#resistenza
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Monument to the Resistance, by Umberto Mastroianni (1969).
Cuneo, Italy.
© Roberto Conte (2024)
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Non abbiamo altro alleato che le nostre montagne.
(proverbio curdo)
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COME UN SACCO
Questo è un vecchio pozzetto di scolo delle acque, lo si incontra sulla strada che porta a Monte Trebbio. Da qui al casolare di Ca Cornio, sulle colline tra Modigliana e Tredozio, sono circa 30 minuti, ma tagliando per i monti, forse anche meno. Nell'estate del '44 Sante Piani è il contadino di Ca Cornio, ma è anche un antifascista, e in quel casolare, da alcuni giorni, ospita il partigiano più ricercato della Romagna, Silvio Corbari, insieme ai suoi fedelissimi Adriano Casadei, Iris Versari e Arturo Spazzoli. L' alba del 18 agosto i fascisti li attaccano e li annientano. Un vicenda complessa che termina poco dopo con l'esposizione dei quattro cadaveri sulla piazza di Forlì. Anche Piani cade dentro questa storia; prima che i corpi giungano a Forlì, viene costretto dai militi a caricarli e trascinarli su una treggia in direzione Castrocaro, per la pubblica impiccagione. Lungo la strada, giunti all'altezza di questo pozzetto, viene intimato l'alt. Lì vicino partono gli automezzi perciò la treggia, e soprattutto il vecchio contadino, non servono più. Piani viene ucciso, forse anche perché riconosce tra i fascisti un volto familiare. Il suo corpo viene gettato come un sacco giù per lo scolo. Ora c'è una lapide che lo ricorda, anche se quasi illeggibile. Ottant'anni dopo, ho pensato fosse giusto ricordare anche lui.
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Aspettando il 25 aprile.
Ormai è una mia tradizione. Ho creato questa immagine anni fa e la pubblico ogni anno. Ora e sempre Resistenza.
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" Mentre per decenni in questo Paese ci si è baloccati sul favoloso assioma «non può esistere antifascismo in assenza di fascismo», abbiamo avuto in ordine sparso: il golpe Borghese, Gladio, il piano Solo, Peteano, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, la strategia della tensione, la strage di Bologna, i NAR, l’Italicus, Ordine Nuovo, Terza Posizione, il Rapido 904, la P2, i servizi segreti deviati. Se invece vogliamo guardare al presente più prossimo, una miriade di pimpanti formazioni di ultradestra mai sciolte, partiti di governo la cui ambiguità sul tema è diventata l’identità programmatica e, per non farci mancare nulla, ci è toccato perfino l’assalto alla CGIL a Roma. Nessuna conquista democratica, nessuna Costituzione figlia della Resistenza può dirsi acquisita per sempre e il presente non fa che ribadirlo ogni giorno, per questo sarà meglio cominciare da noi stessi a ricostruire il rapporto con la Storia dell’ultimo secolo. "
Storie di antifascismo senza retorica, a cura di Arturo Bertoldi e Max Collini, prefazione di Francesco Filippi, People editore, Busto Arsizio (VA), 2024¹, p. 15.
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Qui
vivono per sempre
gli occhi che furono chiusi alla luce
perché tutti
li avessero aperti
per sempre
alla luce
(Giuseppe Ungaretti, Per i morti della Resistenza)
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“[…] la vita è una gara di resistenza alle deformazioni e agli urti. Non tutti vi reagiscono allo stesso modo. Ma il vero problema è che, quando si tratta di persone, non esistono regole matematiche universalmente valide. Ognuno di noi è un impasto unico che c’entra solo in minima parte con la biologia, e ha a che fare principalmente con la propria storia, con il periodo in cui si vive, con la maniera in cui si riesce ad adattarsi oppure a ribellarsi allo sguardo degli altri. L’umano è un materiale che muta le caratteristiche meccaniche nel tempo, attraverso crepe o fenditure spesso difficili da scorgere, a volte addirittura sotterranee.”
