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Parti con Giosef: opportunità di mobilità giovanile europea ad Alessandria. Un evento dedicato ai giovani per scoprire progetti Erasmus+, Corpo Europeo di Solidarietà e DiscoverEU
Alessandria, 9 dicembre 2024 – L’Informagiovani del Comune di Alessandria e l’Assessorato alle Politiche Giovanili organizzano “Parti con Giosef”, un evento informativo dedicato ai giovani tra i 18 e i 30 anni che desiderano scoprire opportunità di formaz
Un incontro per costruire il proprio futuro in Europa Alessandria, 9 dicembre 2024 – L’Informagiovani del Comune di Alessandria e l’Assessorato alle Politiche Giovanili organizzano “Parti con Giosef”, un evento informativo dedicato ai giovani tra i 18 e i 30 anni che desiderano scoprire opportunità di formazione, crescita personale e mobilità in Europa. L’incontro, realizzato in collaborazione…
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PeM Contest 2024: a Mirabello Monferrato i giovani talenti alessandrini
Ieri sera si è tenuta al Country Sport Village di Mirabello Monferrato (Alessandria) la finale del PeM Contest, la competizione che vede confrontarsi alcuni dei migliori talenti della provincia piemontese sul palco del PeM, Parole e Musica in Monferrato, manifestazione che da ben diciannove anni si occupa di portare talenti musicali famosi e meno famosi sulle colline di questo tratto dell’Italia…
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Supino, All together now la rende più bella e più accogliente
di Chiara Alessandrini L’ottava edizione dell’All Together Village si è conclusa con successo, offrendo serate davvero indimenticabili grazie all’organizzazione impeccabile dell’associazione All Together Now. È essenziale sottolineare l’impegno di questi giovani ragazzi che, da anni, si dedicano a rendere il paese un luogo sempre più accogliente. Un aspetto significativo del Village è…
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Competenze in meccatronica per i giovani diplomati di Teramo ... - AbruzzoLive
Teramo. Ieri, alle 10:30, nell’Auditorium dell’Iis Alessandrini-Marino di Teramo, è stato presentato a genitori ed alunni delle classi quinte il nuovo corso post-diploma in Meccatronica che l’ITS Academy per il Made in Italy – Sistema Meccanica di Lanciano farà partire il prossimo ottobre proprio nell’istituto teramano.Il nuovo corso di automazione e sistemi meccatronici è stato presentato da…
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"Tornerà", prodotta da Stefano Pain & Friends, vede protagonista Alessandria ed un invito a rialzarsi dopo l'emergenza
Per uscire dall'emergenza Covid-19, commercianti, artigiani, professionisti e amministratori si uniscono in un brano composto da Stefano Pain & Friends
Tante sono le strategie messe in atto per fronteggiare l'emergenza Covid-19 e per sollecitare la comunità a resistere con "pazienza", ma anche a unirsi in un'ideale "coalizione" per risollevarsi, tutti insieme, e iniziare quel percorso di "ritorno alla normalità" che tutto il Paese attende.
Alessandria, in questo, non è da meno e, tra le tante iniziative realizzate, va segnalata una canzone nata da un'idea dei due noti dj's alessandrini Stefano Pain e Francesco Pittaluga, protagonisti, tra l'altro, dell'ultima edizione del Capodanno di Alessandria.
"Tornerà" è il titolo del brano composto da Stefano Pain & Friends, accompagnato da un video che sarà pubblicato sui canali social dell'Amministrazione Comunale e che rientra a pieno titolo nel progetto #alessandriasocial (lanciato proprio in occasione del Capodanno, mediante il quale il Comune promuove eventi e iniziative che valorizzano il protagonismo degli artisti alessandrini).
L'opera è stata completamente realizzata "da casa", con gli interpreti che hanno prestato gratuitamente il proprio contributo in smart working come omaggio alla Città, alla sua resilienza e alla sua capacità di far fronte alle avversità e risollevarsi.
Le parole del testo – che si riportano in calce al comunicato – sono particolarmente significative in tal senso e richiamano, oltre alle difficoltà del momento che tutti stanno vivendo, la voglia di tornare quanto prima alla normalità della vita.
Il testo è stato scritto a sei mani da Stefano Pain, Alessandro Marella e Davide Boveri, mentre l'arrangiamento musicale è stato curato da Matteo Mussoni.
Molte sono le persone coinvolte nella realizzazione del brano che vede tra gli interpreti Stefano Pain, Raimondo Russo, Federico Aime, Mike Patitucci, Cherima Fteita, Francesco Pittaluga, Davide Boveri, Davide Buzzi Langhi, Alessandro Marella, Nicola Imbres e Raul Donovan.
Il "Coro" è composto dalle voci di Martha Miller, Sara Caldarella e Matteo Festa.
Per il Mix&Master Samuele Bernardi & Matteo Mussoni, mentre la comunicazione e video-editing è stata curata da FP Consulting from DDSTAFF.it.
Il video musicale che accompagna il brano è caratterizzato da una serie di immagini mixate della Città di Alessandria con i diversi video-messaggi raccolti di amici, commercianti, artigiani, professionisti… che hanno colto l'importanza di sostenere fattivamente questa proposta.
Il brano – nel veicolare complessivamente un intenso messaggio di speranza e di "ripartenza" per Alessandria – intende inoltre valorizzare l'azione svolta dalla Fondazione Solidal Onlus e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria che, nell'emergenza Covid-19, hanno promosso la raccolta fondi a sostegno degli Ospedali della provincia di Alessandria.
«Il valore aggiunto di questa canzone – dichiara il Sindaco di Alessandria Gianfranco Cuttica di Revigliasco – sta innanzitutto nel profondo senso di coinvolgimento della nostra comunità alla realizzazione del progetto. Per questo ringrazio sentitamente Stefano Pain & Friends per l'idea e per la qualità con cui la hanno concretizzata. Un brano musicalmente eccellente e pieno di quell'ottimismo e quella fiducia che, mediante il riferimento al "tornerà" utilizzato come titolo della canzone, si esplicita nel video realizzato in cui compaiono i tanti amici di Stefano Pain e Francesco Pittaluga. Il ringraziamento quindi si estende a tutti loro, insieme ai commercianti, artigiani, professionisti alessandrini coinvolti: una squadra che, grazie al coinvolgimento della Protezione Civile e pure a due Assessori della nostra Giunta Comunale, testimonia come Alessandria abbia tutte le energie per riprendersi speditamente da questa drammatica emergenza e per guardare alle prossime settimane con rinnovato senso di ottimismo, con la tipica operosità degli alessandrini e con una sana dose di sincero orgoglio cittadino».
«Più volte, con i miei amici e collaboratori, ci siamo chiesti quale poteva essere il nostro contributo per la Città in questo lungo periodo di quarantena – ha spiegato il dj Stefano Pain –. Inizialmente avevamo pensato ad alcune opportunità rivolte più che altro al mondo dei giovani e della movida, ma non ci sembrava abbastanza. Nel corso di una di queste lunghe notti, mentre stavo lavorando su una base, l'ispirazione mi ha portato alla stesura di un primo testo in cui ho messo insieme pensieri e sensazionilegati a questo difficile periodo che certamente sono condivise da molti di noi: la malinconia, la mancanza di libertà, ma soprattutto la voglia di tornare, al più presto, alla nostra quotidianità, la voglia di riprenderci i nostri spazi, il nostro lavoro, i nostri momenti di libertà.
Con i miei collaboratori e amici, Francesco Pittaluga in particolare, abbiamo tentato di trasformare queste note e queste parole nella voce della Città, affiancando nella registrazione voci diverse, dalla lirica al rap per raggiungere un target di pubblico il più ampio possibile. Dove non è arrivata la voce, arrivano le immagini: il video che accompagna le note è la sintesi delle diverse realtà imprenditoriali del territorio che si sono schierate al nostro fianco, a titolo gratuito. Tutti i contributi che ci hanno inviato, ognuno da casa propria, lo ribadisco, sono stati montati insieme per restituire il quadro emozionante di una comunità che non si arrende e che è pronta a ripartire. Ringraziamo di cuore tutte le persone e le istituzioni che ci hanno aiutato e sostenuto in questo progetto: il Comune di Alessandria, La Stampa, Il Piccolo, Radio Gold, Radio Alex, Radio Vertigo One, Andrea Cherian di "Creative Academy", Danilo Rossini e tutti gli amici commercianti e artigiani e professionisti che hanno collaborato alla realizzazione del video ufficiale».
