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Quando traduco dall'inglese all'italiano a volte mi scontro con neologismi finto-inglesi che rendono tutto più complicato. Avete presente il 'baby parking'? TRASCRIZIONE [ENG translation below] Non mi piace fare la spocchiosa, a meno che non mi si chieda espressamente non correggo mai la pronuncia inglese delle persone. Però è inevitabile che essendo laureata in lingue ed avendo vissuto 23 anni in Australia, e avendo lavorato soprattutto in Australia sempre in professioni che richiedevano l'uso della lingua inglese, non posso fare a meno di notare alcune anomalie che diventano un problema quando devo tradurre qualcosa, soprattutto quando devo tradurre un concetto che in italiano viene descritto usando a sproposito un termine inglese. Ora non parlo di quei termini che noi ci siamo inventati e che nella lingua inglese non vengono usati, tipo pullover che noi usiamo per dire maglione, ma che in inglese significa tirare su, oppure il modo in cui noi usiamo la parola mister che in inglese significa semplicemente signore che noi invece usiamo come l'allenatore del calcio, o lo smoking, che in inglese significa semplicemente l'atto di fumare. No, parlo di espressioni che noi abbiamo in qualche modo boh, che ci siamo inventati di sana pianta e che in inglese proprio non vengono usate per niente. Pensate un po' come si usa il body, body in inglese significa corpo, per noi invece è la tutina che si usa per fare attività, attività di ginnastica. Oppure quando noi ci riferiamo a uno spot, se io dico spot tutti pensano lo spot pubblicitario, in inglese spot vuol dire macchia, o addirittura il water, il gabinetto. Water immagino che sia la parola inglese che significa acqua, che viene pronunciata water, però vabbè, ripeto questi sono casi che sono entrati ormai a far parte della lingua italiana, nel bene e nel male, e la lingua è un essere vivente, quindi si evolve. No, oggi mi sono confrontata con la traduzione di childcare, un childcare particolare, sono quei posti dove chi va in piscina a fare ginnastica ecc. lascia il bambino, la bambina per il tempo necessario, qualcuno glielo guarda. Ecco, in italiano questa cosa qua si chiama baby parking, che il parcheggio dei bambini. Io come faccio a tradurre childcare con baby parking? Io non ce la faccio. Io lo so che in Italia si usa, ma è una cosa orribile un parcheggio infantile e i bambini non sono dei pacchi che si parcheggiano, anche perché chi offre questo servizio mette a disposizione personale qualificato. Non va bene, bisogna che ci inventiamo qualcos'altro. Non mi piace il baby parking. Io non lo traduco baby parking, mi rifiuto. TRANSLATION I don't like to be snooty, and unless I'm specifically asked, I never correct people's English pronunciation. However, it is inevitable that having a degree in languages and having lived 23 years in Australia, and having worked in Australia always in professions that required the use of the English language, I cannot help but notice some anomalies that become a problem when I have to translate something, especially when I have to translate a concept that in Italian is described using an English term inappropriately. Now, I'm not talking about those terms that we have made up and that are not used in English, such as pullover that we use to say sweater, but in English means to pull over, or the way in which we use the word mister which in English simply means sir but we instead use is for football coach, or smoking, [tuxedo] which in English simply means the act of smoking. No, I'm talking about expressions that we somehow have IDK, made up from scratch and that in English are not used at all. Think about how to use body [leotard] in English means body, for us instead it is the onesie that is used to do activities, gymnastic activities. Or when we refer to a spot, if I say spot everyone thinks of the commercial, in English spot means stain, or even the toilet bowl, the water, water I guess is the English word that means water, which is pronounced /ˈwoːtə/, but oh well, I repeat these are cases that have now become part of the Italian language, for better or for worse, and the language is a living being, so yes it evolves. No, today I dealt with the translation of childcare, a particular childcare, those places where people going to the pool to do gymnastics etc. leave the child for the necessary time, and someone is taking care of them. Here, in Italian this thing here is called baby parking, which is a parking lot for children. How do I translate childcare with baby parking? I can't do it. I know that it is used in Italy, but it is a horrible thing to park children, children are not packages to be parked, also because those who offer this service make qualified personnel available. It's not good, we need to come up with something else. I don't like baby parking. I won't use baby parking, I refuse.
