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I Testimoni di Geova accusano “Zona Bianca”: “Racconti falsi e discriminatori contro di noi”
I Testimoni di Geova sono intervenuti pubblicamente per esprimere la loro profonda preoccupazione in merito ai contenuti trasmessi nella puntata del 21 marzo 2025 della trasmissione “Zona Bianca”, in onda su Rete 4. In una nota ufficiale pubblicata sul loro sito, l’organizzazione religiosa ha definito quanto mandato in onda come una rappresentazione “gravemente distorta e discriminatoria”,…
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Stanno cercando il pretesto per ucciderli tutti.
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RIENTRARE NEL CUORE
RIENTRARE NEL CUORE, un commento al vangelo della 22esima domenica del tempo ordinario, disponibile anche come audio-commento e con testo tradotto in spagnolo entrando nella sezione "Commenti al vangelo" del menu di www.predicatelosuitetti.com
XXII DOMENICA DEL T.O. anno B (2024) Dt 4,1-2.6-8; Gc 1,17-18.21-22.27; Mc 7,1-8.14-15.21-23 https://predicatelosuitetti.com/wp-content/uploads/2024/08/xxii-domenica-del-t.o.-anno-b-2024.mp3 Si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i…

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Questa sera si è svolta l'accensione dei Falò dei Valdesi, io faccio parte di questa comunità. Per chi non lo sapesse vi cito una breve spiegazione della nostra festa. "Il 17 Febbraio 1848 Re Carlo Alberto, con le Lettere patenti, concesse i diritti civili e politici ai sudditi valdesi. Ogni anno, in quella data, le comunità valdesi si ritrovano per momenti di culto e di celebrazione, tra i quali l’accensione dei falò della libertà. Nelle chiese delle Valli valdesi del Piemonte la ricorrenza è molto sentita e coinvolge generazioni differenti."
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Un anno dopo la falsa libertà dell’indifferenza | il manifesto

Pubblicato circa 12 ore fa
Edizione del 6 ottobre 2024
# Mario Ricciardi
«La storia conosce molti periodi di tempi bui in cui lo spazio pubblico è stato oscurato e il mondo è diventato così esposto al dubbio che le persone hanno cessato di chiedere alla politica niente altro se non che presti la dovuta attenzione ai loro interessi vitali e alla loro libertà personale. "
Sono parole di Hannah Arendt, scritte nel settembre del 1959, in occasione del conferimento del premio Lessing, ma rimangono attuali ancora oggi.
Le riflessioni di Arendt erano in parte ispirate dalla sua esperienza di ebrea apolide, sfuggita alla persecuzione nazista e alla Shoah, ma non avevano un carattere esclusivamente retrospettivo, e neppure riferito soltanto allo sterminio degli ebrei. L’oscuramento dello spazio pubblico cui allude Arendt è una condizione che deriva dall’impoverimento del tessuto connettivo da cui dipende la politica nel suo senso più nobile, che non la riduce al nudo uso della forza, ma si alimenta invece nel dialogo e nel confronto tra i cittadini di una repubblica.
Nei tempi bui il conflitto sociale, che è un fattore essenziale di una democrazia sana, perde il proprio carattere positivo, di espressione della pluralità delle opinioni e della parzialità delle verità che esse esprimono, e lascia il posto a contrapposizioni identitarie, e alla fuga dalla politica di ampi settori della popolazione, che si rifugiano nel culto esclusivo dei propri interessi e della propria libertà personale, priva di alcun collegamento con l’azione collettiva.
Chi si sente minacciato – i perseguitati, gli oppressi – cerca soltanto la compagnia di chi condivide lo stesso destino, e chi si trova invece in una condizione di relativa sicurezza vive sovente come un esiliato in patria, coltivando una visione individualista della vita e degli scopi che essa si prefigge. In una situazione del genere è inevitabile che si perda la sensibilità nei confronti delle ingiustizie che colpiscono gli altri, quelli che non appartengono alla nostra cerchia, e che si finisca per accettare come un fatto la prevalenza del forte sul debole.
In gioventù Arendt aveva conosciuto questo atteggiamento di acquiescenza nel modo in cui tanti tedeschi, persone in molti casi colte e ben educate, scelsero semplicemente di ignorare «la chiacchiera intollerabilmente stupida dei nazisti». Noi lo vediamo oggi nel modo in cui molti voltano lo sguardo dall’altra parte mentre c’è chi ripropone una visione suprematista e violenta dei “valori” della società occidentale, negando l’umanità delle vittime innocenti dei bombardamenti a Gaza e in Libano.
Un anno di guerra
A un anno dal 7 ottobre questa forma di cecità morale si manifesta nel ricordare la vittime dell’attacco di Hamas solo per tentare di giustificare la reazione, sproporzionata e illegale, del governo Netanyahu, e nel disinteresse nella sorte degli ostaggi israeliani, molti dei quali sono morti o rischiano di morire come “danni collaterali” di una guerra che potrebbe estendersi a tutto il Medio Oriente a servizio di un disegno politico di pura potenza.
Chi potrebbe permettersi di coltivare l’altruismo e l’apertura verso il prossimo rinuncia a farlo, lasciando il campo aperto a una guerra in cui tutti si considerano aggrediti, nessuno è in grado di riconoscere le ragioni altrui, ma una parte può mettere in campo una forza militare di gran lunga superiore, e non si fa alcuno scrupolo di usarla in modo indiscriminato, non per colpire il nemico, ma per punire un intero popolo. All’orizzonte c’è la concreta possibilità che si compia un genocidio, perpetrato dalle vittime di ieri che hanno scelto di farsi carnefici.
