#vivere a lisbona
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Bei Fior
Questo 25 Aprile è ancora più importante: perchè siamo al culmine di una strisciante strategia di revisionismo, dai tratti sbracati e ingenui (per questo spesso di presa) che continua ad ammiccare, a nascondersi, a non affrontare il problema. Lo fa nonostante sia classe dirigente, lo fa con atteggiamenti antistorici, propagandistici. Lo fa manipolando.
E pensò che forse un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull’ultima collina, guardando la città e pensando lo stesso di lui e della sua notizia, la sera del giorno della sua morte. Ecco l’importante: che ne restasse sempre uno. Scattò il capo e acuì lo sguardo come a vedere più lontano e più profondo, la brama della città e la repugnanza delle colline l’afferrarono insieme e insieme lo squassarono, ma era come radicato per i piedi alle colline. – I’ll go on to the end. I’ll never give up.
Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny
Questo 25 Aprile è anche importante per un altro anniversario.
50 anni fa una rivoluzione pacifica mise fine ad un regime che credeva fosse meglio vivere non nel presente, ma cento anni nel passato. Un regime che vigeva dal 1926: con il colpo di Stato del generale Carmona, Antonio de Oliveira Salazar è nominato Ministro delle Finanze con pieni poteri nel 1928 e nel 1932 Salazar si trasforma nel dittatore che, attraverso il suo Estado Novo, controllerà per 35 anni ogni aspetto della società portoghese. Nel 1968 una trombosi cerebrale, causata da un incidente domestico, lo allontana per sempre dal potere. Viene quasi subito sostituito da Marcelo Caetano, ma fino al giorno della sua morte nel 1970 rimane convinto di essere ancora il Primo Ministro. Pare che nessuno ebbe mai il coraggio di dirgli la verità. Dopo decenni di oscurantismo, censura, mancate libertà personali, l'ossessivo controllo della PIDE (poi DGS) la polizia politica, istruita dalla Gestapo e dalla CIA, che controlla l'intera popolazione in patria e nelle colonie, dove sin dagli anni '60 ribollono istanze di indipendenza (Angola, Mozambico, Guinea-Bissau). E In Portogallo furono i militari, tramite il Movimento das Forças Armadas, che organizzarono prima un movimento clandestino, poi un effettivo golpe incruento volto a far cadere il Governo Caetano.
La sera del 24 Aprile poco prima di Mezzanotte, il segnale fu lanciato: per la radio di Stato passò una canzone, Grândola vila morena del cantautore e attivista politico José Afonso, da sempre bandita. In poche ore un corteo pacifico di mezzi corazzati entra nel centro di Lisbona. Caetano prima si rifugia nel Palazzo della Guardia Civil, poi si arrende. Il 25 Aprile, sparsa la notizia, la gente si riversa in piazza, e una fioraia, felicissima, inizia a distribuire garofani rossi ai soldati, che li infilano nei loro fucili. È il simbolo della Rinascita: il 1° Maggio 1974 il Portogallo festeggia la Festa dei Lavoratori dopo 46 anni. La Transizione sarà lunga e difficile, ma i Militari mantengono le promesse: indipendenza alle colonie, libere elezioni, un progressivo ammodernamento del Paese.
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Sindrome dell'assente.
Sono talmente tanti i posti dove non sono. Non sono a Napoli, a Tangeri, Coimbra, Lisbona, New York, Jambol e Istanbul. Non solo non ci sono, ma non ci sono dolorosamente. Non sono in un piovoso pomeriggio a Londra, non sono nel baccano di Madrid la sera, non sono a Brooklyn in autunno, non sono nelle domenicali strade deserte a Sofia o a Torino, nel silenzio di una cittadina bulgara del 1978... Talmente tante volte non ci sono. Il mondo è sovraffollato dalla mia assenza. La vita sta là, dove io non sono. Dovunque io sia... E non solo non ci sono dal punto di vista geografico, non solo sono assente nello spazio. Anche se lo spazio e la geografia non sono mai stati solo spazio e geografia. Non sono nell'autunno del 1989, in quel folle maggio del 1968, nella fredda estate del 1953. Non sono nel dicembre del 1910, né alla fine del XIX secolo e neppure negli anni '80 col ciclo continuo della musica disco, cosa che odio in modo particolare. L'uomo non è fatto per vivere nella prigione di un corpo e di un tempo.
Cronorifugio, Georgi Gospodinov.
