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Lercaro: I Sindaci dell’Ovadese Uniti Contro la Vendita dei Terreni. Un appello collettivo per salvaguardare il patrimonio dell’I.P.A.B. Casa di Riposo Lercaro
A seguito dell’incontro convocato dal Sindaco di Ovada, Gian Franco Comaschi, i sindaci dell’Ovadese si sono riuniti giovedì 21 novembre 2024 per affrontare la questione legata alla vendita dei terreni dell’I.P.A.B. Casa di Riposo Lercaro.
A seguito dell’incontro convocato dal Sindaco di Ovada, Gian Franco Comaschi, i sindaci dell’Ovadese si sono riuniti giovedì 21 novembre 2024 per affrontare la questione legata alla vendita dei terreni dell’I.P.A.B. Casa di Riposo Lercaro. Durante la riunione, svoltasi presso la sala Giunta del Comune di Ovada, è emersa una forte posizione unitaria contro le decisioni prese dal Commissario…
#Alessandria today#amministrazione pubblica#Casa di riposo#Comune di Ovada#Comuni dell’Ovadese#comunità locale#conflitti istituzionali.#conflitto amministrativo#costituzione Fondazione#decisioni condivise#delibera regionale#democrazia locale#difesa del territorio#Enti pubblici#gestione enti pubblici#gestione trasparente#Gian Franco Comaschi#Google News#I.P.A.B. Lercaro#italianewsmedia.com#Ivana Nervi#Ovada#partecipazione collettiva#patrimonio collettivo#patrimonio pubblico#Pier Carlo Lava#polemiche locali#Politiche sociali#Regione Piemonte#rendicontazione finanziaria
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COMUNICATO STAMPA
SPOSTAMENTO FUNZIONARIO DI POLIZIA LOCALE RESPONSABILE DEL NUCLEO PALAZZO CIVICO A SEGUITO DELLA SEDUTA DEL CONSIGLIO COMUNALE DEL 31 OTTOBRE 2023 Apprendiamo del repentino spostamento del Commissario Capo Riccardo Serafini,sollevato dall’incarico di responsabile del Nucleo Palazzo Civico e della sua assegnazionealla Sezione Oregina. Fatto avvenuto, pare, in conseguenza del mancato…
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Giornalismo locale: un presidio di informazione e democrazia per la cittadinanza
Il giornalismo locale, in un contesto di cittadinanza attiva, costituisce una preziosa sinergia per il presidio di informazione e la promozione della democrazia nel territorio. Le testate giornalistiche locali rivestono un ruolo fondamentale nella vita delle comunità, offrendo una copertura informativa dettagliata e vicina alla realtà delle persone e dei luoghi in cui operano. Grazie a questo…
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#Cittadinanza Attiva#Cittadinanza Partecipativa#Comunità Locali#Copertura Informativa#Data Journalism#Democrazia Territoriale#Inclusività Territoriale#Informazione Critica#Informazione Locale#Narrazione del Territorio#Ruolo del Giornalismo#Sicurezza Giornalisti#Solution Journalism#Testate Giornalistiche
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TINDARI - IL PICCOLO MUSEO GRECO-ROMANO
Uno dei personaggi più importanti e affascinanti che nel 400 a.C. segnò la storia del bacino Mediterraneo, fu sicuramente il tiranno siracusano Dionisio primo. Dionisio, nato da famiglia non aristocratica si convinse che la democrazia che guidava Siracusa, non era più in grado di impedire il decadimento politico e militare della città, per cui, abile oratore, si fece eleggere generale e, una volta inviato a Gela per risolvere una controversia locale, simulò un attentato nei suoi confronti, richiese la possibilità di avere un esercito mercenario ai suoi ordini per difesa personale, diventando ben presto il padrone di Siracusa. Per dimostrare la noncuranza che aveva per l’aristocrazia, una volta protetto dal suo esercito personale, imprigionò e giustiziò tutti gli aristocratici di Gela, con il loro oro pagò i mercenari spartani che comandava e donò le terre degli aristocratici alla popolazione locale. Così facendo ottenne un consenso assoluto ed una base molto forte per diventare il padrone assoluto della Sicilia orientale. Per restare tale dovette contrastare per tutta la sua vita il desiderio dei Cartaginesi di invadere la sua isola. Dovette inoltre fermare l’espansionismo degli italioti provenienti dalla Calabria, consolidare il rapporto con il resto delle colonie della Magna Grecia e rafforzare l’alleanza con Sparta. Fondò inoltre colonie lungo tutto l'adriatico. In tal modo garantì potere e ricchezza a Siracusa che sotto di lui divenne una delle maggiori città greche del mediterraneo. Tra le tante colonie che fondò per motivi economici e strategici vi fu anche Tindari, ai confini settentrionali del suo dominio siciliano in una località che era abitata già nell’età del bronzo, più di mille anni prima. La posizione e il nome di Tindari non sono casuali. Tindari come Tindaro re di Sparta padre della Elena per cui scoppiò la guerra di Troia, padre di Castore e Polluce i semidei dioscuri che erano tanto onorati in Siracusa. La posizione della colonia Tindari, era inoltre estremamente importante essendo in cima a un promontorio facilmente difendibile, con accanto una grande baia e pianura in cui potevano trovare riparo le navi di allora. La città era inoltre di fronte alle isole Eolie da cui riceveva ossidiana per preparare gioielli e armi e pietra pomice che era la carta vetrata di allora e utilissima nell’ingegneria civile e navale. Finito il dominio di Dionigi il vecchio, Tindari ben presto, come il resto dei possedimenti del vecchio tiranno, fu presa di mira dai Cartaginesi e per questo motivo si affidò a Roma diventando una città romana, molto ben considerata e molto amata. La prova della benevolenza dei romani fu nel dedicare la città all’imperatore Augusto. La “nobilissima civitas” si riempì quindi di statue dell’imperatore, di un teatro, di un porticato (propileo) da cui si accedeva all’Agorà e di tutta quell’architettura che distingueva l’era imperiale romana. I reperti rinvenuti negli scavi, mostrano una civiltà elegante, dove ogni piccolo strumento d’uso comune, nella sua semplice funzionalità, ha una bellezza che va oltre il tempo e le mode. Questa stessa bellezza circonda ancora oggi Tindari, preziosa perla racchiusa tra l’azzurro immenso del cielo e il purissimo e trasparente blu del mare.
