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Il sangue degli altri di Antonio Pagliaro: un thriller denso di ombre, inganni e verità pericolose. Recensione di Alessandria today
Autore: Antonio PagliaroAnno di pubblicazione: 2025Genere: Thriller poliziesco italianoValutazione: ★★★★☆ (3,8 su 5 – 136 voti) Recensione:Nel romanzo Il sangue degli altri, Antonio Pagliaro ci regala una discesa inarrestabile in un abisso di mistero, potere e verità scomode, mescolando abilmente atmosfere noir a trame di corruzione, intrigo politico e sangue. Ambientato in una Sicilia…
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Un premio meritato per Alessandro Baradel
Poco male, François. Affronteremo anche questa tempesta. Poi, ce ne torneremo nel nostro covo di disperazione e desolazione. Saremo nuovamente soli, tu e io, il tuo demone, ma almeno saremo tranquilli e indisturbati in attesa che il destino faccia il suo corso.
Ho conosciuto Alessandro Baradel nel 2021. Ricordo che in una delle nostre prime telefonate, dopo aver valutato i suoi manoscritti, gli dissi: «Ale, ma com’è possibile che nessuno si sia ancora accorto di te?»
Tra le sue righe trovai uno stile definito e un pensiero cristallino.
Alessandro non è mai stato uno scrittore frettoloso. Ci mette anche due anni – o più – a dar vita a un progetto letterario, e lo fa con un tale amore per la parola, un tale senso di responsabilità verso la letteratura del suo tempo, da rendere universalmente indiscutibile il suo talento.
Qualche giorno fa, il suo romanzo Il sottile equilibrio della ragione, edito da Altrimedia Edizioni, ha vinto il Premio Senato Accademia – sezione Libro edito di narrativa – nell’ambito del Premio Accademico Internazionale di Letteratura Contemporanea Lucius Annaeus Seneca 2022, promosso dall’Accademia delle Arti e delle Scienze Filosofiche di Bari.
Quando abbiamo lavorato insieme sul testo, abbiamo limato ogni asperità, soppesato ogni aggettivo, riflettuto con pazienza su ogni paragrafo. Gli dissi: «Lasciamo che la gente ti conosca con questo libro, qui dentro c’è un delizioso assaggio della tua essenza. Facciamo in modo che al pubblico venga fame, poi porteremo in tavola la portata principale».
Non aggiungo altro.
Sentirete parlare di lui.
Per la degustazione, ecco il link al suo libro:
https://www.altrimediaedizioni.com/shop-altrimedia/13504/
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Torino nelle canzoni
Alcune città sono grandi dive, fotografate, adulate, citate fino alla noia. Parigi, Roma, New York. Protagoniste di innumerevoli film, di romanzi, e di canzoni. E appunto di canzoni, volevo parlare, anzi di testi. I parolieri sono spesso abili artigiani capaci di adattare parole e rime alle capricciose esigenze delle note musicali. Creatori di frasi d'effetto, di assonanze magari semplici ma immediatamente evocative all'orecchio di un ascoltatore spesso distratto. Molti testi letti senza ascolto diventano insignificanti se non infantili senza una musica di supporto. A volte, più raramente, i parolieri sono poeti e allora i loro versi vivono di vita propria, belli anche se muti. In alcuni casi i testi delle canzoni sono vere storie, brevi racconti e cronache di un tempo, di un sentimento. Io sono nato e vivo in un luogo che non è appariscente. Torino non è una star, e fino a pochi anni fa era nota solo per essere sede di una fabbrica di automobili. Poi le cose sono cambiate, negli ultimi tempi sono arrivati i turisti ed una certa notorietà internazionale. Non sono comunque tantissime le canzoni dedicate o ambientate a Torino. Tutte però sono in qualche modo significative e strettamente legate ad un ben preciso momento storico nella vita della città. Esistono naturalmente antiche ballate e canzoni in dialetto torinese, canti popolari, canti di osteria, ma in questa sede prendo in esame solo testi in Italiano.
La più antica che mi viene alla mente è “ Ciao Torino “ autori Lampo e Prato, anno 1949. A dire il vero, è leggermente controverso il fatto che il testo originale sia stato scritto in Italiano. Secondo alcune fonti era in Torinese, secondo altre fu tradotta in dialetto da quel Gipo Farassino di cui ci occuperemo tra poco. Testo estremamente semplice:
“Ciao Torino, io vado via, vado lontano a lavorare. Io non so che cosa sia, sento il cuore tremare.”
