#Comunicazione non verbale
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'Haragei' è una parola giapponese che non esiste forse in nessun'altra lingua al mondo e anche tradurla è un affare molto complicato.
Volendo, potremmo dire che è la comunicazione non verbale, ma non è solo quello.
Il fatto è che quando parliamo, le parole che ci scambiamo non sono che una piccola parte di quello che davvero ci diciamo.
Quando entriamo in contatto con qualcuno, in realtà, facciamo anche delle prove di incastro: con gli occhi, con la voce, con le mani, col respiro, proviamo a vedere se chi abbiamo di fronte si incastra bene con noi.
Haragei è incastrarsi a vicenda senza dirselo.
Haragei è intuirsi ad occhi chiusi, sapere che nel buio, là fuori, c'è qualcuno come noi.
— Enrico Galiano
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#comunicazione efficace#emozioni#comunicazione non verbale#leadership#consigli di lettura#abilità comunicative#comunicazione persuasiva#arte della comunicazione#empatia#manipolazione mentale#manipolazioni
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La raffinata comunicazione non verbale di Kate Middleton

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21 gennaio: Giornata Mondiale degli Abbracci. Un gesto semplice e universale che celebra la connessione umana
Il 21 gennaio di ogni anno si celebra la Giornata Mondiale degli Abbracci, un’occasione per riscoprire il potere di un gesto tanto semplice quanto significativo.
Il 21 gennaio di ogni anno si celebra la Giornata Mondiale degli Abbracci, un’occasione per riscoprire il potere di un gesto tanto semplice quanto significativo. Istituita nel 1986 negli Stati Uniti da Kevin Zaborney, questa giornata è un invito a mettere da parte le barriere e a condividere abbracci con amici, familiari e perfino sconosciuti, promuovendo così una maggiore connessione umana. Il…
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Già solo per gli ammiccamenti bisognerebbe chiedersi a chi e per chi sta veramente parlando.
La comunicazione non verbale andrebbe studiata alle elementari.
Dal punto di vista sociale la sola cosa che mi viene di aggiungere è questo 🤢
... Orrore puro...
Non dimentichiamo affinché non si ripeta
#video#vaccino#covid#diavoli#medici#sanità#correlazioni#eventi avversi#ospedali#bugie di stato#propaganda#zombie#società#società malata#svegliatevi#sistema#aprite gli occhi#illusioni#discernimento#comunicazione non verbale#manipolazioni#verità#schiavi#mass media#televisione
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Complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare.
Piero Angela ha detto un giorno 'è difficile essere facili'. Per semplificare bisogna togliere, e per togliere bisogna sapere cosa togliere, come fa lo scultore quando a colpi di scalpello toglie dal masso di pietra tutto quel materiale che c’è in più della scultura che vuole fare.
Teoricamente ogni masso di pietra può avere al suo interno una scultura bellissima, come si fa a sapere dove ci si deve fermare per togliere, senza rovinare la scultura?
Togliere invece che aggiungere potrebbe essere la regola anche per la comunicazione visiva a due dimensioni come il disegno e la pittura, a tre come la scultura o l'architettura, a quattro dimensioni come il cinema.
Togliere invece che aggiungere vuol dire riconoscere l’essenza delle cose e comunicarle nella loro essenzialità. Questo processo porta fuori dal tempo e dalle mode, il teorema di Pitagora ha una data di nascita, ma per la sua essenzialità è fuori dal tempo. Potrebbe essere complicato aggiungendogli fronzoli non essenziali secondo la moda del momento, ma questo non ha alcun senso secondo i principi della comunicazione visiva relativa al fenomeno.
Eppure la gente quando si trova di fronte a certe espressioni di semplicità o di essenzialità dice inevitabilmente questo lo so fare anch’io, intendendo di non dare valore alle cose semplici perché a quel punto diventano quasi ovvie.
In realtà quando la gente dice quella frase intende dire che lo può Rifare, altrimenti lo avrebbe già fatto prima.
La semplificazione è il segno dell’intelligenza, un antico detto cinese dice: quello che non si può dire in poche parole non si può dirlo neanche in molte.

Bruno Munari - "Verbale scritto"
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"HARAGEI" è una parola giapponese che non esiste forse in nessun'altra lingua al mondo, e anche tradurla è un affare molto complicato.
