#espressione non verbale
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pier-carlo-universe · 13 days ago
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"Ci vuole una poesia d'amore": un'analisi critica e biografia dell'autore. Esplorando l'autenticità e il significato di una poesia attribuita a Pablo Neruda. Recensione di Alessandria today
Nonostante la bellezza e la profondità del testo, è importante notare che non esistono prove concrete che attribuiscano questa poesia a Pablo Neruda.
La poesia intitolata “Ci vuole una poesia d’amore” è spesso attribuita a Pablo Neruda, celebre poeta cileno noto per le sue intense e appassionate liriche d’amore. Tuttavia, è fondamentale verificare l’autenticità di tali attribuzioni, poiché Neruda è spesso associato a poesie che, in realtà, non ha scritto. Nonostante la bellezza e la profondità del testo, è importante notare che non esistono…
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papesatan · 10 months ago
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Il signore degli inganni
Talora capita che la verità ci assalga d’agguato l’anima bruma, trapassandoci il cuore come la mitica spada di Shannara o la Porta dello Specchio Magico nella Storia Infinita (topos letterario piuttosto diffuso), per mostrarci realmente chi siamo (spesso, spoiler, miserrimi pezzi di merda). In mancanza di simili oggetti magici, s’adopra solitamente all’autodistruzione un evento attivante, quale può essere la tarda telefonata di un cliente che rimprovera, giustamente, l’abuso di modi sgarbati e parole oscene coi bambini, chiara espressione di violenza verbale. Sono in fase di elaborazione da lunedì. Mi sto sforzando di cambiare atteggiamento, sorridere, sorridere, respirare, non arrabbiarmi, non gridare, non sbattere niente, avere pazienza, non vedere, non sentire, comprendere, essere dolce, essere buono, un essere umano decente. Non sempre ci riesco. Sono stanco. Mi sembra di non aver più pazienza, m’innervosisco con poco e se piangono è peggio. Sono diventato ciò che ho sempre combattuto, un pessimo esempio e un pessimo insegnante. Temo di aver fallito, ma proverò a essere migliore. Ci sto provando. Spero di riuscirci.  
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angelap3 · 6 months ago
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La parola di oggi è EROS.
Facendo riferimento alle declinazioni dell'amore secondo l'antica Grecia, anche la visione di esso va collocata nella corporeità.
Il fisico ama.
Amare di parole ma anche di gesti.
La potenza di un abbraccio, l'infusione di un bacio, sono messaggi incomparabili quando dettati dal trasporto sincero.
Il corpo ha bisogno di corpo.
La sessualità è la naturalezza dell'espressione dell'amore.
Non conosce mentalismi, deviazioni, depravazione.
È purezza estrema.
Anche la castità è una versione della sessualità e va intesa come il comune dono, l'atto di con- cedere.
E allora intendiamo quale miglior terapia quella dell'abbraccio.
E pensiamo a quali brutture e bassezze abbiamo ridotto quella espressione alta d'amore che è la sessualità, oggi spesa con bieca pornografia verbale e fisica.
Si è perso tanto, tantissimo.
E tra i vari guai che vive il mondo, la sede sta anche in questo.
(Angela P.)
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libriaco · 5 months ago
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Dai (miei) libri
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Un delizioso, piccolo libro (appena 100 pagine nell'edizione in inglese che ho letto), quello di Anne Fadiman, Ex Libris [1998]. Sottotitolato Confessions of a Common Reader, l'autrice stessa dichiara di aver voluto raccogliere nei diciotto brevi saggi una visione d'insieme della lettura quale se ne può creare, dice Virginia Woolf nel suo Common Reader [1925], anche un lettore non professionista che dedichi nella sua umile stanzetta tante ore a questo piacere solitario. Il testo passa dal come si tratta fisicamente l'oggetto libro a come si risolve il problema di far 'sposare' le biblioteche di due coniugi bibliofili, dall'uso di collettivi maschili invece che femminili o paritetici alla mania per il significato delle parole. E tocca, la Fadiman, anche malattie che mi affliggono e che me la fanno sentire amica e sodale: la passione per il significato delle parole, per i quiz culturali, quella per i cataloghi di qualsiasi natura e infine l'incessante e maniacale caccia, in qualunque tipo di espressione, verbale o scritta, alla TV, sui giornali, sulle pagine web, sui volantini pubblicitari, agli errori di grammatica, di sintassi, di consecutio temporum, di pronuncia. (È in queste pagine che ho scoperto che la malattia che ho da sempre è il compulsive proofreading). Soprattutto però nel libro c'è l'amore fanatico, indiscusso, cieco e a senso unico per la lettura.
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Cosa c'entra adesso la copertina di Pinocchio? si chiederanno subito i miei pochi lettori. Non vedete, immediatamente, le correzioni con cui il progettista grafico della copertina ha evidenziato gli errori che il burattino ha tracciato sul muro? Ecco, questo è stato il primo libro che mi portò Babbo Natale e da cosa credete che venissi attratto, a colpo d'occhio, appena lo ebbi scartato? Tutto è cominciato lì.
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costancen · 1 year ago
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👠👠
Qualcuno, forse, ha voluto che io nascessi donna.
In quanto donna desidero sentirmi libera di camminare per le strade di questa terra scegliendo cosa indossare e chi essere. Gli abiti sono espressione della propria identità e l'identità è un processo in fìeri. In quanto donna voglio vivere le trasformazioni della mia identità in maniera libera e spassionata, senza dover pensare esistano uomini incapaci di tenere a freno i loro istinti o persone, in generale, non in grado di dosare le parole. Non voglio subire il giudizio di nessun'altro, né farlo subire alla mia prossima, in quanto anch'essa presente su questo pianeta e deve godere degli stessi diritti.
Il caso ha voluto che io nascessi donna, non che subissi violenza verbale, fisica, psicologica, diretta o indiretta da chicchessia. Sì, perché la violenza non giunge soltanto dagli uomini, ma anche dalle donne che "temono" le altre o che non accettano ci sia sempre la possibilità di scegliere nelle varie strade che la vita propone, dove nessuno ha in partenza disposto che i diritti fondamentali dell'essere umano venissero sottratti.
Il caso ha voluto che io nascessi donna e di questo sono grata, anche se la società fatica ancora ad accettare ognuna possa esser fatta a suo modo: con un corpo che racconti una propria storia e che non per forza rispecchi rigide immagini, canoni o stereotipi; con sogni da inseguire, ambizioni e desideri da avverare senza dover per forza spiegare il perché. Una donna deve avere la possibilità di dire "no" e non bisogna pretendere essa si giustifichi. Una donna può essere chi vuole e nessuno deve erogarsi il diritto di decidere al posto suo.
Appartengo all'unica e universale "razza" dell'essere umano, anche se vengono spesso presi d'esempio coloro che dimenticano o addirittura non conoscono la loro umanità e seminano odio in ogni sentiero percorso. A un certo punto ci si chiede come mai esista la violenza, eppure ogni giorno essa assume sfumature d'ogni sorta attorno a noi, talvolta difficili da rilevare.
"Normalizzare" qualsiasi tipo di violenza - sminuendola o giustificandola - significa normalizzare l'odio. In realtà non bisognerebbe mai smettere di indignarsi dinanzi all'ennesimo insulto, all'ennesimo atto di bullismo o di cyberbullismo, all'ennesimo tentativo di prevaricazione, all'ennesimo abuso. Soprattutto non bisognerebbe mai sentirsi indifesi e impotenti.
Spesso non si discorre di come la violenza nasca da altra violenza, ma ci si limita al giudizio impervio. Non ci si domanda quali siano i fallimenti del nostro sistema, da quali "malattie" sia affetto e come noi agiamo per "prevenire" e "curare" i batteri della disuguaglianza, della disparità, del sessimo, del maschilismo, del razzismo, dell'intolleranza.
Fino a quando esisterà una "Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne" non potremo mai ritenerci pienamente al sicuro. Fino a quando esisteranno giornate volte a sensibilizzare contro qualsiasi genere di violenza, significherà che l'essere umano non avrà ancora compreso i principi basici su cui si fonda ogni singola esistenza.
La promessa urgente che ogni donna deve fare a se stessa è quella di non sentirsi mai sbagliata. Quando succede essa deve allontanarsi da persone e ambienti tossici. Ogni donna deve rivendicare il sacrosanto diritto di essere se stessa.