#3minutigrezzi#babyparking#body#childcare#gabinetto#linguainglese#linguaitaliana#micropodcast#mister#paroleinglesi#podcast#pullover#smoking#spot#traduttrice#traduzioni#treminutigrezzi#water
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Va bene che devo imparare... ma sto comunque traducendo un testo medico! IO VOGLIO ESSERE PAGATAAAA
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Questa cosa mi fa ancora sorridere, evidentemente se non sei lucida e parli con un po' troppo entusiasmo di un farmaco usando termini come 'allucinazioni fighissime' quel farmaco viene bannato e ora appare come allergia
Stilnox non ti preoccupare i nostri destini si incroceranno di nuovo un giorno ♡
#all'epoca scrissi un post su tumblr perché ero convinta che fosse scoppiata la terza guerra mondiale#e che i russi mi volessero come traduttrice
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oddio veramente volevi fare il coiffeur se non facevi il calciatore ti prego vieni a tagliarmi la frangia che ce l'ho un disastro
#.........davvero gli voglio un bene dell'anima lasciatemi stare#tra l'altro su dazn i sottitoli dicono: barbiere#idk are u pressed or. perché mica è solo barbiere#va bene stendiamo un pietoso velo direi.#gliel'ha pure dovuto mimare..........ma posso farla io la traduttrice kjvhgds santocielo
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La nostra voce è la nostra difesa: un viaggio poetico dal campo profughi alla speranza
Un libro che unisce voci e speranze, tradotto e raccontato da Angela Kosta
Un libro che unisce voci e speranze, tradotto e raccontato da Angela Kosta Quando si tiene tra le mani il libro La nostra voce è la nostra difesa, non si tratta solo di leggere poesie: è un viaggio nelle emozioni, nei dolori e nei sogni di giovani autori che vivono in condizioni estreme nei campi profughi del Malawi. Grazie alla traduzione e all’impegno di Angela Kosta, questa raccolta è molto…
#Africa#Alessandria today#Angela Kosta#Angela Kosta traduttrice.#AYAP#campo profughi Malawi#Charles Lipanda Mahigwe#Creatività#Critica letteraria#Cultura#cultura globale#Emozioni#empowerment#Futuro#giovani autori emergenti#giovani poeti#gioventù#Google News#Inclusione#italianewsmedia.com#Letteratura africana#Letteratura sociale#Lettura#Libertà#Pace#Pier Carlo Lava#Poesia#POESIA BILINGUE#poesia contemporanea#poesia e società
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Mariana Tudorache. Insieme a lei parliamo di Mihai Eminescu, Ioan Slavici e Florence Macleod Harper. Intervista alla traduttrice
Mariana Tudorache Insieme a lei parliamo di Mihai Eminescu, Ioan Slavici e Florence Macleod Harper Intervista alla traduttrice di Giuseppe Iannozzi Mariana Tudorache ha tradotto tre libri di grande pregio letterario e poetico: “Amando in segreto” di Mihai Eminescu, “Il mulino della fortuna” di Ioan Slavici e “Addio Russia! Una testimone della rivoluzione del 1917” di Florence Macleod Harper.…
#Addio Russia! Una testimone della rivoluzione del 1917#Amando in segreto#Florence Macleod Harper#Giuseppe Iannozzi#Il mulino della fortuna#intervista alla traduttrice#Ioan Slavici#LdM Press#Lorenzo de’ Medici Press#Mariana Tudorache#Mihai Eminescu
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non io che impazzisco per l’italiacano con cui scrive l’unica anima pia che ha passato tutti gli appunti di letteratura inglese sul gruppo dell’uni
#hai la mia ammirazione per la tua magnanimità#ma i al posto di gli non si può vedere#ed è il problema minore#ma vabbene lo stessoooo#se voglio fare davvero la traduttrice in futuro è tutto allenamento
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Intervista a Federica Bruniera, traduttrice e nomade digitale
NUOVO ARTICOLO! Oggi ti propongo un nuovo formato che spero possa essere interessante e continuare nel tempo! INTERVISTA A FEDERICA BRUNIERA, TRADUTTRICE E NOMADE DIGITALE! #federicabruniera #nomadismodigitale #traduzione
Ho conosciuto Federica girovagando su Instagram e cominciai a seguirla perché faceva proprio quello che voglio fare io: tradurre e viaggiare. Al Salone del Libro di Torino 2022 ho avuto il piacere di conoscerla di persona e ne sono stata felicissima! Mi sembrava quindi interessante proporle un’intervista sulla sua storia, di traduttrice e viaggiatrice, per far conoscere meglio Federica e il suo…
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Ho ragionato che in italiano sarebbe cacanza anziché vacanza e rido ancora di più.
Per la rubrica "menomale che rileggo": ho scritto più volte in un'email "cacation" anziché "vacation". Rileggendo ho riso tantissimo e li ho corretti tutti.
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Basta una parola
Scriveva Abatelunare, una decina di giorni fa, che spesso leggendo un libro si imparano delle parole nuove, e faceva riferimento a un toscanismo: costassù, trovato in una vecchia versione de Il ragazzo di Sycamore di Erskine Caldwell.
A me occorre poco, appena una parola, per impantanarmi in una serie di percorsi da cui poi faccio fatica a uscire; così è stato anche questa volta.
Infatti, in sintesi:
Da toscano conosco e uso la parola costassù, così come anche gli altri avverbi costì, costà, costaggiù; ricordo bene come, una decina di anni fa, me ne chiese il significato una collega, di madrelingua inglese, da poco arrivata a Siena.