«Tra le diverse componenti della nostra comunità – sottolineano il Vicesindaco Davide Buzzi Langhi e l'Assessore alle Manifestazioni ed eventi Cherima Fteita (a cui Stefano Pain & Friends hanno chiesto di prestare, insieme ad altri, la propria voce nella canzone) – quella degli artisti è, senza dubbio, una realtà importante che, con il proprio operato e le proprie performances, promuove Alessandria in molteplici contesti, anche nazionali e internazionali.
Questa realtà, al pari di molte altre, è stata profondamente colpita dall'emergenza Covid-19 e dall'impossibilità momentanea di svolgere la propria attività artistica. Sotto questo aspetto, il brano che Stefano Pain & Friends hanno composto e realizzato non solo va apprezzato per la qualità musicale e l'alta ispirazione che sapientemente unisce il messaggio veicolato dalle parole con la scelta delle linee melodiche, della componente ritmica e strumentale impiegata e della struttura complessiva della canzone, ma al contempo mette in luce la grande vitalità del mondo artistico alessandrino. Una vitalità che non si ferma di fronte a questa emergenza pandemica e allo sconforto verso l'incertezza del "domani", ma anzi in qualche modo si rafforza e, con il sostegno di tanti amici, esprime il desiderio – o meglio, la convinzione che il linguaggio artistico riesce meglio di altri a trasmettere – che la quarantenadel momento finirà, che Alessandria "dal Covid uscirà", che Alessandria… "tornerà". Come Amministrazione Comunale ci sentiamo al fianco di Stefano Pain & Friends e, nel ringraziarli per quanto hanno prodotto, intendiamo insieme al Sindaco e alla Giunta sostenere le diverse realtà artistiche, creative e culturali della Città che, al pari di quelle produttive, commerciali e artigianali hanno sofferto in queste settimane e meritano ogni attenzione per una celere ripresa della normalità che valorizzi l'intera nostra comunità alessandrina».
Di seguito il testo della canzone "Tornerà"
TORNERÀ (di Stefano Pain & Friends)
Un'altra notte insonne passata in quarantena tanta gente dorme mentre altra trema il suono delle sirene che ti fan pensare a quanti oggi soffrono in un ospedale. Questo virus ci ha voluto allontanare rimane solo uno sguardo per poter parlare. I nostri amici sono diventati nemici ci dicono state distanti se non avete mascherina e guanti. Alessandria è ferma negozi chiusi, piazze vuote e la strada deserta. Tutti uniti per la nostra città aspettando che apra le proprie attività. Dico che la noia è diventata libertà qui il tempo non passa l'hanno messo in pausa lontano dai guai, lontano dai bar. Un sei famoso in una stanza dimmi chi è la star. Io non credo ma ci vedo soltanto una soluzione fermarsi e programmare il futuro della nazione. Mi vedi nei colori perché io vesto di nero io rimango a casa per vedere ancora il cielo. Alessandria città di Gagliaudo, di Umberto Eco dalle grandi industrie, ospedali e università dal Covid 19 uscirà. Tornerà musica e movida la gente per le strade. Abbracciami non è finita. Tornerai. Cullami tra i fiumi riprendi la tua vita. Alessandria tornerà. Musica e movida senza doverci odiare. Abbracciami non aspettare. Tornerà la gente per le strade l'amore respirare. Alessandria Alessandria tornerà Alessandria tornerà. COMUNICATO REDATTO DA [email protected] E DIFFUSO GRATUITAMENTE DA LTC
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Piazza Fontana, quando morì Pinelli, in questura c’erano i depistatori dei servizi segreti DI PAOLO BIONDANI Nella notte in cui morì Pinelli, in questura a Milano non c'erano solo i normali poliziotti. C'era anche uno squadrone di agenti e alti dirigenti del servizio segreto civile dell'epoca, l'Ufficio affari riservati, inviati da Roma con una missione di depistaggio: incastrare gli anarchici milanesi per la strage di piazza Fontana e per l'intera catena di attentati esplosivi del 1969, che inaugurarono gli anni del terrorismo politico in Italia. Una pista rivelatasi falsa, totalmente demolita dalle indagini e dai processi che negli anni successivi hanno comprovato le responsabilità dei veri criminali di opposta matrice ideologica: l'estrema destra eversiva. In questi tempi di leader politici e ministri che sdoganano movimenti apertamente neofascisti, giovani che si lasciano irretire da ex terroristi neri condannati per banda armata, neonazisti che tornano alla violenza e inneggiano al razzismo, anarchici delinquenti che spediscono pacchi-bomba per ferire o uccidere, la storia dell'innocente ferroviere Giuseppe Pinelli, arrestato ingiustamente per un eccidio infame e morto misteriosamente dopo un interrogatorio costellato di accuse false, andrebbe spiegata nelle scuole, ai tanti ragazzi che poco o nulla sanno di piazza Fontana e delle troppe vittime dirette e indirette degli anni di piombo. ... La pista anarchica frana solo a partire dal 1971, quando a Castelfranco Veneto si scopre un arsenale di armi ed esplosivi del gruppo nazi-fascista guidato da Franco Freda e Giovanni Ventura. La svolta fa riemergere altre prove fino ad allora ignorate, come le intercettazioni eseguite da un ottimo poliziotto di Padova (nel frattempo rimosso) e la testimonianza di un insegnante veneto, Guido Lorenzon, a cui lo stesso Ventura aveva confessato la strage del 12 dicembre 1969, pochi giorni dopo, organizzata «per favorire un golpe». A quel punto le indagini passano a Milano, dove il giudice Gerardo D’Ambrosio, con i pm Luigi Fiasconaro ed Emilio Alessandrini (poi ucciso dai terroristi rossi di Prima Linea), raccolgono prove gravissime contro quella cellula veneta di Ordine nuovo. L’inchiesta milanese accerta, tra l'altro, che Freda ha acquistato una partita di «timer a deviazione» identici a quelli della strage (e delle altre 4 bombe del 12 dicembre '69). Nel 1973, dopo l’arresto (e prima della provvidenziale fuga in Argentina), Ventura arriva a confessa tutti gli altri attentati esplosivi del 1969, tranne piazza Fontana. Quindi è il gruppo Freda che ha collocato le bombe in stazione, in fiera e sui treni delle vacanze, per cui furono invece incarcerati ingiustamente gli anarchici milanesi. ... Nei successivi processi di questi anni, da Milano a Brescia, le sentenze dichiarano dimostrata, grazie a nuove prove, la responsabilità storica anche per piazza Fontana degli stessi terroristi neri Freda e Ventura, non più processabili perchè ormai assolti. Sulla morte di Pinelli, invece, non c'è ancora giustizia. Il libro di Brogi ricostruisce però importanti pezzi di verità. Partendo da un verbale dimenticato, ritrovato nell'archivio di Stato, si scopre che in questura a Milano, durante il fatale interrogatorio, c'erano almeno nove agenti segreti, guidati da Silvano Russomanno, un ex fascista repubblichino diventato il numero due dell'Ufficio affari riservati. Sono gli stessi agenti che con la «squadra 54» hanno creato la falsa pista anarchica. Ed è Russomanno in persona che ha raccolto i falsi elementi contestati a Pinelli, nel vergognoso tentativo di incastrarlo per le bombe sui treni.... Dagli atti risulta che solo un carabiniere si precipita nel cortile, dove Pinelli è ancora agonizzante. Tutti i poliziotti (come gli agenti segreti di cui per anni si ignora perfino la presenza) restano invece nei loro uffici in questura, senza curarsi delle condizioni della vittima. Eppure, dopo l'arrivo degli infermieri, un appuntato di fiducia dei capi s'infila nell'ambulanza con il ferito gravissimo. Ed entra addirittura nella sala operatoria dell'ospedale, dove resta fino alla morte di Pinelli. Il libro riconosce che a tuttoggi non è emerso alcun riscontro oggettivo all'ipotesi di un omicidio o di un pestaggio alla Cucchi, ma conclude che troppi fatti anomali, come l'assurdità di mandare un agente in sala operatoria a sorvegliare un moribondo, continuano a sollevare interrogativi inquietanti: «Perché tutto ciò? Cosa si temeva che dicesse Giuseppe Pinelli?»