One of the most important and fascinating characters that in 400 BC marked the history of the Mediterranean basin, it was certainly the Syracusan tyrant Dionysius I. Dionysius, born into a non-aristocratic family, was convinced that the democracy that led Syracuse was no longer able to prevent the political and military decay of the city, so he was elected general and once sent to Gela to resolve a local controversy, simulated an attack against him, required the possibility of having a mercenary army on his orders for personal defence, soon becoming the master of Syracuse. To demonstrate his indifference to the aristocracy, once protected by his personal army, he imprisoned and tried all the aristocrats of Gela, with their gold he paid the Spartan mercenaries he commanded and gave the aristocratic lands to the local population. In doing so he obtained an absolute consensus and a very strong basis for becoming the absolute master of Eastern Sicily. To remain so he had to resist throughout his life the desire of the Carthaginians to invade his island. He also had to stop the expansionism of the Italians from Calabria, consolidate relations with the rest of the colonies of Great Greece and strengthen the alliance with Sparta. He further founded colonies all along the Adriatic. He thus guaranteed power and wealth to Syracuse, which under him became one of the largest Greek cities in the Mediterranean. Among the many colonies he founded for economic and strategic reasons was Tindari, on the northern borders of his Sicilian domain in a town that had been inhabited already in the Bronze Age, more than a thousand years earlier. The location and name of Tindari are not accidental. Tindarius as Tindarus king of Sparta father of Helen for whom the Trojan War broke out, father of Castor and Pollux the demigods who were so honored in Syracuse. The location of the Tindari colony was also extremely important being on top of an easily defensible promontory, with a large bay and plain next to it where the ships of that time could find shelter. The city was also opposite the Aeolian islands from which it received obsidian to prepare jewelry and weapons and pumice stone which was the sandpaper of that time and very useful in civil and naval engineering. After the rule of Dionysius the Elder, Tindari soon, like the rest of the possessions of the old tyrant, was targeted by the Carthaginians and for this reason relied on Rome becoming a Roman city, very well regarded and very loved. The proof of the Romans’ benevolence was in the dedication of the city to Emperor Augustus. The “noblest civitas” was therefore filled with statues of the emperor, a theater, a portico (propileo) from which one accessed the Agora and all that architecture that distinguished the Roman imperial era. The finds found in the excavations show an elegant civilization, where every small tool of common use, in its simple functionality, has a beauty that goes beyond time and fashion. This same beauty still surrounds Tindari today, a precious pearl enclosed between the immense blue of the sky and the pure and transparent blue of the sea.
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Del resto, Fratelli d’Italia nasce esattamente per sfruttare questa finestra di opportunità. Prendiamo i suoi tre fondatori ufficiali: Ignazio La Russa, Guido Crosetto e Giorgia Meloni. Il primo rappresenta (in modo perfino caricaturale) la fedeltà al fascismo storico, e la militanza nel torbido e sanguinario neofascismo del dopoguerra. Il secondo rappresenta la garanzia di totale organicità ai dogmi del liberismo economico e alle esigenze del sistema militare-industriale e dunque della guerra. La terza rappresenta l’apertura all’ideologia dell’estrema destra internazionale (da Orban a Bolsonaro a Trump). Quest’ultimo punto merita qualche parola in più. Nonostante l’affettuosa deferenza per Giorgio Almirante e alcune giovanili dichiarazioni di entusiasmo per Mussolini, Meloni è attenta a smarcarsi dal fascismo nostalgico alla La Russa. La ragione è la volontà di essere, e apparire, in sintonia con un nuovo fascismo che – pur nella sostanziale continuità ideologica con le idee di Hitler o di Evola – non ha bisogno di un apparato simbolico storico, e costruisce nuovi simboli e nuovi miti. In questo 25 aprile, prendetevi un momento per guardare un terribile video del 2013 (in francese, con sottotitoli in inglese: https://www.youtube.com/watch?v=XA5S5Qrg6CU). È la ‘dichiarazione di guerra’ alle democrazie lanciata da Génération Identitaire, un movimento politico nato in Francia (e lì sciolto dal governo nel 2017) che fa della ‘questione etnica’ il fulcro di una politica fondata sulla paura e sull’odio. La linea è quella del suprematismo bianco: e in concreto quel movimento ha organizzato una serie di attacchi anche fisici contro le Ong che soccorrono i migranti nel Mediterraneo. I simboli non sono le svastiche: ma, come si spiega nell video, i ‘lambda’, cioè