#Pavolini
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libriaco · 1 year ago
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Basta una parola
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Scriveva Abatelunare, una decina di giorni fa, che spesso leggendo un libro si imparano delle parole nuove, e faceva riferimento a un toscanismo: costassù, trovato in una vecchia versione de Il ragazzo di Sycamore di Erskine Caldwell.
A me occorre poco, appena una parola, per impantanarmi in una serie di percorsi da cui poi faccio fatica a uscire; così è stato anche questa volta.
Infatti, in sintesi:
Da toscano conosco e uso la parola costassù, così come anche gli altri avverbi costì, costà, costaggiù; ricordo bene come, una decina di anni fa, me ne chiese il significato una collega, di madrelingua inglese, da poco arrivata a Siena.
Più di recente, saranno passati tre o quattro anni, durante una lettura condivisa de La vita agra del grossetano Luciano Bianciardi, le due amiche con cui leggevo, una di origine siciliana ma da anni a Napoli, l'altra veneta, mi chiesero lumi su due strane parole in cui si erano imbattute in quel testo: costì e costassù.
Ho chiesto ad Abatelunare chi avesse tradotto il libro, sospettando appunto un toscano, e mi ha indicato Marcella Hannau. Il mio sospetto era ben fondato, anche se non corretto, perchè la Hannau era nata a Trieste ma ha avuto frequentazione lunga e anche intima con la Toscana.
Le ricerche fatte mi hanno portato subito in ambiente fiorentino; la Hannau, traduttrice dall'inglese di oltre una settantina di libri, figlia di uno stakholder della Standard Oil, di famiglia ebraica, sposò molto giovane [nel 1921] Corrado Pavolini, nato a Firenze: regista, drammaturgo, critico letterario, poeta, librettista e traduttore. Corrado era figlio del professor Paolo Emilio, traduttore e docente universitario di Sanscrito, nato a Livorno da padre dell'isola d'Elba. La coppia frequentava l'ambiente culturale italiano del tempo: ci sono ad esempio foto degli anni '30, sulla spiaggia di Castiglioncello, sempre in Toscana (Livorno) in compagnia di Luigi Pirandello, Nicola De Pirro, Marta Abba, Maria Stella Labroca e Silvio D'Amico; le due famiglie, Hannau e Pavolini, frequentavano spiaggia, locali e ville di amici nella zona, già dalla fine degli anni 10 dello scorso secolo.
Corrado Pavolini era il fratello del gerarca fascista Alessandro, Ministro della Cultura Popolare e segretario del Partito Fascista.
Alessandro si rifiutò di aiutare il fratello e la cognata Marcella nel momento della promulgazione delle leggi razziali e Corrado e Marcella scapparono a Cortona (Arezzo) rifugiandosi nella villa dell'amico Debenedetti. A Cortona trovarono un buon nascondiglio anche gli Hannau, i genitori di Marcella, a cui offrì riparo il Vescovo, Monsignor Franciolini, direttamente nella sua abitazione.
Cortona piacque così tanto alla coppia Pavolini-Hannau che fecero della villa "del Bacchino" un loro punto di riferimento a guerra finita e poi, dal 1961, la loro residenza. Ecco come, con tutte queste frequentazioni toscane, la Hannau abbia potuto utilizzare parole ancora in uso nell'italiano del tempo, adesso segnalate dalla Treccani come semplici "toscanismi" vista la loro odierna più ristretta circolazione.
Restano da citare, in questi miei giri intorno alla coppia, due notiziuole "rosa": l'infatuazione per Corrado Pavolini, prima da parte di Anna Maria Ortese, poi di una sua carissima amica, Helle Busacca. [Interessante e rivelatrice questa pagina di Dario Biagi]. Su questo ramo della ricerca mi sono fermato, perché infiniti altri percorsi mi si sono aperti, relativi ai personaggi della cultura italiana dell'epoca e dei loro rapporti di amicizia, rivalità od odio.