Potremmo dire che è la comunicazione non verbale, ma non è solo quello.
Il fatto è che quando parliamo, le parole che ci scambiamo non sono che una piccola parte di quello che davvero ci diciamo.
Quando entriamo in contatto con qualcuno, in realtà, facciamo anche delle prove di incastro: con gli occhi, con la voce, con le mani, col respiro, proviamo a vedere se chi abbiamo di fronte si incastra bene con noi.
"HARAGEI " è incastrarsi a vicenda senza dirselo.
"HARAGEI " è intuirsi ad occhi chiusi, sapere che nel buio, là fuori, c'è qualcuno come noi.
- Enrico Galiano
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Haragei è una parola Giapponese che non esiste forse in nessun'altra lingua al mondo e anche tradurla è un affare molto complicato.
Volendo, potremmo dire che è la comunicazione non verbale, ma non è solo quello. Il fatto è che quando parliamo, le parole che ci scambiamo non sono che una piccola parte di quello che davvero ci diciamo. Quando entriamo in contatto con qualcuno, in realtà, facciamo anche delle prove di incastro: con gli occhi, con la voce, con le mani, col respiro, proviamo a vedere se chi abbiamo di fronte si incastra bene con noi.
Haragei è incastrarsi a vicenda senza dirselo.
Haragei è intuirsi ad occhi chiusi, sapere che nel buio, là fuori, c'è qualcuno come noi..
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Storia di Carla
Sequel di
"Un sogno che sembrava troppo reale"
Capitolo 1 - Parte quarta
La vidi scendere dal letto, camminare con molta leggiadria sulle punte dei piedi, glutei rotondi e sodi che ondeggiavano armonicamente. Un vero bocciolo di ragazza, gioventù che esprimeva la freschezza della primavera. Iniziavo a sentire qualcosa per lei, ma dovevo stare attenta a non farmene accorgere. Ritornò a letto, si sdraiò, era contentissima di aver ricevuto un dono, sembrava una bambina, mi guardò con quegli occhi di cerbiatta, voleva un mio assenso per aprirlo. Quanta tenerezza che mi fece, mi stavo commuovendo. Cercai di assumere un tono sostenuto e le ordinai di farlo. Lo aprì di fretta, quasi disintegrò la scatola, era una ragazza selvaggia in tutto. Dovevo educarla, era allo stesso tempo selvaggia e tenera, gli opposti in lei si fondevano. Questa creatura mi affascinava moltissimo. Mi gustai lo stupore che ebbe nel vedere il contenuto del pacco. Estrasse per prima il collare, all’interno avevo fatto incidere il mio nome. Due lacrime solcarono le sue gote, arrossì. Poi estrasse un plug anale con coda posticcia, era emozionatissima. E infine estrasse l’ultimo pezzo: Uno stapOn, un po’ particolare, non c’era il solito pene di gomma che riproduceva l’organo maschile, ma c’era la riproduzione molta fedele del sesso canino, anche nel colore, un bel rosso vermiglio. Non riuscì a trattenere le lacrime di gioia e si fiondò su di me con un’agilità che mi fece rimanere di stucco. Mi abbracciò con forza e mi baciò sulla bocca, tanto da togliermi il fiato. La strinsi a me e l’accarezzai. Mi chiese se potevamo provare subito quei gadget, non era in sé. Per prima cosa lubrificai bene il plug, e il suo ano, glielo appoggiai, e con una leggera pressione e con molta delicatezza lo spinsi dentro. Quando entrò gemette di piacere. Non era molto grande, poiché avevo supposto che il suo ano doveva essere piccolo, e sicuramente vergine. Come una bambina iniziò a giocarci, oscillava con il sedere per simulare una scodinzolata. Questo movimento fece aumentare la mia eccitazione. Iniziavo di nuovo a colare. Poi venne il turno del collare. Gli dissi che questo collare non doveva mai toglierselo quando eravamo in casa. Era il simbolo della sua appartenenza a me, gli ricordai che lei era solo mia.

