunicazione, Relazioni e Privacy. A cura di Alessandria today
I social media sono diventati parte integrante della vita quotidiana, trasformando il modo in cui comunichiamo, costruiamo relazioni e gestiamo la nostra privacy.
Giovani Cittadini del Web tra Opportunità e Responsabilità. Introduzione.I social media sono diventati parte integrante della vita quotidiana, trasformando il modo in cui comunichiamo, costruiamo relazioni e gestiamo la nostra privacy. Tuttavia, il loro utilizzo solleva questioni cruciali, come l’impatto sulla salute mentale, la diffusione di fake news e i rischi per la sicurezza dei dati…
#Alessandria today#alfabetizzazione digitale#benessere digitale.#bullismo online#cittadini del web#comunicazione digitale#comunicazione online#condivisione digitale#connessioni digitali#connessioni globali#Cyberbullismo#dipendenza dai social#Educazione Digitale#Fake news#Generazione Digitale#gestione dei dati#giovani e social network#Google News#impatto dei social media#impatto tecnologico#Innovazione digitale#Instagram#italianewsmedia.com#Libertà di espressione#nuovi media#opportunità digitali#pensiero critico#piattaforme social#Pier Carlo Lava#privacy e dati
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Guardare oltre lo schermo
Prevenzione e contrasto al fenomeno cyberbullismo: guardare oltre lo schermo per conoscere i limiti di atteggiamenti inappropriati PORTICI | CITTÀ METROPOLITANA DI NAPOLI – Nella Sala cinese della Reggia borbonica, sede del Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II, venerdì 29 novembre alle ore 9 è in programma il convegno Guardare oltre lo schermo: prevenzione e contrasto al fenomeno…
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#wattpad#storie#napoli#naples#mistery#omicidio#murder case#suic1de#suicideprevention#cyberbullismo#revenge plot#wattpad fic
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[Il ragazzo dai pantaloni rosa][Ciro Cacciola][Maria Francesca Rubino]
Andrea Spezzacatena: una storia vera che ti toccherà il cuore. Scopri come il bullismo ha spezzato la vita di un ragazzo di 15 anni e perché la sua storia continua a far parlare di sé
Bullismo e cyberbullismo: la storia di Andrea Spezzacatena ci insegna a non restare indifferenti Titolo: Il ragazzo dai pantaloni rosaScritto da: Ciro Cacciola e Maria Francesca RubinoEdito da: Graus EdizioniAnno: 2024Pagine: 150ISBN: 9791281710504 La sinossi di Il ragazzo dai pantaloni rosa di Ciro Cacciola e Maria Francesca Rubino Nel 2012, a Roma, Andrea Spezzacatena si tolse la vita dopo…
#2024#Andrea Spezzacatena#Arisa#bullismo#Ciro Cacciola#Claudia Pandolfi#cyberbullismo#Eagle Pictures#fiction#Graus Edizioni#Il ragazzo dai pantaloni rosa#Italia#LGBT#LGBTQ#libri gay#Margherita Ferri#Maria Francesca Rubino#Narrativa#narrativa italiana#Roberto Proia#Roma#Teresa Manes
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Donne nascoste: la malattia difficile da svelare
Tra le donne più isolate e quindi più nascoste ci sono quelle affette da disturbi mentali. Ancora oggi vi sono famiglie che si vergognano della condizione delle loro figlie e le inducono a sentirsi in colpa. Se la famiglia non le sostiene loro non chiederanno aiuto e anche se potranno farlo tanto non basterà a salvarle dalla direzione a senso unico verso la quale vergogna e colpa le conduce. Vi…
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Come riconoscere e difendersi dalle aggressioni digitali
Come riconoscere e difendersi dalle aggressioni digitali? Nell'era digitale in cui viviamo, l'accesso costante ai dispositivi tecnologici ha portato con sé nuove forme di aggressioni, specialmente tra i più giovani. Le aggressioni digitali possono assumere diverse forme, tra cui cyberbullismo, stalking online e altro ancora.
Come riconoscere e difendersi dalle aggressioni digitali? Impara a identificare i segnali di cyberbullismo e scopri le strategie per difenderti dagli aggressori online
È fondamentale saper riconoscere questi comportamenti dannosi per poter intervenire il prima possibile in modo da evitare che possano degenerare a provocare conseguenze deleterie. In questo articolo, esploreremo come individuare e affrontare le aggressioni digitali, offrendo consigli pratici e strategie di difesa.
Cos'è un’aggressione digitale?
Le aggressioni digitali si verificano quando una persona utilizza i mezzi digitali per danneggiare, molestare o minacciare gli altri. Queste azioni possono avere gravi conseguenze emotive e psicologiche sulle vittime. Un’aggressione digitale può manifestarsi in vari modi, ad esempio con messaggi minacciosi, divulgazione di informazioni private, diffusione di notizie false e altro ancora.
Quali sono i segnali di un’aggressione digitale?
