#resilienza dell’anima
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pier-carlo-universe · 12 days ago
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Distolto il tuo sguardo di Maria Pellino. Un viaggio poetico tra rinascita e dolore. Recensione di Alessandria today
Maria Pellino, validissima collaboratrice di Alessandria Today, ci regala una poesia intensa e suggestiva, Distolto il tuo sguardo, in cui esplora temi profondamente umani come il potere, il dolore e la rinascita
Maria Pellino, validissima collaboratrice di Alessandria Today, ci regala una poesia intensa e suggestiva, Distolto il tuo sguardo, in cui esplora temi profondamente umani come il potere, il dolore e la rinascita. Attraverso immagini evocative e un linguaggio potente, l’autrice trasporta il lettore in un viaggio emotivo fatto di contrasti e di un delicato equilibrio tra fragilità e…
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notiziariofinanziario · 14 days ago
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Sunset Boulevard è una delle strade più iconiche di Los Angeles: è molto più di un semplice percorso che attraversa la città. Questo viale, lungo circa 35 chilometri, collega il centro della metropoli all'oceano Pacifico, passando per quartieri che incarnano il sogno californiano e la cultura pop globale. Sunset Boulevard non è solo una strada, è un simbolo di Hollywood, della libertà e dell’energia creativa che definiscono Los Angeles. Resa immortale dal film "Sunset Boulevard" del 1950, diretto da Billy Wilder, la strada è un elemento chiave del mito hollywoodiano: un luogo dove i sogni possono avverarsi o crollare miseramente. Il tratto noto come Sunset Strip, nel quartiere di West Hollywood, è forse il più celebre. Negli anni '60 e '70, la Strip è stata il cuore pulsante della controcultura, frequentata da musicisti, artisti e ribelli. Club leggendari come il Whiskey a Go Go e il Roxy Theatre hanno visto nascere o esibirsi icone come i Doors, Jimi Hendrix e David Bowie.  Chi vive su Sunset Boulevard La strada è una combinazione di sfarzo e normalità. Da una parte ci sono ville lussuose nascoste tra le colline di Beverly Hills e Bel-Air, abitate da star del cinema, magnati e imprenditori della tecnologia. Dall’altra, Sunset attraversa anche quartieri più accessibili, dove il fascino di Los Angeles si mescola con la vita quotidiana. Negli anni, personaggi del calibro di Marilyn Monroe, Elvis Presley e Frank Sinatra hanno vissuto nei pressi di Sunset Boulevard. Oggi, molte celebrità continuano a risiedere nelle sue vicinanze, attratte dalla bellezza paesaggistica e dalla vicinanza alle aree più glamour della città. Sunset Boulevard oggi: gli incendi Gli incendi che stanno colpendo Los Angeles hanno devastato porzioni significative di Sunset Boulevard, soprattutto nelle aree più vicine alle colline. Alberi, insegne e perfino alcune strutture iconiche sono state distrutte o danneggiate. Il paesaggio, un tempo verdeggiante e scintillante, oggi è segnato da fumo e cenere. Le autorità locali stanno lavorando per contenere le fiamme, ma il danno è già significativo. Sunset Boulevard, simbolo di resilienza e trasformazione, affronta una delle sue prove più difficili.  Un futuro da ricostruire  Nonostante la tragedia, Sunset Boulevard ha dimostrato più volte la capacità di rinascere. Dalle epoche d'oro del cinema al declino della controcultura, la strada ha sempre rappresentato un microcosmo dell’anima di Los Angeles. Read the full article
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cinquecolonnemagazine · 9 months ago
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Ad Maiora - Storie di resilienza: Nutrire l’anima
Una rete di persone, di volontari che si mettono a disposizione di altre persone. Un luogo che offre cibo, accoglienza e ascolto nella convinzione di come, oltre il corpo, sia necessario nutrire l’anima. Il 6° episodio della 4^ stagione di AD MAIORA - Storie di resilienza racconta la bellezza dei rapporti umani, della solidarietà e del sostegno reciproco che mette in campo ogni giorno l’Antoniano di Bologna. https://www.youtube.com/watch?v=PaOO3yglteM&t=3s Una grande “macchina” solidale, nata da un’idea di Padre Ernesto e oggi portata avanti da Fra Gianpaolo Cavalli direttore dell’Antoniano, che con tutti i collaboratori si prende cura degli ultimi facendoli sentire parte di una comunità accogliente, capace di dare loro ascolto e supporto a 360 gradi.  Tutto parte dalla mensa: un posto dove trovare il calore delle relazioni e dei sorrisi dei volontari che la rendono un luogo sicuro e umano. Non un punto d’arrivo ma di approdo perché il pasto è solo il primo dei servizi offerti dall’Antoniano alle persone fragili della città, stranieri e italiani, che qui possono trovare mani tese pronte ad accoglierle.  Un luogo di cura dell’anima dove il cibo si fa strumento di condivisione e relazione verso la comprensione dei bisogni della persona.  Read the full article