Nel metterglielo i nostri capezzoli si toccarono. Sentii una scossa elettrica lungo la schiena, anche lei non ne fu immune, la vidi tremare, sulla sua pelle comparvero i segni della pelle d’oca. Lo scambio silenzioso dei nostri sguardi ci creò una forte eccitazione, i nostri corpi si cercarono e si ritrovarono. I nostri corpi si svelavano lentamente, lo scintillio della luce sulla pelle nuda, le ombre delicate che disegnavano forme e curve. È un gioco visivo dove l'attesa è parte del piacere, ogni dettaglio, L'odore che sprigionava catturò la mia libidine. Volevo assaporarla ovunque. Le sussurrai parole sporchissime all’orecchio e percepii il rossore sulle sue guance, so che era lusingata da tanta voglia e brama che provavo per lei. Iniziai ad accarezzarla in modo impercettibile, le dita scivolano dolcemente. Il contatto della mia pelle contro la sua diventò una forma di comunicazione non verbale che interessava i nostri corpi e le nostre menti, la baciai e le morsi le labbra, sussultò, gemette per il dolore e per il piacere, ogni sensazione diventava un'avventura. Ci siamo odorate a vicenda come due cagne affamate, i nostri profumi rendevano intensi ogni momento, tutti i sensi partecipavano a questa sinfonia d’ amore, un preludio a momenti di grande estasi. Il nostro abbraccio fu una celebrazione dei nostri corpi e delle nostre capacità di sentire, di vibrare, di aprirsi al piacere. I nostri corpi s’incontrano senza un piano, aveva un ardente desiderio ad essere sorpresa. La baciai languidamente e afferrai il vibratore che avevo portato con me. Si abbandonò completamente lasciandosi guidare. Le mie provocazioni le procurano scosse interne, terremoti ormonali che sublimavano il suo piacere fino a farla divenire folle. Sentii sulla sua pelle le vibrazioni del giocattolo che veniva indirizzato sulle zone sensibili. La sua pelle diventava più sensibile ai mie baci, ai miei piccoli morsi e alla mia lingua. Il piacere si rinnova in mille forme diverse, il respiro aumentò d’intensità, gemette, era fuori controllo, intrecciammo le gambe, i nostri monti di venere si toccarono, premetti con forza perché avevo tanta voglia di lei. Il giocattolo lo feci scivolare dentro di lei per penetrarla, avevo tanta voglia entrare dentro di lei con tutta me stessa, il cuore che mi batte a mille. Le bacio le labbra, le guance, le orecchie, il collo, giù lungo la pancia, e m’inginocchio. si lascia scappare un dei gridolini di piacere, guidò la mia testa fra le sue gambe, inarcando la schiena. Baciò senza sosta ogni centimetro del suo corpo. Le mie labbra s’impossessarono del suo clitoride che sporgeva leggermente. Tirai fuori la lingua e con le dita allargai le grandi labbra. Lei inarcò ancora di più la schiena ed io affondai la testa e la lingua. Le mia dita erano dentro di lei con un movimento rapidissimo, di penetrazione e di rotazione. Sentii le sue pareti interne contrarsi con movimenti rapidissimi, e lei continuò a gemere, senza riuscire a fermarsi. Bevetti tutto quello che il suo orgasmo mi offriva, fino all’ultima goccia.
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Haragei è una parola Giapponese che non esiste forse in nessun’altra lingua al mondo, e anche tradurla è un affare molto complicato. Volendo, potremmo dire che è la comunicazione non verbale, ma non è solo quello. Il fatto è che quando parliamo, le parole che ci scambiamo non sono che una piccola parte di quello che davvero ci diciamo. Quando entriamo in contatto con qualcuno, in realtà, facciamo anche delle prove di incastro: con gli occhi, con la voce, con le mani, col respiro, proviamo a vedere se chi abbiamo di fronte si incastra bene con noi.
Haragei è incastrarsi a vicenda senza dirselo. Haragei è intuirsi ad occhi chiusi, sapere che nel buio, la fuori, c’è qualcuno come noi.
