#Terza Posizione
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gregor-samsung · 1 month ago
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" Mentre per decenni in questo Paese ci si è baloccati sul favoloso assioma «non può esistere antifascismo in assenza di fascismo», abbiamo avuto in ordine sparso: il golpe Borghese, Gladio, il piano Solo, Peteano, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, la strategia della tensione, la strage di Bologna, i NAR, l’Italicus, Ordine Nuovo, Terza Posizione, il Rapido 904, la P2, i servizi segreti deviati. Se invece vogliamo guardare al presente più prossimo, una miriade di pimpanti formazioni di ultradestra mai sciolte, partiti di governo la cui ambiguità sul tema è diventata l’identità programmatica e, per non farci mancare nulla, ci è toccato perfino l’assalto alla CGIL a Roma. Nessuna conquista democratica, nessuna Costituzione figlia della Resistenza può dirsi acquisita per sempre e il presente non fa che ribadirlo ogni giorno, per questo sarà meglio cominciare da noi stessi a ricostruire il rapporto con la Storia dell’ultimo secolo. "
Storie di antifascismo senza retorica, a cura di Arturo Bertoldi e Max Collini, prefazione di Francesco Filippi, People editore, Busto Arsizio (VA), 2024¹, p. 15.
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nando161mando · 2 months ago
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A Leopoli in Ucraina si è tenuto un incontro tra realtà neofasciste e neonaziste europee al quale hanno partecipato anche reparti militari ucraini. Per l’Italia erano presenti esponenti di Casa Pound e Gabriele Adinolfi, tra i fondatori di Terza Posizione.
In Lviv, Ukraine, a meeting between European neo-fascist and neo-Nazi groups was held, with the participation of Ukrainian military units. Representatives of Casa Pound and Gabriele Adinolfi, one of the founders of Terza Posizione, represented Italy.
https://www.osservatoriorepressione.info/ucraina-incontro-neonazisti-europei-reparti-militari/
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dominousworld · 9 months ago
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Autonomia Operaia: la terza posizione di estrema sinistra e la morte di Toni Negri
Autonomia Operaia: la terza posizione di estrema sinistra e la morte di Toni Negri
a cura della Redazione L’ex leader di Autonomia Operaia si è spento nella notte a Parigi. Filosofo e politologo, aveva 90 anni È morto questa notte a Parigi il filosofo e politologo Toni Negri. Aveva 90 anni. A dare la notizia della sua scomparsa è stata la compagna e filosofa francese Judith Revel. Antonio Negri, detto Toni, nato a Padova il 1° agosto 1933, è stato uno dei maggiori teorici del…
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falcemartello · 11 months ago
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Giornalisti italiani sostituiti dalla AI.
La libertà d'informazione balza dalla 41ma posizione alla terza.
Mario Verde
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arcobalengo · 1 year ago
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La Nato in guerra. Da Draghi a Meloni si corre a compiacere il bellicista Biden.
Di Alessandro Orsini.
L’Italia deve prepararsi a inviare i soldati in Ucraina. Ma è un processo complicato che richiede sei condizioni. In primo luogo, è necessario uno scenario complessivo, o condizione strutturale, che prenderebbe corpo ove la controffensiva ucraina defunga. Zelensky si troverebbe tragicamente indebolito e la Russia potrebbe puntare a Odessa o altrove. Il trambusto nel Pd è legato a questo scenario che conduce a Bonaccini, la seconda condizione per l’ingresso dell’Italia in guerra. Quando richiesto dalla Casa Bianca, Bonaccini dovrà spingere il Pd a votare per l’invio dei soldati. Una prova? È iniziata in Germania e durerà fino al 23 giugno la più grande esercitazione aerea della storia della Nato, la “Air Defender 23”. L’obiettivo dell’esercitazione è la guerra con la Russia. In sintesi, mentre la Nato si organizza per sparare sui russi, Bonaccini fa il suo lavoro per conto di Stoltenberg nel Pd. La terza condizione per l’invio dei soldati italiani è la fornitura ininterrotta di armi avviata da Draghi in base alla strategia dell’ingresso in guerra un passo alla volta. La quarta è l’uso del Pnrr per le munizioni che pone le condizioni necessarie per la trasformazione dell’economia italiana in economia di guerra. La quinta condizione è il giornalismo compiacente. Ai giornalisti è proibito rivolgere a Meloni e Bonaccini l’unica domanda che avrebbe senso fare: “Se richiesto da Biden, lei direbbe sì all’invio dei soldati italiani?”. I giornalisti mainstream fanno le domande importanti a cose fatte per evitare che i cittadini diventino consapevoli dei pericoli. La sesta condizione è la disponibilità di un finto tecnico che sostituisca Meloni nel caso in cui la richiesta dei soldati italiani determini una crisi di governo. Il che conduce al discorso da candidato premier che Draghi ha pronunciato a Boston. In quel discorso di propaganda bellica, Draghi, il tecnico più politico del mondo, ha ripetuto le parole di John Kirby e Biden. La Nato e l’Unione europea – ha spiegato Draghi – devono battersi per la sconfitta della Russia sul campo, senza peraltro spiegare come sconfiggere una super-potenza nucleare. Draghi si è detto contrario a un’attenuazione del conflitto, persino al cessate il fuoco e a ogni soluzione diplomatica. Il discorso di Draghi svolge due funzioni nel processo di costruzione dell’invio dei soldati italiani. La prima è garantire alla Casa Bianca che, se Meloni traballasse, il banchiere sarebbe pronto a prendere il suo posto. Così facendo, Draghi incentiva Giorgia a radicalizzarsi per dare a Biden più certezze, un fenomeno che prende il nome di “outbidding”. Draghi si estremizza e Meloni rilancia. La seconda funzione del discorso di Draghi è spaventare Salvini affinché sappia che, caduta Meloni, perderebbe la sua posizione preminente nel governo. È noto, per bocca di Massimiliano Romeo, capogruppo Lega al Senato, che Salvini è iper-critico verso la linea iper-estremista di Draghi. La morte di Berlusconi, colomba contro i falchi, favorisce la corsa verso la distruzione dell’Ucraina.