Nonostante le ricerche sul web, non sono riuscito a trovare informazioni certe sulle date di nascita e di morte di Marcella Hannau; ho pensato allora di utilizzare il Copilot di Microsoft Bing. L'Inintelligenza Artificiale si è data da fare ma le date che cercavo non me le ha recuperate; in compenso ha tratteggiato un profilo, sintetico ma efficace, del marito Corrado. Peccato, però, che, da brava Inintelligenza, si sia confusa e abbia scritto i dati relativi ad Alessandro Pavolini, il gerarca titolare del MinCulPop e Segretario del Partito Nazionale Fascista, che fu processato per collaborazionismo, fucilato e poi esposto, insieme a Mussolini e alla Petacci, a Piazzale Loreto...
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*Aggiornamento del 29/03/2024: Corrado Pavolini e Marcella Hannau riposano ora l'uno accanto all'altra nel piccolo cimitero del Torreone al sommo della collina di Cortona.
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umbriasud · 2 years ago
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Spoleto, in mostra le foto scattate da Dacia Maraini
“Dacia Maraini. Viaggi nel mondo” è il titolo della mostra fotografica curata da Serafino Amato che sarà inaugurata sabato 13 maggio all’interno degli spazi del Museo archeologico nazionale e Teatro romano di Spoleto (Via Sant’Agata, 18/A) Saranno esposte circa cinquanta fotografie di grande e medio formato realizzate dall’autrice tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Sarà possibile…
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antoniocontent · 1 month ago
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ph: Maria Pavolini
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aurevoirmonty · 5 months ago
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« Dans la tranchéocratie il n'y a pas de charges, rien que des devoirs. Chaque rôle est fonction de l'idée, dans une structure vouée à l'impersonnalité active. À la fin, ce qui est décisif ce sont l'engagement, la sueur, la volonté et l'action.[…] Comme l'écrivit Pavolini lui-même, dans les Brigades « personne n'est devenu général et (..) plusieurs colonels ont renoncé à leur grade pour militer dans le rang. Les Brigades Noires sont une armée sans galons, puisque nous sommes des squadristes convaincus qu'un commandant ne l'est que s'il commande et si on lui obéit, autrement il n'y a pas de grade qui tienne. » »
Adriano Scianca, 2019
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ama-god · 1 year ago
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GIUSTIZIATO!!!
Il 27 aprile del 1945, a Musso, Mussolini viene pizzicato e arrestato insieme all'amante Claretta Petacci.
Viene beccato su un camion dell’esercito tedesco, dopo un rozzo tentativo di mascherarsi con addosso un cappottone militare. Troppo voluminoso per un tracagnotto come lui.
L’autocolonna nazifascista viene bloccata dallo sbarramento della 52esima Brigata Garibaldi all’uscita di Musso, località a un chilometro da Dongo, sul lago di Como.
Un passo indietro.
Fino al 18 aprile Mussolini se ne sta rintanato tra le mura del Palazzo Feltrinelli di Gargnano, un comune vicino a Brescia, da dove si illude di guidare la Repubblica Sociale Italiana, uno stato-caricatura filo-nazista creato nel settembre del 1943 in seguito all’Operazione Quercia.
È la missione con cui i nazisti liberano Mussolini, tenuto prigioniero sul Gran Sasso, dopo che nel luglio del ‘43 il Gran Consiglio del Fascismo ne decide l’arresto.
Nel panico gioca l’ultima carta tentando di barattare la propria incolumità con il Comitato di Liberazione Nazionale. L’unica proposta che riceve dai suoi interlocutori è la resa incondizionata.
Il 25 aprile del ‘45 a Milano viene proclamata l’insurrezione generale. Il Duce non ha scampo. Ha le ore contate. A Menaggio, in provincia di Como, Mussolini e la Petacci, si aggregano a una colonna di soldati tedeschi in ritirata verso Nord.