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Verrà la luce - un omaggio a Walter Benjamin
Non posso far a meno di sventrarmi l’animo leggendo l’atroce storia di Walter Benjamin, spirito perdente perseguitato dalla sfiga in aeternum, roso da quel folletto dispettoso che pur ammattiva il Tasso. Re del fallimento quale sono, sento mie le sue acri sconfitte e prego per un finale migliore. Puntualmente respinto da Accademia e accademici, Benjamin aveva il dono funesto di viver sempre al momento sbagliato. Quando finalmente un pio editore gli proponeva un progetto o una rivista, ecco che questi dichiarava bancarotta prima d’avergli pagato il primo numero. Ma più tentava la vita, più il malefico coboldo s’accaniva sulle sue fragili spalle, ridendo dei suoi atroci scherni. Un giorno Benjamin trovò il coraggio di metter fine alle ipocrisie del suo matrimonio, lasciando la moglie Dora per darsi anima e sangue alla sua amante, la regista Asja Lacis, ma questa per tutta risposta lo liquidò malamente il giorno dopo (lui totalmente me). Come se non bastasse, fuggito a Parigi dalla Germania nazista, prese a pubblicare per l’Institute for Social Research di Adorno, ma questi infastidito da Benjamin, troppo indipendente, gli voltò le spalle, negandogli così ogni sostegno economico. Fuggito a Marsiglia, in attesa d'un visto d’emergenza per l’America, scoprì che la sua biblioteca parigina, i suoi amati preziosissimi libri, faticosamente collezionati nel corso degli anni, erano stati requisiti dalla Gestapo e probabilmente bruciati, pisciati, calpestati senza ritegno. Ottenuto il visto per l’America e il permesso d’espatrio per salpare da Lisbona, Benjamin s’incamminò allora verso il confine spagnolo, stringendo a sé una borsa nera con dentro il suo mondo, manoscritti e pensieri incompiuti. Tuttavia, giunti a Portbou, sui Pirenei, lo gnomo venefico decise di tendergli un ultimo diabolico agguato: il permesso delle autorità francesi era stato revocato, sicché i profughi sarebbero stati ricacciati indietro a rischiar la vita nella Francia nazista. Sentendosi ormai disperato e sconfitto, Benjamin s’ammazzò allora di veleno, svanendo da tutto e tutti in pochi istanti. Per tragica ironia, il permesso francese arrivò il giorno dopo, sicché i suoi compagni poterono proseguire il viaggio. Come scrisse Hannah Arendt, sua cara amica: “un giorno prima Benjamin sarebbe passato senza difficoltà, un giorno dopo a Marsiglia si sarebbe saputo che in quel momento non si poteva passare per la Spagna. Solo quel giorno era possibile la catastrofe”. Arrivata negli Stati Uniti sotto l’ala protettiva di Adorno, Hannah Arendt pensava che i manoscritti di Benjamin, stretti in viaggio con sé, sarebbero stati accolti degnamente da Adorno, ma questi invece ne trascurò la pubblicazione con pigra indifferenza. Alcuni amici di Benjamin pagarono l’affitto di un loculo a Portbou per cinque anni. Dopodiché la salma fu gettata in una fossa comune ad eterno oblio. La borsa nera in cui Benjamin custodiva carte e manoscritti venne ritrovata soli molti anni dopo, ma ormai al suo interno non c’era più nulla, tranne polvere e cieco silenzio. Spero d’esser riuscito a rendere col mio post un flebile omaggio alla sua vita, ma voi che vivete come me di penosi inciampi e travagliose frane, ricordatevi di non cedere mai alla paranoia, non lasciatevi abbattere dai tragici dispetti del vostro demonico folletto, c’è una luce più avanti dove non si vede, il cammino è lungo, arduo assai e costa sangue e patimento, ma voi non fermatevi, credete, verrà la luce.
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POVERE CREATURE!
