#arte urbana portogallo
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lillyslifestyle · 1 year ago
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Il festival di street art di Figueiró dos Vinhos
Oggi andiamo alla scoperta di Figueiró dos Vinhos e del suo festival di arte urbana.
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barbarapicci · 6 years ago
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(via Streetart Flash - L7m @ Loures, Portugal)
More info on: https://barbarapicci.com/2018/06/29/streetart-l7m-loures/
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aplustexto · 5 years ago
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Tra rigore, ordine e sobrietà*                                                                               
Progetto: 1998/2001
Luogo: Maia, Porto, Portogallo.
Progetto d’architettura: João Álvaro Rocha
Collaboratori: Alberto Barbosa Vieira, Francisco Portugal e Gomes, António Luís Neves, João Ventura Lopes, Pedro Tiago Pimentel, Sónia Campos Neves.
Modello tridimensionale: Armando Teixeira.
Progetto d’ingegneria strutturale: Rui Fernandes Póvoas.
Progetto degli impianti idraulici: Vasco Peixoto de Freitas.
Progetto degli impianti elettrici: António Rodrigues Gomes.
Progetto degli impianti meccanici: Paulo Queirós Faria.
Progetto di architettura paesaggista: Manuel Pedro Melo, João Álvaro Rocha.
Arredo e interni: João Álvaro Rocha.
Fotografie: Luís Ferreira Alves
Committente: Comune di Maia, Porto
L’intervento di Quinta da Gruta fa parte di un ampio progetto di riqualificazione urbana immediatamente a nord della città di Porto.
Al centro di un’antica area rurale, oramai diventata suburbio, si incontra un piccolo ma interessante edificio costruito agli inizi del XX secolo.
La rapida espansione della città e la trasformazione del territorio obbliga a convertire spazi obsoleti in nuove forme di centralità, il caso di Quinta da Gruta entra a far parte di un programma di sviluppo tendente ad accompagnare attraverso la creazione di nuovi servizi questi inevitabili cambiamenti.
João Álvaro Rocha in questo progetto pretende andare oltre il semplice restauro, riformulando spazi e funzioni attraverso un linguaggio attuale, senza prescindere dalla memoria rurale del luogo. Si tratta in sintesi di ristabilire un equilibrio tra antico e nuovo, tra grande e piccolo, tra pubblico e privato.
L’eleganza e la sobrietà dell’intervento nascondono uno studio approfondito nella scelta e nell’applicazione di materiali e regole: in ogni spazio apparentemente vuoto viene collocato un oggetto o un mobile che, senza distrarre l’attenzione, dinamizza le differenti percezioni visuali.
In modo occulto o evidente Rocha utilizza l’acciaio, sia per le sue caratteristiche di resistenza e durevolezza, che come pregiato componente estetico. Sono d’esempio tutti gli infissi dell’edificio costituiti da barre angolari in acciaio magistralmente occultate all’interno della muratura, oppure le esili mensole della biblioteca che, attraverso un telaio nascosto all’interno di una parete in cartongesso, riescono a raggiungere spessori di pochi millimetri.
Il passaggio tra i due piani della villa avviene attraverso una scala che si inserisce discreta in uno spazio aperto e libero da ostacoli.
Lungo l’esile corrimano tubolare si percorrono i sottili scalini fino a raggiungere il blocco in granito su cui poggia la scala. L’esercizio ludico determinante è infine accostare a rigidezza ed esilità, l’amovibilità di una piccola scatola interamente in acciaio che funge da primo gradino.
La zona destinata ai servizi igienici continua ad essere un abile esempio d’uso dell’inox, una parete apparentemente compatta cela due porte in acciaio in mezzo alle quali si trova uno specchio. Rubinetterie e supporti sono progettati e realizzati in inox.
Tavoli, sedie, armadi e porte, disegnati appositamente per la villa, mostrano o celano  questo incondizionato uso dell’acciaio, mirato a caratterizzare da un lato l’aspetto artigianale del manufatto, dall’altro una ricerca del moderno e del tecnologico.
Risulta eclatante a questo riferimento la scatola dell’auditorio che proietta verso il futuro l’antica silhouette della villa.