E’ la fuga, direzione Svizzera. O forse Germania.
Ma nel pomeriggio del 27 aprile finisce per sempre la sua carriera criminale.
Con lui, i partigiani arrestano altri 52 fascistissimi, tutti immediatamente trasportati nel municipio di Dongo.
Sulla base del proclama «Arrendersi o perire», foglio n. 245 del 4 aprile 1945, tutti gli arrestati sono immediatamente passibili della pena di morte.
Mussolini, insieme a Claretta Petacci, viene trasferito per la notte prima nella caserma della guardia di finanza di Germasino, poi presso la famiglia contadina dei De Maria, a Bonzanigo.
Il giorno dopo i partigiani chiudono il conto con l’uomo che ha fatto sfracellare l’Italia in Guerra e in una dittatura spregevole.
Il plotone di partigiani incaricato di fare giustizia è comandato dal colonnello Valerio, al secolo Walter Audisio, per ordine dei capi del Comitato di Liberazione Nazionale dell'Alta Italia.
Prelevati dall’abitazione dei De Maria, Mussolini e la Petacci vengono condotti nella località di Giulino di Mezzegra.
Alle 16 e 30 del 28 aprile 1945 l’esecuzione. I partigiani sparano. Mussolini è morto. Stessa sorte per la Petacci.
Ma c’è da finire il lavoro.
A Dongo, gli altri condannati a morte, precisamente, Barracu, Bombacci, Calistri, Casalinovo, Coppola, Daquanno, Gatti, Liverani, Mezzasoma, Nudi, Pavolini, Porta, Romano, Utimperghe, Zerbino, vengono portati nella piazza davanti al lago e fucilati.
«Giustizia è fatta!»
— Alfredo Facchini
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curiositasmundi · 1 year ago
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Il “25 Aprile” del Veneto impiega almeno tre giorni per arrivare. I giornali continuano a nascondere la verità: “I sovietici ricacciati in contrattacco”, titola il Gazzettino del 25. Cadono le bombe su Santa Maria di Sala, Chioggia e Pellestrina. Il giorno dopo spazio ai “riti per San Marco nella Basilica d’oro”. E al cinema Santa Margherita “Il perduto amore, grande film a colori”, commedia tedesca con l’italiana Germana Paolieri: lei ama lui ma sposa l’altro, quando il primo ritorna il marito la lascia libera, ma lei si accorge di amare il marito che intanto muore! Soltanto il 27 aprile s’incomincia a capire qualcosa, quando in prima pagina compare l’annuncio del Comando tedesco alla popolazione di Venezia: “Qualora i combattimenti attualmente in corso dovessero avvicinarsi alla città di Venezia, e il nemico non porterà la lotta in città e la popolazione si comporterà in maniera assolutamente tranquilla, le FF. AA. germaniche non svolgeranno alcuna azione bellica e non eseguiranno distruzioni”. Il 28 aprile si capisce tutto. Esce il numero straordinario “Fratelli d’Italia-Il Gazzettino” firmato dal Comitato di Liberazione Nazionale che “dichiara iniziata anche nella provincia di Venezia la insurrezione nazionale per la liberazione del Paese dal giogo degli invasori tedeschi e dei traditori fascisti”. Il giornale dà anche altre notizie sorprendenti: “Mussolini Farinacci Pavolini e Graziani sono stati arrestati dai Volontari della Libertà”. [...]
