#Senza margine
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una mostra di magdalo mussio @ casa licini, dall'autunno 2024
“Casa Licini in autunno e fino a gennaio ospiterà la mostra di Magdalo Mussio (Volterra, 1925 – Civitanova Marche, 2006) «Senza margine. Magdalo Mussio all’origine del segno», che introdurrà alle celebrazioni per il centenario della nascita dell’artista […] L’esposizione, realizzata in collaborazione con l’archivio delle eredi Mussio, fa parte del progetto dedicato al segno nell’arte del ’900 e…
#000000#art#arte#Casa Licini#ffffff#Il giornale dell&039;arte#Magdalo Mussio#Magdalo Mussio all’origine del segno#Marta Paraventi#mostra#Mussio#origine del segno#Osvaldo Licini#Senza margine#Senza margine. Magdalo Mussio all’origine del segno
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apro le notizie per vedere se la cassazione si è fatta viva su cospito e apprendo della dipartita di maurizio costanzo. l’italia è il paese che amo (derogatory)
#comunque posso fare una nota a margine e dire che il tag l’Italia è il paese che amo (derogatory) l’ho visto girare senza che venissi mai#citata in nota?????!!?? questo è plagio
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L ultima lettera di David Bowie
Morirò... So che mancano pochi mesi alla fine della mia esperienza terrena...
Cosa faccio? Mi dispero, mi deprimo, rifiuto l'idea della morte e fingo che la malattia non esista?
Oppure decido di sconfiggere la morte... Lo decido con l'anima, perché solo l'anima e il cuore mi danno l'ispirazione per comporre musica, come ho fatto per 50 anni...
Conto le ore che mi restano e, come mi dicono i medici, posso prevedere, con un certo margine, la data della mia morte. Il lancio del mio ultimo lavoro è fissato per l'8 gennaio 2016, il giorno del mio 69° compleanno.
Lavoro giorno e notte, ho il tempo di comporre, perfezionare, interpretare, registrare in studio e fare video... Lo faccio il più rapidamente possibile, perché non voglio che la mia faccia mostri il segno della morte che, beffarda, sta falciando il mio corpo senza che io possa difendermi...
Ma ti sfido, morte... Al diavolo, se non ti sfido!
Ho sfidato e vinto il mondo dei fan negli anni '70 con l'orgoglio dell'ambiguità... Ho amato uomini e donne, sono stato un uomo, una donna, un alieno e infine un corpo celeste.
Cosa puoi fare tu, morte, contro la mia eternità, il mio genio, la mia follia, la mia creatività, la mia musica che vivrà per sempre?
Sono Lazzaro, strappato dalle cicatrici. Morirò nel corpo, ma vivrò per sempre attraverso la mia musica.
Ho vissuto abbastanza per ricevere gli auguri di buon compleanno. Pensavo di non farcela a vedere il mio album pubblicato... Ho sopravvissuto all'8 gennaio... E tu, mio caro assassino, hai perso!
Pensa solo che, se non avessi bussato alla mia porta, avrei realizzato 24 lavori, sarei riuscito a vivere fino a 100 anni, e invece, grazie a te, ne ho 25!
Sai... Sarò libero come un uccello.
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🎯
Vero vero e vero. Questo vale per ogni tipo di relazione e in particolar modo per quelle dove si ha la responsabilità dell'altro.
Da figlia la cui figura paterna ha creato più danni che altro, posso esprimere il fatto che nessun genitore dovrebbe mancare in questo, anche quelli che credono di esprimerlo con i fatti e senza attuare atteggiamenti accudenti e teneri. Sono tutte cazzate, se un figlio è respingente magari state sbagliando metodo, ma non è affatto vero che non voglia ricevere amabilità, se invece a respingere l'amabilità siete voi fatevi una cazzo di domanda, perché un Essere umano nasce per tre cose, una delle quali è manifestare amore nel mondo.
Nessun genitore dovrebbe diventare genitore se ha problemi a esprimere emozioni di bene.
[nota a margine: anche il troppo non è una forma sana di amorevolezza, che spesso nasconde il bisogno dell'adulto e non affettività autentica].
#video#amore#relazioni#figli#genitori#zombie#società#società malata#esempi#genitori e figli#adulti#distorsioni#disfunzioni#responsabilità#discernimento#consapevolezza#amorevolezza#amabilità#svegliatevi#aprite gli occhi#verità#sistema#illusioni
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Ci incontrammo nel posto sbagliato,
nel momento che il tempo aveva tradito,
due cuori pronti, ma un mondo disattento,
un cielo che già portava il peso del destino.