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culturaoltre · 1 year ago
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"Nella casa del vento" - lettura di Mariantonietta Valzano
Siamo immersi in un tempo fatto di guerra e di resistenza, di pandemia e di vaccini, pieno di difficoltà socio-economiche, di piani di ripresa e di resilienza, tempi bui e difficili con soluzioni di flebili luci alla fine del tunnel. Allora perché la poesia? Perché il pensiero scritto tra le righe di una pagina, che ha le radici nelle pieghe dell’anima? Che utilità ha la poesia? Ha il pregio di…
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emilianobertelli · 1 year ago
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personal-reporter · 2 years ago
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Luoghi dell’Anima 2023 a Rimini
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Dal 10 al 17 giugno, Santarcangelo di Romagna, Rimini e Pennabilli ospiteranno la quarta edizione del Festival internazionale del cinema sui territori e la bellezza Luoghi dell'anima - Italian Film Festival, ideato in occasione del centenario della nascita del poeta, scrittore e sceneggiatore Tonino Guerra. Ideato da Andrea Guerra, per valorizzare le opere cinematografiche in cui l’ambientazione è protagonista, nell’osmosi tra territorio, memoria, immaginazione e racconto. Scopo del Festival è mettere in evidenza quella perfetta fusione di spirito e materia che i luoghi dell’anima rappresentano e che abita nella complessità e nella diversità delle storie del cinema, attraverso la sperimentazione di nuovi linguaggi e un lavoro di ricerca sui temi della resilienza ambientale e umana, contribuendo così alla riflessione sociale e antropologica, culturale e artistica.  Nel connubio tra Luoghi dell’anima e Musica, tra Cinema e Letteratura saranno presenti molti protagonisti della scena artistica non solo italiana, come Ferzan Ozpetek, Noemi, Pupi Avati, Luigi Lo Cascio, Riccardo Milani, Carmen Yanez Sepùlveda, Caterina Caselli, Noemi, Omar Pedrini, Tosca e Rossana Luttazzi. Saranno 5 titoli a contendersi i premi del Concorso per lungometraggi Opere Prime e Seconde, giudicati dalla Giuria presieduta dal giornalista e sceneggiatore Andrea Purgatori con le registe e sceneggiatrici Elisa Amoruso e Francesca Comencini, e sono rispettivamente Romantiche di Pilar Fogliati, Io vivo altrove di Giuseppe Battiston, Piano piano di Nicola Prosatore, Margini di Niccolò Falsetti, Settembre di Giulia Steigerwalt. Gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Urbino,  insieme ai membri di La valigia dell’attore, centro di cinema e teatro di Santarcangelo di Romagna e le spettatrici e gli spettatori che li visioneranno al Museo Il Mondo di Tonino Guerra, sceglieranno invece i vincitori del Concorso Cortometraggi guidati dal Presidente di giuria il professor Raffaele Milani. Oltre ai Lungometraggi e Corti in competizione, nel ricco cartellone figurano 6 Proiezioni Speciali e 4 film nella sezione internazionale, che sono Terra e polvere di Li Ruijun, Godland-Nella terra di Dio di Hlynur Palmason, La pantera delle nevi di  Marie Amiguet e Vincent Munier, Tempo di viaggio di Andrej Tarkovskij e Tonino Guerra. Momenti speciali sono previsti nelle serate all’Arena Sferisterio di Santarcangelo di Romagna all’insegna di proiezioni, interviste, premiazioni e concerti live e per il gran finale di sabato 17 giugno, dopo l’assegnazione dei riconoscimenti, salirà sul palcoscenico Tosca con la sua band. Uno sguardo ravvicinato è rivolto infine alla selezione Emilia Romagna dedicata al cinema del territorio finanziato dall’Emilia-Romagna Film Commission con  4 lungometraggi e 2 cortili, mentre gli appuntamenti pomeridiani che si terranno nel Cortile del Fellini Museum di Rimini ospiteranno gli autori di recenti monografie editoriali o discografiche. Read the full article
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susieporta · 2 years ago
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Il corpo è connesso al tempo dell’Anima
E parla ciò che dall’inconscio è pronto ad emergere
Senza chiedere il permesso alla mente.
Ecco che ci troviamo davanti a sintomi
Spesso importanti
Spesso letali
Spesso lunghi
Che segnano un percorso
Un cambiamento.
Qualcosa non è più funzionale
A chi sei oggi
Dicono i sintomi.