― Matteo Bussola, ���La neve in fondo al mare”.
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La lettera di un partigiano
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Cari Compagni,
sì, Compagni , perché è un nome bello e antico che non dobbiamo lasciare in disuso; deriva dal latino " CUM PANIS " che accomuna coloro che mangiano lo stesso pane .Coloro che lo fanno condividono anche l'esistenza con tutto quello che comporta : gioia, lavoro, lotta e anche sofferenze.
È molto più bello che "Camerata " come si nominano coloro che frequentano stesso luogo per dormire, e anche " Commilitone " che sono i compagni d'arme.
Ecco, noi della Resistenza siamo Compagni perché abbiamo sì diviso il pane quando si aveva fame ma anche , insieme, vissuto IL PANE DELLA LIBERTÀ che è il più difficile da conquistare e mantenere .
Oggi che, come diceva Primo Levi , abbiamo una casa calda e il ventre sazio, ci sembra di aver risolto il problema dell'esistente e ci sediamo a sonnecchiare davanti alla televisione.
All'erta Compagni !
Non è il tempo di riprendere in mano un'arma ma di non disarmare il cervello sì, e l'arma della ragione e più difficile da usare che non la violenza. Meditiamo quello che è stato e non lasciamoci lusingare da una civiltà che propone per tutti autoveicoli sempre più belli e ragazze sempre più svestite. Altri sono i problemi della nostra società: la PACE , certo ,ma anche il LAVORO per tutti , la LIBERTÀ di accedere allo studio , una vecchiaia serena ; non solo egoisticamente per noi , ma anche per tutti i cittadini .Così nei diritti fondamentali della nostra Costituzione nata dalla RESISTENZA .
Vi giunga il mio saluto , Compagni dell'associazione Nazionale Partigiani d'Italia e Resistenza sempre.
Vostro Mario Rigoni Stern , Mira ( Venezia )
20 gennaio 2007 ( lettera inviata all'Anpi di Treviso
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«la Resistenza, opera di una minoranza, è stata usata dalla maggioranza degli italiani per sentirsi esonerati dal dovere di fare fino in fondo i conti con il proprio passato» - Rosario Romeo
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C'è ancora chi resiste.
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HO COMPRATO LE SCARPE
Nel marzo del '44 arrivò tra i partigiani romagnoli un americano, si chiamava Leo Lucas. Il suo aereo era stato abbattuto e si era nascosto tra le famiglie contadine della zona. Parlava bene l'italiano e i gappisti della pianura lo mandarono in montagna perché si pensava fosse più al sicuro. Rimase diversi mesi aggregato alla Brigata Garibaldi. "Eravamo sempre assieme - raccontò il partigiano Artico Graziani - Quando in agosto fu liberata Firenze noi dormivamo in delle capanne tra Strabatenza e la Casaccia perché le pattuglie tedesche percorrevano tutte le strade. Leo ci raccontava dell'America e della ragazza che avrebbe sposato appena tornato a casa. Una notte mi svegliò e mi disse che non se la sentiva più di aspettare l'arrivo dei suoi connazionali e voleva andare loro incontro. Si erano svegliati anche gli altri, lo abbracciamo e ci salutammo. Eravamo tutti molto commossi. Regalò il suo orologio a Boris e partì nel cuore della notte. Non seppi più niente di lui, ma alla fine del '46 arrivò una lettera dall'America, ci scriveva dallo Utah, dove si trovava in viaggio di nozze con sua moglie Carmen. Ci mandava dei soldi, fatti sparire dalle poste, e un pacco di vestiti. Leo ce l'aveva fatta, aveva raggiunto le linee alleate e poi aveva fatto quello che si era sempre proposto, sposare la sua Carmen. Col tempo persi ogni contatto con lui, un giorno chiesi però a Boris se aveva ancora quell'orologio. L'ho venduto, mi rispose, ho comprato le scarpe per sposarmi."