In una Londra da "futuro anteriore" (probabilmente vittoriana), il dottor Godwin Baxter (Willem Dafoe), un Frankestein con ambizioni fantascientifiche restituisce la vita all'aspirante suicida Bella (una credibilissima Emma Stone) che da aspirante diventa poi effettivamente suicida nelle torbide acque del Tamigi; in realtà il suicidio riesce a metà, poiché questo Dottor Calligari alla rovescia, invece di farsi i fatti suoi, raccoglie il cadavere della sventurata che è pure incinta e la porta nel suo laboratorio dove, con una operazione in day-hospital, preleva il cervello del nascituro e lo inseirsce nella scatola cranica della giovane donna. Il risultato finale è un corpo di donna con il cervello di un neonato. Del resto anche Goldwin Baxter non dovrebbe aver avuto un'infanzia tranquilla, in considerazione del suo aspetto a dir poco inquietante. A sorvegliare i progressi della donna-bambina vien chiamato Max McCandles, giovane studente di medicina che la aiuterà a districarsi nel mondo, compreso quello dell'eros, tanto che il dottor Baxter decide di darla in moglie al giovane studente. "Bella" però si invaghisce di Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), un avvocato capitato per combinazione in casa Baxter. Con Wedderburn, Bella intraprende una sorta di "Grand Tour" del piacere e dei piaceri tra Lisbona, Alessandria d'Egitto e Parigi. Ma il viaggio insegna anche alla giovane cos'è la povertà e il bisogno, tanto che, quando a causa di una perdita al gioco Wedderburn finisce sul lastrico, Bella decide di prostituirsi in un bordello parigino, facendo così conoscenza con il cinismo degli uomini, ma anche con le necessità materiali. Tornata a casa Bella decide di sposare Max, ma al matrimonio si oppone Alfie Blessington, militare e militarista che fu il marito di Bella, prima del tragico quasi-suicidio. Sempre desiderosa di nuove esperienze Bella acconsente di vivere con l'uomo che presto si rivelerà un tirannico maschilista. Liberatasi di lui con una salutare pistolettata in un piede, Bella torna da Baxter, che nel frattempo è sul letto di morte, ma ancora abbastanza desideroso di sperimentazione, tanto da inserire il cervello di Blessington nella testolina di una deliziosa capretta. Raccontato così il film di Yorgos Lanthimos potrebbe sembrare una abominevole boiata, ma niente di più sbagliato poiché si tratta di un film visionario e neo-barocco di grandissima poesia, aggiungerei “sorprendentemente”, poiché bisogna ammettere che il plot narrativo, letto a tavolino, qualche ragionevolissimo dubbio lo può sollevare. “Poor Things!” si muove infatti in quell’ambito del cinema “fantasy” che è spesso un genere che, con una certa facilità, può scadere nella banalità. Lanthimos riesce nell’impresa di costruire una storia raccontata anche attraverso una ambientazione oltremodo affascinante e giocata tutta in una dialettica serrata tra scenografia (Zsuzsa Mihalek) e tecniche di ripresa inconsuete (come le lenti grandangolari della macchina da presa). Oltre a qualche irrinunciabile effetto speciale, ma usato con molta misura, sono assolutamente pregevoli le ricostruzioni delle città (Londra, Lisbona, Alessandria e Parigi), piranesiane ed eccessive, disneyane e langhiane. Non c’è infatti nel film solo la lezione di Robert Wiene, ma anche quella di Fritz Lang con qualche strizzata d’occhio allo Scorsese di “Hugo Cabret”. Il film veicola, con una stravagante originalità, anche un forte messaggio anti-patriarcale. Non nuovissima l’idea della sfasatura temporale dello sviluppo corpo-mente che ebbe già la sua apoteosi cinematografica nell’indimenticabile “L’Enfant sauvage” di Francois Truffaut. Sconsigliato ai deboli di stomaco, ma consigliatissimo alle menti immaginifiche.
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📷 Cammino portoghese centrale, da Lisbona a Finisterra, con l'entrata in Santiago e l'emozione di due pellegrine che facevano il cammino per la prima volta. L'ennesimo attestato di amore a cui ho assistito e partecipato, dopo averne vissuti e condivisi molti in questi miei lunghi venti anni di pellegrinaggi come testimone e messaggero.👣
=🙏=
"E per i quali voglio ringraziarti ancora una volta Signore, mio fedele compagno di viaggio, e mia sapiente guida e consigliere ammirabile. L'unico mio medico l'unica mia vera motivazione. Grazie di cuore Amico mio per tutte le ricchezze che mi hai fatto assimilare in questo lungo tempo, e per le quali, io mi sento oggi un privilegiato. Dolori e gioie, testimonianze e preghiere, condivisione e solitudine, benedizioni e malattie, misericordia e doni di amore, ricco e povero, fame e sete, oggi Re, domani mendicante. Si può provare e vivere di volta in volta tutto questo?! E, non sono forse queste, le condizioni per poter affermare che ho conosciuto più da vicino l'estasi del paradiso e le fiamme dell'inferno?! Dimmelo tu Signore, ma io sono certo che tu ora starai annuendo". Alleluya!
lan ✍️
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Sostiene Pereira - Una Testimonianza
Lisbona, un fatidico agosto del 1938: un mite giornalista si trova coinvolto nella lotta antifascista. La solitudine, il sogno, la coscienza di vivere e di scegliere, dentro la Storia. Un grande romanzo civile. Due premi nazionali come il Viareggio-Rèpaci e il Campiello, e il Prix Européen Jean Monnet. Oltre venti traduzioni all’estero. Una memorabile interpretazione cinematografica di Marcello…
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Ci saranno squarci nello spazio che diano su un’altra parte...