Il Gazzettino di Padova 25/4/15
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Padova 30/04/1945
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collasgarba · 2 years ago
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Anche il SIS monitorava le attività del movimento clandestino fascista
Il Direttorio nazionale del Partito fascista repubblicano si riunisce per la seconda ed ultima volta il 3 aprile 1945, a giochi ormai conclusi <1272. Più forte della consapevolezza dell’imminente capitolazione era la volontà di lasciare una propria impronta sul Paese <1273: nella relazione finale sullo stato del partito di Pavolini si rivendica la volontà di resistere fino all’ultimo, potenziando…
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lesser-known-composers · 1 year ago
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Franz Krommer (1759 - 1831) - String Quartet Op. 53 No. 2 in A major: I. Allegro ·
Quartetto di Milano :
Thomas Wicky-Stamm · Alessandra Fusaro · Claudio Pavolini · Graziano Beluffi · ·
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jacopocioni · 3 months ago
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Antonio Neri e i carteggi in suo possesso
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Antonio Neri abitava in via Santa Reparata 31 a Firenze, il documento che lo attesta è dell’ anagrafe e risale al primo aprile 1940. Antonio partecipò sia al Primo che al Secondo Conflitto mondiale. Ricevette una medaglia di bronzo al valore che si guadagnò in Russia e che ebbe direttamente dalle mani dal Principe di Piemonte Umberto di Savoia nel 1945. Nel 1965 ebbe un attestato dal Ministero della Difesa, un’ Onorificenza Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana firmato da Giulio Andreotti, all'epoca ministro della difesa. A parlarne è il nipote Mario Altieri, che dalla nonna Antonietta Neri ricevette un memoriale rimasto inedito per molti anni e scritto da Luigi Canali, purtroppo a macchina e non firmato, dunque il dubbio sull’autenticità di questo documento è rimasto.
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Luigi Canali appartenne al Comitato di Liberazione Nazionale (CNL) e fu il fondatore della 52esima Brigata Garibaldi. Il memoriale fu spedito ad Antonio Neri nella speranza che coloro che lo avrebbero ucciso, sarebbero stati perseguiti per legge. Canali venne fermato durante la guerra perché si sospettava avesse tradito i suoi compagni partigiani e per questo venne condannato a morte in contumacia. L’importanza del memoriale di Canali è che rivela alcuni fatti inediti accaduti a Dongo e sulla morte di Mussolini. Per questo Canali risultò un personaggio scomodo.
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Mussolini travestito da soldato tedesco si nascose in un camion, cercando di mettersi in salvo. Alla testa dell’autocolonna c’era Alessandro Pavolini segretario del Partito Fascista Repubblicano. Pavolini nel 1922 partecipò alla Marcia su Roma, e nel 1929 divenne federale a Firenze, nato in questa città nel 1903, morì poi a Dongo dopo essere stato fermato con il duce. L’autocolonna trasportava anche i beni personali del dittatore e i fondi riservati della Repubblica Sociale. Gioielli, oro, assegni, valuta estera e nazionale. Mai si è saputo con certezza il valore esatto, che va secondo le stime da qualche milione a qualche miliardo di euro attuali, tutti i beni vennero confiscati, insieme a delle valigie con all’interno custodivano documenti riservati. Due partigiani, Urbano Lazzaro e Pier Luigi Bellini Delle Stelle riferirono di aver visto dei fascicoli conservati nella valigia: documenti per il passaggio di Mussolini in Svizzera, verbali sul processo di alcuni cospiratori fascisti della congiura del 25 luglio del '43, documentazione sulla presunta omosessualità di Umberto di Savoia, documenti sulla questione politica dei territori rivendicati dalla Jugoslavia, della corrispondenza tra il duce e Hitler e il Carteggio segreto con Churchill, di cui è rimasta solo la leggenda, per altro ampiamente sfatata da seri studiosi del settore come Mimmo Franzinelli. Probabilmente anche questo memoriale e le testimonianze ad esso collegate sono un tentativo di frode da vendere al miglior incauto offerente, così come accadde per il famoso Carteggio, venduto più volte a diverse famose testate giornalistiche, ma che mai lo ricevettero. I pochi documenti mostrati dai possessori erano chiaramente dei falsi, visto che contenevano gravi errori di ortografia.
