#conflitti istituzionali.
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Lercaro: I Sindaci dell’Ovadese Uniti Contro la Vendita dei Terreni. Un appello collettivo per salvaguardare il patrimonio dell’I.P.A.B. Casa di Riposo Lercaro
A seguito dell’incontro convocato dal Sindaco di Ovada, Gian Franco Comaschi, i sindaci dell’Ovadese si sono riuniti giovedì 21 novembre 2024 per affrontare la questione legata alla vendita dei terreni dell’I.P.A.B. Casa di Riposo Lercaro.
A seguito dell’incontro convocato dal Sindaco di Ovada, Gian Franco Comaschi, i sindaci dell’Ovadese si sono riuniti giovedì 21 novembre 2024 per affrontare la questione legata alla vendita dei terreni dell’I.P.A.B. Casa di Riposo Lercaro. Durante la riunione, svoltasi presso la sala Giunta del Comune di Ovada, è emersa una forte posizione unitaria contro le decisioni prese dal Commissario…
#Alessandria today#amministrazione pubblica#Casa di riposo#Comune di Ovada#Comuni dell’Ovadese#comunità locale#conflitti istituzionali.#conflitto amministrativo#costituzione Fondazione#decisioni condivise#delibera regionale#democrazia locale#difesa del territorio#Enti pubblici#gestione enti pubblici#gestione trasparente#Gian Franco Comaschi#Google News#I.P.A.B. Lercaro#italianewsmedia.com#Ivana Nervi#Ovada#partecipazione collettiva#patrimonio collettivo#patrimonio pubblico#Pier Carlo Lava#polemiche locali#Politiche sociali#Regione Piemonte#rendicontazione finanziaria
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La Giovane Italia è un concetto evocato da uno spot delle Poste Italiane, in cui un bambino scopre la borsa di un postino, simbolo di un'unità ormai rara in un Paese frammentato. La realtà odierna dell'Italia è ben lontana da un paese unito e affrancato dal passato, come dimostrano le conseguenze del Covid, che ha portato a una crisi sociale. In un contesto già fragile, si evidenziano conflitti istituzionali tra politica e magistratura, perpetuati da decenni e aggravati dall'imminente sfida delle elezioni amministrative. Questa crisi mette in luce l'immaturità politica del Paese. Il contratto sociale tra cittadini e governance è ancora in fase di sviluppo, considerando che solo 160 anni sono trascorsi dalla nascita dell'Italia moderna, un periodo breve rispetto ad altre realtà europee come Francia e Inghilterra. La storia italiana è segnata da conflitti e transizioni, comprese due guerre mondiali e la transizione da monarchia a repubblica, evidenziando il continuo dibattito sull'uomo forte come figura di governo. Le recenti decisioni politiche, come la deportazione di migranti in Albania, riflettono una mancanza di coesione e un atteggiamento fazioso tra le istituzioni. Mentre vengono inviati migranti in un Paese storicamente occupato dall'Italia, il Presidente Mattarella compie un gesto simbolico visitando la comunità degli albanesi in Sicilia, trasmettendo un messaggio di apertura. Tuttavia, la risposta del governo appare debole, nel tentativo di risolvere le tensioni attraverso decreti che potrebbero aggravare la situazione. Un ulteriore elemento di instabilità è rappresentato dal rischio di una bocciatura del decreto Cutro da parte della Corte Costituzionale, il che potrebbe innescare una crisi governativa. La premier Meloni si trova di fronte a una scelta difficile: affrontare una situazione di stallo amministrativo o opzionare per un nuovo voto in cerca di pieni poteri. Le dinamiche politiche italiane, caratterizzate da un confronto acceso, rivelano una nazione alle prese con la sua giovinezza storica, ancora priva di una chiara identità e di un senso complessivo della propria storia. Si spera che le future generazioni non debbano affrontare le stesse divisioni, ma resta incerta la direzione del Paese.
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Margot Wallström
Le società con parità di genere godono di migliore salute, una più forte crescita economica e maggiore sicurezza, oltre a contribuire alla pace.
Si parte dal principio delle tre R: rights, representation e resources, diritti, rappresentazione e risorse.
Per “diritti” si intende il promuovere e affrontare le principali emergenze in materia di parità di genere, come la discriminazione e la violenza sulle donne. Con la seconda R, quella della “rappresentazione”, si punta a garantire la presenza delle donne nei ruoli decisionali, sia pubblici che privati. Infine, con “risorse” si intende la possibilità di distribuire equamente fondi e, appunto, risorse tra uomini e donne.
Margot Wallström è stata Ministra degli Affari Esteri della Svezia dal 2014 al 2019.
Appartenente al Partito Socialdemocratico, ha avuto una lunga carriera nel parlamento svedese e nella Commissione Europea apportando significativi contributi per la tutela dell’ambiente e i diritti delle donne.
È stata la prima rappresentante speciale delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti dal 2010 al 2012, Vicepresidente della Commissione europea, Commissaria per le relazioni istituzionali e la strategia di comunicazione, Commissaria europea per l’ambiente e Ministra per la tutela dei consumatori, donne e gioventù.
È stata la prima ministra degli esteri di un paese dell’Unione Europea a voler riconoscere la Palestina come Stato.
Nata a Skellefteå, il 28 settembre 1954, è scesa in politica a soli diciannove anni, a venticinque era già stata eletta al Parlamento.
Nel 2006 è stata votata come la donna più popolare in Svezia, battendo reali e atleti.
L’anno seguente ha presieduto il Consiglio delle donne leader mondiali.
Nel 2009, sempre al Parlamento Europeo, nella commissione guidata da José Barroso è stata vice presidente e responsabile delle Relazioni Istituzionali.
Nel 2014 è diventata ministra degli Affari Esteri nel governo svedese di Löfven I promettendo una politica femminista.
Durante il suo mandato è riuscita a inimicarsi l’Arabia Saudita criticando la mancanza dei diritti delle donne nel paese e minacciando di revocare l’accordo di esportazione di armi. L’incidente diplomatico è stato appianato dal re di Svezia in persona.
Successivamente si è schierata contro le politiche israeliane nei confronti della popolazione palestinese ed è stata dichiarata antisemita e non gradita nello stato di Israele.
Ha contestato anche le politiche turche rispetto al sesso tra minori e per l’accanimento contro la popolazione curda.
Come ministra degli esteri non si è certo distinta per la sua diplomazia, anche se ha dovuto arretrare su alcune dichiarazioni per mantenere il suo ruolo istituzionale.
Nel 2015 ha fatto parte del Comitato per il finanziamento umanitario dell’ONU, in preparazione del World Humanitarian Summit.
Margot Wallström è una donna che non si è fatta spaventare da niente e da nessuno.
Per prima ha aperto un blog al Parlamento Europeo, un luogo aperto dove confrontarsi su temi politici.
È stata insignita con numerosi premi, ha ricevuto diverse lauree ad honorem ed è presidente del Consiglio dell’Università di Lund.
Attualmente è nel direttivo di diverse no profit per la tutela dei diritti umani, di genere e ambientali.
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Un chiave nell’innovazione europea è l’Intelligenza Artificiale
La digitalizzazione insieme alla sostenibilità ed all’economia circolare, supportate dall’Intelligenza Artificiale, costituiscono ottimi strumenti per avviare nuove iniziative che possono distinguerci dal resto del mondo e darci, come Europei, nuovi vantaggi competitivi. Queste le parole di Christian Colombo, presidente di Afil – Associazione Fabbrica Intelligente Lombardia (il Cluster Tecnologico per il Manifatturiero Avanzato, ufficialmente riconosciuto da Regione Lombardia), pronunciate in occasione dell’evento Clusters meet Regions organizzato a Milano il 26 e 27 marzo 2024. La situazione di contesto è “instabile”, visti i cambiamenti significativi che influenzano l’economia, la politica e la società. La presenza di conflitti militari nei Paesi vicini e, prima ancora, l’impatto della pandemia globale, hanno ostacolato i flussi commerciali e provocato una ristrutturazione delle relazioni economiche. L’aumento dei costi logistici e dei prezzi dei beni di consumo, insieme all’instabilità in alcune aree, stanno creando disuguaglianze sociali sempre più evidenti. Insomma, per la manifattura lombarda, italiana e continentale, non è facile. Ma nulla è perduto. La Twin Transition (doppia transizione digitale ed ecologica) non è un ostacolo, ma una sfida nella quale entrano in gioco i Cluster regionali e nazionali. Per natura e vocazione, essi associano attori diversi con competenze differenti: aziende piccole, medie e grandi, centri di ricerca, atenei, enti istituzionali ed associazioni; favoriscono la collaborazione tra associati, la condivisione delle conoscenze e delle risorse, nonché lo sviluppo di sinergie tra imprese ed enti all’interno di una stessa regione o area geografica. Poi entrano in gioco i rapporti con l’Europa, che promuove attivamente l’ecosistema dei Cluster attraverso iniziative come la European Cluster Collaboration Platform (Eccp). Secondo Tullio Tolio, Presidente del Comitato Tecnico-Scientifico di Afil e del Cluster Fabbrica Intelligente (Cfi), nonché docente di Manufacturing Systems Engineering al Politecnico di Milano, occorre un approccio europeo olistico volto a sostenere gli ecosistemi territoriali come motori di crescita. Queste considerazioni sono emerso durante il primo evento Clusters Meet Regions del 2024, che si è tenuto a Milano a fine marzo. Progettato da Paolo Vercesi, Direttore Esecutivo di Afil e Cluster Manager di Cfi, e co-organizzato insieme ad Eccp, Regione Lombardia ed i Cluster Tecnologici Lombardi, l’evento internazionale ha raccolto oltre 250 iscritti provenienti da tutta Europa per approfondire modelli ecosistemici e strategie di innovazione, con particolare attenzione al complesso panorama industriale della Lombardia. A latere, Eccp, con il supporto di Regione Lombardia ed Afil, ha redatto un Input Paper, che evidenzia il contributo fondamentale dei Cluster Tecnologici Lombardi allo sviluppo di un’economia industriale sostenibile ed innovativa nella regione. Questo documento è stato integrato da un Case Study specifico, che ha approfondito la centralità del ruolo di Regione Lombardia e del supporto di Afil nella transizione industriale del manifatturiero lombardo. Il Cluster si impegna infatti a collaborare strettamente con le istituzioni europee e regionali per promuovere politiche industriali e di innovazione mirate alla crescita economica sostenibile; al tempo stesso, si concentra sul supporto alle imprese nell’affrontare le sfide della transizione digitale ed ecologica, offrendo strumenti e risorse per implementare buone pratiche ed adottare tecnologie avanzate. Grazie alla partecipazione attiva a network europei come European Cluster Collaboration Platform (a cui è legata l’organizzazione dell’evento Clusters Meet Regions), Iniziativa Vanguard, Smart Specialisation Platform e Quattro