Fernando Pessoa, da Il poeta è un fingitore: Duecento citazioni scelte da Antonio Tabucchi
Il 30 novembre 1935 muore Fernando Pessoa. Aveva 47 anni.
"Vivere la mia vita è stato vivere mille vite, sono stanco, la mia candela si è consumata, la prego, mi dia i miei occhiali."
Antonio Tabucchi, in un piccolo bellissimo libricino, ne ha narrato con tenerezza e passione la morte. Ho letto pochi libri altrettanto commoventi come questo. La vita di Pessoa ne esce fuori con levità, e in quei tre giorni di agonia, come in delirio, il grande poeta portoghese riceve i suoi eteronimi, parla con loro, detta le sue ultime volontà, dialoga con i fantasmi che l'hanno accompagnato per tutta la vita. Uno alla volta Àlvaro del Campos, Riccardo Reis, Bernardo Soares e António Mora si siedono al suo capezzale, ognuno con la sua storia e in ogni storia c'è la storia di Pessoa e nessuno di loro vorrebbe lasciarlo andare.
"...e ho capito che tutti gli atomi che ci compongono, queste particelle infinitesimali che sono il nostro corpo di ora, dopo torneranno nel ciclo eterno e saranno acqua, terra, fertili fiori, piante, la luce che dà la vista, la pioggia che ci bagna, il vento che ci scuote, la neve candida che ci avvolge col suo manto in inverno. Noi tutti ritorneremo qui sulla terra, o grande Pessoa, nelle innumerevoli forme che vuole la Natura, e forse saremo un cane chiamato Jò, un filo d’erba o le caviglie di una giovane inglese che guarda stupita una piazza di Lisbona. Ma la prego, è presto per partire, resti ancora un po’ fra noi, in quanto Fernando Pessoa”.
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Amália Rodrigues
https://www.unadonnalgiorno.it/amalia-rodrigues/
Amália Rodrigues, cantante e attrice, regina assoluta del fado, è stata la più grande interprete della musica portoghese.
Una carriera lunga quasi sessant’anni in cui ha registrato 170 album e esportato la musica lusitana in tutto il mondo.
Nata il 23 luglio 1920 a Lisbona, in una famiglia modesta, venne allevata dai nonni materni e frequentò solo tre anni di scuola elementare. Aveva iniziato presto a lavorare ma la sua passione era la musica. Sognava malinconicamente le storie che riusciva a vedere al cinema modificando e rielaborando testi e arie secondo il suo gusto.
La svolta è stata nel 1939, aveva diciannove anni quando, dopo essersi esibita in piccole manifestazioni locali, venne invitata a esibirsi al Retiro da Severa, uno dei locali più prestigiosi di Lisbona. La sua performance impressionò pubblico e critica segnando l’inizio di un repentino e enorme successo.
In un anno veniva già pagata venti volte più dei maggiori artisti del momento esibendosi in riviste teatrali e al cinema.
Ha inciso il primo disco, un 78 giri, nel 1945 quando era già ampiamente conosciuta e amata. Nel 1950 è partita per la prima tournée internazionale in Brasile, nel 1955 il film Gli amanti del Tago, le ha aperto trionfalmente le porte del mitico Olympia di Parigi.
Si è esibita nei maggiori teatri e sale da concerto di tutto il mondo.
La sua voce unica, potente e appassionata, trasmetteva in maniera incisiva e originale l’anima e l’emozione del fado, la forma d’arte che meglio esprime la saudade, il sentimento di malinconia e nostalgia tipico della cultura portoghese.
A metà degli anni settanta, la Rivoluzione dei garofani la prese a bersaglio, discriminandola duramente per esser stata, senza volerlo, un simbolo del Portogallo di Salazar, dopo dieci anni è stata, però, riabilitata dal nuovo governo socialista.
Ha vissuto i suoi ultimi anni in ritiro nella sua celebre casa di Rua São Bento, a Lisbona, dove è mancata il 6 ottobre 1999.