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Riccardo Massaro Read the full article
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jgmail · 7 months ago
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El Evangelio según Lukács
Por Claudio Mutti
Traducción de Juan Gabriel Caro Rivera
György Lukács, alias Georg Löwinger (1885-1971), desempeño funciones gubernamentales en dos breves y distintos momentos de su existencia: en 1919, en la época de la llamada «República de los Consejos» presidida por Béla Kun, cuando fue Comisario del Pueblo para la Educación, además de comisario político de la Quinta División Roja; después, en 1956, cuando, como miembro del Círculo Petöfi y del Comité Central del Partido Comunista, fue Ministro de Educación en el primer gobierno de Nagy.
Sin embargo, su intervención más incisiva, más violenta y más devastadora en la vida cultural húngara tuvo lugar en el bienio democrático 1945-1946, cuando regresó a Hungría y fue diputado y miembro de la dirección de la Academia de Ciencias, así como profesor de estética y filosofía de la cultura en la Universidad de Budapest. El vástago del banquero József Löwinger se convirtió entonces en «un verdadero director de conciencias, un dictador espiritual, un dictador relativamente liberal cuya palabra era ley. (...) Era la prueba viviente de la tolerancia del régimen hacia las mentes más sutiles» (1). Otro famoso «judío errante» (2) nacido en Hungría (primero marxista, luego católico y finalmente, por supuesto, liberal) lo describe en estos términos casi idílicos: Ferenc Fischel, alias François Fejtö, fundador con Raymond Aron del Comité de Intelectuales por una Europa de las Libertades. El concepto de libertad de Fischel-Fejtö puede deducirse de lo que escribe sobre la acción político-cultural de György Löwinger-Lukács; según él, «quería hacer del Partido Comunista el mecenas y protector de todas las actividades culturales, un centro de acopio para llevar a cabo las grandes reformas: democratización y modernización de la enseñanza, ampliación de las bases de la cultura, emancipación del espíritu. Era la época del pluralismo y del “diálogo”» (3).
Ante una apología tan sentida, uno se queda sencillamente estupefacto, si se piensa que el «pluralista» Lukács fue el consejero más autorizado de la comisión encargada de compilar el Catálogo de la prensa fascista y antidemocrática, un auténtico Index librorum prohibitorum que se dividió en tres partes publicados entre 1945 y 1946 en varias ediciones por el Departamento de Prensa de la Oficina del Primer Ministro. En aquella época gobernaba una coalición de mayoría centrista, presidida por un clérigo que pertenecía al Partido de los Pequeños Propietarios.
El Catálogo nació del mismo espíritu inquisitorial que unos años más tarde produciría el infame libro de Lukács Die Zerstörung der Vernunft (El asalto a la razón), pero tenía una función eminentemente práctica: señalaba a las autoridades policiales los textos que debían ser requisados en librerías y bibliotecas privadas para ser enviados a la industria de la pasta y el papel, en aplicación del Decreto 530 emitido el 28 de abril de 1945 por el gobierno del General Béla Miklós (el Sumo Sacerdote húngaro), un decreto relativo a la «prensa fascista y antidemocrática». En las bibliotecas públicas, los libros indexados debían trasladarse a departamentos especiales, no accesibles a los lectores ordinarios.
El Catálogo (más de 160 páginas en total) enumera por orden alfabético libros y revistas, folletos y partituras, incluso carteles de propaganda y octavillas impresos en las dos últimas décadas. No se trata sólo de textos húngaros, sino también de ediciones alemanas, italianas, francesas, inglesas y españolas, que tuvieron cierta difusión en Hungría en el periodo de entreguerras.