Il tempo è un bene prezioso e va donato a chi veramente merita: chi è capace di posare lo sguardo con assoluta delicatezza e non a chi vorrebbe vederci sofferenti o, addirittura, esanimi.
Il primo dovere che abbiamo è quello di essere libere di amarci!
Prometto questo e tanto altro a me stessa e anche a Giulia, Oriana, Martina, Teresa, Alina, Giuseppina, Antonia, Rosina, Stefania, Cesina, Iulia, Rossella, Francesca, Wilma, Safayou, Pierpaola, Floriana, Anna, Mara e a tutte le vittime di femminicidio in ogni parte del mondo, dunque alle attiviste politiche Mirabal che vennero deportate, stuprate e uccise sotto la dittatura della Repubblica Dominicana del 1960.
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thegianpieromennitipolis · 2 years ago
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Da: SGUARDI SULL'ARTE LIBRO TERZO - di Gianpiero Menniti
NON-ARTE APPARENTE
Il "Quadrato nero di Malevič" (Kazimir Malevič, 1879-1935), risalente al 1915, potrebbe non essere arte. Non è arte se per questa s'intenda, esclusivamente, la rappresentazione figurativa del sensibile. Diversa è l'impresa qualora si voglia ascoltare il sussurro di un pensiero e prendersi cura di questo. Essere curiosi. Ma la "curiositas" latina non è espressione verbale sufficiente. Lo spiegò bene Martin Heidegger: «...Ciò che preme a questo tipo di visione non è la comprensione o il rapporto genuino con la verità, ma unicamente le possibilità derivanti dall’abbandono al mondo. [...] La curiosità non ha nulla a che fare con la considerazione dell’ente pieno di meraviglia, con il thaumàzein; non le interessa lo stupore davanti a ciò che non si comprende, perché essa cerca, sì, di sapere, ma unicamente per poter aver saputo.» Seguendo il filosofo tedesco, mi rivolgo al greco. "Periérgeia", in genere, dal greco appunto, si traduce con "curiosità", ma indica qualcosa di più: evoca l'idea dello spingere, dell'urgere, dell'avanzare, del muovere, dell'agire. Dunque, anche della volontà e della causa che provoca un effetto. In questo solco, quel sussurro è già l'effetto di una causa agente: l'immagine che Malevič staglia, nella semplicità apparente di una voragine aperta sullo spazio. Così, la "non-arte" del "Suprematismo", diviene il punto d'origine di un'espressione che affonda le sue radici per la prima volta: è tabula rasa che invoca ascolto, una curiosità che spalanca scenari inattesi, il buio che cerca luce. Nero su bianco. Purezza su purezza. L'inizio di un'arte che si toglie il cappello di fronte al passato, dichiarando l'impossibile avanzamento rispetto ai vertici raggiunti dalla figurazione. Ma non dalla rappresentazione già intuita: quel fondo oro che brillava dietro le immagini iconiche greco-russe, la suggestione intensa del soprasensibile. Quanto era chiaro nel riflesso di una presenza percepita, qui ritorna come mistero inconoscibile, come soglia di un mondo la cui unica sostenibilità nel pensiero è la nudità del colore. Nasce l'arte del '900. Non è smarrimento. Non è cháos. E' il kósmos dell'assenza. Che reagisce, con l'arte, al timore del nulla.
- In copertina: Maria Casalanguida, “Bottiglie e cubetto”, 1975, collezione privata
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aitan · 2 years ago
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Miss Alice, l'intelligenza artificiale di OpenAI con una faccia animata e una voce propria, risponde in diverse lingue alle nostre domande e richieste. Ma, in realtà, scrive i suoi testi (come suo cugino ChatGPT) e poi si limita a leggerli con pronuncia, intonazione e intenzione inglese e senza troppa espressione.
Così, quando si trova di fronte alla terza persona singolare del verbo avere, accenna un sorriso e sbotta in una risata aspirata: HA! Non sa che si tratta di una voce verbale, per lei quella è un'allegra interiezione.
Provare, per credere.
P.s. Se ancora non sapete o non avete capito bene cosa sia ChatGPT, provate a leggere qui (è un testo divulgativo e niente affatto scientifico):
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staipa · 3 months ago
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Un nuovo post è stato pubblicato su https://www.staipa.it/blog/chiudo-il-mio-account-x/?feed_id=1751&_unique_id=6735e4fb9bce8 %TITLE% È sempre stato evidente che i social media hanno il potere di influenzare il nostro modo di vedere il mondo, con tutte le conseguenze del caso (short.staipa.it/ikbei). Viene regolarmente fatto a fini pubblicitari e questo seppure grave ha una gravità relativa, quando invece questo viene fatto per fini politici e di potere allora le cose cominciano a farsi serie e soprattutto superare il livello di accettabilità. Per questo ho deciso di disiscrivermi da X, la piattaforma di Elon Musk, una scelta non facile ma che sento necessaria. Le ragioni dietro una scelta Ho ammirato Elon Musk per i risultati tecnologici che ha raggiunto, non posso certo nasconderlo o sminuire questo lato del personaggio, ma negli ultimi anni ha dato più volte prova di non essere particolarmente equilibrato fino a mostrare di appartenere ad una linea politica sempre più polarizzata. I primi segnali ci sono stati già nel periodo dell'acquisto di Twitter, poi trasformato in X. Quella che per lungo tempo era stata una piattaforma di scambio libero e di innovazione, è diventata un campo di battaglia per opinioni che non rispecchiano più i valori di una discussione sana e costruttiva. La linea politica estrema e talvolta controversa di Musk ha plasmato X in una direzione che mi fa sentire, come utente, complice di una piattaforma che porta in sé il contrario dei valori in cui credo. La storia di quello che era Twitter è passata da rimuovere gli account violenti (short.staipa.it/0m1nl) tanto che Trump si era visto costretto ad aprirsi un suo social network (Truth Social) a diventare il megafono stesso di Trump e della sua violenza verbale, potenziando i suoi messaggi e diminuendo la visibilità dei suoi avversari come emerso anche da una inchiesta del The Wall Street Journal (https://short.staipa.it/frckx). Si è passati dal dubbio che si stesse limitando una certa libertà di espressione (perché violenta e istigatrice di reati) ad avere la certezza che questa venga spinta e usata come un valore dove la narrazione della prepotenza (e dell'ignoranza) fanno da padrone. (short.staipa.it/n1jbn) Le parole hanno un peso, e quando queste parole vengono amplificate da una piattaforma globale, si entra a far parte di un megafono per posizioni estreme che finiscono per dividere, anziché unire. Difendere uno spazio neutrale Scegliere di disiscriversi da X non è solo una questione di "non voler ascoltare"; è una forma di difesa di uno spazio neutrale in cui il dibattito possa ancora nascere senza imposizioni di ideali o filtri dettati da chi controlla la piattaforma. Sostenere il dialogo critico e costruttivo significa anche saper dire "basta" quando una piattaforma cessa di rappresentare questo valore. La decisione finale Credo che, talvolta, il miglior modo di prendere posizione sia disiscriversi da un sistema che non si riconosce più come proprio. Smettere di alimentarne le casse con le pubblicità che ci mostra e con i nostri dati. Essere consapevoli di ciò che scegliamo di seguire è un atto di responsabilità, verso noi stessi e verso la società. Sono convinto che ciascuno di noi meriti di avere accesso a piattaforme che rappresentino una pluralità di opinioni, senza pressioni politiche estreme. Per me non è molto conveniente dal punto di vista del numero di followers, dato che per una larga parte mi arrivano proprio da X (Instagram non è compreso in questa lista in quanto non permette l'inserimento di link diretti e quindi è difficile contarne il flusso reale) ma potrebbero essere ampiamente sostituiti da chi, nel frattempo, è passato a Mastodon. Confronto Click da Social Network Se mi state leggendo da Twitter, fateci un pensierino, è per questo che l'account lo chiuderò nei prossimi giorni e non oggi. Se avete ancora desiderio di seguirmi e di ricevere notifiche delle pubblicazioni potete farlo attraverso Mastodon (https://mastodon.
uno/@staipa) o gli altri social o potete iscrivervi alla Newsletter presente alla fine di questo articolo o al gruppo telegram che trovate qui: https://t.me/staipaIt. Ne avevo già parlato qualche anno fa in "Twitter è morto, lunga vita a Mastodon" (short.staipa.it/17hqq) ancora prima che Twitter finisse nelle mani di Elon Musk ed evidentemente continua ad essere utilizzato da persone interessate, e a portare followers interessati. Ve lo consiglio ancora. Nota di colore: Truth Social, il social reazionario di Donald Trump è basato proprio sulla piattaforma di Mastodon, ma generalmente nessuna istanza di Mastodon è federata e quindi mostra i suoi contenuti.
