#libertà di culto
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ginogirolimoni · 9 months ago
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Stanno cercando il pretesto per ucciderli tutti.
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ilfalcoperegrinus · 3 months ago
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RIENTRARE NEL CUORE
RIENTRARE NEL CUORE, un commento al vangelo della 22esima domenica del tempo ordinario, disponibile anche come audio-commento e con testo tradotto in spagnolo entrando nella sezione "Commenti al vangelo" del menu di www.predicatelosuitetti.com
XXII DOMENICA DEL T.O. anno B (2024) Dt 4,1-2.6-8; Gc 1,17-18.21-22.27; Mc 7,1-8.14-15.21-23 https://predicatelosuitetti.com/wp-content/uploads/2024/08/xxii-domenica-del-t.o.-anno-b-2024.mp3  Si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i…
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missviolet1847 · 2 months ago
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Un anno dopo la falsa libertà dell’indifferenza | il manifesto
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Pubblicato circa 12 ore fa
Edizione del 6 ottobre 2024
# Mario Ricciardi
«La storia conosce molti periodi di tempi bui in cui lo spazio pubblico è stato oscurato e il mondo è diventato così esposto al dubbio che le persone hanno cessato di chiedere alla politica niente altro se non che presti la dovuta attenzione ai loro interessi vitali e alla loro libertà personale. "
Sono parole di Hannah Arendt, scritte nel settembre del 1959, in occasione del conferimento del premio Lessing, ma rimangono attuali ancora oggi.
Le riflessioni di Arendt erano in parte ispirate dalla sua esperienza di ebrea apolide, sfuggita alla persecuzione nazista e alla Shoah, ma non avevano un carattere esclusivamente retrospettivo, e neppure riferito soltanto allo sterminio degli ebrei. L’oscuramento dello spazio pubblico cui allude Arendt è una condizione che deriva dall’impoverimento del tessuto connettivo da cui dipende la politica nel suo senso più nobile, che non la riduce al nudo uso della forza, ma si alimenta invece nel dialogo e nel confronto tra i cittadini di una repubblica.
Nei tempi bui il conflitto sociale, che è un fattore essenziale di una democrazia sana, perde il proprio carattere positivo, di espressione della pluralità delle opinioni e della parzialità delle verità che esse esprimono, e lascia il posto a contrapposizioni identitarie, e alla fuga dalla politica di ampi settori della popolazione, che si rifugiano nel culto esclusivo dei propri interessi e della propria libertà personale, priva di alcun collegamento con l’azione collettiva.
Chi si sente minacciato – i perseguitati, gli oppressi – cerca soltanto la compagnia di chi condivide lo stesso destino, e chi si trova invece in una condizione di relativa sicurezza vive sovente come un esiliato in patria, coltivando una visione individualista della vita e degli scopi che essa si prefigge. In una situazione del genere è inevitabile che si perda la sensibilità nei confronti delle ingiustizie che colpiscono gli altri, quelli che non appartengono alla nostra cerchia, e che si finisca per accettare come un fatto la prevalenza del forte sul debole.
In gioventù Arendt aveva conosciuto questo atteggiamento di acquiescenza nel modo in cui tanti tedeschi, persone in molti casi colte e ben educate, scelsero semplicemente di ignorare «la chiacchiera intollerabilmente stupida dei nazisti». Noi lo vediamo oggi nel modo in cui molti voltano lo sguardo dall’altra parte mentre c’è chi ripropone una visione suprematista e violenta dei “valori” della società occidentale, negando l’umanità delle vittime innocenti dei bombardamenti a Gaza e in Libano.
Un anno di guerra
A un anno dal 7 ottobre questa forma di cecità morale si manifesta nel ricordare la vittime dell’attacco di Hamas solo per tentare di giustificare la reazione, sproporzionata e illegale, del governo Netanyahu, e nel disinteresse nella sorte degli ostaggi israeliani, molti dei quali sono morti o rischiano di morire come “danni collaterali” di una guerra che potrebbe estendersi a tutto il Medio Oriente a servizio di un disegno politico di pura potenza.
Chi potrebbe permettersi di coltivare l’altruismo e l’apertura verso il prossimo rinuncia a farlo, lasciando il campo aperto a una guerra in cui tutti si considerano aggrediti, nessuno è in grado di riconoscere le ragioni altrui, ma una parte può mettere in campo una forza militare di gran lunga superiore, e non si fa alcuno scrupolo di usarla in modo indiscriminato, non per colpire il nemico, ma per punire un intero popolo. All’orizzonte c’è la concreta possibilità che si compia un genocidio, perpetrato dalle vittime di ieri che hanno scelto di farsi carnefici.
Dopo un anno persino chi ha criticato in modo più convinto le scelte del governo Netanyahu corre il rischio di soccombere al senso di impotenza, alla difficoltà che si incontra nel far sentire la propria voce di dissenso superando gli ostacoli e le intimidazioni provenienti da chi è convinto che lasciare mano libera all’uso indiscriminato della forza da parte di Israele soddisfi un “superiore” interesse strategico, e sia utile per puntellare una sempre più fragile egemonia.
Lasciare sole le vittime – i palestinesi, i libanesi, gli israeliani che hanno ancora il coraggio di opporsi alle scelte del proprio governo – è una tentazione ricorrente, per rifugiarsi nello spazio ristretto, ma per alcuni soddisfacente, del proprio interesse e della propria libertà. La lezione che ci trasmette Hannah Arendt e che, così facendo, ci stiamo incamminando sulla stessa strada percorsa nel secolo scorso dai tedeschi che scelsero di ignorare la «volgarità» nazista.