Entre las obras del índice, además por supuesto de los Protocolos de los sabios de Sión y toda la literatura sobre la cuestión judía, figuran los escritos de Hitler y Mussolini, Joseph Goebbels y Alfred Rosenberg, Pavolini y Farinacci, así como del líder crucificado Ferenc Szálasi. Pero también hay libros de célebres figuras literarias húngaras como József Erdélyi (el poeta nacional-popular ya condenado en la época horthista) o Cecil Tormay (el cuentista que tradujo del italiano a Gabriele d'Annunzio). Entre los autores no húngaros figuran Berdjaev, Céline, Chesterton, Gide, Panait Istrati, Keyserling, Malynski, Maurras, Moeller van den Bruck, Ossendowski, Carl Schmitt, Werner Sombart y Othmar Spann. Entre los italianos, en particular, podemos mencionar a Giuseppe Bottai, Armando Carlini, Ernesto Codignola, Enrico Corradini, Carlo Costamagna, Julius Evola, Arnaldo Fraccaroli, Giovanni Gentile, Balbino Giuliano, Salvator Gotta, Guido Manacorda, Mario Missiroli, Romolo Murri, Alfredo Oriani, Sergio Panunzio, Giovanni Papini, Concetto Pettinato, Giorgio Pini, Giovanni Preziosi, Carlo Scarfoglio, Nino Tripodi y Gioacchino Volpe.
El «plan para ampliar las bases de la cultura» de Lukács incluía también la compilación de la tristemente célebre Lista B, una lista de intelectuales que no eran «políticamente correctos», condenados al silencio y a la muerte civil.
Entre las víctimas más ilustres de la lista de proscritos ideada por Lukács nos gustaría recordar a Béla Hamvas (1897-1968). Sándor Weöres, el Rimbaud magiar, le llamaba «mi maestro»; el filósofo Botond Szathmári le calificaba de «continuador de la tradición platónica». Béla Hamvas, que fue el primero en dar a conocer en Hungría las obras de Guénon y Evola, ha sido señalado en repetidas ocasiones por su parentesco espiritual con los maestros del «tradicionalismo integral»; su obra maestra Scientia Sacra, una gran obra de síntesis que bien podría compararse con libros como La crisis del mundo moderno o Revuelta contra el mundo moderno, merece una mención. Autor prolífico y polifacético, Béla Hamvas reanudó su actividad cultural tras la guerra publicando una antología de la literatura universal, Anthologia Humana, que alcanzó su tercera edición. A continuación, supervisó la publicación de una serie de libros de bolsillo (los «Pequeños Cuadernos de la Tipografía Universitaria») que dieron a conocer al público húngaro no sólo a los presocráticos y neoplatónicos, sino también a autores como Heidegger y Heisenberg, hasta entonces prácticamente desconocidos en el país del Danubio. Pero la serie editada por Hamvas fue prohibida por Lukács, que mandó enviar a al horno los volúmenes ya impresos y ordenó la destrucción de las impresiones. Con diligente escrupulosidad, Lukács también hizo destruir los tomos de un volumen sobre Heidegger que aún no había entrado en imprenta, tras haber tachado ex cathedra al autor de Sein und Zeit de «líder del sombrío existencialismo fascista». Calificado sumariamente (y falsamente) por Lukács como «el más turbio devoto del neomisticismo húngaro», Béla Hamvas fue despedido de la Biblioteca de la Capital, de la que era funcionario, y se vio obligado a ganarse la vida como jornalero agrícola y luego como mozo de un almacén en una empresa de construcción de centrales eléctricas. Pero esto no tenía por qué significar mucho para un hombre que solía decir: «En todas partes hay un Eje».
Volviendo a Lukács, nos parece interesante una sugerencia de Róbert Horváth, que sitúa el origen de la pronunciada vocación de Lukács por el sadismo persecutorio en una especie de devoción religiosa («subreligiosa») invertida e impregnada de un «espíritu» parroquial. Por nuestra parte, hemos encontrado una expresión en uno de los escritos juveniles de Lukács que casi parece anticipar, como una lúcida declaración programática, el ascetismo criminal del futuro inquisidor: «Para salvar el alma», escribe Lukács, «hay que sacrificar el alma misma: hay que convertirse, partiendo de una ética mística, en un feroz Realpolitiker y violar no una restricción artificial, sino el mandamiento absoluto: “No matarás”» (4). Sic.