Semplice eppure rivelatore: ci fu un tempo, neppure troppo lontano, in cui anche Torino era terra di emigranti, di gente che doveva andarsene, per cercare condizioni di vita migliore.
Poi, il boom economico, il miraggio della Grande Fabbrica che offriva a tutti un posto di lavoro. Ecco “ La mia città “ del 1969 . Parole e musica di Gipo Farassino. Gipo, artista molto amato a livello locale, autore dialettale, attore, uomo politico, scrisse anche canzoni in italiano, raccolte in un album dal titolo “ Due soldi di coraggio “ Ne “La mia città “ crea un ritratto triste da Neorealismo, la città-fabbrica priva di gioia, dove gli operai in tuta blu sono soldatini in fila, quasi burattini mesti.
“Un mare di fredde ciminiere un fiume di soldatini blu un cielo scordato dalle fiabe un sole che non ti scalda mai. Questa mia città ti fa sentir nessuno ti strozza il canto in gola ti spinge ad andar via. Questa mia città che spegne le risate che sfugge a tanta gente resta la mia città “
Ma il boom è anche espansione urbana, periferie dove i prati con pecore al pascolo lasciano il posto ai palazzoni dell'edilizia speculativa. Ne “ L'auto targata Torino” del 1973, musica di Lucio Dalla parole di Roberto Roversi, un vento contestatario dal sapore leggermente populista contrappone una Torino da cartolina alla cruda realtà di quei “ Terroni “ che erano i predecessori di una lunga serie di gente venuta da “ altrove” Le facce diverse in cerca di lavoro, non sempre amate da chi è ormai immemore di un tempo in cui i poveri nel mondo si chiamavano Italiani.
“Questo luogo del cielo è chiamato Torino lunghi e grandi viali, splendidi monti di neve sul cristallo verde del Valentino illuminate tutte le sponde del Po. Mattoni su mattoni sono condannati i terroni a costruire per gli altri appartamenti da cinquanta milioni “
Alla fine la Contestazione non genera solo figli innocui. Arrivano gli anni difficili della violenza, dello scontro duro. La città è spesso un campo di battaglia, una terra di nessuno dove anche il modo di vestire, il locale dove andare a bere un caffè, diventano etichetta politica. Il cantautore torinese Enzo Maolucci, nel suo album “ Barbari e Bar “ del 1978, con un linguaggio diretto ed efficace, dipinge un'immagine allo stesso tempo realistica e beffarda di una Torino che ha un tantino perso l'aplomb, di una città moderna che non ha la statura della grande metropoli, anche se una élite forse radical-chic vorrebbe fare sfoggio di inutile snobismo. E' centrale in questo racconto la presenza di bar e caffè, luoghi di ritrovo mondano, covi dissidenti, porti per rifugiarsi lontano dalla folla.
“ Il Gran Bar è fatto apposta per fascisti stravaganti. In cremeria adesso ci trovi i comunisti più osservanti. La Gran Madre è una gran piazza, il Po è li' vicino per chi si ammazza.
Si ammazzano a Torino, sai, Torino che non è Nuova York Si ammazzano a Torino, sai, Torino di Barbari e Bar.
Dal Bar Elena esco in via Po, vado col pensiero... Pugni in tasca, sbornia triste, palle in giostra, muri sporchi di ideali messi in mostra.
Adoro andarmene in vetrina, specchiarmi cinico e beffardo, finché un'edicola sirena seduce il mio sprezzante sguardo. Il compromesso storico, l'Amerika col Kappa, convergenze parallele, la crisi del romanzo e poi...”