La cassa è sorretta da  enormi profili ad U in acciaio posizionati nello spessore delle pareti. Il rivestimento della sala è in legno, mentre l’esterno è costituito da lamine di alluminio e barre d’acciaio, il cui uso riflette la chiara intenzione di riprodurre una “scatola metallica” dall’alto aspetto hi-tech.
Il gioco di superfici trasparenti ed opache viene ripreso con una logica quasi “contraddittoria” nel volume contenente al primo piano la sala riunioni e al piano terra l’ingresso. In questo caso la completa trasparenza del vetro e la massiccia struttura in granito si inseriscono come trait d’union tra presente e passato.
La scatola è un tema ricorrente nel progetto, viene ripreso nelle sue più svariate interpretazioni anche nei piccoli oggetti sparsi nel giardino. Blocchi in pietra fungono da panchine, squadrati parallelepipedi d’acciaio da porta-rifiuti, lo stesso lampione è costituito da un semplice profilo a sezione quadrata.
Si incontrano inoltre alberi le cui radici vengono contenute in capienti cilindri d’acciaio.
La serra infine, nella sua leggiadra figura, nasconde dietro l’opacità dei vetri una struttura composita di tubolari in ferro, tiranti e tensori in acciaio.
L’accostamento tra vecchio e nuovo, tra artigianale e tecnologico sembra essere una delle prerogative nella ricerca linguistica di Rocha, e l’acciaio in questo ambito acquista sempre valore esemplare.
*testo pubblicato per Acciaio Arte Architettura, Auge Editore.
Stefano Ferracini
Stefano Ferracini (Treviso 1974), Architetto. Dopo anni di formazione e lavoro tra Italia e Portogallo, si stabilisce in Belgio. Insegna architettura d’interni a Esa Saint Luc Bruxelles.
https://sfarchitecture.tumblr.com/
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gardanotizie · 8 years ago
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Alla scadenza dei 500 anni dell’istituzione del Ghetto di Venezia, il primo ghetto, Donatella Calabi con il coordinamento scientifico di Gabriella Belli e il contributo di vari studiosi, ha realizzato una mostra “Venezia, gli ebrei e l’Europa 1516 – 2016”, volta a  descrivere i processi che sono alla base della nascita, della realizzazione e delle trasformazioni del primo “recinto” al mondo, allora destinato agli ebrei.
La mostra di Palazzo Ducale, ha consentito ad un affascinante viaggio, tra arte, storia e cultura, lungo 500 anni: dagli insediamenti ebraici in Europa dopo il 1492, (data che corrisponde alla cacciata degli ebrei dalla penisola Iberica), all’istituzione del primo vero e proprio ghetto al mondo. Si articolava secondo dieci sezioni tematiche: Prima del Ghetto, La Venezia cosmopolita, Il Ghetto cosmopolita, Le sinagoghe, Cultura ebraica e figura femminile, I commerci tra XVII e XVIII secolo, Napoleone: l’apertura dei cancelli e l’assimilazione, Il mercante di Venezia, Collezioni, Il XX secolo. Si poteva partire dal dibattito sulla sua localizzazione, per procedere sulla crescita e la conformazione urbana e architettonica di successive espansioni (il Ghetto Novo, il Vecchio e il Novissimo); quindi si affrontavano le relazioni con il resto della città (le botteghe realtine, il cimitero, l’escavo del Canale degli Ebrei), la reintegrazione novecentesca. Sull’area tuttora abitata, consistono tre ghetti,  grazie a precisissime ricostruzioni multimediali, in mostra si evidenziavano le evoluzioni. (Nei primi decenni del XVI secolo la Repubblica Veneta aveva messo in atto una strategia urbana di accoglienza, fatta di garanzie e di sorveglianza. Gli ebrei, al pari d’altre minoranze, erano “preziosi” per la Serenissima (come si legge in alcuni documenti): le sue magistrature, alcuni nobili, lo stesso doge Leonardo Loredan, che era “principe” al momento del decreto istitutivo del Ghetto (29 marzo 1516), ne erano perfettamente consapevoli. A Rialto un gruppo di giudei nel 1515 aveva anche acquisito una serie di botteghe. Venezia, che aveva concesso agli ebrei presenti sul proprio territorio –quando l’Europa li stava cacciando con i citati decreti d’espulsione dalla Spagna (1492) e dal Portogallo (1496) – d’entrare in città come rifugiati di guerra, in seguito si pose il problema di come trattare la minoranza ebraica. e lo risolse con le Grida del ‘500 che appunto istituirono il Ghetto, il recinto, le porte l’orario di apertura e chiusura…. “ La posta in gioco era la presunta difesa dei valori culturali fondamentali, di tutti quei valori che “il mito di Venezia” reputava i più essenziali in assoluto: giustizia, libertà e benessere, il tutto radicato nel buon governo e non da ultimo nella difesa dell’etica cristiana,…”).  Anche queste teorie e prassi si stanno riprendendo contro altri profughi, tornano Costruzioni di alti intorno a nuovi ghetti.