Fummo fuoco in una stanza di cenere,
fiori nati tra pietre e spine,
carezze rubate al vento in fuga,
speranze nascoste in notti senza fine.
E ci amammo, pur sapendo la sorte,
con il coraggio di chi sa di non restare.
Ci baciammo tra gli addii e i ritorni,
come due viaggiatori che non sanno fermarsi.
E alla fine ci lasciammo, senza colpa né rancore,
un amore sbocciato al margine di un sogno,
come un raggio di sole che sfiora e poi scivola,
un'eco di ciò che poteva essere, ma non fu mai davvero.
ErreA
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Penso che come Zeno Cosini percepiva il vizio del fumo io percepisco e tento di rifuggire e controllare quello del caffè. Ho iniziato a berlo da piccolissima e ora principalmente non lo bevo più, ma nell'ultimo anno mi serve per stare sveglia perché soffro molto di sonnolenza generalizzata. La decisione generale (ne posso fare a meno) e quella particolare, presa al margine (questo è l'ultimo, ogni tanto non mi darà dipendenza) sono diametralmente opposte e l'intera immagine di me nella mia testa è dissolta e frammentata mentre metto su quel bellissimo rituale che è riempire la moka. Acqua fino alla valvola, aprire il contenitore del caffè e sorridere perché l'odore della polvere mi ricorda il caffè Tubino a Cremona e tutte le colazioni fatte con mia mamma. Riempire di polvere ma non schiacciare come mi hanno insegnato tutti i video della scienza del caffè visti da quando sono fuorisede e ho sbattuto la testa sul dibattito sulla montagnella. Poi chiudere e sentirmi grande perché ci riesco da sola. Aspettare. Se mi gira faccio anche la cremina con lo zucchero (con annessi ricordi di quando la faceva mia mamma e di quando la facevamo in pandemia col nostro amico G). L'atto del bere è molto particolare e variabile: tutto d'un sorso oppure poco alla volta, insieme o da sola; schiumato o no, e poi zucchero?
Penso che il caffè per tutt3 noi sia come una madeline di Proust stratificata all'infinito nella nostra memoria, ma chi ce lo toglie più dalla testaaa e come si fa poi con le persone amiche?? Ma si ogni tanto andiamo a prendere un..? Senza caffè siamo finiti altroché
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Nel procurarmi i libri, mi sono sempre premurato di avere un margine spazioso; non per amore della cosa in sé, pur gradita, quanto per la facilità con la quale mi permette di segnare a matita pensieri suggeriti, identità e divergenze di opinione o brevi commenti critici in genere.
(A volte sono quei pensieri che durano non più di un quarto d’ora. Mostri, capricci simili alle “drôlerie”, le insolenze figurative, le grottesche che troviamo fissate nei margini di libri, manoscritti gotici).
Non è assolutamente una fantasia senza senso il fatto che, in un’esistenza futura, quella che riteniamo la nostra esistenza presente sarà ai nostri occhi come un sogno.
E. A. Poe
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-L ultima lettera di David Bowie-
Morirò… So che mancano pochi mesi alla fine della mia esperienza terrena… Cosa faccio? Mi dispero, mi deprimo, rifiuto l'idea della morte e fingo che la malattia non esista? Oppure decido di sconfiggere la morte… Lo decido con l'anima, perché solo l'anima e il cuore mi danno l'ispirazione per comporre musica, come ho fatto per 50 anni… Conto le ore che mi restano e, come mi dicono i medici, posso prevedere, con un certo margine, la data della mia morte. Il lancio del mio ultimo lavoro è fissato per l'8 gennaio 2016, il giorno del mio 69° compleanno. Lavoro giorno e notte, ho il tempo di comporre, perfezionare, interpretare, registrare in studio e fare video… Lo faccio il più rapidamente possibile, perché non voglio che la mia faccia mostri il segno della morte che, beffarda, sta falciando il mio corpo senza che io possa difendermi… Ma ti sfido, morte… Al diavolo, se non ti sfido! Ho sfidato e vinto il mondo dei fan negli anni '70 con l'orgoglio dell'ambiguità… Ho amato uomini e donne, sono stato un uomo, una donna, un alieno e infine un corpo celeste. Cosa puoi fare tu, morte, contro la mia eternità, il mio genio, la mia follia, la mia creatività, la mia musica che vivrà per sempre? Sono Lazzaro, strappato dalle cicatrici. Morirò nel corpo, ma vivrò per sempre attraverso la mia musica. Ho vissuto abbastanza per ricevere gli auguri di buon compleanno. Pensavo di non farcela a vedere il mio album pubblicato… Sono sopravvissuto all'8 gennaio… E tu, mio caro assassino, hai perso! Pensa solo che, se non avessi bussato alla mia porta, avrei realizzato 24 lavori, sarei riuscito a vivere fino a 100 anni, e invece, grazie a te, ne ho 25! Sai… Sarò libero come un uccello.