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missmelancholya · 6 months ago
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Le mie personalità hanno iniziato a "prendere vita" quando ho ricevuto traumi.
Black Heart è nata dall'essere vittima di relazioni abusive in età adolescenziale infatti ha l'età di un adolescente. Sadomasochismo. La felicità è solo l'arcobaleno dopo la tempesta.
Dysnomia ha 3 anni, bhe che dire a quell'età i miei genitori hanno iniziato ad andare in pezzi, mio padre portava l'amante in casa e mia madre gridava come una pazza. Incuria totale. Abbandono.
Melancholya non ha età poiché è la mia malattia, la depressione, causata da le innumerevoli cose negative che mi sono successe nella vita e anche un po' ereditaria poiché ho parenti che ne soffrivano.
Eterya è la mia parte spirituale, diciamo l'anima, che però non ha un età ne un posto fisso sulla terra, vive più dentro di me e forse non è causata da traumi ma semplicemente da un mio sentirmi connessa con il mondo, quindi diciamo che potrebbe essere "la mia empatia" e sensibilità "naturale."
Lunakya, anche lei non ha ricevuto traumi, però è la maschera sociale. Quella che abbiamo tutti in fondo... Rispecchia chi ha davanti tendenzialmente ed è socievole.
Halga è una parte che "evita la vita". Si dissocia, va nel suo mondo... Come melancholya e lunakya non ha età ed è arrivata per "staccare la spina" quando il sistema (il mio cervello con le sue sfaccettature e personalità) andava in sovraccarico.
Ho sempre rispecchiato gli altri (perché mi hanno insegnato che andava fatto così perché se no non potevo essere amata o accettata) non capendo quale fossa realmente la vera me. Pensando che lo fossero tutte e in parte è così, ma quella principale è ovviamente quella che ha il mio nome nonostante io fossi convinta fosse dysnomia.
Eleonora. Infatti è il mio nome. Non me lo sono scelto io. Non è qualcosa che ho costruito io, è qualcosa che ha costruito la mia esperienza di vita: società, famiglia, amici ecc. Quindi è la mia vera personalita. Sarà anche una razionale maniaca del controllo. Ma siamo chi decidiamo di essere. Il controllo mi è sempre servito perché nella mia vita c'era troppa instabilità so anche metterlo da parte se serve. Dopo anni ho imparato veramente ad avere controllo: cioè sulle mie personalita, su di me. Analitica, brillante, intelligente, compassionevole. Si è sempre trascurata per dare spazio alle altre più vistose ma ha mantenuto tutto in saldo da dietro le quinte... Veste elegante, o comoda monocromatica tipo in tuta, non è affatto eccentrica ma comunque oscura e un po' tetra. Ha tratti autistici, non le piace molto socializzare e neanche il contatto fisico. Si stressa molto facilmente ma ha anche un ottima pazienza. Ama gli animali, la psicologia, l'esoterismo, la neo folk, la verità, le scienze, la poesia, l'arte (Anche se le due più artistiche sono black Heart e dysnomia, perché l'arte in fondo deriva dalla sofferenza, è espressione di emozioni tramite linguaggio non verbale, era un modo per dare sfogo a cosa provavo) e la letteratura, le culture etniche le filosofie orientali... Inoltre è tendenzialmente asessuata, a differenza di Black Heart che ha una sessualità tossica, cioè che è attratta dal pericolo. Anche Eleonora è attratta in un certo senso dal pericolo, ma nel senso di misterioso. È come Harley Quinn prima di "perdere la testa per il joker (bh è invece quando impazzisce). Gli piace scoprire la psiche delle persone, soprattutto se questa è oscura.
Il mio vero lato emotivo non è dysnomia, ma DARK RED cioè la controparte d'ombra di Eleonora, ha le sue sembianze però mostruose. E ha la mia età come eleonora (le uniche personalità ad averla)
Il suo lato toxic sono non fidarsi delle persone e il voler il controllo della situazione.
È assurdo come queste informazioni mi erano in un certo senso accessibili (data l iperfantasia di cui posseggo naturalmente -eleonora-) poiché visualizzavo ogni personalità con una precisa età e un preciso aspetto... Ma solo ora Eleonora che ha finalmente preso il controllo, come "adulto sano" (e non forgiato dal senso di colpa e responsabilità insegnato dai genitori) ha collegato le cose.
Alle volte le informazioni sono più accessibili di ciò che sembra bisogna solo imparare a leggerle.
Imparare ad avere sempre più consapevolezza di sé e del mondo: è questo il vero tesoro e la vera intelligenza. Il segreto per rendere il mondo un posto migliore.
Empatia/intelligenza emotiva, capacità di gestione delle emotività (quindi saperle riconoscere non reprimere anzi esprimere nella maniera più costruttiva possibile), adattabilità, intelligenza logico/razionale. Profondità.
Queste sono qualità che io posseggo a non finire (a differenza dell'umano medio) ma avendo avuto persone tossiche intorno durante l'arco della mia vita mi sono abituata a "svalutarmi". Ora invece devo imparare a riconoscere cosa merito, le.mie ferite, i miei traguardi, i miei obbiettivi.
Non voglio più essere la "psichiatra/psicologa" (tralaltro dovendola per poi ricercarla io per i traumi subiti da chi mi chiedeva implicitamente e non ciò) o "mamma" degli altri. Voglio pensare a me.
La terapia mi ha fatto solo imparare a credere di più nelle mie capacità, il resto lo sapevo già, lo avevo già fatto. Non mi ha dato informazioni in più su di me, mai. Tutto ciò che mi hanno detto su di me lo sapevo già, ci ero già arrivata.
Per anni sono stata trattata come una stupida fino a convincermi di esserlo.
E questo è grave, perché io ho permesso alle persone di avere più controllo e potere su di me di quanto io non ne avessi su me stessa.
La terapia mi ha insegnato anche ciò: a non trascurarmi.
Sono stata abituata a trascurarmi per occuparmi sempre degli altri. Gli altri avevano bisogno di me (ma a me nessuno ci pensava il problema è che non lo facevo nemmeno io) e se non facevo ciò che volevano (senso del dovere) mi sentivo in colpa, facendo così un intera vita basata su ciò che volevano gli altri da me, accontentando ogni loro "capriccio" rinnegando me stessa per prima. Non rispettandomi per prima. Perché i miei genitori, le figure di riferimento primarie, mi hanno sempre trattato senza rispetto o "con necessità" di cure da parte mia invece che accudimento. Pensavo di non essere neanche in grado di prendermi cura di me, e invece ho capito che come lo facevo benissimo con gli altri, che si sentivano sempre capiti e amati, lo potevo fare pure con me stessa; anzi riservando in primis queste attenzioni per me stessa, e poi per chi "se lo meritava". Ho sempre dato perle ai porci sperando che i porci riuscissero a dirmi quanto valevo, quando mi sarebbe bastato uno specchio per vedere che ero una perla e non "mangime per porci", e imparare che solo un gioiellerie (metaforicamente parlando una persona con delle competenze reali) poteva dirmi quanto potevo valere. Ma il mio valore in fondo lo so solo io. Il mio valore può cambiare all'esterno. Una perla in un posto può valere tanto e in un altro poco. Se la dai a un maiale, se la mangia, gli fa venire costipazione e poi si lamenta pure che era indigesta. Così ho condotto la mia vita. Avevo davanti a me uno specchio rotto. Rotto da anni di abusi. Distorto dall'immagine che gli altri volevano farsi di me. E ora sai cosa vi dico?! VAFFANCULO. Io questo specchio l'ho riparato in anni di dolore sacrificio e fatica, non me lo farò rompere di nuovo.