Più di recente, saranno passati tre o quattro anni, durante una lettura condivisa de La vita agra del grossetano Luciano Bianciardi, le due amiche con cui leggevo, una di origine siciliana ma da anni a Napoli, l'altra veneta, mi chiesero lumi su due strane parole in cui si erano imbattute in quel testo: costì e costassù.
Ho chiesto ad Abatelunare chi avesse tradotto il libro, sospettando appunto un toscano, e mi ha indicato Marcella Hannau. Il mio sospetto era ben fondato, anche se non corretto, perchè la Hannau era nata a Trieste ma ha avuto frequentazione lunga e anche intima con la Toscana.
Le ricerche fatte mi hanno portato subito in ambiente fiorentino; la Hannau, traduttrice dall'inglese di oltre una settantina di libri, figlia di uno stakholder della Standard Oil, di famiglia ebraica, sposò molto giovane [nel 1921] Corrado Pavolini, nato a Firenze: regista, drammaturgo, critico letterario, poeta, librettista e traduttore. Corrado era figlio del professor Paolo Emilio, traduttore e docente universitario di Sanscrito, nato a Livorno da padre dell'isola d'Elba. La coppia frequentava l'ambiente culturale italiano del tempo: ci sono ad esempio foto degli anni '30, sulla spiaggia di Castiglioncello, sempre in Toscana (Livorno) in compagnia di Luigi Pirandello, Nicola De Pirro, Marta Abba, Maria Stella Labroca e Silvio D'Amico; le due famiglie, Hannau e Pavolini, frequentavano spiaggia, locali e ville di amici nella zona, già dalla fine degli anni 10 dello scorso secolo.
Corrado Pavolini era il fratello del gerarca fascista Alessandro, Ministro della Cultura Popolare e segretario del Partito Fascista.
Alessandro si rifiutò di aiutare il fratello e la cognata Marcella nel momento della promulgazione delle leggi razziali e Corrado e Marcella scapparono a Cortona (Arezzo) rifugiandosi nella villa dell'amico Debenedetti. A Cortona trovarono un buon nascondiglio anche gli Hannau, i genitori di Marcella, a cui offrì riparo il Vescovo, Monsignor Franciolini, direttamente nella sua abitazione.
Cortona piacque così tanto alla coppia Pavolini-Hannau che fecero della villa "del Bacchino" un loro punto di riferimento a guerra finita e poi, dal 1961, la loro residenza. Ecco come, con tutte queste frequentazioni toscane, la Hannau abbia potuto utilizzare parole ancora in uso nell'italiano del tempo, adesso segnalate dalla Treccani come semplici "toscanismi" vista la loro odierna più ristretta circolazione.
Restano da citare, in questi miei giri intorno alla coppia, due notiziuole "rosa": l'infatuazione per Corrado Pavolini, prima da parte di Anna Maria Ortese, poi di una sua carissima amica, Helle Busacca. [Interessante e rivelatrice questa pagina di Dario Biagi]. Su questo ramo della ricerca mi sono fermato, perché infiniti altri percorsi mi si sono aperti, relativi ai personaggi della cultura italiana dell'epoca e dei loro rapporti di amicizia, rivalità od odio.
Nonostante le ricerche sul web, non sono riuscito a trovare informazioni certe sulle date di nascita e di morte di Marcella Hannau; ho pensato allora di utilizzare il Copilot di Microsoft Bing. L'Inintelligenza Artificiale si è data da fare ma le date che cercavo non me le ha recuperate; in compenso ha tratteggiato un profilo, sintetico ma efficace, del marito Corrado. Peccato, però, che, da brava Inintelligenza, si sia confusa e abbia scritto i dati relativi ad Alessandro Pavolini, il gerarca titolare del MinCulPop e Segretario del Partito Nazionale Fascista, che fu processato per collaborazionismo, fucilato e poi esposto, insieme a Mussolini e alla Petacci, a Piazzale Loreto...
*Aggiornamento del 29/03/2024: Corrado Pavolini e Marcella Hannau riposano ora l'uno accanto all'altra nel piccolo cimitero del Torreone al sommo della collina di Cortona.
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[Chapter 52] Seeing the World Through Ballistic-Tinted Glasses
He was shorter than you would've expected, shorter than any trainer you've had before. Even stood next to Price, he looked nearly half his size. You could easily match his height with a better pair of shoes than your running sneakers. A decent night's sleep made you bright-eyed and eager to learn, a sentiment Price seemed keen to share, catching a glimpse of a confident smile under his moustache. For the time being you were taking in as many visual clues as possible as to who this prescribed instructor was. A tight-fitting moss-coloured tee clung to lean muscles on a slender frame, definitely not a soldier per se, but unquestionably some kind of martial arts instructor. Roughly your age, with deeply rooted smile lines etched into his cheeks.