Dopo un anno persino chi ha criticato in modo più convinto le scelte del governo Netanyahu corre il rischio di soccombere al senso di impotenza, alla difficoltà che si incontra nel far sentire la propria voce di dissenso superando gli ostacoli e le intimidazioni provenienti da chi è convinto che lasciare mano libera all’uso indiscriminato della forza da parte di Israele soddisfi un “superiore” interesse strategico, e sia utile per puntellare una sempre più fragile egemonia.
Lasciare sole le vittime – i palestinesi, i libanesi, gli israeliani che hanno ancora il coraggio di opporsi alle scelte del proprio governo – è una tentazione ricorrente, per rifugiarsi nello spazio ristretto, ma per alcuni soddisfacente, del proprio interesse e della propria libertà. La lezione che ci trasmette Hannah Arendt e che, così facendo, ci stiamo incamminando sulla stessa strada percorsa nel secolo scorso dai tedeschi che scelsero di ignorare la «volgarità» nazista.
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Storia Di Musica #332 - Area, Crac!, 1975
Le storie dei dischi dello scatolone del mese di Giugno hanno avuto un grande riscontro, e ne sono particolarmente felice. E per quelle di Luglio vorrei ripartire da quello scatolone, perché conteneva un altro disco, che però rispetto ai 5 scelti avevo già comprato da me. L’ho scelto per tre motivi: perché è l’occasione di parlare di un grande personaggio, che ho citato di striscio nelle storie del mese scorso; perché questo lavoro è un formidabile esempio della grandezza e delle capacità di uno dei gruppi italiani più grandiosi di sempre; perchè il suo titolo mi ha sedotto a trovare altri dischi che hanno nel titolo lo stesso simbolo grafico, il punto esclamativo. Gli Area, che avevano nel nome di gruppo una dicitura chiarissima, International POPular Group, sono stati una delle punte di diamante della musica europea degli anni ’70. Nascono a Milano nel 1972 quando musicisti provenienti da esperienze molto diverse mettono su un gruppo. Il primo nucleo comprendeva il tastierista Patrizio Fariselli, Giulio Capiozzo alla batteria, Johnny Lambizzi alla chitarra, sostituito subito da Paolo Tofani, Patrick Dijvas al basso e Victor Busnello al sassofono, con in più uno studente di architettura di origini greche, alla voce, Demetrio Stratos (psudonimo di Efstràtios Dimitrìou). Convergono nel gruppo esperienze diversissime: Fariselli è diplomato al Conservatorio di Pesaro, Capiozzo ha suonato per anni all’Hotel Hilton de Il Cairo e fu prolifico sessionman per la Numero Uno di Mogol e Battisti, Tofani suonava la musica beat con i Califfi, Stratos aveva avuto un certo successo negli anni precedenti, avendo cantato il brano Pugni Chiusi dei Ribelli, che entrò in classifica nel 1967.
Ma qui è tutta un’altra storia: scelgono una musica totale e creativa, ricchissima di suggestioni, puntando anche sulla “complessità musicale”. Quest’ultimo punto li vide clamorosamente osteggiati durante il loro primo tour a supporto di grandi nomi come Rod Steward e i mitici Gentle Giant, accusati dal pubblico di essere troppo ostici. Poco dopo l’incontro che cambia la loro storia (e in parte anche quella della musica italiana). Gianni Sassi è un fotografo, scrittore, artista bolognese che fonderà una etichetta, la Cramps, che scompaginerà il panorama musicale del tempo. Li mette sotto contratto, dà loro libertà creeativa ma si mette a scrivere i testi, con lo pseudonimo di Frankenstein. Il debutto è leggendario: nel 1973, Arbeit Macht Frei, la beffarda e drammatica scritta che accoglieva i deportati nei lager nazisti, già dalla copertina è un colpo alla coscienza, con un pupazzo mascherato e con un lucchetto, imprigionato tra totalitarismo e sistema del Capitale. La musica è altrettanto dirompente: un jazz rock teso, di caratura internazionale, ma che profuma di mediterraneo, vedasi il suono balcanico del primo pezzo culto, Luglio, Agosto, Settembre (Nero), netta presa di posizione a favore dei palestinesi, e che spesso vira all’avanguardia (L’Abbattimento Dello Zeppelin). Tra tutto, spicca la voce, prodigiosa, di Stratos, non solo per l’estensione o la duttilità, ma per il ruolo che gioca nelle canzoni, e per le straordinarie capacità tecniche (studierà le diplofonie, facendo della sua voce uno strumento aggiunto e inimitabile, arrivando a produrre contemporaneamente fino a 4 note diverse). Busnello e Dijvas lasciano il gruppo, quest’ultimo andrà alla PFM, e entra in formazione Ares Tavolazzi al basso. Nel 1974 arriva Caution Radiation Area (in copertina il simbolo del pericolo radioattivo) e radioattiva è la musica, che abbandona la forma canzone (tranne Cometa Rossa, che sfoggia ancora suggestioni mediterranee) e vira decisamente sull’avanguardia e la sperimentazione. Il pubblico non gradisce, ma dal vivo la band macina concerti su concerti, ad un ritmo forsennato (oltre 200 l’anno) è spesso invitata in contesti internazionali, e chi li ha visti dal vivo assicura che erano straordinari. Dopo aver registrato una versione strumentale de L’Internazionale (con lato b Citazione Da George J. Jackson, con Stratos che recita un famoso discorso del leader delle Pantere Nere) per la liberazione dell’anarchico Giovanni Marini, all’epoca detenuto in carcere per l’omicidio del vicepresidente del FUAN, Carlo Falvella, avvenuto a Salerno nel 1972, nel 1975 arriva l’atteso nuovo disco.