le lettere greche che figuravano tra gli emblemi degli Spartani (‘lambda’ è la lettera iniziale di Lacedemoni, altro nome degli Spartani). La scelta cade sulla grande antagonista della democratica Atene: una città governata da una minoranza (gli Spartiati) che dominava attraverso la violenza e il terrore su una maggioranza (gli Iloti) etnicamente diversa. Un modello atroce, fatto proprio dall’organizzazione studentesca di Fratelli d’Italia. Un esempio eloquente: il percorso formativo di Azione studentesca si chiama ‘agoghé’, come quello dei giovani spartiati, che in esso si formavano alla resistenza fisica, e alla violenza (anche attraverso uccisioni rituali e impunite degli Iloti). Una ricca documentazione iconografica mostra come i ragazzi italiani che crescono all’ombra della Presidente del Consiglio non ricorrano ai fasci o alle svastiche (anche se la croce celtica rimane il simbolo ufficiale di Azione studentesca), ma ai simboli dell’antica Sparta: un mimetismo formale che mette i giovani di estrema destra italiana al riparo dalle accuse di fascismo nostalgico, e in connessione con i loro camerati di tutta Europa, consentendo una perfetta, e indisturbata, continuità con gli ‘ideali’ fascisti e nazisti. Vale la pena di ricordare che è stata proprio Azione studentesca la responsabile, nel febbraio scorso, del pestaggio dei ragazzi del Liceo Michelangiolo, a Firenze: e che nello stesso palazzo fiorentino hanno sede Fratelli d’Italia, Casaggì (nome locale di Azione studentesca) e la casa editrice “Passaggio al bosco” (etichetta esplicitamente jüngeriana che allude alla ribellione contro la democrazia), il cui catalogo è ricco di testi su Sparta, e sulla sua mistica del razzismo violento. È in questo quadro che si deve leggere l’uscita sulla ‘sostituzione etnica’ del ministro Lollobrigida, cognato di Meloni. Lungi dall’essere frutto di “ignoranza”, come penosamente asserito dall’interessato, si tratta della maldestra esibizione della parola d’ordine chiave per questa nuova-vecchia destra europea che fa della questione razziale e migratoria il centro di un intero sistema di pensiero e azione. Negli ultimi decenni si possono documentare decine e decine di uscite di Salvini, Meloni e molti altri leader della destra italiana sulla sostituzione etnica: e ora la tragedia di Cutro mostra come proprio quell’ideologia ispiri le azioni e le omissioni dell’attuale governo della Repubblica. Un nuovo fascismo, dunque: che non ha necessariamente bisogno dei labari del Ventennio. Ma che quel progetto comunque resuscita e persegue: soprattutto in una mistica della violenza e della morte che ha nei neri, nei musulmani, nei diversi i propri eterni obiettivi. Lo dimostra il fatto che la politica di questo governo fascista attacca frontalmente alcuni principi fondamentali della Costituzione antifascista
Il 25 aprile con un partito fascista al governo
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A pochi mesi dall'avvio della macchina delle primarie, l'America si interroga: meglio un ottuagenario rimbambito che sta in piedi perché non tira vento e confonde la Svezia con la Svizzera - per non dire di Slovacchia e Slovenia - o meglio un giovanotto di 77 anni eversore bancarottiere mezzo fascio e bugiardo che se non va alla Casa Bianca va direttamente in galera?
I pareri divergono ma una cosa è già acclarata: non c'è la possibilità di nessun altro candidato.
Cioè, su 332 milioni di abitanti, non si trova uno meno cretino dei due di cui sopra, che in circostanze normali sarebbero gentilmente accompagnati in una Rsa (il democratico) e in una struttura psichiatrica (il repubblicano).
Ciò non toglie agli Stati Uniti la patente di "più grande democrazia del mondo", giustamente guadagnata in decenni in cui ha quasi sempre vinto il candidato con più budget, più lobbisti e più sponsor, un paio di volte conquistando la Casa Bianca con meno voti del perdente: una simpatica peculiarità del sistema elettorale locale che tuttavia nessuno si sogna di mettere in discussione perché va bene cosi, vinca quello che ha preso meno voti, bah.
Anche noi europei siamo dilaniati dal dubbio, seppur da spettatori.
Meglio quello che ha dissolto la Ue nella Nato approfittando delle follie putiniane o meglio quello che vuole dichiarare la terza guerra mondiale alla Cina?
Meglio quello che non capisce una cippa ma tanto fa quello che gli dice il deep state o meglio quello che non capisce una cippa manco lui però non si fa manovrare da nessuno?
Meglio fare la pace con la Corea del Nord e sciogliere i poli come vuole Trump o meglio salvare i ghiacciai e sciogliere l'Europa come vuole Biden?
In sintesi estrema: meglio uno affetto da demenza senile e Alzheimer o uno affetto da narcisismo patologico maligno?
Si prevedono lunghi dibattiti anche nostrani.
L'unica cosa certa è che Cacciari indicherà uno dei due come sicuro vincitore, aggiungendo "come si fa a non capire", poi vincerà l'altro e lui ci spiegherà che è trent'anni che lo dice.