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diceriadelluntore · 5 months ago
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Storia Di Musica #332 - Area, Crac!, 1975
Le storie dei dischi dello scatolone del mese di Giugno hanno avuto un grande riscontro, e ne sono particolarmente felice. E per quelle di Luglio vorrei ripartire da quello scatolone, perché conteneva un altro disco, che però rispetto ai 5 scelti avevo già comprato da me. L’ho scelto per tre motivi: perché è l’occasione di parlare di un grande personaggio, che ho citato di striscio nelle storie del mese scorso; perché questo lavoro è un formidabile esempio della grandezza e delle capacità di uno dei gruppi italiani più grandiosi di sempre; perchè il suo titolo mi ha sedotto a trovare altri dischi che hanno nel titolo lo stesso simbolo grafico, il punto esclamativo. Gli Area, che avevano nel nome di gruppo una dicitura chiarissima, International POPular Group, sono stati una delle punte di diamante della musica europea degli anni ’70. Nascono a Milano nel 1972 quando musicisti provenienti da esperienze molto diverse mettono su un gruppo. Il primo nucleo comprendeva il tastierista Patrizio Fariselli, Giulio Capiozzo alla batteria, Johnny Lambizzi alla chitarra, sostituito subito da Paolo Tofani, Patrick Dijvas al basso e Victor Busnello al sassofono, con in più uno studente di architettura di origini greche, alla voce, Demetrio Stratos (psudonimo di Efstràtios Dimitrìou). Convergono nel gruppo esperienze diversissime: Fariselli è diplomato al Conservatorio di Pesaro, Capiozzo ha suonato per anni all’Hotel Hilton de Il Cairo e fu prolifico sessionman per la Numero Uno di Mogol e Battisti, Tofani suonava la musica beat con i Califfi, Stratos aveva avuto un certo successo negli anni precedenti, avendo cantato il brano Pugni Chiusi dei Ribelli, che entrò in classifica nel 1967.
Ma qui è tutta un’altra storia: scelgono una musica totale e creativa, ricchissima di suggestioni, puntando anche sulla “complessità musicale”. Quest’ultimo punto li vide clamorosamente osteggiati durante il loro primo tour a supporto di grandi nomi come Rod Steward e i mitici Gentle Giant, accusati dal pubblico di essere troppo ostici. Poco dopo l’incontro che cambia la loro storia (e in parte anche quella della musica italiana). Gianni Sassi è un fotografo, scrittore, artista bolognese che fonderà una etichetta, la Cramps, che scompaginerà il panorama musicale del tempo. Li mette sotto contratto, dà loro libertà creeativa ma si mette a scrivere i testi, con lo pseudonimo di Frankenstein. Il debutto è leggendario: nel 1973, Arbeit Macht Frei, la beffarda e drammatica scritta che accoglieva i deportati nei lager nazisti, già dalla copertina è un colpo alla coscienza, con un pupazzo mascherato e con un lucchetto, imprigionato tra totalitarismo e sistema del Capitale. La musica è altrettanto dirompente: un jazz rock teso, di caratura internazionale, ma che profuma di mediterraneo, vedasi il suono balcanico del primo pezzo culto, Luglio, Agosto, Settembre (Nero), netta presa di posizione a favore dei palestinesi, e che spesso vira all’avanguardia (L’Abbattimento Dello Zeppelin). Tra tutto, spicca la voce, prodigiosa, di Stratos, non solo per l’estensione o la duttilità, ma per il ruolo che gioca nelle canzoni, e per le straordinarie capacità tecniche (studierà le diplofonie, facendo della sua voce uno strumento aggiunto e inimitabile, arrivando a produrre contemporaneamente fino a 4 note diverse). Busnello e Dijvas lasciano il gruppo, quest’ultimo andrà alla PFM, e entra in formazione Ares Tavolazzi al basso. Nel 1974 arriva Caution Radiation Area (in copertina il simbolo del pericolo radioattivo) e radioattiva è la musica, che abbandona la forma canzone (tranne Cometa Rossa, che sfoggia ancora suggestioni mediterranee) e vira decisamente sull’avanguardia e la sperimentazione. Il pubblico non gradisce, ma dal vivo la band macina concerti su concerti, ad un ritmo forsennato (oltre 200 l’anno) è spesso invitata in contesti internazionali, e chi li ha visti dal vivo assicura che erano straordinari. Dopo aver registrato una versione strumentale de L’Internazionale (con lato b Citazione Da George J. Jackson, con Stratos che recita un famoso discorso del leader delle Pantere Nere) per la liberazione dell’anarchico Giovanni Marini, all’epoca detenuto in carcere per l’omicidio del vicepresidente del FUAN, Carlo Falvella, avvenuto a Salerno nel 1972, nel 1975 arriva l’atteso nuovo disco.
Crac! è un disco che media tra il primo e il secondo. L’immediatezza di alcuni brani, che furono tacciati di frivolezza (storica la stroncatura di Riccardo Bertoncelli e la contro risposta di Stratos sulla rivista Gong) ma che invece sono una lucida organizzazione del solito alto livello musicale, un formidabile jazz rock al massimo livello, a cui per una volta si aggiunge un giocoso approccio. Crac! si apre con L’Elefante Bianco, che diventerà brano culto, una cavalcata rock con i fiocchi e prosegue con La Mela di Odessa: Stratos che qui fa davvero capire che voce incredibile è stata, è anche famoso perché durante i live Demetrio raccontava la storia che la ispirò. Secondo lui infatti, il testo si baserebbe su un fatto realmente avvenuto nel 1920, e che potrebbe essere uno dei primi dirottamenti marini della storia. Un pittore dadaista tedesco, tale Apple, che intendeva assistere ad una mostra d'arte a Odessa, vi dirottò una nave passeggeri con l'intenzione di regalarla ai russi che avevano da poco fatto la rivoluzione. Una volta a Odessa, Apple venne salutato con feste enormi, che comportarono anche far saltare in aria la nave con tutti i suoi passeggeri tedeschi. Della storia non c’è traccia in nessuna fonte storica e ormai è chiaro che fosse stata inventata per rendere ancora più potente le metafore che il testo sprigiona in un brano “enciclopedia” per la commistione di generi, stili, suoni, un capolavoro assoluto. Megalopoli e Nervi Scoperti spiegano la vita mediterranea al jazz rock. Nel disco c’è anche il brano più famoso degli Area, Gioia E Rivoluzione, che dice “Canto per te che mi vieni a sentire\Suono per te che non mi vuoi capire\Rido per te che non sai sognare\Suono per te che non mi vuoi capire", e che verrà ripresa decenni dopo con successo dagli Afterhours; l’elettro-psichedelia retta dal basso di Implosion e la sperimentazione vocale di Area 5 chiudono l’LP. Il successivo tour verrà ricordato con un live, Are(A)zione, con tre brani noti dai Festival a cui parteciparono, e una nuova suite, omonima al titolo del disco.
