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Sciatu
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(Sciatu = siciliano, s.m. fiato, respiro; i.e. sciatu mei: il mio respiro, la mia vita)
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sciatu · 2 days ago
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Spritz 04
Quando le parole del cuore non sanno nascere allora si incomincia a morire. Quando un semplice “grazie” s’incaglia sulle labbra prima di diventare suono, quando un “buongiorno” appassisce nel lampo di uno sguardo, una carezza, un complimento diventano debolezze inconcepibili, quando l’ultimo sincero “ti amo” è nato e morto anni fa allora il cuore perde il suo senso. Restiamo imprigionati nell’aridità di parole abusate nella paura del loro senso, tra il non saper dire e la debolezza del dire troppo, rinchiudiamo l’anima nelle gabbie dell’esitare, tra sfiducia e indifferenza. Così l’anima appassisce nei verbi al passato “avrei voluto… dovevo dire… avrei dovuto … forse era meglio …” mentre il tempo, nostro giudice, ci osserva indifferente lasciandoci seppellire nel deserto dei nostri silenzi. Ci presenterà il conto in un giorno qualsiasi provando che siamo nati senza saper poi vivere.
When the words of the heart fail to emerge, then we begin to die. When a simple "thank you" gets stuck on the lips before it becomes a sound, when a "good morning" fades in the flash of a glance, a caress, a compliment become inconceivable weaknesses, when the last sincere "I love you" was born and died years ago, then the heart loses its meaning. We remain imprisoned in the aridity of overused words, fearful of their meaning, caught between not knowing how to say something and the weakness of saying too much; we lock our souls in cages of hesitation, between mistrust and indifference. So the soul withers in past tense verbs, "I wanted to… I should have said… I should have… maybe it would have been better…" while time, our judge, watches us indifferently, leaving us to be buried in the desert of our silences. It will present us with the bill one day, proving that we were born without knowing how to live.
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sciatu · 5 days ago
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IL SORRISO DELL'ESTATE
Il sorriso dell’estate è nei prodotti che la terra ci dona in questa stagione. È un sorriso colorato, ora con i rossi più o meno accesi dei pomodori o delle pesche o delle susine, oppure nei gialli più o meno dorati dei meloni, delle piccole pesche, dei limoni. Colori che continuamente si rinnovano passando dalle melanzane viola chiaro o viola scuro fino al verde denso e intenso delle zucchine o dei pomodori acerbi, quello striato delle angurie e quelli delicati ed intensi del sedano o del prezzemolo. Girare nei mercati siciliani in questa stagione, diventa come ascoltare un’orchestra di colori, dove ogni colore ha un suono alto o basso, a seconda della sua intensità. Per questo, girando per le bancarelle, si prova la felicità dei bambini, quando scoprono cose nuove e stupiti le osservano per capirne il carattere, l’essenza. In noi però l’osservare quasi gustare, provare nella gioia di un arancione o di un rosso, il succoso piacere di una pesca tabacchiera a pasta gialla, o il liquido piacere di una fetta di anguria che scioglie in bocca. Per questo l’intensità e la varietà di quanto i mercati espongono, ci travolge e ci emoziona dato che siamo di fronte ad un palcoscenico di forme, colori, profumi, ricordi di sapori dove l’estate rappresenta con gioia e abbondanza, il suo cuore più dolce.
The smile of summer is in the produce the earth bestows upon us this season. It's a colorful smile, sometimes with the more or less vibrant reds of tomatoes, peaches, and plums, sometimes with the more or less golden yellows of melons, small peaches, and lemons. Colors that continually renew themselves, from the light or dark purple of eggplants to the dense, intense green of zucchini or unripe tomatoes, the streaked green of watermelons, and the delicate, intense green of celery or parsley. Wandering through Sicilian markets this season is like listening to an orchestra of colors, where each color has a high or low tone, depending on its intensity. This is why, wandering through the stalls, you experience the joy of children, discovering new things and observing them with amazement to understand their character, their essence. But we observe, almost savor, experience the joy of an orange or a red, the juicy pleasure of a yellow-fleshed peach, or the liquid pleasure of a slice of watermelon that melts in the mouth. This is why the intensity and variety of what the markets display overwhelms and excites us, as we stand before a stage of shapes, colors, scents, memories of flavors where summer joyfully and abundantly presents its sweetest heart.
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sciatu · 8 days ago
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SCAMPOI (ha smesso di piovere)
È tornato il sole, un sole sereno che colora il cielo e mare con i loro colori usuali, intenso blu e dominante azzurro. Le nuvole tornano candide e si sciolgono sullo stretto immergendosi nell’azzurro che le circonda. Gli alberi tornano a farsi cullare da un vento gentile, ancora freddo per la pioggia di ieri, ma tenero ed educato che ti invita a perderti nel verde, tornando per un attimo bambino. È tornato il sole, un gallo canta felice lontano nella valle, le cicale fanno da sottofondo all’affanno dei piccoli pullman che si inerpicano verso i paesi dell’interno. Gli ulivi si nutrono di sole come ieri si nutrivano d’acqua, i limoni e i mandarini si stendono nel vento mostrando al cielo la scorza verde scuro dei loro frutti. È tornato il sole, brilla intenso nascondendosi a tratti dietro a qualche nuvola e quindi ritorna immenso, luminoso, fraterno perché una tempesta non è mai per sempre.
The sun has returned, a serene sun that colors the sky and sea with their usual hues, intense blue and predominantly azure. The clouds are white again and melt over the Strait, plunging into the surrounding azure. The trees are lulled by a gentle wind, still cold from yesterday's rain, but tender and gentle, inviting you to lose yourself in the greenery, feeling like a child again for a moment. The sun has returned, a rooster crows happily far away in the valley, the cicadas provide background music to the panting of the small buses climbing toward the inland villages. The olive trees feed on the sun as they did on water yesterday, the lemons and mandarins stretch out in the wind, showing the dark green peel of their fruit to the sky. The sun has returned, shining brightly, occasionally hiding behind a few clouds, and then returning immense, luminous, brotherly, because a storm never lasts forever.
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sciatu · 10 days ago
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GHIOVI
Quannu cà ghiovi cielu e mari s’abbrazzanu e su na sula cosa; nu grigiu chi va a cummigghiari i munti i casi unni si posa. Sulu u ventu si senti, raggiatu chi scinni gridannu munti bagnatu.
L’aceddi su nte ciacchi mucciati l’abbiri dunnulianu sabbaggi comi i matri chi figghi mazzati u mari pari senz’unni e raggi, senti sulu ventu chi curri tunnu quasi mustrannu a finu du munnu.