Crac! è un disco che media tra il primo e il secondo. L’immediatezza di alcuni brani, che furono tacciati di frivolezza (storica la stroncatura di Riccardo Bertoncelli e la contro risposta di Stratos sulla rivista Gong) ma che invece sono una lucida organizzazione del solito alto livello musicale, un formidabile jazz rock al massimo livello, a cui per una volta si aggiunge un giocoso approccio. Crac! si apre con L’Elefante Bianco, che diventerà brano culto, una cavalcata rock con i fiocchi e prosegue con La Mela di Odessa: Stratos che qui fa davvero capire che voce incredibile è stata, è anche famoso perché durante i live Demetrio raccontava la storia che la ispirò. Secondo lui infatti, il testo si baserebbe su un fatto realmente avvenuto nel 1920, e che potrebbe essere uno dei primi dirottamenti marini della storia. Un pittore dadaista tedesco, tale Apple, che intendeva assistere ad una mostra d'arte a Odessa, vi dirottò una nave passeggeri con l'intenzione di regalarla ai russi che avevano da poco fatto la rivoluzione. Una volta a Odessa, Apple venne salutato con feste enormi, che comportarono anche far saltare in aria la nave con tutti i suoi passeggeri tedeschi. Della storia non c’è traccia in nessuna fonte storica e ormai è chiaro che fosse stata inventata per rendere ancora più potente le metafore che il testo sprigiona in un brano “enciclopedia” per la commistione di generi, stili, suoni, un capolavoro assoluto. Megalopoli e Nervi Scoperti spiegano la vita mediterranea al jazz rock. Nel disco c’è anche il brano più famoso degli Area, Gioia E Rivoluzione, che dice “Canto per te che mi vieni a sentire\Suono per te che non mi vuoi capire\Rido per te che non sai sognare\Suono per te che non mi vuoi capire", e che verrà ripresa decenni dopo con successo dagli Afterhours; l’elettro-psichedelia retta dal basso di Implosion e la sperimentazione vocale di Area 5 chiudono l’LP. Il successivo tour verrà ricordato con un live, Are(A)zione, con tre brani noti dai Festival a cui parteciparono, e una nuova suite, omonima al titolo del disco.
La band durerà altri due anni: divisi dal sentirsi alfiere dell’avanguardia musicale, con scelte a volte del tutto incomprensibili, come Event del 1976, una lunga suite sconclusionata, faticosissimo tentativo di cavalcare la tigre del suono, progetti solisti che crearono tensioni, il passaggio dalla Cramps alla CGD di Caterina Caselli, che nel 1978 pubblica Gli Dei Se Ne Vanno, Gli Arrabbiati Restano, che esce pochi mesi prima che Demetrio Stratos muoia di leucemia fulminante. “Stratos è stato senza dubbio il personaggio più originale e importante nella musica italiana di ricerca degli anni Settanta, proprio per il suo voler sfuggire alle definizioni, per aver saputo, con coerenza e intelligenza, mettere in comune mondi apparentemente lontanissimi.” (Ernesto Assante).
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Vorrei capire
Vorrei capire: moschea sì, perché c’è libertà di culto…presepe no, perché si offendono le altre religioni…

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«Ci troviamo di fronte ad un paradosso. Da un lato il diritto, custode dell'uguaglianza e possibile baluardo contro gli eccessi dell'individualismo, abbandona qualsiasi considerazione morale e

si presta a giustificare la forza. Ma dall'altro è la forza la fonte del diritto. Sotto i nostri occhi, una tale evoluzione giunge al parossismo. Il diritto rivendica oggi l'immensa pretesa di riconoscere legittimità al dono della morte. È ciò che accade con l'aborto e l'eutanasia. In quest'ultimo caso, il diritto arriva a provocare il desiderio di suicidio assistito. Il diritto, in questo senso, liberalizza l'omicidio di alcuni individui.

Non vi sarebbe morte degna se non in quella inferta. L'autorità "signorile" si esprime per eccellenza nel dono della morte; la libertà sovrana trionfa nell'autodistruzione delegata.

Non si giustifica più l'eutanasia con considerazioni sulla pietà, o su intollerabili sofferenze; né la si spiega con ragioni sociali ed economiche. L'eutanasia appare a questo punto come l'altera espressione di una concezione filosofica dell'uomo affascinata dalla morte e dalla vertigine dell'autodistruzione. Che una società disposta ad accettare un diritto utilizzato come strumento di morte per

la distruzione pianificata degli individui e la distruzione pianificata di se stessa, non può sorprendere. La causa prima del crollo demografico sta proprio in questa duplice volontà di autodistruzione, in questa pulsione di morte.

Viviamo all'interno di un mondo mortifero, impregnato da un vero e proprio culto della morte.»
-Michel Schooyans (Il Complotto dell'ONU contro la vita).
