#lavoro
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amoituoiocchineri · 9 months ago
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Sveglia.
Lavoro.
Casa.
Letto.
Repeat.
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ross-nekochan · 15 days ago
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Rare foto che non si vedono mai dei bruttissimi uffici giapponesi: grigio, pavimento con la moquette, finestre sempre chiuse (non sia mai che non si sprechi energia a vuoto pure se c'è un sole che spacca le pietre), e altro grigio di tonalità diverse.
Bonus: tanto rigidi con il dressing code pure quando "vestiario libero" e poi... si tolgono le scarpe per stare in ciabatte o con scarpe comode in ufficio.
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mesca24 · 7 months ago
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ortopriamo · 8 months ago
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Pulizia dei muretti a secco, inizia la stagione 2024. 😁
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teredo-navalis · 13 days ago
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Me and the girls on our way to the dumpster
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untuffonelpassato · 20 days ago
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insignificantesola · 1 month ago
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cose da affrontare questo mese;
• intervento di mia madre
• visita
• primo stipendio
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arreton · 1 month ago
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Ultimamente mi sto rendendo conto che mette a disagio i compaesani con cui sto parlando, tra cui anche i miei, sentirmi dire che gli abitanti di questo paese/di questa isola sono idioti, che questa terra deve saltare in aria, che odio questa isola e odio questi isolani ecc. Ed io traggo un piacere direi quasi perverso in questo loro disagio perché penso: sì ce l'ho anche con te e sì fai schifo anche tu, essere immondo ed indegno. E sinceramente non provo nemmeno il minimo senso di colpa perché a stare 12h con gente che ti ragiona nemmeno al contrario ma proprio in maniera storta (tra cui anche razzisti, omofobi, puttanieri; a volte mi sembra di essere in una classe di scuola media per le battutine a sfondo sessuale che fanno e a me sta iniziando a salire lo schifo sinceramente – era, tra l'altro una cosa che mi era passata; ravviviamo tra le altre cose il disagio per la sfera sessuale) ci vuole fegato.
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intotheclash · 4 months ago
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Perché certi lavori è difficile dimenticarseli. Soprattutto quando, dopo anni, ti invitano a casa per farteli rivedere.
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gregor-samsung · 1 month ago
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" «Con la cultura non si mangia» ha dichiarato […] Tremonti il 14 ottobre 2010. Poi, non contento, ha aggiunto: «Di cultura non si vive, vado alla buvette a farmi un panino alla cultura, e comincio dalla Divina Commedia». Che umorista. Che statista. Meno male che c’è gente come lui, che pensa ai sacrosanti danè. E infatti, con assoluta coerenza, Tremonti ha tagliato un miliardo e mezzo di euro alle università e otto miliardi alla scuola di primo e secondo livello, per non parlare del Fus, il Fondo unico per lo spettacolo e altre inutili istituzioni consimili. Meno male. Sennò, signora mia, dove saremmo andati a finire?