"Sergeant Grant, this is Lorenzo. Lorenzo, Sergeant Grant. You'll be spending the next few weeks together," Price's voice boomed over the tile toward you.
"It's a pleasure to meet you, sergeant," Lorenzo spoke in a thick Italian accent, rocking on his heels as he spoke.
"It's nice to meet you as well," the words flowed easily as you stood before the two men, the rest of your comrades sat just past them at the same tables you had spent the night before. "-And just Lua is fine."
From the corner of your eye, you saw a skeletal mask rise from whatever he was doing as you spoke those words. Lorenzo smiled sweetly when you approached, pulling you into a handshake that shook your entire body. With an upturned palm he led you through a pair of swinging doors that bridged the common room to the outdoor courtyard, not wasting time with further introductions. Gleaming sunlight caught on fresh puddles that made your pupils strain to adjust to the change of lighting. At least the air was fresh, sticky with dew. It still smelled of warm rain on damp concrete and grass from the recent showers Gaz so kindly noted the night before.
"Do you speak my language?" He spoke as you walked,
"Like a two-year-old," you lamented, "nothing beyond the bare minimum."
He hummed in thought as he pressed further into the sunny turf, taking his time to consider his words as an unsteady silence wedged between you. From where you stood, there were buildings on either side of you, like a horseshoe of concrete and plaster enclosing you into a broad grassy courtyard. The opening that didn't directly lead to a glass window or brick wall led to the damp tarmac where bustling aircrew scurried like ants to ferry jets and trucks to their allocated spaces.
"You captain said you're like a kind of traduttrice," he spoke with an air of certainty despite his fractured knowledge of the language.
Of course Price speaks fucking Italian. He seems to speak a little bit of every language, to the point where it makes you wonder why you're even on the team to begin with.
"A linguist. Like a translator, just with a few extra steps," you corrected awkwardly, raking your eyes over the lush trees that fenced the grassy plaza offering shade for rich soil.
"Linguist, Linguist," he trailed off, rolling the word over his tongue as if to taste it. "You're like a songbird- la uccellino, singing different songs and chirping them back to your officers."
"That's one way of putting it," you shrugged, returning your gaze back to his.
It gave you a chance to consider his appearance further. Rich olive skin made him look like he belonged in an oil painting, and brown curls hooked and looped atop his head in messy locks. He wasn't hard on the eyes, definitely the kind of man you'd see on the cover of one of those 10-cent romance novels you see at thrift shops. And something about his easy grin said he knew it.
"Let us begin?"
"Here? In the yard?" You jested, uncertainty reverberating through your system as if he'd just delivered a punchline.
"Rule one: combat doesn't consider your comfort," he said, slapping his hands together in a clap as he spoke, rolling his neck around his shoulders.
"But… does the first lesson have to be in the mud?" Only after the words passed your lips did you realize how whiny you sounded.
"Okay, we can just talk then," Lorenzo smiled sweetly, meeting you with hazel eyes.
"Thank you," you said, folding your arms over your chest as the chilly morning air crept over exposed forearms.
"Okay, Uccellino. See how your feet are shoulder-width apart?" He stepped closer, meeting your eye level.
Your eyes followed his pointed finger as it led you to correct your stance, but just as your gaze caught your feet, a flash of movement caught you by surprise. In an instant, an explosion of pressure hit your shoulder, one that you quickly identified as you being hurtled to the ground. His boot had swiped out your feet from under you, toppling you to the ground like a sack of rocks. Sunlight suddenly beaming in your face, paired with cruel gravity and searing pain made you wince. Cool mud from a rainy night before squelched under your shoulder, seeping through your shirt and caking into your hair as you wrestled against gravity.
That's when you heard your peanut gallery chuckling in the background. A flick of your eyes showed your four comrades watching this trainwreck unfold in a matter of seconds. The world had only just stopped spinning when you caught their playful judgement, but the horror of their scrutiny was overruled by your attacker's approach. Lorenzo extended his hand down to you, inviting you to help yourself back up to your feet. It took half a mind not to slap it away, rejecting his corny training style.
"You lied," you barked, slapping your hand against his as you hoisted yourself back upright.
"Rule two: don't trust anyone," he let his grip on your hand slip, making your tailbone collide with the damp mud again.
You swung your ankles behind you, leaning forward to bring yourself upright on your own, but a boot on your hip sent you toppling back down. Cool mud squished between spread fingertips, blowing away stray hairs with an exasperated breath. The peanut gallery dispersed, catching them sauntering away toward the tarmac on the horizon. Another flash of movement commanded your attention back to the figure before you, reflexively wrenching your body to catch an incoming kick from hitting your side. Recently pristine pants chafed and dragged over your thighs, forming leaded weights restricting explosive movement.