La  sala dedicata alle strutture abitative all’interno del Ghetto, descriveva , con le moderne tecnologie-video, lo sviluppo urbano e sociale nel recinto:  gli ampliamenti succedutosi nel tempo, l’illustrazione delle cinque sinagoghe e delle yeshivot, accanto a oggetti rituali d’argento e ai pannelli decorativi in cuoio, appartenenti al Museo Ebraico veneziano.
Significativa la riflessione sugli scambi culturali e linguistici,  tra il castello e la città, sulle abilità artigianali e sui mestieri che la comunità ebraica ha condiviso sia con la popolazione cristiana che  con tutte le minoranze presenti in una città mercantile di notevole rilevanza. Si conferma come Venezia, d’inizio Cinquecento, fosse cosmopolita e si espandesse oltre che militarmente, culturalmente, raggiungendo varie sintesi di  saperi, di sapori. Ecco gli splendidi Teleri di Carpaccio , il Ritratto del doge Leonardo Loredan, (Carpaccio),  firmatario della prima grida sul Ghetto.
Bisogna ricordare che Venezia dal ‘500, era diventata la fucina dei modelli tipografici, nel campo dell’editoria produceva significativi esperimenti di testi in ebraico: la piccola grammatica l’Introductio perbrevis ad Hebraicam linguam da lui pubblicata,  la Bibbia Rabbinica curata da Felice da Prato, insieme ad esempi di pubblicazioni popolari, come i Responsa di Joseph Colon. I Libri di grande pregio: il testo di Lascaris di edizione aldina, la Torah di Maimonide. l’Ester di Leon Modena, uno straordinario trattato settecentesco illustrato di astronomia, medicina e anatomia di Tobia Coen.
Nel ‘700, gli ebrei veneziani erano ricchi borghesi : lo conferma un prezioso Contratto matrimoniale ebraico, su pergamena sagomata, come un “Nobile al banco” Disegno acquerellato di Giovanni Grevembroch, dipinto in abiti de veneziani.
Fondamentale la Sala dedicata alla caduta della della Repubblica Veneta con l’apertura delle porte per volere di Napoleone, nel 1797, alla caduta della Repubblica, all’eliminazione del “recinto”,   e l’assimilazione dei Giudei nella città. Ritornando a pieno titolo nella società, molti famiglie, acquisiscono palazzi di prestigio, lungo il Canal Grande, fino a San Marco. Contemporaneamente  gli spazi architettonici del ghetto spalancati, vennero risanati e ristrutturati, I lavori si conclusero con ampia soddisfazione agli inizi del 1930 …Dopo la reintegrazione ottocentesca, la ristrutturazione novecentesca, celebrata da immagini-video, da il ritratto di Margherita Sarfatti di Wildt e Il Rabbino di Chagall, una autorevole “Letizia Pesaro Maurognato”, di Giacomo Balla, alla fine anni ’30, il regime fascista ha fatto una tragica inversione promulgando le leggi razziali e attuando la persecuzione degli Ebrei, fino ai campi di concentramento, alla Shoa…che ricordiamo appunto in questi giorni.
L’esposizione ha sottolineato la ricchezza dei rapporti tra gli ebrei e la società civile, nei diversi periodi della lunga permanenza in laguna, in area veneta e in area mediterranea.