Alessandro Gilioli, Facebook
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“ Con il 24 febbraio 2022 entriamo nel territorio della guerra rimosso dalla retorica e dalla prassi comunitaria. Cacciata dalla porta della legge, la guerra rientra dalla finestra della storia. Nessun decreto può cancellare la guerra dal percorso dell’umanità, figuriamoci se privo d’autorità sovrana deputata ad applicarlo. Non c’è legge né istituzione che possa sterilizzare la storia. Rovesciando Leonard Cohen: “C’è una crepa in ogni cosa / è così che penetra la guerra” [L. Cohen, Anthem, album The Future, 1992 (anno topico); NdA]. Abbiamo voluto vietarci questo pensiero. Abbiamo chiamato guerra l’epidemia di Covid-19, ma non ci consideriamo in guerra con la Russia anche se la sanzioniamo mentre armiamo l’Ucraina. Tabù semantico, figlio della dissonanza cognitiva che impone di non concepire reale ciò che non dev’esser tale. Con notevoli conseguenze operative. Esemplificate nel proliferare su impulso americano di sanzioni europee contro la Russia, inventiva tecnica parabellica di cui paghiamo prezzi almeno altrettanto alti di quelli che imponiamo ai russi – assai modesto il costo per gli Stati Uniti, che anzi fissano nella fine dell’interconnessione energetica russo-tedesca (europea) l’obiettivo di questa fase. La differenza è che noi non disponiamo di alternative in questo scontro. Stabilito che divisioni al fronte non intendiamo inviarne ma che non possiamo restare con le mani in mano, cos’altro resta se non sanzionare, cioè autosanzionarsi all’infinito? Mentre Mosca, varcato sconsideratamente il Rubicone, barcollando dispone di una tastiera tattica che va dall’intimidazione alla Bomba. Limiti strategici e vincoli tattici derivano da deficit di cultura geopolitica. Nelle opinioni pubbliche europee, segnatamente la tedesca e l’italiana, ci si è spinti a credere che la guerra – Guerra Grande, non conflitto locale, regionale o autocontenuto come quello jugoslavo – non esistesse più perché così Europa aveva statuito. Risultato: mancano a noi gli strumenti culturali oltre che tecnici per affrontare le “inutili stragi”, come ogni guerra appare ai moralisti che l’escludono per principio dall’orizzonte. Sembrerebbe esserci del vero nel postulato vecchio d’un secolo del protogeopolitico britannico Halford Mackinder, almeno se riferito ai regimi euroccidentali: “La democrazia rifiuta di pensare strategicamente finché non è costretta a farlo per difendersi” [H. Mackinder, Democratic ideals and reality, London 1919, Constable Publishers, p. 17; NdA]. Peccato l’Unione Europea non sia una democrazia perché non è uno Stato né è supposta diventarlo. Le esauste convenzioni democratiche che persistono in molti dei suoi Stati non sono attrezzate ad affrontare l’emergenza. Le istituzioni europee, che tendono a negare il principio della sovranità popolare e poggiano su uno strutturale deficit democratico – in espansione –, lo sono ancora meno. Anzi, contribuiscono a delegittimare le democrazie nazionali. In formula: più “Europa” uguale meno “democrazia” (le virgolette a marcare la distanza fra la parola e la cosa). “
Lucio Caracciolo, La pace è finita. Così ricomincia la storia in Europa, Feltrinelli (collana Varia), novembre 2022. [Libro elettronico]
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How was it that the communist party never took control over Italy following WWII?
That primarily stems from the 1948 Italian elections, which were influenced by many factors.
The Partito Comunista Italiano (PCI) and the Partito Socialista Italiano (PSI) had melded together to form a singular party, the Fronte Democratico Popolare (FDP). This however, did not lead to the result that the PCI had wished. The PCI had effectively marginalized the PSI out of leadership role, which engendered hostility from moderate socialists, social democrats, and other non-communist voters. Several disenfranchised center-left politicians had established of the Unità Socialista (US) Party, which was an anti-communist social democrat party. Many center and center-left voters simply stayed home or switched their ballot to the US, resulting in a lackluster performance by the FDP.
The Democrazia Cristiana (DC) enjoyed extensive foreign electioneering support by the CIA, who underwrote a lot of DC's politicians' expenses, helping them produce record numbers of posters, pamphlets, and events. The western world had been alarmed with the Czechoslovak coup earlier in 1948, and had feared (probably correctly), that the Soviets would use a successful election by the PCI to set up a new puppet state. The most successful of these operations was a letter-writing campaign, where Italian-Americans were urged to write letters home encouraging their family members to stop the FDP at the ballot box. The success of this campaign encouraged many more CIA influence operations of a similar nature across the globe.
Domestically, the PCI also faced social opposition from the Catholic Church, who opposed communist anti-clericalism and so extensively preached against being a member of the communist party. Catholic church services were a key cornerstone of social activity in 1940's Italy, and being refused church services caused many members of the PCI significant distress (the Church would later issue a decree that would excommunicate Catholics for Communist beliefs in 1949). This amounted into a large social movement that consistently messaged anti-communism and pressured PCI members to switch to other left-wing parties or not volunteer for PCI activities.
The FDP also suffered from a very muddled campaign message, largely ignoring issues of foreign policy such as the Soviet vetoing of Italy's membership into the UN and what the change in alignment would result in regards to the loss of Marshall Plan funding and reconstruction from the west would mean for Italy, instead pursuing a campaign strategy of raising living standards with little concrete ideas of policy-making. The DC hammered the FDP on the coup in Czechoslovakia and that an FDP victory would see violence and suffering in Italy - which wasn't helped by the PCI's refusal to restrain more militant members from committing acts of terror in the Red Triangle.
All in all, this led to an incredibly disastrous performance by the FDP. DC expertly managed coalition building with their Centrismo strategy in the 1940's and 50's to prevent another large coalition opposing them. Later, DC would establish accords with the PSI under Fanfani and the Historic Compromise with the PCI under Moro. This consistently kept most socialist and communist political parties divided but operating within the democratic framework, which itself caused further division with other communist groups like the Brigate Rosse who were expressly anti-democratic; they would later murder Moro. Without significant local support, there was never enough clout within the country to launch a coup, and by 1949, Italy became a founding member of NATO. Launching a direct coup attempt against Italy would have meant World War III. So because of these conditions, communism never was able to take over in Italy.
Thanks for the question, Anon.