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Perché un libro sull'amore? Perché, rispetto alle epoche che ci hanno preceduto, nell'età della tecnica l'amore ha cambiato radicalmente forma. Da un lato è diventato l'unico spazio in cui l'individuo può esprimere davvero se stesso, al di fuori dei ruoli che è costretto ad assumere in una società tecnicamente organizzata, dall'altro lato questo spazio, essendo l'unico in cui l'io può dispiegare se stesso e giocarsi la sua libertà fuori da qualsiasi regola e ordinamento precostituito, è diventato il luogo della radicalizzazione dell'individualismo, dove uomini e donne cercano nel tu il proprio io, e nella relazione non tanto il rapporto con l'altro, quanto la possibilità di realizzare il proprio sé profondo, che non trova più espressione in una società tecnicamente organizzata, che declina l'identità di ciascuno di noi nella sua idoneità e funzionalità al sistema di appartenenza. Per effetto di questa strana combinazione, nella nostra epoca l'amore diventa indispensabile per la propria realizzazione come mai lo era stato prima, e al tempo stesso impossibile perché, nella relazione d'amore, ciò che si cerca non è l'altro, ma, attraverso l'altro, la realizzazione di sé. [... ] L'amore diventa a questo punto la misura del senso della vita, e non ha altro fondamento che in se stesso, cioè negli individui che lo vivono, i quali, nell'amore, rifiutano il calcolo, l'interesse, il raggiungimento di uno scopo, persino la responsabilità che l'agire sociale richiede, per reperire quella spontaneità, sincerità, autenticità, intimità che nella società non è più possibile esprimere. Come contro altare della realtà sociale, dove a nessuno è concesso di essere se stesso perché ciascuno deve essere come l'apparato lo vuole, l'amore diventa l'unico ricettacolo di senso rispetto a una vita considerata alienata, il luogo dell'individuazione, lo spazio per l'esercizio della propria libertà fino ai limiti dell'anarchia, perché là dove il diritto del sentimento è considerato assoluto e divinizzato come unica e autentica via per la realizzazione di sé, che cosa ci difende dalla natura del sentimento che ha come sue caratteristiche l'instabilità e la mutevolezza? Nulla. E perciò in amore costruzione e distruzione avvengono insieme, esaltazione e desolazione camminano affiancate, realizzazione di sé e perdita di sé hanno intimi confini. [...] E' come se l'amore reclamasse, contro la realtà regolata dalla razionalità tecnica, una propria realtà che consenta a ciascuno, attraverso la relazione con l'altro, di realizzare se stesso. E in primo piano, naturalmente, non c'è l'altro, ma se stesso. E questo di necessità, quindi al di fuori di ogni buona o cattiva volontà, perché a chi sente di vivere in una società che non gli concede alcun contatto autentico con il proprio sé, come si può negare di cercare nell'amore quel sé di cui ha bisogno per vivere e che altrove non reperisce? Ma così l'amore si avvolge nel suo enigma: il desiderare, lo sperare, l'intravedere una possibilità di realizzazione per se stessi cozzano con la natura dell'amore che è essenzialmente relazione all'altro, dove i due smettono di impersonare ruoli, di compiere azioni orientate a uno scopo e, nella ricerca della propria autenticità, diventano qualcosa di diverso rispetto a ciò che erano prima della relazione, svelano l'uno all'altro diverse realtà, si creano vicendevolmente ex novo, cercando nel tu il proprio se stesso. Se tutto ciò è vero, nell'età della tecnica, dove sembrano frantumati tutti legami sociali, l'amore, più che una relazione all'altro, appare come un culto esasperato della soggettività, in perfetta coerenza con l'esasperato individualismo cui non cessa di educarci la nostra cultura, per la quale l'altro è solo un mezzo per l'accrescimento di sé.
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LA FEDELTÀ AD UN CAPO – Gianfranco Isetta. Una riflessione poetica sulla cieca obbedienza e la perdita dell'umanità. Recensione di Alessandria today
Gianfranco Isetta, con la sua poesia LA FEDELTÀ AD UN CAPO, ci porta dentro una dimensione inquietante e carica di significato, dove la devozione cieca si trasforma in negazione della propria umanità.
Gianfranco Isetta, con la sua poesia LA FEDELTÀ AD UN CAPO, ci porta dentro una dimensione inquietante e carica di significato, dove la devozione cieca si trasforma in negazione della propria umanità. Il componimento, asciutto e incisivo, scava nel tema del potere, dell’obbedienza assoluta e della menzogna che avvolge coloro che si annullano per seguire un leader, rinunciando alla propria…
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IL POLITICAMENTE CORRETTO HA ROTTO LE PALLE
È da parecchi anni ormai che in molte scuole non si festeggia più il Natale con addobbi,feste,mercatini. I presidi che operano questa scelta dicono di farlo per non offendere nessuno,atei o persone di altre confessioni religiose. Ma celebrare una festa religiosa per me non è un’offesa. Secondo la definizione del vocabolario, offesa significa “Atto o comportamento lesivo della dignità, integrità o autorità altrui”. Non mi sembra che festeggiare il Natale o la Pasqua rientri in questo tipo di comportamento. Del resto se un ebreo,un mussulmano o un buddista celebrano una loro festività io non mi sento offesa. La nostra costituzione stabilisce la libertà di culto,perciò non capisco perché i bambini o i ragazzi cristiani a scuola non possano fare un presepe o addobbare un albero. Quelli che non sono cristiani non partecipano e fanno altro. Punto
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Monumento Chanforan e Gheisa d'la Tana (in italiano la "chiesa della tana, una grotta utilizzata dai Valdesi per riunirsi di nascosto e professare la loro fede, dato che era impedito farlo prima del 17 febbraio 1848, data in cui Re Carlo Alberto di Savoia con le "lettere patenti" concesse libertà di culto e i valdesi non furono più perseguitati) in frazione Odin ad Angrogna TO - foto di oggi 25 febbraio 2024
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Elena Basile
[...]
Cerchiamo al netto della propaganda di soffermarci sui dati. L’Ucraina è un Paese fallito che sopravvive grazie a fondi statunitensi ed europei. Non è una democrazia a meno che i vari editorialisti della stampa più letta non vogliano affermare che essa si concretizzi nell’abolizione dei partiti e della libertà di culto, nella legge marziale e nel posporre le elezioni presidenziali sine die. In tre anni di guerra ha perso territori, una generazione di ucraini e sei milioni di abitanti. I ragazzi si rompono le ossa pur di non andare al fronte. La resistenza ucraina è un mito passato sponsorizzato da una classe nazionalista e neonazista al potere di cui Zelensky è ostaggio.