Ma questa mostra ci ha rammentato anche come  la creazione di stereotipi, di pregiudizi dispregiativi,  sia partita da lontano, tanto che anche Shakespeare, l’aveva utilizzata ne Il mercante di Venezia. Proseguirà in tanta letteratura mondiale ed innumerevoli rappresentazioni cinematografiche-teatrali diabolicamente infausta, usata per ottenere il consenso popolare verso progetti distruttivi nazi-fascisti.
  Nota storica
Nei primi decenni del XVI secolo la Repubblica Veneta aveva messo in atto una strategia urbana di accoglienza, fatta di garanzie e di sorveglianza. Gli ebrei, al pari d’altre minoranze, erano “preziosi” per la Serenissima (come si legge in alcuni documenti): le sue magistrature, alcuni nobili, lo stesso doge Leonardo Loredan, che era “principe” al momento del decreto istitutivo (29 marzo 1516), ne erano perfettamente consapevoli.
Dalle Grida del ‘500
“Il luogo era delimitato da due porte che, come aveva precisato il Senato il 29 marzo 1516, sarebbero state aperte la mattina al suono della “marangona” (la campana di San Marco che dettava i ritmi dell’attività cittadina) e richiuse la sera a mezzanotte da quattro custodi cristiani, pagati dai giudei e tenuti a risiedere nel sito stesso, senza famiglia per potersi meglio dedicare all’attività di controllo. Inoltre si sarebbero dovuti realizzare due muri alti (che tuttavia non saranno mai eretti) a serrare l’area dalla parte dei rii che la avrebbero circondata, murando tutte le rive che vi si aprivano. Due barche del Consiglio dei Dieci con guardiani pagati dai nuovi “castellani”, circoleranno di notte nel canale intorno all’isola per garantirne la sicurezza. Il 1 aprile successivo, la stessa “grida” venne proclamata a Rialto e in corrispondenza dei ponti di tutte le contrade cittadine in cui risiedevano i giudei”.
Dal Castello al Ghetto,  evocativo rimando al “getto” di rame e alla fonderia esistente a Canareggio prima del recinto degli ebrei – da cui sarebbe derivato il toponimo “ghetto”. La mostra,  prosegue con la visualizzazione dei flussi migratori ebraici in Europa, dopo la cacciata dalla Spagna e dal Portogallo, e con un focus sulla presenza d’insediamenti ebraici in Veneto, a Venezia (in particolare nell’area centrale e in quella mercantile) e a Mestre. A Rialto un gruppo di giudei nel 1515 aveva anche acquisito una serie di botteghe: il cuore degli affari lagunari era al tempo vivacissimo e la ricostruzione in mostra del ponte di Rialto – ancora apribile nel mezzo per il passaggio delle imbarcazioni – e degli affollati spazi di scambio eretti dopo il grande incendio del 1514 è di particolare effetto. Venezia, che aveva concesso agli ebrei presenti sul proprio territorio – anche quando l’Europa li stava cacciando dopo i noti decreti d’espulsione dalla Spagna (1492) e dal Portogallo (1496) – d’entrare in città come rifugiati di guerra, in seguito alle drammatiche conseguenze della lega di Cambrai e alla sconfitta di Agnadello, si pose presto il problema di come trattare la minoranza ebraica. “ (Allora come oggi), La posta in gioco era la presunta difesa dei valori culturali fondamentali per la percezione di se stessi. di tutti quei valori che “il mito di Venezia” reputava i più essenziali in assoluto: giustizia, libertà e benessere, il tutto radicato nel buon governo e non da ultimo nella difesa dell’etica cristiana, senza la quale non sono concepibili né la giustizia né il benessere”.
La scelta di non cacciare gli ebrei ma di mantenerli dentro il ghetto fu vissuta come il male minore e la chiusura, da palese discriminazione, finì per trasformarsi anche in un’utile difesa, perché gli ebrei, soggetto politicamente debole all’esterno delle mura, diventarono all’interno autonomi, quasi padroni delle loro azioni. Si trasformò a poco a poco in un’istituzione quasi a sé, “uno scudo”, come scrive Riccardo Calimani, “che, pur nella precarietà dilagante disponeva, nonostante tutto, di poteri e privilegi che gli permettevano di farsi ascoltare e di trattare con i propri interlocutori all’esterno, con una libertà d’iniziativa in qualche caso sorprendente”. Cosmopolita al suo interno – ove vennero a convivere ebrei tedeschi e italiani, ebrei levantini, ponentini e portoghesi – il Ghetto di Venezia fu dunque una realtà fortemente permeabile, in costante interazione con l’esterno e in primis con la città lagunare, essa stessa straordinariamente multinazionale e multietnica, per convinzione o pragmatismo.