Ma non tutti vanno al Bar Elena. Nella banlieue, qui come a Londra, ragazzi Punk strillano arrabbiati il loro “ No future “ Loro sono “Rough” band street punk molto locale e molto molto alternativa, che nel 1982 interpreta con grinta giustamente ( Punkescamente ) sgangherata “Torino è la mia città”
“Crescer nella noia senza sapere cosa fare Crescer nella noia senza un futuro in cui sperare In un città dove non succede mai niente Torino è la mia città “
La rabbia stanca. Ancora di più la rabbia senza soluzione, la violenza fine a se stessa. Finiscono gli anni della P38, torna la voglia di normalità. Il Privato non è più Politico. Siamo alla fine del secolo e del millennio. Anno 1999, un'altra Band torinese, molto nota, questa, molto amata, Subsonica, canta una città che riesce ancora ad ispirare l'amore, ne “ Il cielo su Torino “
“Per il tuo amore che è in tutto ciò che gira intorno acquista un senso questa città e il suo movimento fatto di vite vissute piano sullo sfondo Un altro giorno un'altra ora ed un momento dentro l'aria sporca il tuo sorriso controvento il cielo su Torino sembra muoversi al tuo fianco”
La città è un organismo vivente, e come tutto ciò che vive è in continuo divenire. Gli esami non finiscono mai, come diceva Eduardo. Si allontana lo scontro armato, eppure altri scontri, forse più subdoli, incombono. Torino diventa città multi etnica, dove ci si diverte, finalmente, ma dove le fabbriche chiudono, dove si spaccia e si consuma droga, e non tutti i nuovi arrivati sono buoni cittadini. “ Tanco del Murazzo “ di Vinicio Capossela, sempre sul finire del secolo, anno 1996, descrive un Noir deve ci si fa, e ci si pesta, con Slang duro e impietoso. Ed i Murazzi, lungo fiume di bar e locali per i giovani abitanti della notte, diventano terra di nessuno, frontiera pericolosa.
“Il fiume è giallo, lento fango d'Orinoco scorre tra i fuochi, gli spacci, i mangiafuoco scende il murazzo, c'è una macchina bruciata kebab arrosto e folla a grappoli in parata le ragazze aspettano di uscire fuori per ballare e intanto provano le scarpe nuove e ridono da sole dentro casa, lei lo guarda e resta lì senza parlare fuori tutto accade anche senza di noi nel grotto spingono e si bercian Patuan l'anfe che sale, caldo a fiotti, nervi tesi Envisia serve al banco acqua minerale ondeggiano sulle ginocchia tutti uguale guarda lo specchio e vede in fondo che per occhi adesso ci ha due buchi neri e nel riflesso dell'abisso vede il pozzo che era un tempo anima sua”
Ma voglio chiudere con una nota più tenera.
“Torino sulla luna “è una canzone scritta da Giuseppe Peveri in arte Dente con Fabio Barovero, per la colonna sonora del film “La luna su Torino” di Davide Ferrario, pellicola del 2014. Con voce poetica, l'autore coglie con un guizzo vincente quella che è forse l'anima più vera di Torino:
“Linea d’orizzonte, vertici i punti piani e gli spazi paralleli, pendii abitudini inutili pressioni, altitudini inizia la fine tutte le cose si incontrano qui”
In questa città di geometrie e di grandi chiaroscuri, dove molte cose iniziarono in sordina, nel bene e nel male, per poi diffondersi ed allargarsi lontano, in questa città dove si cerca di non esagerare mai, andando spesso all'avanguardia quasi controvoglia, dove genti tanto diverse da apparire a prima vista incompatibili riescono a convivere nonostante tutto, in questa città che a volte non pare Italiana, è bello camminare, guardando ascoltando e pensando che davvero tutte le cose s'incontrano qui.
Di BRUNO BRUNI
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Recensione de “La Variabile Costante” di Vincenzo Maimone
Recensione de “La Variabile Costante” di Vincenzo Maimone #vincenzomaimone #lavariabilecostante #libri #noir
Buon pomeriggio lettori, oggi torniamo a parlare di libri.
Il libro di cui parlerò, in questo articolo, è “La Variabile Costante”, romanzo noir di uno dei miei “maestri” del corso di scrittura creativa, Vincenzo Maimone.