La band durerà altri due anni: divisi dal sentirsi alfiere dell’avanguardia musicale, con scelte a volte del tutto incomprensibili, come Event del 1976, una lunga suite sconclusionata, faticosissimo tentativo di cavalcare la tigre del suono, progetti solisti che crearono tensioni, il passaggio dalla Cramps alla CGD di Caterina Caselli, che nel 1978 pubblica Gli Dei Se Ne Vanno, Gli Arrabbiati Restano, che esce pochi mesi prima che Demetrio Stratos muoia di leucemia fulminante. “Stratos è stato senza dubbio il personaggio più originale e importante nella musica italiana di ricerca degli anni Settanta, proprio per il suo voler sfuggire alle definizioni, per aver saputo, con coerenza e intelligenza, mettere in comune mondi apparentemente lontanissimi.” (Ernesto Assante).
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lory78blog · 9 months ago
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Monumento Chanforan e Gheisa d'la Tana (in italiano la "chiesa della tana, una grotta utilizzata dai Valdesi per riunirsi di nascosto e professare la loro fede, dato che era impedito farlo prima del 17 febbraio 1848, data in cui Re Carlo Alberto di Savoia con le "lettere patenti" concesse libertà di culto e i valdesi non furono più perseguitati) in frazione Odin ad Angrogna TO - foto di oggi 25 febbraio 2024
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crazy-so-na-sega · 1 year ago
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«Ci troviamo di fronte ad un paradosso. Da un lato il diritto, custode dell'uguaglianza e possibile baluardo contro gli eccessi dell'individualismo, abbandona qualsiasi considerazione morale e
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si presta a giustificare la forza. Ma dall'altro è la forza la fonte del diritto. Sotto i nostri occhi, una tale evoluzione giunge al parossismo. Il diritto rivendica oggi l'immensa pretesa di riconoscere legittimità al dono della morte. È ciò che accade con l'aborto e l'eutanasia. In quest'ultimo caso, il diritto arriva a provocare il desiderio di suicidio assistito. Il diritto, in questo senso, liberalizza l'omicidio di alcuni individui.
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Non vi sarebbe morte degna se non in quella inferta. L'autorità "signorile" si esprime per eccellenza nel dono della morte; la libertà sovrana trionfa nell'autodistruzione delegata.
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Non si giustifica più l'eutanasia con considerazioni sulla pietà, o su intollerabili sofferenze; né la si spiega con ragioni sociali ed economiche. L'eutanasia appare a questo punto come l'altera espressione di una concezione filosofica dell'uomo affascinata dalla morte e dalla vertigine dell'autodistruzione. Che una società disposta ad accettare un diritto utilizzato come strumento di morte per
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la distruzione pianificata degli individui e la distruzione pianificata di se stessa, non può sorprendere. La causa prima del crollo demografico sta proprio in questa duplice volontà di autodistruzione, in questa pulsione di morte.
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Viviamo all'interno di un mondo mortifero, impregnato da un vero e proprio culto della morte.»
-Michel Schooyans (Il Complotto dell'ONU contro la vita).
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l-incantatrice · 1 year ago
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IL POLITICAMENTE CORRETTO HA ROTTO LE PALLE
È da parecchi anni ormai che in molte scuole non si festeggia più il Natale con addobbi,feste,mercatini. I presidi che operano questa scelta dicono di farlo per non offendere nessuno,atei o persone di altre confessioni religiose. Ma celebrare una festa religiosa per me non è un’offesa. Secondo la definizione del vocabolario, offesa significa “Atto o comportamento lesivo della dignità, integrità o autorità altrui”. Non mi sembra che festeggiare il Natale o la Pasqua rientri in questo tipo di comportamento. Del resto se un ebreo,un mussulmano o un buddista celebrano una loro festività io non mi sento offesa. La nostra costituzione stabilisce la libertà di culto,perciò non capisco perché i bambini o i ragazzi cristiani a scuola non possano fare un presepe o addobbare un albero. Quelli che non sono cristiani non partecipano e fanno altro. Punto
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susieporta · 9 months ago
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Buongiorno a tutti.
Niente poesie stamattina. Solo un saluto a chi non sta bene, a chi ha qualche persona cara dentro la malattia. E poi un pensiero a chi ha subito un lutto. Non è mai facile avere a che fare con la morte. Io ogni giorno temo la morte del mio gatto, quello che sta un poco in casa e un poco fuori. Mi colpisce la sua, la nostra esposizione quotidiana al pericolo. Ieri al funerale di Romualdo uno del mio paese mi ha detto che di notte ha paura di sentirsi male e di morire. La gente vive di cose così, ma non è che le puoi dire. Tutti devono fare la parata di essere normali. E chissà perché la normalità coincide col non mostrarsi fragili e col togliersi di dosso l'idea della precarietà. Stasera a Misano Adriatico parlerò di Gianni Celati. Lui mi ha insegnato che la precarietà non è una condizione eccezionale, ma il nostro abito quotidiano. E così pure l'incertezza su chi siamo e su cosa sia il mondo. E in questa incertezza camminare tra momenti di malinconia e piccoli moti espansivi, brevi momenti in cui siamo allegri e grati per quello che siamo, liberi dalla scontentezza che è diventata la poetica dell'uomo votato al culto dell'economia: il vuoto che ognuno porta dentro non sarà mai colmato da nessun successo economico, da nessuna fama, il vuoto è la nostra officina, il confronto quotidiano col niente che saremo, col niente in cui già sono caduti miliardi di persone che sono state vive, il niente di chi non ha libertà e occasioni di lavoro e di amicizia.
p.s.
le foto sono sempre mie, quando sono di altri lo scrivo.
Franco Arminio
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fridagentileschi · 10 months ago
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I dieci danni che ci lasciò il '68
Mezzo secolo fa l'arroganza del (presunto) contropotere generò la dittatura chiamata "politicamente corretto"
Sono passati cinquant'anni dal '68 ma gli effetti di quella nube tossica così mitizzata si vedono ancora. Li riassumo in dieci eredità che sono poi il referto del nostro oggi.
SFASCISTA Per cominciare, il '68 lasciò una formidabile carica distruttiva: l'ebbrezza di demolire o cupio dissolvi, il pensiero negativo, il desiderio di decostruire, il Gran Rifiuto.
Basta, No, fuori, via, anti, rabbia, contro, furono le parole chiave, esclamative dell'epoca. Il potere destituente. Non a caso si chiamò Contestazione globale perché fu la globalizzazione destruens, l'affermazione di sé tramite la negazione del contesto, del sistema, delle istituzioni, dell'arte e della storia. Lo sfascismo diventò poi il nuovo collante sociale in forma di protesta, imprecazione, invettiva, e infine di antipolitica. Viviamo tra le macerie dello sfascismo.
