#Il mulino della fortuna
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iannozzigiuseppe · 7 months ago
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Mariana Tudorache. Insieme a lei parliamo di Mihai Eminescu, Ioan Slavici e Florence Macleod Harper. Intervista alla traduttrice
Mariana Tudorache Insieme a lei parliamo di Mihai Eminescu, Ioan Slavici e Florence Macleod Harper Intervista alla traduttrice di Giuseppe Iannozzi Mariana Tudorache ha tradotto tre libri di grande pregio letterario e poetico: “Amando in segreto” di Mihai Eminescu, “Il mulino della fortuna” di Ioan Slavici e “Addio Russia! Una testimone della rivoluzione del 1917” di Florence Macleod Harper.…
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crazy-so-na-sega · 5 months ago
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L'amore ai tempi dei lupi
– Sono nato nel 1926, un tempo su queste colline che vedi di fronte a te c’erano dei carbonai, estraevano il carbone necessario per far partire i treni – mi disse poco dopo essersi seduto accanto a me.
Mi aveva chiesto di potersi accomodare su una di quelle panchine della villetta comunale, dove andavo spesso a leggere un libro, perché lì giungeva l’ultimo raggio di sole di quella giornata di ottobre. Oggi non ricordo il suo volto, né so se l’ho mai più incontrato. Cominciò a raccontare senza che gli avessi chiesto nulla, era spinto da un’urgenza comunicativa e non me la sentii di oppormi.
– Devi sapere che sulle colline arrivarono dei lupi, forse scappati dal freddo dell’Abruzzo. Un giorno un carbonaio trovò un piccolo lupetto ferito a una gamba, che cercava di riscaldarsi sulla cenere ancora tiepida, e che era residuo del fuoco che gli uomini, i carbonai, avevano acceso la sera precedente. L’uomo si prese cura del lupetto, lo accudì, gli dava da mangiare, lo metteva a dormire al riparo, finché guarì dalla ferita. La sua natura lo riportò dai suoi simili un giorno che sentì un ululato provenire da un punto imprecisato del bosco.
Non sapevo perché avesse deciso di parlarmi di quella vicenda del lupetto, non sapevo nemmeno quanto di leggendario ci fosse nel suo racconto. Il tono con cui raccontava era così privo di enfasi, ma al tempo stesso così partecipato, che restavo ad ascoltarlo con piacere.
– L’anno successivo quello stesso carbonaio aveva posto della carne all’interno del suo accampamento di fortuna. Una sera, rientrando dal lavoro, trovò sei lupi affamati che gli stavano sottraendo il cibo. Si sentì spacciato. Sbagliava. Il capo – branco era il lupo che egli aveva salvato l’anno precedente. Con una serie di ululati strani, il lupo riconoscente quietò i suoi compari, che continuarono a mangiare la carne senza avventarsi sull’uomo. Il lupo ha buona memoria, a quanto pare.
Anche “l’uomo con gli occhi del 1926” ne aveva, a giudicare da quel che mi raccontava. Non indagai sulla veridicità della storia, del resto lui si limitava a riferirmela, e se anche avesse aggiunto elementi romanzeschi, che ci sarebbe stato poi di tanto grave?
Continuò in una sorta di flusso di coscienza ininterrotto, come spesso accade a coloro che hanno una certa età e che ricordano episodi lontani nel tempo in ogni minimo dettaglio.
Mi raccontò anche la sua personale storia di guerra, che in quanto personale è inevitabilmente soggettiva, condizionata, limitata, ma non per questo meno reale.
Dove oggi sorge un campo di calcetto, all’epoca della seconda guerra mondiale c’erano, almeno stando a quel che mi raccontò l’uomo, quattro cannoni della contraerea tedesca.
– I tedeschi, quelli che stavano nella mia zona, avevano un buon rapporto con la popolazione. Mussolini aveva emanato una legge per razionare il grano, quello in eccesso doveva essere portato all’ammasso.
Sui tedeschi e su Mussolini avevo da ridire, strabuzzai gli occhi e lui colse il mio sgomento, ma poi capii che lui non era un nostalgico fascista, che non ignorava, adesso, quel che il nazismo e il fascismo hanno rappresentato. Solo che “quei” tedeschi, quelli della sua minima e privata storia, non erano orchi, almeno a lui non apparvero tali.
– Gli americani, che erano giunti per liberarci, bombardarono senza stare troppo a distinguere i veri obiettivi delle bombe. Un giorno vidi a 40 – 50 metri da me cadere qualcosa dal cielo, pensavo fossero pacchi di pane o comunque cibo, invece erano bombe, ed è solo per un miracolo che sono qui a raccontarti questa storia. C’era un mulino, le madri di famiglia andavano lì a prendere il pane per sfamare i figli. Un giorno un bombardiere americano sganciò una bomba uccidendo una settantina di persone.
Ascoltavo ripromettendomi di indagare più a fondo sulle vicende, anche se temevo (cosa che infatti accadde) che di lì a pochi giorni mi sarei dimenticato di questo proposito, preso dalle mie questioni personali.
– Poi c’erano i tedeschi cattivi, lo so. C’erano anche tanti italiani che saltarono da un carro all’altro non appena si presentava l’occasione, gli apparati che avrebbero dovuto proteggerci erano tutti corrotti.