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"Mi aveva colpito, al culmine dell'isteria social sul fatto del giorno, la dedica di una donna tra i miei contatti al suo compagno ovvero quanto si ritenesse fortunata ad averlo incontrato, perché lui, fra tutti i degni (cioè indegni) rappresentanti del patriarcato, si distingueva per probità e virtù. Naturalmente mi aveva fatto sorridere l'ingenuità della dichiarazione e mi aveva un po' indispettito l'arroganza, la presunzione manichea di riconoscere e sapersi accaparrare il grano, mentre il loglio toccherebbe alle altre. Queste altre, chi sarebbero. Io, per esempio. Credo di potermi dire emancipata, sono indipendente economicamente, non soffro di deficit affettivi conclamati, e vengo considerata persona dal carattere forte, a torto o a ragione. Questo anche anzi soprattutto vent'anni fa, quando ero in formazione come studiosa, cominciavo a guadagnare da poterci vivere certo senza fasti e avevo una famiglia ancora integra, genitori vivi etc. Eppure. Eppure avevo un fidanzato ossessivo, geloso, qualche volta violento. Per lo più con le cose, che usava sbalestrare sul pavimento o scaraventare contro il muro, ma qualche volta anche contro di me. Mi strattonava, per lo più. Piatti rotti, ogni tanto. Mi controllava il telefono? Sì. Mi permetteva di avere accesso al suo? No. Una volta finse di essere a Roma (abitava in un'altra città) intimandomi di tornare a casa (ero a cena con due amiche). Io gli obbedii. Non c'era nessuno ad aspettarmi al portone. Invece c'era, eccome, la volta in cui mi prese a calci. Uno solo, per la verità, ma con vistoso ematoma, formularmente. Perché lo racconto? Perché questo fidanzato non era affatto un troglodita paracadutato nella civiltà direttamente dalle caverne. Era un intellettuale, colto, raffinato, con una educazione affettiva nutrita di classici e poesia contemporanea. Ora ha un lavoro, una famiglia, figli, vedo dai social. Ma io perché sopportavo le sue scenate, ne subivo il controllo, le scariche di rabbia? Perché ero fragile, debole, vittima del patriarcato insieme a lui? La risposta è molto banale, e anche, mi rendo conto, pericolosa. Perché ero innamorata di questa persona. Non della violenza, logicamente. Non del controllo, che mi esasperava. Ma di tutti gli altri aspetti della sua vita e della nostra relazione che violenti non erano, e tutt'altro. Bianco bianco no, e nero nero nemmeno. Mi avrebbe potuto uccidere, in un accesso di ira? Non lo so, chi può dirlo. Posso dire perché me ne sono andata. Non per istinto di sopravvivenza, ma perchè le cose alle volte si aggiustano da sole, alle volte serve una spinta (una persona a me vicina con diplomazia churcilliana parlò con entrambi e ci convinse ad allontanarci perche insieme eravamo "un sistema instabile"). Lui trovò subito un'altra (che vidi, spero per puro accidente, con una stampella, in un'occasione pubblica). Con questo non voglio sostenere e rappresentare nessuna posizione e nessuna idea definita meno che mai assiomatizzare. Solo riflettere sul fatto che nessuno può dire se non in falsa coscienza ''io no''. Perché io sì, invece, e quasi tutti, nella vita affettiva, abbiamo avuto a che fare con la violenza (controllata, certo, ma forse è anche peggio perché se si ha questo potere, di tenerla sotto la soglia di rischio, si avrebbe anche quello di non lasciarle alcun margine, penso) e non necessariamente in un contesto estremo, retrogrado o patriarcale. La passione è violenta, le relazioni hanno sempre qualcosa di terrificante e patologico (citofonare Groddeck). Io, mio, tuo: moratoria anche su aggettivi e pronomi possessivi? Tutto da rifare, nel discorso soprattutto. La scompostezza, l'egolalia, l'accoramento emotivo e compulsivo. E togliersi i sassetti dalla scarpa, con la trave nell'occhio."