Nta du griggiu ghiummu mucciatu u suli brilla e vadda curiusu sapi chi u so rispiru nfucatu giriravi fotti e presuntusu patruni i terra cielu e mari cu so etennu, infinitu bruciari
Sentu u ventu ca, contru i mia sentu l’acqua ca battiri gilata ca restu, vaddannu sta mavaria sta natura patruna raggiata putenti, cu na fozza infinita chi a tuttu dugna e ruba vita
Quando qui piove, cielo e mare si abbracciano e sono una sola cosa; un grigio che va a coprire i monti, le case dove si posa. Si sente solo il vento, arrabbiato che scende gridando dal monte bagnato. Gli uccelli sono nascosti nelle fessure dei monti, gli alberi dondolano selvaggi, come madri a cui hanno ucciso i figli, il mare sembra senza onde e rabbie, senti solo il vento che corre in cerchio quasi mostrando com’è la fine del mondo. In quel grigio piombo nascosto, il sole brilla e guarda curioso, sa che il suo respiro infuocato, tornerà forte e presuntuoso, padrone della terra, cielo e mare, con il suo eterno, infinito bruciare. Sento il vento qui contro di me, sento l’acqua battere gelata, resto qui, guardando questa magia, questa natura padrona e arrabbiata, potente, con una forza infinita che a tutto dona e ruba la vita.
When it rains here, the sky and sea embrace and are one; a grayness that covers the mountains, the houses where it settles. All you can hear is the wind, an angry one that comes screaming down from the wet mountain. The birds are hidden in the cracks of the mountains, the trees sway wildly, like mothers whose children have been killed, the sea seems free of waves and anger, you only hear the wind rushing in circles, almost revealing what the end of the world feels like. In that hidden leaden gray, the sun shines and gazes curiously, knowing that its fiery breath will return, strong and presumptuous, master of the earth, sky, and sea, with its eternal, infinite burning. I feel the wind here against me, I feel the water beating icy, I stay here, gazing at this magic, this nature, master and angry, powerful, with an infinite force that gives and steals life from everything.
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sciatu · 11 days ago
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U CARUSITTU
Il bambino, molto piccolo, dai capelli e gli occhi neri e il visino tondo di chi era cullato, amato e nutrito da una schiera di nonne e zie, entrò tenendo la mano destra alzata e stretta in un piccolo pugno da cui usciva il bordo di una banconota da cinque Euro. Si avvicino al lungo bancone dove nelle decine di pozzetti dormivano in un gelo ristoratore granite e gelati. Il bambino si avvicinò e aggrappandosi al bancone più alto di lui, con la mano sinistra, protese ancor di più il braccio destro con la banconota e con una vocina sottile disse ad alta voce “Un gelato pi … favuri” Il signor Biagio, che dominava il lungo bancone con la sua stazza che non aveva nulla da invidiare a quella del pilone di una squadra di rugby, e che era il geloso custode del tesoro che dormiva nei pozzetti del congelatore, si chinò leggermente per vedere a chi appartenesse la piccola mano e incontrati gli occhi du carusittu chiese sorridendo “Bongionnu, chi gustu voi?” “Bonu u vogghio bonu” Rispose il bambino con la sua vocina ben istruito da chi gli aveva dato i soldini “Ca su tutti boni e tu comu u voi? C’è Baciu, Gianduja, Nocciola, Stracciatella…” “Un gelato pi favuri” “Si ma comu u voi? Chi gustu voi? Pistacchiu, Fior di latti, Vaniglia, Cioccolato, Cioccolato di Modica? Cioccolatto Jancu?” “Ranni, u vogghiu ranni” “Capii, carusittu ma chi gustu ? – e alzando gli occhi si guardò intorno e chiese con disappunto – ma stu carusu chi jè offanu? Non n’avi patri e matri?” Intorno, i pochi avventori presenti di fronte al bancone giravano anche loro le teste, curiosi di conoscere i genitori del bambino. “Cioccolatto, u voggliu cioccolattu” “Ah bene – fece soddisfatto il signor Biagio che stava incominciando a preoccuparsi - e quale gusto?, Bianco? Di Modica?” Il bambino lo guardò con la boccuccia aperta cercando di capire “Cioccolattu” Ripeté alla fine dopo un lungo sospiro, spaesato e con gli occhi che stavano mostrando la paura che lo incominciava ad assalire. Il signor Biagio lo guardò. Pensò ai suoi tredici nipotini di cui quattro si chiamavano Biagio come a lui. “Ecco subito signore” fece improvvisamente prendendo un enorme cono e incominciando a riempirlo di gelato al cioccolato, al cioccolato Bianco al cioccolato di Modica e aggiungendo, tanto per non sbagliare, un po' di Crema, di Stracciatella e concludendo con una spruzzata di panna sulla cima. Girò intorno al bancone e prese il denaro che il bambino, sorpreso dalla sua uscita, gli offriva con la mano tesa spaventato che volesse fargli del male. “Veni cà, afferalo cu tutti i du mani” Gli fece il signor Biagio facendoglielo stringere con entrambe le manine come se fosse il Santo Gral da ostentare verso il cielo. “Accà c’è u restu” Fece rimettendogli in tasca il denaro che gli aveva dato. Il bambino guardava stupito e goloso la montagna di gelato che aveva tra le mani e si avviò verso la porta tenendo fermo il grande cono e fissandolo come se fosse il regalo più bello che avesse mai avuto. Sulla porta si voltò e disse con una voce resa esile dall’acquolina “Grazie” Poi si voltò e affondò la lingua nel cono mentre il gelato si scioglieva colandogli tra le mani e sulla maglietta. Lui però non se ne accorgeva intento a leccare tutti quei gusti dolcissimi ed impegnatissimo a sentirsi felice.
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sciatu · 13 days ago
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Partiamo, andiamo, scivoliamo sul mare ingrigito dall’afa, via lungo questi pochi chilometri di mare, sotto un cielo divorato dallo Scirocco, con nuvole grigie o nere, dense di acqua e di caldo. Via, via lungo le correnti isteriche, tra spruzzi di schiuma e odore salmastro, con l’umido che fa attaccare la maglietta alla pelle, in una sensazione viscosa e asfissiante. Via, andiamo, metro dopo metro, onda dopo onda nel porto ingrigito dalle nuvole basse, ed i colori spenti ed anonimi di quando il sole dorme. Il caldo rende l’aria inquietante, la gonfia e la rende appiccicaticcia come l’alito di un drago invisibile, l’inizio di una fiaba pericolosa. Il porto ci corre incontro, s’allarga, si distende, ci abbraccia e circonda. Il traghetto felice suona il suo corno da paladino, è tornato nel grembo di sua madre, e noi con lui.
Let's go, let's go, let's glide across the sea grayed by the heat, along these few kilometers of sea, under a sky devoured by the Sirocco, with gray or black clouds, thick with water and heat. Go, go along the hysterical currents, between spray and salty smell, with the humidity that makes your shirt stick to your skin, in a viscous and suffocating sensation. Go, let's go, meter after meter, wave after wave in the harbor grayed by low clouds, and the dull, anonymous colors of when the sun sleeps. The heat makes the air unsettling, swelling it and making it sticky like the breath of an invisible dragon, the beginning of a dangerous fairy tale. The harbor rushes toward us, widens, stretches, embraces and surrounds us. The happy ferry sounds its paladin's horn, it has returned to its mother's womb, and we with it.