Prima di provare a recensirlo, di seguito vi riporto la trama:L’efferato delitto di una giovane donna scuote la tranquilla routine settembrina della cittadina barocca di…
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SINGAPORE SLING, torna il ebook il pluripremiato noir di Giancarlo Narciso

Vincitore del Premio Tedeschi nel 1998, diventato un film tre anni più tardi, Singapore Sling racconta la saga di Rodolfo Capitani. E torna oggi in ebook per Algama in una versione rivista dall'autore Giancarlo Narciso

In una Singapore torrida e inquietante, due uomini italiani all’estero si incontrano per caso ed è come se si fossero conosciuti da sempre: Rodolfo Capitani, girovago e vagabondo, di professione traduttore free lance, in fuga da se stesso; Marco Valbusa, dirigente della Sigmatech, una società italiana che si occupa di prodotti per l’edilizia, ma dagli affari poco chiari. Un incontro che metterà Rodolfo nei guai fino al collo, all’indomani della morte di Marco in un misterioso incidente di macchina: perchè a Singapore la vita vale poco, soprattutto se c’è in ballo una grande quantità di soldi. In Singapore Sling (da cui nel 2001 è stato tratto il film Belgrado Sling), vincitore del Premio Tedeschi nel 1998 e qui riproposto in una nuova edizione rivista dall’autore, si susseguono frenetici una serie di colpi di scena che sconvolgono le regole del thriller tradizionale. Sorretto da da una scrittura visiva dall’andamento cinematografico, restituisce i colori e le affascinanti ambientazioni dell’Oriente lontano e conduce il lettore in una storia mozzafiato e dal ritmo vertiginoso che lo rende uno dei migliori gialli italiani degli ultimi anni. *** SINGAPORE SLING in formato epub su tutti gli store e QUI SINGAPORE SLING in formato mobi per Kindle su AMAZON SINGAPORE SLING è anche su Play Store e Apple Store *** Dello stesso autore presso Algama: Le zanzare di Zanzibar - GUARDA Play with fire (in lingua inglese) - GUARDA *** L’AUTORE Vincitore del prestigioso premio Scerbanenco per il miglior noir italiano nel 2006 con Incontro a Daunanda e, nel 1998, del Premio Tedeschi con Singapore Sling, Giancarlo Narciso aggiunge al suo arco titoli come Sankhara, (Finalista Premio Scerbanenco 2002), Otherside (terzo classificato Premio Azzeccagarbugli 2011), Solo Fango, I Guardiani di Wirikuta, Un’ombra anche tu come me, Le zanzare di Zanzibar, Un nome su una lista, oltre a Chi lotta coi mostri, una raccolta di quattro spy-story in formato novelette. Con lo pseudonimo di Jack Morisco ha firmato per Segretissimo Mondadori la serie di Banshee, che include finora i romanzi Alba Rossa a West Papua, Dossier 636, Manila Sunrise, L’arma birmana, Le tigri e il leone, Furia a Lombok. Da Singapore Sling è stato tratto il film Belgrado Sling di Riccardo Donna, con Cecilia Dazzi, Fabio Sartor e Fabio Fulco. Il romanzo è pubblicato in tedesco da Goldmann sotto il titolo di Die schöne Hand des Todes. Alla saga di Rodolfo Giancarlo Narciso ha dedicato altri due episodi: Le zanzare di Zanzibar e Incontro a Daunanda (Premio Scerbanenco 2006). Read the full article
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Libri da leggere sotto l’ombrellone o in montagna: alcuni consigli

Siamo al giro di boa di questo mese di agosto così atteso dagli italiani. Le vacanze giungono alla sua seconda parte e le giornate in spiaggia o in montagna sono sempre più belle da vivere. Da vivere, magari, con dei libri da leggere. Cosa scegliere? Ecco una carrellata di consigli che potrebbe fare al caso vostro. Riccardino, Andrea Camilleri Iniziamo i nostri consigli dei libri da leggere in questa seconda parte di agosto con uno degli ultimi lavori dell’immenso Andrea Camilleri. “Riccardino” è, purtroppo, l'ultima avventura del commissario Montalbano. Quel commissario che tanto abbiamo imparato a conoscere e tanto amiamo ancora oggi. Ma come è nata “Riccardino”? Racconta Andrea Camilleri in una vecchia intervista che a un certo punto si era posto il problema della «serialità» dei suoi romanzi, dilemma comune a molti scrittori di noir, che aveva risolto decidendo di fare invecchiare il suo commissario insieme al calendario, con tutti i mutamenti che ciò avrebbe comportato, del personaggio e dei tempi che man mano avrebbe vissuto. Ma poi, aggiunge, «mi sono pure posto un problema scaramantico. Mi sono fatto venire un'altra idea trovando in un certo senso la soluzione». Ecco: la soluzione la scopriranno i suoi tantissimi affezionati lettori di questo Riccardino. Una lettera per Sara, Maurizio De Giovanni Dalla Sicilia ci “alziamo” verso la Campania con Maurizio De Giovanni. Con “Una lettera per Sara” viviamo le avventure e i misteri dell’ispettore Davide Pardo. Read the full article