Gilda Policastro
Sempre bravissima.
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Come sono diventata brava a lasciar correre, ad andare al mio passo, a parlare con chi prima era il mio mondo e adesso non mi fa sentire che indifferenza. Non voglio neanche l’ultima parola.
Come sono brava a salutare senza rancore e camminare verso il lavoro come un giorno qualsiasi, sorridere e sentire quella punta di amarezza che è diventata il margine del foglio quando prima era il fulcro di tutto.
S’impara. Un tempo avrei detto ci si abitua, ma adesso che sto meglio e mi sto riprendendo quegli anni di adolescenza vedo la differenza. Non mi pesa, non devo fingere.
Un applauso al cuore e tu nonna, che sei in ogni rondine e cielo di giugno, ti prego: sii fiera di me, almeno un po’.
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SPIAGGIA SENZA SOLE
Una spiaggia senza sole è come una chitarra senza corde un libro senza parole un sogno che non ricordiamo. Eppure, in questo giorno atono senza luce e voci lungo il freddo bagnasciuga qualcuno osserva le onde raccoglie sassi colorati segue le navi scivolare nel blu ascolta ed il vento scuotere nervoso ombrelloni chiusi, barche arenate. Qualcuno insiste testardo ad amare questo mare ora inutile perché la ogni spiaggia è come il bordo della vita vive indifferente e instancabile nutrendo vite ai margini con una forza vitale indomabile come la speranza degli uomini. Per questo c’è sempre qualcuno lungo il suo grigiore infinito, forse i sognatori, o i coraggiosi o forse i più incoscienti ma sicuramente i più innamorati sedotti da questa instancabile distesa da questa liquida energia immortale come la vita. Qualcuno che sa attendere il sole che aspetta che voci e colori tornino sulla sabbia scolorita. Qualche folle, instancabile amante qualcuno presente per vocazione a ribadire speranze e illusioni malgrado le nubi basse ed il vento gelido. Qualcuno che crede nel domani qualche invincibile profeta fermo e risoluto nel suo amore. Così bisogna credere nella vita fedeli ai suoi domani, drogati delle sue pure certezze malgrado le bombe malgrado le stragi la fame ed il dolore qualche poeta inutile qualche cantante da strada o un pittore cieco deve confermare che malgrado tutto la felicità appartiene alla vita che il dolore, come il grigiore è un vestito provvisorio, che la speranza ora assente è come il mare indomabile che la vita è inarrestabile e che le sue onde infinite vincono il nulla, donano nuovi giorni generano altra vita malgrado tutto il dolore malgrado tutte le guerre ed i silenzi, le lacrime che noi uomini ogni giorno doniamo al nostro futuro.
A beach without sun is like a guitar without strings, a book without words, a dream we don't remember. Yet, on this toneless day, without light and voices, along the cold shore, someone observes the waves, collects colored stones he follows the ships sliding into the blue, he listens and the wind shake nervously, umbrellas closed, boats stranded. Someone stubbornly insists on loving this now useless sea, because every beach is like the edge of life, living indifferent and tireless, nourishing lives on the margins, with an indomitable vital force like the hope of men. For this reason there is always someone, along its infinite greyness, perhaps the dreamers, or the brave or perhaps the most reckless, but certainly the most in love, seduced by this tireless expanse from this liquid energy, immortal like life. Someone who knows how to wait for the sun, who waits for voices and colors to adorn the faded sand. Some crazy, tireless lover, someone present by vocation, to reiterate hopes and illusions, despite the low clouds and the freezing wind. Someone who believes in tomorrow, some invincible prophet, firm and resolute in his love for him. This is how we must believe in life, faithful to his tomorrows, addicted to his pure certainties. despite the bombs, despite the massacres, the hunger and the pain, some useless poet, some street singer, or a blind painter, must confirm that despite everything, happiness belongs to life, that pain, like greyness, is a dress temporary, that hope is now absent, is like the indomitable sea that life is unstoppable and that its infinite waves overcome nothingness, they give new days, they generate new life despite all the pain, despite all the wars and silences, the tears, which we men give to our future every day.