In questi ultimi anni, però, l’ex socialista Tremonti non è stato il solo uomo politico a pronunciarsi sui rapporti tra cultura ed economia. Per esempio, l’ex ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Maurizio Sacconi, ha sostenuto che per i laureati non c’è mercato e che la colpa della disoccupazione giovanile è dei genitori che vogliono i figli dottori invece che artigiani. Sapesse, contessa… E il filosofo estetico Stefano Zecchi, in servizio permanente effettivo nel centrodestra, ha chiuso in bellezza, come del resto gli compete per questioni professionali: ha detto che in Italia i laureati sono troppi. Insomma, non c’è dubbio che la destra italiana abbia sposato la cultura della non cultura e (chissà?) magari già immagina un ritorno al tempo dell'imperatore Costantino, quando la mobilità sociale fu bloccata per legge e ai figli era concesso fare solo il lavoro dei padri. (Non lo sapeva, professor Sacconi? Potrebbe essere un’idea…) E la sinistra o come diavolo si chiama adesso? Parole, parole, parole. Non c’è uno dei suoi esponenti che, dal governo o dall'opposizione, non abbia fatto intensi e pomposi proclami sull'importanza della cultura, dell'innovazione, dell'istruzione, della formazione, della ricerca e via di questo passo, ma poi, stringi stringi, non ce n’è stato uno (be’, non esageriamo: magari qualcuno c’è stato…) che non abbia tagliato i fondi alla cultura, all'innovazione, all'istruzione, alla formazione, alla ricerca e via di questo passo. Per esempio, nel programma di governo dell'Unione per il 2006 si diceva: «Il nostro Paese possiede un’inestimabile ricchezza culturale che in una società postindustriale può diventare la fonte primaria di una crescita sociale ed economica diffusa. La cultura è un fattore fondamentale di coesione e di integrazione sociale. Le attività culturali stimolano l’economia e le attività produttive: il loro indotto aumenta gli scambi, il reddito, l’occupazione. Un indotto che, per qualità e dimensioni, non è conseguibile con altre attività: la cultura è una fonte unica e irripetibile di sviluppo economico». Magnifico, no? Poi l’Unione (o come diavolo si chiamava allora) vinse le elezioni e andò al governo. La prima legge finanziaria, quella per il 2007, tagliò di trecento milioni i fondi per le università. Bel colpo. Ci furono minacce di dimissioni del ministro per l’Università e la Ricerca, Fabio Mussi. Ma le minacce non servirono. Tant’è che, nella successiva legge di bilancio, furono sottratti altri trenta milioni dal capitolo università a favore… degli autotrasportatori. E inoltre, come scrivono Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi, nel 2006 con il governo Prodi «c’è stato un calo del trenta per cento circa dei finanziamenti, cosicché il già non generoso sostegno alla ricerca di base è diminuito, da circa centotrenta a poco più di ottanta milioni di euro, proprio nel periodo in cui al governo si è insediato lo schieramento politico che, almeno a parole, ha sempre manifestato un grande interesse per la ricerca». Certo, dopo quanto avevano scritto nel programma, non sarebbe stato chic e «progressista» avere la faccia tosta di dire che bisognava sottrarre risorse alla scuola e all'università, e allora non l’hanno detto. Però l’hanno fatto, eccome. "
Bruno Arpaia e Pietro Greco, La cultura si mangia, Guanda (collana Le Fenici Rosse), 2013¹ [Libro elettronico]
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scogito · 6 months ago
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Il giorno in cui scriverò a un'assistenza clienti e vedrò che sono capaci di rispondere coerentemente a quanto richiesto, giuro che festeggio.
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ragazzoarcano · 1 year ago
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“Quando impari ad aspettare impari anche a concentrarti sui dettagli, le sfumature. Aspettare è un lavoro di precisione.”
— Guido Gaeta
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idisegnini · 11 months ago
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c'è chi dice che lavorare è bello e chi mente
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ross-nekochan · 3 months ago
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Per tutti gli studenti di giapponese andare a vivere in Giappone è IL sogno, l'obiettivo della vita.
E a volte sono lì, seduta a scrivere mail in keigo, pensando alla me stessa al primo anno di università: chi se lo sarebbe mai aspettato di arrivare a questi livelli, di riuscire a scrivere mail formali in giapponese quando a stento mi ricordavo a memoria come declinare i verbi in sonkeigo e kenjōgo.
Ogni anno ai corsi di laurea di giapponese si iscrivono migliaia di studenti e solo una piccola percentuale di questi si laurea. Tra questi, una piccolissima percentuale riesce a vivere stabilmente qui e penso, ancora meno, quelli che riescono a fare qualcosa per cui la loro laurea c'entra qualcosa.
Per tutti andare a vivere in Giappone è IL sogno, il punto di arrivo finale dopo anni di sforzi.
Eppure...
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teredo-navalis · 4 months ago
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Fatto colloquio oggi: "Ti ho selezionato per curiosità" ... "Al momento non mi servi a niente"
Va beeeeeeneee
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insignificantesola · 2 months ago
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che ansia; sto facendo giusto o no, andrà male, me ne pentirò?! poi ottobre sento già sarà un mese impegnativo
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