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L’eredità dei vinti di Maurizio A. Familiari: un thriller veneziano tra esplosioni, segreti e ferite invisibili. Recensione di Alessandria today
Autore: Maurizio Antonio FamiliariAnno di pubblicazione: 2024Genere: Thriller investigativoValutazione: ★★★★☆ (4,3 su 5 – 78 voti) Recensione:Una tranquilla mattina di marzo, Piazza San Marco a Venezia si trasforma in un inferno: un uomo si fa esplodere davanti al Caffè Florian. Un’immagine potente, disturbante, che apre le danze di un’indagine ricca di tensione e mistero, orchestrata da un…
#Alessandria today#Anna Davenport#autori italiani#Colpi di scena#crime fiction#criminalità internazionale#gialli d’autore#Giallo Italiano#Google News#indagine esplosiva#investigazione complessa#ispettore Pierfelice#italianewsmedia.com#Lava#L’eredità dei vinti#libri da leggere#Luca Boscolo#Maurizio Antonio Familiari#mistero e giustizia#narrativa emozionale#narrativa investigativa#noir contemporaneo#Piazza San Marco#Pier Carlo#poliziesco moderno#protagonisti tormentati#romanzi di tensione#romanzo ambientato a Venezia#romanzo Kindle#Sophia Davenport
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14 gen 2019 08:34
ECCO CHI HA SOSTENUTO E DIFESO CESARE BATTISTI - LA SINISTRA FRANCESE, DA BERNARD HENRY LEVY A DANIEL PENNAC, HA SEMPRE VISTO IN LUI UN MARTIRE DELLA GIUSTIZIA POLITICA - GLI APPELLI DI GARCIA MARQUEZ E DEGLI INTELLO’ NOSTRANI, DAL COLLETTIVO “WU MING” A CHRISTIAN RAIMO FINO A ERRI DE LUCA E VAURO...
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1 - LO SCROCCONE MANTENUTO DAI RADICAL CHIC
Stefano Zurlo per “il Giornale”
Scrittore di successo. Una formula, ripetuta come un mantra in questi anni, che dice ma non spiega. Cesare Battisti ha passato trent' anni della sua vita in fuga dall'Italia ma nel suo interminabile girovagare fra Messico, Francia, Brasile ha sempre trovato sponde amiche. Accreditamenti autorevoli. E la solidarietà concreta della gauche francese che vedeva in lui la vittima sacrificale di chissà quali nefandezze e torture e processi speciali imbastiti dai nostri giudici.
Il martire, coccolato e vezzeggiato, a Parigi e in America Latina, foraggiato, trasformato in star, aiutato in una battaglia giudiziaria contro l' Italia che avrebbe sfiancato chiunque. Fra arresti, scontri diplomatici, colpi di scena.
Il piccolo bandito di Sermoneta, entrato nel circuito del terrorismo dalla porta di servizio di una formazione sanguinaria e periferica, trova megafoni di fama mondiale: Bernard Henry Levy, Daniel Pennac, Gabriel Garcia Marquez, Tahar Ben Jelloun. Appelli. Lenzuolate. Quasi un' adozione sul palcoscenico della legalità, profanata sull' altare dei pregiudizi verso l' Italia.
Il resto viene di conseguenza: a Parigi Battisti trova un lavoro come custode di uno stabile. Intanto traduce racconti. L'intellighenzia gli apre tutte le porte. I figli delle vittime delle sue imprese devono sopravvivere fra umiliazioni e ristrettezze, lui rimbalza da un continente all' altro, sempre in piedi, sempre con qualcuno pronto a dargli un' imbeccata, un consiglio, probabilmente un assegno.
Appelli e collette. Una vita da romanzo per un romanziere, genere noir, piu citato che letto. Pubblica addirittura da Gallimard, uno dei sacrari della cultura francese. Fonda, nientemeno, un giornale in Messico, Via libre, e riesce a portarlo in Francia. Stupefacente. Uno che dovrebbe essere senza mezzi, braccato dalle autorità italiane, inseguito dalla nuvola dei procedimenti giudiziari, il killer di Torregiani si rivela pieno di risorse.
L'internazionale radical chic lo tiene in palmo di mano e scorge in lui il campione della libertà tradita. Anche se molti devono averlo confuso con l'omonimo Cesare Battisti, quello sì un martire dell' ultimo Risorgimento, impiccato dagli austriaci a Trento. In una vicenda altrettanto tragica ma senza le trame oblique e i fregi barocchi di troppi intellettuali.
In Brasile, che si sappia, vive di rendita, spende come moneta forte il proprio nome, si atteggia come se avesse alle spalle una biblioteca di successi e non il solito intramontabile network di quelli che volevano salvare il mondo ma hanno messo in salvo solo l' autostima di un assassino latitante.
Una deriva inquietante e insopportabile, offensiva per la memoria di quel che è successo, ma anche un discreto impegno economico. Uno sdoganamento senza vergogna da una parte all' altra dell' Atlantico e un galleggiamento prodigioso sui marosi della vita. Fino all' epilogo. Atteso e insperato.