"Do you think the only time someone'll attack you is when you're on satin pillows and sheepskin?" he called down to you playfully after you thwarted his initial kick. "No—the real combat happens when you aren't ready for it. It's dirty and unpredictable, and it always will be. Even when you're training."
"How am I supposed to train if you won't even let me get back to my fucking feet?" You spat, offence clouding your vision along with the slurry of muck.
"That's not my problem," he sighed, circling around you like a vulture. "It's yours," his passing shadow suggested he was keen for another strike.
"That's not fair, attacking me when I'm already down," the words came out like a roar, clawing for control over cruel gravity that insisted you surrender.
"It's the best time to attack someone, really," his shadow lurched into yours.
Your legs sprung forward when a clenched fist tried to grip the back of your slippery shirt, instincts compelling you to resist his grapple at all costs. Seconds fluttered past in a blur. Unsteady ground resisted your attempt to understand your footing, forcing the terrain to serve as an additional opponent in this fight. There wasn't enough breath in your lungs to allow you to leap to bring him down with you like you wished you could.
"So is this what you teach? Brutality?" you roared.
"I teach survival. 'Doesn't have to be pretty, Uccellino," his accent rolled his words, swinging on squishy footing to aim another shot at your side.
"Whatever helps you sleep at night," you grunt with a tight jaw restricting your enunciation.
"My beloved mother used to say, 'Every knock is a boost,'" he sang as his boot connected just below your shoulder blade.
You cried out in pain, and for a moment all the world's colour was replaced with darkness. Blooming heat radiated from where he'd struck, forcing all remaining air from your lungs. It made you gasp and gape for air like a fish out of water.
"I doubt your mother has ever had to deflect a kick to the kidney laying flat on her back in the mud," you chirped back with a fractured voice, creaking from your strain for oxygen.
Finally, an explosion of movement and sheer willpower brought your feet to swing below you, rising from a crouch on shaky posture. It could have been his mercy, but you'd prefer to recognize it as you finally getting ahold of yourself. Crisp air on damp skin did an excellent job at cooling superheated muscles when you finally had the opportunity to find precious moments without an incoming smite. Your head spun, even when you tried to shake away the fog that came with standing upright too quickly.
"Rule Three: Use your size to your advantage, Uccellino. You're no brute like your comrades," Lorenzo gestured for you to lower your stance with a downward-turned palm.
"You're just making these rules up as you go, aren't you?" you muttered, turning on your heels to face him as he began to pace around you again, eagerly.
"Let the attackers' momentum do the heavy lifting, and you're just here to guide them along," his words and actions clicked in your mind, and he hopped into a jolt toward you.
Where his fists initially collided with the fabric material just below your collarbone, you instead deflected his grip with your forearm, swaying your torso low to steady your balance. In a show of repurposed kinetic energy you guided his advancements past you, planting the heel of your palm on the back of his shoulder to steer him away. With your posture lowered, it meant your center of balance was low- lower than someone who had height over you. Low enough to regain composure quickly enough to strike back, slamming your shin into his spine as he stumbled from your diversion. His grunt turned into a laugh as he turned back to you, responding your well-placed strike with a pleased smile that flickered to a wince.
It was a valuable lesson, a unique trait of your stature. One that was never taught to you expressly taught to you in generalized training that came with your enlistment. Laswell did indeed mention that you wouldn't be expected to see combat, but the field has regularly put you closer to the action than you're used to. The threat of violence is just the new norm now, and it's past your time to adapt. Part of you made you hate the fact that Ghost was right about one thing, but the other part of you wanted to deny his correctness altogether, opting to declare it your own discovery.
Training went on for a time, possibly another hour considering the sun's angle. It was no use looking at your wristwatch; it was caked with a thick layer of mud thanks to Lorenzo's avant-garde teaching style. By the time he called it, you found yourself cradling muscles you didn't even know existed in your body. Sweet spit had pooled in your tongue and messy hair made you look like a wraith. The thought of what passers-by might be thinking had never crossed your mind since your comrades left, but the few passing soldiers in tight formations seemed too thoroughly drilled to turn their heads to observe fully. However, that didn't stop brief glances.
Initial outrage and a damaged ego translated to an unexpected bump in confidence once you started getting the hang of your instructions. Learning always felt so rewarding, especially when it's on your own terms. Bidding Lorenzo adieu came with a polite smile and a 'well done' that made weakened muscles feel like they're worth the oncoming soreness. Eventually you stepped past the swinging doors you'd passed through hours before, yawning in the crisp conditioned air. The Italian sun was searing at this time of year, though nowhere as severe as your last locations. Perfect imprints of each tread of your boots were left behind with every step toward your dorm, counting down the seconds until you could burn these ruined rags.