SomethingLikeALawyer, Hand of the King
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La resistenza italiana durante la Seconda Guerra Mondiale
La resistenza italiana durante la Seconda Guerra Mondiale è stata un movimento di opposizione al regime fascista e all'occupazione nazista che ha dimostrato coraggio, determinazione e spirito di sacrificio nella lotta per la libertà. In questo articolo, esploreremo la storia della resistenza italiana, le sue organizzazioni e strategie, e l'eredità che ha lasciato nella storia del paese. La resistenza italiana ha avuto inizio nel 1943, quando il regime fascista di Benito Mussolini venne rovesciato e l'Italia si arrese agli Alleati. Tuttavia, con l'occupazione tedesca in gran parte del paese, molti italiani non accettarono passivamente la situazione e si organizzarono per combattere contro le forze di occupazione e le truppe fasciste rimaste fedeli a Mussolini. La resistenza italiana era composta da un'ampia gamma di gruppi e organizzazioni, tra cui partigiani comunisti, socialisti, monarchici e repubblicani. Questi gruppi operavano in diverse regioni del paese e avevano obiettivi diversi, ma tutti condividevano la volontà di liberare l'Italia dal nazifascismo e ripristinare la democrazia. Le attività della resistenza includevano sabotaggi, attacchi alle forze nemiche, azioni di intelligence e attività di propaganda. I partigiani, spesso reclutati tra la popolazione locale, svolgevano operazioni di guerriglia e colpivano le infrastrutture e le comunicazioni nemiche. Queste azioni non solo danneggiavano l'occupante, ma servivano anche a mantenere alta la morale della popolazione e a dimostrare che il regime fascista non aveva il completo controllo sul territorio. La resistenza italiana era un movimento eterogeneo e decentralizzato, con strutture organizzative locali e regionali. Tuttavia, nel 1944, diverse organizzazioni partigiane si unirono per formare il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), che agiva come un governo provvisorio e coordinava le azioni di resistenza su tutto il territorio italiano. Il CLN aveva rappresentanti di diverse fazioni politiche e svolse un ruolo cruciale nel coordinamento delle attività della resistenza e nella preparazione per l'arrivo degli Alleati. La resistenza italiana non fu priva di sfide e repressione. Le forze di occupazione tedesche e i fascisti italiani compirono rappresaglie brutali contro i partigiani e la popolazione civile, con esecuzioni sommarie e deportazioni. Tuttavia, nonostante le difficoltà, la resistenza italiana continuò a lottare con tenacia e determinazione fino alla liberazione finale del paese nel 1945. La resistenza italiana ha lasciato un'impronta indelebile nella storia del paese. Oltre al contributo alla sconfitta del nazifascismo, la resistenza ha giocato un ruolo cruciale nella ricostruzione postbellica e nella nascita della Repubblica Italiana. Molti partigiani sono diventati leader politici di spicco, contribuendo a plasmare il futuro democratico dell'Italia. Oggi, la resistenza italiana è considerata un simbolo di coraggio, patriottismo e difesa dei valori democratici. In tutto il paese, monumenti, musei e celebrazioni annuali commemorano i sacrifici dei partigiani e ricordano l'importanza di difendere la libertà e i diritti umani. Fonti: - ANPI - Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - http://www.anpi.it/ - Enciclopedia Treccani - Resistenza italiana - https://www.treccani.it/enciclopedia/resistenza-italiana_Enciclopedia-Italiana/ - Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea in Toscana - http://www.i-ires.it/ - Rai Storia - La Resistenza italiana - https://www.raistoria.rai.it/articoli/la-resistenza-italiana/27896/default.aspx Read the full article
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E alla fine l'Insorgiamo tour in Germania è andato così.
Lipsia, Halle, Berlino.
Il Climate Strike in Germania, in alcune regioni, vede congiunto lo sciopero del trasporto pubblico locale (sindacato VerDi) e il Climate Strike. Noi partiamo con un pulmino all'una di notte di giovedì. Raggiungiamo Lipsia e lì siamo in corteo con il movimento ambientalista. Ci dicono che la convergenza tra lotte sindacali e ambientali è qualcosa che sta prendendo piede, anche grazie al nostro esempio. A Colonia il Climate Strike è aperto dai picchetti dei lavoratori dei trasporti. Confindustria tedesca è su tutte le furie: accusano i lavoratori di "sciopero politico". La piattaforma dello sciopero chiede il 10% di aumenti salariali. E i lavoratori sanno di essere più forti se lo fanno congiuntamente con il movimento ambientalista.
La sera ad Halle, siamo all'assemblea della campagna Genug ist Genug ("abbastanza è abbastanza", o meglio "quando è troppo, è troppo"). Il termine più ripetuto è "convergenza". Si alternano interventi di delegate e delegati del settore ospedaliero, dei trasporti, insieme ai movimenti sociali come la campagna "io sono povero" e del movimento ambientalista. A 1100 km da casa, ci sentiamo a casa. Ci traducono tutto in simultanea anche grazie all'impegno delle compagne e dei compagni della Fondazione Rosa Luxemburg. Il MovementHub decide di spesarci l'intero viaggio e quindi tutto il raccolto di offerte andrà direttamente a fare un attivo in cassa di resistenza.
Infine a Berlino: assemblea partecipatissima di congiunzione tra la storia della lotta del Collettivo di Fabbrica, il futuro dell'automotive, il climate strike e la lotta di Lutzerath. Domenica pranzo con l'Anpi di Berlino. Si parla inglese, spagnolo, tedesco. Si parla con i nostri immigrati, di quelli che sono morti nel Mediterraneo, delle lotte degli anni '70, dell'Insorgiamo partigiano, del Rojava, di produzione e transizione ecologica, di democrazia operaia.