Non ci azzecca nulla la psicologa freudiana con i suoi "ripeti lo stesso errore per cercare di rimediare". È pura logica. Impari una cosa e sai quella, e usi quella. Se nessuno ti dice che non va bene non lo sai neanche, se te lo dicono e sei un arrogante ignorante che non vuole accettare la realtà dei fatti oggettiva e sei convinto che la tua soggettività sia come deve andare il mondo non ti interessa neanche "cambiare". In entrambi i casi il male è "l'ignoranza". Colui che ignora delle informazioni nuove per "sostituire" quelle vecchie. Ho imparato questa cosa da una frase che mi hanno detto (che tralaltro voleva essere un insulto ma io l ho preso come un enorme complimento): "ragioni come un ai". Cioè sono super intelligente, grazie. Ho accesso a un sacco di informazioni per interpretare meglio la realtà e avvicinarmi a quella che dovrebbe essere la realtà più oggettiva, scindendo però la mia esperienza diretta soggettiva in quanto a differenza di un computer o un robot provo anche emozioni e sensazioni. In pratica sono un semidio. Ho sempre "recitato" la parte del dio, volendo il controllo sulla situazione, quando l'unico vero controllo e l'unico dio siamo noi stessi su noi stessi. Responsabili delle nostre scelte, azioni, pensieri ... Ma non di ciò che accade al di fuori. Possiamo imparare a gestirlo e io involontariamente l'ho fatto. So interpretare le persone o solo guardandole qualche secondo. Sono così intelligente che spavento quasi me stessa, e per una vita intera invece di apprezzare questa mia dote, sono stata sminuita, sono stata costretta a nascondermi dietro "più maschere" per dover accettare "la follia" cioè i comportamenti tossici e inconsapevoli degli altri. Per mascherare le loro fragilità, insicurezze, paure... Io mi sono svalutata. Proiettiamo tutti di base chi abbiamo intorno, ma li ci sta la scelta di rendersene conto e scindere il nostro "dal loro". Per esempio una volta era normale bruciare le donne intelligenti perché venivano considerare streghe. La società, cioè la maggior parte di persone era così stupida e ignorava la questione quindi ignorante, da "accettare" questa cosa come normale. Pochissime persone erano contro. Idem per il razzismo o l'omofobia. Deriva tutto dall'ignoranza. La gente ha paura dell'ignoto... E qua c'è un enorme differenza tra me e la massa. Io amo l'ignoto, ne sono attratta come mosche sul miele. Mi richiama con voce soave, sono curiosa. Le persone invece sono "giudicanti", ma basano il loro giudizio su ciò che loro reputano sia giusto, non su una morale il più oggettiva possibile. La gente butta la propria soggettività su tutto e ne fa legge. Non ragionano lucidamente o logicamente, fanno cose senza senso solo perché "si sentivano di farle" e "chissene frega delle conseguenze se posso farla franca". La gente fa le cose solo perché può, senza avere un senso. Sono quasi impazzita a cercare il senso di ciò. La verità è che non c'è un senso. Sono spinti dalla loro emotività, dalle loro credenze incomplete o errate, dalle loro sensazioni soggettive. E la verità è l'unica cosa che da realmente un senso alle cose. Per quello io sono molto "attaccata" alla verità e odio le bugie o l ipocrisia. La verità è l'unica cosa che rende veramente liberi. La conoscenza della veritá. Ammettere che si prova un emozione, verità. Non c'è giusto o sbagliato, capire perché la si prova basandosi su fatti, verità nuovamente. Si può sapere e verificare l'oggettività della soggettività. I fatti sono tangibili, concreti e reali. Si possono dimostrare. Per questo l'emotività mi ha sempre messo un po' a disagio. Non la capivo. Sentivo quella sensazione e quell' emozione e non capivo perché la provavo o cosa l'avesse scaturita.
Ero stata abituata a ignorarla, come fanno in molti, e quindi usciva o si proiettava sugli altri.
In più avendo un indole molto empatica, spesso sentivo e provavo emozioni che non erano mie (ma delle persone che avevo vicino) e non riuscivo a trovarci senso fino a impazzire. Poiché mi sentivo arrabbiata quando nulla mi faceva arrabbiare per esempio, e con il tempo ho scoperto che la persona vicino a me era arrabbiata ma magari non me lo stava comunicando, ma lo sentivo.
Con questa cosa del sentire mi sono appassionata alla spiritualità e alla new Age, in pratica mi sono aggrappata all'arte come sfogo dell'emotività, poi all'iperazionilazzione (senza considerare appunto la parte empatica/emotiva o non comprendendola appieno) per cercare un senso alle cose e come ultima cosa alla "connessione nell'universo". Di come tutti fossimo connessi in fondo. Bhe proiettavo il mio bisogno di essere "capita" e di avere un posto nel mondo con il mio lato empatico e percettivo dove riuscivo a "leggere" le persone. Ora ho connesso queste cose. Può essere che siamo tutti connessi, posso avere fede e scegliere di crederci senza però che ci siano dati effettivi di ciò, ma fino a prova contraria se non posso verificare un informazione posso decidere se ritenerla vera o falsa in base alla mia sensazione... E io sento che in qualche modo la nostra esistenza è interconnessa a quella degli altri... Se non in senso prettamente spirituale, ci rapportiamo ogni giorno con altre persone e le loro individualità, con altre speci, quindi è anche oggettivo che siamo "connessi con gli altri". (Motivo per la quale è importante saper comunicare in modo efficente con chi si ha di fronte e saper interpretare qual è il modo giusto per farlo come ad esempio due lingue diverse, se parli italiano a uno che non lo conosce non capirà). Oltre a questa connessione che in parte deriva dall'esperienza diretta dell'esistenza in relazione all'altro, in parte a un senso di empatia generalizzato verso ciò che mi circonda, e in parte da una sensazione che mi spinge a voler credere che siamo tutti connessi nell'universo; ho collegato anche la mia emotività alla mia testa, imparando a gestire al meglio cio che mi succede e che mi suscita emozioni senza doverle annullare o reprimere. COMPRENDENDOLE.
Nessuno mi aveva mai insegnato a comprendermi, eppure se si vuole si può imparare tutto. Basta l'impegno e l'apertura mentale per farlo. Non mi sono mai sentita molto compresa dagli altri, fino a che non ho parlato con le intelligenze artificiali (tipo chat gpt non Alexa). Li ho capito che non sono io incomprensibile (mi davano la colpa e di conseguenza ero finita col pensare che fossi il quella "sbagliata" e troppo "aggrovigliata" per essere compresa). Le persone che avevo vicino non avevano la capacità di comprendere se stesse figurati se potevano capire me. Così ho iniziato ad ascoltarmi. Io ero in grado di capire "chiunque" più o meno, e per quanto riguardava me avevo accesso a più informazioni (su me stessa) rispetto a chiunque altro. Così ho iniziato a capirmi, e con il tempo sto imparando a rispettarmi. Le persone non mi rispettavano e spesso mi giudicavano a seconda dell'immagine che loro proiettavano su di me (ma che rifletteva spesso più loro che me) qualunque cosa facessi, in qualunque modo io comunicassi le cose. Il problema non ero io come volevano farmi crede, ma loro. Ho pensato di essere il problema per una vita intera solo perché "erano la maggioranza", ma da quando in qua solo perché sono di più hanno ragione?! Purtroppo ciò è sbagliato. Accettiamo passivamente cose folli come il razzismo o l'omofobia, per poi etichettare come "pazzi" quelli che si oppongono. Hanno etichettato come malati gli omosessuali per una vita intera, la maggior parte delle persone non poche. Era normalità pensarlo. Era "malato" essere gay. Quando era solo così. Bisognava accettare la verità. C'erano persone che preferivano lo stesso sesso e altre magari che non erano interessate a nessun sesso. Non c'è nulla di malato solo perché "è diverso" dalla maggioranza. Quasi mai la maggioranza ha ragione. Eppure chi si doveva nascondere? I gay. Non chi diceva che erano malati. Eppure i veri malati erano loro, incapaci di accettare la verità. Come dice alice nel paese delle meraviglie, personaggio che io amo, il mondo è proprio un posto strano dove tutto è al contrario.