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sciatu · 22 days ago
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Spritz 03
Forse per caso o per bisogno al buio della mia anima doni improvvisi lampi di luce luminosi versi inattesi che attraversano il giorno rivelano il peso degli istanti il valore di un tuo sorriso l’incanto di un tuo sguardo. Diamanti preziosi che non cerco ma che trovo per istinto per quella devianza poetica che è la mia lebbra inguaribile per cui sono solo nella folla isola verde nel mare grigio. La loro luce mi acceca ed io resto crocifisso nel verso appena nato nel canto di quell’istante. Quando la magica luce muore, la tua bellezza ritorna invincibile diventi ancora il mio respiro mentre il tempo scorre nel tuo. Torni ad essere nuovamente la mia ancora, le mie ali certezza e fantasia e la realtà rinasce nella luce dei versi da te nati e donati
Perhaps by chance or necessity, in the darkness of my soul, you bestow sudden flashes of light, luminous, unexpected verses that pierce the day, revealing the weight of moments, the value of your smile, the enchantment of your gaze. Precious diamonds that I don't seek, but find by instinct, through that poetic deviance that is my incurable leprosy, which makes me alone in the crowd, a green island in the gray sea. Their light blinds me, and I remain crucified, in the newly born verse, in the song of that moment. When the magical light dies, your beauty returns invincible, you become my breath again, while time flows in yours. You become my anchor, my wings, certainty and fantasy, and reality is reborn, in the light of the verses, born and given by you.
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sciatu · 25 days ago
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Gibellina Vecchia - Il Cretto
Devi andare a vedere il Cretto di Gibellina per conoscere il dolore distribuito, quello che raccoglie tutto un paese, un popolo. Devi andare al Cretto per capire cosa è il perdere tutto in un secondo. Tutto: la casa, la famiglia, i tuoi domani, il tuo passato. Il Cretto, è dolore puro cristallizzato nell’assenza di un intero paese, di cui il Cretto è il fantasma, la memoria, l’assenza. È la consapevolezza della nostra fragilità, è la prova della nostro essere nulla di fronte alla natura, è l’importanza del ricordo, del trattenere il dolore affinché non si disperda nel quotidiano e ci faccia accettare la responsabilità di essere dei sopravvissuti. Il biancore del Cretto è l’assenza della vita, un dolore che gli uccelli stessi vedono dal cielo ed evitano per non esserne parte. È l’urlo di una notte, un tremore lungo quanto un addio, un respiro che ha cancellato tutto e tutti fermando il tempo e spegnendo mille vite come con un soffio si spegne la fiamma di una candela. Come nel Cretto, anche il silenzio è un biancore mortale, un senso acido come il dolore, amaro come i ricordi. Questi ricordi che senti tra le vie del Cretto, vuote, asettiche, indifferenti, estranee, non amiche, ne poetiche a dire di quanto non c’è più: le case, negozi, botteghe, cantine con le botti piene di vino nuovo, forni dal profumo di pane appena nato. Torna in noi la desolazione che nasce dalla morte, quella per cui nulla torna a fiorire, nessuna canzone vola e nessun verso rinasce. Ma per questo il Cretto esiste. E’ una lapide senza fine, senza nomi e date, per ricordare le donne, gli uomini, i bambini, gli animali, i ricordi, i sorrisi, le feste, gli sguardi, gli amori, le speranze che non ci sono più. Perché il Cretto deve darti la gelida immensità del dolore, la tagliente illusione del pianto, deve mostrarti la memoria che sanguina lacrime pure come il candore del Cretto stesso, perché tutto torni come speranza per ridare forza alla vita e alla pace che ne è madre.
You must go see the Cretto di Gibellina to understand the distributed pain, the pain that encompasses an entire town, a people. You must go to the Cretto to understand what it means to lose everything in a second. Everything: your home, your family, your futures, your past. The Cretto is pure pain crystallized in the absence of an entire town, of which the Cretto is the ghost, the memory, the absence. It is the awareness of our fragility, it is proof of our nothingness in the face of nature, it is the importance of memory, of holding onto pain so that it doesn't dissipate in everyday life and makes us accept the responsibility of being survivors. The whiteness of the Cretto is the absence of life, a pain that even birds see from the sky and avoid so as not to be part of it. It is the scream of a night, a tremor as long as a farewell, a breath that erased everything and everyone, stopping time and extinguishing a thousand lives like a breath that extinguishes a candle flame. As in the Cretto, the silence is also a deadly whiteness, a sense as acidic as pain, as bitter as memories. These memories you feel among the streets of the Cretto, empty, aseptic, indifferent, alien, unfriendly, not poetic in speaking of what is no longer there: the houses, shops, stores, cellars with barrels full of new wine, ovens smelling of freshly baked bread. The desolation born of death returns to us, the desolation where nothing blooms again, no song soars, and no verse is reborn. But this is why the Cretto exists. It is an endless tombstone, without names or dates, to remember the women, the men, the children, the animals, the memories, the smiles, the celebrations, the glances, the loves, the hopes that are no longer there. Because the Cretto must give you the icy immensity of pain, the sharp illusion of crying, it must show you the memory that bleeds tears as pure as the candor of the Cretto itself, so that everything returns as hope to restore strength to life and to the peace that is its mother.
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sciatu · 29 days ago
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GRANITA
Si l’afa ti studdi e ti stramma a peddi è sudata e middusa a rua è nu funnu e nta so camma l’aria è pisanti e cupusa d’acqua tinni mivirivi na samma puru da chiù lodda e chiù fitusa allura, nun c’è chiù nenti da fari na bedda granita t’ha pigghiari
A granita, frisca liggera, duci leva a siti, e sazia a vita ti leva ogni duluri e cruci dugna paci, gioia ‘nfinita ogni tagghiu sana e ricuci picchi nenti è comu na granita quannu u sciroccu veni e bampa e du su focu, nuddu u scampa
Se l’afa ti stordisce e ti instupidisce, la pelle è sudata e appiccicaticcia, la strada è un forno e nella sua calma, l’aria è pesante e non ti fa respirare, e d’acqua te ne berresti una salma (100 barili), pure di quella più sporca e puzzolenti, allora, non c’è più niente da fare: ti devi prendere una bella granita. La granita è fresca, leggera, dolce, leva la sete e sazia la vita, ti leva ogni dolore e croce, dona pace, gioia infinita, ogni taglio risana e ricuce, perché niente è come la granita quando lo Scirocco viene e brucia e quel suo fuoco nessuno può evitarlo
If the heat makes you dizzy and stupid, your skin is sweaty and sticky, the street is an oven and in its calm, the air is heavy and hard to breathe, and you could drink a hundred barrels of water, even the dirtiest and smelliest, then there's nothing left to do: you have to get a nice granita. Granita is fresh, light, sweet, it quenches your thirst and satisfies your life, it takes away every pain and cross, it gives you peace, infinite joy, every cut heals and mends, because nothing is like granita when the Sirocco comes and burns and no one can avoid its fire.