Gli Stati Uniti hanno problemi economici notevoli che l’ingente piano di aiuti pubblici di Biden non ha risolto: il debito è al 136% del PIL, crescono inflazione, sacche di povertà e emarginati (come i migranti), tra crisi industriale, perdita di infrastrutture a pezzi e di competitività. Due dati per comprendere il declino americano: la mortalità infantile che ha indici non comparabili a quella europea o di Cina e Russia; il numero di ingegneri che si laureano è inferiore a quello russo.
Se vi fosse una razionalità politica Kiev dovrebbe cercare di porre fine al più presto alla guerra dalla cui continuazione ha solo da perdere: territori, uomini, risorse. La classe al potere invece ha solo da guadagnare dalla continuazione del conflitto. Nazionalisti, neonazisti e Zelensky alle prossime elezioni presidenziali saranno cacciati a pedate dal popolo sofferente ucraino.
[...]
Trump è stato eletto con fondi dei sionisti evangelici, grazie al supporto della finanza dei petroliferi e da un pezzo di mondo delle start up. Protegge il trash bianco della rust belt penalizzato dalla crisi industriale. Comprende che gli Stati Uniti hanno bisogno di un cambiamento di rotta: diminuire il debito che finanzia guerre e armamenti, pacificare il fronte europeo e concentrarsi sul contenimento della Cina, stringere accordi economici capestro con i vicini e nell’artico per modificare il declino del Paese. Si tratta di una strategia discutibile soprattutto per la parte relativa alle tariffe imposte agli alleati, ma che ha una sua comprensibile razionalità.
Abbiamo visto come la classe dirigente in Ucraina, contro gli interessi del suo popolo, abbia bisogno della continuazione del conflitto per restare al potere.
Bisognerebbe ora domandarsi quali siano gli interessi dei popoli europei. Il nuovo debito per una difesa che alimenti la continuazione del conflitto comprando armi statunitensi non è un obiettivo del ceto medio e della classe lavoratrice. La crisi economica, la Germania in recessione, l’inflazione crescente, la crisi energetica con le bollette alle stelle sono strettamente legati al conflitto ucraino. Paghiamo il gas statunitense quattro volte più di quello che ci forniva la Russia.
Dal punto di vista geopolitico la crisi dell’euro-atlantismo causata dall’opposizione UE alla linea dettata da Washington è contraria ai pilastri che hanno retto la politica europea dal dopoguerra a oggi.
Perché dunque le classi dirigenti europee hanno una postura così inusuale di contestazione del potere presidenziale statunitense, l’unico legittimato da una architettura istituzionale trasparente?
Guardiamo ai profitti della borsa e alle imprese delle armi. Vi sembra che abbiano sofferto in questi tre anni di guerra? Controllate i profitti in ascesa.
[...]
Continuando il nostro ragionamento, le lobby finanziarie e delle armi guadagnano dalla guerra a prescindere dai suoi scopi strategici. Tutti sanno che l’Ucraina sta perdendo, ma un conflitto può essere redditizio anche se si perde. Pensate a Kabul. Dopo decenni di occupazione abbiamo lasciato i Talebani al potere. Il nostro scopo non era la democrazia, ma la guerra e l’occupazione in sé. La tattica prevale sulla strategia.
Le élite europee che sono genuflesse a Washington contro gli interessi europei (ricordatevi di Scholz che accetta il sabotaggio dei propri gasdotti senza proferire parola), élite abituate a servire di improvviso sembrano alzare la testa, mostrando un coraggio inusitato fino a sfidare Washington. Una trasformazione antropologica? Un’illuminazione sulla via di Damasco? Credo che l’improvviso coraggio delle classi dominanti europee e di Zelensky sia dovuto alle direttive del mostro, al partito della guerra.
Il deep State contro cui la nuova cupola trumpiana sembra voler combattere è un potere radicato nelle burocrazie, nell’intelligence, nelle lobby delle armi e della finanza in Europa.
Sabotare la pace e tifare per il conflitto fine a se stesso, sulla pelle degli ucraini e degli europei, per mesi, per un anno ancora, per due, è l’alto obiettivo di poteri senza scrupoli, di cui politici insignificanti, quali ad esempio Calenda e Renzi, sono le grottesche e forse inconsapevoli marionette.
Via
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Buongiorno a tutti.
Niente poesie stamattina. Solo un saluto a chi non sta bene, a chi ha qualche persona cara dentro la malattia. E poi un pensiero a chi ha subito un lutto. Non è mai facile avere a che fare con la morte. Io ogni giorno temo la morte del mio gatto, quello che sta un poco in casa e un poco fuori. Mi colpisce la sua, la nostra esposizione quotidiana al pericolo. Ieri al funerale di Romualdo uno del mio paese mi ha detto che di notte ha paura di sentirsi male e di morire. La gente vive di cose così, ma non è che le puoi dire. Tutti devono fare la parata di essere normali. E chissà perché la normalità coincide col non mostrarsi fragili e col togliersi di dosso l'idea della precarietà. Stasera a Misano Adriatico parlerò di Gianni Celati. Lui mi ha insegnato che la precarietà non è una condizione eccezionale, ma il nostro abito quotidiano. E così pure l'incertezza su chi siamo e su cosa sia il mondo. E in questa incertezza camminare tra momenti di malinconia e piccoli moti espansivi, brevi momenti in cui siamo allegri e grati per quello che siamo, liberi dalla scontentezza che è diventata la poetica dell'uomo votato al culto dell'economia: il vuoto che ognuno porta dentro non sarà mai colmato da nessun successo economico, da nessuna fama, il vuoto è la nostra officina, il confronto quotidiano col niente che saremo, col niente in cui già sono caduti miliardi di persone che sono state vive, il niente di chi non ha libertà e occasioni di lavoro e di amicizia.
p.s.
le foto sono sempre mie, quando sono di altri lo scrivo.