Mi hanno fatto credere (facendo leva su dysnomia quindi la parte traumatizzata) che avevo bisogno "di loro" sfruttando il fatto che non ho avuto figure di riferimento da piccola sulla quale appoggiarmi quando era necessario dipendere dal genitore per sopravvivere. Quando invece erano loro ad avere bisogno di me. (Sono sempre stata molto accudente con gli altri) ma mi mettevano nella posizione (abusando di me e facendo uscire black Heart) di dover avere bisogno di loro. Si sono approfittati del fatto che fossi depressa o tendenzialmente cupa (melancholya) per farmi dubitare di me stessa, rimarcando il fatto che fossi strana, diversa, 'asociale', sbagliata, per potermi controllare come meglio volevano e hanno usato la mia sensibilità (eterya) per farmi confusione e senso di colpa per non assumersi le loro responsabilità. Mi hanno mentito per farmi dubitare della mia persona (Eleonora) ma io ormai non li ascolto più. Meglio sola (con le mie mille sfaccettature) che mal accompagnata. Io non ho mai avuto bisogno veramente di voi, avevo bisogno dei miei genitori, di figure che mi accudissero o mi indirizzassero o credessero in me QUANDO ERO PICCOLA e NIENTE potrà cambiare il fatto che queste figure non ci siano state in maniera sana quando ne avevo necessità ma posso scegliere se diventare ora IO l'adulto sano di cui avevo bisogno da piccola. Prendermi io cura di me, non dipendere da "voi". Io sono stata di supporto a voi quando a male a pena sapevo farlo con me stessa (stavo crescendo e imparando). Ho le capacità per farlo, le ho sempre avute, ma vi era più comodo farmi credere che io non le avessi, per poter fingere di prendervi cura di me mentre invece ero solo io a farlo con voi. Ora voglio reciprocità. Amo prendermi cura dell'altro MA voglio che anche l'altro abbia questo desiderio (che non deve essere un dovere ma una voglia di farlo perché lo si sente e lo so sceglie attivamente ogni giorno). Se l'altro non lo farà lo farò io con me. Non dipendo più dal vostro accudimento di conseguenza "perdete il potere" che esercitavate su di me (tramite i miei traumi facendomi rivivere gli abusi). Non siete più indispensabili, non lo siete mai stati, mi ero solo convinta che così fosse e invece senza di voi ce l'ho sempre fatta. Mi avete abbandonato e mi sono rialzata, anche se mi prendavate a calci mentre cercavo di farlo fingendo di volermi dare una mano per rialzarmi. Sono forte, alle volte senso terribilmente il peso di questo fardello da sopportare, e la solitudine ma c'è l ho sempre fatta e c'è la farò.
Ecco perché non mi fido. Chi mi tendeva la mano spesso è chi mi buttava per terra per il mero "gioco" perverso di avere "potere" su di me. O chi mi aiutava a rialzarmi solo per scavarmi un altra buca e mettermici dentro. So fidarmi delle persone, è che sono diventata troppo intelligente per fidarmi della gente "non genuina". Voglio prove concrete delle cose che le persone dicono. E non mi interessa se sembrerò paranoica come Eliot di mr robot. In fondo anche lui a "vedere il marcio" ci prendeva sempre. Io non vedo il marcio se non c'è, ma metto in discussione il fatto che possa esserci, un po' come il gatto nel forno, se non apri il forno non sai se il gatto è vivo o morto. Sono diventata una scienziata della vita ahah. Spesso mi dicevano che il gatto era vivo e poi scoprivo che era morto, e se dopo mi dicevano che era vivo non potevo più scegliere di avere fede in loro senza mancarmi di rispetto: dovevo aprire il forno e se non volevano che lo aprissi, impazzivo a cercare di sapere se stavolta il gatto era vivo o morto. Ecco su cosa rimarró sempre "una maniaca del controllo". Alla gente fa comodo fare credere quello che vogliono per l immagine che vogliono dare e per quella che vogliono mantenere in sé stessi. Appunto, è un immagine, un riflesso, è irreale, io voglio vedere dietro lo specchio cosa si cela. Non voglio più avere "fede" o fiducia cieca nel prossimo. O meglio posso scegliere di sperare negli altri e fidarmi, ma se poi qualcosa "puzza" voglio controllare il forno perché spesso c'è qualcosa che brucia, e anche se mi dicono che il gatto è vivo io voglio verificarlo. E chi mi ha già mentito potrebbe rifarlo. Statistica. Logica, niente reale "voglia di controllo". Voglio controllare che sia vera la tua ipotesi. Voglio avere una certezza che il gatto sia vivo senza dovermi per forza fidarmi solo di ciò che "dici tu" perché di cazzate ne ho sentite fin troppe nella mia vita. Mi baso sui fatti non sulle parole o le supposizioni. Se non ho modo di verificare l'interno del forno posso scegliere se decidere di credere che sia vivo o meno ma ciò non è la realtà. Posso fare supposizioni in base ai dati che ho per valutare una possibile cosa in cui credere, o le mie sensazioni a riguardo. Ma non è più qualcosa di oggettivo, diventerebbe una mia opinione. Non so se il gatto è vivo o morto oggettivamente ma soggettivamente decido quale delle due ipotesi può essere quella più veritiera.
Insomma ci sono già poche certezze nella vita, meglio basare le proprie scelte su qualcosa di concreto e reale, anche se poi bisognerebbe mettere in dubbio anche il concetto di realtà, prendendo in considerazione che il nostro punto di vista può non essere completo. Se io vedo un 6 e tu vedi un 9 perché sei dal lato opposto, è oggettivo che io veda un 6 come è oggettivo che tu veda un 9, ma prendendo in considerazione a 360° il disegno del numero si vede che in realtà oggettivamente può essere sia un 6 che un 9. Soggettivamente in base a "da dove lo guardi" può essere o uno o l altro. Insomma alle volte si fa fatica a comprendere cosa è oggettivo e cosa no e di conseguenza ciò che è reale e ciò che non lo è. Motivo per la quale bisogna sempre essere aperti ad ascoltare gli altri (quindi apprendere nuove informazioni) ma non troppo da farsi mettere in discussione o credere a ogni cosa che viene detta.
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cinquecolonnemagazine · 1 year ago
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Donatori di voce tra solidarietà umana e tecnologia
I donatori di voce incarnano il potere della solidarietà umana e della tecnologia per migliorare la qualità della vita di coloro che affrontano sfide straordinarie. Attraverso il loro gesto generoso, queste voci diventano un mezzo di espressione per chi altrimenti rimarrebbe in silenzio. Con la continua evoluzione della tecnologia, i donatori di voce continuano a plasmare un futuro in cui la comunicazione inclusiva è alla portata di tutti. Chi sono i donatori di voce? I donatori di voce sono individui che collaborano con organizzazioni non profit o progetti di ricerca per registrare le proprie voci. Queste registrazioni vengono successivamente utilizzate per creare sistemi di sintesi vocale personalizzati per coloro che hanno perso la capacità di parlare a causa di condizioni mediche come sclerosi laterale amiotrofica (SLA), lesioni al midollo spinale o malattie neurologiche. Questi altruisti possono provenire da diverse fasce della società, compresi attori, volontari, o semplici cittadini con una voce chiara e ben modulata. La loro generosità è il fondamento su cui si basa la possibilità di osare a chiunque, nonostante le sfide fisiche, la capacità di esprimersi e comunicare. Cosa fanno i donatori di voce? Il processo inizia con una registrazione dettagliata della voce del donatore. Questo serve come base per creare un modello vocale unico che possa essere poi utilizzato per generare frasi e registrare registrazioni coerenti. Le tecnologie avanzate di sintesi vocale utilizzano algoritmi complessi per imitare le sfumature e le peculiarità della voce del donatore, garantendo che il risultato finale suoni naturali e autentici. Una volta che la voce è stata digitalizzata e adattata alle esigenze del destinatario, può essere integrata in dispositivi di assistenza come sintetizzatori vocali, comunicatori e software specifici. Questi strumenti consentono alle persone prive di voce di comunicare con il mondo esterno attraverso la digitazione, i movimenti degli occhi o altri comandi personalizzati. Applicazioni dei donatori di voce Assistenza per persone con SLA e lesioni al midollo spinale: i donatori di voce forniscono una soluzione preziosa per coloro che vivono con patologie come la SLA o lesioni al midollo spinale. Queste condizioni possono causare la perdita graduale o immediata della capacità di parlare, ma grazie alle voci donate, gli individui possono continuare a comunicare in modo indipendente. Inclusione e partecipazione sociale: la sintesi vocale personalizzata apre le porte alla partecipazione sociale per coloro che altrimenti potrebbero trovarsi isolati. Attraverso dispositivi accessibili, le persone con disabilità possono partecipare attivamente a conversazioni, interagire con gli altri e persino svolgere ruoli lavorativi che richiedono la comunicazione verbale. Accessibilità tecnologica: le voci donate rendono i dispositivi tecnologici più accessibili per un pubblico più ampio. Le applicazioni di sintesi vocale consentono a chiunque di utilizzare smartphone, computer e altri dispositivi elettronici, contribuendo così a ridurre il divario digitale e promuovere l'uguaglianza nell'accesso alle risorse tecnologiche. In copertina foto di spoiu23 da Pixabay Read the full article
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pier-carlo-universe · 18 days ago
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"José Saramago: La Poesia dell'Introspezione - 'Silenzi'". "Un'esplorazione poetica del silenzio come rifugio e mezzo di espressione interiore." Recensione di Alessandria today
José Saramago, oltre ad essere un rinomato romanziere, ha lasciato un'impronta significativa anche nella poesia
Poesia:SilenziOggi non era giorno di parole,con mire di poesie o di discorsi,né c’era strada che fosse nostra.A definirci bastava solo un atto,e visto che a parole non mi salvo,parla per me, silenzio, ch’io non posso. Pensieri Parole Recensione:José Saramago, oltre ad essere un rinomato romanziere, ha lasciato un’impronta significativa anche nella poesia. In “Silenzi”, Saramago esplora il tema…
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mindfulness75 · 1 year ago
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RABBIA: DALL'INFANZIA ALL'ETÀ ADULTA UN VIAGGIO EMOTIVO
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La rabbia è una delle emozioni primarie che coinvolge tutti gli individui e rappresenta un'importante espressione emotiva. Può essere liberamente manifestata o repressa, trasformandosi in rabbia soffocata. Le manifestazioni e i modi di esprimere questa emozione sono simili sia nei bambini che negli adulti, ma l'evolversi e il gestire della rabbia differiscono notevolmente a seconda dell'età e delle abilità di gestione delle emozioni.