PARRICIDA La rivolta del '68 ebbe un Nemico Assoluto, il Padre. Inteso come pater familias, come patriarcato, come patria, come Santo Padre, come Padrone, come docente, come autorità. Il '68 fu il movimento del parricidio gioioso, la festa per l'uccisione simbolica del padre e di chi ne fa le veci. Ogni autorità perse autorevolezza e credibilità, l'educazione fu rigettata come costrizione, la tradizione fu respinta come mistificazione, la vecchiaia fu ridicolizzata come rancida e retrò, il vecchio perse aura e rispetto e si fece ingombro, intralcio, ramo secco. Grottesca eredità se si considera che oggi viviamo in una società di vecchi. Il giovanilismo di allora era comprensibile, il giovanilismo in una società anziana è ridicolo e penoso nel suo autolesionismo e nei suoi camuffamenti.
INFANTILE Di contro, il '68 scatenò la sindrome del Bambino Perenne, giocoso e irresponsabile. Che nel nome della sua creatività e del suo genio, decretato per autoacclamazione, rifiuta le responsabilità del futuro, oltre che quelle del passato. La società senza padre diventò società senza figli; ecco la generazione dei figli permanenti, autocreati e autogestiti che non abdicano alla loro adolescenza per far spazio ai bambini veri. Peter Pan si fa egocentrico e narcisista. Il collettivismo originario del '68 diventò soggettivismo puerile, emozionale con relativo culto dell'Io. La denatalità, l'aborto e l'oltraggio alla vecchiaia trovano qui il loro alibi.
ARROGANTE che fa rima con ignorante. Ognuno in virtù della sua età e del suo ruolo di Contestatore si sentiva in diritto di giudicare il mondo e il sapere, nel nome di un'ignoranza costituente, rivoluzionaria. Il '68 sciolse il nesso tra diritti e doveri, tra desideri e sacrifici, tra libertà e limiti, tra meriti e risultati, tra responsabilità e potere, oltre che tra giovani e vecchi, tra sesso e procreazione, tra storia e natura, tra l'ebbrezza effimera della rottura e la gioia delle cose durevoli.
ESTREMISTA Dopo il '68 vennero gli anni di piombo, le violenze, il terrorismo. Non fu uno sbocco automatico e globale del '68 ma uno dei suoi esiti più significativi. L'arroganza di quel clima si cristallizzò in prevaricazione e aggressione verso chi non si conformava al nuovo conformismo radicale. Dal '68 derivò l'onda estremista che si abbeverò di modelli esotici: la Cina di Mao, il Vietnam di Ho-Chi-Minh, la Cuba di Castro e Che Guevara, l'Africa e il Black power. Il '68 fu la scuola dell'obbligo della rivolta; poi i più decisi scelsero i licei della violenza, fino al master in terrorismo. Il '68 non lasciò eventi memorabili ma avvelenò il clima, non produsse rivoluzioni politiche o economiche ma mutazioni di costume e di mentalità.
TOSSICO Un altro versante del '68 preferì alle canne fumanti delle P38 le canne fumate e anche peggio. Ai carnivori della violenza politica si affiancarono così gli erbivori della droga. Il filone hippy e la cultura radical, preesistenti al '68, si incontrarono con l'onda permissiva e trasgressiva del Movimento e prese fuoco con l'hashish, l'lsd e altri allucinogeni. Lasciò una lunga scia di disadattati, dipendenti, disperati. L'ideologia notturna del '68 fu dionisiaca, fondata sulla libertà sfrenata, sulla trasgressione illimitata, sul bere, fumare, bucarsi, far notte e sesso libero. Anche questo non fu l'esito principale del '68 ma una diramazione minore o uscita laterale.
CONFORMISTA L'esito principale del '68, la sua eredità maggiore, fu l'affermazione dello spirito radical, cinico e neoborghese. Il '68 si era presentato come rivoluzione antiborghese e anticapitalista ma alla fine lavorò al servizio della nuova borghesia, non più familista, cristiana e patriottica, e del nuovo capitale globale, finanziario. Attaccarono la tradizione che non era alleata del potere capitalistico ma era l'ultimo argine al suo dilagare. Così i credenti, i connazionali, i cittadini furono ridotti a consumatori, gaudenti e single. Il '68 spostò la rivoluzione sul privato, nella sfera sessuale e famigliare, nei rapporti tra le generazioni, nel lessico e nei costumi.
RIDUTTIVO Il '68 trascinò ogni storia, religione, scienza e pensiero nel tribunale del presente. Tutto venne ridotto all'attualità, perfino i classici venivano rigettati o accettati se attualizzabili, se parlavano al presente in modo adeguato. Era l'unico criterio di valore. Questa gigantesca riduzione all'attualità, alterata dalle lenti ideologiche, ha generato il presentismo, la rimozione della storia, la dimenticanza del passato; e poi la perdita del futuro, nel culto immediato dell'odierno, tribunale supremo per giudicare ogni tempo, ogni evento e ogni storia.
NEOBIGOTTO Conseguenza diretta fu la nascita e lo sviluppo del Politically correct, il bigottismo radical e progressista a tutela dei nuovi totem e dei nuovi tabù. Antifascismo, antirazzismo, antisessismo, tutela di gay, neri, svantaggiati. Il '68 era nato come rivolta contro l'ipocrisia parruccona dei benpensanti per un linguaggio franco e sboccato; ma col lessico politicamente corretto trionfò la nuova ipocrisia. Fallita la rivoluzione sociale, il '68 ripiegò sulla rivoluzione lessicale: non potendo cambiare la realtà e la natura ne cambiò i nomi, occultò la realtà o la vide sotto un altro punto di vista. Fallita l'etica si rivalsero sull'etichetta. Il p.c. è il rococò del '68.
SMISURATO Cosa lascia infine il '68? L'apologia dello sconfinamento in ogni campo. Sconfinano i popoli, i sessi, i luoghi. Si rompono gli argini, si perdono i limiti e le frontiere, il senso della misura e della norma, unica garanzia che la libertà non sconfini nel caos, la mia sfera invade la tua. Lo sconfinamento, che i greci temevano come hybris, la passione per l'illimitato, per la mutazione incessante; la natura soggiace ai desideri, la realtà stuprata dall'utopia, il sogno e la fantasia che pretendono di cancellare la vita vera e le sue imperfezioni... Questi sono i danni (e altri ce ne sarebbero), ma non ci sono pregi, eredità positive del '68? Certo, le conquiste femminili, i diritti civili e del lavoro, la sensibilità ambientale, l'effervescenza del clima e altro... Ma i pregi ve li diranno in tanti. Io vi ho raccontato l'altra faccia in ombra del '68. Noi, per dirla con un autore che piaceva ai sessantottini, Bertolt Brecht, ci sedemmo dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano occupati. Alla fine, i trasgressivi siamo noi.