Alla sua morte vennero proclamati tre giorni di lutto nazionale, ai funerali parteciparono decine di migliaia di persone. La sua salma riposa nel Pantheon di Lisbona.
Numerosi sono stati i premi e riconoscimenti ricevuti, tra cui il prestigioso Ordine della Libertà conferitole dal presidente della Repubblica portoghese nel 1990.
La sua inconfondibile voce si era evoluta col tempo, dall’agile timbro cristallino della giovinezza, attraverso il recupero del colore speciale dei suoi suoni gravi, fino al timbro rugginoso, lacerato dalla tarda età, inconfondibilmente “suo” e incrinato da una ferita mai rimarginata: la malattia del vivere. Un suono remoto, metafisico, declinato dagli accordi della chitarra che scivola su melodie intrise di nostalgia.
Amália Rodrigues ha lasciato un’eredità immensa nella musica e nella cultura lusitana.
La sua voce straordinaria e il talento interpretativo hanno toccato i cuori di milioni di persone in tutto il mondo.
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‘Fa figo citare una città europea a caso.. Lisbona.’ ‘Mi sono innamorato di Lisbona’
#Fondazione Mirafiori#ermal meta#citiamo una citta a caso#Lisbona#voglio andare a vivere a Lisbona#quel sorrisetto stampato in faccia#palese
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Le rose sono rosse
Se chiedete a me, era Eleni la più bona
Ancora non ho capito cosa dovesse
Parodiare "voglio andare a vivere a Lisbona"
#metamoro#memetamoro#shut up l#anche io voglio andare a vivere a lisbona#ma per imparare il portoghese#e per i pasteis#non capisco mai niente
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Ecco dove prendo le decisioni più importanti. A casa degli altri. Perché questo è tutto ciò che mi resta: l'ospitalità degli altri.
Partire per Lisbona o restare, lavorare qui vicino?
Milano. Fare la pendolare. Magari finire l'università. Magari prendere casa per stare da sola. Magari vivere a Torino. Magari smettere di evitare le solite cose. Magari smettere di credere nelle solite scuse. Non rifare gli stessi errori. Magari mettere radici per la prima volta. Magari fermarmi in un luogo alle mie condizioni.
O partire? Fuggire. Scappare da qui. Scappare da me. Scappare dalle cose che voglio. Scoprire chi sono lontana da casa. Scoprire chi sono senza la mia rete di sostegno. Poter dire di avercela fatta, finalmente, a vivere e lavorare all'estero.
È una questione di coraggio. Devo avere solo il coraggio di ascoltarmi ma in questo momento ho solo il terrore di non avere più nulla dentro. Di essere assente a me stessa. Di essere distante dalla versione di me che ho raccontato agli altri, o a me stessa. Come se il vuoto dentro mi togliesse l'equilibrio. Come se veramente avessi dimenticato me stessa dentro una relazione abusante. Dove sono?
Ora di me non resta nient'altro che un riflesso.
O magari è solo stitichezza.
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Come ho potuto vivere tutti questi anni senza conoscere il dottor Pereira? Lui e la sua inesauribile sete di limonate zuccherate? Lui e la talassoterapia, il dottor Cardoso e l’idea della confederazione delle anime che ci abitano? Un libro di disobbedienza civile anche per chi non è considerato l’eroe senza macchia e senza paura, di Storia e di storia umana, di nostalgia e di ricostruzione in un mondo che si avvia al disfacimento per colpa delle dittature. Non mi capitava da tempo di non voler finire un libro perché lo amo troppo, ma è successo e so che quando ne avrò bisogno (o quando lui sentisse il bisogno di parlarmi), Pereira sarà lì, con le sue camicie chiare e le uova cucinate in ogni modo possibile. @feltrinelli_editore #sostienepereira #antoniotabucchi #narrativa #classici #disobbedienzacivile #romanzo #romanzocivile #guerra #war #portugal #lisboa #lisbona #portogallo #dittatura #books #libri #libridaleggere #libriconsigliati #librichepassione #libridaleggereprimadimorire #bookstagramitalia #bookstaconsigli #booklover #bookaddict #booknerd #bookphotography #booklove #bookreview #booklife #bookshelf (presso Lisboa, Portugal) https://www.instagram.com/p/Cf3vsiksqV8/?igshid=NGJjMDIxMWI=
#sostienepereira#antoniotabucchi#narrativa#classici#disobbedienzacivile#romanzo#romanzocivile#guerra#war#portugal#lisboa#lisbona#portogallo#dittatura#books#libri#libridaleggere#libriconsigliati#librichepassione#libridaleggereprimadimorire#bookstagramitalia#bookstaconsigli#booklover#bookaddict#booknerd#bookphotography#booklove#bookreview#booklife#bookshelf
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03/06/22
Oggi sono andata in palestra e dopo pranzo in biblioteca a studiare.