(Foto: Boris il primo a destra)
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Aspettando il 25 aprile.
C'è un post che ho scritto anni fa e ripropongo ogni anno.
Ormai è una mia piccola tradizione.
Ora e sempre Resistenza!
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" Il 31 ottobre 1926, durante una grande adunata fascista a Bologna, un colpo di pistola viene sparato contro il ‘Duce’. Chi ha sparato? Il fatto è ancora avvolto nel più grande mistero. Un ragazzo di 16 anni, tale Zamboni, ex fascista, viene conclamato autore del gesto e trucidato sul posto, sotto gli stessi occhi del ‘Duce’. È l’uragano che, stavolta, sconvolge tutta l’Italia. Gli oppositori più in vista sono obbligati a sottrarsi alla furia e le loro case vengono saccheggiate. I giornali avversi al regime sono distrutti. Dovunque, sono giornate di terrore. Quel giorno, io ero a Cagliari, a casa mia. Verso le nove di sera, un amico, trafelato, venne ad avvisarmi che i fascisti suonavano l’adunata di guerra. Io uscii con lui per vedere di che si trattava. Sulla porta di strada, un altro amico mi riferì la notizia che era arrivata ai fascisti ed alla prefettura la notizia dell‘attentato al ’Duce’. «Ho potuto segretamente avere copia del telegramma. Qui, tutti i fascisti sono stati convocati d‘urgenza per le rappresaglie. La tua casa e la tua vita sono in pericolo. Abbandona la città o nasconditi in una casa sicura.» Mentre parlava, arrivavano da più parti gli squilli di tromba con cui, nei differenti rioni, gli squadristi suonavano l’adunata. Salii in casa, licenziai la donna di servizio. Non dovevo pensare che a me stesso. Ridiscesi. Altri amici in piazza erano corsi ad informarsi: i fascisti si adunavano nella loro sede centrale; le automobili erano in movimento per il trasporto più rapido, grida di morte si udivano qua e là contro di me. Andai a pranzare in un ristorante, a pochi metri da casa.
Mentre pranzavo, mi giungevano via via le notizie: i teatri, i cinema, i pubblici ritrovi erano stati fatti chiudere tutti; le squadre fasciste circolavano armate; alla sede del fascio organizzavano la spedizione punitiva contro di me; i capi esaltavano i gregari con discorsi incendiari; io ero la vittima designata; fra mezz��ora sarebbe cominciata l’azione. Il cameriere, che mi serviva, era stato alle mie dipendenze durante la guerra. Era diventato fascista in seguito, ma non poteva dimenticare un certo rispetto per il suo antico ufficiale. Era molto imbarazzato quella sera, e non osava parlarmi. Tentò più volte, ma io non lo incoraggiai. Finalmente mi disse: «Signor capitano, io so quali ordini ci sono. La scongiuro, non ritorni a casa: parta subito. Si tratterà solo di qualche giorno. Poi vedrà che tutto diventerà normale». «Credi tu» gli chiesi «che io abbia ragione o torto?» «Lei ha ragione» mi rispose arrossendo e prendendo macchinalmente la posizione militare d’attenti. «E allora, perché dovrei fuggire?» La mia domanda lo imbarazzò ancor di più. Non aggiunse parola. Andando via, gli chiesi: «Perché sei diventato fascista?» «I tempi sono difficili. Mi hanno promesso tante cose… Chi può vivere contro i fasci?» "
Emilio Lussu, Marcia su Roma e dintorni, introduzione di Giovanni De Luna, Einaudi (collana ET Scrittori n° 1037), 2008⁴, pp. 168-170.
NOTA: Questo memoriale antifascista fu pubblicato dall'autore in esilio a Parigi dapprima nel 1931 per un pubblico internazionale, quindi nel 1933 in lingua italiana (col significativo sottotitolo Fascismo visto da vicino) dalla casa editrice parigina "Critica". Il libro fu edito in Italia già nel 1945 dall'editore Einaudi nella Collana "Saggi".'
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