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Ti ho scritto una poesia, ma non so se te la farò mai leggere. Oggi abbiamo scoperto che i rondoni non sono così simili alle rondini, e che passano la maggior parte della vita in volo, compresi il sonno e l’accoppiamento. Ogni tanto guardo la tua pelle e mi chiedo come sarebbe accarezzarla. Parliamo di etologia e mi racconti che effetto ti ha fatto leggere Darwin a 20 anni. Mi chiedo anche come sarebbe leggere qualcosa scritto da te - quasi mi stupisco che non sia mai successo. Ti racconto come nel mondo animale la differenza morfologica fra individui appartenenti alla stessa specie ma di sesso differente sia presupposto di poligamia: nei rondoni non c’è molta differenza tra maschio e femmina, e quindi, probabilmente, sono animali monogami (Wikipedia conferma). A volte spero che il mio corpo sia in grado di adoperare una qualche forma di comunicazione non verbale che ti faccia capire esattamente quello che provo, al di là di quello che posso coscientemente dire, senza tra l’altro un fine specifico: solo che tu sappia quello che mi succede quando stiamo insieme. L’idea di finalismo è totalmente assente in Darwin, mi dici, eppure, quasi 200 anni dopo, troviamo ancora difficile guardare alla natura senza pensare che vi sia una sorta di intelligenza a manovrarla, finendo per scambiare le cause con gli effetti. Ci sono poco meno di 2 metri tra la mia bocca e la tua, eppure mi pesano come se fossero 2000 km. Leggiamo che il sonno dei rondoni si chiama uniemisferico, con i due emisferi cerebrali che si alternano nello stato di veglia per controllare il volo, permettendo loro di non fermarsi durante i lunghi viaggi migratori. Spero, almeno, di sognarti stanotte.
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Come si diventa un leader carismatico?
Essere un leader carismatico è un'arte che si può acquisire con la conoscenza e la pratica costante. Scopri come farlo! #leadership #ascoltoattivo #empatia #esempio #postura #carisma
Diventare un leader carismatico è un obiettivo ambizioso ma raggiungibile. Come esperto in comunicazione efficace e persuasiva, credo che il carisma sia una combinazione di qualità personali e abilità comunicative. Ecco alcuni passi chiave per diventare un leader carismatico:1. Sviluppa la Tua Autenticità: il carisma è spesso legata all’autenticità. Sii te stesso e rifletti sinceramente i tuoi…

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Haragei è una parola Giapponese che non esiste forse in nessun'altra lingua al mondo, e anche tradurla è un affare molto complicato. Volendo, potremmo dire che è la comunicazione non verbale, ma non è solo quello. Il fatto è che quando parliamo, le parole che ci scambiamo non sono che una piccola parte di quello che davvero ci diciamo. Quando entriamo in contatto con qualcuno, in realtà, facciamo anche delle prove di incastro: con gli occhi, con la voce, con le mani, col respiro, proviamo a vedere se chi abbiamo di fronte si incastra bene con noi. Haragei è incastrarsi a vicenda senza dirselo. Haragei è intuirsi ad occhi chiusi, sapere che nel buio, là fuori, c'è qualcuno come noi.
|| Enrico Galiano
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"Ci vuole una poesia d'amore": un'analisi critica e biografia dell'autore. Esplorando l'autenticità e il significato di una poesia attribuita a Pablo Neruda. Recensione di Alessandria today
Nonostante la bellezza e la profondità del testo, è importante notare che non esistono prove concrete che attribuiscano questa poesia a Pablo Neruda.
La poesia intitolata “Ci vuole una poesia d’amore” è spesso attribuita a Pablo Neruda, celebre poeta cileno noto per le sue intense e appassionate liriche d’amore. Tuttavia, è fondamentale verificare l’autenticità di tali attribuzioni, poiché Neruda è spesso associato a poesie che, in realtà, non ha scritto. Nonostante la bellezza e la profondità del testo, è importante notare che non esistono…
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"Vota quella stronza della Meloni", il meme ironico che circola nelle chat. L'effetto Giorgia non si ferma - Secolo d'Italia (secoloditalia.it)
’effetto Meloni prosegue senza sosta. Il dopo-Caivano registra un ennesimo “colpo di scena” di questa campagna elettorale. Un’ ennesima conferma di quanto quella frase -“Presidente De Luca, sono quella stro*** della Meloni. Come sta?”- abbia bucato i social e fatto parlare e straparlare molti opinionisti. Tanto che oggi -il giorno dopo quell’incontro che tanto sta facendo rodere il fegato dei mestrini raical-chic col ditino alzato- viene anche rilanciata. C’è un meme spiritoso e ironico che circola in rete e nelle chat dei parlamentari: “Vota quella stronza della Meloni” è la scritta che campeggia su un finto manifesto elettorale per le Europee: con il simbolo FdI barrato e il volto della premier. Sta facendo il giro del web.