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Ibridoma, la musica cambia la vita
In questa intervista, Leonardo Ciccarelli, bassista degli Ibridoma, spiega come è arrivato nella band, il cammino discografico del combo e il nuovo disco. Racconta anche aneddoti della vita on stage e come il far parte della band gli abbia cambiato la vita. Tutta da leggere.
Una presentazione per chi non vi conosce. Possiamo dire siate dei veterani del movimento metal e rock italiano, secondo la vostra esperienza, come si è evoluto, sia a livello qualitativo, sia quantitativo?
Ciao a tutti, noi siamo gli Ibridoma e veniamo dalle Marche. La band è nata nel 2001 da un’idea del batterista Alessandro Morroni. Per completare la formazione ha chiamato Christian Bartolacci alla voce, Lorenzo Petrini al basso, Pietro Alessandrini alla chitarra solista e Simone Mogetta alla chitarra ritmica. Questa formazione ha prodotto il primo EP “Lady of darkness”. Dopo alcuni anni Pietro decide di lasciare la band cedendo il posto a Marco Vitali. Con lui registrano nel 2006 “Page 26”.
Anno 2008, anche Lorenzo lascia il ruolo di bassista a me (Leonardo Ciccarelli). Nel 2010 pubblichiamo il nostro primo album, l’omonimo “Ibridoma”. Arrivati al 2012 pure Simone lascia cedendo il posto di chitarra ritmica prima a Daniele Monaldi, presente su “Night club”. A lui subentra Sebastiano Ciccalè. Sebastiano è entrato prima come session per registrare “Goodbye nation” (2014), ma è rimasto ufficialmente con noi fino al 2021. Con lui abbiamo registrato gli album “December” (2016) e “City of ruins” (2018). Purtroppo l’anno scorso anche Sebastiano ha lasciato il gruppo per dedicarsi maggiormente ad atri progetti personali.
E’ stato degnamente sostituito da Lorenzo “Fiskio” Castignani, che, nonostante la giovane età, si è dimostrato più che capace, dimostrandolo nel nuovo album “Norimberga 2.0”.
Sesto disco, come vi sentite cambiati? Cosa avete imparato strada facendo?
Sicuramente ci sentiamo più maturi. In fondo abbiamo iniziato che eravamo tutti abbastanza giovani. Adesso alcuni di noi sono padri di famiglia. Nonostante tutto la voglia di suonare è rimasta la stessa degli inizi. L’esperienza ci ha permesso di migliorare molto, sia dal punto di vista musicale che professionale.
Doveste iniziare adesso, scegliereste un genere diverso?
Probabilmente no. Facciamo questa musica semplicemente perché è il genere che amiamo maggiormente, indipendentemente da quanto possa essere popolare. Se dovessimo fare qualcosa che non ci piace difficilmente riusciremmo a rendere bene anche dal vivo e molto probabilmente lasceremmo perdere quasi immediatamente.
Il rock, e il metal in modo particolare, è morto?
Proprio morti no, ma di sicuro hanno dovuto cedere qualche passo in favore di altri generi nel corso di questi ultimi anni. Bloccando i concerti a causa del covid, rock e metal hanno avuto una diffusione minore rispetto al pop e ad altri generi che bene o male vengono tramessi più diffusamente.
I vostri testi prendono spunti dall’attualità, anche, sono il risultato di un collaborazione corale o vengono scritti solo da uno di voi?
Nonostante tutti quanti contribuiamo alle tematiche delle canzoni i testi vengono scritti quasi esclusivamente dal nostro cantante Christian Bartolacci. Il resto di noi si trova più a suo agio ad esprimersi attraverso lo strumento piuttosto che a parole.
Un momento particolarmente divertente della vostra lunga esperienza live?
Una scelta davvero difficile. Ogni volta che si parte per qualche data praticamente torniamo peggio dei ragazzini delle superiori che vanno in gita. Comunque quello che ricordiamo più divertiti è stato il soundcheck prima del nostro concerto a Mosca di spalla ai Sabaton. C’era il fonico che correva dietro al nostro cantante che, per testare il microfono wireless che gli avevano dato, andava saltellando e correndo in giro per tutto il teatro.
Il vostro ultimo lavoro sta avendo un ottimo riscontro, ve lo aspettavate?
Onestamente speravamo che andasse bene, ma non immaginavamo fino a questo punto. Siamo entusiasti dei risultati che sta ottenendo. Siamo molto grati a tutti coloro che ci stanno supportando e apprezzando. Speriamo di poter fare meglio anche con i lavori futuri.
Avete fatto da supporto a diversi big. Una band per la quale vi piacerebbe aprire oggi, qual è?
Indubbiamente la risposta è la stessa di quando abbiamo iniziato, Iron Maiden tutta la vita. E’ la band che praticamente ci ha spinto tutti ad iniziare a suonare e che ancora oggi ascoltiamo almeno un paio di volte al giorno.
Un consiglio, o un punto di vista, ai giovani che vogliono intraprendere la carriera musicale?
Al giorno d’oggi intraprendere la carriera musicale è dura, soprattutto per il fatto che con i social sono praticamente “tutti sul mercato” per così dire. L’unico consiglio che ci sentiamo di dare a chi voglia diventare musicista professionista è quello di ascoltare di tutto e di cercare di essere il più versatile possibile. Magari potrà non essere essenziale, ma di sicuro agevola parecchio.
Avete artisti di riferimento la cui carriera e il cui lavoro ancora vi stupisce?
Artisti di riferimento ne abbiamo a tonnellate. Partendo dai già citati Maiden fino ad arrivare a Korn, Megadeth, Six Feet Under, Bon Jovi, Fear Factory e molti altri. Effettivamente che ad oggi ci hanno stupito sono gli Skid Row, devo dire che il loro ultimo lavoro a nostro parere è davvero notevole.
Anche se non suona come un prodotto italiano, quanta italianità c’è nel vostro disco?
Di italianità, almeno secondo noi, ce n’è parecchia. Soprattutto nei temi trattati, anche perché la maggior parte delle nostre canzoni tratta temi che riguardano in particolar modo la nostra società ed il nostro paese. Ovvio che alcuni argomenti sono tranquillamente applicabili ad altri paesi, ma il nostro primo pensiero riguarda l’Italia.
Una domanda che non vi hanno mai posto ma vi piacerebbe vi fosse rivolta.
Una domanda che non ci hanno mai fatto è stata “Quanto la musica ha cambiato le vostre vite?”. La risposta sarebbe: parecchio. Il nostro chitarrista Marco Vitali, con la musica ci lavora a tempo pieno. Il resto di noi, comunque, ha praticamente sviluppato più o meno la propria carriera e la propria vita privata in funzione di supporto e sviluppo della band.
Se foste voi ad intervistare, ipotizzando di avere a disposizione anche una macchina del tempo, chi intervistereste e cosa gli chiedereste?
Davvero una bella domanda, forse David Bowie, ma piuttosto che un’intervista preferirei una bella chiacchierata davanti ad una bella birra. Probabilmente finirei per chiedergli com’è stato vivere la musica dagli anni ‘60 in poi, ignari di stare scrivendo la storia della musica moderna.