Marcello Veneziani
Editorialista del Tempo, sul '68 ha scritto Rovesciare il '68 (Mondadori, anche in Oscar, 2008)
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mchiti · 10 months ago
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Per paura di essere tacciati di antisemitismo si sta sempre zitti ma vi posso dire con tutta onestà che sono veramente piena della Comunità Ebraica di Milano. Che il suo capo oggi venga a tacciare Ghali di antisemitismo invocando l'intervento del governo per una strofa non può stupirmi, perché è solo una delle miriade di cose che mi danno un fastidio profondo da italomarocchina che vive a Milano.
Mi infastidisce quando non abbiamo ancora una Moschea ufficiale, riconosciuta, uno spazio degno di questo nome, e dobbiamo risolverla con scantinati/garage/spazi in affitto. Ora è in programma l'apertura della prima Moschea dopo un progetto durato decenni e bocciato da amministrazioni comunali di destra e di sinistra. E ogni volta, ogni cavolo di volta si interpellava il capo della Comunità Ebraica di Milano. Cosa c'entra, non si sa, ma era necessario avere il loro beneplacito, il sentirsi dire "siamo per la libertà di culto, sì alla Moschea, basta che non diventi luoghi dove si fomenta odio" siamo per la libertà di culto ... scusate ma chi siete la costituzione italiana? Ma letteralmente chi cazzo siete? Perché dovremmo aver bisogno del vostro assenso?
A ogni Ramadan trovano sempre il modo di rovinare il momento con qualche polemica, si organizzano festival palestinesi e/o di cultura araba e devono controllare come se fossero un corpo di polizia speciale che tutto sia secondo le loro regole.
Esercitano, sulla comunità musulmana, un vero e proprio softpower, a volte neanche tanto soft. Costantemente, partendo dal presupposto che i primi ad essere difesi (non si sa da chi o da cosa) devono essere loro, i primi ad essere interpellati loro, loro prendono le decisioni sugli equilibri socio-religiosi... la verità è che ci vedono come una massa non identificata di barbari.
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othmanibnaffan · 1 year ago
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La sua prima vita nella società pre-islamica:
Nella società pre-islamica, Uthman (R.A.) era tra i migliori della sua gente. Era di alto rango, molto ricco, estremamente modesto ed eloquente nel parlare. Il suo popolo lo amava molto e lo rispettava. Non si prostrava mai a nessun idolo e non aveva mai commesso alcuna azione immorale nemmeno prima dell'Islam. Anche prima dell'Islam non beveva alcolici.
Conosceva bene i lignaggi, i proverbi e la storia degli eventi importanti. Viaggiò in Siria e in Etiopia e si mescolò con persone non arabe, imparando cose sulla loro vita e sui loro costumi che nessun altro conosceva. Si occupò degli affari ereditati dal padre e la sua ricchezza crebbe. Era considerato uno degli uomini del clan Banu Umayyah che godeva di grande stima da parte di tutti i Quraish. Così, Uthman (R.A.) era considerato di alto rango tra la sua gente ed era molto amato.
La sua conversione all'Islam:
Uthman (R.A.) aveva trentaquattro anni quando Abu Bakr Al-Siddiq (R.A.) lo chiamò all'Islam; egli non esitò affatto e rispose immediatamente alla chiamata di Abu Bakr (R.A.). Fu il quarto uomo ad abbracciare l'Islam dopo Abu Bakr (R.A.), Ali ibn Talib (R.A.) e Zaid ibn Harithah (R.A.).
La sua persecuzione e la migrazione in Etiopia:
Uthman (R.A.) e sua moglie Ruqayyah (R.A.), figlia del Profeta (S.A.W.), emigrarono in Etiopia (Abissinia) insieme a dieci uomini e tre donne musulmani. Alcuni musulmani si unirono poi a loro come migranti. Tutti i musulmani emigrati trovarono sicurezza e libertà di culto in Abissinia. Uthman (R.A.) aveva già alcuni contatti commerciali in Etiopia, quindi continuò a esercitare la sua professione di commerciante.
Il Sacro Corano parla della migrazione dei primi musulmani in Abissinia, come dice Allah:
"E per quanto riguarda coloro che sono emigrati per la causa di Allah, dopo essere stati ingiustamente colpiti, certamente daremo loro una buona residenza in questo mondo, ma in verità la ricompensa dell'Aldilà sarà più grande; se solo lo sapessero!" (Al-Nahl 16:41).
Quando si diceva che gli abitanti di Makkah erano diventati musulmani, la notizia giunse agli emigranti in Abissinia, che tornarono indietro ma, quando si avvicinarono a Makkah, seppero che la notizia era falsa. Ciononostante, tutti gli emigranti entrarono in città. Tra coloro che tornarono c'erano Uthman (R.A.) e Ruqayyah (R.A.) e si stabilirono nuovamente a Makkah. Uthman (R.A.) rimase a Makkah finché Allah non concesse il permesso di emigrare a Madinah.
La vicinanza al Profeta (S.A.W.):
Il fattore più forte che ha plasmato il carattere di Uthman (R.A.), ha fatto emergere i suoi talenti e le sue potenzialità e ha purificato la sua anima è stato il fatto di aver frequentato il Messaggero di Allah (S.A.W.) e di aver studiato per mano sua. Uthman (R.A.) rimase vicino al Profeta (S.A.W.) a Makkah dopo essere diventato musulmano e rimase vicino a lui a Madinah dopo la sua migrazione.
Uthman (R.A.) ci racconta come rimase vicino al Messaggero di Allah (S.A.W.) dicendo:
"Allah, che sia glorificato ed esaltato, ha inviato Mohammad (S.A.W.) con la verità e gli ha rivelato il Libro e io sono stato uno di quelli che hanno risposto ad Allah e al Suo Messaggero (S.A.W.) e hanno creduto. Ho compiuto le due prime migrazioni e sono diventato genero del Messaggero di Allah (S.A.W.) e ho ricevuto la guida direttamente da lui.