Il XIX secolo è scandito dal ritorno degli ebrei a pieno titolo in città e nella società: molti escono dal perimetro, alcune famiglie acquisiscono palazzi di prestigio, spesso lungo il Canal Grande, inizialmente nel sestiere di Cannaregio poi anche a San Marco. Alla reintegrazione novecentesca, seguì la persecuzione. ma la mostra si ferma su questa soglia.
Un famoso e grande plastico della città realizzato nel 1961 per una mostra a Palazzo Grassi darà vita, collegato a un dispositivo multimediale, a una sorta di atlante luminoso delle abitazioni ma anche delle architetture realizzate su committenza ebraica e/o ai molti dei progetti degli stessi professionisti ebrei, testimoniati anche da materiale documentario.
 Maria Teresa Martini
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                Affrontare il tema Shoa a partire da “Il primo ghetto” di Venezia a 500 anni della sua istituzione Alla scadenza dei 500 anni dell’istituzione del Ghetto di Venezia, il primo ghetto, Donatella Calabi con il coordinamento scientifico di Gabriella Belli e il contributo di vari studiosi, ha realizzato una mostra…
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lillyslifestyle · 5 years ago
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Portogallo, in auto alla scoperta della regione nord Trás-os-Montes
Portogallo, in auto alla scoperta della regione nord Trás-os-Montes #portogallo #trasosmontes
Chi mi conosce lo sa, e lo ha letto mille volte, che per me “il Portogallo non è solo Lisbona, Porto o l’Algarve“. Dopo avervi parlato in modo approfondito dell’Alentejo, delle Azzorre e di molte altre località non distanti da Lisbona, oggi voglio portarvi con noi in auto fino a Trás-os-Montes.
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Trás-os-Montes questa sconosciuta
La regione meno conosciuta e meno visitata del Portogallo,…
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lillyslifestyle · 3 years ago
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5 campi di basket a Lisbona che sono vere opere d'arte
5 campi di #basket a #Lisbona che sono vere opere d'arte
Può lo sport e l’arte urbana riqualificare zone della città considerate “in degrato”? Per rispondere a questa domanda oggi voglio portarvi con me alla scoperta dei nuovi campi di basket che hanno fatto da tela a diversi artisti urbani nazionali e internazionali. 1- CAMPO MARTIRES DA PÁTRIA Questo progetto fa parte della strategia di intervento artistico della città di Lisbona per riqualificare…
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lillyslifestyle · 3 years ago
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Médio Tejo 30/30, 30 pillole per scoprire il centro del portogallo
Médio Tejo 30/30, 30 pillole per scoprire il centro del #portogallo #mediotejo
La pandemia mi ha fatto, ancor di più, odiare la vita cittadina. Avendo la fortuna essere in telelavoro ho deciso che per l’intero mese di giugno saremmo andati a vivere e lavorare in campagna, nei pressi di Abrantes nel centro del Portogallo. Ho scelto una sottoregione quasi sconosciuta anche dagli stessi portoghesi e sarà questo il nostro quartier generale per andare alla scoperta di questa…
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lillyslifestyle · 2 years ago
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Bordalo II, nuova solo per l'artista urbano dei rifiuti
Bordalo II, nuova solo per l’artista urbano dei rifiuti
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barbarapicci · 6 years ago
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(via Streetart Flash - Roc Blackblock @ Covilhã, Portugal)
Info & gallery: https://barbarapicci.com/2018/06/25/streetart-roc-blackblock/
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lillyslifestyle · 5 years ago
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Portogallo, un fine settimana tra Aveiro e la Costa Nova
#Portogallo, un fine settimana tra #Aveiro e la Costa Nova
Chi dice che in Portogallo si deve viaggiare solo in estate? Approfittando di un bel sole invernale di gennaio siamo partiti in auto da Lisbona per trascorrere un fine settimana ad Aveiro. La Venezia portoghese la chiamano e noi, curiosi, siamo andati a vedere se è vero.