Un saluto e una raccomandazione a chi vi legge
Un ringraziamento a tutta la redazione di Tempi Dispari per lo spazio concessoci. A tutti i lettori che sono rimasti con noi fino alla fine di quest’intervista. Aspettiamo di rivederci ancora a qualche concerto sia come artisti che come fan. Stay Metal _\m/
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30 mag 2020 19:47
“WALTER TOBAGI? I RIFORMISTI NON PIACCIONO A QUESTO PAESE” - IL RICORDO DI CHIARA BERIA DI ARGENTINE: “LA SERA PRIMA DELL’OMICIDIO, AL CIRCOLO DELLA STAMPA, ERANO VOLATI URLA E INSULTI CONTRO TOBAGI. SO BENE CHE CHI SI ESPOSE INSULTANDO QUELLA SERA TOBAGI NON HA NULLA A CHE FARE CON CHI LA MATTINA DOPO SPARÒ. PERÒ MI DOMANDO: POSSIBILE CHE ANCHE DOPO 40 ANNI NESSUNO DEI GIORNALISTI PRESENTI E URLANTI DICA ALMENO CHE QUELLA SERA AVEVA SBAGLIATO?”
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Chiara Beria di Argentine per il “Corriere della Sera”
Caro direttore, nel complimentarmi con tutti voi per il libro dedicato dal Corriere a Walter Tobagi che mi auguro venga diffuso nelle scuole e letto da tanti giovani vorrei, se me lo consenti, aggiungere una riflessione e un ricordo.
28 maggio 1980. All' improvviso nel pomeriggio arrivò a trovarmi mio padre Adolfo. Quarant'anni fa ero a casa in congedo di maternità (il mio secondo figlio Matteo era nato il 6 maggio) dal lavoro di inviato al settimanale Panorama. Erano ore serene (per me) fino a quando non ascoltai cosa voleva dirmi e chiedermi papà. Ricordo quei momenti: fu una delle rarissime volte nella sua vita (è scomparso il 26 luglio 2000) che lo vidi piangere. Dalla tv avevo già appreso l'ennesima, tragica notizia. Questa volta la vittima era un giornalista del Corriere, Walter Tobagi.
Non sapevo però che Tobagi, presidente dell'Associazione lombarda giornalisti e Beria, neopresidente dell'Associazione nazionale magistrati e collaboratore dal 1973 del Corriere stavano lavorando a un progetto comune. Non solo si erano confrontati la sera prima dell'omicidio a un «acceso» dibattito sul segreto istruttorio al Circolo della Stampa (come ricorda Massimo Fini nel capitolo «L'ultima notte» del libro curato da Giangiacomo Schiavi, ndr) ma dovevano rivedersi per creare i comitati «Giustizia e Stampa».
Rewind al tragico 1980. Quando il 23 marzo come leader della corrente Giustizia e Costituzione accetta di assumere l' impegno di presidente dell' Anm, Beria aveva visto uccidere dai terroristi uno dopo l'altro alcuni dei suoi amici e colleghi più cari da Girolamo Tartaglione, direttore Affari Penali del ministero di Giustizia (Roma, 10 ottobre 1978); a Emilio Alessandrini (Milano, 29 gennaio 1979); a Vittorio Bachelet, vicepresidente del Csm (Roma, 12 febbraio 1980); a Girolamo Minervini direttore del Dap (Roma, 18 marzo 1980); a Guido Galli (Milano, 19 marzo 1980).
Una ondata di sangue che spazzò via uomini coraggiosi e integerrimi come testimoniato nel vostro libro sia dall'articolo che scrisse proprio Tobagi in morte di Alessandrini che dalle parole trovate da Luigi Ferrarella nel suo intervento «La solitudine dei magistrati sotto tiro».
Ecco di solitudine vorrei ora parlarvi. Seguito il feretro di Minervini che era stato ucciso dalla Br sul bus che prendeva per andare al ministero (non voleva esporre a pericoli una scorta; oggi a sentire in tv nella trasmissione di Giletti che il posto di capo del Dap «fa gola» mi vengono i crampi, ndr) Beria come disse anche al presidente Pertini credeva che uno dei terreni per dare massima operatività alla lotta al terrorismo fosse quello di costruire un dialogo tra gli operatori dei due settori («..gli pareva che l' informazione peccasse di superficialità o di sensazionalismo...» cit. Franzinelli-Poggio. Storia di un giudice italiano, Rizzoli).
Nel giovane ma già così esperto e lucido Tobagi aveva trovato più che un prezioso interlocutore. Ma i riformisti non piacciono in questo Paese. E quella sera, mi raccontò papà, al Circolo della Stampa erano volati urla e insulti. Angosciato e molto amareggiato mi chiese chi era questo e quel tal collega urlante. Posso solo immaginare la tristezza dell' ultima notte di Tobagi. Ovviamente da cronista che poi ha seguito e intervistato negli anni ben noti brigatisti (dalla Braghetti a Gallinari) so bene che chi si espose insultando quella sera Tobagi non ha nulla a che fare con chi la mattina dopo sparò.
Non solo. Sono la prima ad aver fatto nella mia lunga vita di lavoro molti errori però mi domando: possibile che anche dopo 40 anni nessuno dei giornalisti presenti e urlanti dica almeno che quella sera aveva sbagliato? Amen.
Del resto, in queste ore di anniversari noto anche che tanti togati che dentro e fuori il Csm ostacolarono Giovanni Falcone non hanno mai avuto un minimo, laico ravvedimento.
Aprile 1992. L' ultima volta che parlai con Falcone mi chiese se gli editoriali che scriveva su La Stampa erano oggetto di critica. Sempre solitudine, a un passo dalla morte. Per il resto quei «non sono samurai» sono tutti più o meno a spasso; Benedetta Tobagi ha scritto parole d' oro in questo 40° anniversario; in memoria di quella generazione di uomini - giornalisti, giudici, servitori dello Stato - dell' inchiesta sugli ex vertici dell' Associazione nazionale magistrati con relative intercettazioni mi fa male solo a parlarne.
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Alessandria e Giffoni Experience: Un Protocollo d’Intesa per Promuovere la Cultura Cinematografica
Firmato un accordo strategico per coinvolgere le giovani generazioni nel mondo del cinema e favorire lo sviluppo culturale.
Firmato un accordo strategico per coinvolgere le giovani generazioni nel mondo del cinema e favorire lo sviluppo culturale. Il Comune di Alessandria e il celebre Giffoni Experience hanno siglato un protocollo d’intesa per promuovere la cultura cinematografica tra le giovani generazioni. L’accordo, firmato il 13 novembre 2024 presso il Municipio di Alessandria dal Vice Sindaco Giovanni Barosini e…
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Supino, torna il carnevale sabato 18 febbraio
di Chiara Alessandrini Torna finalmente a Supino, dopo quasi tre anni di stop dovuti alla pandemia da COVID-19, la sesta edizione del “Carnevale a sorpresa”, evento organizzato dall’associazione ALL TOGETHER NOW in collaborazione con il Comune Di Supino e le altre associazioni del territorio.Il Grande evento è previsto per sabato 18 febbraio 2023 a partire dalle ore 14:30. Giovani e meno giovani…
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STRAALESSANDRIA2018
UNIAMO LE SPONDE
BORSALINO VIVE NELL’IDENTITÀ DI TUTTI GLI ALESSANDRINI NEL MONDO!
Dal sito organizzatore di StrSalessandria:
XXIII° edizione Appuntamento per tutti l’ 11 maggio 2018 per realizzare la ventitreesima edizione della corsa stracittadina. L’edizione 2018 conferma: luogo di partenza sarà il Ponte Meier simbolo della nuova Alessandria; luogo d’arrivo tornerà ad essere Piazza della Libertà. Il valore simbolico del percorso si riflette nello slogan “UNIAMO LE SPONDE!” parte fissa del marchio StraAlessandria, a testimonianza dello spirito di solidarietà della gara e della nostra comunità. Questa 23° edizione fa suo l’appello di solidarietà per la difesa dell’attività produttiva della BORSALINO che è patrimonio economico e storico della nostra città: BORSALINO VIVE NELL’IDENTITÀ DI TUTTI GLI ALESSANDRINI NEL MONDO! Venerdì 11 maggio 2018 corriamo con Borsalino in testa e nel cuore. Le attività progettuali programmate grazie alle risorse che la gara 2018 mette a disposizione sono:
I GIOVANI PROGETTANO PER LA CITTÀ Viene messa a disposizione, a un gruppo di giovani già formati e con esperienza nel campo della progettazione, la somma necessaria per elaborare una proposta di recupero urbano e di rivitalizzazione di un’ area storica della città individuando un percorso concreto di fattibilità, le possibili fonti di finanziamento, il ruolo della società e delle istituzioni. In particolare la proposta dovrà individuare possibilità di riutilizzo condiviso per attività culturali, economiche e occupazionali. La proposta è gestita in collaborazione ICS Onlus – ACSAL – Comune di Alessandria.