Qualcosa di cui ti devi accorgere e integrare
Nel tuo quotidiano
Nella tua vita
Cresciamo, il corpo cambia,
I bisogni si fanno sentire di più
Non puoi non ascoltare
Il cambiamento interiore
Del cammino umano.
La stessa resilienza ci parla di questo
La forza di sostenere il processo
Qualunque esso sia.
In questo anno cosmico di purificazione
Siamo tutti chiamati a guardare
Ciò che più temiamo.
Passerà?
Ollin
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en-t-r-o-p-i-a · 3 years ago
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LA “FILOSOFIA DELLA RIPARAZIONE”
KINTSUGI: L’ARTE DI IMPREZIOSIRE LE CREPE.
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Siamo in Giappone nel XV secolo, quando Ashikaga Yoshimasa, l’ottavo shogun (dittatore militare) della regione di Ashikaga, ruppe la sua tazza preferita e la mandò a riparare, dobbiamo ricordare che a quel tempo – ma già da centinaia di anni prima dell’anno 0 - si praticavano rudimentali tecniche di riparazione degli oggetti rotti e si ricostruivano tramite l’uso di graffette e legature di metallo che, seppur funzionale, risultava del tutto poco estetica e non sempre funzionale.
Quando la famosa tazza tornò tra le mani di Ashikaga Yoshimasa, lo shogun non fu per niente soddisfatto e la mandò nuovamente a far restaurare da alcuni artigiani giapponesi, i quali ricomposero la ceramica pezzo per pezzo grazie alla lacca Urish, una resina della pianta Rhus arricchita con polvere d’oro.
Da qui l’arte dello Kintsugi, (金継ぎ), si pronuncia Chinzughi e letteralmente significa “riparare/ricomporre con oro”. Attraverso questa pratica, si valorizzano le rotture e metaforicamente le fragilità dell’anima.
IN COSA CONSISTE L’ARTE DEL KINTSUGI?
Con un particolare composto di colla e polvere di metalli preziosi come l’oro o l’argento, le fratture danno una nuova vita a qualcosa che sembrerebbe inutilizzabile. Anziché gettar via e dimenticare, si ricompone e si valorizzano le “ferite”, dando valore con l’oro alle crepe in maniera visibile anziché nasconderle o mascherarle. In questo modo la ceramica assume una nuova bellezza, creando unicità e storia all’oggetto in questione.
UNA PRATICA CHE SERVE ANCHE ALLO SPIRITO
Gli orientali ritengono che il Kintsugi, abbia dei benefici terapeutici sia per gli artigiani che la compiono, sia a chi assiste al processo, sia a chi riceve l’oggetto riparato è una pratica associata alla resilienza, ovvero alla capacità di rialzarsi dopo un brutto colpo, migliori di prima.
Quello che il Kintsugi insegna è dare importanza alla nostra unicità, alle nostre imperfezioni, a non nascondere le ferite ma farne una prova evidente della nostra abilità di riuscire da un trauma. Tutto sta a noi e a come riusciamo ad accettare i problemi della vita.
Questa è l’arte giapponese dell’accettare il danno: non potendo cancellare ciò che è stato, piangere e disperarsi non riporterà “la nostra tazza” a quello che era prima.
Se però raccoglieremo i cocci e ci impegneremo a ripararla, il risultato sarà qualcosa (o qualcuno) di singolare e prezioso.
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tizianacerralovetrainer · 4 years ago
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La solitudine non è uno stato del vivere ma uno stato dell’essere, sceglierla vuol dire “scegliere di ascoltarsi e guardarsi profondamente”. Non è un atto di incapacità ma di grande coraggio e di assoluta resilienza dell’anima che indossa quel corpo. Il corpo si ribella e cerca compulsivamente “compagni di viaggio” ma l’anima sa e chiede solo ascolto e fiducia e di potersi sperimentare in quel viaggio evolutivo.
Tiziana Cerra
www.tizianacerra.com
Ph Sche_Team, Unsplash
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laciviltacattolica · 3 years ago
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ACARI | Diego Mattei S.I.
Una raccolta di 13 racconti ambientati nell’area metropolitana di Roma, a cavallo tra la fine degli anni ‘80 e i giorni nostri. Parliamo di Acari (Neo Edizioni, 2021) di Giampaolo G. Rugo. Tredici storie, 13 episodi affiancati l’uno all’altro. Ma è proprio così? Oppure si tratta di un romanzo polifonico, di un’unica storia a più voci?
La particolare articolazione delle vicende, disposte in modo apparentemente casuale, in un andirivieni temporale lungo l’arco di vari decenni, ci restituisce la natura poliedrica, irregolare, scomposta e al tempo stesso profondamente connessa delle vite degli uomini e delle donne, il loro mistero, in un alternarsi di opacità e illuminazioni.