Parlava, ripeto, senza retorica, nonostante stesse descrivendo avvenimenti enormi. Pensavo a un uomo di oggi, mediamente inserito, né guerrafondaio né troppo impegnato politicamente, che all’improvviso si trova in mezzo a eserciti, bombe, armistizi, razzie, soprusi, stupri. Per quanti sforzi potessi fare, però, il mio pensiero non poteva neanche minimamente paragonarsi al suo ricordo. Lui aveva vissuto certe situazioni, io no, e questo scava un abisso.Lo ascoltavo, ogni tanto facevo qualche domanda ma lasciavo che fosse lui, se voleva, a raccontare, perché non avevo intenzione di risvegliare ricordi terribili oltre a quelli che già aveva.
Poi, improvvisamente, dopo un po’, cambiò discorso. Prese a parlarmi della sua vita sentimentale, di come aveva conosciuto sua moglie, della sua vita da esule all’estero, per lavoro, dove aveva incontrato italiani disonesti che l’avevano raggirato.
– L’uomo e la donna sono piccole colture selvagge, destinate a rimanere tali fino a che non s’incontrano per germogliare altri fiori. Mia moglie l’ho conosciuta in un pomeriggio del 1950. C’era il sole, come oggi. La vidi seduta di fronte a una bottega. Chiesi a un mio amico di accompagnarmi, mi vergognavo di dirle che mi ero innamorato.
Sorrisi, ripensando a quante volte mi ero sentito stupido nell’infatuarmi così, al primo sguardo. Ebbi la conferma che questo genere di follie erano sempre accadute.
– La mamma della ragazza mi disse che non era il caso. Poi, però, ci frequentammo, ci innamorammo l’uno dell’altro e dalla nostra unione nacquero dei figli. Le piccole colture selvagge avevano dato frutti.
L’uomo con gli occhi del 1926 mi aveva raccontato tutto questo, quel giorno, e ancora oggi non so perché.
– Tu ce l’hai una ragazza? – mi chiese poi alla fine del racconto.
– No – gli risposi sorridendo.
– Quanti anni hai?
– Trentadue.
– Ti facevo più giovane! Ti devi sbrigare, devi trovare una ragazza! – mi disse colpendomi affettuosamente sulla spalla sinistra.
Passeggio ancora per le strade del mio paese. Mi siedo spesso su quella panchina dove due anni fa “l’uomo con gli occhi del 1926” mi affiancò. Non sempre c’è il sole. Quasi mai c’è compagnia.
Oggi pomeriggio ho ripensato a quel giorno, alla sua pacca sulla spalla, alla storia delle “piccole colture selvagge”, alla bottega aperta in una domenica pomeriggio del 1950.
La strada principale del mio paese è illuminata a festa.Fa freddo. Pochi temerari girano per le strade. Ogni tanto passa una coppia. Allora può accadere che mi torni alla mente quella domanda.
– Tu ce l’hai una ragazza?
E’ strano come ciò che un tempo ti avrebbe ferito, solo due anni dopo ti fa sorridere. Non credo che la “maturità” in tutto questo c’entri qualcosa. Piuttosto penso che si tratti di “oblio”. Per essere più preciso: non penso più. Sorrido.
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jhonny-v972 · 1 year ago
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“Mia mamma faceva la cubista, mi ha avuta a ventuno anni. Entrambi i miei genitori hanno sofferto molto, per la tossicodipendenza.
Sono stata anni a tentare di sistemare una cosa che non è sistemabile, non da una ragazzina.
Io ho la terza media e per dirlo ci ho messo anni: mi vergognavo come una ladra. Rimpiango moltissimo il fatto di essere ignorante.
Potrei fare un film dai miei otto anni ai ventitrè, con tutti i personaggi della mia vita: anche solo sul pianerottolo c’erano spacciatori, gente sessualmente promiscua, alcolizzati, la mia famiglia che non era quella del Mulino bianco. Ma tutto il quartiere aveva volti parecchio coloriti: osservandoli è come se avessi studiato, ho amato tante di quelle persone. Mi hanno dato la possibilità di vedere la vita con serenità: tutte le cose si risolvono e anche quando soffri è una fortuna, perché stai vivendo.
Considero il mio passato la mia fortuna: mi ha dato la possibilità di vedere la vita cruda fin dall’inizio e non l’ho subita.”
#Elodie ❤️
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alicesfeelings · 2 years ago
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Ci sono alcune famiglie che sono proprio belle da guardare perché sono ben assortite ed equilibrate. E no, non sto parlando della famiglia della mulino bianco o quella nei film americani. Ho appurato con i miei occhi che esistono per davvero e che abitano il pianeta Terra proprio come noi! E credo anche che sia una gran fortuna farne parte.
Buongiorno 🌼
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guadagnare-click · 21 days ago
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Concorso Mulino Bianco 2025 “Un anno di sorprese”: vinci sveglia, fornetto e cestino!
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Hai sentito la novità? Mulino Bianco festeggia i suoi 50 anni con un concorso imperdibile: “Un anno di sorprese”, attivo dal 14 gennaio 2025 all’8 dicembre 2025. Con un semplice acquisto, puoi vincere fantastici premi che celebrano la storia del marchio, come la mitica MulinoSveglia, il pratico Fornetto Sfornabontà e l’elegante Pancestì!