Ho la sensazione di non fare mai abbastanza, non so apprezzarmi, anche quando riesco a portare a termine tutto quello che mi ero prefissata di fare
Mi sento come se potessi aspirare a molto di più, sempre di più. Mangiare meglio, avere un fisico migliore, riuscire a studiare di più o più in fretta
Ultimamente non riesco a scrivere o almeno non riesco a farlo come vorrei, continuo a riempire bozze su bozze di cose che mi sembrano talmente vuote da risultare false
Vorrei essere più disinvolta, vorrei essere il tipo di persona capace di approcciare la ragazza davanti alla postazione di studio in biblioteca per chiedere se ha voglia di fare una pausa alla caffetteria, o la persona che riesce a chiedere di uscire al ragazzo carino della palestra
La paura del rifiuto,la paura di sentirmi dire 'no' mi paralizza
Temo di non essere desiderabile o desiderata
Perchè è facile avere autostima quando non c'è nessun confronto con il mondo esterno, quando sono sola e solo la mia voce conta, tutto il resto tace
Vorrei davvero essere più intraprendente ed allargare i miei orizzonti
Non che la solitudine mi dispiaccia, adoro la mia compagnia ma vorrei sapere cos'altro c'è
'vorrei provare anche altro'
E forse fa tutto parte di un processo unico, di questo mio grande e ritrovato movimento alla scoperta della vulnerabilità e di che cosa significhi aprirsi davvero al mondo
Ci sono così tante incognite che aleggiano nella mia mente in questo periodo
Riuscirò a dare l'esame di sociale? Riuscirò a prepararmi in tempo?
Riuscirò ad ottenere un buon voto?
Le mie nuove supposizioni sul rapporto con la sessualità si riveleranno esatte?
Così tante domande a cui il momento presente non sa dare risposta
Ma forse dovrei smettere di logorarmi sui punti sospesi e pensare a quelli che invece una conclusione l'hanno avuta
Tipo i dubbi sul rapporto con A che si sono dissoluti
O i dubbi sul viaggio a Lisbona
E' angosciate non sapere come si svilupperanno gli eventi ma c'è anche un qualcosa di magico in tutto ciò
L'attesa è il tempo delle possibilità,del tutto in potenza, del non doversi confrotare col dopo
La verità è che ci saranno sempre degli interrogativi e non posso vivere ogni passo ansimando per una risposta, non mi fa bene al cuore e non giova nemmeno a tutta quella quantità di vita presente che brucio in attesa del futuro
Posso fare meglio di così ed essere migliore delle mie paure
Ci sono molte dimensioni che coesistono in me, la nuova Lisa che sto costruendo dolentemente giorno per giorno sulla base dei miei processi volitivi e decisionali, e una vecchia Lisa che vive attaccata ai dettami imposti dagli altri
Alla vecchia Lisa che crede che coesistere in un ambiente pubblico comporti comparare costantemente se stessa con tutte le persone presenti, che sente il bisogno di competere o comprimersi in dei canoni precisi
Alla vecchia Lisa che crede di essere meno bella adesso davanti alle trasformazioni del suo corpo più vivo e più nutrito
Alla vecchia Lisa che crede di poter trovare spazio nel suo non occupare spazio, che cerca amore in un ideale
Erano tutte illusioni, illusioni alle quali è facile credere quando si presentano come realtà condivisa
Alla vecchia Lisa che onorava la verità degli altri al di sopra della propria
La Lisa di adesso sta comprendendo il valore dei propri bisogni e delle proprie parole
L'universo mi ha dato una bocca eccezionale ed oggi sono grata per questo
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ACCADEVA OGGI
23 LUGLIO 1920 nasceva AMALIA RODRIGUES
"Sono nata così, alta un metro e cinquantotto, né brutta né bella, un tipo così così, con questo modo di essere triste, senza speranza e solitaria, come il fado".