DIRE CUCIRE ACCUDIRE Il progetto, al suo secondo anno, impegna giovani rifugiati formati professionalmente in laboratori: di comunicazione linguistica, di sartoria e di cura alla persona. Le attività intraprese: percorsi Clil di insegnamento delle materie scolastiche in lingua veicolare; apertura della sartoria FIDIA in Via Dossena 27; assistenza a persone in stato di necessità. Il progetto si avvale anche del contributo della Fondazione SociAL, di associazioni (Social Domus, Cambalace, Auser), di collaborazioni private (Centro Down, Coompany, Cissaca, San Benedetto) e istituzionali (Istituto Scolastico Fermi-Nervi, Prefettura, Comune e Provincia).
CAMBOGIA E TANZANIA LA COOPERAZIONE DI ALESSANDRIA NEL MONDO Cento nuovi allacciamenti all’acqua potabile in Cambogia per le famiglie povere nella provincia di Kampong Thom agli acquedotti realizzati da ICS consorzio e implementati da ICS Onlus: n° 50 allacciamenti a Staung e di n° 50 allacciamenti a Taing Krasaing. Con questo i due acquedotti arriveranno cosi a servire 18000 abitanti. Gambe per correre e braccia per giocare in Tanzania al centro di riabilitazione fisioterapica Cheshire Home a Miali, provincia di Dodoma, cuore della Tanzania, dove da dodici anni il Dott. Carlo Origo, primario di Ortopedia dell’ospedale infantile di Alessandria, interviene con una equipe in prevalenza alessandrina. Centinaia di bambini dei villaggi operati e riabilitati. La festa sportiva sarà per tutti con: la straragazzi, la partecipazione degli atleti diversamente abili e la gara insieme ai detenuti della CR San Michele e della CC Cantiello Gaeta.
Servizi foto e video Giuseppe e Andrea Amato.
ALESANDRIA. XXIII EDIZIONE STRALESSANDRIA 2018. STRAALESSANDRIA2018 UNIAMO LE SPONDE BORSALINO VIVE NELL’IDENTITÀ DI TUTTI GLI ALESSANDRINI NEL MONDO! Dal sito organizzatore di StrSalessandria:
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AD Choice – Seven for the Future
Si è tenuto il 19 aprile, allahiice Palazzina Appiani all’Arena di Milano, l’evento di presentazione del progetto AD CHOICE – Seven for the Future, ideato dal direttore di AD – Architectural Digest, Ettore Mocchetti. In questo progetto di impostazione poliennale AD, in qualità di Tutor, mira a promuovere la creatività di sette giovani designer e/o dei loro Studi di progettazione, under 35, italiani ed operanti in Italia, già ben avviati sul mercato ma ancora alla ricerca di una consacrazione definitiva.
La scelta dei designer è il frutto di un’attenta indagine sulla loro attività professionale basata su parametri progettuali quali la funzionalità, l’estetica, l’ergonomia, la componente emozionale e la presa sul mercato. Il ruolo di tutor così come configurato da AD, prevede di monitorare il lavoro dei progettisti con incontri nei loro atelier, la pubblicazione sulla Rivista delle loro storie e dei loro prodotti, l’opportunità di interfacciarsi con importanti aziende del settore e, alla fine del percorso annuale, l’esposizione dei progetti e delle realizzazioni in un evento speciale.
I nomi dei designer selezionati per il 2018 sono stati svelati nel corso dell’evento: Luca Alessandrini, Andrea Bonini, Matteo Cibic, Ilaria Innocenti e Giorgio Laboratore (Studio Li-do), Marco Lavit Nicora (Lavit Atelier), Federico Peri, Paolo Emanuele Nava e Luca Maria Arosio (Nava+Arosio Design). Nel presentarli Ettore Mocchetti ha osservato: “Più di un premio che, con l’inflazione che c’è oggi in tal materia, rischia l’oblio nel giro di poco tempo, sono convinto che la nostra iniziativa costituisca per i selezionati un’occasione unica per entrare in contatto con un’ampia platea di aziende, interior designer e operatori del settore, e quindi per arricchirsi professionalmente e per acquisire visibilità là dove la visibilità ha un valore”.
L’evento è stato reso possibile anche grazie a SEAT, che per l’occasione ha messo a disposizione di un editor di AD la Arona, l’ultimo crossover arrivato in Casa SEAT, durante tutta la settimana del Salone. Grazie a un’ampia gamma di vetture, la casa automobilistica fondata a Barcellona risponde in maniera innovativa alle esigenze di mobilità dei clienti di oggi. Per seguire l’iniziativa #DesignTourWithSEATarona.
Thanks to CULTI MILANO e Carvico SpA, tessuti indemagliabili elasticizzati dal 1962.
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Podcast: Zlatan sounds like he's staying and Te Kloese rumors. Plus, a lot of great interview audio.
Podcast: Zlatan sounds like he's staying and Te Kloese rumors. Plus, a lot of great interview audio. #LAGalaxy #MLS #zLAtan #SoccerPodcast
On today’s show, your host will break down the LA Galaxy exit-interview, complete with audio, and get you updated on Zlatan Ibrahimovic and the Te Kloese rumors.
COG STUDIOS, Calif. — The LA Galaxy held their last media availability for the 2018 season earlier this week and CoG went with our microphone ready. What we got was nearly an hour of audio from Zlatan Ibrahimovic, Chris Klein, Ola…
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#Chris Klein#Giovani Dos Santos#Jonathan dos Santos#LA Galaxy#MLS#Podcast#Romain Alessandrini#Zlatan Ibrahimovic
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SAN BENEDETTO – Grande successo per il Rigoletto al Teatro Concordia. L’evento, curato nell’organizzazione artistica dall’Istituzione Antonio Vivaldi, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune e l’Associazione Incontri d’Opera, ha visto l’esecuzione dell’adattamento per voci soliste, quartetto d’archi e pianoforte della celebre opera di Giuseppe Verdi.
Bravissimi ed appassionati interpreti dei personaggi dell’Opera sono stati il Baritono Franco Alessandrini nel ruolo di “Rigoletto”, la Soprano Patrizia Perozzi nel ruolo di “Gilda”, il Mezzosoprano Valentina Coletti nei panni di “Contessa di Ceprano, Giovanna e Maddalena”, il Tenore Tommaso Mangifesta nei panni del “Duca di Mantova” e il Basso Alessandro Battiato nei ruoli di “Conte di Monterone e Sparafucile”.
Le bellissime musiche sono state eseguite con grande maestria dal Quartetto d’archi “Antonio Vivaldi” composto da Piergiorgio Troilo e Paolo Incicco violini, Emiliano Finucci viola e Daniela Tremaroli violoncello e direzione artistica, accompagnati al pianoforte dal concertatore e arrangiatore delle parti, Massimiliano Caporale.
Narrazione, costumi (originali provenienti dal Teatro dell’Opera di Roma) e regia sono stati del musicologo Paolo Santarelli, il quale ha accompagnato il pubblico nello spettacolo musicale introducendo i vari momenti dell’opera e descrivendo i retroscena storici della vicenda.
Intenso dramma di passione, tradimento, amore filiale e vendetta, il “Rigoletto” proposto ha offerto una combinazione di ricchezza melodica e potenza drammatica, ponendo lucidamente in evidenza le tensioni sociali e la subalterna condizione femminile tipica dell’ottocento.