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Come organizzare il viaggio COME ARRIVARE AD AVEIRO
Aveiro è raggiungibile in autobus (FlixBus oppure…
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lillyslifestyle · 5 years ago
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Fine settimana a Lisbona, eventi 29 novembre - 1 dicembre 2019
Fine settimana a #Lisbona, #eventi 29 novembre - 1 dicembre 2019
Rieccoci ad un altro appuntamento del giovedì con i miei consigli sugli eventi imperdibili del fine settimana a Lisbona. Premetto che domani uscirà un ricco articolo con la programmazione (quasi) completa degli eventi natalizi di dicembre ma per oggi il Natale lo mettiamo da parte. Pronti a prender nota?
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Cosa fare questo fine settimana?
Veleggiare sul fiume Tago con aperitivo
Andare in…
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lillyslifestyle · 5 years ago
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Fine settimana a Lisbona, eventi 11-13 ottobre 2019
Fine settimana a #Lisbona, #eventi 11-13 ottobre 2019
Benritrovati al mio appuntamento con la rubrica settimanale dei miei consigli sugli eventi imperdibili del fine settimana a Lisbona. Un programmino bello ricco oggi vi attende, vedrete che sarà difficile selezionare. Curiosi? Buona lettura.
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Cosa fare questo fine settimana?
Veleggiare sul fiume Tago con aperitivo
Andare in giro su un sitway
Imparare a cucinare il pastel de nata
Vedere…
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lillyslifestyle · 5 years ago
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Bragança, città di storia e street art
#Bragança, città di storia e street art #portogallo
Nord del Portogallo, nel cuore della “Terra Fria” (terra fredda) di Trás-os-Montes, c’è Bragança una città affascinante e ricca di storia. Numerosi suoi illustri nomi sono saliti sul trono del Portogallo ma la città è anche affacciata sul presente con moltissima street art. Oggi vi porto con me alla scoperta di questa cittadina trasmontana.
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Situata a 500 km da Lisbona e 200 km da Portoè una…
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lillyslifestyle · 8 years ago
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A Lisbona il festival di street art costruisce un muro contro Trump
A Lisbona il festival di street art costruisce un muro contro Trump
L’arte urbana a Lisbona sta trasformando le sorti e le realtà delle periferie della città. Dopo il Bairro de Padre Cruz sarà il turno di Marvila. Di cosa sto parlando? Dell’attesissimo festival di street art della città, sabato, 25 maggio torna MURO. ENGLISH – PORTUGUÊS – FRANÇAIS – ESPAÑOL – DEUTSCH Quest’anno il festival, prima del suo inizio ufficiale, ha creato un MURO virtuale su…
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lillyslifestyle · 6 years ago
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Curiosità in Portogallo, quello che nessuno vi racconta n.3
#Curiosità in #Portogallo, quello che nessuno vi racconta n.3
Torna il nostro appuntamento con le curiosità in Portogallo che nessuno vi racconta. Siamo giunti al nostro terzo numero di questa nuova rubrica e voglio ringraziare tutti i lettori che mi hanno scritto via email e messaggi privati per consigliarmi delle curiosità da condividere o fatto richieste speciali.
CURIOSITÀ IN PORTOGALLO 1- La casa nella pietra, la casa dei Flingston
Dopo avervi…
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lillyslifestyle · 7 years ago
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Fare l’aperitivo in un bar dedicato agli eteronimi di Fernando Pessoa dove lo stesso poeta scrittore si fermava a sorseggiar un “copo” di grappa o vino dopo il lavoro e che appena pochi anni fa è stata location del film Treno di notte per Lisbona, è un’emozione unica per chi, come me, ama il cinema e la letteratura. Dove vi porto virtualmente oggi? Continuate a leggere.
  Heterónimo BAAR si chiama il locale che completa il nuovo ristorante del famoso chef Chakall. Lo chef argentino ha recuperato l’antico Refeitório del signor Abel di Marvila e lo ha trasformato in una pizzeria con bar annesso a cura di Miguel Tojal.