Schlein, che proviene dal movimento pacifista, è al centro di questa contesa geopolitica e deve dimostrare di essere una leader. Meloni ha già superato la prova. Quella di Schlein è resa ardua dalla presenza dietro le quinte di Gentiloni, super-falco della Commissione europea, al punto che si parla di lui come presidente del Pd al posto di Bonaccini per rafforzare la componente guerrafondaia contro quella pacifista. Gentiloni non ha smentito la notizia. Vorrebbe diventare presidente della Repubblica. Per accreditarsi, deve dimostrare di essere pronto a calpestare gli interessi nazionali dell’Italia per curare quelli di Biden.
🔴 Per ricevere tutti gli aggiornamenti segui Giorgio Bianchi Photojournalist
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ambrenoir · 2 months ago
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I gatti hanno sempre avuto un posto speciale nel cuore dei giapponesi.
Ma il capostazione Tama, una gatta tricolore, è riuscita a catturare il cuore di un'intera città e contribuire con 1,1 miliardi di yen all'economia locale.
La stazione di Kishi a Kinokawa, nella prefettura di Wakayama, in Giappone, fa parte della linea ferroviaria elettrica di Wakayama.
Nel 2004, la stazione rischiava la chiusura e venne salvata solo dalla protesta della gente del posto.
Tuttavia, due anni dopo, la compagnia ferroviaria decise di togliere il personale a tutte le stazioni sulla linea Kishigawa per risparmiare sui costi.
A quel tempo, il direttore della stazione era Toshiko Koyama, un uomo che aveva iniziato a nutrire un gruppo di gatti randagi che vivevano vicino alla stazione.
Una gatta di razza calico di nome Tama era particolarmente apprezzata dai pendolari, essendo sia mite che amichevole.
La si trovava spesso a prendere il sole alla stazione, felice di essere accarezzata e coccolata dai passanti.
Quando giunse il momento per il signor Koyama di procedere, chiese che la linea ferroviaria continuasse a prendersi cura di Tama.
Il presidente dell'epoca, Mitsunobu Kojima, era così preso dal gatto che non solo ne fece ufficialmente il capostazione nel 2007, ma le fece anche fare un cappellino.
Lo stipendio del gatto era pari a un anno di cibo per gatti e le fu dato un cartellino d'oro con il suo nome e la sua posizione impressi su di esso.
In qualità di capostazione, il ruolo di Tama non era solo quello di salutare i passeggeri e il personale ferroviario, ma anche quello di promuovere la ferrovia.
In effetti, la pubblicità aumentò il numero di passeggeri in visita a Kishi del 17% solo in quel mese.
A marzo 2007, le statistiche indicavano che il 10% in più di persone viaggiava sui treni solo per vedere Tama.
Il capostazione Tama guadagnò rapidamente fans...
Nel marzo 2008, Tama fu promossa a "capostazione super", un titolo che le valse addirittura un "ufficio" - vale a dire una biglietteria convertita con una lettiera e un letto.
Tama dimostrò di essere così popolare che il negozio di articoli da regalo iniziò a creare dei souvenir di Tama, come badge, portachiavi e caramelle.
I riconoscimenti continuavano e nell'ottobre 2008 Tama fu nominata cavaliere.
Per questo, un vestitino blu con volant al collo di pizzo bianco venne realizzato appositamente per il gatto.
Quando giunse la stagione dei bonus, Tama ricevette uno speciale giocattolo per gatti e una fetta di polpa di granchio, che le servì lo stesso presidente della compagnia.
Un suo ritratto speciale fu commissionato per essere appeso nella stazione.
Nel 2009, il pluripremiato designer industriale Eiji Mitooka fu assunto per progettare un "treno Tama" con raffigurazioni a fumetti del famoso gatto.
La parte anteriore del treno venne dotata di baffi, e all'interno le carrozze avevano pavimenti in legno e scaffali di libri per bambini.
Le porte si aprivano al suono preregistrato del miagolio di Tama.
Anche l'edificio della stazione venne ristrutturato da Mitooka nel 2010.
Il nuovo design assomigliava alla faccia di un gatto, incorporando le orecchie sul tetto.
Ci sono persino finestre stilizzate che sporgono dal tetto di paglia che imitano gli occhi di un gatto, specialmente la sera in cui le luci all'interno le fanno brillare di giallo.
Nel suo quarto anno come capostazione nel 2011, Tama fu promossa a Managing Executive Officer, la terza posizione più alta, appena sotto il presidente della società e l'amministratore delegato.
A quel punto, aveva già due assistenti capostazione: sua sorella Chibi e sua madre Miiko.
Dopo aver ricoperto il suo ruolo per sei anni, fu elevata al grado di presidente onorario della Wakayama Electric Rail.
Tuttavia, a questo punto, Tama aveva 14 anni e venne deciso che invece di essere visibile in ufficio dal lunedì al sabato, Tama sarebbe stata lì solo dal martedì al venerdì.
La sua morte avvenne il 22 giugno 2015 in un ospedale veterinario. Alcuni giorni dopo la scomparsa fu celebrato un funerale shintoista e Tama fu dichiarata "Onorevole Capostazione per l'Eternità".
Viene oggi onorata in un tempio vicino come divinità.
(Annalisa Susini)
(assemblato da Simone Chiarelli pag FB il piacere della scoperta)
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kyda · 10 months ago
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ora ditemi una sola posizione di lettura che sia comoda, io intanto mangio la mia terza dose di cioccolato della giornata e combatto con me stessa per creare la playlist perfetta per la collega che mi ha chiesto di mandargliela per inquadrarmi ma con non più di cinquanta canzoni 😓
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carmenvicinanza · 2 months ago
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Fiona Apple
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Fiona Apple, pianista, compositrice e cantautrice è tra le artiste più interessanti della sua generazione.
Tra i tanti premi e nomination ricevute, spiccano tre Grammy e due MTV Video Music Award.
Nel 2023 la rivista Rolling Stones l’ha inclusa tra le 200 cantanti più brave di tutti i tempi.
Ha composto ballate con liriche drammatiche e intimiste che testimoniano la sua personalità tormentata e i problemi psicologici cominciati dalla violenza sessuale subita a dodici anni da uno sconosciuto, nel garage di casa.
All’anagrafe Fiona Apple McAfee-Maggart, è nata a New York il 13 settembre 1977, dall’unione tra Brandon Maggart e Diane McAfee, entrambi attori che si sono separati quando lei era ancora molto piccola.