In Germania è andata così, che non siamo un caso specifico e non ci siamo inventati nulla. Siamo parte di qualcosa che sta accadendo a livello internazionale.
E quel "qualcosa", siamo sicure e sicuri, sosterrà Gkn fino alla fine. #insorgiamo
https://www.instagram.com/p/CpcUDwAqQaG/?igshid=MDJmNzVkMjY=
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Convocazione della I Commissione Consiliare Affari Istituzionali e Partecipazione di Alessandria
Un incontro per discutere regolamenti, decentramento e democrazia partecipativa
Un incontro per discutere regolamenti, decentramento e democrazia partecipativa La Città di Alessandria ha convocato la I Commissione Consiliare Affari Istituzionali e Partecipazione per un’importante seduta che si terrà il 27 novembre 2024 alle ore 11.30. L’incontro avverrà in presenza presso la Sala Consiliare e in modalità di videoconferenza tramite il link fornito dal Comune. Ordine del…
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Le fonti che riguardano queste vicende sono molte, ad esempio, un rapporto della Commissione Simpson del 1930, ci informa che “Gli ebrei hanno pagato prezzi molto alti per la terra e spesso hanno versato somme anche a chi occupava quella terra senza esserne proprietario”. Non solo, l’arrivo dei pionieri sionisti diede un impulso agli affari, le prospettive di trovare un lavoro ben retribuito diede inizio anche alla migrazione araba verso quei luoghi. Una lettera del governatore britannico del Sinai, sempre del 1930 conferma che “la migrazione araba continua non solo dall’Egitto, ma anche dalla Transgiordania e della Siria”. Conclude il governatore: “Difficile dire che gli Arabi vengono spodestati se nel frattempo continuano ad arrivarne altri”.
A partire dagli anni ‘30 il conflitto sociale sobillato da una parte della leadership palestinese cominciò ad aggravarsi, in particolare il clan Husseini e altri a loro fedeli, legarono la loro lotta personale per il mantenimento del potere agli interessi geopolitici del neonato regime nazista tedesco. L’approccio nazista alla “questione ebraica” aveva creato le fondamenta per un’insolta collaborazione, dai carteggi si intuisce come i leader musulmani locali fossero ben consci della situazione internazionale e che, se non vi si fossero opposti con la forza, la nascita dello Stato ebraico avrebbe decretato la fine dei loro privilegi medievali. Il cruccio arabo si poteva sintetizzare in questo modo: gli occidentali se ne sarebbero andati, era solo una questione di tempo. Gli ebrei no, loro arrivavano con l’intenzione di rimanere.
L’effetto sensibile fu un inasprimento considerevole della violenza nei confronti degli ebrei nel territorio mandatario e non solo. Una escalation che culminerà nella guerra di indipendenza ebraica del ‘48 e in cui sionisti riuscirono infine ad avere la meglio contro l’aggressione araba, una vittoria sofferta: oltre alle vittime di guerra, la metà del territorio israeliano venne stabilmente occupato militarmente da Giordania ed Egitto.
Nella Palestina occupata dagli Stati arabi si rifugiò la grande maggioranza degli sfollati palestinesi profughi di guerra, occorre ricordare però che le espulsioni effettuate dagli israeliani furono dettate da necessità tattiche e militari e non da scelte di stampo politico promananti dal governo provvisorio. L’evidenza di questo fatto è che, alla fine delle ostilità, circa un quinto della popolazione residente sul territorio controllato dal neonato Stato israeliano era di origine araba.
Ad oggi il loro numero è salito a circa due milioni persone che sono a tutti gli effetti cittadini israeliani tranne per questa piccola differenza: la leva militare non è obbligatoria, per evitare loro di trovarsi nella spiacevole situazione di essere obbligati a combattere contro membri della propria famiglia. Mi vengono alla mente le parole di un arabo israeliano il quale, rispondendo ad una domanda di Gil-Shuster sul presunto apartheid israeliano, affermava: “Siamo liberi di fare quello che vogliamo in questo Paese, chi vuole veramente avere successo, può ottenerlo. Gli altri preferiscono lamentarsi del governo o del Paese”.
Ultimo punto sollevato da Sofri: l’occupazione della Cisgiordania comprime i diritti della popolazione locale delegittimando la pretesa israeliana di essere considerato uno Stato democratico.
Non è così, alla fine della “Guerra dei sei giorni” nel 1967, Israele ottenne nuovamente il controllo della Giudea e della Samaria e questo fatto riaprì anche la questione dello status civile dei palestinesi residenti nei “territori occupati”.
Il punto di svolta si ebbe con gli Accordi di Oslo, siglati da Israele e ANP poco dopo il trattato di Pace con la Giordania in cui vennero rinegoziati i confini con Israele (sostanzialmente le stesse frontiere stabilite dal Mandato). Le due parti si impegnarono a risolvere la controversia attraverso dei negoziati mentre alla Cisgiordania veniva attribuito uno status speciale come soluzione temporanea da applicare durante lo svolgimento delle trattative.
In questo senso possiamo affermare che – a dispetto di quanto invece osservato da Sofri sulla dittatura militare nella West Bank – l’imprinting sionista in tema di cittadinanza caratterizzò anche il periodo che va dal ‘67 al ‘94 e questa caratteristica si può rinvenire nell’aumento della scolarizzazione, nella diminuzione drastica della mortalità infantile, nell’adeguamento dell’aspettativa di vita agli standard occidentali Sono elementi che andrebbero sempre tenuti a mente quando si discute di quelle vicende.
Insomma, non è affatto vero che la disparità di trattamento rende Israele uno Stato meno democratico, semmai il contrario: la disparità di trattamento ha la sua origine nel riconoscimento, da parte israeliana, del diritto dei palestinesi ad autodeterminarsi tramite istituzioni proprie.