Even in the shower, you got to track what existing bruises marred your skin before the new ones had time to manifest. Deep red teeth marks on your inner thigh began to fade to pink, a dwindling memory, soon to be overridden by brutal Lorenzo's grappling. It's refreshing to not have to scuffle with someone twice your size. Price couldn't have chosen a better instructor, though the thought of another lesson in the morning made your joy dim. It felt like every time you ran your hair through another handful of shampoo, more dirt swirled into the drain in a neverending cycle. Uccellino, what a sweet nickname. Little bird. So sweet, more graceful than a cricket. An insect that's known for its penchant to irritate people.
Just as you started to wonder where those teammates had disappeared off to, a view past orange curtains showed them filing out of a boxy green jeep just off the distant tarmac. Price and Gaz immediately followed by Soap and Ghost. Each sported heavy armour and packs, but it goes without saying what they were up to. Probably trudging through a nearby forest or cliff face, enjoying local scenery while you were fighting for your life in the mud. It's hard to be upset though; after all, it means you got to avoid rucking. That's a win, even if it means cleaning rocks of dirt from split fingernails.
They had the nerve to look peachy keen, bounding toward the complex in springy steps. Didn't even break a sweat. Soap was swinging his helmet around like a purse, tapping the back of his fist into Ghost's shoulder. Ghost must have replied with some snide quip that made the other's faces light up with a chuckle before they slipped from your field of view. Just before they passed, you swore you felt brown eyes flicker to meet yours through the window, but the second you saw movement in your direction from that pale mask you'd ducked away.
More than anything, a sense of power and pride warmed your chest as you wring your hair dry with a thin towel. The world tends to feel small when you're stuck with the same six or seven faces on repeat. Especially when each of those faces could pummel you to death, shatter your career, or both in some cases. A rare glimmer of hope sang in your bloodstream, and with the upcoming gala, it felt like you might just meet your prince charming who'll whisk you off your feet. You'd never pinned yourself as the hopeless romantic type, and the thought confused you. Maybe Italy just has that effect. Ultimately, the feeling of control and pride is an illusion, and the powers that be hold your puppet strings like leads. But it didn't mean you couldn't enjoy one moment of genuine peace. No matter how brief it'll likely be.
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"Ah, è un inferno essere amati da chi non ama né la felicità, né la vita, né se stesso, ma soltanto te!"
Oggi 25novembre nel 1985 moriva la scrittrice, saggista, traduttrice e poetessa #ElsaMorante
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Vanity Numero 1 Gennaio 1982
Trimestrale di moda e stilismo
Progetto e realizzazione di Anna Piaggi
Edizioni Condé Nast, Milano 1982, 76 pagine, 23 x 29,5 cm
euro 240,00
email if you want to buy [email protected]
Direttore responsabile Franco Sartori
Direttore artistico Alberto Nodolini
Impaginazione Sam Rey, Antonella Sacchetto
Ricerche di moda Vern Lambert
redazione Emma Treves, Ornella Vallini
Quando nel 1962, trentunenne, Anna Piaggi sposa a New York il fotografo Alfa Castaldi, la sua carriera è in piena maturazione. Lavora come traduttrice per Mondadori e si avvicina alla moda un po’ per comunione d’intenti con il suo giovane sposo, un po’ perché ama scrivere e soprattutto leggere la società e le sue contraddizioni; la sua penna piace alle pagine mondane, collabora con L’Espresso e con Panorama. Quando a Londra, nel 1967, si imbatte nella bancarella di abiti di seconda mano e archivio di Vern Lambert, le si spalancano le porte verso il futuro del personaggio che sarebbe diventata. Con lui, collezionista e storico, stringe un’amicizia indissolubile, e impara a riconoscere il valore della couture. Dagli abiti del passato capisce la forza pervasiva della tradizione, del fatto a mano, del sartoriale, della modellistica, che sostengono il guizzo delle nuove intuizioni; mischiarli a quelli del suo tempo diventa naturale, come riportarli in vita per dimostrare a se stessa e chi ormai la fotografa in ogni occasione, che quando in un capo o in un accessorio c’è l’impronta del genio, il momento di indossarlo è oltre le epoche o le stagioni. Diventa maestra e regina di styling, inventando esotismi ed esagerazioni difficilmente replicabili. La chiama Vogue, dandole una rubrica nel 1988, le Doppie Pagine, su cui si è formato molto del giornalismo di settore contemporaneo; era sovversiva, irriverente, inquisitoria. Poco prima aveva fondato il suo magazine Vanity, tra le più interessanti avventure editoriali del periodo, dove gli illustratori e i talenti emergenti della fotografia erano di casa.
16/07/23
orders to: [email protected]
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[Rosa Calzecchi Onesti, grecista dall'animo grande come quello di Omero, non figurerà mai fra gli amori di Pavese; ma nella loro corrispondenza "di lavoro" si coglie la profonda intesa intellettiva tra i due.]