Motori per l’Europa, Afil si propone come punto di riferimento per lo scambio di conoscenze ed esperienze nell’ambito dello sviluppo industriale e dell’innovazione. Una sfida per l’Europa: la Twin Transition «A differenza del passato, l’Europa cerca ora di essere leader su temi chiave come la transizione verde» – afferma Tolio – «Tuttavia, occorre integrare la sostenibilità ambientale, economica e sociale in tutte le iniziative». Ad esempio, attraverso l’economia circolare, che favorisce la salute del pianeta e, al contempo, offre opportunità economiche e sociali per le comunità e le imprese. Un altro punto chiave nell’innovazione europea è l’Intelligenza Artificiale. Secondo Tolio, l’Europa è in ritardo rispetto ad altre regioni del mondo in questo campo, ma vi è l’opportunità di colmare questa lacuna. Se utilizzata in modo responsabile, l’Intelligenza Artificiale può portare a miglioramenti significativi in vari settori, dall’energia alla logistica, contribuendo a rendere l’Europa competitiva a livello globale. Tolio evidenzia infine il ruolo fondamentale degli ecosistemi territoriali nell’incubare idee e innovazioni, sottolineando come le politiche europee debbano sostenerli e promuoverli, in modo che questi possano continuare ad essere motori di crescita economica e sociale. La risposta alle sfide attuali passa per l’Europa Il supporto alle imprese Per Colombo, «non ci sarà una seconda possibilità». Ci sono iniziative europee importanti che vanno nella direzione indicata, cioè quella di raccogliere le sfide della Twin Transition. «Si pensi ai Quattro Motori per l’Europa o alla European Cluster Collaboration Platform». Occorre, però, trovare il modo per mettere a terra gli sviluppi innovativi, tenendo presente che, in alcune regioni europee come la Lombardia, la maggior parte delle aziende ha meno di 50 dipendenti. «Queste imprese non dovrebbero trovarsi di fronte ad oneri e difficoltà che complichino l’accesso a finanziamenti o crediti fiscali per promuovere questi nuovi obiettivi. Altrimenti sarà una ricetta per il disastro» termina Colombo. Il modello di collaborazione tra Cluster «È naturale pensare ad espandere gli orizzonti attraverso una piattaforma di collaborazione tra i Cluster europei. Dobbiamo costruire un modello cooperativo che sfrutti sinergicamente le risorse, l’esperienza e le tecnologie di tutte le regioni europee coinvolte. Occorre immaginare un dialogo trasversale basato sulla condivisione di idee e progetti, che favorisca così la contaminazione» afferma il presidente del Cluster Fabbrica Intelligente Gianluigi Viscardi. I Cluster al centro delle Strategie di Specializzazione Intelligente «I Cluster sono il cuore delle Strategie di Specializzazione Intelligente». Parole di Felipe Javier Carrasco Torres, Viceministro per le Politiche Industriali, Commerciali e Turistiche dell’Autorità Regionale di Valencia, che ricalcano quelle di Elisabetta Confalonieri, Direttore Generale per l’Università, la Ricerca e l’Innovazione di Regione Lombardia. La Strategia di Specializzazione Intelligente (S3) è un approccio europeo utilizzato dalle regioni per identificare e concentrarsi su settori specifici in cui possiedono vantaggi competitivi, distintivi o potenziali di sviluppo. Per Carrasco Torres, «il ruolo dei Cluster è indispensabile non solo per le regioni, ma per l’intero tessuto economico europeo, allineando le ambizioni regionali con gli obiettivi principali dell’Unione Europea. La collaborazione tra le regioni europee attraverso i Cluster è un pilastro fondamentale per accelerare la transizione europea verso pratiche sostenibili e innovative». Il ruolo della European Cluster Collaboration Platform La European Cluster Collaboration Platform (Eccp) serve a facilitare la cooperazione e lo scambio di conoscenze tra Cluster e regioni europee. «Eccp offre un luogo virtuale dove i membri dei Cluster possono trovare partner potenziali per progetti collaborativi, condividere best practices, accedere a risorse ed informazioni pertinenti, nonché partecipare ad eventi di networking e matchmaking, come ad esempio Clusters Meet Regions organizzato a Milano. Inoltre, la piattaforma fornisce supporto per l’implementazione di politiche ed iniziative a livello regionale ed europeo, con particolare attenzione alla promozione dell’innovazione, della competitività e della transizione verso un’economia verde» afferma Teodora Jilkova, Eccp Team Member, in apertura dell’evento. Input paper: la Lombardia e la valorizzazione dell’ecosistema dei Cluster «È importante rafforzare l’ecosistema dei Cluster, anche per la Lombardia, per sfruttare appieno il potenziale della regione» afferma Jan-Philipp Kramer, Head of EU Services di Prognos, presentando ai partecipanti i contenuti dell’Input Paper redatto da Eccp insieme a Regione Lombardia ed Afil. La Cluster Solutions Library evidenzia le iniziative in cui i Cluster hanno svolto un ruolo attivo nei 14 ecosistemi industriali (come indicato nella strategia industriale aggiornata dell’UE) e nelle economie regionali e sono motori per la transizione economica, in linea con la strategia industriale di transizione verde e digitale e di costruzione della resilienza. «La Lombardia è il centro economico trainante per l’Italia, rappresentando il 25% del Pil del paese e contribuendo al 26% delle esportazioni nazionali». Tuttavia, il prerequisito per affrontare le sfide economiche ed ambientali è l’innovazione rispetto alla quale, i Cluster svolgono infatti un ruolo fondamentale. Case study: il ruolo del cluster Afil a supporto di Regione Lombardia Il ruolo strategico di Afil Afil rappresenta il punto di riferimento per Regione Lombardia rispetto alle tematiche di innovazione del settore manifatturiero lombardo. In particolare, di concerto con l’autorità regionale, il Cluster si impegna attivamente nella definizione di strategie e nella redazione di documenti a supporto, come la “Roadmap per la Ricerca e l’Innovazione sull’Economia Circolare” (approvata nel 2020, con Delibera di Giunta di Regione Lombardia, e di cui è disponibile anche una sintesi) e le “R&I Priorities for enhancing Artificial Intelligence applications in Manufacturing in Lombardy”, frutto di un percorso di riflessione facilitato dal Cluster Afil e coordinato da Politecnico di Milano ed Università degli Studi di Bergamo. Quest’ultimo documento (di cui è disponibile una sintesi) è stato ufficialmente presentato proprio in occasione dell’evento Clusters Meet regions di Milano del 26 e 27 marzo 2024. In coerenza con la propria missione, Afil facilita e coordina iniziative volte a promuovere, l’innovazione e la collaborazione tra imprese, enti di ricerca ed istituzioni accademiche, con l’obiettivo di stimolare la crescita economica sostenibile e la creazione di posti di lavoro qualificati, concentrandosi su settori e temi chiave rispetto ai quali la Lombardia ha un vantaggio competitivo, come il Manifatturiero Avanzato e le tecnologie abilitanti. Partecipazione alle iniziative europee Il coinvolgimento attivo in iniziative europee del calibro di European Cluster Collaboration Platform, come Iniziativa Vanguard, Smart Specialisation Platform e Quattro Motori per l’Europa, permette ad Afil di facilitare ulteriormente la collaborazione tra Cluster e stakeholder regionali per lo sviluppo industriale delle regioni. Questa partecipazione consente di mettere a confronto modelli ed iniziative regionali, nonché di scambiare esperienze e buone pratiche con altre regioni europee, nell’ottica di creare sinergie e promuovere la cooperazione per affrontare le sfide comuni e sfruttare le opportunità disponibili. Focus sulla Twin Transition Afil riveste un ruolo fondamentale come punto di riferimento sulle tematiche della trasformazione digitale e sostenibilità nel manifatturiero lombardo. Le sue attività promuovono pratiche relative a digitalizzazione, circolarità e remanufacturing. In particolare, Afil supporta infatti le imprese nella trasformazione dei processi produttivi verso modelli più sostenibili e digitali, fornendo loro strumenti e risorse per affrontare questa transizione in modo efficace. A tali iniziative sul territorio si affiancano numerose attività implementate nell’ambito dei progetti europei di cui il Cluster Afil è partner, in particolare quelli co-finanziati mediante il nuovo strumento europeo Interregional Innovation Investments (I3): DeremCo (che mira a supportare le pmi del settore dei compositi nello sviluppo di nuovi modelli di business circolari e nella promozione dell’innovazione tecnologica), Batmass (il cui obiettivo è creare una “European Circular Battery Valley”, focalizzandosi sul riciclo e remanufacturing delle batterie) e Smart-Growth (finalizzato a promuovere l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nel processo di crescita dei cristalli per applicazioni industriali e, in particolare, nel settore della fotonica). Sempre sul tema della Twin Transition, Afil ricopre un ruolo attivo in altri progetti europei, presentati in occasione dell’evento Clusters meet Regions, come ad esempio, Adma TranS4MErs (finalizzato a supportare le Pmi manifatturiere nel proprio percorso di trasformazione digitale), AI Redgio 5.0 (che intende a promuovere l’adozione delle tecnologie di Intelligenza Artificiale nelle imprese manifatturiere), LCamp (che mira a sviluppare le competenze nel settore della manifattura avanzata), Pimap4Sustainability (volto ad accelerare l’adozione di soluzioni e processi digitali ed ecologici in ambito fotonica, materiali avanzati e manifattura avanzata), Plastix (che mira ad agevolare una trasformazione industriale verso un’economia efficiente delle risorse, con particolare riferimento alle politiche in ambito riciclo, riutilizzo e sostituibilità della plastica) e GreenSmartMed (il cui obiettivo è sviluppare una metodologia per favorire la cooperazione transnazionale tra gli attori della Quadrupla Elica). Organizzazione dell’evento Clusters Meet Regions a Milano Regione Lombardia ed Afil hanno visto nell’evento Clusters Meet Regions un’opportunità unica per sviluppare una narrativa coerente e integrata che illustri il ruolo dei Cluster Tecnologici Lombardi e le loro iniziative verso un pubblico più ampio. Attraverso l’organizzazione di questo evento, Afil ha voluto inoltre promuovere la propria visione e le proprie attività, evidenziando il contributo alla crescita economica sostenibile ed all’innovazione industriale a livello lombardo ed europeo. L’evento internazionale ha offerto infatti a Regione Lombardia, ad Afil ed agli altri Cluster regionali un’occasione per condividere esperienze, conoscenze e strategie con altre regioni e Cluster europei, contribuendo così a rafforzare la propria centralità nell’ecosistema industriale europeo. Read the full article
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Verona, Giorno della Memoria: sindaco Damiano Tommasi e dal Prefetto Demetrio Martino una rosa rossa sulle Pietre d'Inciampo in via Duomo e vicolo Stella.