Quella del Concordia è stata una serata dove musica ed emozioni hanno tenuto tutti i presenti assorti, a tratti anche commossi dal capolavoro Verdiano; ne è risultata un’esecuzione per chi ama la musica ma anche per chi ama la storia di quel periodo, uno spettacolo capace di catturare per oltre novanta minuti l’attenzione di tutti gli spettatori. Un evento culturale di qualità nel Teatro della città, che ha saputo coinvolgere emotivamente il pubblico, come dimostrato dai numerosi applausi a scena aperta.
Presenti in sala la massime autorità locali ed in particolare il sindaco Pasqualino Piunti e l’assessore alla Cultura Annalisa Ruggeri che a fine spettacolo, assieme al presidente dell’Istituzione Vivaldi Francesco Romano, alle consigliere Claudia De Angelis e Lorella Di Sante e al direttore amministrativo Antonio Rosati, sono saliti sul palco per complimentarsi con gli artisti per la raffinatezza dello spettacolo offerto e porgere al pubblico intervenuto gli auguri per un sereno Natale.
A conclusione della bella serata, all’uscita del foyer, è stato offerto un brindisi augurale a cura del Caffè Florian, con il quale i numerosi presenti hanno potuto porgere il benvenuto alle festività imminenti.
Da evidenziare infine la presenza di tanti giovani e di pubblico proveniente da fuori regione, cosa che dovrebbe incoraggiare i promotori nel proseguire in iniziative come questa che hanno come obiettivo primario il consentire un approccio introduttivo al mondo della lirica.
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Giorno della Memoria 2025: Alessandria ricorda le vittime dell’Olocausto
Lunedì 27 gennaio 2025, la città di Alessandria ospiterà una serie di eventi istituzionali e culturali in occasione del Giorno della Memoria, nell'80° anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz.
Commemorazioni e approfondimenti per non dimenticare.Lunedì 27 gennaio 2025, la città di Alessandria ospiterà una serie di eventi istituzionali e culturali in occasione del Giorno della Memoria, nell’80° anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz. Le iniziative, organizzate in collaborazione con la Comunità Ebraica di Torino, l’Istituto Nazionale del Nastro Azzurro e altre…
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“Vorrei una morte cavalleresca, che mi cogliesse nel corso di una grande impresa”: in un libro avvincente, l’ultima, enigmatica avventura di Roald Amundsen, alla ricerca dell’amico-nemico Umberto Nobile
L’idrovolante francese su cui è sparito per sempre Roald Amundsen, quel maledetto 18 giugno 1928, tra i ghiacci dell’Artico, forse non era nato sotto una buona stella. Nel volo di prova, alla vigilia del viaggio polare, Albert de Cuvertille, il pilota, nel voltarsi per fare segno al motorista, aveva infilato, per sbaglio, una mano negli ingranaggi del Latham 47-II e aveva perso tre dita. A rivelare questo sinistro presagio e a gettare, finalmente, un fascio di luce tra le fitte tenebre di uno dei misteri più enigmatici del Novecento è L’ultimo viaggio di Amundsen, scritto dall’esploratrice norvegese Monica Kristensen nel 2017 e uscito, in questi giorni, in Italia per Iperborea (traduzione a cura di Sara Culeddu). Il libro documentario, più avvincente di un romanzo d’avventura, affonda le sue radici in una scrupolosa ricerca e in un attento vaglio delle fonti storiche sulle vicende dell’ultimo viaggio del più grande esploratore di sempre. Ma che cosa ci faceva l’Aquila bianca della Norvegia, Roald Amundsen, a bordo di un idrovolante francese? Perché un uomo avvezzo alle spedizioni polari e alle privazioni dei deserti di ghiaccio non è sopravvissuto? I punti oscuri dell’ultimo viaggio di Amundsen si legano indissolubilmente ad un altro mistero che, dopo quasi un secolo, continua ad affascinare e a dividere gli animi. Quello del dirigibile Italia.
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Roald Amundsen era salito sul Latham proprio per salvare il suo rivale e nemico, quell’Umberto Nobile che aveva costruito e che guidava il dirigibile, con cui aveva già intrapreso, due anni prima, la trasvolata polare, a bordo di un’altra aeronave, di fabbricazione italiana, il Norge. I litigi su quel pallone italo-norvegese si erano infiammati poi a terra con polemiche ferocissime, alimentate dalla stampa internazionale. Amundsen e Nobile si erano contesi il merito di quella spedizione polare. Ma, stavolta, era il dirigibile Italia a essere naufragato sul pack, e Umberto Nobile con i suoi era in pericolo. Mentre lui, il grande Amundsen, era sotto la fresca ombra dei suoi meli in fiore, a preparare il pan di spagna per i suoi ricevimenti privati. Alcuni tra i superstiti del dirigibile riuscirono, per cinquanta giorni, a sopravvivere al riparo di una piccola tenda di seta che colorarono di rosso. La tenda rossa. Ma degli altri si persero le tracce. Impossibile non ripensare ai giorni della trasvolata sul Norge. Erano le 2.20 del 12 maggio 1926 quando il dirigibile italo-norvegese Norge su cui viaggiavano Nobile e Amundsen aveva toccato il Polo Nord. La spedizione fascista e italiana, invece, aveva voluto osare, doppiare l’impresa, ma si trasformò in una delle più grandi epopee tragiche dell’Artico e diede vita ad una delle più imponenti operazioni di salvataggio al Polo.
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Roald Amundsen non era più giovanissimo. Erano ormai passati venticinque anni da quando, in piena notte, era partita, dal molo di Oslo, la sua prima spedizione, con la Gjøa. Monica Kristensen ci regala, oltre ai preziosi dettagli inediti delle due imprese con dirigibile e del Latham, uno spaccato biografico del grande esploratore solitario: era “un uomo di mezza età, alto e magro, con i capelli grigi, il viso rugoso e un’ombra di stanchezza negli occhi grigiazzurri”. Ma perché era stanco? Avrebbe dovuto celebrare l’uomo da cui si era sentito deluso e tradito, l’italiano Umberto Nobile, per la sua grande impresa e poi doveva presiedere i festeggiamenti per il norvegese-americano Carl Eielson l’inglese Hubert Wilkins, i due nuovi eroi che erano riusciti a volare da Point Barrow, in Alaska, fino a Green Harbour, alle Svalbard. Ormai a questo si riduceva la sua vita di eroe dei Poli. Coronare d’alloro la testa di altri, nuovi eroi. E poi era sempre squattrinato, si era indebitato fortemente per le sue spedizioni, per pagare le attrezzature e i suoi compagni d’avventura. Per non parlare poi dell’amore. Roald Amundsen si innamorava di donne giovani, ma già impegnate, sposate. “Ultimamente ripensava spesso a Bess Magids, la donna che aveva incontrato a Nome durante la spedizione della Maud. L’aveva conosciuta un sabato, il 22 giugno 1922, a bordo della Victoria, una nave passeggeri che viaggiava da Seattle a Nome, in Alaska. Aveva solo ventiquattro anni, ma era sposata già da otto con Sam Magids, un commerciante molto più vecchio di lei”. E poi c’era Bess, Elisabeth Magids, che stava per atterrare di nuovo nella sua vita. Bess sarebbe arrivata a giorni, pronta a lasciare il marito, per lui. Stava arrivando, a bordo della Stavangerfjord. Era forse un eroe in pensione? “E, quel che è peggio, la spedizione della Maud gli aveva causato danni fisici fastidiosi e cronici: un’intossicazione da monossido di carbonio nel rifugio di Point Barrow, l’aggressione di un orso bianco, una ferita alla schiena che si era procurato scendendo distrattamente e al buio la scala di bordo per uscire sul mare ghiacciato”. Per non parlare del cancro all’intestino che aveva cominciato ad aggredirlo e che lui aveva combattuto con cure sperimentali. Ma, a volte, quel che ci vuole è una catastrofe per fare rinascere un eroe. E la tragedia era lì, preparata sotto i suoi occhi, al sontuoso ricevimento presso il ristorante Dronningen.