Alle considerazioni di Mario, il protagonista dell’ultimo racconto, Rugo sembra affidare la chiave di lettura del libro e la struggente e intensa poetica che lo ispira: «Ognuno di noi è un mistero, ognuno può nascondersi in un punto dell’anima agli altri sconosciuto, in un luogo immaginario dove nessuno potrà mai trovarlo. Questo pensiero consolatorio diventa, oggi, il suo contrario: come può esserci comunanza, amore, se una parte di noi può sottrarsi all’incontro con l’altro?».
Sono vicende che si intrecciano e si completano, brevi squarci sulle esistenze di una manciata di uomini e dell’unica protagonista femminile, Claudia, che vengono alla luce emergendo dallo scorrere del tempo e degli anni. E accade così che arrivi inaspettata la rivelazione di momenti di un passato comune o di legami futuri altrettanto imprevisti. Se è vera l’affermazione che nessun uomo e nessuna donna è un’isola, la rete che Giampaolo G. Rugo getta nel mare della vita ce lo mostra in modo delicato e struggente, rispettoso e al tempo stesso disilluso, componendo storie la cui voce a volte è affidata alla prima persona, altre volte alla terza, in un succedersi di prossimità e sguardi distaccati, di vicinanze inconsapevoli e distanze piene di tenerezza.
Perché Acari? Il titolo prende spunto dal lavoro di Claudia, l’unica protagonista femminile in un panorama di vicende altrimenti maschile, che vende aspirapolveri specifici per ripulire i materassi dalla presenza degli acari. E cosa sono gli acari? Piccoli animali invisibili, che sfuggono all’occhio umano e che si nascondono nei giacigli e nei letti, misura e metafora delle imperfezioni nascoste della vita.
«Claudia, con quell’aspirapolvere, non stava vendendo un rimedio contro gli acari; stava offrendo l’illusione di poter creare, per il figlio in arrivo, un mondo libero da qualsiasi impurità: un mondo igienicamente perfetto». È la minaccia alla felicità, che costituisce invece l’anelito profondo del cuore umano, la sua insopprimibile resilienza contro le prove della vita: «È il nuovo giorno che sostituisce il vecchio: il ritmo incessante della vita che si ripete ottuso. Proviamo ad affrontarlo come possiamo, insieme agli altri. E vediamo come va a finire».
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pier-carlo-universe · 15 days ago
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Poesia di Miranda Ranalli: Il Mio Aquilone. Un volo verso l’infinito: la forza fragile di un aquilone. Recensione di Alessandria today
Una poesia intensa che intreccia sogni, coraggio e riflessioni ispirate dall'opera di Khaled Hosseini.
Una poesia intensa che intreccia sogni, coraggio e riflessioni ispirate dall’opera di Khaled Hosseini. Biografia dell’autore: Miranda Ranalli, poetessa italiana, intreccia nelle sue opere la profondità dell’animo umano e la forza dei sogni. Ispirandosi alla vita e alla letteratura, le sue poesie esplorano temi universali come la resilienza, la fragilità e l’infinito. Analisi della poesia:“Il…
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jesuscantsaveusanymore · 3 years ago
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ero piccola quando credevo ricucire e congiungere punti su una fronte scheggiata in pronto soccorso sarebbe stata la calamità maggiore che avrei dovuto affrontare
la cicatrice sulla fronte esiste ancora, così come altre che son costellazioni da portare fiera sulla resilienza del mio corpo
E delle incisioni, degli spaccati sul cuore che me ne faccio? Succede che non sono più la bambina che stai portando in pronto soccorso, papà
che il tuo raggio di conoscenza non raggiunge più alcun livido estetico, alcuna crepa dell’anima
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ultimaedizione · 4 years ago
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In cerca dell'anima e del corpo del Piano di ripresa- di Daniele Ciravegna
In cerca dell’anima e del corpo del Piano di ripresa- di Daniele Ciravegna
Nel prossimo febbraio, il Parlamento italiano sarà impegnato nell’approvazione del Piano Nazionale per la Ripresa e Resilienza (PNRR), atto formale necessario per concorrere al beneficio di cospicue risorse finanziarie (sovvenzioni o prestiti) nell’àmbito del Programma Next Generation EU (NGEU). (Talvolta si sente parlare di recovery plan, che fu introdotto come nome comune, poi definito…
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robertita · 8 years ago
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Passaggi e passaggi, passaggi di tempo
Con la blasfemìa congenita che mi porto nel corredo genetico - ereditata da chissà chi -, eccomi risorgere nel giorno di Pasqua, tornare alla luce dopo essermi rintuzzata in un angolino del mio buissimo e personalissimo sepolcro. Oggi, in avenida Arenales, abbiamo festeggiato mangiando una pachamanca, come anche a Carnevale.