Amalia Rodrigues è ricordata come la maggior esponente del genere musicale "fado": a livello internazionale è riconosciuta come la più nota cantante portoghese di sempre. Nasce nella regione delle Beira Baixa (Portogallo) il 23 luglio del 1920. La sua data di nascita resta incerta e misteriosa, perché Amalia è solita festeggiare il suo compleanno non il ventitre, ma il primo luglio. La famiglia della futura cantante e attrice, è povera e molto numerosa: ha due fratelli e quattro sorelle. Proprio a causa delle ristrettezze economiche, i genitori la mandano a vivere a Lisbona dalla nonna, Ana do Rosario Bento. Ma anche la nonna non vive in condizioni migliori: ha infatti ben sedici figli e almeno un numero doppio di nipoti.
Amalia non riceve, dunque, l'affetto necessario ad educare alla gioia il suo spirito malinconico. Presto le doti canore della piccola vengono notate da parenti e amici, davanti ai quali si esibisce per riceverne in cambio caramelle e qualche spicciolo. Canta soprattutto canzoni popolari e i tanghi di Gardel che impara al cinema. Frequenta la scuola in maniera regolare fino a dodici anni. Poi la nonna la costringe a trovarsi un lavoro.
Il primo impiego è in una fabbrica di caramelle, dove incarta caramelle e sbuccia frutta. Dopodiché passa, a quindici anni, a lavorare in una bancarella sul molo di Lisbona da cui dispensa frutta, vino e souvenir ai turisti. Nel 1940, a soli vent'anni sposa un chitarrista amatoriale, il cui vero lavoro è quello di meccanico tornitore. Si tratta in realtà di un matrimonio riparatore, perché è incinta.
L'uomo inizialmente non vuole saperne e Amalia è così disperata da tentare il suicidio con del veleno per topi. Il matrimonio dura appena tre anni. Quel bambino non verrà mai alla luce, né in seguito la sua vita sarà rallegrata da alcuna nascita. Troverà però la stabilità amorosa accanto ad un industriale brasiliano, Cèsar Séabra, che sposerà dopo quindici anni di vita comune nel 1961.
Nel 1938 Amalia Rodrigues partecipa ad un concorso, la cui vincitrice sarebbe stata incoronata come nuova Regina del Fado portoghese. Non vince il concorso, ma la sua voce si fa notare: entra così in una delle maggiori Case di Fado di quel periodo: "O retiro da Sevra".
Da questo momento ha inizio la carriera di cantante, che si ritrova a dividere il palcoscenico con i maggiori cantanti e musicisti di fado portoghese, tra cui Armando Augusto Freire, Jaime Santos, José Marque. Purtroppo si ritrova, allo stesso tempo, a dover lottare contro l'opposizione della sua famiglia, convinta che quel mondo sia fatto esclusivamente di perdizione e degrado. Solo il fratello Felipe e la fidata zia Idalina, che le sarà sempre vicina nei momenti di difficoltà, appoggiano la sua scelta.
Amalia intanto riesce anche a stabilire un rapporto di lavoro con un impresario, José de Melo, che però, dato il grande successo dei suoi spettacoli, le impedisce inizialmente di incidere dischi temendo che questo avrebbe comportato una minore partecipazione di pubblico alle serate dal vivo. Incide il primo disco solo nel 1945, ottenendo da questo momento la collaborazione di grandi chitarristi e parolieri tra cui i poeti: Linhares Barbosa e Amadeu do Vale. Il fado diventa la sua ragione di vita e con questa musica trova sfogo la sua anima tormentata, inquieta e malinconica. Lei stessa afferma che è il fado a cantare attraverso di lei e non viceversa.
Il primo vero concerto risale al 1945 a Rio de Janeiro, presso il Casinò di Copacabana. A contribuire a renderla ancora più famosa è il film di Henri Verneuil "Les amants du Tage". Il successo del film le apre le porte del teatro Olympia di Parigi consacrandola a livello internazionale. Dopo il matrimonio pensa di ritirarsi dalle scene, ma due anni dopo ritorna con un disco su misura creato per lei da Alain Oulman. La sua carriera la porta anche all'estero: in Spagna, in Brasile, Negli Stati Uniti e in Italia, dove rifà alcune canzoni della tradizione popolare del Bel Paese, tra cui la calabrese "Vitti na crozza" e la napoletana "La tarantella", oltre a due duetti con Roberto Murolo sulle note di "Dicintincello vuje" e "Anema e core".
A metà degli anni settanta a seguito della "Rivoluzione dei garofani" vive un periodo di declino per l'identificazione con la dittatura di Salazar, da lei non voluta e non cercata. In questo periodo intensifica le tournée all'estero fino a quando non scopre di essere malata di cancro.
Muore il 6 ottobre del 1999, all'età di 79 anni.