Verona, Giorno della Memoria: sindaco Damiano Tommasi e dal Prefetto Demetrio Martino una rosa rossa sulle Pietre d'Inciampo in via Duomo e vicolo Stella. Proposte rispetto al passato molte iniziative che coinvolgono le giovani generazioni con attività dedicate. Per la prima volta è stata deposta dal sindaco Damiano Tommasi e dal Prefetto Demetrio Martino una rosa rossa sulle Pietre d'Inciampo in via Duomo e vicolo Stella. Coinvolte tutte le Istituzioni e Associazioni che compongono il Comitato Unitario per la Difesa delle Istituzioni Democratiche, con eventi e mostre fino a febbraio. Un mazzo di fiori e un piccolo ramoscello d'ulivo deposti al 'Vagone della Memoria', simbolo di quella deportazione che dal 1943 al 1945 decretò la morte nei campi di concentramento di milioni di civili. La sentita partecipazione dei cittadini veronesi, tanti, giunti questa mattina presto in piazza Bra per prendere parte alle celebrazioni e mantenere viva la memoria. In piazza anche molti giovani, in particolare ragazzi e ragazze delle scuole superiori, ai quali il Comune di Verona ha dedicato per la prima volta gran parte dell'ampio programma di appuntamenti – mostre, incontri, testimonianze, visite guidate, presentazioni - promosso in collaborazione con le Associazioni coinvolte. Una serie diversificata di workshop e di visite finalizzati ad accrescere il coinvolgimento, la partecipazione e il pensiero critico dei giovani sui drammatici fatti storici che hanno determinato una delle pagine più buie dell'umanità nel corso del '900. Fatti che hanno toccato anche la nostra città intera, ai quali è indispensabile tramandare memoria alle future generazioni. Verona celebra oggi, venerdì 26 gennaio, il Giorno della Memoria, ricordando la Shoah e tutte le sue vittime. Quest'anno infatti il 27 gennaio, in cui ricorre e si ricorda in tutto il mondo la data della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz nel 1945, cade di sabato, giorno in cui le Comunità ebraiche osservano lo Shabbat. Per questo Verona, in linea con quanto stabilito con la Comunità ebraica in tutta Italia, ha anticipato le celebrazioni. La commemorazione è iniziata in piazza Bra con la deposizione di una corona al monumento ai Deportati a cui hanno partecipato il sindaco Damiano Tommasi, il Prefetto Demetrio Martino, il Capo di Stato Maggiore del COMFOTER di Supporto Generale di Brigata Antonello De Sio e l'assessore alla Memoria storica Jacopo Buffolo. Tante le autorità istituzionali, civili e militari presenti, insieme ai rappresentanti di scuole e di università cittadine. Le autorità si sono spostate poi in Gran Guardia, accompagnate dai labari delle Associazioni combattentistiche e d'arma e il gonfalone della Città, per gli interventi ufficiali del sindaco Tommasi, del Prefetto Martino, della Presidente della Consulta Provinciale Studentesca di Verona Camilla Bardini, della Presidente del Consiglio degli Studenti di Verona Francesca Flori e dell'Oratore Ufficiale Dario Venegoni, presidente nazionale ANED. Presente anche l'assessore Buffolo. "Una comunità si regge e si costruisce sulla sua storia – ha dichiarato il sindaco Damiano Tommasi –. Ringrazio tutti e tutte per essere oggi insieme in una giornata fissata dal calendario ma che, come Amministrazione, abbiamo voluto raccontare con diversi linguaggi affinché abbia la sua funzione e possa avere una maggiore presa sui giovani. Oggi indosso la fascia tricolore della città, Medaglia d'oro al valor militare anche per i fatti accaduti durante l'ultimo conflitto mondiale. Purtroppo però la parola 'ultimo' sembra non essere più utilizzabile, visto quello che sta accadendo. Per questo vale la pena investire sulla parola 'Memoria', che è viva, e deve essere parte di una comunità. In alcuni casi viviamo ancora oggi purtroppo con le stesse dinamiche, con la presenza di conflitti, e non voltarsi dall'altra parte diventa fondamentale. Una comunità si costruisce infatti con due aspetti fondamentali. Uno è lo sguardo, perché non bisogna ignorare quanto accade, anche lontano da noi. Oggi ricordiamo i tanti uomini e le tante donne che non si sono girati dall'altra parte, e che ci permettono di raccontarci in un Paese democratico e di persone libere di esprimersi ed esprimere le proprie idee. Poi c'è la Memoria, che costruisce una comunità. Perderla è purtroppo una terribile malattia che colpisce tante persone, sane nel corpo, ma prive del ricordo. Immaginare quello che accade ad una comunità che la possa perdere ci dice invece quanto sia importante farsi raccontare e continuare a ricordare le dinamiche e i fatti che hanno portato all'ultima guerra del secolo scorso. Quello che raccontano i testimoni, ciò che hanno vissuto, ci aiuta a superare quei momenti. E' importante narrarli, riviverli, ricordare l'orrore, ma anche sapere che siamo qui perché ha vinto la parte migliore di quella parentesi di storia. Dobbiamo tenere alta l'attenzione e vivo lo sguardo delle nostre comunità. La memoria degli eroi e delle eroine, di quello che hanno subìto nonostante tutto, dimostra come la comunità abbia gli antidoti, la forza e l'energia per essere sempre più forti dell'odio e della violenza. Tutte le persone di una comunità contribuiscono a costruire quella comunità. Quest'anno sarà importante per Verona, a maggio avremo l'evento 'Arena di pace', e dobbiamo tutti avere una piccola responsabilità, che si fa nella quotidianità. C'è infatti un'altra violenza, un'altra dinamica terribile, che non è sotto i nostri occhi ma talvolta accade dentro le nostre case. Tutti piccoli e grandi segnali ai quali non bisogna distogliere l'attenzione. Serve uno sguardo clinico rispetto alle dinamiche relazionali attorno a noi. L'antidoto migliore sono il dialogo e la conoscenza, con una visione e una prospettiva che sia quella di raggiungere il 'cessate il fuoco' e la pace. Questo la nostra città lo vivrà insieme al Santo Padre, un grande momento e un grande monito per essere davvero un luogo di dialogo e di incontro che è connaturata in Verona per la sua posizione geografica e la sua storia. Oggi mi auguro che possa essere per tutti noi non solo il ricordo di un dramma ma, una pagina di storia da girare senza però dimenticarla o strapparla. Penso soprattutto ai ragazzi e alle ragazze, avendo dei figli della vostra età. Dobbiamo essere capaci di trovare nuovi linguaggi e nuove occasioni per fornire gli antidoti che sono davvero la nostra forza e il nostro orgoglio necessari e obbligatori per non perdere la memoria. Questo si può fare grazie a tutte le istituzioni e le associazioni presenti oggi e che quotidianamente sono attivi sul territorio". Insigniti, con la consegna da parte del Prefetto Martino e del sindaco Tommasi della medaglia d'onore concessa dal Capo dello Stato, anche i veronesi Bernardo Sterzi, unico ancora vivente, Alessandro Bazzica, Luigi Beccalossi, Ermenegildo Bertolaso, Ferdinando De Guidi. Giovanni Fasoli, Giuseppe Favaro, Narciso Giberti, Mario Smacchia, Pietro Tumicelli e Carlo Vignola. A ritirare le medaglie i familiari. Al termine delle celebrazioni in Gran Guardia, il sindaco Tommasi e il Prefetto Martino si sono recati in via Duomo e in vicolo Stella per deporre una rosa rossa sulle 'Pietre d'Inciampo' posizionate dal Comune di Verona, le piastre di ottone che riportano il nome delle vittime naziste per religione, etnia e idee. Oltre al nome, è riportato anche l'anno e il giorno della deportazione e, se conosciuta, la data della morte. Le due pietre d'Inciampo sono dedicate a Gilda Forti, in via Duomo, e Tullio Basevi, in vicolo Stella. E' poi seguito un momento di raccoglimento davanti alla Sinagoga. Presenti il sindaco Damiano Tommasi e l'assessore alla Memoria storica Jacopo Buffolo. "Le Pietre d'Inciampo ricordano e testimoniano la vita che c'è stata in questa città – ha dichiarato il Prefetto Demetrio Martino –. C'è un collegamento tra quello che è il dato storico e quello che è l'esperienza di persone che, purtroppo, oggi non ci sono più. È anche un modo per ricordare a tutta la cittadinanza che questi simboli devono essere custoditi affinchè non siano mai vilipesi, ma sempre ricordati per orientare anche i nostri comportamenti quotidiani verso quell'impegno che è stato assunto da coloro che sono venuti prima di noi, che dobbiamo mantenere e trasferire alle future generazioni". "È un momento molto importante perché viviamo in una città ricca di spazi della memoria legati alla deportazione e alla storia della Verona del 900 – ha ricordato l'assessore Jacopo Buffolo –. Andare a posare dei fiori alle Pietre d'Inciampo in memoria di Tullio Basevi e Giulia Forti è una valorizzazione dei luoghi da cui sono stati portati via per la deportazione verso i lager nazisti. Il lavoro costruito quest'anno è la prima tappa di un percorso di valorizzazione della nostra città e dei tanti luoghi di detenzione della Repubblica Sociale. Dalle nostre stazioni passavano i treni diretti ai campi di sterminio della Germania e dell'Europa Centrale. Valorizzare la nostra storia ci deve aiutare a ragionare su chi, a quel tempo, è stato connivente con questo sistema di detenzione, di deportazione e di sterminio, e chi invece, dall'altro lato, si è battuto per costruire una città più giusta, più libera, democratica e repubblicana come quella che abbiamo la fortuna di vivere oggi. Per la prima volta sono stati proposti workshop, per rendere più partecipi gli studenti e le studentesse presenti alla cerimonia ufficiale. Un'occasione pensata per dare loro momenti di riflessione, di ragionamento, di stimolo, perché in questo giorno siano protagonisti attivi. Sono stati realizzati nove appuntamenti, un gruppo di studenti è andato all'ex Campo di smistamento di Montorio, altri in piazza Bra hanno visitato la mostra, il vagone e partecipato ai laboratori. Inoltre abbiamo anche allestito la mostra sulla storia del ghetto di Verona in Biblioteca Civica". Il programma del Giorno della Memoria ha coinvolto in maniera corale, con una nuova modalità di lavoro avviata per la prima volta lo scorso anno dall'Amministrazione, istituti scolastici, Università di Verona, Archivio di Stato e tutte le istituzioni e associazioni che fanno parte del Comitato Unitario per la Difesa delle Istituzioni, tra cui i Figli della Shoah, la Comunità ebraica, l'ANED e l'ANPI di Verona e l'Istituto Veronese per la Storia della Resistenza e dell'Età contemporanea. Alle 14.30 l'assessore Buffolo ha partecipato alla cerimonia di deposizione di una corona di alloro al Cimitero Ebraico di via Badile. A seguire, alle 15.15, al Sacrario del Cimitero Monumentale. Tutti gli appuntamenti, che proseguiranno fino a febbraio, sul sito del Comune di Verona.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Valutazioni su Chat IA e cyber sicurezza
Siamo entrati da pochi giorni nel 2024 e i repentini cambiamenti tecnologici e informatici sono sempre più evidenti.
Questo induce noi di Vortici.it a fare chiarezza su alcune questioni tecnologiche non di poco conto ed ormai sulla bocca di tanti analisti: in particolare Chat IA e cyber sicurezza....
Articolo disponibile in formato audio:https://s5.ttsmaker-file.com/file/2024-01-08-173328_174709.mp3 Si evidenziano diversi fenomeni in costante espansione e ricchi di trappole. Tra questi si annoverano: un aumento degli attacchi hacker sponsorizzati da uno Stato o legati all’attivismo politico, l’interferenza nelle elezioni politiche o nei grandi eventi con l’intelligenza artificiale, diminuzione del phishing(un tipo di truffa effettuata su Internet attraverso la quale un malintenzionato cerca di ottenere informazioni personali, dati finanziari o codici di accesso, fingendosi un ente affidabile in una comunicazione digitale) e più siti fasulli in cui attirare gli utenti. Queste sono alcune delle previsioni per il 2024 nel settore della cyber sicurezza, che di anno in anno ha visto impennare gli attacchi: solo in Italia, secondo l’ultimo rapporto Clusit, questi ultimi sono aumentati di ben quattro volte. C’è poi un’altra emergenza ovvero la formazione sulla sicurezza che fattivamente non tiene il passo alle insidie sempre e comunque dietro l’angolo.
A fronte delle crescenti tensioni geopolitiche, aumentate a seguito del conflitto in Medio Oriente e dal protrarsi della guerra in Ucraina, il numero degli attacchi informatici promossi da uno Stato potrebbe aumentare nel corso del 2024, osservano gli esperti di sicurezza di Kaspersky. Questi attacchi saranno probabilmente la causa di furti o crittografia dei dati, violazione delle infrastrutture tecnologiche, spionaggio a lungo termine e sabotaggi informatici. E poiché i principali conflitti globali continueranno ci sarà “un aumento dirompente” del fenomeno dell’hackerativismo, come rilevano le previsioni 2024 di Google - Mandiant. L’attivismo online dal canto suo può prendere di mira obiettivi militari e istituzionali ma anche puntare alla diffusione di fake news(false notizie). Nell’anno in corso ci saranno tanti eventi politici, come le elezioni statunitensi a Novembre mentre a Giugno si voterà per le Europee, ma ci saranno anche grandi manifestazioni sportive, tra queste le Olimpiadi che si terranno a Parigi dal mese di Luglio. Occasioni, secondo gli esperti sicurezza di Fortinet, per mettere in atto attacchi informatici.
In particolare, in ambito politico, crescono i timori per l’uso sempre più diffuso dell’IA(Intelligenza Artificiale) generativa.
“Probabilmente vedremo l’intelligenza artificiale potenziare l’interferenza elettorale nel 2024 - ha spiegato a Forbes Shivajee Samdarshi, chief product officer di Venafi - Dalla creazione di deepfake convincenti all’aumento della disinformazione mirata, il concetto stesso di fiducia, identità e democrazia saranno sotto la lente”. “L’IA ha creato nuove strade per la criminalità informatica e la vigilanza proattiva contro gli attacchi diventerà una priorità sempre più importante - ha osservato Rob Price, della società Snow Software - Ciò sarà particolarmente difficile perché continueremo a vedere una carenza di persone formate per svolgere alcune delle funzioni di gestione della sicurezza informatica”.
Infine, gli utenti saranno tratti in inganno sempre meno dal phishing e sempre più dai siti fasulli. Un modo per attaccare meno sfruttato, poiché le e-mail e gli allegati che diffondono malware sono diventati molto diffusi e più individuabili da un sistema anti-spam o dalla maggiore consapevolezza degli utenti. L’obiettivo dei criminali informatici è sempre quello di rubare informazioni alle vittime. La tecnica (subdola aggiungiamo noi) consiste nel trarre in inganno gli utenti attraverso repliche di siti più famosi il cui indirizzo internet varia però di una o due lettere rispetto al dominio più popolare. “Ci sono milioni di collegamenti pericolosi su Internet portano le persone a siti falsi, dove vengono indotte con l’inganno a scaricare virus malevoli che si traducono in attacchi ransomware”, ha affermato il ricercatore di eSentire Keegan Keplinger al sito canadese Record. Anche per l’analista l’altra emergenza nel settore cyber è la formazione, che non tiene il passo all’aumento degli attacchi. Un'ultima considerazione importante: l'intelligenza artificiale è la nuova frontiera tecnologica dalle molteplici sfaccettature. Ci sono aspetti positivi e negativi. Per approfondire questo tema vi invitiamo a seguire l'interessante puntata di Presa Diretta cliccando qui: Intelligenza artificiale del 30/10/2023. Con il presente articolo riteniamo di avervi fornito molti spunti su cui riflettere in generale.Non ci rimane che augurarvi un Buon 2024. Ulteriori approfondimenti della nostra sezione Tecnologia: - L’intelligenza artificiale Immagine di copertina e altre immagini: Pixabay Read the full article
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Meloni riunisce il comitato Cybersecuirity: con i conflitti più attacchi
Giorgia Meloni ha riunito il comitato interministeriale per la cybersicurezza e, in una nota, Palazzo Chigi, sottolinea: “Si è valutato l’attuale stato di sicurezza cibernetica alla luce dei conflitti in Ucraina e Medioriente, a seguito dei quali si è registrato un incremento degli attacchi informatici e dell’attivismo hacker” anche “verso siti istituzionali”. I lavoratori del comitato…
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Quale è il ruolo dei genitori di Minori Gender Variant e soprattuttoi loro bisognidi tutela e i loro bisogni formativi?