Ecco tutti i dettagli per partecipare e provare subito a vincere uno di questi premi esclusivi.
Come funziona il concorso?
Partecipare è facilissimo:
Acquista almeno 2 prodotti Mulino Bianco partecipanti in un unico scontrino.
Conserva lo scontrino e collegati al sito ufficiale del concorso.
Inserisci i dati richiesti e scegli il tuo premio preferito tra quelli disponibili.
Partecipa all’instant win e scopri subito se hai vinto!
Se la fortuna è dalla tua parte, potresti aggiudicarti uno dei 16.800 premi in palio!
I premi in palio
Ecco cosa potresti vincere:
5.922 Fornetti Sfornabontà: il mini forno scalda brioche, realizzato in collaborazione con Ariete.
5.264 MulinoSveglia: una riedizione iconica della sveglia Mulino Bianco, ora con cassa Bluetooth, realizzata con Celly.
5.264 Pancestì: il portapane in ceramica artigianale, creato in collaborazione con Seletti.
2.350 Set Completi: composti da Fornetto Sfornabontà, Pancestì e MulinoSveglia.
Vuoi vincere di più?
C’è un’ulteriore sorpresa: acquistando 6 prodotti Mulino Bianco di 2 categorie diverse (ad esempio merendine e fette biscottate) nella stessa settimana, potrai partecipare per provare a vincere un set completo con tutti e tre i premi!
Cosa c’è da sapere?
L’iniziativa è valida tutti i giorni dalle 10:00 alle 22:00.
Sono validi tutti i prodotti Mulino Bianco, tranne i gelati.
Non è necessario che i prodotti riportino la comunicazione del concorso sulla confezione: basta che siano Mulino Bianco o Mulino Bianco Armonia.
-> Link concorso
-> Link regolamento
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chez-mimich · 2 months ago
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GIANCARLO NINO LOCATELLI_TILIETULUM
Per “comprendere” la musica a me basta ascoltarla, ma se si vuole condividere con qualcuno questa “comprensione” è chiaro che sia necessario usare anche un altro medium, il linguaggio. Ma per comprendere questo intimo e accorato disco di Giancarlo Nino Locatelli, io credo ci possa aiutare la sua pagina Instagram, dove compare una lunghissima teoria di alberi (noci, pioppi, faggi) fotografati in diverse ore del giorno e della notte, in estate come in inverno. Tra la struttura di un albero e i clarinetti c’è un legame molto profondo, anzi “sono alberi”, come dice lo stesso Compositore nelle note di copertina che commentano il magnifico ed intensissimo “Tilietulum”, nuovo cd in uscita per l’etichetta “We Insist Records”. Secondo Locatelli (e come dargli torto?), “i clarinetti rimandano al muschio, all’umido, all’acqua… Il contralto è imprevedibile, selvatico, lirico, rustico e obliquo”. Se non ci credete, provate allora ad iniziare l’ascolto dalla traccia n. 11, “Tilietulum nona pars” (senza stupirvi del fatto che la nona parte sia la traccia n.11, perché la prima parte è a sua volta suddivisa in tre parti). Il tilietulum è un piccolo tiglio ed è anche probabilmente il nome che dà origine alla Val Taleggio. Nulla in questo lavoro è citato a caso, poiché le sonorità che Locatelli propone hanno molto a che fare con i suoni quasi ancestrali della natura e del mondo agreste, in particolare con le “involontarie sonorità” legate al movimento delle mandrie al pascolo, ma anche delle stalle e delle mungiture. Il clarinetto e le “ciocche”, ovvero i campanacci appesi al collo delle mucche, sono gli stessi che Locatelli tiene al braccio e che accompagnano il fluire cavernoso del suono del clarinetto alto che diventa una naturale estensione del corpo del compositore e musicista. Anche la voce fa a tratti la sua comparsa: una voce asemantica, quasi un prolungamento dello strumento stesso, mentre il suono continua a propagarsi sospinto dal soffio del fiato e dal movimento del corpo in una modulazione simbiotica fra suono e corpo. L’ascoltare questo lavoro è una esperienza “amniotica” di azzeramento del mondo esterno e del suo fastidioso rumore di sottofondo quotidiano. Chi ha avuto la fortuna di ascoltare questo grande musicista dal vivo, ritroverà in questo lavoro tutta l’aura rarefatta e ctonia dei suoi concerti. A questo proposito mi fa piacere ricordare il concerto che Giancarlo Nino Locatelli tenne sotto l’antico portico di un vecchio mulino (ora andato sciaguratamente distrutto) nel Parco del Ticino, in occasione di Novara Jazz Festival di qualche anno fa. Quattordici brani da ascoltare senza distrazione, anzi magari solo quella del godimento visivo di una cover raffinata, curata dalla instancabile Maria Borghi. Senso soave di soddisfazione…
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enkeynetwork · 1 year ago
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ildiariodibeppe · 1 year ago
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DALLA PAROLA DEL GIORNO
Gesù disse ai suoi discepoli: «È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi! Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: "Sono pentito", tu gli perdonerai». Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: "Sràdicati e vai a piantarti nel mare", ed esso vi obbedirebbe». (Lc 17,1-6)
Come vivere questa Parola?