Una condotta, quella sionista, incomprensibile se letta attraverso le lenti distorte della propaganda moderna. Quella che vorrebbe cancellare la storia per trasformare Israele in uno Stato usurpatore e colonialista agli occhi della pubblica opinione.
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Nasce una Nuova Realtà: L’Associazione Culturale “Oltre l’Arcobaleno”
L’associazione culturale “Oltre l’Arcobaleno” è nata dalla convinzione che il lavoro non sia solo un mezzo di sussistenza, ma anche un pilastro fondamentale per la realizzazione della persona. Questo concetto è particolarmente significativo all’interno della Cooperativa Sociale Arcobaleno, dove il lavoro è visto come un valore essenziale, capace di dare dignità e senso di appartenenza. È con questa filosofia che Marco Ponzo, Vicepresidente della cooperativa, ha spiegato le motivazioni alla base della nascita dell’associazione: “Abbiamo sempre creduto che il lavoro rappresentasse uno dei valori principali e una delle condizioni essenziali per la realizzazione della persona. Nel caso specifico della Cooperativa, questo concetto assume un valore di inestimabile importanza ed è la consapevolezza di questo che ci ha spinti ad andare oltre e allargare gli orizzonti verso nuove iniziative che consentissero un coinvolgimento dei soci lavoratori della Cooperativa anche fuori dall’ambito lavorativo.”
La missione dell’associazione culturale “Oltre l’Arcobaleno” è quella di creare momenti di aggregazione al di fuori dell’ambiente di lavoro, organizzando una varietà di attività che spaziano dalle gite alle visite guidate, dagli eventi sportivi a quelli ludici e culturali. L’associazione si rivolge in particolare ai soci della Cooperativa Sociale Arcobaleno Mondovì Onlus, ma le sue iniziative sono aperte anche a tutti coloro che desiderano partecipare e contribuire alla vita della comunità.
Uno degli aspetti più importanti di questa nuova associazione culturale è il suo impegno nel promuovere l’uguaglianza e il rispetto dei diritti inviolabili della persona. “Oltre l’Arcobaleno” opera senza fini di lucro e si impegna a non discriminare in base a nazionalità, orientamenti politici o religiosi. Le attività dell’associazione sono ispirate a principi di pari opportunità tra uomini e donne, riconoscendo l’importanza di un ambiente inclusivo e rispettoso delle diversità.
La durata dell’associazione culturale è illimitata, il che riflette l’ambizione di creare una comunità sostenibile e duratura. Tra le principali attività che l’associazione intende promuovere vi è l’organizzazione di manifestazioni, congressi, conferenze e altri eventi pubblici, tutti volti a favorire il dialogo e l’interazione tra i membri della comunità. Inoltre, “Oltre l’Arcobaleno” si propone di sostenere iniziative in collaborazione con altri enti, istituzioni, comuni, province e regioni, al fine di rafforzare la rete di solidarietà e collaborazione a livello locale e oltre.
Un altro obiettivo fondamentale dell’associazione culturale “Oltre l’Arcobaleno” è quello di promuovere lo sviluppo culturale e civile, oltre a favorire una sempre più ampia diffusione della democrazia e della solidarietà nei rapporti umani. Questo si traduce in un impegno costante a creare spazi e occasioni per la crescita personale e collettiva, attraverso l’incontro, il confronto e la condivisione di esperienze.
La nascita dell’associazione culturale “Oltre l’Arcobaleno” rappresenta un passo significativo nel percorso di crescita e sviluppo della Cooperativa Sociale Arcobaleno Mondovì Onlus. Questa nuova realtà offre una piattaforma per rafforzare il senso di comunità e per ampliare le opportunità di partecipazione e coinvolgimento dei soci, ma anche di tutti coloro che condividono i valori di uguaglianza, solidarietà e rispetto dei diritti umani.
In conclusione, l’associazione culturale “Oltre l’Arcobaleno” si presenta come una nuova entità che, partendo dalle solide radici della Cooperativa Sociale Arcobaleno Mondovì Onlus, si propone di andare oltre, promuovendo iniziative che rafforzano lo spirito di cooperazione e la coesione sociale. Con un approccio inclusivo e aperto, l’associazione si pone l’obiettivo di contribuire in modo significativo alla crescita culturale e sociale del territorio, creando nuove opportunità di incontro, dialogo e collaborazione.
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Adriana Colombo con Più Solbiate
Sono Adriana Colombo, nata nel 1957, ho sempre abitato a Solbiate Olona, coniugata, con un figlio sposato e una nipotina che è tutta la mia gioia e sprone ad impegnarmi per il futuro.
Mi sono diplomata all’Istituto Tecnico Commerciale di Busto Arsizio e ho lavorato in ambito amministrativo, contabile e nell’amministrazione del personale.
Da qualche anno sono in pensione e da allora sono impegnata come volontaria in un sindacato dei pensionati, dove mi occupo di accoglienza, di servizi socio-assistenziali e previdenziali.
Ritengo indispensabile l’attenzione alle persone più deboli delle nostre comunità, che possono essere seguite attraverso lo Sportello sociale che, grazie alla sensibilità e all'impegno di questa Amministrazione comunale, è stato possibile aprire anche a Solbiate Olona, per essere sempre più vicini alle necessità e alle fragilità dei nostri concittadini.
Poichè ho a cuore i valori di libertà e democrazia, solidarietà e giustizia, sono tesserata da anni alla locale sezione ANPI, di cui sono Revisore dei conti. Per un quinquennio sono stata membro della Commissione di garanti provinciale della stessa Associazione.