Franco Arminio
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Per paura di essere tacciati di antisemitismo si sta sempre zitti ma vi posso dire con tutta onestà che sono veramente piena della Comunità Ebraica di Milano. Che il suo capo oggi venga a tacciare Ghali di antisemitismo invocando l'intervento del governo per una strofa non può stupirmi, perché è solo una delle miriade di cose che mi danno un fastidio profondo da italomarocchina che vive a Milano.
Mi infastidisce quando non abbiamo ancora una Moschea ufficiale, riconosciuta, uno spazio degno di questo nome, e dobbiamo risolverla con scantinati/garage/spazi in affitto. Ora è in programma l'apertura della prima Moschea dopo un progetto durato decenni e bocciato da amministrazioni comunali di destra e di sinistra. E ogni volta, ogni cavolo di volta si interpellava il capo della Comunità Ebraica di Milano. Cosa c'entra, non si sa, ma era necessario avere il loro beneplacito, il sentirsi dire "siamo per la libertà di culto, sì alla Moschea, basta che non diventi luoghi dove si fomenta odio" siamo per la libertà di culto ... scusate ma chi siete la costituzione italiana? Ma letteralmente chi cazzo siete? Perché dovremmo aver bisogno del vostro assenso?
A ogni Ramadan trovano sempre il modo di rovinare il momento con qualche polemica, si organizzano festival palestinesi e/o di cultura araba e devono controllare come se fossero un corpo di polizia speciale che tutto sia secondo le loro regole.
Esercitano, sulla comunità musulmana, un vero e proprio softpower, a volte neanche tanto soft. Costantemente, partendo dal presupposto che i primi ad essere difesi (non si sa da chi o da cosa) devono essere loro, i primi ad essere interpellati loro, loro prendono le decisioni sugli equilibri socio-religiosi... la verità è che ci vedono come una massa non identificata di barbari.
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La sua prima vita nella società pre-islamica:
Nella società pre-islamica, Uthman (R.A.) era tra i migliori della sua gente. Era di alto rango, molto ricco, estremamente modesto ed eloquente nel parlare. Il suo popolo lo amava molto e lo rispettava. Non si prostrava mai a nessun idolo e non aveva mai commesso alcuna azione immorale nemmeno prima dell'Islam. Anche prima dell'Islam non beveva alcolici.
Conosceva bene i lignaggi, i proverbi e la storia degli eventi importanti. Viaggiò in Siria e in Etiopia e si mescolò con persone non arabe, imparando cose sulla loro vita e sui loro costumi che nessun altro conosceva. Si occupò degli affari ereditati dal padre e la sua ricchezza crebbe. Era considerato uno degli uomini del clan Banu Umayyah che godeva di grande stima da parte di tutti i Quraish. Così, Uthman (R.A.) era considerato di alto rango tra la sua gente ed era molto amato.
La sua conversione all'Islam:
Uthman (R.A.) aveva trentaquattro anni quando Abu Bakr Al-Siddiq (R.A.) lo chiamò all'Islam; egli non esitò affatto e rispose immediatamente alla chiamata di Abu Bakr (R.A.). Fu il quarto uomo ad abbracciare l'Islam dopo Abu Bakr (R.A.), Ali ibn Talib (R.A.) e Zaid ibn Harithah (R.A.).
La sua persecuzione e la migrazione in Etiopia:
Uthman (R.A.) e sua moglie Ruqayyah (R.A.), figlia del Profeta (S.A.W.), emigrarono in Etiopia (Abissinia) insieme a dieci uomini e tre donne musulmani. Alcuni musulmani si unirono poi a loro come migranti. Tutti i musulmani emigrati trovarono sicurezza e libertà di culto in Abissinia. Uthman (R.A.) aveva già alcuni contatti commerciali in Etiopia, quindi continuò a esercitare la sua professione di commerciante.
Il Sacro Corano parla della migrazione dei primi musulmani in Abissinia, come dice Allah:
"E per quanto riguarda coloro che sono emigrati per la causa di Allah, dopo essere stati ingiustamente colpiti, certamente daremo loro una buona residenza in questo mondo, ma in verità la ricompensa dell'Aldilà sarà più grande; se solo lo sapessero!" (Al-Nahl 16:41).
Quando si diceva che gli abitanti di Makkah erano diventati musulmani, la notizia giunse agli emigranti in Abissinia, che tornarono indietro ma, quando si avvicinarono a Makkah, seppero che la notizia era falsa. Ciononostante, tutti gli emigranti entrarono in città. Tra coloro che tornarono c'erano Uthman (R.A.) e Ruqayyah (R.A.) e si stabilirono nuovamente a Makkah. Uthman (R.A.) rimase a Makkah finché Allah non concesse il permesso di emigrare a Madinah.
La vicinanza al Profeta (S.A.W.):
Il fattore più forte che ha plasmato il carattere di Uthman (R.A.), ha fatto emergere i suoi talenti e le sue potenzialità e ha purificato la sua anima è stato il fatto di aver frequentato il Messaggero di Allah (S.A.W.) e di aver studiato per mano sua. Uthman (R.A.) rimase vicino al Profeta (S.A.W.) a Makkah dopo essere diventato musulmano e rimase vicino a lui a Madinah dopo la sua migrazione.