Mentre me ne stavo al buio del sepolcro è passato anche il Carnevale, sì, malgrado non l’abbia testimoniato. A dirla tutta è passata anche Angeline con le sue prime lallazioni e il suo faccino irrorato di lacrime non appena scompaio dietro la porta della cuna con attaccato addosso il senso di colpa che viene a raccontarmi di un attaccamento insicuro di cui mi sento responsabile: l’ho fatta innamorare di me perché volevo che ricambiasse il mio amore di mamma acquisita, il mio concetto di amore di mamma che dice che un figlio può essere tuo anche se non l’hai fatto tu. E poi è passato Josè, dieci giorni di vita, impacchettato in una busta di plastica bianca. Ancora, è passato Thiago: sua madre, schizofrenica, gli ha spezzato il tendine del mignolo della sua manina destra ma lui non si è fatto crocifiggere, con ‘sta faccia da campesino irriverente, con ‘ste guance rosse che bruciano sotto il fuoco della resilienza.
Questi e molti altri passaggi che rammento nel giorno del passaggio per antonomasia. Sono passata io per Machu Picchu (che in quechua significa proprio “il mazzo che bisogna farsi per giungere alla cima”) e Cusco, arrivando ad un morente lago Tititcaca e superando la frontiera peruviana fino ad approdare in Bolivia, in una La Paz poverissima e fredda, per rinnovare il mio visto. Lo dice un documento: sono già scaduti i miei primi sei mesi nell’altipiano andino centrale, ne restano altrettanti da vivere, possibilmente, senza rifuggire il mondo non appena si spengono i faretti dell’anima, non appena le ambizioni si assopiscono e passa la voglia di concretizzarle, non appena la voglia di tornare a casa si insinua e vuole sovvertire i pronostici.
Il 21 Marzo è arrivato l’autunno, in questo emisfero. Ed io, nel mio sepolcro, me ne stavo arrabbiata e inveivo, silente, contro questo passaggio; chiudevo gli occhi e pensavo alle strade di Reggio Emilia costeggiate dagli alberi in fiore. E pensavo che la lontananza è una lente di ingrandimento appoggiata sul cuore.
Adesso è Pasqua, invece, e il tempo che l’ha anticipata è stato scandito da ricordi residenti nella mia prima casa, Pomigliano. Mi sono portata addosso fino a quest’altro altro emisfero la nostalgia del casatiello di mio padre Pasquale e i quintali di impasto per la pizza in cui affondare le mani nel laboratorio del glorioso panificio Cetro, l'eccitazione di dover anticipare l'alba pomiglianese e il tepore del forno che mi diceva "sei a casa". Mi sta incollato addosso anche il ricordo di mia nonna Anna che impastava la pizza piena sul tavolo bianco, in cucina.
Se Pasqua è passaggio, dal basso della mia miscredenza, mi commuove riconoscere che i miei niños senza casa tiepida possano restituire al mio tempo, qui, uguale e maggiore densità emotiva. Per questa e mille altre rinascite.
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pangeanews · 5 years ago
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“Ho come un’ombra nell’angolo di un occhio”: a vent’anni dall’esordio di Annalisa Teodorani, poetessa in dialetto, nella tradizione di Baldini, Pedretti, Guerra
L’esordio, a 21 anni. Una stella cadente, luminosa come solo gli astri sanno fare quando incontrano l’infinito del cielo. Nel 1999 Annalisa Teodorani esce con Par sénza gnént (“Per nulla”, Edizioni Luisè), uno squarcio vernacolare nella tempesta della poesia santarcangiolese, lampo purissimo che si inserisce in una tradizione clementina che ha pochissimi eguali al mondo: Nino Pedretti, Raffaello Baldini, Tonino Guerra, Giuliana Rocchi. “Il dialetto è una lingua materna e quindi, come in tutti i rapporti genitoriali, è complicato e indissolubile. Ci porta in grembo, è un nutrimento del corpo e dell’anima. L’ho sempre sentita parlare, sia in famiglia che tra i compaesani” racconta, seduta sulla sedia della casa in cui vive, a Santarcangelo di Romagna. La sua produzione è un filo di perle: La chèrta da zugh (“La carta da gioco”, Il Ponte Vecchio, Cesena 2004), Sòta la guaza (“Sotto la rugiada”, Il Ponte Vecchio, Cesena 2010, 2013) e La stazòun degli amòuri biénchi (Cartacanta, Forlì 2014). Perle vernacolari. “Penso in dialetto anche se ora scrivo anche in italiano. Sono due registri che comunicano, che viaggiano su binari paralleli e distinti. A monte c’è una meccanica del pensiero. Non mi è mai capitato di dover tradurre: la poesia viene elaborata in santarcangiolese ed esce in santarcangiolese. Tradurre significa in parte tradire: ci tengo molto che quello che propongo mantenga la sua natura originaria” chiarisce con un sorriso candido.