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Il direttore dell’Aftenposten per primo fu informato del naufragio dell’Italia. Alla richiesta di andare in soccorso di Nobile e i suoi, Amundsen rispose nel suo inglese: “Right away”. Eppure quello che successe poi fu una catena deprimente di umiliazioni, da cui l’eroe polare seppe comunque rialzarsi, con coraggio e lealtà. Hjalmar Riiser-Larsen non era uno sconosciuto per Roald, con lui e con il fedelissimo pilota, Leif Dietrichson che lo seguì poi nel suo ultimo viaggio fatale, Amundsen aveva già affrontato una spedizione polare, tra il maggio e il giugno del 1925, solo tre anni prima dei fatti di cui parliamo. Curioso come questi stessi personaggi ritornino in scena nei giorni concitati della primavera del 1928. Già nel libro Il mio volo polare (Oscar Mondadori, 2002, oggi introvabile), Amundsen così descriveva Riiser-Larsen, il suo vice: “Egli è talmente conosciuto in patria come aviatore che ogni elogio a questo riguardo mi sembra superfluo, ma possiede inoltre tali e tante altre straordinarie qualità, che non voglio ora fermarmi a elencare, che lo hanno fatto perfettamente adatto al posto che egli ebbe”. L’impresa epica a cui si fa cenno è il tentativo, fallito per un soffio, di trasvolata sul Polo Nord a bordo di due idrovolanti, due Dornier – Wal, l’N24 e l’N25. Già in quella occasione, di Amundsen e dei suoi si erano perse le tracce, erano stati dati per dispersi. “Allora ci raccontarono quanto avessero aspettato e aspettato ogni giorno, certamente nessuno aveva mai detto di crederci morti, ma nel segreto dei loro cuori ciascuno l’aveva pensato; e improvvisamente stavamo là in mezzo a loro: morti resuscitati”. Stavolta, però, Riiser-Larsen non aveva pensato di coinvolgere il suo superiore, ormai in là con gli anni, nei suoi piani di salvataggio di Nobile. Su un punto, però, i piloti norvegesi concordavano: ci volevano gli idrovolanti Dornier-Wal. Nella spedizione del dirigibile Italia, Nobile aveva chiesto di avere con sé Alessandrini, Caratti, Cecioni e Pomella, i cinque meccanici che avevano già volato su Norge. Pomella fu il primo a morire, sul colpo, nella rovinosa caduta del dirigibile sui ghiacci. E alla spedizione italiana aveva preso parte anche l’importante fisico Aldo Pontremoli. Pontremoli, insieme al giovane giornalista del Popolo d’Italia, Ugo Lago, che scrisse una lettera straziante prima di partire, Attilio Caratti, Calisto Ciocca, Renato Alessandrini ed Ettore Arduino, capo-motorista scomparvero con ciò che restava del dirigibile squarciato ormai ridotto ad un involucro, un pallone in balia dei venti, privo di gondola, con la scritta “ITALIA” che scompariva nel bianco accecante del cielo artico. Il metereologo svedese, amico di Amundsen, Finn Malmgren, era stato, invece, preso a bordo da Nobile e fu suo il consiglio fatale che il comandante italiano scelse di ascoltare. Tornare indietro. Kristensen, in modo imparziale e senza la giustizia sommaria che salutò Nobile al ritorno in patria – un Mussolini inferocito lo giudicò colpevole del disastro polare, della catastrofe, di un’onta per la patria, una sconfitta politica per l’Italia – dipinge un ritratto del comandante italiano, così profondamente diverso dal rivale norvegese.
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Mussolini aveva declinato anche l’offerta d’aiuto norvegese. C’erano vecchie ruggini. Nella spedizione polare del 1925 avrebbe potuto far parte anche l’Italia con un N26, ma, sotto sotto, Amundsen allora non aveva voluto una spedizione italo-norvegese. Nel progetto della trasvolata polare, il dirigibile Italia sarebbe stato seguito da un piroscafo, poco adatto alla navigazione polare, Città di Milano, con il ferreo comandante Romagna Manoja. Riiser-Larsen, il secondo di Amundsen che l’aveva tagliato fuori dai progetti di salvataggio di Nobile, aveva preso contatto, di nascosto, con l’Unione Sovietica, sondando la disponibilità di due delle navi rompighiaccio più grandi del mondo, il Krassin e il Malygin. Il Krassin, nella ricostruzione dell’epopea tragica, rappresentò la salvezza per gli italiani superstiti, ma non per tutti i componenti dell’Italia. E, purtroppo, non per Amundsen e i suoi. Ma andiamo con ordine. Amundsen era sul punto di intervenire nelle operazioni di salvataggio, grazie al suo vecchio amico americano, Lincoln Ellsworth, colui che, grazie alle fortune del padre, aveva reso possibile la spedizione N24/N25 e che aveva poi finanziato e partecipato alla missione nell’Artico con il Norge. Ma le sue sostanze si erano ormai assottigliate e non permettevano l’acquisto di un velivolo adatto alla missione. Inoltre l’americano aveva in serbo altri progetti di gloria: avrebbe partecipato come navigatore alla spedizione di Amelia Earhart, che voleva essere la prima donna ad attraversare l’Atlantico. Così Amundsen trovò altrove i suoi finanziatori, in Francia. “Il direttore della Camera di commercio franconorvegese a Parigi, il grossista Fredrik Peterson, aveva seguito sui giornali francesi la vicenda della missione di soccorso privata di Roald Amundsen. Era un grande ammiratore dell’esploratore e reagì con indignazione quando il 13 giugno la stampa riferì che la Lufthansa non avrebbe messo a disposizione nemmeno un Dornier. Il grossista voleva fare qualcosa, ma non era sicuro di come poter contribuire”.
Nel film “La tenda rossa”, del 1969, Roald Amundsen è interpretato da Sean Connery
A questo punto, la narrazione della Kristensen si fa magnetica. C’è da un lato il salvataggio di Nobile e parte dei suoi, resa possibile grazie ad un eroico Biagi che, indefessamente e al limite delle possibilità umane, era stato in grado di riparare una radio e trasmetteva costantemente messaggi. L’apparecchiatura radiotelegrafica, che era stata donata dall’azienda Marconi, funzionava, nonostante il disastro, in modo eccellente. Ma prima che i naufraghi capissero che i messaggi erano stati captati, Zappi, Mariano e Finn Malmgren avevano già deciso di abbandonare la tenda rossa e allontanarsi tra i ghiacci polari. Il comandante Nobile, già provato fisicamente dal disastro, non seppe opporsi all’insubordinazione. Divise equamente le provviste: cioccolato, tavolette di latte e zucchero, un po’ di pemmican. La colt, con cui Malmgren aveva ucciso un orso polare, rimase nella tenda. Kristensen ci porta quindi a bordo dell’impavido rompighiaccio Krassin che raccolse per primo proprio questo gruppo che si era allontanato dal campo della tenda rossa. Ormai Finn Malmgren era morto. Ma il racconto si fa agghiacciante. I tre avevano marciato verso terra per diciannove giorni, poi, dopo una bufera di neve, il metereologo svedese si accasciò a terra e chiese agli altri due di prendere le sue provviste e di lasciarlo lì e di portare la sua bussola alla madre. Gli altri due scavarono per lui una buca nella neve e lo deposero lì, mezzo nudo. Nella notte tra il 18 e il 19 giugno, Zappi udì il rombo di un aereo. Era l’idrovolante su cui viaggiava Amundsen? Sì, secondo l’affascinante versione di Kristensen. Il 12 luglio 1928, il rompighiaccio Krassin raccolse i due naufraghi, dal loro singolare accampamento. I russi avevano trovato Zappi in preda ad un’agitazione febbrile, una “psicosi polare” e il capitano Mariano seminudo, deperito, in una buca d’acqua gelata scavata nella neve, deperito e con le caviglie nude appoggiate sulla neve. Pare che avesse dato il permesso a Zappi di mangiarlo, ma solo dopo la sua morte. Dai molti particolari che Zappi, sovreccitato e in preda ad un’ossessione polare, raccontò ai molti giornalisti a bordo del rompighiaccio sovietico, si diffusero atroci leggende sul cannibalismo della spedizione fascista. Il comandante Nobile (su cui gravava una taglia, il premio assicurativo per chi l’avrebbe trovato ben cospicuo) intanto era stato salvato e raccolto per primo e unico, dallo svedese Einar Lundborg, con il suo Fokker 31, il 23 giugno del 1928. Ma il primo velivolo a raggiungere gli italiani, era stato un italiano, era Maddalena con il suo Savoia-Marchetti che aveva lanciato provviste, armi e munizioni, lanciandole sul ghiaccio a tutta velocità, come proiettili. Ma che fine avevano fatto i sei italiani che erano rimasti a bordo del dirigibile Italia che si era alzato in volo dopo il naufragio?