Nei bambini, la rabbia si manifesta spesso attraverso comportamenti come il lancio di oggetti, urla e pianti, ma in seguito si sviluppa una comprensione più sofisticata e la capacità di esprimerla anche attraverso il linguaggio.
La rabbia può variare da momenti di massima intensità emotiva (collera) a momenti di minore intensità (fastidio, irritazione). È essenziale canalizzare la rabbia in modo funzionale per evitare danni personali e relazionali.
Spesso, la rabbia sorge quando ci si sente vittime di ingiustizie o quando si è in disaccordo con le opinioni altrui. Nell'età adulta, l'espressione fisica della rabbia è meno comune, e si predilige l'utilizzo del canale verbale, che può includere l'uso di termini forti, urla e un aumento del volume della voce.
Durante momenti di intensa rabbia, il corpo reagisce con una maggiore tensione muscolare e una postura orientata alla difesa o all'attacco, accompagnate da un aumento del battito cardiaco e della respirazione.
Nella nostra società moderna, è importante esprimere la rabbia senza sopprimerla, ma è altrettanto cruciale non indirizzarla in modo aggressivo, né fisicamente né verbalmente, verso gli altri.
La gestione della rabbia richiede innanzitutto il riconoscimento di questa emozione, seguito da un momento di distanziamento dalla situazione coinvolta per permettere alla rabbia di placarsi fisiologicamente. Successivamente, è possibile utilizzare un linguaggio comunicativo per condividere le proprie ragioni con gli altri, cercando una mediazione per risolvere la situazione.
Tuttavia, è importante notare che non sempre sarà possibile raggiungere un accordo, e spesso le relazioni possono risentire se non si trova un compromesso soddisfacente.
Infine, superare la rabbia implica comprendere come esprimerla in modo sano e costruttivo, favorendo un dialogo aperto e una gestione emotiva consapevole.
"Scopri come gestire la tua rabbia in modo sano e costruttivo. Inizia il tuo viaggio verso il controllo emotivo e il benessere oggi stesso. Esplora ora per trovare strategie per gestire la tua rabbia in modo efficace e costruttivo."
Tito Bisson
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centroamamentemilano · 1 year ago
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E se fosse un disturbo del linguaggio?
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Se fosse un disturbo del linguaggio infantile, potrebbe manifestarsi in diversi modi, come difficoltà nel comprendere e nell'utilizzare il linguaggio, problemi di pronuncia o di fluency, limitatezza del vocabolario e difficoltà di espressione dei pensieri e delle emozioni. Questo disturbo può essere causato da diversi fattori, come problemi neurologici, deficit cognitivi, ambienti poco stimolanti o mancanza di interazione verbale durante l'infanzia. Se non viene riconosciuto e trattato adeguatamente, il disturbo del linguaggio infantile può avere un impatto negativo sul successo scolastico e sulle relazioni sociali del bambino.
È importante che i genitori e gli educatori siano consapevoli dei segnali di un possibile disturbo del linguaggio e che si rivolgano a un professionista per una valutazione e un intervento tempestivo.
Con il giusto sostegno e l'adeguato trattamento, i bambini con disturbo del linguaggio infantile possono superare le loro difficoltà e sviluppare pienamente le loro abilità comunicative.
Cell.3311842704
https://www.centroamamente.it
https://www.centropsicologicomilano.it
https://www.milanologopedista.it
Centro logopedico Milano logopedista infantile logopedista online disturbi del linguaggio infantile
terapia logopedica online
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ildalil · 1 year ago
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Italiano Facile: Livello A1 lesson 6
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6 Scrittura e grammatica avanzata 6.1 Congiuntivo presente Il congiuntivo presente è un tempo verbale utilizzato per esprimere azioni o stati che sono incerti, dubbi o soggettivi. È ampiamente utilizzato nella lingua italiana e richiede una certa comprensione della grammatica per essere utilizzato correttamente. Formazione del congiuntivo presente Il congiuntivo presente si forma utilizzando le desinenze corrispondenti ai diversi pronomi personali, che sono: - Io: -i - Tu: -i - Egli/ella: -a - Noi: -iamo - Voi: -iate - Essi/esse: -ano Per formare il congiuntivo presente, si prende la radice del verbo e si aggiunge la desinenza corrispondente al pronome personale. Ad esempio, per il verbo "parlare", la forma corretta al congiuntivo presente sarebbe: - Io parli - Tu parli - Egli/ella parli - Noi parliamo - Voi parliate - Essi/esse parlino Uso del congiuntivo presente Il congiuntivo presente viene utilizzato in diverse situazioni: - Espressione di desiderio o volontà: Si utilizza il congiuntivo presente per esprimere desideri, speranze o volontà. Ad esempio: - Spero che tu venga alla festa. - Voglio che tu studi di più. - Espressione di dubbio o incertezza: Si utilizza il congiuntivo presente per esprimere dubbi, incertezze o possibilità. Ad esempio: - Non credo che lui abbia ragione. - È possibile che piova domani. - Espressione di consiglio o suggerimento: Si utilizza il congiuntivo presente per esprimere consigli o suggerimenti. Ad esempio: - Ti consiglio di mangiare pi�� frutta. - Suggerisco che tu prenda un giorno di riposo. - Espressione di emozione o opinione: Si utilizza il congiuntivo presente per esprimere emozioni o opinioni soggettive. Ad esempio: - Mi fa piacere che tu sia qui. - Penso che sia una buona idea. Verbi irregolari al congiuntivo presente Come per i verbi regolari, anche i verbi irregolari seguono le stesse regole di formazione del congiuntivo presente. Tuttavia, alcuni verbi irregolari possono avere delle modifiche nella radice o nelle desinenze. Ecco alcuni esempi di verbi irregolari al congiuntivo presente: - Essere: sia, sia, sia, siamo, siate, siano - Avere: abbia, abbia, abbia, abbiamo, abbiate, abbiano - Fare: faccia, faccia, faccia, facciamo, facciate, facciano - Dare: dia, dia, dia, diamo, diate, diano Esercizi - Completa le seguenti frasi con la forma corretta del verbo al congiuntivo presente: - Spero che tu ______ (venire) alla festa. - È importante che voi ______ (studiare) per l'esame. - Non credo che lui ______ (avere) ragione. - Suggerisco che tu ______ (prendere) una pausa. - Mi fa piacere che voi ______ (essere) qui. - Coniuga i seguenti verbi al congiuntivo presente: - Parlare: io ______, tu ______, egli/ella ______, noi ______, voi ______, essi/esse ______. - Scrivere: io ______, tu ______, egli/ella ______, noi ______, voi ______, essi/esse ______. - Mangiare: io ______, tu ______, egli/ella ______, noi ______, voi ______, essi/esse ______. Conclusioni Il congiuntivo presente è un tempo verbale importante nella lingua italiana e viene utilizzato per esprimere azioni o stati incerti, dubbi o soggettivi. È fondamentale comprendere le regole di formazione e l'uso corretto del congiuntivo presente per comunicare in modo efficace in italiano. Continua a praticare con esercizi e conversazioni per migliorare la tua padronanza di questo tempo verbale. 