"Pavese, nel suo interesse per antropologia e miti, voleva far pubblicare dall'editore Einaudi, di cui era collaboratore, una traduzione del poema omerico che rendesse il più possibile il sapore del testo originale. Si era dapprima rivolto a Mario Untersteiner, di cui aveva letto e con cui aveva discusso la Fisiologia del mito, e Untersteiner gli aveva proposto la sua ex studentessa, allora insegnante a Cesena. Le prove di traduzione della Calzecchi piacquero a Pavese e iniziò così un lavoro che si protrasse per due anni, attraverso una fitta corrispondenza (i due non si incontrarono mai di persona), in cui ogni particolare della traduzione, dal ritmo del verso alla scelta di come tradurre gli epiteti, dalle strutture sintattiche alla disposizione delle parole, viene accuratamente discusso, attraverso una revisione di Pavese sul lavoro della traduttrice e le controproposte della Calzecchi, a cui lo scrittore lasciò sempre la decisione ultima.
Quando Pavese si suicidò il lavoro era terminato ed era già iniziata, con lo stesso metodo, la traduzione dell'Odissea. Nella fase finale del carteggio in alcune lettere il discorso da entrambe le parti andò al di là della traduzione, entrando in commenti sull'opera dello scrittore, in particolare il racconto La casa in collina, in un punto della quale alla Calzecchi era parso di cogliere un rovello religioso dello scrittore. La risposta di Pavese, scritta poco prima del suo suicidio, venne resa pubblica dalla Calzecchi solo nel 1964, quando ne inviò una fotocopia a Calvino, che stava curando la pubblicazione dell'epistolario di Pavese e di cui la Calzecchi aveva apprezzato e stimato La giornata d'uno scrutatore."
(Da Wikipedia)
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"La leggenda di Atiya" - S. Bakr
Libro davvero carino e veloce, finito durante la terapia di cortisone (e vi assicuro: leggere in ospedale/casa della salute/quel che è non è così semplice come vogliono farvi credere).
All'inizio ero scettica. È un libro che mi è capitato per caso tra le mani diversi anni fa, pagato la modica cifra di un euro, svenduto per colpa probabilmente della sua copertina un po' triste (è davvero bruttina) e del nome da noi sconosciuto di Bakr.
Inutile dire che vorrei facessero un corso universitario per analizzare i racconti della giornalista. I racconti non sono solo ben scritti, tanto che sentivo quel bisogno di leggere ogni pagina con avidità come non mi capitava da tanto (e badate bene, non è così semplice che una raccolta di racconti faccia questo effetto), ma il bisogno di continuare a leggere di scontra con la necessità di fare ricerche per andare più a fondo alla situazione descritta. Si sente dal suo stile che è una giornalista (non perché si "veda" dalla narrazione, quanto più dalla sua abilità di incuriosire i lettori. E se traspare in lingua tradotta non oso immaginare in originale quanto sia meraviglioso il suo stile; sicuramente la traduttrice ha fatto un lavoro ottimo). Volevo anche portare alla luce un aspetto di questo libro, che mi sta particolarmente a cuore. Recentemente mi sono dedicata alla decostruzione dell'aspetto religioso e spirituale della mia (dell'occidente?) educazione. Questo percorso è nato anche grazie a questo libro, che si apre con il suo racconto più lungo: un'inchiesta fittizia sulla tomba di Atiya (da cui il titolo), da molti ritenuta una santa, ma il cui sepolcro, forse, nasconde qualche segreto inconfessabile. Il racconto, sebbene non credo fosse l'intento dell'autrice, mi ha fatto porre diverse domande in merito a cosa credo sia vero o falso, reale o meno. Soprattutto, mi sono domandata: chi sono io per dire a queste persone di non credere ai propri occhi e al proprio istinto. Se capitasse a me? Come reagirei? E da qui una serie di lunghe riflessioni che continuano anche oggi in merito alla religiosità, che però non starò a descrivere qui. Vorrei passasse solo questo messaggio: il libro è di una potenza inaudita, nonostante le poche pagine. Porta a riflettere sugli aspetti più disparati della vita e a volersi informare a livello storico di ogni avvenimento.
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Femminismo e poesia in Croazia: “Non leggi le donne” di Olja Savičević Ivančević
Il corso di lingua croata all’università di Udine avvicina gli studenti di mediazione culturale al mondo della traduzione, grazie alla guida della docente e traduttrice Elisa Copetti. Durante una lezione, poche settimane fa, è stata proposta questa poesia. Leonora Raijć ed io, che frequentiamo il corso, ci siamo occupate della traduzione di “Ne čitaš žene”, da cui siamo rimaste profondamente colpite per la sua immediatezza e per la sua forza nel mettere a nudo dei passaggi cruciali nella relazione uomo/donna. L’autrice ha inoltre accettato di rispondere ad alcune nostre domande in una intervista, che riportiamo integralmente.