Da tempo seguo con interesse la vita politico-amministrativa del nostro comune e sono orgogliosa di fare parte del gruppo di Più Solbiate dalla sua nascita.
Mi candido perchè voglio dare il mio contributo per il bene del nostro paese.
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La polizia di stato di Venezia ricorda il Vice Questore Aggiunto Alfredo Albanese nel 44° anniversario dalla scomparsa
La polizia di stato di Venezia ricorda il Vice Questore Aggiunto Alfredo Albanese nel 44° anniversario dalla scomparsa Nella mattinata di giovedì 16 maggio, la Polizia di Stato ha ricordato il Vice Questore Aggiunto Alfredo Albanese, barbaramente ucciso dalle Brigate Rosse la mattina del 12 maggio 1980 a Mestre. Alle ore 08.30, alla presenza Prefetto di Venezia, Darco Pellos, del Questore di Venezia, Gaetano Bonaccorso, della vedova Albanese e delle Autorità civili e militari della Provincia di Venezia, si è tenuta presso la Caserma intitolata al funzionario ucciso, sede della Questura di Venezia, la cerimonia commemorativa con la deposizione di una corona d'alloro a nome del Capo della Polizia alla lapide posta nel corridoio dell'Ufficio di Gabinetto della Questura, che ne ricorda il tragico eccidio. Hanno presenziato alla cerimonia Dirigenti, Funzionari, personale della Polizia di Stato e dell'Amministrazione Civile dell'Interno. A seguire presso gli Impianti Sportivi Comunali di via Castellana a Zelarino, come già accaduto nelle precedenti edizioni della manifestazione, si è disputata la finale della 41^ edizione del Torneo di Calcio a lui dedicato, nella quale si sono affrontate le squadre Questura di Venezia contro ACTV Venezia, vincitrici del rispettivo girone eliminatorio. Nella circostanza sono stati allestiti alcuni stand dimostrativi e informativi sulle attività della Polizia di Stato rivolti alla cittadinanza, a cura della Polizia di Stato oltre che dell'Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, della Polizia Penitenziaria e della Polizia Locale di Venezia. Con lo scopo di mantenere viva la memoria storica nelle nuove generazioni, inoltre, hanno aderito e partecipato all'evento alcune classi dell'Istituto Comprensivo "G. Galilei" di Scorzè e della Scuola Secondaria di Primo Grado "A Manuzio" di Mestre le quali, insieme alle loro insegnanti, hanno anche avuto la possibilità di toccare con mano l'attività dei poliziotti, attraverso alcune dimostrazioni con l'aiuto degli artificieri ed approfondimenti forniti da personale specializzato presso gli stand dedicati. A conclusione della cerimonia il Questore di Venezia, Gaetano Bonaccorso, manifestando la sua vicinanza e quella di tutta la Polizia di Stato, ha voluto rivolgere un pensiero affettuoso alla vedova del compianto collega, ricordandone l'impegno e l'alto senso del dovere profuso fino al sacrificio estremo, ricordando ai giovani presenti l'importanza di mantenere viva la memoria affinché permangano nelle nuove generazioni i valori della democrazia e della legalità. A seguire, inoltre, vi sono stati gli interventi dell'Assessore alla Sicurezza del Comune di Venezia, Elisabetta Pesce, del Signor Prefetto di Venezia, Darco Pellos e del Presidente dell'Associazione Fervicredo e Medaglia d'Oro di vittima del terrorismo, Mirko Schio, oltre ai sentiti ricordi della vedova Albanese, Sig.ra Teresa Friggione, ed una testimonianza del giornalista TgR RAI Veneto Davide Calimani. Infine sono seguite le premiazioni delle squadre partecipanti e della squadra ACTV Venezia vincitrice del Torneo di Calcio. Inoltre, analoga cerimonia si è svolta a Jesolo (VE), alle ore 09.30, presso il cippo commemorativo posto sull'area di fronte alla scuola media "G. D'Annunzio" in Via Nausicaa a Jesolo Lido, con la partecipazione del Sindaco, delle Autorità locali e del Dirigente del Commissariato di Pubblica Sicurezza. Nato a Trani (BA) il 09 gennaio 1947, dopo la laurea in giurisprudenza il Vice Questore Aggiunto Albanese, entrò nell'Amministrazione della Pubblica Sicurezza nel 1975. Nell'aprile dello stesso anno prese servizio presso la Questura di Venezia, dove gli venne assegnata la dirigenza del Terzo Distretto di Polizia di Mestre. Nel 1979 venne trasferito alla DIGOS della Questura veneziana a capo della Sezione antiterrorismo. Fra le numerose indagini legate all'eversione, fu particolarmente impegnato nella ricerca degli autori dell'omicidio del Dottor Sergio Gori, Vicepresidente della Montedison di Marghera, avvenuto per mano terroristica il 29 gennaio 1980. Il 12 maggio 1980 subito dopo essere uscito di casa, in centro a Mestre, fu assassinato da un gruppo di terroristi delle Brigate Rosse. Morì durante il trasporto all'Ospedale Civile di Mestre "Umberto I" lasciando la moglie Teresa in attesa del loro primo figlio. L'omicidio del Dottor Albanese fu rivendicato dalle Brigate Rosse con una telefonata anonima e successivamente con un volantino fatto pervenire in un cestino di rifiuti nel centro storico veneziano. Gli autori dell'efferato assassinio del Dottor Albanese furono successivamente individuati ed arrestati a termine di indagini che portarono alla scoperta dei loro covi nei Comuni di Jesolo e di Udine. Medaglia d'oro al Valor Civile alla memoria. ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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