Ricordiamo che i Minori Gender Variant non sono necessariamente transgender in adolescenza o da adulti, ma comunque hanno tuttə specifici bisogni di accoglienza del genere in quel momento esperito, soprattutto da parte dei genitori.
Il problema principale dei genitori è che avere un figli@ Gender Variant causa conflitti o rotture di relazioni anche gravi con:
1) altri parenti
2) amici
3) vicini
4) negozianti
5) colleghi di lavoro
Generalmente tutti giudicanti e generalmente colpevolizzanti soprattutto la madre del minore Gender Variant.
Molto completa questa Review del 2022 che specifica ogni singolo passaggio che può diventare problematico nella vita di un genitore di minore Gender Variant e quindi indica un percorso di supporto sociale e psicologico, basato anche su gruppi di pari, come in Italia AGeDO Nazionale , ma soprattutto su informazioni scientifiche qualificate ed assistenza sociale per i genitori stessi:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC9265819/
Spieghiamo poi come sulla base di questa ricerca si sono iniziati a capire gli specifici bisogni dei Genitori di Minori Gender Variant:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC10322789/
che sono descritti quali bisogno di:
1) informazioni di base sull'identità di genere e la trans-competenza,
2) ascoltare diverse narrazioni di esperienze e identità di TNB,
3) capire cos'è la disforia di genere,
4) conoscere interventi non medici per l'affermazione del genere,
5) conoscere soprattutto gli effetti collaterali o non reversibili degli interventi medici per l'affermazione del genere
6) condividere risorse per il sostegno tra pari.
Quest'altra Review sempre del 2022 mostra invece gli ostacoli istituzionali incontrati dai genitori di minori gender variant:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC9319694/
1) l'ignoranza del sistema sanitario e dei pediatri nel merito quando non la transfobia e la colpevolizzazione dei genitori
2) l'importanza dei gruppi di supporto con altri genitori di minori gender variant
3) l'accoglienza sempre più positiva delle scuole verso le carriere ALIAS ma soprattutto il contrasto al bullismo omo-transfobico
4) altre condizioni istituzionali come i documenti in caso di viaggio, all'epoca del Covid il Greenpass, il supporto o l'emarginazione nello sport ecc.
#genitori #gender #transgender #minori #amigay #agedo
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6 lug 2023 11:00
LO SCOOP DI “DOMANI” E’ UN’ALTRA MAZZATA PER LA SANTANCHE': DANIELONA HA SEMPRE DETTO DI NON AVERE CONFLITTI DI INTERESSE DA MINISTRA DEL TURISMO PERCHÈ HA VENDUTO LA QUOTE DEL "TWIGA". MA ORA, PER RISTRUTTURARE IL DEBITO CON IL FISCO DI "VISIBILIA", SANTANCHÈ SOSTIENE CHE L’IMPEGNO SARÀ "SODDISFATTO" ANCHE GRAZIE ALLE "DISPONIBILITÀ" CHE "DERIVERANNO" DA UNA PERCENTUALE SUGLI INCASSI DEL LOCALE DEI VIP DI BRIATORE, TRAMITE UNA SOCIETÀ DI CUI LA MINISTRA È AZIONISTA (TRAMITE IMMOBILIARE DANI) INSIEME AL SUO COMPAGNO DIMITRI KUNZ D’ASBURGO LORENA. QUINDI, PIÙ SOLDI FA IL TWIGA, PIÙ LEI INCASSA E PAGA IL FISCO! UN CONFLITTO DI INTERESSE TOTALE…
Estratto dell’articolo di Giovanni Tizian per editorialedomani.it
«Mi sarei aspettata un plauso per aver impiegato il mio patrimonio per salvare le mie aziende». La standing ovation non c’è stata per la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, anche ribattezzata ministra dei debiti. Sulle esposizioni debitorie ha però dimenticato di dire alcune cose, che Domani è in grado di rivelare.
Contenute in un documento finora inedito, presentato dai legali di Santanchè al tribunale fallimentare di Milano: si tratta della domanda di ristrutturazione del debito presentata per salvare Visibilia dal fallimento. In queste pagine è citato il Twiga, il noto locale di cui è stata socia Santanchè insieme all’amico di una vita, Flavio Briatore.
La ministra a novembre 2022 ha venduto le quote, ufficialmente per evitare conflitti di interesse vista la sua nuova veste governativa di titolare del Turismo. Dall’atto del 29 maggio 2023 firmato dagli avvocati e diretto alla sezione fallimentare di Milano emerge che per “tranquillizzare” il fisco e i giudici, Santanchè sostiene che l’impegno sarà «soddisfatto» anche grazie alle «disponibilità» che «deriveranno» da una percentuale sugli incassi del locale dei vip di Briatore, tramite una società di cui la ministra è azionista (tramite Immobiliare Dani) insieme al suo compagno Dimitri Kunz d’Asburgo Lorena.
Quel che riportano i legali della ministra rischia di mettere in serio imbarazzo non solo Santanchè ma l’interno governo, Meloni su tutti: il meccanismo messo a punto per pagare il fisco rimette infatti al centro dell’affaire il Twiga e il conflitto di interesse della ministra.
Ufficialmente risolto, secondo gli amici della senatrice, nel momento in cui Santanchè ha venduto le quote incassando 2,7 milioni di euro, poco dopo aver ricevuto l’incarico. Una parte le ha cedute al suo compagno, le altre a Briatore.
Ora però scopriamo che quel filo finanziario tra la ministra e il Twiga non è stato del tutto reciso: tanto più lo stabilimento fattura, tanto più lei riesce a saldare i debiti con l’agenzia delle entrate. Peccato che il suo ministero ha mantenuto le deleghe alle concessioni balneari.
Alla prima riunione del tavolo tecnico-consultivo sulle concessioni, convocato nei giorni scorsi, alla riunione con le associazioni balneari per discutere della messa al bando o delle proroghe, c’erano i due più stretti collaboratori di Santanchè: il vice capo di gabinetto e il consigliere per i rapporti istituzionali della ministra.
Santanchè ha riferito al Senato sulle indagini della procura di Milano inerenti la galassia aziendale di cui è o è stata amministratrice, azionista, gestore. Di cose da dire ce ne sarebbero state tante. A partire dai debiti milionari con banche e fisco.
(...)
Una delle maggiori esposizioni debitorie di Visibilia è con il fisco. Inizialmente era pari a 1,9 milioni. I legali di Santanchè hanno presentato una proposta di accordo del valore di 1,2 milioni. «Con riguardo al debito fiscale, che, si ricorda, è oggetto di proposta di transazione fiscale, esso (in caso di adesione), verrà pagato nella misura del 70 per cento del totale, e dunque per una somma pari ad € 1.294.859 da corrispondersi in 120 mesi».
La richiesta in pratica è di abbattere il debito e rateizzarlo in dieci anni. Poi nella relazione dello studio che assiste Santanchè gli avvocati spiegano come verrà pagata la somma. L’impegno sarà soddisfatto dalla società Immobiliare Dani, «partecipata al 95 per cento» da Santanchè.
Non solo, aggiungono che «in particolare le disponibilità economiche deriveranno» anche «dalla partecipazione che Immobiliare Dani S.r.l. detiene in Ldd sas di Kunz Dimitri d’Asburgo Lorena (compagno della ministra, ndr), società partecipata al 50 per cento da Immobiliare Dani s.r.l. e al 50 per cento da Dimitri Kunz d’Asburgo Lorena». Inoltre, sottolineano, che da Ldd «Immobiliare Dani (cioè Santanchè, ndr) percepisce il 90 per cento degli utili».
Ecco però il nocciolo della questione che può essere controproducente per la ministra: «Per completezza, si precisa che Ldd sas di Kunz Dimitri d’Asburgo Lorena è una società di management che si occupa della gestione della Twiga S.r.l. e che per l’anno 2023 fatturerà alla Twiga S.r.l. stessa una fee pari al 3,5 per cento del fatturato di quest’ultima».
Quindi: grazie alla partecipazione nella società condivisa con il compagno incasserà una percentuale dalla gestione del Twiga di Briatore. Denaro che potrà essere usato per saldare il debito con il Fisco.
«Considerato che nel 2022 il valore di produzione della Twiga s.r.l. è stato pari a 8,4 milioni di euro e che è preventivabile un risultato analogo per l’anno 2023, è ragionevole ritenere che LDD sas di Kunz Dimitri d’Asburgo Lorena fatturerà alla Twiga S.r.l. il 3,5 per cento della somma di 8,4 milioni, ovverosia 295.279 euro di cui il 90 per cento» spetterà alla «Immobiliare Dani S.r.l. (precisamente € 265.751,14 oltre iva)».
E se non dovesse bastare questa contorta ma notevole garanzia con il brand Twiga, «ad estrema tutela del Creditore-Fisco, anche tale debito è oggetto del Vincolo di destinazione di cui infra». Quest’ultimo riferimento è al vincolo, rivelato da Domani, sulla villa in centro a Milano fatta valutare da un perito 6 milioni di euro e messa a garanzia delle esposizioni con banche e Agenzia delle Entrate.
La ministra ha detto di parlare vestendo i panni «dell’imprenditore», di essere orgogliosa delle sue attività. Per prima cosa ha ricordato il suo ingresso nel settore editoriale: «Credo che tutti quelli che oggi fanno impresa possono capire bene quello che sto dicendo», coloro che «stanno lottando per tenere in vita le loro imprese».
Avrà pure indossato gli abiti dell’imprenditrice un tempo di successo, ma avrebbe dovuto anche ricordare ai suoi colleghi parlamentari che nel ricorso dei suoi avvocati per la ristrutturazione dei debiti è esaltato il ruolo di senatrice che ricopre.
Anche in questo caso come garanzia per evitare il fallimento. Non tutti gli imprenditori possono giocarsi questa carta: «Si rileva, peraltro, che la socia di maggioranza, dott.ssa Daniela Garnero Santanchè, oltre ad essere socio di riferimento delle diverse società menzionate nel presente ricorso, riveste anche la carica di Senatrice della Repubblica, in funzione della quale percepisce un’indennità pari a 95mila euro netti annui: tale ammontare costituisce ulteriore risorsa a disposizione del Socio di maggioranza in funzione del sostegno finanziario da prestare in favore della Società per il pagamento dei debiti e, dunque, del buon esito degli Accordi».
Una politica, dunque, che sta tentando il tutto per tutto per salvare le aziende dal fallimento e dall’inchiesta per bancarotta.
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COMUNICATO N°15
Salve belle anime, questo comunicato perché ogni tanto mi viene consigliato di lasciar perdere "quel tale", "quell'altro", o perché "questo fa'così", "quella è ecc…ecc…", e mi viene quindi suggerito e/o consigliato di stare in guardia… Insomma, nel corso di questi 3 anni e mezzo (3 anni se togliamo quei mesi nei quali ancora non ci si conosceva) ho incontrato e conosciuto persone fantastiche; alcune anche dall'ego molto forte, alcune rivelatesi un poco "banali" ma per la maggior parte molte di loro persone di grande ❤️. E del resto, se è vero che ci sono persone che possono apparire "ambigue", "subdole", "superficiali", ciò che comunque dovrebbe importare è che vi sia dialogo, comprensione ed empatia e soprattutto ricordo che le affinità tra due o più persone sono differenti tra una di queste e altre (e spero di essermi fatto capire). Inoltre, come spesso ripeto fino alla nausea, ricordiamoci che dovremmo continuare a estendere questa rete di belle anime e che per quanto l'obiettivo sia uno solo, sono tante le strade per arrivarci. Quindi, pur apprezzando e considerando i vostri consigli, vado avanti per la mia strada e chiudo qui questa osservazione personalissima, e vi invito invece alla solidarietà verso il popolo romagnolo afflitto negli scorsi giorni da una catastrofe inaudita
che dovrebbe prepararci alle proprie discriminazioni verso chi dissente riguardo all'ipotetico cambiamento climatico. Avrei da aggiornare anche sul contributo arrivatomi in seguito a un mio recente post riguardo al mio notevole impegno che sto portando avanti da circa 2 anni (addirittura 3 e mezzo se si considera che sono uno dei primi "complottisti" di Bergamo) per cui ringrazio veramente di 💖 chi ha potuto venirmi incontro, ma pure chi non ha potuto farlo rimane sempre nel mio ❤️🙏!!!