La fallibilità è insita nell’umanità e la nostra natura è contraddistinta dalle “cadute”. La fermezza del vangelo, tuttavia, non è rivolta principalmente alle possibilità di cadere, ma alla conseguenza che spesso scaturisce dalle nostre decisioni errate che rischiano di ostacolare il cammino. Il termine scandalo, infatti, significa letteralmente “ostacolo”, “pietra d’inciampo”. Le scelte sbagliate, infatti, possono finire per essere impedimento alla felicità dei nostri fratelli. Possiamo rallentare, frenare o addirittura bloccare la ricerca di senso di chi ci vive accanto. La nostra cattiva testimonianza, oppure, la durezza delle nostre parole, gli inganni, i preconcetti possono diventare “ostacolo”, finendo per imprigionare e bloccare. Differenti e numerosi possono essere i casi, ma è sufficiente riflettere sulle reali conseguenze di certe opzioni per comprendere come lo “scandalo” sia sempre in agguato. Gesù sintetizza il concetto in questo modo: «È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono. È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!». Per fortuna, tuttavia, afferma anche che occorre essere sempre disponibili al perdono dell’altro che commette peccato, probabilmente perché lo scandalo maggiore, è esattamente la carenza di perdono. Siamo sempre molto attenti a ciò che si sbaglia, finendo per tralasciare la mancanza di misericordia sia chi commette l’errore, e sia chi lo ha subito.
La voce di un teologo
Per eliminare gli scandali Dio dovrebbe togliere la libertà agli uomini. L'inevitabilità dello scandalo corrisponde alla necessità della croce, con cui chi ama porta su di sé il male dell'amato. Il cristiano non è un perfetto e la salvezza è un esercizio costante di misericordia. La comunità cristiana non è un luogo dove non si pecca, ma dove si perdona. (Lino Pedron)
(Commento di don Maurizio Lollobrigida SDB)
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reginadeinisseni · 1 year ago
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Il fu Mattia Pascal – Luigi Pirandello | Riassunto e analisi per capitol...
Mattia Pascal vive a Miragno, dove il padre, intraprendente mercante che ha fatto fortuna in modo misterioso, ha lasciato in eredità alla sua famiglia (composta da sua moglie e i loro due figli, Mattia e Roberto) diversi possedimenti, tra cui un podere con mulino; questi averi sono gestiti da Batta Malagna, un disonesto amministratore soprannominato “la talpa” che lentamente li sta prosciugando (approfittandosi dell’inettitudine della madre di Mattia). Mattia racconta brevemente della sua infanzia, passata tra le lezioni del modesto istruttore privato Pinzone e le visite della severissima zia Scolastica, che cerca inutilmente di convincere la madre di Mattia a risposarsi con Gerolamo Pomino, padre di un grande amico di Mattia e Roberto, anch’esso chiamato Gerolamo Pomino (II).
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Libri per l’estate
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Non potevamo certo lasciarvi accaldati per l’afa estiva e assetati di libri da gustare in vacanza! Ecco dunque una puntata fresca fresca di questa ormai consolidata rubrica di consigli letterari.
Iniziamo con due classici.
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Processi verbali di Federico De Roberto: estremamente interessante l’esperimento di realismo verista di queste novelline (come le chiama l’autore nella sua concisa e lucidissima prefazione), che ricordano il Verga del ciclo dei vinti (folgorante in questo senso Il rosario), con il ricorso ai proverbi popolari (tanto va la secchia al pozzo, finché si rompe; carcere, malattia, necessità, si conosce l’amistà), con squarci di storia (il ’48 a Napoli e la rivolta di Bronte ne I vecchi), ma anche Pirandello e Guy de Maupassant, per non parlare di Lupetto, che sembra addirittura anticipare Raymond Carver. Esilarante e boccaccesco, un autentico gioiellino, il racconto di chiusura Il viaggio a San Vito.
Il denaro di Émile Zola: un’analisi acuta e quanto mai attuale del mondo degli affari e della Borsa. Imperi economici acquisiti e persi in un sol giorno, i re della finanza ossequiati e riveriti, i falliti derisi e respinti. In una sorta di eterno ritorno le azioni umane si riproducono ciclicamente senza lasciare l’insegnamento necessario a evitare il ripetersi degli errori. Così questo affresco della Borsa francese durante il Secondo impero ricorda le recenti bolle finanziarie che hanno causato la rovina di migliaia di piccoli risparmiatori e il crollo dei mutui fondiari. A manovrare i movimenti di una banca fantasma nata grazie alla complicità di diversi prestanome è il visionario Saccard, a cui il lettore (e con lui diverse figure femminili e un’infinita serie di dipendenti del gioco) si affeziona nonostante tutto e di cui segue le mosse con apprensione e ininterrotta curiosità per quasi 600 pagine che scorrono veloci come un fiume in piena, il fiume del denaro (l’argent del titolo) che passa per le mani di affaristi e speculatori, ma spesso solo in forma virtuale. La cosa più sorprendente è che lo spunto per la trama è tratto da un episodio realmente accaduto: la parabola del banchiere Paul Eugène Bontoux e della banca Union Générale fallita nel 1882. Se il denaro è il tema principale, questo romanzo appartiene pur sempre al ciclo dei Rougon-Macquart ed esplora le tare genetiche che, nella visione deterministica del naturalismo francese, minano la famiglia e ne spiegano i comportamenti. Victor, il figlio perverso e deforme del protagonista, ricorda ‘Coniglio mannaro’, uno degli ultimi discententi dell’indimenticabile famiglia Scacerni de Il mulino del Po di Riccardo Bacchelli. E non poteva mancare neppure il tema dell’antisemimitismo, caro all’autore del J’accuse. Insomma un piatto completo, per gli amanti della buona letteratura.