“Normalmente non leggo le donne, ma mi piace il tuo libro”
È da qui, da questa affermazione, che è nata la poesia “Ne čitaš žene” (Non leggi le donne), come risposta. Ed è presto diventata un manifesto femminista nel mondo letterario croato.
La poesia di Olja Savičević Ivančević, nota autrice croata contemporanea, scatta un’istantanea, con rabbia e rassegnazione allo stesso tempo, della situazione delle donne nel panorama letterario croato, e non solo. Versi che esprimono, in uno spazio e un tempo dilatati, tutto quanto le donne hanno subito nel mondo della letteratura, da sempre appannaggio prevalentemente maschile. “Non leggi le donne” parla agli uomini, ma possiamo sentirci coinvolti tutti e tutte dalle parole dell’autrice.
Quante volte, come lettori o lettrici, ci siamo fermati a riflettere davvero sul numero di autrici donne presenti sugli scaffali del nostro salotto, nelle antologie scolastiche o nei programmi accademici, in vetrina nelle librerie o semplicemente nella nostra memoria? In un’intervista a Nova.rs, l’autrice spiega come la scrittura femminile rimanga ancora sinonimo di qualcosa di quasi banale, meno serio e impegnato rispetto alla produzione letteraria maschile. Mostra inoltre come sia necessario mettere in discussione il canone che ha condannato all’invisibilità molte donne colte e di talento, anche ai giorni nostri.
Dati e contraddizioni sulla situazione in Italia
Ma qual è la situazione femminile nel mondo letterario italiano? Emerge un quadro molto simile a quello che Savičević Ivančević mette in evidenza per la Croazia. Nel nostro paese, i programmi scolastici e accademici menzionano pochissime scrittrici: solo il 5% dei titoli proposti nei corsi universitari è scritto da donne. Un canone molto presente e rigido è quello per cui le opere considerate universali siano state scritte tutte da uomini. E questo è in controtendenza rispetto a chi legge e consuma la produzione letteraria. È infatti un dato noto che le donne leggano mediamente più degli uomini: come si coniuga questo con le statistiche? Quanto chiedono, le donne, di leggere altre donne?
Un punto cruciale che può favorire una nuova modalità di percezione delle donne nel mondo letterario è sicuramente l’educazione, ovvero ciò che avviene nell’ambito delle relazioni familiari e scolastiche, e come queste tendono o meno a trasmettere messaggi di equivalenza. Ed è attraverso la capacità di filtrare le comunicazioni dall’esterno in cui siamo tutti immersi, tutto il tempo (social media, internet e società stessa) che si delinea una nuova possibilità per smascherare ed indebolire la disuguaglianza. Rispetto ad alcuni decenni fa la narrazione di genere è profondamente cambiata, tuttavia il discorso patriarcale non è scomparso, né dissolto, e molto spesso si ripresenta in modi difficilmente identificabili.
La raccolta di poesie “Divlje i tvoje”
Ci si immerge completamente in questa visione durante la lettura della settima raccolta di Olja Savičević Ivančević, “Divlje i tvoje” (Selvagge e tue) pubblicata da Fraktura nel 2020, una lettura seducente sia per gli appassionati di poesia sia per i lettori che si avvicinano più raramente alla produzione in versi. Una posizione scomoda quella dell’autrice, come è da sempre quella di chi scrive, che presuppone uno sguardo vigile e un’attenta critica della realtà: preserva con forza emozioni come l’amore e l’amicizia, affronta le relazioni di genere, nel tentativo di decostruire gli ordini sociali canonizzati. Lo fa con una particolare cura al legame tra il passato e il presente, tra l’io e l’altro, accogliendo e considerando che si tratta di polarità solo immaginate dalla mente: noi e gli altri, gli altri e noi si confondono e, ad un livello di esperienza profonda e interiore, si rivelano essere uno.
Il tutto pervaso da una intrinseca prospettiva femminile e femminista: la necessità dell’uguaglianza di genere nel presente, ma anche la correzione delle ingiustizie del passato e la consapevolezza di quanto l’educazione giochi un ruolo determinante nella graduale dissoluzione degli schemi patriarcali che ancora pervadono il nostro mondo.
Non leggi le donne
Dici che non leggi le donne
Cosa potrebbero dirti
Ti hanno insegnato a parlare
Ti hanno insegnato a camminare
Ti hanno insegnato a mangiare
Ti hanno insegnato a pisciare
Ti hanno insegnato a fare l’amore
In realtà cosa potrebbero
Dire di te
E della tua esperienza
Tutti questi secoli
non ne hanno messa al mondo
Una che fosse grande
Come il grande scrittore
A cui lavava le calze
Dici che non leggi le donne
Le donne ti hanno insegnato a leggere
Insegnato a scrivere
Insegnato a vivere
In realtà, ragazzo
Tutto questo è stato
Nel migliore dei casi
Un lavoro inutile
[ Olja Savičević Ivančević ]
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