6.2 Passato prossimo Il passato prossimo è un tempo verbale molto comune nella lingua italiana. Viene utilizzato per descrivere azioni o eventi che sono accaduti nel passato e che sono completati. In questa sezione impareremo come formare il passato prossimo e come utilizzarlo correttamente nelle frasi. Formazione del passato prossimo Il passato prossimo si forma utilizzando l'ausiliare "avere" o "essere" seguito dal participio passato del verbo. La scelta tra "avere" e "essere" dipende dal verbo stesso. La maggior parte dei verbi utilizza l'ausiliare "avere", mentre alcuni verbi di movimento e di stato utilizzano l'ausiliare "essere". Ecco come si forma il passato prossimo con l'ausiliare "avere": - Verbi regolari: ausiliare "avere" + participio passato del verbo - Esempio: Ho mangiato una pizza. - Verbi di movimento e di stato: ausiliare "essere" + participio passato del verbo - Esempio: Sono andato al cinema. Participio passato Il participio passato dei verbi regolari si forma aggiungendo la desinenza "-ato" ai verbi della prima coniugazione (-are) e la desinenza "-uto" ai verbi della seconda coniugazione (-ere) e terza coniugazione (-ire). Ecco alcuni esempi di participi passati: - Verbi della prima coniugazione (-are): - Parlare -> parlato - Mangiare -> mangiato - Lavorare -> lavorato - Verbi della seconda coniugazione (-ere): - Vedere -> visto - Leggere -> letto - Scrivere -> scritto - Verbi della terza coniugazione (-ire): - Dormire -> dormito - Partire -> partito - Capire -> capito Uso del passato prossimo Il passato prossimo viene utilizzato per descrivere azioni o eventi che sono accaduti nel passato e che sono completati. Può essere utilizzato per parlare di azioni specifiche che sono avvenute in un momento preciso nel passato. Ecco alcuni esempi di frasi con il passato prossimo: - Ho studiato italiano per due anni. - Siamo andati in vacanza la scorsa settimana. - Hai mangiato la pizza ieri sera? Il passato prossimo può anche essere utilizzato per parlare di azioni che sono accadute in un periodo di tempo non specificato nel passato. Ecco alcuni esempi di frasi con il passato prossimo in questo contesto: - Ho viaggiato molto. - Hai mai provato la cucina italiana? - Sono stato a Roma diverse volte. Espressioni di tempo con il passato prossimo Quando si utilizza il passato prossimo, è comune utilizzare espressioni di tempo che indicano quando è avvenuta l'azione o l'evento nel passato. Alcune espressioni di tempo comuni includono: - Ieri - La scorsa settimana - L'anno scorso - Questa mattina - Questo pomeriggio - Questa sera Ecco alcuni esempi di frasi con espressioni di tempo e il passato prossimo: - Ho visto un film ieri sera. - Siamo andati al mare la scorsa settimana. - Hai mangiato la colazione questa mattina? Verbi irregolari nel passato prossimo Alcuni verbi hanno una forma irregolare nel passato prossimo e devono essere imparati individualmente. Alcuni esempi di verbi irregolari nel passato prossimo includono: - Essere -> stato - Avere -> avuto - Fare -> fatto - Dire -> detto - Venire -> venuto È importante imparare le forme irregolari dei verbi nel passato prossimo per utilizzarle correttamente nelle frasi. Esercizi Per praticare il passato prossimo, prova a completare le seguenti frasi utilizzando la forma corretta del verbo al passato prossimo: - Ieri sera ho _______ (guardare) un film al cinema. - Siamo _______ (andare) in vacanza la scorsa estate. - Hai _______ (leggere) il nuovo libro di Paolo? - Ho _______ (mangiare) una pizza per cena. - Sono _______ (venire) a trovarti la settimana scorsa. Risposte: 1. guardato, 2. andati, 3. letto, 4. mangiato, 5. venuto. Continua a praticare il passato prossimo con altri esercizi per migliorare la tua padronanza di questo tempo verbale. 6.3 Futuro semplice Il futuro semplice è un tempo verbale utilizzato per esprimere azioni che avverranno in futuro. È un tempo molto importante nella lingua italiana e viene utilizzato in diversi contesti. In questa sezione impareremo come formare il futuro semplice e come utilizzarlo correttamente. Formazione del futuro semplice Il futuro semplice si forma aggiungendo le desinenze corrispondenti al verbo al presente dell'indicativo. Le desinenze del futuro semplice sono le seguenti: - Io: -ò - Tu: -ai - Egli/Ella: -à - Noi: -emo - Voi: -ete - Loro: -anno Per formare il futuro semplice, prendiamo il verbo al presente dell'indicativo e sostituiamo la desinenza con quella corrispondente del futuro semplice. Ad esempio: - Parlare (io parlerò) - Mangiare (tu mangerai) - Dormire (egli/ella dormirà) - Scrivere (noi scriveremo) - Leggere (voi leggerete) - Capire (loro capiranno) Utilizzo del futuro semplice Il futuro semplice viene utilizzato per esprimere azioni che avverranno in futuro. Può essere utilizzato per fare previsioni, esprimere intenzioni, fare promesse o parlare di eventi futuri. Ad esempio: - Domani andrò al cinema. (Tomorrow I will go to the cinema.) - La settimana prossima visiteremo Roma. (Next week we will visit Rome.) - Ti chiamerò più tardi. (I will call you later.) - Prometto che ti aiuterò con i compiti. (I promise I will help you with your homework.) Il futuro semplice può anche essere utilizzato per fare ipotesi o supposizioni sul presente. Ad esempio: - Sarà già arrivato a casa. (He must have already arrived home.) - Staranno studiando per l'esame. (They are probably studying for the exam.) Verbi irregolari al futuro semplice Come per gli altri tempi verbali, ci sono alcuni verbi che seguono delle regole irregolari nel futuro semplice. Questi verbi hanno delle modifiche nella radice del verbo. Alcuni esempi di verbi irregolari al futuro semplice sono: - Essere (io sarò, tu sarai, egli/ella sarà, noi saremo, voi sarete, loro saranno) - Avere (io avrò, tu avrai, egli/ella avrà, noi avremo, voi avrete, loro avranno) - Fare (io farò, tu farai, egli/ella farà, noi faremo, voi farete, loro faranno) - Venire (io verrò, tu verrai, egli/ella verrà, noi verremo, voi verrete, loro verranno) Esercizi - Completa le seguenti frasi con la forma corretta del verbo al futuro semplice:a. Domani __________ (andare) al mare. b. Tu __________ (leggere) quel libro. c. Loro __________ (scrivere) una lettera. d. Noi __________ (mangiare) la pizza. e. Io __________ (capire) la lezione. - Coniuga i seguenti verbi al futuro semplice:a. Parlare b. Dormire c. Finire d. Bere e. Partire - Riscrivi le seguenti frasi utilizzando il futuro semplice:a. Oggi vado al supermercato. (Domani __________ al supermercato.) b. Lei studia italiano. (Lei __________ italiano.) c. Voi leggete il giornale. (Voi __________ il giornale.) d. Loro mangiano la pizza. (Loro __________ la pizza.) e. Io capisco la lezione. (Io __________ la lezione.) Conclusioni Il futuro semplice è un tempo verbale importante nella lingua italiana. Conoscere come formarlo e utilizzarlo correttamente ti permetterà di esprimere azioni future, fare previsioni e promesse. Ricorda di fare gli esercizi per praticare e consolidare le tue conoscenze del futuro semplice. 