Il concetto è interessante ed è il prolungamento della pizzeria dello chef che ha al forno a legna Roberto Mezzapelle campione europeo di pizza acrobatica, ma non voglio parlarvi della pizzeria oggi ma del bar.
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Foto: Time Out
L’Heterónimo BAAR, le cui iniziali sono degli eteronomi più conosciuti dello scrittore: Bernardo Soares, Álvaro de Campos, Alberto Caeiro e Ricardo Reis, era l’antico refettorio della Sociedade Comercial Abel Pereira da Fonseca di un noto impresario portoghese del XX secolo.
Abel Pereira da Fonseca era un vero visionario, un uomo che riuscì a creare una rete di distribuzione incredibile a Lisbona con i negozi Val do Rio e un vero impero della produzione del vino, liquori e distillati.
L’edificio, del 1910 opera dell’architetto Manuel Joaquim Norte Júnior, spesso era nominato la “Catedral do Vinho” (cattedrale del vino) vista la dimensione che aveva la sua cantina. La localizzazione inoltre era congeniale visto che si trovava a pochi metri di distanza dal molo dove attraccavano le barche che trasportavano il vino della regione Ribatejo.
È qui che il poeta Fernando Pessoa era spesso visto al bancone a sorseggiar il suo bicchiere di grappa e la sua silhouette è stata immortalata nel logo del bar, anzi BAAR.
Famosa la dedica che il poeta di Lisbona scrisse a Carlos Queirós, nipote della sua amata Ofélia, sul retro della fotografia che lo immortala al bancone di Abel Pereira da Fonseca mentre beve un bicchiere di vino:
“Carlos, isto sou eu no Abel, já próximo do Paraíso Terrestre, aliás perdido.”
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Oggi al bancone del BARR non troviamo più Fernando Pessoa ma la maestria del bartender Sandro Pimenta, vincitore del Bacardi Legacy Portugal ed uno dei sei finalisti della competizione nazionale di mixologia World Class, che lascia il Farol Design Hotel per unirsi alla famiglia Chakall.
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Foto: BAAR
Noi, frequentando spesso Marvila, non potevamo non fare un salto al bar  per un aperitivo dopo lavoro. Molti di voi riconosceranno la porta d’entrata come la stessa della famosa farmacia (che non è mai esistita) nonché covo di cospirazioni rivoluzionarie del film Treno di notte per Lisbona  con Jeremy Irons.
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Oggi, la location del film è uno spazio ideale per riunirsi dopo il lavoro per attendere che il traffico serale si calmi un po’ mentre si posso sorseggiano vini, birre e cocktail accompagnati da taglieri di formaggi ed insaccati o bruschette.
Noi abbiamo optato per un vino bianco Victor Horta, una birra scura artigianale ed una bruschetta cotta in forno a legna. L’ambiente è gradevole con musica di sottofondo e non molti tavoli. L’atmosfera è gioviale con diverse persone che si riuniscono ai tavoli per rilassarsi dopo una lunga giornata in ufficio.
Sicuramente diventerà un nostro indirizzo fisso specialmente quando aspetteremo l’apertura della galleria di arte urbana non molto lontana da li. Se mi seguite già da un po’ avrete già capito che mi riferisco alla Underdogs.
Volete anche voi andare a sorseggiare un cocktail preparato dal campione? Ecco le informazioni che vi serviranno:
DOVE Heterónimo BAAR / Refeitório do senhor Abel > Pç. David Leandro da Silva, 4-6 > ORARIO martedì – sabato dalle 12 alle 15 e dalle 19 alle 24. La domenica dalle 12 alle 15.
RISTORANTI DI LISBONA
BAR DI LISBONA
A Lisbona l’aperitivo si beve al bancone frequentato da Fernando Pessoa Fare l'aperitivo in un bar dedicato agli eteronimi di Fernando Pessoa dove lo stesso poeta scrittore si fermava a sorseggiar un "copo" di grappa o vino dopo il lavoro e che appena pochi anni fa è stata location del film Treno di notte per Lisbona, è un'emozione unica per chi, come me, ama il cinema e la letteratura.
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