Uthman (R.A.) e il Sacro Corano:
Uthman (R.A.) era profondamente legato al Sacro Corano. È stato narrato che Abu Abd Al-Rahman Al-Sulami disse:
"Coloro che insegnavano il Corano, come Uthman ibn Affan, Abd-Allah ibn Masood e altri, ci hanno raccontato che quando imparavano dieci versetti dal Profeta (S.A.W.), non andavano oltre finché non avevano appreso la conoscenza contenuta in essi e come applicarla nei fatti. Dissero: Così abbiamo imparato insieme il Corano, la conoscenza e la sua applicazione". Per questo dedicavano un po' di tempo alla memorizzazione di una sura".
I seguenti detti di Uthman (R.A.) mostrano chiaramente il suo attaccamento e il suo amore per il Sacro Corano:
"Se i nostri cuori fossero puri, non avremmo mai il nostro filtro delle parole di Allah, che Egli sia glorificato ed esaltato".
"Non vorrei che venisse il giorno in cui non guarderò nel Patto di Allah (cioè il Sacro Corano)".
"Ci sono quattro cose che sono virtù esteriori, ma in realtà sono obblighi: mescolarsi con le persone rette è una virtù e seguire il loro esempio è un dovere, leggere il Corano è una virtù e agire in base ad esso è un dovere, visitare le tombe è una virtù e prepararsi alla morte è un dovere e visitare il malato è una virtù e chiedergli di fare testamento è un dovere".
"Dieci cose sono la più grande perdita di tempo: uno studioso di cui nessuno chiede informazioni, una conoscenza che non viene messa in pratica, un consiglio valido che non viene accettato, un'arma che non viene usata, una moschea in cui non si prega, un Mushaf (Corano) che non viene letto, una ricchezza di cui non si spende nulla (in beneficenza), un cavallo che non viene cavalcato, la conoscenza dell'ascesi nel cuore di chi cerca un guadagno mondano e una lunga vita in cui non ci si prepara per il viaggio (nell'Aldilà)".
Utman (R.A.) era un Hafiz del Corano (memorizzazione del Corano) e leggeva sempre il Corano. Uthman (R.A.) recitò l'intero Corano al Profeta Mohammad (S.A.W.) prima di morire.
Battaglia di Badr e morte della moglie:
Quando i musulmani uscirono per combattere la Battaglia di Badr, la moglie di Uthman (R.A.), Ruqayyah (R.A.), era malata e confinata a letto nel momento in cui suo padre Mohammad (S.A.W.) invitò i musulmani a intercettare la carovana dei Quraish. Uthman (R.A.) si affrettò ad uscire con il Messaggero di Allah (S.A.W.), ma Egli (S.A.W.) non permise a Uthman (R.A.) di andare con loro e gli ordinò di rimanere con Ruqayyah (R.A.) e di curarla dicendo:
"Tu [Uthman (R.A.)] riceverai la stessa ricompensa e la stessa quota (del bottino) di chiunque abbia partecipato alla battaglia di Badr (se rimarrai con lei)". (Bukhari: 3699)
Uthman (R.A.) obbedì di buon grado e rimase con sua moglie Ruqayyah (R.A.). Quando esalò gli ultimi respiri, desiderava vedere suo padre (S.A.W.) che era partito per Badr. Si allontanò da questa vita ma non poté vedere suo padre (S.A.W.) perché egli era a Badr con i suoi nobili Compagni (R.A.), impegnati a rendere suprema la parola di Allah, e non partecipò alla sua sepoltura. Il marito Uthman (R.A.), addolorato, seppellì l'amata moglie ad Al-Baqee (cimitero sacro dei musulmani vicino a Masjid Al-Nabawi a Madinah). Dopo il ritorno dalle vittorie della battaglia di Badr, il Messaggero (S.A.W.) venne a sapere della morte di sua figlia Ruqayyah (R.A.), si recò ad Al-Baqee, si fermò sulla tomba di sua figlia e pregò per il suo perdono.
Il suo contributo allo Stato islamico:
Uthman (R.A.) era uno dei più ricchi tra coloro ai quali Allah aveva concesso la ricchezza. Usò la sua ricchezza in obbedienza ad Allah. Era sempre il primo a fare il bene e a spendere e non temeva la povertà. Tra i molti esempi delle sue spese ci sono i seguenti:
1. Quando il Profeta (S.A.W.) giunse a Madinah, l'unica fonte di acqua fresca era il pozzo di Bir Rumah e senza pagare nessuno poteva bere l'acqua del pozzo. Uthman (R.A.) comprò il pozzo dal proprietario (che era un ebreo) per ventimila dirham e lo donò ai ricchi, ai poveri e ai viandanti.
2. A Madinah, il Mashid Al-Nabawi divenne troppo piccolo perché i musulmani potessero pregare anche solo 5 volte. Uthman (R.A.) comprò il terreno accanto alla moschea per venticinque o ventimila dirham e questo terreno fu aggiunto alla moschea che divenne così abbastanza grande da ospitare i musulmani.
3. Spese un'enorme somma per equipaggiare l'esercito musulmano per la campagna di Tabook.
Durante il califfato di Abu Bakr (R.A.) e Umar (R.A.):
Quando il Messaggero di Allah (S.A.W.) morì nell'11 AH (632 d.C.), Abu Bakr (R.A.) fu scelto come califfo. In effetti, Uthman (R.A.) fu il primo, dopo Umar (R.A.), a offrire la sua fedeltà ad Abu Bakr (R.A.) come califfo. Durante le guerre di apostasia (guerre di Ridda) durante il califfato di Abu Bakr (R.A.), Uthman (R.A.) rimase a Madinah e agì come consigliere di Abu Bakr (R.A.). Sul letto di morte, Abu Bakr Siddiq (R.A.) dettò il suo testamento a Uthman (R.A.), dicendo che il suo successore sarebbe stato Umar (R.A.).
Durante il califfato di Umar (R.A.), lo status di Uthman (R.A.) era quello di un consigliere e si può dire che la sua posizione fosse simile a quella di Umar (R.A.) nei confronti di Abu Bakr (R.A.) durante il califfato di Abu Bakr (R.A.).
Durante il califfato di Umar (R.A.), Uthman (R.A.) istituì il sistema di registrazione dei beni spesi e guadagnati (il Diwan). Fu Uthman (R.A.) a suggerire a Umar (R.A.) di creare l'Anno Hijri (Calendario islamico).