De hecho, en la obra de Lukács no faltan elementos que confirmen la indicación de Róbert Horváth. Al contrario, en ella es posible percibir ese contenido «negativamente espiritualista y (...) maléficamente religioso» (5) que según Emmanuel Malynski caracteriza «el llamado materialismo histórico» (6); o más bien, esa marca que Guénon consideraba típica de la «contrainiciación»: una marca claramente visible allí donde se desfigura la imagen de lo sagrado y donde se distorsiona o falsifica el sentido de las doctrinas espirituales. Róbert Horváth se detiene en el caso concreto de la lectura que Lukács hace de Meister Eckhart, pero la investigación podría desarrollarse también en relación con otros maestros espirituales, como Plotino y Proclo, a los que Lukács trató de instrumentalizar junto con Eckhart: y no sólo a lo largo de la fase «juvenil» de su actividad (7), hasta Geschichte und Klassenbewusstsein (8), sino también en los años de la llamada «ortodoxia» (9).
Por otra parte, es más que explícita en Lukács una concepción del marxismo que Guénon habría definido como «contrainiciatica»: «Parece esencial al socialismo – escribe Lukács – esa fuerza religiosa capaz de llenar el alma que distinguía al cristianismo de los orígenes» (10). Tampoco faltan en esta caricatura del cristianismo los aspectos escatológicos y mesiánicos, hasta el punto de que si Marianne Weber ya reconocía en el joven Lukács al «mensajero escatológico» de una nueva era (11), Paolo Manganaro ha podido detenerse más ampliamente en estos rasgos del marxismo de Lukács: «Lukács se adhiere a un modelo de socialismo quiliastico, mítico y religioso (...) Para Lukács es decisivo que la clase mesiánica (la Messiasklasse) haya hecho su entrada en la historia: el presente es así el comienzo, la puerta de la utopía. (...) en Lukács la Kultur está cargada de un elemento místico fácilmente discernible. (...) El primer borrador de ¿Qué es el marxismo ortodoxo? desarrolla una dialéctica mesiánica del “cumplimiento esperado” de la revolución» (12).
Desde que Paul Vulliaud, estudioso de la Cábala hebrea, publicara en 1938 su estudio sobre la «propaganda mística de los comunistas», poco se ha hecho por explorar este tema. Aparte de los trabajos de Richard Wurmbrand, Jacques Bergier, Jean Robin y algunos otros, así como algunos artículos de divulgación propios, las investigaciones más serias y orgánicas sobre la subreligión comunista accesibles al lector italiano son sin duda las de Aleksandr Dughin (13) y Nicola Fumagalli (14). El primero ha puesto de relieve la influencia ejercida por aquella doctrina neoespiritualista que en Rusia recibió el nombre de «cosmismo», mientras que el segundo, basándose en la obra de Giorgio Galli, ha intentado rastrear elementos de origen esotérico en el pensamiento político de la izquierda rusa anterior a 1917. Una exploración del pensamiento de Georg Löwinger-Lukács a la luz de los datos e indicios mencionados podría completar válidamente las escasas nociones que hasta ahora se han recogido sobre las «raíces ocultas» del marxismo y las implicaciones pseudorreligiosas del bolchevismo.
Notas:
1. F. Fejtö, Ungheria 1945-1957, Torino 1957, pp. 122-123.
2. Fejtö Judío errante es el título con el que «Il Giornale» (Milán) del 26 de junio de 1997 publicó una larga entrevista con François Fejtö, también colaborador del mismo periódico.
3. F. Fejtö, op. cit., pp. 30-31.
4. Gy. Lukács, Lettera a Paul Ernst, 4 maggio 1915, rip. en: Gy. Lukács, Schriften zur Ideologie und Politik, Neuwied und Berlin 1967, pp. 10-11 nota. La carta traducida se puede encontrar en: Gy. Lukács, Epistolario 1902-1917, Roma 1983, pp. 359-363.