A otto anni ha iniziato a suonare il piano e a undici ha scritto la sua prima canzone.
La sua ascesa artistica è iniziata quando, nel 1994, un’amica ha fatto ascoltare una sua cassetta a Kathryn Schenker (che ha prodotto anche Sting e Smashing Pumpkins), per la quale lavorava come babysitter, che le ha subito procurato un contratto con la Sony.
Ha esordito a soli diciotto anni con Tidal del 1996, disco di platino che ha venduto oltre tre milioni di copie solo negli Stati Uniti e con cui ha partecipato al primo festival tutto al femminile della storia, il celebre Lilith Fair. L’album ha riscosso subito un grande successo di pubblico e di critica e le ha portato il primo Grammy Award nella categoria Best New Artist in a Video per il brano Criminal.
Il suo carattere difficile e la resistenza ad accettare le leggi dello star system che la voleva sex-symbol a tutti i costi, mal si adeguavano alle sue ambizioni artistiche. Nel 1997, agli Mtv Video Music Awards, ritirando il Best New Artist Award, ha dichiarato che quel mondo faceva schifo e concluso con la frase della scrittrice Maya Angelou Go with yourself.
Nel 1999 è uscito il suo secondo album When The Pawn Hits The Conflicts He Thinks… che ha venduto oltre un milione di copie ottenendo il disco d’oro e portandole ulteriori candidature ai Grammy. Il disco è entrato nel Guinness dei Primati come album dal titolo più lungo mai entrato nelle classifiche statunitensi, è infatti, una poesia di 90 parole.
Tra i vari progetti collaterali, nel 1998 ha contribuito anche alla realizzazione della colonna sonora del film Pleasantville interpretando Across the Universe dei Beatles.
Il terzo album di inediti, Extraordinary Machine, è uscito nel 2005, portandole il disco d’oro, una candidatura ai Grammy e molte recensioni positive dalla critica. La casa discografica ne aveva bloccato l’uscita ritenendolo poco vendibile, allora venne distribuito in rete, tanto da mobilitare i suoi fans in una raccolta di firme e coniare lo slogan “FreeFiona!
Nel 2006 ha interpretato una cover di Sally’s song inclusa nell’edizione speciale della colonna sonora del film di Tim Burton Nightmare Before Christmas.
Nel 2011 ha partecipato all’album di cover in onore del cantante Buddy Holly, Rave on Buddy Holly, interpretando il famoso brano Everyday.
Nel 2012 ha pubblicato il quarto album, un altro titolo lunghissimo, The Idler Wheel Is Wiser Than the Driver of the Screw and Whipping Cords Will Serve You More Than Ropes Will Ever Do, svettato subito alla terza posizione della classifica statunitense.
Dopo quasi otto anni di parziale assenza dalle scene musicali, nel 2020, ha pubblicato Fetch the Bolt Cutters, interamente registrato a casa sua, che è stato uno degli album maggiormente acclamati nella storia della musica, vincitore del Grammy Award al miglior album di musica alternativa nel 2021.
Fiona Apple ha iniziato come una tenera e languida cantautrice di storie intrise d’angoscia e malinconia, in eterna lotta con il music business, con un carattere difficile e ribelle che l’ha portata a porsi contro chi voleva affibbiarle etichette di bella, sexy e ricca. Oggi è un’artista che non ha dimenticato nulla, che ha imparato a convivere col caos dei suoi sentimenti, pronta ad accusare in pieno ogni nuova ferita. E ad apprezzarne morbosamente le ripercussioni.
Tra uscite di scena, silenzi infiniti e improvvisi ritorni, la sua carriera è un grande gioco di magia che continua a lasciarsi dietro applausi e commozione. Prosegue così come vuole lei, coi suoi tempi e la sua libertà.
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filorunsultra · 1 year ago
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Dro
Oggi abbiamo creato scompiglio psicologico nella scena dell’atletica trentina commettendo le seguenti irregolarità (cito il giudice di gara):
- scambi verbali con persone appartenenti a team diversi
- tifo ad atleti di team diversi
- saluti e segni di cordialità anche con concorrenti di team diversi a loro sconosciuti
- atleta sconosciuto con canotta verde parte a un ritmo insensato facendo saltare il banco con un approccio kamikaze
- atleta Us. 5 stelle tira i primi due giri ad atleta di altra squadra mai sentita (made2win)
- intanto atleta con canotta verde riesce nell’obiettivo di far saltare uno dei favoriti, subito dopo aver assolto il suo obiettivo si ritira
- atleta del team sconosciuto dopo essere arrivato sotto al terzo mantiene la seconda posizione fino all’arrivo
- atleta 5 stelle, dopo essere andato all out per tirare immotivatamente l’atleta dell’altra squadra, si mette a camminare incitando il compagno, una volta ripreso dagli inseguitori rinizia a fare gara, ostacola l’inseguitore tagliandogli la strada e tenendo i gomiti larghi. chiude in terza posizione
- dopo la gara non fanno defaticamento, ma ridono tra di loro, uno dei tre beve arizona tea
- gli atleti del crus, i più attesi della giornata arrivano rispettivamente ultimo, penultimo e ritirato
- aggravanti: i tre atleti sconosciuti comunicano e incitano anche altro atleta 5 stelle di categoria diversa, arrivato a sua volta secondo di categoria, e altra atleta di atletica trento arrivata anch’essa seconda
- pare che i cinque incensurati appartengano a un gruppo di corridori che non prevede tessere o iscrizioni, conclusione: si presentano alle gare sotto mentite spoglie, la corte deduce che non siano interessati a vincere, ma a far perdere gli altri
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multiverseofseries · 3 months ago
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Ahsoka: Star Wars torna a splendere su Disney+
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L'hype può essere uno strumento incredibilmente pericoloso, in particolar modo quando ci si confronta con franchise od in generale realtà dalla lunga storia. Prendiamo ad esempio la Marvel, post-Endgame, diversi aspetti relativi al Multiverso - come abbia realmente avuto inizio, quali siano le reali conseguenze e dove prima o poi sfoceranno - stiano creando una confusione terrificante per i fan, che quasi ad ogni nuovo film o serie tv vengono introdotti a regole e funzionamenti piuttosto in contrasto tra di loro. Dopo la saga dell'Infinito, quanta attesa c'era per il prossimo grande arco? Dopo Thanos, quanta spasmodica voglia di ammirare l'inedito villain? Che spada di Damocle graverà sulla testa di The Kang Dynasty e Secret Wars, dopo Infinity War ed Endgame? Star Wars non è in una situazione tanto differente.