Non possiamo tralasciare l’ultimo Simenon pubblicato da Adelphi, Il dottor Bergelon: “Qualcosa si era guastato, senza che lui riuscisse a capire cosa”. La verità è che un fatto increscioso, una malaugurata deviazione dalla consueta routine ha avvelenato la pace interiore del protagonista al punto da fargli mettere in discussione l’intera sua esistenza. Affrontare Simenon è sempre come scendere negli abissi più profondi dell’animo umano.
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Per chi avesse la fortuna di non aver mai letto Manuel Vázquez Montalbán, sono stati appena ristampati Le terme e Il labirinto greco in cui l’investigatore Pepe Carvalho esprime al meglio le sue doti culinarie e il suo fiuto per le indagini, il tutto in uno stile degno del grande Chandler.
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Uno degli autori prediletti di Andrea G. Pinketts, Stuart Kaminsky, professore di storia e critica cinematografica alla Northwestern University di Evanstone, Illinois, farcisce con le proprie competenze letterarie e cinematografiche i suoi gialli hard boiled, per cui Bela Lugosi e William Faulkner diventano clienti del detective privato Toby Peters (“affettuosa parodia dell’investigatore della scuola dei duri”, da Hardboiled blues di Gian Franco Orsi) in due casi che si intrecciano in Never cross a Vampire. Gli amanti del noir potranno cogliere in queste pagine spunti per rivedere vecchi film o scoprirne di nuovi e introvabili. Così anche per Una pallottola per Errol Flynn, Il caso Howard Hughes e Follie di Hollywood, ma nei suoi gialli troviamo molte altre star, come Mae West, Gary Cooper, Clark Gable, Buster Keaton, Judy Garland e Raymond Chandler: pare proprio che il mondo del cinema sia una inesauribile fonte di ispirazione.
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Fedele all’idea che uno scrittore dovrebbe trattare di ciò che conosce, nel creare i personaggi Kaminsky non esita a inserire cenni autobiografici, come le radici russe per l’ispettore Rostnikov (Morte di un dissidente: “Le sue armi: una falce, un martello e una bottiglia di vodka”), e la fede ebraica per il poliziotto Abe Lieberman, che opera in una Chicago quanto mai violenta e movimentata (La follia di Lieberman), città d’origine dello scrittore. Infine il detective Lew Fonesca, trasferitosi da Chicago (Midnight Pass) nell’atmosfera assolata e apparentemente pacifica della Florida, specializzato nella ricerca di persone scomparse (Cattive intenzioni, Parole al vento). Notevoli le collaborazioni con il regista Don Siegel per Ispettore Callaghan, il caso Scorpio è tuo, e con Sergio Leone per i dialoghi di C’era una volta in America. Insomma uno scrittore prolifico (possiamo contare una sessantina di titoli) per amanti del cinema, della letteratura e di uno stile ironico e versatile.
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Un altro libro ambientato nella Hollywood degli anni d’oro: Perché corre Sammy?, di Budd Schulberg, Oscar alla migliore sceneggiatura originale per Fronte del porto, sceneggiatore di Il paradiso dei barbari con un esordiente Peter Falk  e soggettista di Un volto nella folla di Elia Kazan e di Il colosso d’argilla con Humphrey Bogart.
“Quello che mi faceva infuriare era che Sammy era la persona più scaltra e più ottusa che avessi mai conosciuto. Era dotato di un’intelligenza che era in grado di impiegare unicamente a vantaggio di Sammy Glick. È un tipo di intelligenza che comporta una certa ottusità: una specie di sterminata zona d’ombra con un solo raggio di luce diritto davanti a se stessi”.
Ma chi è Sammy? Un arrivista, un arrampicatore sociale, con meno scrupoli che talento, di un cinismo disarmante, egoista e avido, anche le sue apparenti qualità sono solo difetti astutamente mascherati: “un piccolo fattorino ebreo sempre di corsa che diventa un potente produttore, sacrificando ogni cosa d’umano alla sua assetata ambizione”. Consigliato da Kurt Vonnegut (a sua volta scrittore ammirato da Umberto Eco), che addirittura lo paragona a Francis Scott Fitzgerald, è una lettura scorrevole e moderna che ci lascia agganciati al mistero di questo personaggio odioso e intraprendente fino all’ultima pagina. C’è, naturalmente, molto di autobiografico nelle opere di Schulberg: “Figlio del tycoon della Paramount, e lui stesso, per un certo tempo, prediletto di Hollywood... ma anche comunista inciampato nelle reti del Mccarthismo, spesso e volentieri elesse il mondo di Hollywood quale osservatorio ideale... I disincantati si concentra su come muore, in America, una leggenda. Uno scrittore grande e dimenticato, che ha avuto tutto, ed è stato travolto assieme a un mondo lussureggiante dalla crisi del ’29, si lascia umiliare e consumare nel corpo e nella dignità in un ultimo infimo lavoro da sceneggiatore di filmetti”. In questo caso l’episodio autobiografico si riferisce all’incontro di Schulberg con Scott Fitzgerald, chiamato dagli studios a collaborare alla revisione di una sua sceneggiatura.