L’effetto Meloni non si ferma: dopo il video arriva il meme virale
Dopo il boom sui social dell’incontro fatidico tra Meloni e il governatore De Luca arriva, dunque, questo meme a rilanciare la “mossa” della premier che ha sconvolto i salotti buoni dei talk show. Dimostrando che il suo comportamento ha colto nel segno. E soprattutto, fatto impazzire una sinistra politica e intellettuale che in modo ridicolo censura l’ atteggiamento “poco istituzionale” della premier. Dovevate osservare i vari Severgnini, Fittipaldi, Lella Costa, Floris, Piccolotti dare lezioni di bon ton istituzionale. Nessuno che lo avesse fatto con tanto accanimento quando ad offendere la premier per primo era stato proprio De Luca. Tanto livore dei dem e dei salotti radical-chic non lo abbiamo proprio notato all’epoca.
Il dopo-Caivano: la doppia vittoria di Meloni
Dunque, vince ancora Giorgia. Non a caso l’ istant sentiment realizzato in esclusiva per Adnkronos da Vis Factor nell’immediatezza dell’incontro Meloni- DeLuca fu già una sentenza. Nella maggioranza dei commenti a favore di Meloni – ben il 56%- sottolineavano coraggio, franchezza, presenza di spirito del presidente del Consiglio. Spirito e franchezza che manca del tutto a sinistra, che chissà quando si riprenderà da questo doppio successo della premier: avere fatto rinascere il Parco Verde di Caivano, teatro fin’ora di stupri, spaccio e criminalità; ed essere entrata contemporaneamnte negli incubi più tetri di una sinistra triste. Sempre più ostaggio della propria incapacità di ancorarsi a un sentimento popolare. Anche ora che il meme ironico “Vota quella stronza della Meloni” sta furoreggiando, le dosi di Maalox dovranno essere raddoppiate.
Un’ altra mossa comunicatica che fa impazzire la sinistra salottiera
Qualche esempio. L’editorialista del Corriere, Beppe Severnini ad Otto e mezzo ha affermato che “Meloni dovrebbe imparare il decoro verbale”. Fittipaldi urla un “Mi vergogno” a Tagadà. Lella Costa, attrice e sceneggiatrice, femminista, dal salotti di “Di martedì” afferma che la frase di Meloni a De Luca “è una forma di bullismo”. Alla faccia della solidarietà femminile… Ed Elisabetta Picoclotti di Avs ha tuonato: “Il prossimo passo che farà il presidente del Consiglio qual è? La lotta nel fango?” Zittita da un imperturbabile Italo Bocchino, direttore editoriale del Secolo d’Italia: “Ciò che ha detto Meloni è un grande esempio di comunicazione. Finalmente De Luca impietrito”. Insomma, ancora una volta la sinistra non capisce che la sfida ha avuto un solo vincitore: il premier. Anche oggi assisteremo a varie lezioni di galateo istituzionale a puntate? Un ultimo appunto merita il ridicolo furore di Giuseppe Conte, ospite di Floris. Anche l’ex premier in pochette ha stigmatizzato le parole della premier. A tacitarlo Francesco Storace: “Ma come? Sei il leader del partito del vaffa e ti scandalizzi?”…
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Haragei è una parola Giapponese che non esiste forse in nessun’altra lingua al mondo, e anche tradurla è un affare molto complicato. Volendo, potremmo dire che è la comunicazione non verbale, ma non è solo quello. Il fatto è che quando parliamo, le parole che ci scambiamo non sono che una piccola parte di quello che davvero ci diciamo. Quando entriamo in contatto con qualcuno, in realtà, facciamo anche delle prove di incastro: con gli occhi, con la voce, con le mani, col respiro, proviamo a vedere se chi abbiamo di fronte si incastra bene con noi. Haragei è incastrarsi a vicenda senza dirselo.
Haragei è intuirsi ad occhi chiusi,
sapere che nel buio…
la fuori,
c’è qualcuno come noi.

Enrico Galiano - "Felici contro il mondo"
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