Sullo sfondo, quella meravigliosa “Atene di Romagna”, capace di donare penne purissime. Raffaello Baldini disse che “Certe cose succedono solo in dialetto”. Affermazione che inchioderebbe chiunque. Non lei: “Per me c’è un mondo che è strutturato in questo modo, che ha regole interne di resilienza e che contestualizza la dimensione del borgo. Nelle sue poesia ci sono personaggi borghigiani, una realtà, una comunità che si esprimeva solo così e che poteva farlo solo così”.
Annalisa ha dato voce più volte alle sue parole. In scena, attraverso alcuni reading, o in matrimonio con un tappeto musicale. “La differenza tra il dialetto scritto e quello parlato, quello ‘detto’, è nei suoni. Il ‘santarcangiolese’ è pieno di dittonghi e porta con sé una marcata musicalità. La musica è dentro, nella struttura fonetica” aggiunge. Quindi non esiste “un” dialetto romagnolo ma più “dialetti romagnoli”. “Per i puristi il dialetto perfetto è quello di Ravenna o di Forlì. Miro Gori ha spiegato che i dialetti che possiedono i dittonghi sono quelli più creativi ma anche i più difficili da dire. I dialetti poco canonizzati, per converso, hanno e danno la possibilità di cimentarsi con la fantasia”.
Alessandro Carli
***
Eli e ràdghi A t’ò niné fin a fèt indurmantè èli e ràdghi a l s’è invrucédi. E t’una nòta pursì da la nèbia l’è scap fùra un pésgh in fiòur.
Ali e radici Ti ho cullato  fino a farti addormentare  ali e radici si sono intrecciate.  E in una notte qualunque  dalla nebbia è spuntato un pesco in fiore.
*
Setèmbri Énca un zéi e’ cmìnza a fè òmbra
  Settembre Anche un ciglio comincia a fare ombra.
*
I zchèurs dla zènta Dal vólti a m mètt ma la finèstra e a stag da sintói i zchèurs dla zènta: da spèss i è acsè strach che la s putrébb sparagnè la fadóiga  d’arvoi la bòcca. Mo se la zcòrr in dialètt alòura i zchèurs  i arciàpa vigòur, énca al patachèdi, e u m vén vòia d’andè ad ciòtta a dói la mi.
  I discorsi della gente A volte mi metto alla finestra e sto a sentire i discorsi della gente: spesso sono così stanchi che si potrebbe risparmiare la fatica di aprire la bocca. Ma se parlano in dialetto allora i discorsi prendono vigore, anche le sciocchezze, e mi viene voglia di scendere in strada a dire la mia.
*
Du an Al mèni a l vuntèva di giarùl te vièl s’un vstidìn a pois. L’éra la vóita d’un pasaròt ch’e’ zùga s’una sménta, un fiòur… Pu l’à tàch a pióv la catóiva stasòun la s’à ingulè. A i’ò cmè un’òmbra t’un cantòun d’un òc u n gn’è gnént in fònd a e’ curidéur però u m tòcca sèmpra guardè.
  Due anni Le mani tracimavano di sassolini nel viale con un vestitino a pois Era la vita di un passerotto che gioca con una semenza, un fiore… Poi ha cominciato a piovere la cattiva stagione ci ha ingoiati. Ho come un’ombra nell’angolo di un occhio non c’è nulla in fondo al corridoio però devo sempre guardare.
Annalisa Teodorani
L'articolo “Ho come un’ombra nell’angolo di un occhio”: a vent’anni dall’esordio di Annalisa Teodorani, poetessa in dialetto, nella tradizione di Baldini, Pedretti, Guerra proviene da Pangea.
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marcodelfa-blog · 7 years ago
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Diventa Filosofo: reinventa la tua vita.
“Occorre soffrire perché la verità non si cristallizzi in dottrina, ma nasca dalla carne”. Emmanuel Mounier
“Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio”. Samuel Beckett
“Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, è perché non osiamo che sono difficili”. Lucio Anneo Seneca
La storia è maestra di vita, perché la storia può essere solo la “mia” storia
Cicerone, il maestro del pensiero e della civiltà latina e occidentale, lo scrisse a chiare lettere: “Historia magistra vitae”. La storia è maestra di vita.
La storia collettiva è importante, non c’è dubbio.
La studiamo a scuola e sappiamo che spesso ha toccato anche le vite dei nostri cari. Uomini e donne che hanno avuto a che fare con il drammatico ‘900, con la Seconda Guerra Mondiale: un mondo che ci riguarda.