Sempre a proposito di questo comunicato, e come dico spesso, in questo messaggio che è perlopiù rivolto a vari operatori (olistici, docenti, di impegno politico, filosofico, ecc…) non mettetevi MAI in competizione, ma condividete le vostre esperienze, fate che quelle del vostro "concorrente" in realtà diventino anche le vostre, prendendo semplicemente il meglio delle loro esperienze, ma considerando anche che dalle esperienze non proprio belle, possono scaturire esempi di vita e di come tali vissuti possano poi trasformarsi in risorse preziose per chi volesse trarne un insegnamento. La competizione e i conflitti tra persone e movimenti portano solo invidie, gelosie, rancori e negativizzano le nostre energie, facendoci chiudere nelle nostre "gabbie" e rischiando di rendere inutili i nostri sforzi; mentre le condivisioni e le collaborazioni aiutano a renderci sempre migliori, facendoci fare un salto di qualità personale attraverso il dialogo e il confronto.
…ed essendo in vena di esternazioni, vorrei precisare e puntualizzare alcune cose come il fatto che nei social rarissimamente mi leggerete per prendere in giro o criticare chi si è fatto "va((inare", in quanto ritengo che le maggiori vittime siano proprio loro
che invece hanno bisogno di comprensione, affetto e aiuto da parte nostra, anche per non dare adito al fatto che se fino a pochi mesi fa eravamo noi i discriminati, ora diventeremmo noi coloro che discriminano, quando invece dovremmo farli sentire parte di noi che non dovremmo per niente lasciarci andare alle "provocazioni istituzionali". Questo messaggio si lega in parte a ciò che ho scritto qualche riga sopra, in quanto il fatto di rimanere uniti a prescindere di chi "è pro" o "è contro" sia la cosa migliore che si debba fare. E questo messaggio valga per tutti e che il nostro atteggiamento di apertura e di amore per gli altri "diversi" da noi sia per tutte le persone, compresi i commercianti che ci chiedevano il "green pass". Mancanza di coerenza? No, semplicemente prendere atto che con il rancore, l'odio, il risentimento e la voglia di vendetta non si risolve nulla, ma con amore, affetto, empatia e dialogo oltre che con la massima comprensione possibile, ogni traguardo di libertà non sia proibito. Un altro motivo che mi spinge a non pubblicare notizie di persone decedute, è perchè non sempre le cause sono dovute agli "pseudo-va((…Quindi non dimostriamoci presuntuosi quando le vere cause ancora non le conosciamo, o meglio: l'idea è quella ma esserne convinti al 100%, anche no! Lo stesso valga per le recenti devastazioni e alluvioni e per alcuni episodi che pare abbiano influito sulle piogge nei giorni scorsi in Romagna.
Siamo davvero sicuri delle cause? Per cui, prima di azzardarci in cause che seppur di rado non sono quelle che sembrano, portiamo almeno rispetto per coloro che ci hanno lasciato e certe conclusioni teniamocele per noi.
E con questo consiglio vi saluto augurandovi buona giornata.
Grazie belle anime!!! 🙏🌈❤️☀️
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L’incontro al vertice tra il presidente turco Erdogan, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen non ha lasciato indifferente l’intellighenzia del nostro paese, sebbene per motivi differenti da quelli che ci si sarebbe potuti aspettare; basta una rapida occhiata alle notizie diffuse sui quotidiani, sulle pagine facebook e sugli account twitter di giornalisti, politici e intellettuali nostrani per capire quale sia immediatamente diventato il fulcro dell’attenzione, sotto quale lente – in altre parole – sia stata letta la vicenda del cosiddetto “sofagate”: quella del sessismo. A differenza di Michel ed Erdogan, seduti accanto alle bandiere di rappresentanza, Ursula von der Leyen è stata invitata a sedere sul divano poco distante, dirimpettaia al ministro degli Esteri turco, seduto anch’esso sul divano. Già qualcosa, nella lente sessista, vagamente s’incrina, a meno di non voler credere che il ministro degli Esteri turco sia anch’esso una donna. La divisione di sedute, insomma, non sembra seguire una logica di genere, ma piuttosto una di ruoli.
Per inquadrare meglio la vicenda è bene sapere alcune cose: il cerimoniale diplomatico turco prevede che alla destra del Presidente Erdogan sieda il capo della delegazione diplomatica in visita – che in questo caso era Charles Michel. In passato, la Turchia ha tuttavia sempre assecondato le richieste UE aggiungendo il Presidente di Commissione alla sinistra del capo di Stato; in questo caso ha invece sospeso la cortesia, mandando certamente un messaggio politico che sarebbe bene però inquadrare nel modo giusto, senza isterismi di sorta e soprattutto dando il giusto valore alle parti coinvolte e alla posta in gioco.
Il secondo aspetto necessario per capire perché proprio la von der Leyen sia finita sul divano (e non sul tappeto, comunque, né nella stanza accanto, ci terrei a sottolineare) e perché, probabilmente, Charles Michel non si sia alzato cedendole il posto, attiene all’equilibrio istituzionale dell’Unione Europea per quello che riguarda, in particolare, le competenze di politica estera che sono rimaste per lo più prerogativa degli Stati membri: è infatti il Consiglio europeo, presieduto da Michel, a stabilire gli interessi strategici, gli orientamenti generali e gli obiettivi della politica estera. Con gli ultimi trattati, le competenze in politica estera vengono condivise con gli organi sovranazionali dell’UE, Presidente di Commissione e Alto Rappresentante, ma l’equilibrio istituzionale è ancora fortemente spostato sul versante intergovernativo. I conflitti in materia tra le stesse istituzioni europee sono all’ordine del giorno e non serve Erdogan affinché talvolta gli interessi politici degli Stati membri prevarichino i protocolli o le cortesie istituzionali.
Il “sofagate” non è dunque frutto della nostra immaginazione; qualcosa è effettivamente successo nei palazzi turchi, ma è qualcosa che poco ha a che fare con il genere o il sesso della von der Leyen e molto con il suo ruolo, che è quello di massima rappresentante dell’istituzione che più di tutte certifica la natura sovranazionale dell’Unione europea, dell’istituzione, cioè, che differenzia in modo assoluto l’Unione da qualunque altra normale organizzazione internazionale e che rappresenta i 27 stati membri come parti di una stessa entità e non come entità separate e tra loro negozianti. Il messaggio di Erdogan appare perciò chiaro: non attribuire alla von der Leyen il ruolo riconosciuto invece al rappresentante dei capi di Stato e di Governo negando con ciò all’Unione lo status di entità autonoma e sovranazionale. Potrebbero sembrare sottigliezze, ma non lo sono affatto: negoziare con il più potente blocco commerciale del mondo e negoziare con 27 Stati per lo più divisi su molte importanti questioni internazionali sono due faccende completamente diverse.
Chi scrive non intende certo negare la scarsa propensione del presidente turco verso l’universo femminile, né escludere del tutto la presenza di una certa malizia nel gesto; potremmo anche ritenere probabile che il sesso della von der Leyen abbia costituito in ultima analisi un ostacolo in meno al verificarsi dello sgarbo. Ma il fatto è che a noi tutto ciò dovrebbe interessare limitatamente: non è della cortesia o scortesia maschilista di Erdogan che ci dovremmo ritenere soddisfatti o insoddisfatti, ma del fatto che questa possibilità di esprimere cortesia o scortesia esista in primo luogo. E non perché Ursula von der Leyen sia una donna, ma perché in quel contesto Ursula von der Leyen rappresenta l’Unione europea, istituzione di cui tutti, volenti o nolenti, facciamo parte come cittadini.
Non stiamo parlando d’altra parte di una donna vessata, la cui vita e il cui destino siano stati costretti senza scampo dalla feroce gabbia del patriarcato. Ursula von der Leyen è un medico, attiva in politica dagli anni ’90, tre volte ministro della Repubblica Federale di Germania – ovvero di uno dei paesi più potenti del mondo – ed ora presidente della Commissione europea. Ha davvero bisogno che un coro d’indignazione si alzi, non per difendere ciò che rappresenta, non per difenderne il ruolo, ma perché trattata male “come donna”? La verità è che non ne ha affatto bisogno, così come non ne ha bisogno alcuna donna che ricopra una posizione di potere. Sostenere il contrario significa sostenere che la sua rilevanza dipenda dal riconoscimento altrui del suo valore “come donna”, quando invece la sua rilevanza, in quel contesto, dovrebbe essere da ciò completamente disconnessa e dipendere esclusivamente dai rapporti di forza in cui il suo ruolo istituzionale si inserisce: ben poco favore mi pare si porti alla causa femminista trattando ancora una volta come specie protetta qualcuno che nei fatti non ha alcun bisogno di protezione. Questo però è un trend ormai consolidato: rivendicazioni di forma, richieste di attenzioni, vittimismo, riconoscimento esterno, connotano gran parte del discorso femminista di ultima generazione, sebbene per fortuna non in maniera totalizzante. Sfugge forse che tutto ciò che è concesso sul piano della contrattazione sociale e che non sia sostenuto da un reale cambiamento negli equilibri di potere è destinato ad avere vita breve: ogni questione di principio può essere facilmente ritrattata nel momento in cui tale principio non sia più ideologicamente supportato.
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Alta sicurezza e processi sulle rivolte. Le vite sospese dei detenuti
Mario S. sta scontando un ergastolo dal 1983, quando è entrato in prigione venticinquenne. Quattro anni prima suo padre era stato ucciso in Calabria per una vendetta trasversale. Mario aveva quindi lasciato il suo lavoro e aveva iniziato la caccia agli assassini, che ha poi a sua volta ucciso in meno di due anni. In quello stesso periodo è diventato un uomo importante tra i clan del Tirreno cosentino, finché non è stato arrestato, processato e condannato.
Venticinque anni dopo, alla soglia dei cinquanta, Mario si era guadagnato la semilibertà per poter lavorare all’esterno del carcere, dove ritornava solo per la notte. Sei anni dopo la misura gli è stata revocata: Mario era stato rinviato a giudizio con l’accusa di aver ricostruito il vecchio clan calabrese. In seguito al procedimento è stato recluso in regime di alta sorveglianza nel carcere di Parma.
Nel 2017 Mario è stato assolto in appello con formula piena. I pm non hanno fatto ricorso. A questo punto i legali hanno chiesto al Tribunale di sorveglianza di ripristinare i benefici che si era guadagnato, ma il giudice, pur prendendo atto dell’assoluzione, ha respinto la richiesta perché il detenuto avrebbe dovuto ricominciare un percorso per dimostrare la sua affidabilità. Le relazioni redatte dal carcere parlano di un “comportamento corretto, assenza di sanzioni, manifesta cortesia, disponibilità e interesse, relazioni rispettose, rapporti assidui con i tre figli, due dei quali affetti da handicap”. Eppure Mario, che oggi ha quasi settant’anni, ha passato tutta la sua vita in galera e si trova in una sezione di alta sicurezza per un reato dal quale è stato assolto.
I circuiti di alta sicurezza nascono all’inizio degli anni Novanta, quando il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria comincia la progettazione dei cosiddetti “binari differenziati” – ancora oggi l’unico orizzonte del potere penitenziario –, stabiliti a seconda del reato per cui l’imputato è giudicato o condannato, e della sua pericolosità. L’architettura è semplice da escogitare, non bisogna far altro che raccogliere l’esperienza di campo della repressione dell’eversione rossa (i “circuiti dei camosci”, così venivano chiamate le prigioni speciali dei sovversivi): in accordo con i meccanismi di premialità che reggono la “rinegoziazione” dei benefici, quei gironi infernali – diversificati in As1, As2, As3, regime 41-bis op. – rappresentano infatti la massima espressione dell’internamento.