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sciatu · 1 month ago
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L'OPERA DEI PUPI
Carusi e cristiani ca davanti,
nui Pupi stamu pi ricitari
fatti di re, principi, e amanti
guerri unni n’annamu a scannari
stori di tradituri eroi e santi
di principessi cu biddizzi rari
suddati chi pa fedi cummatteru
e pi comi vosi Diu, vinceru
Viniti ca i frunti e scutati
comi Ruggeru gran saracinu
cristianu si fici pi pietati
u so cori d’ amuri era chinu
pi Bradamanti dall’occhi nfucati
dopu chi cu Rinaldo duelloi
a so bedda pi sempri pigghioi
Viniti scutati a nfamità
chi Ganu di Magonza cumminoi
cavaleri senza na dignità
fu giluso e Ruggeru drugoi
u scannò senza nudda pietà
Sintiti du munnu u gran duluri
quannu ca vita piddiu l’amuri.
Viniti, curriti ca tutti quanti
nui pupi, semu fili e cattuni
ma quannu ricitamu cà davanti
divintamu i vostri passiuni
semu ora diavuli o santi
a secunnu i da gran liziuni
chi vi vulemu far cunsidirari
pi nzignavvi com’ Essiri e Campari
Ragazzi e persone tutte che siete qui davanti, noi Pupi stiamo per recitare storie di re, principi e amanti, guerre dove andiamo ad ucciderci, storie di traditori, eroi e santi, di principesse con rare bellezze, di soldati che per la fede hanno combattuto e per come Dio ha voluto, hanno vinto
Venite qui di fronte e ascoltate come Ruggero, gran saraceno, si è fatto cristiano per pietà, il suo cuore era pieno d’amore per Bradamante dagli occhi infuocati e dopo che con Rinaldo ha duellato, la sua bella per sempre si è preso.
Venite, ascoltate l’infamità che ha combinato Gano di Magonza, cavaliere senza una dignità che geloso di Ruggero, lo ha drogato e lo ha sgozzato senza pietà. Sentiti li gran dolore del mondo quando con la vita ha perso l’amore.
Venite, correte qui tutti quanti, noi Pupi siamo fil di ferro e cartone, ma quando recitiamo qui davanti, diventiamo le vostre passioni, siamo ora diavoli, ora santi a secondo della gran lezione che vi vogliamo far considerare, per insegnarvi come Essere e come Vivere.
Boys and all the people who are here in front, we Pupi are about to recite stories of kings, princes and lovers, wars where we go to kill each other, stories of traitors, heroes and saints, of princesses with rare beauties, of soldiers who fought for their faith and, as God wanted, won
Come here in front and listen to how Ruggero, a great Saracen, became a Christian out of pity, his heart was full of love for Bradamante with fiery eyes and after he duelled with Rinaldo, he took his beauty forever.
Come, listen to the infamy that Gano di Magonza, a knight without dignity, who, jealous of Ruggero, drugged him and slaughtered him without mercy, did. Feel the great pain of the world when he lost love with his life.
Come, run here all of you, we Pupi are wire and cardboard, but when we act here in front of you, we become your passions, we are now devils, now saints according to the great lesson that we want you to consider, to teach you how to Be and how to Live.
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sciatu · 1 month ago
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Ecco, l’aria si scalda ed il sole domina cielo e mare, si riflette in mille scintille tra le gocce cristalline dell’acqua e l’attraversa, rivelando i suoi abissi più prossimi. È un giorno qualsiasi di inizio estate. La spiaggia, vuota di voci e di corpi, è dimora di un vento instancabile che tutto accarezza con la sua anima calda, e tutto domina in questo primo mattino. L’acqua ti chiama ostentando purezza e calore, mentre piccoli pesci seguono i tuoi passi nella sabbia pronti a nutrirsi della terra smossa con cui giocano le onde. Lontano rumori di macchine e camion, come echi di guerre a cui non appartieni. E’ facile essere felici in questa piccola spiaggia anche per chi non può esserlo più perché dalla felicità non nasce nessun senso di colpa, tanto è rara e preziosa.
Here, the air warms up and the sun dominates the sky and the sea, reflects itself in a thousand sparks between the crystalline drops of water and passes through it, revealing its closest depths. It is an ordinary day at the beginning of summer. The beach, empty of voices and bodies, is home to a tireless wind that caresses everything with its warm soul, and dominates everything in this early morning. The water calls you, flaunting purity and warmth, while small fish follow your steps in the sand ready to feed on the loose earth with which the waves play. Distant noises of cars and trucks, like echoes of wars to which you do not belong. It is easy to be happy on this small beach even for those who can no longer be happy because no sense of guilt arises from happiness, so rare and precious is it.
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sciatu · 1 month ago
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MIMI' E GEGE'. LE TRIGLIE
Aprì gli occhi e si chiese dov’era. Vide il lampadario rosa regalo di nozze della zia Nunzia e capì che era sul letto di casa sua. Cosa era successo? Stava male? Si sentiva uno stordimento e una pesantezza come se stesse per dover morire da un momento con l’altro. “Cosa è successo?” si chiese nuovamente e la vocina sottile e isterica del suo “Io” interiore gli rispose tutto stizzito “le triglie!!!”. Ebbe un flashback, come nei film famosi., Mimì che tornava dal mercato con le borse della spesa e lui che l’aiutava a mettere a posto la merce comprata. Ad un certo punto ebbe l’ardire di notare che mancava qualcosa. “E i mulanciani tunni?” chiese stupito “Le melanzane non le ho comprate!” “Ma volevo fare la pasta con le melanzane …” “e non la fai che è pesante, con tutto quell’olio che devi friggere impuzzolisci la casa e poi le cose fritte ci fanno male” “Ma quando mai ….” “E no basta – replicò lei inviperita – guarda che pancia che ho … ti sembra normale questo rotolo di grasso che ho sulla pancia?…” Lui stava per rispondere di si, che era un bel rotolo su cui appoggiare la testa quando era al mare, ma Mimì partì con la sua mitraglia di lastime e cioè che era grossa come un bumbulu, chi mangiavano troppo, che nelle cinque ante dell’armadio a lei riservate non trovava mai niente che la vestisse senza farla apparire come un arancinu chi pedi, e così via. Gegè ascoltò pazientemente fino alla fine la litania della moglie e alla fine chiese “ e allora cosa mangiamo?” “ho comprato le triglie, così mangiamo pesce che fa bene e non ingrassa!!” “ma su sulu quattru ….! Fece stupito Gegè” “e quanti ne volevi? Quattru bastanu e avanzanu” Rassegnato Gegè incominciò a cucinare. Per prima cosa dal frigo aprì una bottiglia di Grillo, la stappo e riempi un bicchiere. Non è che gli servisse per cucinare, ma l’aiutava a sopportare i sermoni sull’ingrassamento della moglie. Mise olio, capperi, sedano e cipolla e li fece andare in padella. Li osservò rosolare bevendo un altro sorso di vino e quindi versò la conserva di pomodoro cercando di renderla un po' liquida. Bevve un altro sorso di vino e pulì il pesce che poi delicatamente adagiò nel pomodoro. Fece bollire piano piano il pomodoro per non rovinare le triglie e incominciò a bollire gli spaghettoni fatti in casa dalla suocera. Ne versò ottanta grammi ciascuno e bevve un altro sorso di vino. Mentre vedeva affondare gli spaghetti, pensò, con il bicchiere di vino di nuovo pieno, che poi gli spaghettoni si sarebbero persi nel sugo. Ne versò un altro pugno dei suoi che generalmente variava dagli ottanta ai cento grammi e soddisfatto bevve un altro sorso di vino. Levò le triglie dal pomodoro e, cotta la pasta la verso nella padella con il sugo, girandola con cura per fargli assorbire il pomodoro. Mise tutto in due piatti su cui dispose le triglie e chiamò Mimì “Ma non hai fatto troppa pasta?” “Era ottanta grammi ciascuno …” “Ma , sembra di più …” E ne versò una forchettata simbolica nel piatto di lui per sentirsi a posto con la coscienza Mangiarono in silenzio. Per evitare un altro sermone sul mangiare troppo, Gegè resistette alla tentazione di mangiare la pasta accompagnandosi con una fetta di pane così da sentire la croccantezza della crosta di pane far da controcanto alla morbidezza della pasta e alla dolcezza del sugo delle triglie. Finita la pasta divorò le due triglie e con il pane ancora caldo pulì il piatto da ogni traccia di sugo. Non capiva come mai il vino fosse finito. Ora però, osservando il soffitto gli sembrava di ricordare che per finire il gran piatto di pasta si era aiutato con qualche bicchiere di vino di più. “Devo bere meno vino – si disse osservando piccola collina che era diventata la sua pancia – mi fa ingrassare….”