È importante essere consapevoli dei segnali che ci arrivano da parte di una vittima. Spesso sono non molto evidenti perché la vittima cerca in tutti i modi nascondere il proprio stato d’animo. Alcuni di questi segnali includono: - Cambiamenti nel comportamento: Se una persona diventa improvvisamente ansioso oppure diventa riluttante nell'utilizzare i social media o altri mezzi digitali, potrebbe essere un segno di aggressione online. - Riduzione dell'autostima: Le vittime di aggressioni digitali possono manifestare una diminuzione dell'autostima o una maggiore ansia riguardo alla propria immagine online (di questa specifica conseguenza ne parleremo in un prossimo articolo). - Isolamento sociale: Gli adolescenti (ma non solo loro) che subiscono un’aggressione online possono ritirarsi dal contatto sociale o cercare di evitare situazioni in cui potrebbero essere esposti a ulteriori attacchi.
Come difendersi dalle aggressioni digitali?
Confidarsi Parlare con un adulto di fiducia è sempre la prima cosa da fare. Per esempio, un genitore, un insegnante o un consulente scolastico. È altresì vero che queste figure non possono pretendere che i giovani si rivolgano a loro in modo automatico. Bloccare e segnalare: Gli adolescenti dovrebbero essere incoraggiati a bloccare e segnalare gli aggressori sui social media e altre piattaforme online. Questo può aiutare a interrompere il comportamento dannoso e proteggere la vittima da ulteriori attacchi. Coltivare consapevolezza digitale: Gli educatori e i genitori possono svolgere un ruolo fondamentale nell'insegnare agli adolescenti l'importanza della consapevolezza digitale. Questo include l'educazione sulle conseguenze delle loro azioni online e l'adozione di comportamenti responsabili e rispettosi nei confronti degli altri utenti.
Conclusione
Le aggressioni digitali rappresentano una seria minaccia per la salute mentale e il benessere delle vittime. È fondamentale educare gli utenti su come riconoscere e affrontare queste forme di abuso online, nonché fornire loro le risorse e il sostegno necessari per difendersi. Con la consapevolezza e le strategie adeguate, è possibile creare un ambiente online più sicuro e rispettoso per tutti.
Note finali
E siamo arrivati alle note finali di questa guida. Come riconoscere e difendersi dalle aggressioni digitali. Ma prima di salutare volevo informarti che mi trovi anche sui Social Network, Per entrarci clicca sulle icone appropriate che trovi nella Home di questo blog, inoltre se la guida ti è piaciuta condividila pure attraverso i pulsanti social di Facebook, Twitter, Pinterest, Tumblr e Instagram per far conoscere il blog anche ai tuoi amici, ecco con questo è tutto Wiz ti saluta. Read the full article
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Bullismo e cyberbullismo: i carabinieri incontrano gli studenti di Magione A seguito della Giornata Nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo, istituita dal Ministero dell'Istruzione nell'ambito del contributo annualmen...
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Un nuovo post è stato pubblicato su https://www.staipa.it/blog/la-tua-cattiveria/?feed_id=1276&_unique_id=65a7bee0d416a %TITLE% Sempre di più, sempre più spesso si stanno ripetendo eventi di questo genere in rete. Si tratta di Cyberbullismo. Non è molto diverso da quello di cui ho parlato in passato (https://short.staipa.it/4bdv2) e sui cui temi, per chi lo volesse, propongo anche qualche evento su chiamata (https://short.staipa.it/zswjq). Il solito trito e ritrito bullismo di cui tutti hanno sentito parlare un milione di volte e di cui tutti sanno l'esistenza pur se spesso lasciandolo proseguire per inerzia. C'è qualcosa di diverso però da come era il bullismo qualche anno fa, perfino di come era il Cyberbullismo, anni fa. La differenza sostanziale è che tu che stai leggendo, io che sto scrivendo, il giornalista di turno, perfino il telegiornale, perfino la paginetta social del paesino locale non sono più solo complici silenziosi che stanno a vedere e non muovono un dito e che stando zitti permettono all'atto di bullismo di procedere. Tu che stai leggendo, io che sto scrivendo, i media, chiunque condivida, discuta, rielabori, scriva su alcuni temi, ci trasformiamo direttamente nei carnefici inconsapevoli, nei bulli più o meno consapevoli. Non sfogando la nostra rabbia, frustrazione, o giudicando qualcuno, ma anche solamente discutendo e riportando la notizia in un luogo virtuale dove altri ne abbiano accesso. O commentandola. Non mi metterò a riportare i casi, tanto chiunque stia leggendo avrà in mente cosa è accaduto in questi giorni, o avrà in mente casi passati o futuri quando questo articolo verrà riletto, e varrà così fino a quando questo articolo diventerà totalmente incomprensibile. Se questo avverrà (e non avverrà) vorrà dire che il fenomeno sarà scomparso e che le persone avranno imparato ad