La sua nomina a Califfo e successore di Umar (R.A.):
Umaribn Al-Kattab (R.A.) sul letto di morte formò un comitato di sei persone per scegliere il prossimo Califfo tra di loro. Questo comitato era composto da: Ali bin Abi Talib (R.A.), Uthman ibn Affan (R.A.), Abdur Rahman bin Awf (R.A.), Saad ibn Abi Waqqas (R.A.), Al-Zubayrm (R.A.) e Talhah (R.A.). La maggioranza del popolo favorì l'elezione di Uthman (R.A.). Il quarto giorno dopo la morte di Umar (R.A.), nel 23 AH, Uthman (R.A.) fu eletto terzo Califfo con il titolo di "Amir Al-Muminin" (Principe dei Credenti).
Quando fu prestato il giuramento di fedeltà a Uthman (R.A.) come califfo, egli si presentò davanti al popolo e dichiarò il suo approccio al governo, spiegando che avrebbe seguito le linee guida del Corano e della Sunnah e avrebbe seguito le orme dei due califfi [cioè Abu Bakr (R.A.) e Umar (R.A.)]. Dichiarò inoltre che avrebbe gestito gli affari del popolo con tolleranza e saggezza, ma che non avrebbe accettato alcun compromesso riguardo alle punizioni da eseguire. Poi li mise in guardia dall'accontentarsi delle cose terrene e dal lasciarsi tentare dalle banalità mondane, per evitare che ciò li portasse a competere gli uni con gli altri e a fomentare rancori e risentimenti tra di loro, che a loro volta avrebbero portato alla divisione e alla disunione.
I punti salienti del suo regno come califfo:
Le conquiste di Uthman (R.A.), durante il suo regno come Califfo, sono tantissime. Di seguito sono riportati alcuni punti salienti delle sue realizzazioni durante il suo califfato (Khilafat):
Conquista: Le opere più importanti di Uthman (R.A.) sono la conquista di Murrow, in Turchia, e l'espansione dello Stato Islamico. Oltre alla conquista di Alessandria e poi dell'Armenia, del Caucaso, del Khurasan, del Kerman, del Sajistan, dell'Africa e di Cipro.
Espansione della Moschea del Profeta: Uthman (R.A.) ampliò la Moschea del Profeta (Masjid Al-Nabawi) nel 29-30 A.H. e istituì la prima flotta islamica per proteggere le spiagge musulmane dagli attacchi dei Bizantini.
Compilazione del Corano: Uno dei risultati più importanti di Uthman (R.A.) è la compilazione del Sacro Corano, iniziata durante il califfato di Abu Bakr Siddiq (R.A.).
Hudhaifah (R.A.) era molto allarmato dalle differenze nella recitazione del Corano tra il popolo siriano e quello iracheno. Così Hudhaifah (R.A.) disse a Uthman (R.A.):
"O Principe dei credenti, salva questa nazione prima che divergano riguardo al Libro (Corano) come fecero gli ebrei e i cristiani".
Uthman (R.A.) disse:
"Mandaci il manoscritto in modo che possiamo farne delle copie, poi te lo restituiremo".
Il suo martirio:
A Shawwal, nel 35 AH, si verificò un tumulto e i malfattori assediarono Uthman (R.A.) nella sua casa (per quaranta giorni) e gli impedirono di pregare nella moschea e persino di bere. Ma quando vide alcuni dei Compagni (R.A.) che si preparavano a combatterli, lo impedì perché non voleva far cadere il sangue di un musulmano per il suo stesso bene. Poi i cospiratori entrarono in casa sua dal retro (dalla casa di Abu Hazm Al-Ansari) e lo attaccarono mentre leggeva il Sacro Corano. Sua moglie Naila (R.A.) cercò di proteggerlo, ma la colpirono con la spada e le tagliarono i polpacci. I ribelli lo uccisero (R.A.) e il suo sangue finì sul Corano. Fu martirizzato il 18 Dhul-Hijjah 35AH (17 giugno 656 d.C.) e fu sepolto ad Al-Baqee [cimitero sacro dei musulmani vicino alla Moschea del Profeta (Masjid Al-Nabawi)] a Madinah.
Aspetto fisico:
Non era né basso né alto, con spalle larghe e folti capelli in testa. Aveva una lunga barba ed era di bell'aspetto. Si dice che fosse il più bello del popolo.
Prestavolto nelle trame:
Marcus Charlie Bishop
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alle00 · 1 year ago
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Sono nato in un'epoca in cui la maggior parte dei giovani aveva perduto la fede in Dio, per la stessa ragione per cui i loro padri l'avevano avuta - senza sapere perché. E quindi, poiché lo spirito umano tende per sua natura a criticare perché sente, e non perché pensa, la maggior parte di quei giovani ha scelto l'Umanità come succedaneo di Dio. Appartengo, tuttavia, a quella specie di uomini che si trovano sempre al margine di ciò a cui appartengono, e che non vedono solo la moltitudine che li contraddistingue, ma anche i grandi spazi che li circondano. E per questa ragione che non ho abbandonato Dio così incondizionatamente come loro, né ho mai accettato l'Umanità. Ho considerato che Dio, essendo improbabile, potrebbe esistere e quindi essere adorato; ma che l’Umanità, essendo un mero concetto biologico, e non significando null'altro che la specie animale umana, non era più degna di adorazione di qualsiasi altra specie animale. Questo culto dell'Umanità, con i propri rituali di Libertà e Uguaglianza, mi è sempre sembrato una reviviscenza dei culti antichi, in cui gli animali erano come dei, oppure gli dei avevano teste di animali. Così, non sapendo credere in Dio, e non potendo credere in un coacervo di animali, sono rimasto, come altri sull' argine delle genti, in quella distanza da tutto comunemente nota come Decadenza. La Decadenza è la perdita assoluta dell' incoscienza; perché l'incoscienza è il fondamento della vita. Il cuore, se potesse pensare, si fermerebbe. A chi, come me, vive non sapendo di avere vita, che cosa resta, come ai miei pochi simili, se non la rinuncia in quanto modo e la contemplazione in quanto destino? Non sapendo che cosa sia la vita religiosa, e non potendo saperlo, perché non può esistere fede con la ragione; non potendo avere fede nell'astrazione dell'uomo, né sapendo come comportarci dinanzi a essa, ci restava, come motivo di esistenza dell'anima, la contemplazione estetica della vita. E quindi, estranei alla solennità di tutti i mondi, indifferenti al divino e sprezzanti dell'umano, ci abbandoniamo futilmente alla sensazione senza proposito, coltivata in un epicureismo esasperato, come conviene ai nostri nervi cerebrali.