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sciatu · 1 month ago
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Non lasciare che i tuoi sogni diventino fiori recisi destinati solo ad appassire. Non permettere che non sappiano più volare che perdano i loro colori sciogliendosi in una realtà che non è la loro. Non lasciare che venga la notte che non meriti e dei tuoi desideri assetati della tua fragile libertà resti solo cenere. Non lasciare spazio alla velenosa rassegnazione non drogarti o stordirti con le illusioni degli altri. Sei tu la regina dei tuoi sogni sei tu l’eletta che darà vita a quello che l’anima tua per te, e per te solo ha concepito e creato. Si muore in tanti modi ma solo una volta uccidere i propri sogni è morire mille volte perché è dai tuoi sogni che nascono tutti i tuoi giorni
Don't let your dreams become cut flowers, destined only to wither. Don't let them no longer know how to fly, that they lose their colors melting into a reality that is not theirs. Don't let the night that you do not deserve come, and of your thirsty desires, of your fragile freedom, only ashes remain. Don't leave room for poisonous resignation, don't take drugs or stun yourself with the illusions of others. You are the queen of your dreams, you are the chosen one who will give life to what your soul, for you, and for you alone, has conceived and created. You die in many ways, but only once, killing your dreams, is dying a thousand times, because it is from your dreams, that all your days are born
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sciatu · 2 months ago
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LA NONNA E IL CANNOLO SCOMPOSTO
Nonna - Prontu oh prontu Signora Romano - Signooora buonasera che piacere sentirla Nonna - Signora Romano come stà? E Luigino, Luigino che fa ? Signora Romano - No signooora, tutto bene, tutto bene. Luigino è con suo padre al pronto soccorso … Nonna - Oh Signuruzzu mei, chi ci succidiu? Signora Romano - No niente Signooora, è che stavano girando una pubblicità sull’ospedale per il cinque per mille e hanno chiesto a loro due di fare dei personaggi Nonna - Eh si ormai sono di casa al pronto soccorso, suo marito ha anche la tessera fedeltà del Policlinico Signora Romano - Eh si, ora fa il padre che si è fatto male e il figlio lo porta al pronto soccorso Nonna - Ah e che scena fanno? Quella di quando Luigino ha fatto bere a suo marito la candeggina dicendogli che era limonata o di quando si è buttato dal balcone con il lenzuolo come paracadute e arriva con i piedi in faccia a suo padre Signora Romano - Nooo, quelle scene l’hanno fatte l’anno scorso. Ora fanno la scena di quando mio marito stava cambiando le lampadine al lampadario in salotto e Luigino ha acceso la luce Nonna - Ah bello, e gli fanno anche i capelli tutti dritti che fumavano come allora? Signora Romano - Si si, con gli occhi stralunati, ma non lo fanno cadere dalla scala perché dicono che è pericoloso Nonna - Che peccato, a casa era venuta così bene la caduta Signora Romano - È che non hanno trovato la cristalliera con il servizio di bicchieri come quella su cui è caduto mio marito Nonna - Eh ma quella era stato il bello della caduta: tutti i bicchieri che volavano di qua e di là: uno spettacolo Signora Romano - Purtroppo non hanno voluto spendere se no sarebbe stata una scena bellissima. Ma come mai ha chiamato signooora? Nonna - Ah si, mi stava passannu da testa. Ecco signora lei che ha visto tutte le puntate del “pranzo è servito” e ha studiato, mi sapi dire chi jè u “Cannolu scomposto”? Mio nipote Massimo mi dice sempre che al ristorante finisce sempre con stu “Cannolu Scomposto” ma non potti capire chi caspita è! Ho chiesto ad Angelina e lei mi ha detto che e un cannolu misu stottu, ma non capii chi vulia dire: nu cannolu,comi u metti metti, sempri cuccatu sta! Signora Romano - Ma noo signooora chi dici. U cannolu scompostu è quando fi portano il cannolo ma con la buccia separata dalla ricotta. Nonna – Allura bisogna riempire la buccia da soli? Signora Romano - Ma nooo signooora, la buccia è messa da parte ed è rotta Nonna – Ma scusassi signora, ma accussi non saria un cannolo ma na fregatura Signora Romano - Ma no signora, è che i ristoranti per non farcire i cannoli sul momento o per non tenerli farciti in frigo che poi diverrebbero monchi-monchi (molli molli), servono in un piatto, o in un bicchiere, la ricotta e poi pezzi della buccia a parte, così uno mangia la ricotta e la buccia croccante. Nonna - Ma signura che sensu avi? Il bello del cannolo è la buccia croccante e la ricotta morbida morbida muzzicati nto stissu momentu. Perché uno dovrebbe mangiare da una parte la ricotta e dall’altra la buccia? È come se per la pasta con il pomodoro mangiamo la pasta in bianco e poi un cucchiaio di salsa! Mi pari na minchiata rossa rossa. Signora Romano - Che vuol fare signooora, ai ristoranti viene più comodo fare così. Nonna - Saravi, ma se me lo invitano a mia ci dicu che jo vogghiu chiddu tradizionali, ca scoccia china i ricotta. E chi divintammu ora tutti zarabaini sabbaggi e ni facemu u segnu da cruci ca manu manca? Ma pi favuri u ventu ci voli ma non pi stutari i cannili nta chiesa …
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sciatu · 2 months ago
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ANTONIO MANCUSO FUOCO (1921-1996)
Antonio Mancuso Fuoco appartiene alla generazione dei siciliani della “prima ondata”. Nato negli anni 20, dopo la guerra in cui aveva combattuto, dopo la perdita dei genitori contadini e della prima moglie, finito malamente un tentativo di realizzare una propria società a Capizzi, suo paese natale, decide di emigrare all’estero. In quel periodo, inizio degli anni ’60, a causa della situazione economica isolana quasi disastrosa, sono moltissimi i siciliani che lasciano l’isola per cercare fortuna nel nord Europa o nel nord Italia e costituiscono la prima grande ondata di emigrazione, quasi di fuga, dall’isola. In Germania, dove si era stabilito, non riesce a trovare la sicurezza economica cercata per cui si trasferisce in Piemonte dove finalmente trova un posto fisso. Siamo nel periodo dove sui portoni di Torino erano affissi cartelli tipo “Non si affittano a Meridionali” per cui l’integrazione con la nuova realtà in cui viveva è minima. Ma Antonio ha un talento particolare. Fin da piccolo ha sempre disegnato, ha sempre rappresentato il mondo a cui apparteneva, quello rurale di Capizzi, in tutte le sue varie espressioni. Vince quindi la sua solitudine, le