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Prima di partire col Latham, Amundsen aveva detto ad un giornalista dell’Aftenposten: “Il gruppo rimasto sul pallone è quello che ha più bisogno d’aiuto”. Amundsen, poi, li conosceva personalmente. “Il 18 giugno, al momento della partenza del Latham da Tromsø, si conosceva la posizione dell’accampamento di Nobile – anche se in seguito si sarebbe rivelata sbagliata – e i sopravvissuti avevano fornito alcune indicazioni sul pallone: la colonna di fumo avvistata da Nobile e dai suoi subito dopo il disastro poteva solo far pensare ad Amundsen che il relitto non si trovasse lontano dall’accampamento”. Alla partenza da Tromsø, quella bellissima mattina di lunedì 18 giugno, Roald Amundsen si comportava in modo strano, sembrava guardare con aria assente quello che gli capitava intorno. Si era stretto la cintura della tuta e si era seduto in coda all’aereo. “Poi chinò la testa, si voltò e rivolse a Zapffe uno sguardo difficile da decifrare”. La scomparsa di Amundsen non scosse solo la giovane Norvegia ma fu un caso che sconvolse tutta Europa. Il suo rivale e nemico, Umberto Nobile, venne additato come colpevole della morte dell’eroe polare. Ad Amundsen si tributarono discorsi e onori, nonostante non si sapesse ancora nulla di certo dell’idrovolante francese su cui viaggiava. Dei dispersi nel pallone del dirigibile Italia, molto presto gli stessi italiani di Città di Milano non vollero occuparsi e l’aliscafo fece rotta verso sud. Con la grande indignazione dell’equipaggio del Krassin disposto a proseguire le ricerche, ma con l’aiuto necessario. Kristensen passa quindi in rassegna tutti i ritrovamenti veri e presunti dei “pezzi” del Latham nei mari intorno alla Norvegia. Sembra quindi improbabile che l’idrovolante francese sia precipitato in mare. Nel 1936, un ritrovamento solleva nuove e affascinanti ipotesi sul destino degli scomparsi, da Amundsen ai naufraghi del pallone Italia. “Nel 1935, l’Università di Oxford organizzò una spedizione di studenti che vide la collaborazione dei professori Binney e Ahlmann. Guidata da Alexander Glen, era formata da giovani con la sua stessa formazione in illustri college di Oxford e Cambridge”. Cosa ritrovarono? Il 10 aprile due studenti, Mackenzie e Wright, in slitta dal Rijpfjord fino all’interno del Zorgdragerfjord e tutt’intorno alla penisola di Platen, trovarono un rudimentale accampamento, con un mucchio di sassi piramidale, alcune scatole e vecchie lattine. “In una delle scatole c’erano documenti italiani, carte di cioccolato e un grosso pezzo di tela plastificata, di quella che si usava per i palloni dei dirigibili. I due studenti fecero uno schizzo dell’accampamento e annotarono i punti in cui avevano trovato i diversi oggetti che furono poi portati alla base centrale e mostrati al capo della spedizione e agli altri partecipanti”. Nell’accampamento, pare ci fossero anche uno sci spezzato, un osso di foca, un pezzo di giornale norvegese, biscotti secchi o crostini di pane. Ma la posizione non venne mai chiarita. Probabilmente era un accampamento dei naufraghi del dirigibile Italia. Oppure era l’equipaggio del Latham? “Quando dopo l’impatto la gondola si era staccata, il pallone si era sollevato ed era scomparso. Dopo una ventina di minuti molti dei sopravvissuti avevano notato una colonna di fumo a circa 20 chilometri di distanza. Presumibilmente la direzione era la stessa del vento, ovvero nordest”.
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Il mistero, con il ritrovamento, si infittisce. “Non tutti i ritrovamenti nell’accampamento misterioso hanno una facile spiegazione. Perché qualcuno aveva portato un pezzo di giornale norvegese in quella landa deserta? Era stato usato per impacchettare? Conteneva un articolo particolarmente significativo? Ma il più inspiegabile di tutti era il ritrovamento dei crostini di pane secco: non era tra le provviste dell’Italia”. Si fa così strada la più affascinante delle ipotesi. Roald Amundsen, a bordo del suo idrovolante francese, inadatto ai ghiacci dell’Artico, aveva ritrovato il gruppo dei naufraghi del pallone Italia che non erano mai stati localizzati. Ed erano stati dati per morti. Solo l’equipaggio del Latham, di sicuro, poteva avere con sé un pacco di kavringer e un giornale norvegese. Nel film La Tenda rossa, del 1969, straordinaria pellicola del regista Mickail K. Kalatozov, dedicata al disastro polare del dirigibile Italia, Amundsen, un fascinoso Sean Connery, attraverso uno squarcio tra le nubi, trova il relitto del dirigibile Italia e gli uomini sparsi tra i rottami, paralizzati dal gelo della morte. In una desolazione artica, nella immacolata solitudine della morte, il destino si compiva, mentre il vento si insinuava dentro l’involucro, disarmato e inservibile, dell’aeronave. L’ipotesi fantastica e suggestiva della produzione cinematografica italo-russa poteva non essere poi così lontana dalla verità storica. Ma, a questo punto, Amundsen e i suoi avrebbero trovato in vita i sei del dirigibile. E poi c’era un dato inconfutabile: il ritrovamento di un serbatoio del Latham che portava segni di un intervento umano e che minava alla radice l’ipotesi di un’avaria al motore e della distruzione dell’idrovolante. Monica Kristensen, grazie alla sua immane ricerca, riesce nell’ardua missione di testimoniare come il grande eroe polare Roald Amundsen sia riuscito anche in questa sua ultima missione, ritrovare i sei uomini del dirigibile Italia e a salvarsi. Era ormai senza benzina e con un idrovolante ormai irrecuperabile. Bastava solo che si decidessero a salvarlo. Ma il 3 settembre – prima di successivi eloquenti ritrovamenti dei resti del velivolo – Roald Amundsen, Leif Dietrichson e i francesi del Latham venivano dichiarati presumibilmente morti. La pagina funebre dell’Aftenposten, la croce e il volto di Amundsen con i solenni necrologi è appesa, incorniciata ancor oggi al primo piano del Polar Museet di Tromsø. Forse, mentre il giornale andava in stampa, l’Aquila della Norvegia era ancora in vita. In una delle sue ultime interviste, il grande esploratore artico e antartico si era abbandonato alla confessione del suo desiderio più inconfessabile ed estremo: “Ah, sapeste com’è bello il paesaggio lassù! È lì che vorrei morire, vorrei una morte cavalleresca, che mi cogliesse nel corso di una grande impresa, una morte rapida e indolore”. Forse, anche stavolta, quest’ultima volta, aveva realizzato i suoi sogni.
Linda Terziroli
*In copertina: Roald Amundsen nel 1925, alle Svalbard
L'articolo “Vorrei una morte cavalleresca, che mi cogliesse nel corso di una grande impresa”: in un libro avvincente, l’ultima, enigmatica avventura di Roald Amundsen, alla ricerca dell’amico-nemico Umberto Nobile proviene da Pangea.
from pangea.news http://bit.ly/2v8AuP8
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