Così, la sentiamo, la storia, anche più vicina a noi, ne possiamo quasi sentire il respiro.
Ma la storia non è soltanto lo scenario mondiale e universale, ciò che un grande filosofo come Hegel definiva “un grande mattatoio”. La storia è anche la nostra carne, soprattutto quando diventa storia personale: un insieme di momenti, eventi, fatti, avvenimenti, rotture, che hanno mutato il corso del destino. Del nostro destino.
La vita non è un percorso lineare, essa è, al contrario, fatta di faglie, discontinuità, curve a ridosso della scogliera, dirupi, rotture di false procedure e inizio di nuovi stagioni. La vita è ciò che ci accade mentre pensiamo, facciamo e progettiamo un’altra cosa. Ci sorprende e, per ciò, ci rilancia. Perché l’acqua stagnante imputridisce e, per scrollarci di dosso quel bisogno antico di sicurezza ad ogni costo, spesso occorre bagnarci in acque tempestose, navigando o nuotando in mare aperto. E, sempre in mare aperto, porre mano a quel continuo problem-solving che nasce col primo vagito, appena usciti dalla pancia di nostra madre.
La vita è un’avventura: un fatto, non una formula vuota
La vita è un’avventura che attende il significato che, di volta in volta, siamo disposti a conferirle. La responsabilità è nostra, mia e tua, e di nessun altro.
E’ in forza di tutto ciò, dunque, che l’esistenza diventa un grande laboratorio di crescita e sperimentazione.
Noi abbiamo compreso ciò e siamo impegnati ad elaborare, costruire e inventare strade e piste di apprendimento, affinché anche altri possano affacciarsi su questo grande balcone, ammirando il nuovo paesaggio che, sotto i loro occhi, non vede l’ora di esplodere.
E’ solo la vita, con il suo marchio di verità e di magistero, che può spingere due uomini a raccogliere le loro forze, competenze ed esperienze in vista di uno scopo educativo, formativo e creativo.
La filosofia è la via della generatività e della liberazione dagli idoli che ci piantano ai blocchi di partenza, in attesa o del prossimo “salvatore” o di qualche Evento miracoloso che, in realtà, ha un solo nome: l’io che si mette in movimento.
Chi siamo: non un cv, ma un percorso di vita
Io sono Raffaele Iannuzzi, co-fondatore, insieme a Marco Del Fa, del sito www. praticamente-pensando.it.
Un luogo creato per fare qualcosa che riecheggia nel cuore di tutti noi, ma che dobbiamo osare ripetere per realizzare fino in fondo: diventare noi stessi
Divieni ciò che sei! L’imperativo di Nietzsche, il motivo dominante di uno scritto che, a buon diritto, può essere considerato uno dei grandi classici della “crescita personale” moderna: i suoi “pensieri sul coraggio di essere se stessi”.
Non c’è da stupirsi, la filosofia nasce per far uscire l’uomo dalla caverna, dunque per originare e orientare la sua autentica crescita come essere umano capace di costante evoluzione spirituale, umana e culturale.
Ecco perché la nostra formula “praticamente pensando” rimanda esplicitamente alla filosofia e, anzi, ambisce ad essere una rilettura di quest’ultima, in chiave di sviluppo del potenziale umano. Non c’è categoria più coerentemente umana di quella di “potentia”, la potenza di essere se stessi, di vivere la vita che si sceglie, di abbracciare la propria vocazione con la stessa decisione degli antichi e dei moderni pensatori e uomini di ingegno e spirito d’avventura.
Ecco perché la via filosofica, sapientemente modulata ed articolata, senza alcuna propensione alla sterile erudizione accademica, come pure senza banalizzazioni posticce, è il luogo generativo per eccellenza dello sviluppo del potenziale umano.
Un luogo critico, che si serve di molti strumenti, alla portata di chiunque coltivi curiosità e passione al proprio destino: nessun alibi e nessuna scusa, ogni uomo è filosofo. La filosofia nasce dalla meraviglia e dallo stupore, da quell’impatto originario che la realtà ci regala, lasciandoci un “retrogusto” di slancio e passione, due segnali di grande fascino.
La sfida è davanti a noi, ogni giorno: o diventare chi siamo, reinventando la nostra vita, o ridurre la vita al minuscolo campo di battaglia della sopravvivenza, alla mercè di condizionamenti, “pendoli”, come dice Vadim Zeland, “idoli della piazza”, come annotava secoli fa un grande pensatore e scienziato, Bacone.
Io sono cresciuto a pane e filosofia, avendola abbracciata fin dall’adolescenza, ben prima di finire il Liceo Classico, a Grosseto, nella nostra città. Non è stato un innamoramento passeggero, un’infatuazione giovanile, ma una vocazione e un destino, un “segnale” che ha continuato ad indicare la rotta della vita.