difficolta che la vita gli impone, dipingendo. Presto, in un periodo in cui i critici laureati stavano scoprendo i Naif, la sua pittura viene notata e descritta nelle riviste specializzate del tempo. Arriva una parvenza di notorietà e la coscienza della propria arte. Antonio non dipinge più per ricordare ma per raccontare quella che era la sua vita. Dopo alcuni anni però, cambiando anche i venti culturali e a seguito di una malattia, la sua pittura si ferma. Non è infatti un lavoro che bisogna fare malgrado tutto, è la sua vita e se i giorni si fermano per il dolore, per la mancanza di ispirazione o si arenano nella ripetitività, anche la sua arte deve fermarsi. I critici però non si dimenticano di Antonio. Ormai è un esempio, un termine di paragone, ma soprattutto è il testimone della realtà rurale siciliana. Leggendo le critiche di allora, Antonio acquista una coscienza più forte della sua arte, di cosa rappresenta, del valore culturale che ha. Ritorna a dipingere, ha una nuova prolifica stagione. I colori sono più forti, i quadri più complessi. Si trasferisce di nuovo in Sicilia, torna alle sue origini fino a diventare nuovamente pastore e a vivere nei boschi dei Nebrodi. Torna a descrivere il mondo che sa renderlo felice perché è l’unico che sente vero, autentico, sincero.
Antonio Mancuso Fuoco belongs to the generation of Sicilians of the “first wave”. Born in the 1920s, after the war in which he had fought, after the loss of his peasant parents and his first wife, after an attempt to set up his own company in Capizzi, his hometown, ended badly, he decided to emigrate abroad. In that period, the beginning of the 1960s, due to the almost disastrous economic situation on the island, many Sicilians left the island to seek their fortune in northern Europe or northern Italy and they constituted the first great wave of emigration, almost of escape, from the island. In Germany, where he had settled, he was unable to find the economic security he was looking for so he moved to Piedmont where he finally found a permanent job. We are in the period where signs like “No rent to Sicilians” were posted on the doors of Turin so integration with the new reality in which he lived was minimal. But Antonio has a particular talent. Since he was a child he has always drawn, he has always represented the world to which he belonged, the rural world of Capizzi, in all its various expressions. He therefore overcomes his solitude, the difficulties that life imposes on him, by painting. Soon, in a period in which the graduate critics were discovering the Naif, his painting is noticed and described in the specialized magazines of the time. A semblance of notoriety and the awareness of his own art arrive. Antonio no longer paints to remember but to tell what his life was. After a few years however, also with the changing cultural winds and following an illness, his painting stops. It is not in fact a job that must be done despite everything, it is his life and if the days stop because of pain, lack of inspiration or get stuck in repetitiveness, his art must also stop. The critics however do not forget Antonio. By now he is an example, a term of comparison, but above all he is the witness of the rural reality of Sicily. Reading the criticisms of the time, Antonio acquires a stronger awareness of his art, of what it represents, of the cultural value it has. He returns to painting, has a new prolific season. The colors are stronger, the paintings more complex. He moves back to Sicily, returns to his origins until he becomes a shepherd again and lives in the Nebrodi woods. He returns to describe the world that can make him happy because it is the only one he feels is true, authentic, sincere.
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sciatu · 2 months ago
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I RACCONTI DI CASA PELORO - IL DONO
Si sedette al suo solito tavolo guardando con attenzione la strada. Giovanni, il cameriere gli diede un’occhiata e alzò il mento come a chiedere se gli servisse qualcosa. Lui rispose ruotando l’indice di fronte i suoi occhi per fargli capire che dopo avrebbe chiesto qualcosa. Una macchina gialla si fermò dall’altro lato della strada e Mimmo osservò con attenzione chi stava scendendo. Era Carmen, finalmente. Si alzò di scatto e si diresse verso la porta aspettandola. Lei arrivo camminando lentamente, con un vestito elegante ma sobrio, coperto di fiori e una costosa borsa estiva. Quando lo vide sulla porta sorrise e aumentò il passo. Si salutarono e lui la portò al suo tavolo facendola accomodare.
L’osservò per qual he secondo mentre lei disponeva in modo ordinato borsetta e cellulare. Si lasciò piacevolmente investire dalle note di limone candito e vaniglia del suo profumo. “Vuoi qualcosa” le chiese mentre si sedeva “Magari dopo” e lui bloccò con la mano Giovanni che si stava già avvicinando. La guardò sorridendo incapace di celare la felicità nel vederla. “Grazie di essere venuta. Ieri mi ha chiamato Marisa e avevo paura che avresti rinunciato” Carmen sorrise allargando le grandi labbra rosse e facendo brillare gli occhi dietro gli occhiali dalla montatura invisibile. Il suo naso si arricciò alla base e lui ne fu felice “Marisa è una cara amica, ed è molto protettiva. Immagino già che cosa possa averti detto, ma ti avevo promesso di venire e non volevo passare per bugiarda o menefreghista” “Si, Marisa è un po' una mamma. Mi ha fatto mille raccomandazioni preoccupata che da quando hai divorziato, questa era la prima volta che uscivi. Ma scusa quando hai divorziato?” “Quindici anni fa” Fece la faccia stupita
“e questa è la prima volta che esci con qualcuno da quindici anni” “Si - Rispose senza esitazione ed aggiunse -“Quando ho divorziato ero piena di problemi… il figlio … il lavoro da cercare … una nuova vita da costruire … Ho dato priorità a queste cose” “Bhe allora grazie ancora di aver accettato” “Ero molto indecisa. Poi Mario, mio figlio, mi ha detto che prima o poi dovevo fare quello che fanno i grandi ed uscire con qualcuno” “Ah ti ha consigliato tuo figlio di venire all’appuntamento?” “Si, noi abbiamo un rapporto speciale. Per anni siamo rimasti da soli in momenti non belli, per cui siamo di supporto l’uno all’altra. Ho seguito il suo consiglio” “e hai fatto bene” Giovanni apparve davanti a loro, non tanto per prendere l’ordinazione ma incuriosito dal fatto che Mimmo fosse lì per un appuntamento galante. Ordinarono velocemente qualcosa e Giovanni, capito l’antifona si dileguò.