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Il 22 giugno 2022 potrete assistere alla presentazione del romanzo di Manuela Cattaneo della Volta e Livio Sposito, Un cuore al buio: Kafka, che si terrà presso la biblioteca Valvassori Peroni. Il libro racconta la “storia e la vita delle cinque donne che hanno amato Franz Kafka”.
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Buone vacanze da tutto lo staff delle biblioteche di Milano!
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iannozzigiuseppe · 5 months ago
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gloriabourne · 4 years ago
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E a proposito di duetti, che mi dici di quelli non dico "forzati" (Ermal non è certo il tipo che si farebbe obbligare) ma come minimo "di convenienza" escogitati dalla Mescal e palesemente non frutto di un'idea degli artisti coinvolti... mi viene in mente proprio quello con Bugo. Era chiaro che uno come Bugo avesse bisogno d'essere accostato a un nome più grande (quello di Ermal) per avere più chance di successo, cosa che non ha funzionato, alla fine
Perché il pubblico non è mica scemo, lo capisce quando una collaborazione è studiata unicamente per quegli scopi strategici. Ma l'unione delle loro voci? E la chimica umana, che a parer mio dovrebbe essere una condizione necessaria? Dove le mettiamo quelle cose lì in un duetto come quello con Bugo? Dopo la bellezza e la perfezione della canzone Metamoro gli standard per i duetti di Ermal si sono alzati, ci sta essere un po' esigenti, no?
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I duetti forzati ci sono da sempre (purtroppo o per fortuna).
Faccio un esempio pratico che tiro spesso in ballo: il duetto di Annalisa e Raige.
Durante un'intervista hanno raccontato come sono arrivati alla decisione di fare quella canzone insieme. Ricordo perfettamente che Raige raccontò di voler dare una nuova veste a un pezzo che aveva già scritto e di volerlo fare insieme a una voce femminile. Ha pensato subito ad Annalisa, artista che lui già stimava, e durante un festival estivo le ha parlato di quest'idea. Lei è stata subito entusiasta e hanno deciso di procedere.
A quel punto io ricordo perfettamente che Raige disse che aveva giocato a loro favore anche il fatto di essere sotto la stessa casa discografica, che quindi li aveva supportati da subito.
Questo per dire che se ad esempio Annalisa fosse stata con la Warner (la casa di cui facevano parte entrambi all'epoca) e Raige invece fosse stato con un etichetta indipendente (come ora), probabilmente il duetto non si sarebbe mai fatto perché la Warner avrebbe preferito fare duettare Annalisa con un artista della stessa casa o almeno di una casa a pari livello.
Tutto questo per dire che le case discografiche incidono molto sulle decisioni. Non sempre e non del tutto, ovviamente.
Ermal ha sempre detto di essere molto libero di decidere, che la Mescal gli ha sempre lasciato molta libertà e io di questo ne sono fermamente convinta.
Ma la Mescal è una casa discografica e come tale ogni tanto deve anche tirare acqua al suo mulino. Quindi è ovvio che cerchi di spingere artisti della propria casa a duettare.
Gli artisti diventano una sorta di proprietà della casa discografica - e infatti ricordo che dopo il duetto metamoro negli album di entrambi c'era scritto, esempio: "Ermal Meta appare per gentile concessione di Mescal", come se la Mescal avesse fatto un favore a Ermal concedendogli di fare quel duetto - e quindi è anche normale che la decisione finale su progetti e duetti degli artisti sia della casa discografica.
Parlando nello specifico del duetto con Bugo, a me in realtà non è dispiaciuto (nonostante non mi piaccia particolarmente Bugo), ma non ti nascondo che non è una di quelle canzoni che ascolto volutamente. Cioè se mi capita in riproduzione casuale va bene, ma non la vado a cercare di proposito.
Sicuramente altri duetti sono più riusciti e come dici tu, dopo il duetto con Fabrizio (o anche solo con Elisa, che secondo me è tra i migliori), ci si aspetta sempre qualcosa di qualità molto alta. Non che i duetti successivi siano stati di qualità bassa eh, però insomma ci siamo capiti 😂
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volareinaltoversoilcielo · 4 years ago
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Grazie della bella e lunga risposta. Qualcuno potrebbe dire che quello della famiglia è un cliché, ma non la penso cosí. Esistono famiglie tossiche, mica la vita è il mulino bianco, ma fortunatamente sono una minoranza. Nella maggior parte dei casi, sí, la famiglia è davvero l’unica cosa per cui vale la pena sacrificarsi, anche perché sai che anche loro farebbero lo stesso per te.