A mano a mano che la matassa dell’esistenza si dipanava, giunto alla mezza età, ho percepito con chiarezza cristallina che la mia intera esperienza – dall’università, al percorso religioso, fino alle prime avventure professionali come venditore e poi consulente politico e culturale, a Roma, per dieci anni, con un tesserino di giornalista pubblicista, dal 2005, migliaia di articoli e libri scritti….tutto questo – dovesse servire ad aiutare, facilitare e favorire la bellezza del percorso di crescita degli altri. La maturità diventa un’esperienza quando si incontra con un grande verbo, generativo: dare.
“Nemo dat quod non habet”, “nessuno dà ciò che non ha”, come dicevano gli antichi. Dunque, io posso dare solo ciò che ho, ciò che ho sviluppato, studiato, creato, ciò che ha impegnato le migliori ore e lunghe notti della mia vita, giorni, mesi e anni…la vita.
L’incontro con Marco è avvenuto con la gratuità e l’inatteso guizzo del destino.
Entrambi abbiamo fallito, perché abbiamo provato e riprovato a farcela, a creare qualcosa: la lezione di Beckett ci è arcinota.
Entrambi abbiamo abbracciato certi studi, certe letture, certi orizzonti, perché la vita, per noi, è scelta, deliberata e radicale, al di là del bene e del male, in certi frangenti.
Entrambi, pur provenendo da convinzioni spirituali diverse, sappiamo che la vita ha a che fare con i significati e con l’infinito.
Entrambi siamo consapevoli che ogni cosa diventa grande solo se attraversata, irrorata e fecondata dalla pratica: coerenza dall’inizio alla fine, come sovente ripete Marco.
Siamo entrambi, se non “nel mezzo del cammin di nostra vita”, qualche miglio più avanti, l’età giusta per sapere di non sapere e per riconoscere che ciò che si può dare è frutto di autentica esperienza. Ed è ciò che faremo, che ci impegniamo, qui e ora, a fare.
I passi già fatti, il cammino da fare
Il sito, innanzitutto. C’è, è una realtà. La pagina Facebook si muove seguendo l’orientamento sopra descritto. Abbiamo già creato un ebook sul cammino di crescita come un percorso di lunga durata. E’ completamente gratuito. C’è anche un altro scritto, stavolta più volto a costruire competenze, utili in ogni ambito della vita, personale e professionale. Proponiamo il download di questo testo, la prima parte di uno scritto ben più corposo. La seconda parte, la più corposa, ripeto, la vendiamo in super-offerta a € 5, per il primo mese.
Dopo la super-offerta, il prezzo salirà ad € 15, sempre un prezzo superconveniente per un vero e proprio corpus di testi che abbracciano l’intero ambito dell’esistenza, frutto della nostra ricerca e dell’applicazione puntuale di molte idee e strategie.
Stiamo infine preparando corsi per la vostra crescita personale. Un vero mix di pensiero e strategia. Il pensiero è già di per sé una pratica, coerentemente costruito, elaborato ed applicato, diventa un orientamento: sono i due livelli dell’unico percorso che si chiama vita.
Lanciamo la sfida sul terreno assolutamente originale dello storytelling filosofico, con due giganti della filosofia: Machiavelli & Seneca. Titolo del progetto:
Diventa filosofo, reinventa la tua vita.
Sì, proprio il Cancelliere Fiorentino, il grande del pensiero politico sempre equivocato e che noi intendiamo far uscire dai luoghi comuni, in modo accattivante, godibile e fruttuoso, con il giusto e rigore e la giusta fantasia. Un maestro di resilienza, “anti-fragilità” e reinvenzione. Ne vedremo delle belle, garantito.
Con Seneca, la partita non sarà meno gustosa. E sarà una partita da non godersi sugli spalti, ma in campo, lavorando ed assaporando la fecondità di questo pensatore che pensava la filosofia come una terapia dell’anima.
La crisi ci sarà sempre, nella vita, perché la vita è scissione e rottura dell’ordine costituito: ecco il significato autentico di “crisi”. Se non ti impegni a diventare te stesso e, insieme, ad usare della neuroplasticità, senza che ciò significhi farsi materia plasmabile dal potere o dall’ambiente che ti circonda, non ne uscirai mai. Di crisi non si muore, di annichilimento di se stessi, sì. Ecco il punto, che è una sfida, prima che un punto dolente. Saperlo, esserne consapevoli, è già il primo passo. I passi che seguiranno saranno il nostro compito, se tu ci darai fiducia e apertura di cuore.
Grazie per aver letto questo post-manifesto.
Ad maiora e a presto,
Raffaele & Marco
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