“E’ un bel posto qui al capo. Ci venivo spesso con i compagni del liceo, poi, da quando mi sono sposata non ho più avuto l’occasione. Anche questo bar è molto bello, semplice ed elegante. Mi piace.” “Si, anche a me piace, è quasi un mio ufficio perché dovendo girare tra le due coste per lavoro, mi è comodo fermarmi qui” Lei guardava attentamente lo stretto dove stava passando la sagoma luminosa di una Spadara circondata da un mare colore blu intenso. Fece una foto con il cellulare. “E’ un bel soggetto per un quadro. Voglio provare a farne uno con questo paesaggio” “Ho visto alla festa, che Marisa ha molti tuoi quadri.” “Ogni volta che fa il compleanno gliene regalo uno. Se ora sono una pittrice è merito suo. Tempo fa lavoravo come lavapiatti ed erano tempi duri. Lei mi coinvolgeva in tutte le sue attività di beneficenza. Una volta chiese a tutte le sue amiche qualche oggetto per una lotteria di beneficenza. Io non avevo nulla di decente da dare e le diedi due miei quadri. Lei non disse nulla ma invitò dei suoi amici galleristi e mise i quadri in evidenza, I suoi amici li hanno comprati subito e mi hanno contattato per averne altri, sicuri di venderli. Da li è iniziato tutto: la sicurezza economica, un lavoro che mi piace e gratifica, una nuova vita” Sorrise orgogliosa.
“Si infatti alla festa li ho notati subito. Io non sono un grande esperto ma mi hanno colpito molto con il loro stile naif. Mi ricordano Mancuso Fuoco con tutte quelle persone che lavorano immersi in paesaggi enormi di campi, vigne e armenti.” Una volta a Capizzi un cliente gli aveva rimandato un appuntamento e lui per passare il tempo era andato a visitare la mostra del pittore locale Mancuso Fuoco. Ora quella visita, che allora aveva considerato solo un modo per perdere tempo, gli aveva permesso di trovare una breccia nella riservatezza di Carmen. Continuò simulando un fare da esperto “Ho notato che i personaggi maschili sono solo i bambini” “Perché dopo il divorzio ho un rapporto molto negativo con gli uomini. Li ho cancellati dal mio mondo” “Allora devo ringraziarti due volte per aver accettato di venire qui” “Eri cosi gentile alla festa, ed abbiamo parlato tanto, cosa che per me è molto rara. Poi sei l’unico fino adesso che conosce Antonio Mancuso Fuoco che è stato il mio ispiratore. Questo ti fa stare un gradino sopra tutti gli altri. Alla fine mi è sembrato normale dover continuare a parlarti anche fuori della festa” Mimmo, scosse la testa e si volto a guardare verso lo stretto, quasi fosse imbarazzato da quanto diceva.
“Bhe, per me parlarti è molto più che normale – la guadò dritto negli occhi - Io non sono un femminaro, uno che corre dietro alle donne e alla festa, fino a poco prima che tu arrivarsi, stavo cercando la scusa giusta per andarmene. Ma quando sei arrivata è stato come se la stanza si fosse illuminata facendo scomparire tutto il resto. Anche se sei subito scomparsa in mezzo agli amici di Marisa, sapevo esattamente dove eri e in quel vociare sentivo distintamente solo la tua voce. Alla fine mi sono fatto coraggio e con una scusa sono venuto a chiedere a Marisa una cosa banale solo per poter essere presentato a te e poteri parlare” “Marisa mi ha detto che quando ti ha visto arrivare era stupita che ad una sua festa volessi parlare con qualcuno. Ha detto che devo averti proprio colpito” “E’ così, ma non ti so spiegare perché. Dopo il mio divorzio ho provato a ricostruirmi una vita sentimentale, ma il mio peccato è sempre stato quello originale che ha fatto fallire il mio matrimonio: mettevo davanti a tutto il mio lavoro e alla fine, ho rinunciato a recitare la commedia di essere il fidanzato ideale” “E ora, è cambiato qualcosa?”
“ Si e la ragione è in quelli che hai detto ieri quando parlavamo di quadri. Io ne facevo una questione di talento, tu hai replicato che era un atto d’amore. Un atto d’amore verso il soggetto che si riproduceva ed un dono d’amore a chi lo guardava e lo apprezzava. Mi sono detto che era cosi: l’amore è un dono, qualcosa che chi ami fa nascere in te e che tu gli doni. Non centra la felicità, il desiderio, la passione. Questi vengono dopo, ma tutto inizia con un dono e più in questo dono ci si annulla, più esso vivrà per sempre. Prendi l’amore verso i figli o i genitori, li il dono è esplicito. Allora mi sono detto: se è un dono, allora il resto non conta. Non conta quanto e se è contraccambiato, se chi ami ha uno o mille difetti, se è vecchio o giovane se per lo stesso motivo hai sofferto o sbagliato. Quello che conta è che in questo dono c’è la tua anima e quella di chi ami. Per questo ti ho chiesto di vederci, perché a quel punto, il fatto che oggi avevo un incontro di lavoro importante, era secondario. Infatti l’ho spostato, ed ora che sei qui, ne sono contento” Sorrise in quel modo che a lui piaceva
“Ma l’amore, lo stare insieme ha anche qualcosa di fisico. Io non sono una Miss qualcosa, sono una madre di famiglia ormai negli anta, appesantita e prossima a riempirsi di rughe” Sorrise maliziosa, come se volesse metterlo alla prova “Eppure quando sei entrata nel salone di Marisa, per me esistevi solo tu. È stato qualcosa di istintivo, eri esattamente uguale al mio immaginario di donna ideale. A me piacciono le tue curve arrotondate, i tuoi occhi nascosti dietro gli occhiali e vado pazzo per le lentiggini che ti coprono la pelle – nel dire questo accarezzò con la punta delle dita il suo braccio appoggiato sul tavolo sfiorando appena le lentiggini che correvano sparse lungo di esso – vorrei baciarle tutte una ad una “ Lei improvvisamente ritrasse il braccio circondando la zona accarezzata da Mimmo con l’altra mano. Fu un sussulto improvviso che lo sorprese e, notò con stupore, che sorprese anche lei.