Passa una splendida giornata anche tu! ❤️
Hai ragione, spesso è un cliché, ma io sono stata molto fortunata. Per quanto sia, spesso, snervante avere due fratelli maggiori, so con certezza che mi guardano le spalle come due guardiani ahaha per quanto possano risultare un po' opprimenti due genitori severi, mi hanno cresciuta con amore, passione e tolleranza. È grazie a loro se oggi so distinguere il bene dal male, il giusto dallo sbagliato.
Ho avuto anche la prova che loro per me darebbero la vita perché quando stavo annegando c'erano soltanto loro a porgermi la mano per tirarmi su rischiando di cadere nel mare profondo in cui mi ero cacciata.
Mi hanno fatto amare la vita.
E come hai detto tu, c'è chi purtroppo questa corazza della famiglia non ce l'ha quindi non è proprio un cliché, è solo una gran fortuna!
Sei gentile e ti auguro tanta serenità 🥰🌼
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bibliotecasanvalentino · 5 years ago
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BREVE STORIA DELLA LETTERATURA
(Sinossi rapida di alcuni fra i più importanti libri di tutti i tempi, ad uso di studenti di ogni ordine e grado)
- Un vecchio fa tutto in sei giorni, poi si riposa. Ma non toccategli la frutta.
- Un giovane vince una mela e così crepa un sacco di gente.
- Un perdigiorno va a zonzo e a donne mentre sua moglie tesse.
- Un tale si fa dalla Turchia al Lazio con un vecchietto sulle spalle, poi aspetta il proprio Turno.
- Sono finiti i tavoli quadrati, così ne usano uno rotondo.
- Un tizio sbaglia strada. Ed è un inferno.
- Laura non ci sta.
- Durante la peste, tre uomini e sette donne se la spassano.
- A Canterbury si chiacchiera.
- Un principe può fare il cazzo che gli pare.
- Una tizia non sta zitta per mille notti di fila e il re non ne può più.
- La tipa non lo caga e allora lui spacca tutto.
- Liberano Gerusalemme, senza sapere che tanto lì ci saranno casini per altri mille anni.
- Un tale sbrocca e non sa più il verbo essere.
- Un idiota fa a botte con un mulino.
- Due ragazzi si innamorano e così muore mezzo Veneto.
- Un tizio gira un casino e poi torna a casa.
- Un tale ha un'idea inFaust.
- Mettere insieme pezzi di morti non è una grande idea.
- Nonostante tutto, si sposano.
- Non ci sta nemmeno Silvia.
- A Natale cantano e così un tizio passa la notte in bianco.
- Una balena mangia la gamba a uno, poi ha ancora fame e si mangia anche il resto.
- Una bambina si cala una pastiglietta, così parla ai conigli.
- Prima c'è la guerra e poi c'è la pace.
- Prima c'è un delitto e poi c'è un castigo.
- Prima uno è buono e poi è cattivo.
- Un anemico ha bisogno di sangue e allora pianta un casino.
- Uno è bello, ma ha un quadro brutto in soffitta.
- Un bambino fa la bestia.
- A Venezia si muore.
- Un tale mangia pesante e il giorno dopo si sente uno scarafaggio.
- Un tipo cerca il tempo perduto e ne fa perdere un sacco pure a noi.
- Ulisse si ritrova a Dublino. E sua moglie sempre lì a tessere.
- Un tizio non ha voglia di far niente, così si inventa una religione.
- Si muore anche a Orano.
- Un fratello non si fa i cazzi suoi.
- Un principino rompe il cazzo a tutti, poi per fortuna muore.
- Bastava usare un'aquila.
- Le mosche portano sfiga.
- Un imperatore fa lo sborone.
- Un tale sale su un albero e non sa più come scendere.
- C'è gente che sta sola per un secolo, ma non è sola.
- Nei conventi si muore male.
- Un pagliaccio non fa ridere, così lo crepano di mazzate.
- Prima non ci vedono, poi ci vedono di nuovo.
- Uno sfregiato ha più culo che anima.
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gregor-samsung · 5 years ago
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Ogni bambino del nostro quartiere sogna di poter incontrare durante il sonno il "visitatore della notte". Non esiste alcun dubbio, è un personaggio vero, ma il suo regno fantastico si trova solo nei cuori innocenti. Nelle sere di festa e di Aid i nostri genitori ci dicono: "Lavati e va' a letto, leggi la Fatiha, esprimi un desiderio e mettiti a dormire. Forse avrai la fortuna di incontrare il visitatore della notte, che esaudirà i tuoi desideri..." Vari desideri si sono succeduti durante le diverse fasi della vita, suppliche passate direttamente dal cuore nelle mani del visitatore della notte... "O visitatore della notte, fa' chiudere la scuola e prenditi il nostro maestro." "O visitatore della notte, aprimi le porte del monastero e colmami di more." "O visitatore della notte, restaura le vecchie case del nostro quartiere." "O visitatore della notte, proteggici dalla povertà, dall'ignoranza e dalla morte." Un giorno, durante la mia infanzia, ho assistito a un grande corteo che attraversava il nostro quartiere. Al centro, in mezzo alle altre persone, vidi un uomo straordinario. Il quartiere era affollato di uomini, le donne in gran numero erano affacciate alle finestre, e le grida di gioia s'alternavano al suono dei flauti e dei tamburi. Il corteo passò davanti ai negozi, ai magazzini pubblici, al mulino, al forno, ai bagni, alla scuola elementare e a quella superiore, al sabil storico, al tunnel, alla zawiya, alle piazze, e anche alla taverna, alla fumeria e al cimitero. Alla vista di quell'uomo possente rimasi senza fiato, e il mio cuore si riempì di una gioia infinita. Ero fermamente convinto di una cosa e pensai: "Quell'uomo straordinario è il visitatore della notte, venuto espressamente per esaudire i miei desideri notturni." Urlai a più non posso con la mia voce sottile: "Viva il visitatore della notte! " Accadde ciò che non avrei mai immaginato: la gente si ammutolì, i visi si contrassero come se le persone avessero bevuto del succo di limone salato. L'imam della zawiya mi prese per l'orecchio e mi sussurrò: "Sei un bel mascalzone!" Il padrone dei magazzini pubblici ordinò a uno dei suoi guardiani: "Allontana quel maleducato..." Colmo di rabbia e di dolore, venni acciuffato e riportato a casa. Lì, profondamente afflitto, mi misi a sedere sul divano, con gli occhi intrisi di lacrime. A un certo punto, mio padre mi rimproverò serenamente: "Sciocco, ti sei dimenticato che il visitatore della notte si incontra solo nel sonno?!?"