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A volte penso di essere strana, non sono attratta dalle cose che interessano gli altri, noto sempre particolari che le altre persone ignorano, ho delle fisse, ostinatamente cerco di non farmi ingabbiare dai pregiudizi, mi rifiuto di giudicare gli altri solo perché sono diversi da me. Mi ritrovo spesso a pensare di essere nel posto sbagliato, nel momento sbagliato.
Sono ipersensibile, mi fa male essere etichettata per una scelta, per un gusto, per una assenza; non mi interessano le apparenze, di nessun tipo, amo la sostanza.
Delle persone preferisco guardare il cuore, non il taglio dei capelli, non il vestito alla moda, non l'anello al dito.
Non penso mai di essere io quella "giusta", anzi tendo sempre a vedermi come un'isola, lontana dalle terre conosciute e sicure, persa in mezzo al mare. Un mare di incertezze, di pensieri, di domande per ora senza risposte certe.
Ho come l'impressione, in alcuni momenti, di risultare incomprensibile ma con gli anni ho capito che non bisogna ostinarsi, ci si ritrova alla fine, si riconosce chi è simile, si seleziona in maniera naturale.
Spesso mi sento al margine, giusto un metro fuori dal confine della "normalità" , mi sento un po' sola alcune sere, mi sento infinitamente piccola.
Piccolissima sì ma brillante, in mezzo ad un enorme nulla.
Laura Messina (2021)
🍀
#smokingago
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Appunto a margine visto che è appena uscito Questo mondo non mi renderà cattivo, sono sempre stata affascinata dal modo in cui Zerocalcare ha deciso di raccontare le sue storie, perché se dicessero a me “ok ora scrivi di un tuo alter ego uguale a te d’aspetto a cui succedono cose molto simili alle tue però rielaborate enucleate modificate e dei tuoi amici veri però un po’ idealizzati e archetipici il tutto senza mischiare mai nel tuo cervello quello che è successo davvero con le pagine dei tuoi fumetti o te stesso con il tuo personaggio” io mi sparerei due colpi in capo
#ita#fandomposting#zerocalcare#non che zerocalcare sia l'unico a farlo per carità i fumettisti nostrani che campano di questo si sprecano#forse è il fatto che lui racconta cose estremamente intime e personali e non 'episodi buffi di vita vissuta' che mi manda in tilt#io so che vivrei ogni giorno nel terrore di confondere le storie con la realtà o di distorcere i fatti (che però devi distorcere perché#non stai raccontando i fatti stai narrando una storia...) chapeau a zero che non è ancora impazzito completamente
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Tre operai morti, altri cinque feriti e quattro ancora dispersi per l'esplosione di una turbina.
Ancora vittime immolate sull'altare del profitto e del lavoro.
Una strage quotidiana. Una mattanza senza fine.
Aggiungo una considerazione al margine, ma non troppo.
Cosa sarebbe successo se quella, invece che una centrale idroelettrica, fosse stata una centrale nucleare?
Dice, ma no, certe incidenti non si posso verificare in una centrale di ultima generazione. Ok, sì, ma nemmeno certe morti si possono ripetere in un paese europeo membro del G7, della NATO e di non so che altro patto dell'Occidente sviluppato. Eppure si ripetono. Ogni giorno.
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C’è qualcosa che tutti possiamo fare un po' di più: è guardare, guardare con più attenzione il mondo intorno a noi. Guardare non è tanto un modo di informarsi, ma l’unico varco per arrivare a un possibile stupore, può essere un paesaggio lontano, può essere vicinissimo a casa nostra. Guardare è un modo per dire alle cose e agli animali di non andarsene, di rimanere ancora con noi. Guardare una lampadina, un imbuto, un albero, un cane, guardare e sentire un momento di vicinanza, mettere in crisi per qualche secondo la solitudine in cui siamo caduti.
In me la ricerca di quello che chiamo Sacro minore è andata crescendo man mano che aumentava l’invadenza della vita digitale. Si può stare in Rete anche molto tempo, ma non bisogna accodarsi all’esodo verso l’irrealtà, bisogna rimanere fedeli al reale, è l’unico bene, è il bene comune, il bene più comune di tutti e non dobbiamo perderlo.