5. E. Malynski, La guerra occulta, Padova 1989, p. 153.
6. Ibidem.
7. Cfr., ejemplo: Gy. Lukács, Epistolario 1902-1917, cit., pp. 159, 188, 202, 204, 230, 247.
8. Gy. Lukács, Storia e coscienza di classe, Milano 1967, p. 272.
9. Cfr., por ejemplo: Gy. Lukács, Megjegyzések egy irodalmi vitához. Az Uj Magyar kultúráért, Budapest 1948; rist. en: Gy. Lukács, Magyar irodalom – Magyar kultúra, Budapest 1970, p. 453.
10. Gy. Lukács, Esztétikai kultúra, cit. en: István Mészáros, Philosophie des Tertium datur und Coexistenzdialogs, en Festschrift zum 80. Geburstag von Georg Lukács, Neuwied und Berlin 1965.
11. M. Weber, Max Weber. Ein Lebensbild, Tübingen 1925, p. 509.
12. P. Manganaro, Introduzione a: Gy. Lukács, Scritti politici giovanili 1919-1928, Bari 1972, pp. XI-XIX.
13. A. Dughin, Continente Russia, Parma 1991.
14. N. Fumagalli, Cultura politica e cultura esoterica nella sinistra russa (1880-1917), Milano 1996.
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antoniocontent · 1 year ago
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Macro Asilo, Rome 2018-2019
An authentic experience of Open Museum, Macro Asilo was a rare, original project aimed at expanding the social role of contemporary art in public space.
Directed by anthropologist Giorgio de Finis, it was open to artists, intellectuals, communities and individual citizens willing to share their contribution to the program, in a continuous confrontation of practices, ideas, performances and creative environments.
With hundreds of events and more than 300.000 visitors thoughout 16 months of activity, it turned out to be by far the most disruptive and successful cultural project promoted by the city of Rome in decades.
ph: Antonio Pavolini
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awesome-disposition · 1 year ago
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Tutti Insieme All'Improvviso (2016)
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Regia: Francesco Pavolini
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confrontodemocratico · 1 year ago
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La portavoce del ministero degli Esteri di Mosca dopo lo scherzo telefonico: «Meloni giustifica la glorificazione dei fascisti ucraini»
La bordata di Maria Zakharova alla premier: «Pronta a glorificare anche Achille Starace o Achille Pavolini?» Lo scherzo telefonico dei due comici russi Vovan e Lexus alla premier Giorgia Meloni continua a far discutere. Nel dibattito è intervenuta anche la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, puntando il dito contro la premier per la mancata condanna delle correnti…
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andreaferratometabox · 2 years ago
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Intuizioni da osservare Pavolini / Piscopo / Marinozzi per METABOX ᴍᴇᴛᴀʙᴏx.ᴢᴏɴᴇ — view on Instagram https://ift.tt/eMYal89
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bagnabraghe · 2 years ago
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Anche il SIS monitorava le attività del movimento clandestino fascista
Il Direttorio nazionale del Partito fascista repubblicano si riunisce per la seconda ed ultima volta il 3 aprile 1945, a giochi ormai conclusi <1272. Più forte della consapevolezza dell’imminente capitolazione era la volontà di lasciare una propria impronta sul Paese <1273: nella relazione finale sullo stato del partito di Pavolini si rivendica la volontà di resistere fino all’ultimo, potenziando…
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collasgarba · 1 year ago
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Tra le militanti di Salò si potevano contare anche numerose “irregolari”
[…] soltanto con la Rsi e in seguito alla risposta delle donne agli appelli alla loro mobilitazione, nel corso della prima riunione del Direttorio Nazionale del Pfr, tenutasi a Brescia il 1 marzo 1944, Pavolini preannuncia ufficialmente la reale possibilità di costruire un corpo ausiliario femminile, tratteggiandone per la prima volta gli ambiti d’azione:“Il Direttorio Nazionale ha preso atto con…
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