E dunque è comprensibile perché Andor abbia avuto l'incredibile successo di critica ma anche di pubblico che ha avuto, in fondo nessuno si aspettava chissà cosa da uno spin-off prequel di Rogue One. Che Ahsoka sia riuscita ad offrire un livello qualitativo molto simile con le enormi aspettative della fanbase è, invece, un capolavoro targato Lucasfilm ancora superiore ed una commovente dimostrazione di cosa possa essere Star Wars a quasi 50 anni da Una Nuova Speranza.
Far, far away…
Cerchiamo però di ricapitolare brevemente dove si colloca questa serie e cosa vuole raccontare: ambientata dopo gli eventi della terza stagione di The Mandalorian e prendendo tuttavia inizio dal quinto episodio della sua seconda stagione (che a questo punto possiamo considerare un vero backdoor pilot), Ahsoka narra le gesta dell'omonima protagonista (Rosario Dawson) mentre cerca di capire dove sia finito il Grand'Ammiraglio Thrawn (un perfetto Lars Mikkelsen), dopo aver sentito voci di un suo possibile ritorno nella galassia come erede dell'Impero, e di conseguenza anche lo scomparso Ezra (Eman Esfandi).
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In The Mandalorian l'avevamo vista alle prese con Morgan Elsbeth (Diana Lee Inosanto), alleata chiave di Thrawn, e qui veniamo a scoprire l'esistenza di una mappa che indica la posizione proprio del Chiss dagli occhi fiammeggianti, ma per aprirla avrà bisogno dell'aiuto della sua ex-apprendista Sabine (Natasha Liu Bordizzo) e presto scoprirà di non essere la sola interessata a questa ricerca. Ora, credo sinceramente sia il caso di indicare subito l'elefante nella stanza, reso già evidente da questa semplice sinossi, ovvero che Ahsoka non è una serie aperta a tutti. Con ciò intendo che pezzi fondamentali della sua trama nonché le caratterizzazioni, i rapporti e i comportamenti della maggior parte dei personaggi non sono purtroppo accessibili a chi non ha visto determinate produzioni. Dispiace, eppure non c'è modo di addolcire la pillola in quanto la serie non fa assolutamente nulla per colmare simili mancanze come ad esempio faceva The Mandalorian.
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E forse Filoni e soci non hanno neppure tutti i torti, perché sarebbe stato impossibile inserire qualche dialogo chiarificatore riguardo personaggi dalla storia su schermo tanto lunga. Insomma, è necessaria la conoscenza pregressa di alcuni archi di The Clone Wars e della quasi interezza di Rebels, altrimenti proprio sul piano narrativo ed emotivo la serie rischia di non trasmettervi nulla. Ma, una volta scansata tale problematica, com'è Ahsoka?: Ahsoka è Star Wars al 100%, che non ha paura di usare le sue armi migliori e soprattutto non teme di espandere la lore di un franchise monumentale.
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È una serie che catapulta lo spettatore immediatamente al centro dell'azione - proprio perché è una continuazione diretta e come tale non necessita di un prologo - e, escluse alcune pause a dir poco clamorose, non si ferma mai fino all'ultimo minuto disponibile. Però paradossalmente la narrativa è forse la componente meno importante, d'altronde non è altro che una lunga missione di ricerca e/o salvataggio, una sfrenata corsa contro il tempo dalle poste in gioco estremamente alte e delicate. Narrativamente non c'è altro - se non giusto qualcosina di intrigante sul finale - e perciò le luci della ribalta vengono occupate dai protagonisti, che bucano in continuazione lo schermo.
Il vero show
Rosario Dawson, Natasha Liu Bordizzo, Eman Esfandi, Mary Elizabeth Winstead - che interpreta Hera Syndulla - e Lars Mikkelsen sono stati semplicemente straordinari nel dare vita, dalle movenze ai modi di parlare, a personaggi preesistenti, a catturare perfettamente le loro peculiarità, che sia la giovialità in qualunque situazione di Ezra o la sfacciataggine di Hera. Così come sono stati clamorosi il compianto Ray Stevenson e Ivana Sakhno nei panni di due Jedi Oscuri, delle new entry tra le più interessanti in Star Wars nell'ultimo decennio. Sono letteralmente loro a fare lo show: il rapporto complesso tra Ahsoka e Sabine e, di riflesso, quello tra la Togruta e il suo vecchio maestro Anakin, l'irraggiungibile carisma e freddezza spietata e calcolatrice di Thrawn predominante in ogni scena che lo vede presente, i dilemmi morali che il ritrovamento di Ezra comporta, la disturbante aura di magia sinistra intorno alle Sorelle della Notte, la dialettica maestro-allievo presente anche in Baylan Skoll e Shin; Ahsoka esegue magistralmente tutti questi punti, inondando lo spettatore con un maremoto continuo di misteri, emozioni, sorprese.
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Un risultato stupendo esaltato infine da delle sequenze d'azione - come in Andor e in The Mandalorian, - ben realizzate, tra cui uno scontro tra astronavi in volo che non si conclude in 10 secondi o finisce per diventare un amalgama indistinto di laser ed esplosioni casuali. Se c'è da trovare un difetto nella nuova serie Star Wars, è la sua natura di ponte perlomeno in questa prima stagione, perchè in fondo non è altro che un ulteriore passaggio verso il film crossover che intende realizzare Filoni. Con un'ipotetica seconda stagione, però, le potenzialità di espandere il materiale di base sarebbe meravigliosamente infinite.
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snodi-e-incroci · 6 months ago
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Devo ricordarmi per il futuro di lasciar perdere le situazioni veramente disperate e non provare ad aggiustarle a tutti i costi. Quando ci ho provato, ho solo ottenuto illusioni temporanee che mi hanno causato false speranze e frustrazione.
Come ieri, quando sono stato immobilizzato dal mio avversario in una posizione da cui sapevo già era quasi impossibile liberarsi.
Ho provato a cercare una via di fuga interrompendo lo schienamento per un paio di volte ma senza ottenere nulla perché il mio avversario è sempre riuscito prontamente a immobilizzarmi di nuovo nel giro di pochi secondi. Alla terza ho volta ho capito che era meglio lasciar perdere.