La corsa per i benefici, in questo scenario, diventa una perdita di tempo, dal momento che, come nel caso di Mario, sembra mancare sempre qualcosa per ottenerli. Fa parte del gioco, non è una disfunzione burocratica, perché l’obiettivo non dichiarato del “controllo premiale” è quello di prendere tempo (tra équipe di valutazione, osservazioni della personalità, visite psichiatriche, indagini familiari, udienze nei tribunali, ecc.) costruendo una dimensione astratta di attesa e desiderio in cui il soggetto si disgrega, ricomponendo e decomponendo le proprie speranze.
I PROCESSI DOPO LE RIVOLTE
L’inferno di prove da superare, interrogatori, attese, provocazioni e minacce – orizzonte comune e quotidiano per tanti ristretti – è il vortice in cui si muovono da mesi anche i ventidue detenuti che dal 18 gennaio cominceranno le udienze del processo per la rivolta al carcere di Milano Opera dello scorso 8 marzo. Le accuse ai loro danni sono incendio, danneggiamenti, resistenza a pubblico ufficiale, con aggravanti che potrebbero portare a pene fino ai quindici anni. Le accuse, in alcuni casi, sono però fondate solo su una “auto-denuncia” attraverso cui molti detenuti ammisero, nelle ore successive alle sommosse, di aver partecipato ai fatti. Nel corso dei mesi i familiari hanno riferito che su molti accusati furono fatte forti pressioni dalle autorità penitenziarie per indurli a firmare il documento.
Se la storia processuale di quei giorni è ancora tutta da scrivere, l’impressione è che gli eventi che si sono susseguiti prima, durante e dopo le rivolte, in decine di carceri in tutta Italia, avranno un destino molto diverso gli uni dagli altri, e i procedimenti si trasformeranno in processi in tempi più o meno lunghi, a seconda del lavoro e delle letture da parte delle procure e dei pubblici ministeri. Accanto ai processi nei confronti dei detenuti, ci sono infatti anche quelli ai danni degli agenti di polizia (non solo penitenziaria) che entrarono nei reparti di diverse carceri compiendo blitz punitivi, pestaggi, violenze ai danni dei detenuti.
Un elaborato percorso di indagini ha avuto come oggetto in questi nove mesi una tra le più volente irruzioni di poliziotti nelle celle, la “mattanza” del carcere campano di Santa Maria Capua Vetere. Le accuse della procura non sono ancora note perché le indagini non sono chiuse, ma le ipotesi di reato denunciate dall’associazione Antigone sono pesanti: tortura, omissioni di referto, falsificazione delle cartelle cliniche, abuso di autorità.
Per quanto riguarda le altre inchieste, non si riescono ad avere notizie precise su quanto accade a Milano e Modena, dove si sono registrati nove dei tredici decessi. Da mesi si parla di due inchieste di cui però non hanno notizie neppure gli avvocati di fiducia dei detenuti che hanno presentato gli esposti. Quello scritto dai cinque trasferiti da Modena ad Ascoli Piceno racconta nel dettaglio le violenze subite al termine della rivolta, durante il trasferimento, e una volta giunti nel nuovo penitenziario, quando il loro compagno Salvatore Piscicelli trovò la morte in cella, dopo essere stato a lungo percosso e visitato solo sommariamente in infermeria.
Una situazione simile riguarda anche il carcere di Foggia, all’interno del quale si sono verificati eventi che ricordano in maniera inquietante quelli di Santa Maria Capua Vetere: violenze e pestaggi a freddo, a rivolte ampiamente terminate, denunciate dai detenuti solo una volta liberati, tramite un esposto presentato con il supporto dell’associazione Yairaiha.
Da questo punto di vista è molto importante mantenere alta l’attenzione, perché le valutazioni degli inquirenti (numero di indagati e reati contestati) oltre a marcare una linea politica, saranno fondamentali per misurare la concretezza degli eventuali processi.
I SILENZI DEL MINISTRO
Alcuni dei detenuti coinvolti nelle rivolte furono trasferiti con grande fretta, subito dopo i fatti, nel carcere di Vigevano, un penitenziario che difficilmente raggiunge gli onori delle cronache, anche a causa della presenza di molti detenuti di origine straniera, i cui familiari fanno ancora più fatica a trovare voce. Le denunce raccolte da Napoli Monitor raccontano però di rapporti molto tesi tra detenuti e personale penitenziario, di casi di Covid che la direzione avrebbe provato a occultare, di ritorsioni rispetto alle proteste dei detenuti. La scorsa settimana un giovane tunisino ha tentato di impiccarsi; un grave atto di auto-lesionismo, in segno di protesta per la gestione quotidiana del carcere, è stato denunciato dai familiari di un altro ristretto; a fine novembre una prigioniera, che qualche giorno prima aveva incendiato il materasso della propria cella, ha avuto una “colluttazione” (così viene definita nelle veline) con un gruppo di agenti, successivamente a una visita in infermeria e alla somministrazione di psicofarmaci.
Mentre i sindacati di polizia, però, si esprimono su eventi e situazioni come queste solo per chiedere un aumento delle misure repressive nei penitenziari (nei loro comunicati è una costante la domanda d’uso delle pistole elettriche), il ministro della giustizia Bonafede continua a evitare di esprimersi sulle condizioni strutturali e sulla gestione autoritaria del quotidiano detentivo. Il 31 dicembre scorso il ministro ha visitato il carcere di Poggioreale, con un’inutile passerella che ha lasciato alla popolazione carceraria e agli operatori penitenziari solo un vuoto retorico. Sebbene l’istituto napoletano sia l’emblema dei fallimenti degli ultimi quarant’anni anni, Bonafede non ha ritenuto opportuno spendere nemmeno una parola sul contesto normativo, profittando del fatto che le richieste di modifica del sistema si perdono allo stato in inutili tecnicismi, nella riproduzione ideologica di vecchie battaglie, nelle futili istanze etico-religiose. Tutti tentativi che difficilmente si radicano negli strati sociali e che non trovano forza in un movimento generale di trasformazione, assente da tempo.
Quello che abbiamo davanti è insomma un quadro poco rassicurante, tanto più se si considera che l’insieme dei procedimenti a carico della polizia penitenziaria, il numero raddoppiato dei suicidi nel 2020, le morti e le brutalità nella gestione di episodi come quelli di marzo, restituiscono l’immagine di un sistema punitivo attraversato da enormi conflitti. Gli apparati istituzionali sono ormai privi di strumenti di assorbimento, perché le strutture disciplinanti previste dalla riforma del 1975 di fatto non servono più a nulla. Serve ossigeno. (luigi romano / riccardo rosa)
Da napolimonitor
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Regione Salento: un sogno durato lo spazio d’una sera
di Nazareno Valente
Con telegramma del 18 dicembre 1946, il deputato Vito Mario Stampacchia comunicava con esultanza al sindaco di Brindisi, Francesco Lazzaro, che la sottocommissione costituente aveva deliberato l’istituzione della Regione Salento.
Dal tono del telegramma sembrava che fosse ormai cosa fatta, invece così non era, tanto è vero che, nel prosieguo dell’iter, la proposta si arenò o, per essere più precisi, fu fatta sparire, perché depennata dall’elenco.
In conclusione, non se ne fece nulla.
Ciò che avvenne si tinge in effetti di giallo. Un giallo tuttora da risolvere, considerato che l’assassino rimane avvolto nell’ombra. Certo si conosce l’organismo che, al momento opportuno, tolse la Regione Salento dall’elenco, ma è avvolto nel mistero chi fu il reale mandante di questa decisione. C’è però qualche sospetto, ed i più sono propensi a credere che fu Aldo Moro, allora deputato della Costituente, l’autore dell’intervento che mortificò le aspirazioni della nuova regione.
In effetti, tutti gli indizi fanno credere che Aldo Moro non fu estraneo ai fatti, anzi ne fu uno dei più ragguardevoli artefici. Ma non certo il solo. Né forse quello principale. Ci furono varie circostanze sfavorevoli che tramarono contro il progetto ma, in maniera preponderante, pesò sulla decisione la dura posizione assunta a riguardo da un’altra forza politica, che Moro sfruttò per salvaguardare gli interessi dell’elettorato barese.
Almeno questo a mio parere; parere maturato dopo attenta lettura dei verbali dei vari organismi della Costituente che deliberarono sull’autonomia regionale.
Per poterci capire qualcosa è necessario ritornare a quei tempi e ricostruire la situazione politica d’allora e le modalità con cui l’organo costituente decise di operare.
In merito a quest’ultimo punto, l’Assemblea Costituente si riunì per la prima volta il 25 giugno 1946, senza che il governo avesse in precedenza elaborato un progetto di Costituzione. Ciò rese necessario che fosse preliminarmente definito un progetto organico ed articolato da sottoporre poi alla discussione delle sedute pubbliche dell’Assemblea. Per questo motivo la Costituente nominò al proprio interno una “Commissione per la Costituzione”, incaricata di redigere uno schema che l’Assemblea avrebbe poi valutato articolo per articolo. Tale commissione, composta da 75 deputati della Costituente in modo da rispecchiarne la composizione partitica, prevedeva al proprio interno tre rappresentanti eletti nella circoscrizione salentina Lecce-Brindisi-Taranto, vale a dire Giuseppe Codacci Pisanelli (Democrazia Cristiana, nel seguito DC), Giuseppe Grassi (Unione Democratica Nazionale, che accorpava centristi e liberali) e Ruggero Grieco (Partito Comunista Italiano, PCI), oltre ad altri personaggi politici di spicco, quali, ad esempio, Nilde Iotti e Palmiro Togliatti del PCI e Aldo Moro della DC.
Nella prima riunione del 20 luglio la Commissione dei 75 si suddivise in tre sottocommissioni, ciascuna incaricata di definire il testo riguardante specifici argomenti istituzionali. La trattazione dell’autonomia regionale toccò alla seconda Sottocommissione che iniziò ad esaminare una prima bozza redatta da un gruppo di lavoro di dieci suoi componenti coordinati dal deputato Ambrosini (DC).
Sin dall’inizio dei lavori sorsero non banali conflitti di competenza tra le varie sottocommissioni, per cui la Commissione dei 75 decise la costituzione di un comitato di 18 suoi componenti, incaricato di esaminare i testi prodotti dalle tre sottocommissioni e di compilare un progetto organico ed unitario. Questo comitato fu chiamato “Comitato di redazione” o anche “Comitato dei 18” e tra i suoi componenti comprese, tra gli altri, Giuseppe Grassi e Ruggero Grieco eletti nella circoscrizione salentina, Aldo Moro e Palmiro Togliatti, come già riportato esponenti di rilievo dei partiti allora maggioritari, vale a dire la DC ed il PCI.
La situazione politica era infatti condizionata da questi due partiti di largo seguito. Il PCI poteva contare sull’appoggio dei socialisti, presentatisi alla consultazione avendo messo d’accordo le varie anime del partito, da quella più moderata a quella più radicale. La sigla stessa (PSIUP, Partito Socialista di Unità Proletaria) esprimeva però una qual certa preponderanza della corrente vicina alle posizioni comuniste. Il rapporto di forza era così quasi equamente controbilanciato: la DC aveva 207 dei 556 seggi disponibili, il PCI ed il PSIUP, rispettivamente 104 e 115, e, quindi, nel totale 219 seggi. Ciascuno di questi due blocchi cercò naturalmente di far prevalere il proprio indirizzo.
Come detto il governo non aveva fornito alcuno schema sul decentramento dei poteri dello Stato, tuttavia per questioni di opportunità un paio di settimane prima che si costituisse la Repubblica, i moti di separatismo avviati in Sicilia avevano fatto già decidere la costituzione della regione Sicilia. In aggiunta, nel settembre 1946, a seguito dell’accordo De Gasperi-Gruber, fu costituita la regione autonoma Trentino-Alto Adige. Come dire che, sebbene l’ordinamento statale non prevedesse neppure l’esistenza delle Regioni, ma solo quella delle Province e dei Comuni, erano già state costituite due regioni, e in più ad ordinamento autonomo. Di fatto le regioni, che sino ad allora erano esistite solo come entità statistiche di rilevazione, furono introdotte nell’organizzazione statale prescindendo da un qualsiasi preliminare giudizio di merito dell’organo preposto alla stesura della Costituzione. In definitiva la Costituente si trovò di fronte ad un fatto compiuto: il riconoscimento che la Regione fosse uno degli enti locali attraverso cui si sviluppasse l’articolazione autonomistica dello Stato, che fino ad allora s’era incentrato sui soli Comuni e Province.