usare consapevolmente queste tecnologie. Quello che accade è che un evento, una situazione, un commento, una foto, un video diventano improvvisamente virali, diventano improvvisamente di pubblico dominio in una maniera dirompente -l'affermazione corretta sarebbe "diventano disruptivi"- questo genera una pioggia di commenti, spesso da persone che criticano e giudicano la situazione, e questo ne amplifica la visibilità. Ne parlavo paragonando questo genere di fenomeni alla vita del vecchio bar di paese quando scrivevo de La percezione della realtà nei social (https://short.staipa.it/6p4y1). In qualche modo si può pensare che questo sia un meccanismo normale, solamente ingrandito dalla presenza su Internet, e dalla condivisione sui social, ma è così solo in parte. Se ci limitiamo a questo assunto ci sentiamo assolti in molti. Troppi perché si possano comprendere e mettere nella giusta prospettiva alcune situazioni e finiamo quasi sempre per derubricare i casi eclatanti, come i suicidi di chi ci finisce in mezzo, a fatalità, a colpa degli haters, o a colpa di animi fragili che in qualche modo hanno finito per cercarsela. Assolverci ci fa sempre sentire bene, ci fa sentire un po' migliori dei colpevoli che ci circondano, se poi riusciamo a sentirci migliori anche delle vittime il bias è fatto. Cosa sfugge in questo ragionamento semplificato? Sfugge che ognuno di noi ha un ruolo. E se prima dell'era dei social i ruoli potevano dividersi in vittima, bullo e osservatore e la bilancia poteva (e doveva) essere regolata dai numerosi osservatori, ora tutto è molto più complesso. I ruoli sono diventati almeno tre: vittima, bullo, condivisore, osservatore. Posto che io non sto scrivendo in questo momento né alle vittime, né ai bulli, il difficile è scegliere come posizionarsi tra gli ultimi due ruoli, il condivisore e l'osservatore. Per farlo è necessario comprendere meglio come funzioni oggi il veicolare delle notizie. Intanto i due ruoli: Condivisore: si tratta di chi (volontariamente o meno) contribuisce al fatto che una determinata notizia diventi virale (disruptiva) Osservatore: si tratta di chi vede la notizia e la lascia passare senza schierarsi, condividere, opporsi o sfruttarla in qualche modo
I social network (ma anche i media tradizionali come la televisione e i giornali) campano su quello che ritengono essere di interesse dei loro utenti. Se si parla molto di qualcosa, quel qualcosa viene amplificato maggiormente per produrre guadagni da quell'audience. Non importa come se ne parli, ma importa che se ne parli. Questo dovrebbe essere il primissimo elemento che dovremmo avere in testa quando ci approcciamo a determinate notizie. Condividi la notizia? Stai dicendo che vuoi che se ne parli di più. Commenti la notizia? Stai dicendo che vuoi che se ne parli di più. Metti una reazione sulla notizia? Stai dicendo che vuoi che se ne parli di più. Commenti criticando la vittima? Stai dicendo che vuoi che se ne parli di più. Commenti criticando i bulli e difendendo la vittima? Stai dicendo che vuoi che se ne parli di più. Non condividi, non commenti, non metti reazioni? Stai dicendo che quel tema è di scarso interesse e non ti interessa se ne parli. Bada bene, non stai dicendo che non vuoi che se ne parli, ma solo che non è di tuo interesse. Non solo, ti stai spostando dalla parte dell'osservatore, di quello che vede ma non si schiera e non difende la vittima. Il problema è tutto qui. Se un tempo l'osservatore poteva in qualche modo diventare difensore, nella attuale situazione di uso dei social network l'osservatore può quasi solo peggiorare la situazione o lasciarla tale. Perché anche commentando per difendere la vittima il rischio è quello di scatenare ulteriori visualizzazioni, ulteriori bulli, ulteriori haters. E quindi? Meglio fingere che nulla stia accadendo che schierarsi per difendere qualcuno? Io non ce l'ho una risposta e probabilmente di volta in volta, di caso in caso io stesso scelgo un comportamento differente perché anche avere una risposta prefissata sarebbe una semplificazione scorretta. Il pensiero critico, l'uso consapevole della tecnologia, non hanno necessariamente una risposta univoca ma sono una ricerca di un modo diverso di pensare e di ragionare, appunto maggiormente consapevole. Scegliere un'azione nella consapevolezza di quali conseguenze questa azione possa portare e non lasciandosi trasportare dal puro impeto del momento. Quello che resta è che è anche colpa nostra quando qualcuno lontano si uccide, o anche solo soffre, a causa della nostra partecipazione alla viralità -disruptività- di una notizia che lo riguarda. È importante esserne consapevoli, è importante rendersi conto che la goccia nell'oceano, funziona nel bene, ma funziona anche nel male e se tante gocce se ne stessero semplicemente zitte, talvolta, qualcuno potrebbe non morire.
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