Decidere di arrendersi può essere doloroso ma alle volte ci risparmia ulteriore umiliazioni e sofferenze
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enricaleone91 · 1 year ago
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Il sabato sera è balletto Carlucci – De Filippi
Analisi auditel 4 – 10 novembre. Il sabato sera Rai1 – Canale 5 non è mai stato così acceso come quest’anno.
Analisi auditel 4 – 10 novembre. Il sabato sera Rai1 – Canale 5 non è mai stato così acceso come quest’anno. Complice un cast abbastanza forte, Ballando con le stelle sta tenendo testa a Tu si que vales con ottimi ascolti. Anche In altre parole continua, nonostante la serata difficile, a rimanere intorno. Persiste il successo anche per Che tempo che fa, in terza posizione. Buona l’intuizione di…
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pollicinor · 1 year ago
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I nuovi nati stranieri dal 2012 al 2021 sono diminuiti del 28,7%, passando da quasi 80 mila a meno di 57 mila. Dopo i picchi di crescita registrati nel primo decennio del 2000 (+45,2% fra il 2003 e il 2004, +22,3% fra il 1999 e il 2000) è ormai da un decennio che il numero di nuovi nati stranieri diminuisce costantemente e sempre più (-5% negli ultimi due anni). Il maggior numero di nuovi nati è rumeno (19,4%), seguito da marocchini (13,3%) e albanesi (11,8%). Le acquisizioni di cittadinanza, pur avendo raggiunto la soglia del milione negli ultimi 6 anni, sono in progressiva diminuzione, e solo fra il 2020 e il 2021 sono scese del 7,5%. Un'acquisizione su cinque è appannaggio dell'Albania, seguita dal Marocco. Significativa è la terza posizione occupata dal Bangladesh, che assomma il 4,7% delle acquisizioni totali, o la quarta e la quinta, in cui troviamo rispettivamente l'India e il Pakistan: segno di nuove tendenze, spesso sottovalutate.
Dall'articolo "5 milioni gli stranieri residenti in Italia, 1 milione 600mila vivono in povertà assoluta" su RaiNews.it
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arcobalengo · 1 year ago
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di Andrea Zhok
Indizi:
1) Due giorni fa Zelensky ha messo in guardia contro un'operazione russa contro la centrale nucleare di Zaporizhzhia, richiamando come un precedente (sic!) il caso della diga di Nova Kakhovka.
2) Quasi simultaneamente i senatori americani Lindsay Graham (Repubblicani) e Richard Blumenthal (Democratici) hanno proposto una risoluzione che considera ogni spargimento di materiale nucleare in Ucraina come un atto lesivo per i paesi confinanti e dunque come equivalente ad un'aggressione a paesi Nato, sufficiente a fare scattare l'art. V dell'alleanza.
3) Ieri sono stati arrestati dal servizio di sicurezza russo alcune persone che stavano contrabbandando un chilogrammo di Cesio radiattivo. Al netto dei sospetti russi - dunque di parte - che la destinazione fosse l'Ucraina, è significativa la possibilità stessa che un chilogrammo di un materiale di tale pericolosità fosse disponibile per il mercato privato.
4) Estonia e (soprattutto) Polonia stanno già inviando propri soldati sul fronte ucraino e non fanno niente per nasconderlo. Ovviamente la formulazione adottata è che si tratta di "volontari", che dunque non sono parte integrante dei rispettivi eserciti Nato, tuttavia il quadro già ora in atto è che battaglioni di soldati di paesi Nato, con armamenti Nato, sostegno finanziario e logistico dei paesi della Nato, supervisione e telecomunicazioni Nato, sta combattendo in Ucraina contro l'esercito russo. - Va notato che la Polonia ha innalzato la propria spesa militare al 4%, con il proposito di diventare in breve tempo il più potente esercito della Nato (dopo gli USA).
Mettendo in fila questi indizi sembra realistico dire che qualcuno all'interno dello schieramento occidentale stia non solo prendendo in considerazione, ma attivamente lavorando per un casus belli nucleare che giustifichi alle opinioni pubbliche nazionali ciò che sta già nei fatti accadendo, ma in modo circoscritto, ovvero un coinvolgimento diretto della Nato nella guerra.
Esiste una logica politica, umanamente assurda, ma politicamente chiarissima nei meccanismi di escalation come quello in corso.
Una volta fatto un così grande investimento di credibilità politica da parte di tutti i paesi occidentali nel progetto di "abbattimento dello stato canaglia russo", ora nessuno se la sente di fare passi indietro perché teme (a ragione) che gli altri compagni di cordata coglierebbero l'occasione per imputargli il (prevedibile dall'inizio) fallimento dell'impresa.
Dunque per quanto tutti capiscano che lo scenario che si profila è quello della terza guerra mondiale, e nonostante tutti capiscano che lo scenario che avevano immaginato all'inizio (collasso del regime putiniano, sostituzione con pupazzo compiacente, e ritorno della Russia ad essere il "benzinaio del mondo") sia mero wishful thinking, i governi occidentali non sono disposti a fare passi indietro.
Perciò il rilancio è continuo, per quanto inefficace (siamo all'undicesimo pacchetto di sanzioni). E ogni governante occidentale, europeo in particolare, spera che qualcun altro si assuma responsabilità che lui/lei non vuole prendere perché li metterebbe mediaticamente in cattiva luce.
Questa responsabilità può essere quella della pace (e qui solo gli USA sono nella posizione di prendere quella decisione unilateralmente; ma sono anche quelli che hanno meno interesse a prenderla.)
Oppure può essere la responsabilità dello scontro finale, che nessuno si assumerà come atto politico volontario, ma che per scattare ha solo bisogno di una giustificazione "emozionale-emergenziale" adeguata.
E' per questo che lo scenario preparato da eventi come un incidente nucleare a Zaporizhzhia da imputare ai russi, o come simili eventi catastrofici, diviene così rilevante.
Solo questo ci separa dalla terza guerra mondiale: una provocazione abbastanza robusta ed emotiva da consentire alla servitù mediatica di soffiare sul fuoco per suscitare una parvenza di sostegno pubblico alla guerra totale.