Proprio su questo versante s’innescò la contrapposizione tra le diverse tendenze politiche dei due principali partiti del tempo.
Sulla definizione della regione si scontrarono quindi concezioni politiche e culturali diverse, già delineate in età liberale e nel periodo fascista ed in linea con il processo di trasformazione della società avviato nel corso della Resistenza.
Se i cattolici consideravano la regione uno strumento per superare un impianto fortemente gerarchico e centralistico e per meglio rappresentare gli interessi emergenti dal territorio, le sinistre manifestavano, invece, ferma avversione alla realizzazioni di troppe regioni che potessero minare l’unità dello Stato. Alla fin fine si cercò quindi una via di mezzo facendo prevalere le ragioni politiche contingenti rispetto ad un augurato effettivo rinnovamento. Per altro tutti sembrarono inizialmente propensi a prevedere l’istituzione delle regioni, ed in tal senso furono tutti d’accordo, tranne un deputato, previa però abolizione – o quanto meno ridimensionamento giuridico – delle province.
Sicché già dal 14 novembre 1946 la seconda sottocommissione approva che «Il territorio della Repubblica è ripartito in Regioni e Comuni. La Provincia è una circoscrizione amministrativa di decentramento regionale». In definitiva la Provincia, da sede di decentramento dell’amministrazione statale, viene declassata a circoscrizione amministrativa di decentramento regionale. Il che condizionò le successive discussione, in quanto tra Comune e Regione pareva a taluni mancare un ente intermedio, e spostò il problema dalla pura e semplice istituzione delle regioni alla loro composizione territoriale nelle quali si cercava di recuperare la persa autonomia provinciale.
Come già riportato, sino ad allora il termine “regione” non era mai stato definito in termini istituzionali, ma solo ai fini statistici e, a tale scopo, utilizzato per la prima volta nell’Annuario statistico italiano del 1912. Era pertanto una ripartizione dello Stato che, pur tenendo conto delle tradizioni storico-geografiche, obbediva in prevalenza ad un criterio burocratico di suddivisione. Cosa questa riscontrabile, ad esempio, nel non considerare a sé stanti la Valle d’Aosta ed il Friuli, inserite per questioni quantitative rispettivamente nel Piemonte e nel Friuli, oppure nel non nominare neppure la Romagna, inclusa anonima nell’Emilia. Ma anche desumibile in alcune denominazioni scelte: tipico il plurale, “Puglie”, adottato per la nostra regione, probabilmente ad indicare un accorpamento di zone con tradizioni non certo del tutto omogenee.
Pur tuttavia, come vedremo, nella discussione il criterio statistico divenne, soprattutto quando convenne, pure storico-geografico e richiamato da chi – non del tutto a torto – temendo che il fiorire delle richieste regionalistiche potesse frantumare l’unità del paese appena conquistata con la guerra di liberazione, preferì il rigido mantenimento delle suddivisioni regionali stabilite dai demografi. Fatte naturalmente salve le eccezioni dovute a ragioni di opportunità politica.
In ogni caso, il declassamento della Provincia fece lievitare il numero di proposte di istituzioni di regioni che s’aggiungevano a quelle previste dagli annuari statistici, che per la cronaca allora erano le seguenti: Piemonte, Lombardia, Venezia Tridentina (Trentino-Alto Adige), Veneto, Venezia Giulia, Liguria, Emilia, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzi e Molise, Campania, Lucania, Puglie, Calabrie, Sardegna e Sicilia.
Così, tra le tante, alla seconda sottocommissione arrivò anche la proposta d’istituzione della Regione Salento.
Ne fu relatore Codacci Pisanelli (DC), incaricato dalla sottocommissione stessa di riferire anche sulla proposta della Regioni Daunia.
Nella seduta pomeridiana del 16 dicembre 1946 ed in quella antimeridiana del giorno successivo, Codacci Pisanelli illustrò la proposta della regione salentina, non nascondendo di essere uno dei sette deputati della circoscrizione di Lecce, Brindisi e Lecce firmatari dell’istanza. Sebbene ne nominasse poi, oltre sé, solo altri cinque, vale a dire Beniamino De Maria (DC), Vincenzo Cicerone (Blocco Nazionale delle Libertà, d’ispirazione monarchica), Giuseppe Grassi (liberale), Luigi Vallone (liberale), Vito Mario Stampacchia (socialista), le successive votazioni avvenute in Assemblea evidenziarono che il settimo era Antonio Gabrieli (DC).
Erano in pratica quasi tutti deputati votati in prevalenza a Lecce, tranne proprio Stampacchia, eletto grazie ai voti ottenuti per quasi il 95% a Brindisi e Taranto. Degli altri eletti nella stessa circoscrizione salentina ci fu chi mantenne sempre le distanze dalla proposta — Alfonso Motolese (DC), Italo Giulio Caiati (DC), Giuseppe Ayroldi (Blocco Nazionale delle Libertà) e Pasquale Lagravinese (Blocco Nazionale delle Libertà) — senza però manifestare neppure dissenso, e chi, Ruggero Greco (PCI), la osteggiò in maniera palese, ma non dalle primissime battute.
La proposta tuttavia nacque in parte debole, sottoscritta com’era dai soli deputati leccesi, ma, almeno in prima istanza, godeva del vantaggio di non essere osteggiata dai democristiani e di non sollevare troppe critiche tra i comunisti. Il fatto che fosse stata sottoscritta da Codacci Pisanelli la salvaguardava da eventuali attacchi in massa dei democristiani eletti nelle circoscrizioni diverse da quella di Bari; l’appoggio incondizionato di Stampacchia serviva invece a smussare l’opposizione ideologica delle sinistre in genere e dei comunisti in particolare.
Infatti unica tra le proposte presentate ottenne anche l’espressione favorevole del deputato comunista Nobile, che per l’occasione si disallineò dalle posizioni di principio del suo partito, tanto da essere ripreso in maniera evidente da Terracini (PCI) il quale per l’appunto, riguardo tale intervento, osservò «che esso è in contrasto con quanto, in altre occasioni, lo stesso onorevole Nobile ha affermato a proposito delle varie disposizioni contenute nel progetto sulle autonomie locali».
La reprimenda servirà a far rientrare tra i ranghi il deputato Nobile che, al momento della votazione della proposta, a scanso di equivoci, dichiarerà espressamente di volersi astenere. Spontanea o meno che sia stata questa astensione, la proposta non sollevò se non l’opposizione d’un paio di deputati e la contrarietà di principio di Terracini (PCI). Per cui la seconda sottocommissione della Commissione dei 75 approvò l’istituzione della regione Salento, senza che fossero sollevati rilevanti ostacoli.
I primi problemi di fondo emergono però nel corso della stessa seduta, quando s’inizia a discutere la proposta di «costituire la Regione della Romagna e la Regione emiliano-appenninica» che, di fatto, significava spaccare in due l’Emilia e Romagna. Nel dettaglio s’intendeva unire la Lunigiana ed il porto di La Spezia alle province di Modena, Reggio, Parma e Piacenza, costituendo la Regione denominata a volte Emiliana-Lunense, altre Emilia-Appeninica, mentre le province di Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì avrebbero costituito la regione Emilia e Romagna.
La proposta della Regione Emiliana-Lunense trovò favorevoli gli esponenti democristiani e fortemente contrari i comunisti che tentarono in tutti i modi di far rinviare la proposta senza però riuscirci. Dopo animata discussione, venne infatti approvata.
Il giorno successivo, 18 dicembre, esaurita la discussione su tutte le nuove proposte, risultano approvate le seguenti regioni: «Piemonte, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli, Liguria, Emilia-Appenninica, Emilia e Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzi, Molise, Campania, Puglia, Salento, Lucania, Calabria, Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta».
A questo punto però si ravvisa necessario che sulle nuove proposte (vale a dire Molise, Salento, Emilia-Appeninica, Emilia e Romagna, Friuli) venga acquisito il parere alle amministrazioni comunali e provinciali interessate.
Sicché la seconda Sottocommissione, nell’approvare l’elenco delle regioni, «esprime il voto che le sue delibere relative alla costituzione di nuove Regioni… vengano comunicate ai Comuni, alle Deputazioni provinciali ed alle Camere di commercio delle Regioni nelle quali le Regioni costituende sono attualmente comprese, perché, volendo, esprimano su tali delibere il loro voto».
Poiché comunque i suddetti pareri non sono vincolanti, la costituzione della Regione salentina non pare debba correre soverchi pericoli, tant’è che uno dei proponenti, il deputato Stampacchia, è così certo della buona riuscita dell’iniziativa da darne comunicazione a tutte le autorità interessate la sera stessa del 18 dicembre.
(1 – continua)
#Giuseppe Codacci Pisanelli#Nazareno Valente#Regione Salento#Vito Mario Stampacchia#Pagine della nostra Storia#Spigolature Salentine
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Maestri dell'universo
L'ascesa delle macchine finanziarie
Dimentica Gordon Gekko. I computer chiamano sempre più i colpi nei mercati finanziari
Il compito dei mercati dei capitali è quello di elaborare le informazioni in modo che i risparmi fluiscano verso i migliori progetti e imprese. Ciò rende semplice l'alta finanza; in realtà è dinamico e inebriante. Riflette un mondo che cambia. I mercati di oggi, ad esempio, sono alle prese con una guerra commerciale e bassi tassi di interesse. Ma riflette anche i cambiamenti all'interno della finanza, che si reinventa costantemente in una lotta perpetua per ottenere un vantaggio competitivo. Come riporta il nostro briefing, l'ultima rivoluzione è in pieno svolgimento. Le macchine stanno assumendo il controllo degli investimenti, non solo per l'eccessiva compravendita di titoli, ma anche per le altezze dominanti del monitoraggio dell'economia e dell'allocazione del capitale.
I fondi gestiti da computer che seguono le regole stabilite dagli umani rappresentano il 35% del mercato azionario americano, il 60% delle attività azionarie istituzionali e il 60% dell'attività di negoziazione. Nuovi programmi di intelligenza artificiale stanno anche scrivendo le proprie regole di investimento, in un modo che i loro padroni umani comprendono solo parzialmente. Le industrie dalla consegna della pizza a Hollywood vengono cambiate dalla tecnologia, ma la finanza è unica perché può esercitare il potere di voto sulle imprese, ridistribuire la ricchezza e causare caos nell'economia.
Poiché si tratta di ingenti somme, la finanza ha sempre avuto i soldi per adottare le scoperte in anticipo. Il primo cavo transatlantico, completato nel 1866, portava i prezzi del cotone tra Liverpool e New York. Gli analisti di Wall Street furono i primi devoti del software per fogli di calcolo, come Excel, negli anni '80. Da allora, i computer hanno conquistato aree del settore finanziario. Il primo ad andarsene fu il compito di "eseguire" gli ordini di acquisto e vendita. Visita oggi una piattaforma di trading e sentirai il ronzio dei server, non il ruggito dei trader. Il trading ad alta frequenza sfrutta minuscole differenze nei prezzi di titoli simili, utilizzando una raffica di transazioni.
Nell'ultimo decennio i computer si sono laureati per eseguire portafogli. I fondi negoziati in borsa (ETF) e i fondi comuni di investimento tracciano automaticamente gli indici di azioni e obbligazioni. Il mese scorso questi veicoli hanno investito $ 4,3 miliardi in azioni americane, superando per la prima volta le somme gestite attivamente dagli umani. Una strategia nota come smart-beta isola una caratteristica statistica - volatilità, diciamo - e carica sui titoli che la esibiscono. Un'élite di hedge fund quantitativi, molti dei quali sulla costa orientale degli Stati Uniti, utilizza una complessa matematica black-box per investire circa $ 1trn. Man mano che le macchine si dimostrano efficaci in azioni e derivati, crescono anche nei mercati del debito.