Fernando Pessoa, Il libro dell’inquietudine
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rideretremando · 10 months ago
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Celebrazione della libertà femminile solo se restiamo sulla superficie, Povere creature è una riflessione sul controllo e sul possesso come antitesi di un’umanità che ha fame di mondo e di vita. L’anatomopatologo dottor Frankenstein, che in questo film è una specie di dio dalla faccia orrenda, privo di sentimenti, almeno all’inizio, e crudele al punto di rendere le sue creazioni umane delle cavie, prima riproduce in laboratorio Bella, la bellissima protagonista, poi un’altra bella ed obbediente, quando la prima ormai è fuggita. Il suo artificio umano, che ha nel cranio il cervello del feto che aveva in sé quando aveva provato ad uccidersi nel Tamigi, impara molto in fretta: scopre il piacere sessuale, quello del cibo, del bere, quello dell’esplorazione della città e della vita, oltre le mura chiuse del padre scienziato Godwin e del rapitore Duncan. La sua anarchia non si trova tanto nel sesso quanto nella brama di esperienze e nella lingua sciolta con cui distrugge il narcisismo del suo miserabile accompagnatore, vanesio, ligio alle convenzioni, geloso del suo territorio femminile come lo sarà il personaggio maschile della fine della storia, il soldato Blessington, suo sposo nella vita prima del suicidio e dell’operazione, poi ridotto nel lieto fine a pura bestialità.
Più disinibita di Nora in Casa di bambola, divisa in due, la mente infantile ed il corpo attivo e gaudente, apprende a camminare, a desiderare, a soffrire, sempre affrontando l’onnipresenza del controllo sociale. In ogni capitolo c’è un ostacolo da cui liberarsi, una miseria da superare, un’ingiustizia da tollerare. Londra, Lisbona, Alessandria d’Egitto, Parigi e le loro nefandezze: il possesso, il galateo, l’ingiustizia sociale, il culto del denaro. Acquisisce conoscenza, apprende i mali del mondo e trova ristoro nella sua amica e collega di prostituzione e nel fedele Max, dottorino innamorato, prima collaboratore di Godwin, che accetta il suo passato di venditrice del proprio corpo ed è uno dei pochi con cui non la vediamo accoppiarsi. Un bildungsroman per le masse che hanno fatto il Liceo. Ovviamente ogni uomo eterosessuale sognerà a lungo Emma Stone dopo aver visto il film.
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abr · 1 year ago
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Destri e sedicenti centristi che s'indignano e sono "contro", come i sinistri quando eran vivi. Copioni: di compiti sbagliati, di agende perdenti.
Destri che citano Giulietto Chiesa e apprezzano Vauro in quanto anti americani (l'Ucragna è solo una banale scusa).
Destri più socialisti dei comunisti.
Destri filu populuarabu in odio a Israele ebraica.
Destri anti capitalismo plutocratico, nel solco della Grande Proletaria mussoliniana (Perdente é anche il culto dei perdenti).
Destri anti occidentali che manco Julius Evola (buttare il bambino con l'acqua sporca dei disvalori e delle credenze scentifiche alla moda).
Destri che però, anvedi in Cina come tengan tutto bello disciplinato, regolato ...
Poi mi chiedono come mai non mi schiero al centro (defunto come il fu ceto medio) ma nemmeno a destra, let alone a sinistra.
Sarà che non m'ha mai attizzato la teoria delle stringhe (cioè corde monodimensionali percorribili solo nei due sensi destra-centro-sinistra e viceversa; in più chiuse = gli estremi opposti si toccano). Più realistico il terrapiattismo: almeno é bidimensionale, a muoversi in un piano ci sono più gradi di libertà.
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lory78blog · 9 months ago
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Questa sera si è svolta l'accensione dei Falò dei Valdesi, io faccio parte di questa comunità. Per chi non lo sapesse vi cito una breve spiegazione della nostra festa. "Il 17 Febbraio 1848 Re Carlo Alberto, con le Lettere patenti, concesse i diritti civili e politici ai sudditi valdesi. Ogni anno, in quella data, le comunità valdesi si ritrovano per momenti di culto e di celebrazione, tra i quali l’accensione dei falò della libertà. Nelle chiese delle Valli valdesi del Piemonte la ricorrenza è molto sentita e coinvolge generazioni differenti."
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passaggioalboscoedizioni · 1 year ago
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⚠️ NOVITÀ IN LIBRERIA 🔥
Emanuele Ricucci
INDECENTI
Uomini e donne oltre il “politicamente corretto”: per una rinascita antropologica e spirituale
Social network e alienazione, denaro e solitudine, politica e compravendita, sesso e identità, sondaggi e illusioni, pornografia delle emozioni e consumo di massa. E ancora: culto dell’estrema libertà e famiglie castrate, patrie svendute e censure arbitrarie, restrizioni crescenti e statue abbattute, superamento di ogni limite e tirannia dei “diritti per tutti”.
Nel tempo del delirio politicamente corretto, dove le opinioni autoritarie soppiantano le idee autorevoli, cosa sta accadendo all’uomo occidentale? Sempre più assente e sradicato, esso si è trasformato in un perfetto ingranaggio del conformismo, astratto e ripetibile, senza Dio e senza confini, perennemente migrante e precario, spogliato di ogni profondità e di ogni connessione con lo spirito. È questo il tanto decantato “progresso” della democrazia liberale? Come siamo passati dalla “morale del Bene” alla moralizzazione della società?
Tra le pagine di questo testo – seguendo i precedenti capitoli della “trilogia degli uomini sovrani di se stessi”, tra cui una parte di “Contro la folla” – Emanuele Ricucci non pone un problema già noto, ma offre una possibile soluzione: la ricerca di una nuova integrità che sviluppi gli anticorpi necessari a sanare le follie del progresso, la putrefazione degli individui in scatola e lo scenario infernale dell’uomo folla. Ciò che serve – in questo contesto liquido, globale e virtuale – è la volontà di edificare l’uomo sovrano di se stesso, l’indecente che non si accodi alla rasserenante decenza dell’imposizione e combatta l’auto annullamento in atto.
Un viaggio da Ortega y Gasset a Simone Weil, da Marcello Veneziani a Dominique Venner, da Rainer Maria Rilke a Paul Bloom, attraversando l’arte, l’antropologia, la sociologia e la poesia. Perché – oggi più che mai – libertà è trasmettersi la fiaccola dell’indecenza.
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