Ecco, nel gorgo di follia irresponsabile in cui il mondo sta precipitando ci sono molti responsabili. Ci sono gli interessi dell'industria bellica, c'è l'opportunismo codardo dei governanti "democratici", c'è l'inerzia coltivata da decenni di una popolazione ridotta a bestiame (e che farà la fine del bestiame). Ma la responsabilità maggiore di tutte, quella per cui, se c'è un inferno questi lo popoleranno in ogni ordine di gironi, è quella degli "intellettuali" (nel senso gramsciano) e specificamente dei giornalisti.
Senza la codardia della maggior parte del ceto professionale dedicato all'"informazione" e alla "formazione dell'opinione pubblica" i paesi occidentali - paesi che hanno istituzionalmente bisogno di un qualche grado di assenso dell'opinione pubblica - non avrebbero commesso la sequela interminabile di "errori" fatali degli ultimi decenni, sul piano geopolitico, economico, sanitario e infine bellico.
Solo l'esistenza di un ceto organico di mentitori e propagandisti a pagamento ha permesso il degrado della cultura europea, l'infiacchimento terminale di un'intera generazione, l'impoverimento dei più a fronte dell'arricchimento indecente di pochi, il prosciugamento dell'offerta politica, le aggressioni militari camuffate da interventi umanitari, per arrivare infine a bussare all'uscio della terza guerra mondiale.
Non so se avremo la buona sorte di evitare le più drammatiche conseguenze del vicolo cieco in cui ci hanno condotto, ma è da lì, da un azzeramento e da una ricostruzione di questo ceto che potrà ripartire una rinascita, se mai avverrà.
………………..
🔴 😱 https://t.me/EsameDiRealta
🔥 Segui Esame di Realtà per districarti nelle nebbie allucinogene della propaganda
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nada-khader · 1 year ago
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L'Egitto svela antichi laboratori di mummificazione e tombe a Saqqara
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Nella necropoli di Saqqara, a sud della capitale Il Cairo, l'Egitto ha riferito di aver trovato due antichi laboratori di imbalsamazione per uomini e animali, oltre a due tombe e a una collezione di manufatti.
La necropoli di Saqqara è patrimonio dell'umanità dell'UNESCO ed è una delle destinazioni turistiche più popolari in Egitto che potete visitare con i nostri tour di un giorno in Egitto. La necropoli è aperta ai visitatori tutto l'anno e sono disponibili diverse visite guidate.
Saqqara è un antico luogo di sepoltura situato in Egitto, a circa 30 chilometri a sud del Cairo. Era la necropoli dell'antica capitale egizia di Memphis e contiene le tombe di molti dei più importanti sovrani egiziani che potrete visitare con i nostri tour di un giorno al Cairo, compresa la Piramide di Djoser.
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Una spedizione egiziana guidata da Mostafa Waziri, Segretario Generale del Consiglio Supremo delle Antichità, ha condotto gli scavi. Mentre le due tombe risalgono all'Antico e al Nuovo Regno, i due studi di imbalsamazione sono della 30ª dinastia e dell'epoca tolemaica.
La necropoli di Saqqara ospita un'ampia varietà di tombe e monumenti, tra cui piramidi, mastabe e templi. Con i nostri tour in Egitto potrete vedere la struttura più famosa di Saqqara è la Piramide di Djoser, costruita durante la Terza Dinastia. La Piramide di Djoser è considerata il più antico complesso di edifici in pietra completo della storia.
camere con letti di pietra dove i morti si sdraiavano per la mummificazione. Anche l'officina degli animali è rettangolare e costruita in fango con pavimenti in pietra. È costituito da una serie di stanze che un tempo ospitavano sepolture di animali e collezioni di vasi d'argilla, oltre ad attrezzature per la mummificazione in bronzo. Le prime ricerche indicano che la mummificazione degli animali sacri avveniva in questo laboratorio.
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La prima tomba scoperta apparteneva a "Ne Hesut Ba", un alto funzionario della V dinastia (2400 a.C.) che supervisionava gli scribi e fungeva da sacerdote di Horus e Maat. Un sacerdote Qadish della XVIII dinastia (1400 a.C.) di nome "Men Kheber" è sepolto nella seconda tomba. Mentre la tomba del Nuovo Regno è scavata nella roccia con una porta e un architrave ornati con i nomi del defunto e di sua moglie, la tomba dell'Antico Regno è una mastaba con una facciata dipinta su pietra con i nomi del defunto e di sua moglie.
I siti di Saqqara sono stati teatro di numerose scoperte negli ultimi anni; è necessario visitare questo sito con i nostri tour di un giorno al Cairo dall'aeroporto, tra cui centinaia di bare colorate contenenti mummie ben conservate di sacerdoti e alti uomini di Stato.
Anche il tour delle Piramidi di Giza e della Sfinge è una tappa obbligata per chi visita il Cairo con i nostri tour di mezza giornata al Cairo. Potrete vedere le Grandi Piramidi di Giza.
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A Luxor sono disponibili numerosi tour giornalieri. Potrete visitare alcuni dei siti più famosi di Luxor, tra cui il Tempio di Karnak, il Tempio di Luxor, la Valle dei Re e il Tempio di Hatshepsut. Inoltre, il tour dei Templi di Abu Simbel è una tappa obbligata per chi visita Assuan. Con i nostri tour di un giorno ad Assuan potrete vedere i due imponenti templi di Abu Simbel, che sono stati spostati dalla loro posizione originale negli anni '60 per evitare che venissero sommersi dalle acque del lago Nasser.
I nostri tour natalizi in Egitto sono un ottimo modo per vedere il meglio dell'Egitto antico e moderno. Inizierete al Cairo, dove visiterete le Piramidi, la Sfinge e il Museo Egizio. Poi volerete a Luxor, dove esplorerete la Valle dei Re, il Tempio di Karnak e il Tempio di Luxor.
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filorunsultra · 1 year ago
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Leadville Trail 100 Run
Nel reportage che scriverò sul viaggio negli Stati Uniti di quest'anno non dirò nulla della mia gara, ma siccome volevo scrivere comunque qualcosa lo faccio qui, almeno per ricordarmi cosa è successo.