Uthman (R.A.) ci racconta come rimase vicino al Messaggero di Allah (S.A.W.) dicendo:
"Allah, che sia glorificato ed esaltato, ha inviato Mohammad (S.A.W.) con la verità e gli ha rivelato il Libro e io sono stato uno di quelli che hanno risposto ad Allah e al Suo Messaggero (S.A.W.) e hanno creduto. Ho compiuto le due prime migrazioni e sono diventato genero del Messaggero di Allah (S.A.W.) e ho ricevuto la guida direttamente da lui.
Uthman (R.A.) e il Sacro Corano:
Uthman (R.A.) era profondamente legato al Sacro Corano. È stato narrato che Abu Abd Al-Rahman Al-Sulami disse:
"Coloro che insegnavano il Corano, come Uthman ibn Affan, Abd-Allah ibn Masood e altri, ci hanno raccontato che quando imparavano dieci versetti dal Profeta (S.A.W.), non andavano oltre finché non avevano appreso la conoscenza contenuta in essi e come applicarla nei fatti. Dissero: Così abbiamo imparato insieme il Corano, la conoscenza e la sua applicazione". Per questo dedicavano un po' di tempo alla memorizzazione di una sura".
I seguenti detti di Uthman (R.A.) mostrano chiaramente il suo attaccamento e il suo amore per il Sacro Corano:
"Se i nostri cuori fossero puri, non avremmo mai il nostro filtro delle parole di Allah, che Egli sia glorificato ed esaltato".
"Non vorrei che venisse il giorno in cui non guarderò nel Patto di Allah (cioè il Sacro Corano)".
"Ci sono quattro cose che sono virtù esteriori, ma in realtà sono obblighi: mescolarsi con le persone rette è una virtù e seguire il loro esempio è un dovere, leggere il Corano è una virtù e agire in base ad esso è un dovere, visitare le tombe è una virtù e prepararsi alla morte è un dovere e visitare il malato è una virtù e chiedergli di fare testamento è un dovere".
"Dieci cose sono la più grande perdita di tempo: uno studioso di cui nessuno chiede informazioni, una conoscenza che non viene messa in pratica, un consiglio valido che non viene accettato, un'arma che non viene usata, una moschea in cui non si prega, un Mushaf (Corano) che non viene letto, una ricchezza di cui non si spende nulla (in beneficenza), un cavallo che non viene cavalcato, la conoscenza dell'ascesi nel cuore di chi cerca un guadagno mondano e una lunga vita in cui non ci si prepara per il viaggio (nell'Aldilà)".
Utman (R.A.) era un Hafiz del Corano (memorizzazione del Corano) e leggeva sempre il Corano. Uthman (R.A.) recitò l'intero Corano al Profeta Mohammad (S.A.W.) prima di morire.
Battaglia di Badr e morte della moglie:
Quando i musulmani uscirono per combattere la Battaglia di Badr, la moglie di Uthman (R.A.), Ruqayyah (R.A.), era malata e confinata a letto nel momento in cui suo padre Mohammad (S.A.W.) invitò i musulmani a intercettare la carovana dei Quraish. Uthman (R.A.) si affrettò ad uscire con il Messaggero di Allah (S.A.W.), ma Egli (S.A.W.) non permise a Uthman (R.A.) di andare con loro e gli ordinò di rimanere con Ruqayyah (R.A.) e di curarla dicendo:
"Tu [Uthman (R.A.)] riceverai la stessa ricompensa e la stessa quota (del bottino) di chiunque abbia partecipato alla battaglia di Badr (se rimarrai con lei)". (Bukhari: 3699)
Uthman (R.A.) obbedì di buon grado e rimase con sua moglie Ruqayyah (R.A.). Quando esalò gli ultimi respiri, desiderava vedere suo padre (S.A.W.) che era partito per Badr. Si allontanò da questa vita ma non poté vedere suo padre (S.A.W.) perché egli era a Badr con i suoi nobili Compagni (R.A.), impegnati a rendere suprema la parola di Allah, e non partecipò alla sua sepoltura. Il marito Uthman (R.A.), addolorato, seppellì l'amata moglie ad Al-Baqee (cimitero sacro dei musulmani vicino a Masjid Al-Nabawi a Madinah). Dopo il ritorno dalle vittorie della battaglia di Badr, il Messaggero (S.A.W.) venne a sapere della morte di sua figlia Ruqayyah (R.A.), si recò ad Al-Baqee, si fermò sulla tomba di sua figlia e pregò per il suo perdono.
Il suo contributo allo Stato islamico:
Uthman (R.A.) era uno dei più ricchi tra coloro ai quali Allah aveva concesso la ricchezza. Usò la sua ricchezza in obbedienza ad Allah. Era sempre il primo a fare il bene e a spendere e non temeva la povertà. Tra i molti esempi delle sue spese ci sono i seguenti:
1. Quando il Profeta (S.A.W.) giunse a Madinah, l'unica fonte di acqua fresca era il pozzo di Bir Rumah e senza pagare nessuno poteva bere l'acqua del pozzo. Uthman (R.A.) comprò il pozzo dal proprietario (che era un ebreo) per ventimila dirham e lo donò ai ricchi, ai poveri e ai viandanti.
2. A Madinah, il Mashid Al-Nabawi divenne troppo piccolo perché i musulmani potessero pregare anche solo 5 volte. Uthman (R.A.) comprò il terreno accanto alla moschea per venticinque o ventimila dirham e questo terreno fu aggiunto alla moschea che divenne così abbastanza grande da ospitare i musulmani.