Naghib Mahfuz, Il nostro quartiere, Feltrinelli (traduzione di Valentina Colombo, collana Universale Economica), 1991; pp. 86-87.
[1ᵃ edizione originale:حكايات حارتنا (Racconti del nostro quartiere), 1975 ]
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chez-mimich · 3 years ago
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NANDA VIGO: “GIOVANI E RIVOLUZIONARI”
Il titolo può trarre in inganno, poiché leggendolo si potrebbe pensare ad un saggio storico della casa editrice Il Mulino o magari di Laterza… Invece no, non si tratta di questo. “Giovani e rivoluzioni” (Ed. “Mimesis/le parole dell’arte”) è uno straordinario volumetto di pettegolezzi artistici e dico subito che uso il termine pettegolezzi in senso assolutamente positivo. Nanda Vigo, compagna di vita di Piero Manzoni (sì proprio l’autore della “merda d’artista”), è stata protagonista un po’ defilata della scena artistica a italiana tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta. Designer stravagante e “psichedelica”, conobbe e fu in contatto con tutti i più grandi artisti italiani dell’epoca e questo gustoso diario racconta degli incontri e degli scontri, delle consonanze e delle dissonanze, che l’autrice ebbe con loro. Potremmo aggiungere che il diario tratta anche “del personale e del politico”, come si sarebbe detto allora, e rende molto bene l’idea di cosa accadde tra Brera e New York, o forse sarebbe meglio dire tra il Bar Jamaica e il MoMa. Nanda Vigo ci racconta particolari gustosi e anche un po’ pruriginosi di un mondo che la maggior parte di noi ha conosciuto solo dai libri o dalle esposizione delle opere e che, raccontato da una protagonista, sembra essere molto meno leggendario e molto più godibile. Nel diario capita di leggere anche di persone vicine ai novaresi (sempre sonnacchiosi e indifferenti); è il caso dello spietato giudizio su Antonio Calderara che Nanda Vigo non esita a definire un frustrato. Per fortuna qualcun altro, vicino anche alla nostra città, come fu Guy Harlof risulta essere affabile e ospitale (aveva preso casa in Via dei Fiori Chiari a due passi da Brera e dal Bar Jamaica e spesso le serate degli artisti terminavano a casa sua). Chi altri avrebbe potuto ci avrebbe potuto svelare la passione di Manzoni per il sesso orale o raccontarci di Dada Maino nuda sdraiata su un letto che si finge Nefertiti per sedurre un ragazzo un po’ sbronzo? Ma naturalmente il fulcro di tutta la sua diaristica non che poteva che essere l’amato Piero, anzi “il” Piero, con l’articolo determinativo che caratterizza sempre il gergo milanese. Ma è proprio questo articolo che ci fa comprendere la prossimità di Nanda Vigo con i grandi dell’arte italiana del dopoguerra; insieme a Piero Manzoni ecco il Lucio (Fontana), con il quale la Vigo intrattenne anche rapporti di lavoro, il Giò (Ponti), che lavorò intensamente con lei, il Gianni (Colombo), il Bruno (Munari), ma anche l’Enzo (Biagi), il Gualtiero (Marchesi), il Nanni (Balestrini), l’Antonio (Porta) e poi ancora il Gian Maria (Volonté), il Franco (Maria Ricci), la Mariangela (Melato) il Nanni (Svampa) e si potrebbe continuare. Ai pettegolezzi gustosi si affianca una narrazione nostalgica dei tempi andati e indimenticabili, anni di creatività, di appassionato dibattito politico, giocato tutto negli ambienti della sinistra milanese. Oggi i giovani del titolo sono diventati vecchi o se ne sono andati e le “rivoluzioni” non si possono nemmeno immaginare, ma tutto questo patrimonio artistico, ideale e politico ci è stato lasciato come eredità spirituale. Se mi è concessa una riflessione digressiva, e forse poco pertinente, chissà quale patrimonio ci lasceranno la Meloni e Salvini…
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