#noisiamoquellichecredonoancoraaquesteemozioni
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MOITA navigando sul fiume su una barca del 1900, il varino "O Boa Viagem"
MOITA navigando sul fiume su una #barca del 1900, il varino "O Boa Viagem". #portogallo
Lo dico sempre che il Portogallo non è solo Lisbona, Porto o l’Algarve. Spesso si possono fare pochi chilometri, o solo attraversare un fiume, per scoprire un gioiello e vivere un’esperienza indimenticabile. Oggi voglio invitarvi a salire a bordo con me su un’antica imbarcazione del Tago (Tejo in portoghese, il fiume che bagna Lisbona) del 1900. Vi ho già consigliato in passato le località…
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#alla scoperta del portogallo#barche portogallo#barche tipiche fiume portogallo#blogger italiana portogallo#cosa visitare moita portogallo#cosa visitare portogallo#curiosità portogallo#fine settimana in portogallo#gite fuori porta lisbona#in portogallo con lilly#italiani in portogallo#itinerario portogallo#liliana navarra#lisbona e dintorni cosa visitare#moita#navigare su fiume portogallo#pillole di portogallo#Portogallo#portogallo imperdibile#portogallo in auto#portogallo insolito#portogallo non turistico#portogallo on the road#portogallo sconosciuto#portugal#scopri il portogallo con lilly#vacanza portogallo#varina o boa viagem#varino portogallo#viaggio in portogallo
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Lisbon Revisited
Nulla mi lega a nulla.
Voglio cinquanta cose allo stesso tempo.
Bramo con un’angoscia di fame di carne
quel che non so cosa sia –
definitamente l’indefinito…
Dormo irrequieto e vivo in un irrequieto sognare
di chi dorme irrequieto, mezzo sognando.
Mi hanno chiuso tutte le porte astratte e necessarie,
Hanno abbassato le tende dal di dentro di ogni ipotesi che avrei potuto vedere dalla via.
Non c’è nel vicolo trovato il numero di porta che mi hanno dato.
Mi sono svegliato alla stessa vita a cui mi ero addormentato.
Perfino i miei eserciti sognati sono stati sconfitti.
Perfino i miei sogni si sono sentiti falsi nell’essere sognati.
Perfino la vita solo desiderata mi stanca; perfino questa vita…
Comprendo a intervalli sconnessi;
scrivo a intervalli di stanchezza;
e perfino un tedio del tedio mi getta sulla spiaggia.
Non so quale destino o futuro compete alla mia angoscia disalberata;
non so quali isole del Sud impossibile mi aspettano naufrago;
o quali palmeti di letteratura mi daranno almeno un verso.
No, non so né questo né altro né niente…
E in fondo al mio spirito, dove sogno quel che sognai,
nelle estreme pianure dell’anima, ove ricordo senza motivo
(il passato è una nebbia naturale di lacrime false),
nelle strade, nei sentieri di remote foreste
ove ho supposto il mio essere,
fuggono in rotta, ultimi resti
dell’illusione finale,
i miei sognati eserciti, sconfitti senza essere esistiti,
le mie coorti ancora da esistere, sgominate in Dio.
Un’altra volta ti rivedo,
città della mia infanzia paurosamente perduta…
città triste e lieta, un’altra volta sogno qui…
Io? Ma sono lo stesso che qui è vissuto, e qui è tornato,
e qui è tornato a tornare, e a ritornare.
E qui di nuovo sono tornato a tornare?
O siamo tutti gli Io che sono stato qui o sono stati,
una serie di chicchi-enti legati da un filo-memoria,
una serie di sogni di me, di qualcuno fuori di me?
Un’altra volta ti rivedo,
col cuore più lontano, l’anima meno mia.
Un’altra volta ti rivedo – Lisbona e Tago e tutto – passeggero inutile di te e di me,
straniero qui come in ogni parte,
casuale nella vita come nell’anima,
fantasma errante in sale di ricordi,
al rumore dei topi e delle tavole che scricchiolano
nel castello maledetto di dover vivere…
Un’altra volta ti rivedo,
ombra che passa attraverso ombre, e brilla
un momento a una funebre luce sconosciuta,
e penetra nella notte come una scia di nave si perde
nell’acqua che cessa di udirsi…
Un’altra volta ti rivedo,
ma, ahi, me non rivedo!
S‘è rotto lo specchio magico in cui mi rivedevo identico,
e in ogni frammento fatidico vedo solo un pezzo di me – un pezzo di te e di me!…
Fernando Pessoa da Poesia di Álvaro de Campos
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