3. Spese un'enorme somma per equipaggiare l'esercito musulmano per la campagna di Tabook.
Durante il califfato di Abu Bakr (R.A.) e Umar (R.A.):
Quando il Messaggero di Allah (S.A.W.) morì nell'11 AH (632 d.C.), Abu Bakr (R.A.) fu scelto come califfo. In effetti, Uthman (R.A.) fu il primo, dopo Umar (R.A.), a offrire la sua fedeltà ad Abu Bakr (R.A.) come califfo. Durante le guerre di apostasia (guerre di Ridda) durante il califfato di Abu Bakr (R.A.), Uthman (R.A.) rimase a Madinah e agì come consigliere di Abu Bakr (R.A.). Sul letto di morte, Abu Bakr Siddiq (R.A.) dettò il suo testamento a Uthman (R.A.), dicendo che il suo successore sarebbe stato Umar (R.A.).
Durante il califfato di Umar (R.A.), lo status di Uthman (R.A.) era quello di un consigliere e si può dire che la sua posizione fosse simile a quella di Umar (R.A.) nei confronti di Abu Bakr (R.A.) durante il califfato di Abu Bakr (R.A.).
Durante il califfato di Umar (R.A.), Uthman (R.A.) istituì il sistema di registrazione dei beni spesi e guadagnati (il Diwan). Fu Uthman (R.A.) a suggerire a Umar (R.A.) di creare l'Anno Hijri (Calendario islamico).
La sua nomina a Califfo e successore di Umar (R.A.):
Umaribn Al-Kattab (R.A.) sul letto di morte formò un comitato di sei persone per scegliere il prossimo Califfo tra di loro. Questo comitato era composto da: Ali bin Abi Talib (R.A.), Uthman ibn Affan (R.A.), Abdur Rahman bin Awf (R.A.), Saad ibn Abi Waqqas (R.A.), Al-Zubayrm (R.A.) e Talhah (R.A.). La maggioranza del popolo favorì l'elezione di Uthman (R.A.). Il quarto giorno dopo la morte di Umar (R.A.), nel 23 AH, Uthman (R.A.) fu eletto terzo Califfo con il titolo di "Amir Al-Muminin" (Principe dei Credenti).
Quando fu prestato il giuramento di fedeltà a Uthman (R.A.) come califfo, egli si presentò davanti al popolo e dichiarò il suo approccio al governo, spiegando che avrebbe seguito le linee guida del Corano e della Sunnah e avrebbe seguito le orme dei due califfi [cioè Abu Bakr (R.A.) e Umar (R.A.)]. Dichiarò inoltre che avrebbe gestito gli affari del popolo con tolleranza e saggezza, ma che non avrebbe accettato alcun compromesso riguardo alle punizioni da eseguire. Poi li mise in guardia dall'accontentarsi delle cose terrene e dal lasciarsi tentare dalle banalità mondane, per evitare che ciò li portasse a competere gli uni con gli altri e a fomentare rancori e risentimenti tra di loro, che a loro volta avrebbero portato alla divisione e alla disunione.
I punti salienti del suo regno come califfo:
Le conquiste di Uthman (R.A.), durante il suo regno come Califfo, sono tantissime. Di seguito sono riportati alcuni punti salienti delle sue realizzazioni durante il suo califfato (Khilafat):
Conquista: Le opere più importanti di Uthman (R.A.) sono la conquista di Murrow, in Turchia, e l'espansione dello Stato Islamico. Oltre alla conquista di Alessandria e poi dell'Armenia, del Caucaso, del Khurasan, del Kerman, del Sajistan, dell'Africa e di Cipro.
Espansione della Moschea del Profeta: Uthman (R.A.) ampliò la Moschea del Profeta (Masjid Al-Nabawi) nel 29-30 A.H. e istituì la prima flotta islamica per proteggere le spiagge musulmane dagli attacchi dei Bizantini.
Compilazione del Corano: Uno dei risultati più importanti di Uthman (R.A.) è la compilazione del Sacro Corano, iniziata durante il califfato di Abu Bakr Siddiq (R.A.).
Hudhaifah (R.A.) era molto allarmato dalle differenze nella recitazione del Corano tra il popolo siriano e quello iracheno. Così Hudhaifah (R.A.) disse a Uthman (R.A.):
"O Principe dei credenti, salva questa nazione prima che divergano riguardo al Libro (Corano) come fecero gli ebrei e i cristiani".
Uthman (R.A.) disse:
"Mandaci il manoscritto in modo che possiamo farne delle copie, poi te lo restituiremo".
Il suo martirio:
A Shawwal, nel 35 AH, si verificò un tumulto e i malfattori assediarono Uthman (R.A.) nella sua casa (per quaranta giorni) e gli impedirono di pregare nella moschea e persino di bere. Ma quando vide alcuni dei Compagni (R.A.) che si preparavano a combatterli, lo impedì perché non voleva far cadere il sangue di un musulmano per il suo stesso bene. Poi i cospiratori entrarono in casa sua dal retro (dalla casa di Abu Hazm Al-Ansari) e lo attaccarono mentre leggeva il Sacro Corano. Sua moglie Naila (R.A.) cercò di proteggerlo, ma la colpirono con la spada e le tagliarono i polpacci. I ribelli lo uccisero (R.A.) e il suo sangue finì sul Corano. Fu martirizzato il 18 Dhul-Hijjah 35AH (17 giugno 656 d.C.) e fu sepolto ad Al-Baqee [cimitero sacro dei musulmani vicino alla Moschea del Profeta (Masjid Al-Nabawi)] a Madinah.
Aspetto fisico:
Non era né basso né alto, con spalle larghe e folti capelli in testa. Aveva una lunga barba ed era di bell'aspetto. Si dice che fosse il più bello del popolo.
Prestavolto nelle trame:
Marcus Charlie Bishop
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