Questo guardare di cui parlo non è un partito, non è un’ideologia, non è andare a rintanarsi in un rifugio, come se altrove fosse tutto deserto e miseria spirituale. Direi che è semplicemente il coltivare una saltuaria abitudine percettiva. Io non so fare di più. Dopo questi brevi slanci verso l’esterno la mia vita rifluisce verso l’interno, si riduce alla continua manutenzione dell’inquietudine. E qui mi pare che si incroci con quella di tanti in questo tempo di vite spaiate, lontane da ogni fuoco collettivo. Ecco il bivio: da una parte l’attenzione al mondo che ci circonda, dall’altra la deriva opinionistica in cui tutti cinguettano su tutto in una babele di parole che girano a vuoto.
La poesia è come un vigile che sta davanti a questo bivio e indirizza chi la legge verso l’attitudine percettiva piuttosto che verso le astrazioni dell’opinionismo. La poesia è la scienza del dettaglio, è il sogno tagliato dalla ragione o la ragione tagliata dal sogno, comunque non è mai nel dominio di una sola logica, è sempre intreccio, sconfinamento, purissima impurezza.
Io credo di essermi educato allo sguardo proprio grazie alla poesia, al suo rendere l’anima più agile, capace di oscillare dall’infimo all’immenso, dal dentro al fuori. E sull’attenzione al mondo esterno posso citare i miei due grandi maestri, Peter Handke e Gianni Celati. Il primo conosciuto e frequentato nei suoi libri, l’altro frequentato anche di persona. Celati mi ha insegnato le meraviglie dei luoghi ordinari, delle giornate qualsiasi. In fondo il mio lavoro di paesologo ha una sola regola che si può riassumere con questo mio aforisma: “Io guardo ogni cosa come se fosse bella e se non lo è vuol dire che devo guardare meglio.” All’inizio la mia attenzione ai luoghi marginali era più in chiave politica, ero infiammato dalle disattenzioni della politica. Il margine era indagato come luogo dell’abbandono, ero protesto a cogliere il passaggio dalla miseria contadina alla desolazione della modernità incivile. Sono rimasto a indagare il margine, ma con uno sguardo diverso, direi più ricco. Non ho abbandonato la lotta contro lo spopolamento delle aree interne, ci ho aggiunto l’attenzione al sacro che ancora resiste in quelle aree, come se Dio amasse i luoghi dove non c’è partita Iva. Da qui è arrivato un libro come Sacro minore o un film come Nuovo cinema paralitico, realizzato con Davide Ferrario. Guardare il mondo quasi come un’attività nostalgica, considerando che stiamo tutti diventando senza mondo, considerando che non bisogna dare per scontata l’esistenza del mondo, come se la fuga nel digitale potesse trafugarlo e lasciarci come ombre vaganti in una terra di nessuno. Una volta si indagava il mistero della vita dopo la morte, adesso è da indagare il mistero della morte che dilaga dentro la vita, dilaga quanto più la morte viene rimossa, occultata dal fervore masochistico del consumare e produrre. Ecco che dal guardare, dalla semplice postura contemplativa, la questione diventa più complessa, diventa politica: non è in gioco solo il nostro modo di abitare la giornata, ma il modo in cui l’umanità abita il pianeta. Si tratta di prendere atto che il modello imperante produce solitudine e depressione negli individui, produce ingiustizie sociali e danni enormi al pianeta. Qualcuno ha detto che la bellezza salverà il mondo. Forse ora si potrebbe dire che il mondo lo salveranno i percettivi. FRANCO ARMINIO
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Fratelli d’Italia cambia la legge sulla caccia: fucili in mano a 16 anni, apertura della stagione in settembre e chiusura in febbraio. Le opposizioni: “Irresponsabili e senza morale”
In Senato il nuovo testo: attività venatorie possibili nelle aree protette e demaniali, alcune aziende potranno cacciare tutto l’anno. A gennaio partirà la discussione parlamentare. Fdi: “Le restrizioni italiane oggi sono le più forti in Europa”
ROMA – Dall’alba al tramonto si potrà cacciare. Di più, un’ora dopo la discesa del sole, che certe specie si mostrano a ora tarda. Fratelli d’Italia, il partito della caccia, con il ministro Francesco Lollobrigida orgoglioso cacciatore, figlio e nipote di cacciatori, è pronto a cambiare la “157/92”, legge che da trentun anni norma la questione lasciando alle Regioni un buon margine di scelta.
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