“Scusa – fece lei quasi spaventata dalla sua reazione – mi hai fatto venire la pelle d’oca” Fu come se una invisibile cortina di gelo fosse scesa tra di loro a separarli e per qualche secondo lui ebbe paura di fare o dire qualsiasi cosa. “Scusa - fece disorientato e preoccupato – io non volevo … “ “no …. Non è niente … mi è venuto come un brivido … ecco, io ho qualche problema con il contatto fisico … mio marito era manesco e da allora essere toccata, avere anche una carezza, mi blocca, …. mi spaventa….” Lui la guardò come se la vedesse per la prima volta. Carmen lo guardò di nuovo negli occhi e chiese preoccupata “Scusa, spero che… non sia un problema …?” “se fossimo degli adolescenti lo sarebbe. Ma siamo due persone che hanno alle spalle una vita e abbiamo imparato che tutto si può aggiustare se c’è la buona volontà di farlo. Mi dispiace che tuo marito ti abbia segnato cosi. Spero per lui di non incrociarlo mai” Carmen vide che gli occhi gentili di Mimmo erano diventati cupi. “non c’è questa possibilità, dovrebbe essere da qualche parte nel nord Italia, se non gli hanno già sparato” Restò qualche minuto in silenzio
“Forse però ecco, forse è meglio se ci penso un attimo a tutto quello che hai detto. Ho bisogno di pensarci. Non lo so, mi sembra che tutto stia andando troppo … troppo velocemente. Lui la guardò e si appoggiò con le spalle alla sedia come a darle più spazio per tornare a respirare e calmarsi. “Come vuoi” Arrivò Giovanni che si scuso per il ritardo e dispose sul tavolo quanto ordinato e sparì subito dopo. Aspettò qualche secondo e poi le chiese dove avrebbe fatto la prossima mostra. Lei si rianimò e incominciò a raccontargli della prossima esposizione presso l’Hotel San Domenico di Taormina, lungo i corridoi dove vi erano le celle dei frati che erano diventate le lussuose camere dei ricchi ospiti. Parlarono così per quasi un ora poi lei guardò l’orologio e disse che si era fatto tardi. “Sta diventare buio, E’ meglio che vada. Ho promesso a mio figlio di mangiare con lui” “Pensavo che avremmo mangiato insieme. Qui a Casa Peloro fanno dei spiedini di pesce spada fantastici” “Mi dispiace, non avevamo parlato della cena e ormai non posso dire a Mario di arrangiarsi. Sarà per un'altra volta” “Quando, domani?” “No, domani ho un impegno; c’è un evento in una galleria dove espongo, una cosa lunga e noiosa” Non gli chiese però se volesse raggiungerla. “Va bene – fece Mimmo mostrando un sorriso forzato – allora aspetto che mi chiami” “Si, si. Poi ci sentiamo.” La vide raccogliere le sue cose alzarsi e salutarlo velocemente “Ciao, ci sentiamo, devo scappare” Corse via alla macchina e già lui sentiva l’amaro in bocca per una storia a cui lui teneva, che finiva ancor prima di nascere. Ne avrebbe parlato con Marisa e si sarebbe fatto consigliare da lei che la conosceva bene. Non voleva essere troppo insistente, ma non voleva neanche arrendersi. La vide attraversare la strada col passo rapido e cercare le chiavi della macchina nella borsa. Salì a bordo di corsa e mise subito in moto. Mimmo pensò che partisse sparata verso casa, invece la macchina non si mosse. Allora fece finta di non guardare e si mise a leggere i messaggi che fino ad allora aveva ricevuto nel tablet del lavoro.
Sentì sbattere uno sportello e tornò a guardare verso la macchina. Era Carmen che chiudeva la macchina e stava tornando verso Casa Peloro. Entrò e si sedette al suo posto. Sorrise. “Mario mi aveva scritto che questa sera mangiava con amici e che dormirà da suo cugino. In pratica mi ha detto di non preoccuparmi per lui” “Penso che sia un ragazzo con molto giudizio” “Si, è maturato in fretta. – sorrise di nuovo – avevi detto che qui gli spiedini di pescespada sono eccezionali” “Ed hanno anche un bianco locale che è molto buono” Sorrise con ancor più convinzione, come piaceva a lui. “Perché sei tornata? Ormai eri in macchina e te ne potevi andare senza dirmi niente. Te lo chiedo perché ho bisogno di capirti” “Sono tornata per quello che hai detto. Io sono piena di difetti. Sono grassa, con gli occhiali, pigra, lenta, emotivamente insicura e piena di lentiggini. Vivo nel mio mondo fantastico e non capisco quello vero. Ma hai detto che l’amore è un dono, e i doni vengono fatti indipendentemente dai difetti di chi li riceve. Forse per te i miei non sono neanche difetti, come le lentiggini. Quindi, il tuo dono io lo devo coltivare ed accettare, senza scappare come ho sempre fatto per nascondere tutte le brutture che mi vedo addosso o che mi hanno fatto. Ci ho pensato, mi sono detta che in fondo valeva la pena provare perché tu credi veramente in quanto provi. Sei sincero, e sono tornata.” Carmen gli prese le mani tra le sue e gliele strinse. Lui le sentì fredde “Hai ancora paura …” “Si, ma so che mi aiuterai a vincerla. Fa parte del tuo dono”
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sciatu · 2 months ago
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ETICHETTE VINI SICILIANI
Datimi vinu, focu russu Inchi u bicchieri chinu chinu Inchimi a bucca e u mussu vogghiu, scuddari stu distinu troppu sangu, troppu duluri non c è paci, nun c’è amuri
U vinu è fozza da natura sangu binidittu e santu sempri gioia e mai sventura dugna coraggiu si c’è scantu e nta sti tempi i mattanza curaggiu è a speranza
spiranza chi si po canciari chi l’omu nun è Cainu chi po capiri ,ragiunari dari sensu o so divinu e non scannari carusi pi l’oddini di capi jarrusi
datimi vinu a briacari fatimi cridiri nta paci fatimi ridiri, scuddari sti jonna da motti rapaci vogghiu vinu a schifiari vinu, pi sti lacrimi amari
Datemi del vino, fuoco rosso, riempi il bicchiere ben pieno, riempimi la bocca e le labbra, voglio dimenticare questo destino, troppo sangue, troppo dolore, non c’è pace, non c’è amore.
Il vino è la forza della natura, sangue benedetto e santo, è sempre gioia e mai sventura, dà coraggio se hai pausa e in questi tempi di mattanza, il coraggio è la Speranza.
Speranza che si può cambiare, che l’uomo non è Caino, che può capire, può ragionare, dare senso al suo divino, senza sgozzare bambini per l’ordine di capi infami. Datemi vino fino a ubbriacarmi, fatemi credere nella pace, fatemi ridere, dimenticare questi giorni della morte rapace, voglio vino fino a schifarlo, vino, per le mie lacrime amare.
Give me wine, red fire, fill the glass full, fill my mouth and lips, I want to forget this fate, too much blood, too much pain, there is no peace, there is no love. Wine is the force of nature, blessed and holy blood, it is always joy and never misfortune, it gives courage if you have a break and in these times of slaughter, courage is Hope. Hope that can change, that man is not Cain, that he can understand, can reason, give meaning to his divine, without slaughtering children for the order of infamous leaders. Give me wine until I get drunk, make me believe in peace, make me laugh, forget these days of rapacious death, I want wine until I loathe it, wine, for my bitter tears.
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