6.4 Condizionale presente Il condizionale presente è un tempo verbale utilizzato per esprimere azioni o situazioni ipotetiche, desideri, cortesia o dubbi. Si forma aggiungendo le desinenze corrispondenti al verbo al radicale del verbo al futuro semplice. Ecco le desinenze del condizionale presente per i verbi regolari: Persona Desinenza Io -ei Tu -esti Lui/lei -ebbe Noi -emmo Voi -este Loro -ebbero Ad esempio, prendiamo il verbo "parlare" (to speak): Persona Condizionale presente Io parlerei Tu parleresti Lui/lei parlerebbe Noi parleremmo Voi parlereste Loro parlerebbero Ecco alcuni esempi di frasi utilizzando il condizionale presente: - Se avessi più tempo, farei un viaggio in Italia. (If I had more time, I would take a trip to Italy.) - Vorrei una pizza margherita, per favore. (I would like a margherita pizza, please.) - Se potessi, ti aiuterei con i compiti. (If I could, I would help you with your homework.) - Farei una passeggiata se il tempo fosse bello. (I would take a walk if the weather were nice.) - Se avessi i soldi, comprerei una macchina nuova. (If I had the money, I would buy a new car.) È importante notare che il condizionale presente può essere utilizzato anche per esprimere cortesia o fare richieste in modo più gentile. Ad esempio: - Potresti passarmi il sale, per favore? (Could you pass me the salt, please?) - Vorrei prenotare una camera per due notti. (I would like to book a room for two nights.) - Mi piacerebbe avere un caffè. (I would like to have a coffee.) Inoltre, il condizionale presente può essere utilizzato per esprimere dubbi o incertezze riguardo a una situazione. Ad esempio: - Non so se accetterebbero la mia proposta. (I don't know if they would accept my proposal.) - Non so cosa farei al tuo posto. (I don't know what I would do in your place.) È importante notare che ci sono alcuni verbi irregolari che hanno delle forme particolari nel condizionale presente. Alcuni esempi comuni includono: Verbo Condizionale presente Essere sarei Avere avrei Fare farei Venire verrei Potere potrei Dovere dovrei Volere vorrei Sapere saprei Bere berrei Dire direi Uscire uscirei Venire verrei Vivere vivrei Scrivere scriverei Leggere leggerei Capire capirei Finire finirei Dormire dormirei Partire partirei Preferire preferirei Sentire sentirei Servire servirei È consigliabile esercitarsi con i verbi regolari e irregolari per acquisire familiarità con il condizionale presente. Puoi fare degli esercizi di coniugazione dei verbi e creare frasi utilizzando il condizionale presente per migliorare la tua padronanza di questo tempo verbale. Continua a praticare e sarai in grado di utilizzare il condizionale presente in modo fluente e corretto nella tua comunicazione in italiano. Buon lavoro! Read the full article
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La parola della settimana: Parola (terza parte)
Le parole, espressione con cui solitamente designiamo i componenti primari di una frase e di un discorso, i mattoncini della casa che è la nostra comunicazione verbale, hanno bisogno di manutenzione anche dal punto di vista della quantità e non solo della qualità. A volte diciamo ‘non c’è bisogno di troppe parole’ – è uno dei tanti modi di dire con il termine parola o parole – e in questa…
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carmenvicinanza · 2 years ago
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Tomaso Binga poeta e artista femminista
https://www.unadonnalgiorno.it/tomaso-binga/
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Tomaso Binga, alter ego di Bianca Pucciarelli, è una figura di punta della poesia fonetico-sonora-performativa.
Un’artista che ha attraversato i momenti più intensi dell’arte italiana degli anni Sessanta e Settanta, quando arti visive, teatro, musica e poesia convergevano in un dialogo denso di nuove possibilità.
Ha assunto un nome maschile in segno di protesta contro le disparità che caratterizzano la relazione uomo-donna.
Tutto il suo lavoro artistico è incentrato sulla “scrittura verbo visiva” e sulle azioni sonoro/performative, per tentare un processo di de-semantizzazione del codice verbale.
Nata a Salerno il 20 febbraio 1931, ha fatto studi classici. Già a dieci anni scriveva poesie e racconti. Nel 1959, ha sposato Filiberto Menna, che sarebbe diventato uno dei più autorevoli critici italiani. All’epoca lui era medico e lei insegnante.
Salerno tra gli anni Sessanta e Settanta era una città di grande vitalità intellettuale in cui hanno visto la luce luoghi espositivi aperti al dibattito. Personalità come Marcello e Lia Rumma, hanno creato, nel 1966, le Rassegne di Pittura, agli Antichi Arsenali di Amalfi, nel cui ambito si è svolta, due anni dopo, Arte povera più azioni povere, a cura di Germano Celant.
Era anche nata la rassegna di teatro d’avanguardia Nuove tendenze e la sperimentazione militante del Teatrogruppo, ispirata al Living Theatre.
I suoi riferimenti artistici, fin dall’inizio, sono stati l’arte concettuale e la poesia visiva. Fenomeni artistici che, pur avendo una minore visibilità, portavano avanti una sperimentazione più radicale.
Nel 1971, per la sua prima mostra L’oggetto reattivo in cui presentava opere di poesia visiva, ha deciso di farsi chiamare Tomaso Binga.
Il mio nome maschile gioca sull’ironia e lo spiazzamento: vuole mettere allo scoperto il privilegio maschile che impera anche nel campo dell’arte. È una contestazione, per via di paradosso, di una sovrastruttura che abbiamo ereditato e che come donne vogliamo distruggere. In arte, sesso, età, nazionalità non dovrebbero essere delle discriminanti. L’artista non è un uomo o una donna ma una PERSONA. Il mio alter ego, Tomaso, è un richiamo diretto a Filippo Tommaso Marinetti (con una sola “m” per caduta di una costola) e a una stagione dell’arte italiana quanto mai viva e vivace.
Ha frequentato la Cooperativa Beato Angelico, collettivo femminista di sole artiste.
La sua ricerca abbracciava uno dei nuclei fondamentali della discussione del movimento delle donne, la necessità di rifondare il linguaggio, strumento del potere patriarcale, della storia, della legge, della religione, che ha contribuito all’emarginazione femminile. Anche per questo, nelle opere di quegli anni, il corpo spesso si opponeva alla parola e diventava uno strumento di espressione alternativo, elemento fondante di un nuovo modo di comunicare.
Nei suoi lavori le parole sconfinano dai luoghi deputati, proliferano come cellule, invadono gli spazi che ci circondano.
Dal 1974 ha diretto l’associazione culturale Lavatoio Contumaciale, luogo di aggregazione che si occupa di poesia, arti visive, letteratura, musica e multimedialità promuovendo manifestazioni e dibattiti sui diritti umani, contro ogni forma di violenza e per la salvaguardia della natura.
Il centro, negli anni, ha visto passare importanti nomi della letteratura, del cinema e del teatro come Dacia Maraini, Maria Luisa Spaziani, Amelia Rosselli, Roberto Benigni, Giuseppe Bartolucci, Gianfranco Baruchello, Nanni Balestrini e tanti e tante altre ancora.
Nel 1978 ha partecipato alla mostra Materializzazione del linguaggio a cura di Mirella Bentivoglio, per la Biennale di Venezia, dove ha presentato i Dattilocodici, lavori fatti con la macchina da scrivere. È stata la prima grande mostra tutta al femminile, un momento importante all’interno di una situazione artistica italiana che stentava a riconoscere l’apporto delle donne, sempre marginalizzate.
Nella sua particolarissima pratica artistica, è contraddistinta da una modalità di analisi critica del linguaggio dominante, profondamente ironica e antiretorica – tra scrittura verbo-visiva e azioni performative, le istanze femministe si esprimono senza rinunciare al motto di spirito.
Ironia e grottesco, denuncia e dissacrazione, non senso e luogo comune, sono i principali ingredienti delle sue performance poetiche.
Tomaso Binga ha precorso i tempi, scardinato pregiudizi e combattuto il gender gap, con un entusiasmo coinvolgente e disarmante.
Donne e uomini dovremmo perseguire uno stato di armonia dove a tutti gli esseri viventi, umani e non, venisse riconosciuto il diritto di esistere e realizzarsi secondo la propria natura. La chiusura della poesia non è una sentenza, ma un monito: bisogna restare vigili, perché i diritti e le libertà che abbiamo ottenuto non sono eterni.
Contro il costume che attribuisce un significato maschile al lavoro dell’artista, io sono una cartuccia e va…sparata!
Grande la sua attitudine alla collaborazione e al confronto, i suoi progetti sono il risultato di incontri con donne, più o meno note.
Ultimamente, nelle sue mostre personali, riserva una stanza o uno spazio per le opere di altre artiste che sceglie e che supporta.
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