Ho passato il giorno prima della gara steso nel bagagliaio della GMC che avevamo noleggiato, ho dormito qualche ora e verso il tramonto abbiamo lasciato il paese e siamo andati a dormire a Turquoise Lake, sul percorso. La mattina la sveglia era dannatamente presto, alle 2:30am perché la gara partiva alle 4:00, il classico orario del cazzo delle gare americane. Abbiamo parcheggiato al liceo, in fondo alla 6th St. e siamo arrivati alla linea di partenza quando era ancora deserta. Un tipo aveva acceso un fuoco sul marciapiede appena fuori casa e se ne stava lì a bere il caffè con un plaid sulle gambe guardando i corridori infreddoliti cercare di scaldarsi. Ho bevuto un caffè nell'unico locale aperto, una gelateria messicana che quel giorno ha chiuso il bilancio di un anno. Nella caffetteria c'era anche Dean Karnazes, che dal vivo sembra anche più scemo che in foto. La partenza è figa, si respira tensione e si sente già puzza di morti ancora prima di partire, ma come col sudore non capisci mai se sei tu o è quello a fianco.
Da Leadville a Hope Pass
È la mia terza 100 miglia ma la cosa non mi dà nessuna fiducia: ho sentito tanto la quota nei giorni precedenti e non sono affatto sicuro di essermi acclimatato. Sono nervoso. Cerco Brent e Natalie ma non li vedo, ascolto l'inno. Poi vedo una nuvola di polvere da sparo, e solo dopo sento il colpo. La prima salita è a un quarto di miglio dalla partenza ma non la sento, ho già fatto 400 metri e mi restano solo 159,6 chilometri di gara. In fondo alla Sesta si volta a sinistra sul Boulevard, poi il gruppo si allunga e si costeggia il lago. Davvero una bomba, cazzo mi sento Anton Krupicka. Sarò in centocinquantesima posizione e va bene così. La aid station di May Queen è una bomba e non sono preparato al volume del tifo. Trovo un gruppetto col mio ritmo e arrivo in controllo ad Outward Bound, con la prima salita della gara alle spalle. Outward Bound è in mezzo alla prateria ed è pieno di gente, non trovo Elisa e perdo un po' di tempo ma sono al 38esimo chilometro in meno di quattro ore di gara quindi cerco di restare tranquillo. Uscito dalla aid station, che è lunghissima, cerco le cuffiette e metto un po' di fottuto country. Inizio ad avere le gambe stanche verso Halfpipe, circa al 45esimo chilometro a memoria. Mi fermo a fare pipì e riparto. C'è un gruppetto di gente che corre bene, due tipi un po’ swag corrono insieme e si danno i cambi: penso che prima o poi salterò ma intanto provo a stargli dietro. In salita camminano lentissimi, poi fanno degli scatti improvvisi, sul tecnico si piantano, ammesso che ce ne sia, sulle discese corribili si lanciano in picchiata: corrono tutti in modo insensato. Passo a Twin Lakes (62km) in meno di sette ore, dopo aver visto i due specchi d'acqua turchesi dominati dalle montagne del Sawatch Range. La aid station è indescrivibile, ricorda Les Contamines a UTMB ma piena di gazebo e di gente che griglia come il giorno del Super Bowl. Mi rifornisco, prendo i bastoncini e lascio le borracce a mano e parto col mio amico francese di cui ho dimenticato il nome verso Hope Pass. Lui è un fottuto francese ma in salita non va molto forte. Il sentiero è più duro di quanto mi aspettassi ma la valle è bellissima e sembrano le Alpi. Sopra alla Timberline ci sono dei Lama e un accampamento di tende su cui rifornirsi. Gli ultimi tornanti fino al passo, che ho visto mille volte nei video, sono massacranti ma arrivo in cima un'ora e mezza dopo aver lasciato Twin Lakes. Ho una fitta sotto alle costole e non riesco a correre in discesa: è un pezzo tecnico, a tutti gli effetti e fanculo a chi dice il contrario. Il versante di Winfield è molto ripido e sebbene siano solo 850 metri di dislivello te li fa maledire tutti. In fondo alla discesa c'è un tratto molto lungo e poco corribile in leggera salita fino al giro di boa e solo qua inizio a incontrare i primi che iniziano a tornare indietro.
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At the top of Hope Pass, 3800m above sea level
Da Winfield ad Half Pipe: scavando nel profondo, quasi
Non vedo Rob Krar, che trovo alla aid station seduto su una roccia a guardare chi passa. Si è ritirato e mi dispiace, glielo dico e lui mi incoraggia. Alla aid station ci sono dei ragazzi e delle ragazze super gentili che portano ai corridori quello di cui hanno bisogno senza farli alzare da dove si trovano. Mi propongono diverse cose ma non ho voglia di niente, così mi alzo, vado in bagno, prendo l'ultima benedizione da Rob Krar e me ne vado. Mi giro per tornare a Leadville dopo 10 ore e mezza. Mi scende una lacrima, ma devo correre ancora 80 chilometri, sono appena a metà, non è finita. Riparto da Wienfield comunque meglio di come ci sono arrivato. Fa caldissimo e il sole dei tremila metri è caldo. Ritorno per la seconda volta alla quota più alta in cui sia mai stato in vita mia nemmeno tre ore dopo averla lasciata: Hope Pass, 3800 dannati metri sul livello del mare. La salita è massacrante, vado lentissimo ma supero tutti e nessuno mi supera. Sono un fottuto europeo dopo tutto, camminare in salita è l'unica cosa che so davvero fare. Su tira vento e sono stanco e c'è Leadville sul fondo, e sembra vicina ma la strada è ancora lunga. Alla fine di questa discesa mi mancheranno soltanto 60 chilometri di strade bianche corribili, e finalmente troverò Lapo, il mio dannato pacer.