Nel frattempo, i computer stanno guadagnando autonomia. I programmi software che usano i escogitano le proprie strategie senza bisogno di una guida umana. Alcuni hedgefunder sono scettici sull'A ma, man mano che la potenza di elaborazione cresce, aumentano anche le sue capacità. E considera il flusso di informazioni, la linfa vitale dei mercati. I gestori di fondi umani leggono i rapporti e incontrano le imprese in base alle rigide leggi sull'insider trading e sulla divulgazione delle informazioni. Questi sono progettati per controllare ciò che è di dominio pubblico e garantire che tutti abbiano pari accesso ad esso. Ora una fornitura quasi infinita di nuovi dati e potenza di elaborazione sta creando nuovi modi per valutare gli investimenti. Ad esempio, alcuni fondi tentano di utilizzare i satelliti per tracciare i parcheggi dei rivenditori e raccogliere dati sull'inflazione dai siti di e-commerce. Alla fine potrebbero avere informazioni più fresche sulle imprese di quanto non facciano anche i loro consigli.
Fino ad ora l'ascesa dei computer ha democratizzato la finanza tagliando i costi. Un tipico ETF addebita lo 0,1% all'anno, rispetto forse all'1% di un fondo attivo. Puoi acquistare etfs sul tuo telefono. Una guerra dei prezzi in corso significa che il costo del trading è crollato e che i mercati sono generalmente più liquidi che mai. Soprattutto quando i rendimenti della maggior parte degli investimenti sono bassi come quelli di oggi, tutto sommato. Tuttavia, l'era emergente della finanza dominata dalle macchine suscita preoccupazioni, ognuna delle quali potrebbe mettere in pericolo questi benefici.
Uno è la stabilità finanziaria. Gli investitori esperti lamentano che i computer possono distorcere i prezzi delle attività, poiché molti algoritmi inseguono i titoli con una determinata caratteristica e poi li abbandonano improvvisamente. I regolatori temono che la liquidità evapori con la caduta dei mercati. Queste affermazioni possono essere esagerate: gli umani sono perfettamente in grado di provocare carneficine da soli e i computer possono aiutare a gestire i rischi. Tuttavia, si sono verificati una serie di "flash-crash" e incidenti spaventosi, tra cui un'interruzione dei prezzi dell'ETF nel 2010, un crollo della sterlina nell'ottobre 2016 e un crollo dei prezzi del debito nel dicembre dello scorso anno. Queste dislocazioni potrebbero diventare più gravi e frequenti man mano che i computer diventano più potenti.
Un'altra preoccupazione è come la finanza computerizzata potrebbe concentrare la ricchezza. Poiché le prestazioni si basano maggiormente sulla potenza di elaborazione e sui dati, quelli con un impatto decisivo potrebbero fare una somma sproporzionata. Gli investitori Quant sostengono che qualsiasi vantaggio che hanno è presto sfidato. Tuttavia, alcuni fondi stanno pagando per garantire diritti esclusivi ai dati. Immagina, ad esempio, se Amazon (il cui capo Jeff Bezos lavorava per un fondo quantistico) ha iniziato a fare trading utilizzando le sue informazioni proprietarie sull'e-commerce o JPMorgan Chase ha utilizzato i suoi dati interni sui flussi di carte di credito per negoziare i buoni del tesoro mercato. Questo tipo di ipotetici conflitti potrebbe presto diventare reale.
Un'ultima preoccupazione è il governo societario. Per decenni i consigli di amministrazione delle società sono stati votati dentro e fuori sede dai gestori di fondi per conto dei loro clienti. Cosa accadrebbe se quelle azioni fossero gestite da computer agnostici o, peggio ancora, programmati per perseguire un obiettivo ristretto come convincere le aziende a pagare un dividendo a tutti i costi? Naturalmente gli umani potrebbero scavalcarlo. Ad esempio, BlackRock, la più grande azienda di etf, offre alle aziende una guida su strategia e politica ambientale. Ma questo solleva il suo problema: se le attività affluiscono a pochi grandi gestori di fondi con economie di scala, avranno un potere di voto sproporzionato sull'economia.
Ehi Siri, puoi investire i miei risparmi di una vita?
Le più grandi innovazioni nella finanza sono inarrestabili, ma spesso portano a crisi quando trovano i loro piedi. Nel diciottesimo secolo la società per azioni ha creato bolle, prima di continuare a rendere possibili attività su larga scala nel diciannovesimo secolo. La cartolarizzazione ha causato la debacle dei subprime, ma oggi è uno strumento importante per la riduzione del rischio. I principi generali della regolamentazione del mercato sono eterni: parità di trattamento di tutti i clienti, parità di accesso alle informazioni e promozione della concorrenza. Tuttavia, la rivoluzione informatica sembra far apparire orribilmente obsolete le regole di oggi. Gli investitori umani stanno per scoprire che non sono più i ragazzi più intelligenti nella stanza.
Questo articolo è apparso nella sezione Leaders dell'edizione cartacea sotto il titolo "Masters of the universe"
3 ottobre 2019
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La Commissione Segre propone una collaborazione istituzionale con Rondine
La Commissione Segre propone una collaborazione istituzionale con Rondine. La Commissione Segre ha aperto ad una collaborazione istituzionale con Rondine per approfondire e estendere il Metodo ai diversi livelli istituzionali, collegandosi alla partnership già avviata con le Nazioni Unite. È questo il risultato più immediato dell'audizione di Franco Vaccari, fondatore e presidente della Cittadella della Pace, davanti alla Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all'odio e alla violenza, presieduta dalla senatrice a vita Liliana Segre, che si è collegata da remoto. Audizione introdotta proprio dalla senatrice Segre, che ha ricordato l'amicizia trentennale con Rondine, luogo da lei scelto per l'ultima testimonianza pubblica nel 2020: «Non potevo non scegliere un posto più consono a me quale è Rondine». Vaccari ha raccontato ai presenti l'esperienza di Rondine, dalla sua nascita a oggi, ricordando i giovani studenti stranieri “nemici” che vengono dal Caucaso, dalla Russia, dall'Ucraina, dal Medio Oriente, dall'Africa e dal Sud America, e che nella Cittadella della Pace affrontano un percorso impegnativo fatto di relazioni che mettono insieme l'integrità della vicenda umana: «A Rondine, il dolore del mondo viene trasformato – la risoluzione creativa dei conflitti – attraverso relazioni molto concrete, con le quali è possibile prevenire l'odio o spegnerlo, lì dove le ferite della guerra e della violenza lo hanno prodotto». Il senatore Francesco Verducci (PD), vice Presidente della Commissione, oltre a congratularsi con Franco Vaccari e con Rondine per il lavoro che svolge, ha auspicato che questa esperienza e il suo Metodo, validati a livello accademico e internazionale, nonché protagonisti di un protocollo firmato con il ministro dell'Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, siano di insegnamento e stimolo per la Commissione Segre, suggerendo a tutti i membri presenti una collaborazione istituzionale con la Cittadella della Pace per approfondire la conoscenza del Metodo e instaurare una partnership strutturale. Sulla stessa linea la senatrice Sabrina Licheri (M5S) che ha, inoltre, sottolineato il coraggio di questi ragazzi che si mettono in gioco, nonostante la propria storia e la propria cultura dicano loro esattamente l’opposto. Mentre l'ex Ambasciatore Giuliomaria Terzi di Sant'Agata, partendo dall'antica amicizia con Rondine e ricordando l'evento del giorno precedente al Binario 21 della stazione Centrale di Milano – che ospita il Memoriale della Shoah –, ha voluto rimarcare l'importanza di combattere l'indifferenza e la manipolazione dell'informazione, troppo spesso cause dell'odio, e si è congratulato per l'introduzione del Metodo Rondine nella scuola italiana. Vaccari ha presentato sia il programma del Quarto Anno a Rondine, per i ragazzi dei licei italiani, sia le sezioni Rondine presenti già in 25 scuole d'Italia: «In questa sperimentazione – ha detto Vaccari – la competenza relazionale dei docenti è potenziata e collegata alle discipline tradizionali che ne vengono consolidate e valorizzate». L'audizione è stata chiusa prima dalle parole di Liliana Segre, la quale ha ringraziato Franco Vaccari e la Cittadella della Pace, suggerendo una seconda audizione, per comprenderne fino in fondo lo spirito, e poi dai saluti della Vice Presidente Ester Mieli (FdI), con l'augurio di rivedersi presto nel borgo di Rondine. Un'audizione che ha riconosciuto l'unicità di un luogo e di un Metodo che hanno la forza della concretezza: «Se le relazioni sono l'unità di misura della pace, Rondine è la grandezza misurabile di cui questo mondo in subbuglio ha bisogno». Rondine Cittadella della Pace è un’organizzazione che si impegna per la riduzione dei conflitti armati nel mondo e la diffusione della propria metodologia per la trasformazione creativa del conflitto in ogni contesto. L’obiettivo è contribuire a un pianeta privo di scontri armati, in cui ogni persona abbia gli strumenti per gestire creativamente i conflitti, in modo positivo.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Fino a ieri Mattarella pareva un mobile imbolsito, mentre oggi… Ragazzi, bisogna studiare per non farsi prendere per il c**o dallo Spread. Io seguo la regola di LeBron James, che tira a canestro e guadagna come un multinazionale
È tutto troppo complicato, se non ne sai a pacchi. E anche se ne sai a pacchi, se sei proprio esperto di qualcosa e l’opinione pubblica ti considera tale, è tutto troppo complicato lo stesso. Senza sprofondare nel Medioevo, Prodi era il Kissinger d’Europa e in pochi anni l’abbiamo “mortadellato” senza pietà, tagliandolo a fette, pallini di grasso compresi, e, dulcis in fundo, sfanculandolo anche da presidente della Repubblica, che fino all’altro giorno pareva soltanto una ricca carica onoraria pre-morte, alla stregua del Nobel per la Letteratura, che molto spesso è stato proclamato al solo scopo di poter poi dire “Ma chi minchia è questo”?
Boh, non lo so, è tutto troppo complicato, io non me ne intendo abbastanza.
Quell’altra volta hanno preso Mario Monti perché era quello che ne sapeva di più. E oggi, quasi tutti, dicono che ha fatto la figura del peracottaro al soldo dei poteri forti internazionali, con dei conflitti d’interesse che Berlusconi al confronto era in odore di santità.
Boh, non lo so, è tutto troppo complicato, io non me ne intendo abbastanza.
Mattarella, per molti, era un soprammobile imbolsito, una macchietta della più vetusta commedia siciliana, poi ha alzato il ditino contro Savona ed è partita la disfida: salvatore della patria oppure strumento, un po’ rincoglionito, della UE germanizzata da “impeachmentare”.
Boh, non lo so, è tutto troppo complicato, io non me ne intendo abbastanza.
Lo stesso si può dire per i temi socio-economici e geopolitici più o meno epocali degli ultimi decenni del pianeta: la fame nel terzo mondo, i super ricchi nel primo mondo, il nucleare, l’entrata della Cina nel WTO, la globalizzazione, i colossi di Internet, l’euro, la UE, l’immigrazione, il terrorismo.
Boh, non lo so, è tutto troppo complicato, io non me ne intendo abbastanza.
Per non parlare delle questioni nazionali. In Italia non siamo venuti a capo dei reali colpevoli di una sola strage delle cento che abbiamo vissuto dal Dopoguerra. I Ris, da Cogne a Perugia, eccetera, dove potevano far danni con le prove li hanno fatti con una scientificità quasi ammirevole. E la storia non salva quasi nessuno dei vertici istituzionali dalla prima guerra mondiale alla Tav, fino all’esclusione degli Azzurri dal Mondiale 2018.
Boh, non lo so, è tutto troppo complicato, io non me ne intendo abbastanza.
E forse è proprio questo il punto. Saperne abbastanza.
Saperne abbastanza per poter giudicare con cognizione di causa, senza intermediari, che quasi sempre intermediano per il loro interesse.
LeBron James, negli USA, guadagna da solo come una multinazionale. Non è mica un caso. Quello che fa nel basket è oggettivo, probabilmente salvifico, davanti agli occhi – e al giudizio – di tutti. Le rovesciate di Cristiano Ronaldo prima e di Gareth Bale dopo sono altrettanto oggettive. Non c’è bisogno dell’esperto dalla Gruber a spiegarci chi ha ragione. E ancora valgono compensi e valutazioni da multinazionale, semplicemente perché spostano interessi da multinazionale. Per un motivo molto semplice. Con loro non ci possono prendere per il culo. In questi casi non è tutto troppo complicato e lo sappiamo per certo anche noi – senza bisogno di grandi paraculi seriali – che loro – LeBron James, Cristiano Ronaldo e Gareth Bale – sono il meglio che c’è.
È questo il segreto. Saperne abbastanza. Per non farsi prendere per il culo. Dallo Spread.
Michele Mengoli
www.mengoli.it
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