In discesa ho i quadricipiti andati e le fitte continuano a torturarmi ma riesco a correre a un ritmo decente. Quando entro a Twin Lakes, in 13 ore e 4 minuti, sono passato in 40esima posizione, ho 12 ore per fare 60 chilometri per avere la fibbia grande, potrei anche camminare fino all'arrivo e probabilmente ce la farei comunque: la gara sta andando dannatamente meglio del previsto, la parte tosta è alle spalle, ma manca sempre una maratona e mezza, e la dannata notte. Elisa è all'inizio della aid station ad aspettarmi e Lapo è pronto a petto nudo, esattamente come l'ultima volta che ci siamo visti, in mezzo al deserto, un anno prima. "Tu non preoccuparti per come mi vesto io, preoccupati di cosa ti devo portare". Gli smollo tutto: zaino, borracce, frontali, bastoncini. Ripartiamo e sulla salita di Mt Elbert riprendiamo quattro persone: in salita vado più di chiunque altro ma restano solo 1000 metri di dislivello, non molti per fare la differenza, insomma, devo correre. Quando inizia la discesa mi ritrovo piantato, non riesco a correre continuativamente e lentamente diventa un'agonia. Lapo mi impone di alternare corsa a camminata e così in qualche modo arriviamo ad Half Pipe. C'è un signore con un cappellino da camionista che va su e giù per il percorso con una bici elettrica. Dice qualcosa, non ricordo cosa ma mi fa sorridere. Poi Lapo mi porta un bicchiere di caffè che mi rimette al mondo. Cristo mi ero dimenticato di quanto è buono. Capisco che il caffè è la chiave per arrivare in fondo, riparto confortato verso Outward Bound, so che è vicino.
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Lapo and me at the Halfpipe aid station, km 115
Da Halfpipe a Leadville: inizia la gara
Siamo immersi nell'oscurità, intuisco la distanza dalla aidstation di Outward Bound, sperduta in mezzo alla prateria. Da qualche miglio corriamo sempre con le solite persone: la seconda donna, il numero 267 e il mio tipo francese. Tutti con relativi pacer, francese escluso. Non stiamo bene ma nessuno ci supera e non superiamo nessuno, ho l'impressione che siamo rimasti soltanto noi in gara. Arriviamo ad Outward Bound e io sembro essermi ripreso. "Ti do tempo fino alla cima di Sugarloaf Pass per convincerti che stai bene" mi ordina Lapo, "da là cambiamo marcia e ti tiro fino all'arrivo". Signorsì, io d'altronde sono lucido ma ho smesso di pensare lasciando a lui anche questo ingrato compito. Non ho mai avuto un pacer e lui non l'ha mai fatto, ma mi trovo bene e insieme formiamo una bella squadra: lui mi parla per tenermi cosciente, io non rispondo ma sono contento di ascoltarlo. Alla aidstation c'è la Eli, chiacchieriamo un po', mi cambio, bevo un altro caffè. Ripartiamo correndo e raggiungiamo in fretta Fish Hatchery e poi l'attacco della salita di Powerline: è dannatamente dritta, una fila di frontali fa intuire dove finisce. Mancano 34 chilometri all'arrivo e inizio ad averne i coglioni pieni, così faccio quello che so fare meglio, finalmente: abbasso la testa e mi metto a sbacchettare. Cristo se sbacchetto: passo uno, due, tre, cinque, dieci atleti. Stacco di qualche metro persino Lapo che resta a una ventina di metri da me. Non avendo nulla da ascoltare inizio a imbambolarmi e gli occhi iniziano a chiudermi, se rallentassi mi arenerei così continuo a spingere: mancano ancora tanti chilometri ma non c'è più nulla per cui salvare le gambe, insomma, è il momento di andare, e al diavolo tutto il resto.
Alla aid station di Sugarolaf c'è un rave party in miniatura: la aid station è avvolta da una nuvola di erba e ci sono musica e luci stroboscopiche. Un tale fa delle bolle di sapone giganti, sarà mezzanotte. Bevo l'ultimo caffè e ripartiamo per l'ultima discesa verso Mayqueen. In discesa ho ancora male ai quadricipiti ma Lapo mi costringe a correre. Quando il sentiero diventa più tecnico ritrovo la gioia di correre in discesa e supero qualche altro atleta incartato tra le radici: sono davvero degli incapaci. Entriamo alla aid station di May Queen e Lapo mi precede di un po'. Quando arrivo al ristoro non mi siedo, ho voglia di ripartire. C'è una lavagnetta bianca appoggiata per terra con sopra scritti dei nomi. Chiedo alla ragazza cosa siano e lei mi dice che sono i passaggi. Solo quelli? Faccio un rapido conto e sono in 26esima posizione: non sono mai stato così davanti in una 100 miglia. Vedo la lavagnetta e mi ricordo che sono in gara, che per una volta potrei anche provare a fare qualcosa di meglio che correre contro me stesso e cercare di superare attivamente qualcuno. Ringrazio e riparto, Lapo mi sta dietro, io imposto un ritmo attorno ai 5' al chilometro, dopo 120 chilometri di corsa per me è un ritmo incredibile. Non ho più male, sono caldo, se mi fermo muoio. Corro. Il sentiero di Turquoise Lake è al buio come la prima volta che ci sono passato, non c'è niente da guardare, tanto vale correre e correre ancora. Corro e a un certo punto mi accorgo che dietro di me Lapo è scomparso. Cazzo. Non ho acqua, la frontale si sta scaricando e mi mancano 15 chilometri. Nel frattempo supero due persone, chiedo una borraccia a una, una frontale all'altra. Continuo a correre. I chilometri passano, il tempo vola. 14, 13, 12. Passo il campground in cui ho dormito la notte precedente, imbocco il Boulevard, trovo il mio amico francese che cammina a bordo strada, gli dico di seguirmi ma mi dice di andare. Continuo a correre. Quando imbocco il Boulevard, a 5 chilometri dall'arrivo, c'è una fila di cartelli a bordo strada, a una distanza precisa uno dall'altro, che riportano i nomi dei vincitori della gara dal 1983 ad oggi: sei stanco sai ancora fare i conti e sai anche che prima di arrivare di quei dannati cartelli dovrai superarne 39. Così inizio a contarli, trovo davanti a me un ultimo corridore, lo supero accelerando: corro in salita, corro sul Boulevard, tre chilometri prima di finire Leadville Trail 100 Run. Sono sulla 6th, vedo l'arco d'arrivo, delle persone che applaudono. Gli ultimi metri sono in salita, fanno male, ma io sto bene: sono sempre stato bene. Spengo l'orologio. Marilee mi abbraccia, mi dà una medaglia, Ken appoggia il fucile, mi abbraccia anche lui. Mi siedo sotto all'arco di arrivo, insieme a loro, resto lì per un po'. Poi arriva Lapo, arriva Elisa. Bevo una cioccolata, prendo la dannata fibbia, poi andiamo a dormire, è stata una lunga giornata, ma, in fondo, non è poi stata così lunga.
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