2 - TUTTI ZITTI GLI INTELLETTUALI CHE LO HANNO COPERTO
Luigi Mascheroni per “il Giornale”
Parlare quando sarebbe meglio tacere. E tacere quando sarebbe opportuno parlare. Una regola che gli intellettuali sono maestri nel disattendere. Parlano spessissimo per nulla, come quando ci fu da difendere Cesare Battisti e invece era più dignitoso il silenzio. E stanno zitti quando la decenza culturale imporrebbe un mea culpa, almeno formale, per aver firmato a favore di un terrorista, assassino, latitante.
Quando Battisti era libero, protetto da governi stranieri e sotto contratto di editori come Gallimard, i nostri intellettuali se lo coccolavano. Ora che è stato arrestato con in tasca 10 bolivianos (1,4 dollari) e con l' odore dell' alcol addosso, sono stranamente silenziosi. Non hanno capito nulla allora. Ancor ameno oggi.
Oltralpe, per anni, filosofi a là Bernard Henry Levy, bestselleristi come Daniel Pennac e la giallista Fred Vargas (da noi pubblicata in grande spolvero da Einaudi) hanno dato lezione su come offrire protezione culturale e mediatica a Cesare Battisti. E gli intellos nostrani, che da sempre subiscono il fascino dei cattivi maestri, andarono a ruota nel protestarne l' innocenza. Dichiarazioni della pasionaria Carla Bruni su Cesare Battisti ne abbiamo?
(E ci fu pure lo scomparso Gabriel Garcia Marquez a difenderlo...)
Oreste Scalzone, che dal 1981 al 2007 ha vissuto in Francia sotto la protezione della dottrina Mitterrand, e quindi conosce bene la materia, al suo rientro in Italia organizzò persino concerti per supportare gli amici brigatisti Marina Petrella, Paolo Persichetti e Cesare Battisti. Tutti e quattro loro e Scalzone non a caso scrittori. Qualifica che non garantisce la ricchezza, ma l'intoccabilità sì. In Italia, poi...
Ecco, gli scrittori italiani. Nel febbraio 2004 la rivista online Carmilla, fondata da Valerio Evangelisti con Giuseppe Genna e Wu Ming 1, lanciò un appello nel quale si definiva l'arresto di Cesare Battisti «uno scandalo giuridico e umano», chiedendo che fosse «liberato immediatamente».
In una settimana firmarono in 1.500. Tra i quali la nostra migliore intellighenzia: Pino Cacucci, Tiziano Scarpa, Massimo Carlotto, Nanni Balestrini, il filosofo Giorgio Agamben, Antonio Moresco, Marco Mueller (pentito) e un allora giovanissimo e sconosciuto Roberto Saviano, che prima aderì e poi, anni dopo, già famoso, ritirò la firma. Ieri sono stati tutti zitti.
A parte lo scrittore Christian Raimo, che ha rincarato con un post: «Ho firmato quell'appello. Ho lavorato insieme ai parenti di quelle che sarebbero le vittime di Cesare Battisti, ascoltato il loro dolore. Ho letto alcuni romanzi di Cesare Battisti e non mi sono mai piaciuti. Non ho mai festeggiato per la galera a qualcuno. Per me l'ergastolo andrebbe abolito, per me andrebbero abolite le galere».
Nel gruppo c'era anche la firma di Repubblica, conduttrice di Fahrenheit su Rai Radio3 e consulente del Salone del Libro di Torino, Loredana Lipperini. Speriamo che domani in radio ne parli. E i Wu Ming, sempre così presenti nel dibatito politico italiano sui sociali, cosa ne pensano dell' arresto? Così, per sapere #facciamorete Valerio Evangelisti ancora nel 2001, irridendo chi chiedeva l' estradizione di Battisti, scriveva su Facebook: «Tieni duro, Cesare. Con quella gente ci spazziamo il posteriore. Ti tireremo fuori. Solidarity forever!». Quando si dice avere la faccia come...
Solidarity forever. A Cesare Battisti il quale per un momento, a detta di molti, divenne anche un fine giallista... me li ricordo i giornali che parlavano dello «scrittore» Cesare Battisti, del «romanziere» Cesare Battisti, dell'«autore» di noir Cesare Battisti... - gliela diedero, in ordine sparso, anche: Emma Bonino, una famosa cantante pasionaria da Sanremo (che forse lo scambiò per Lucio Battisti) e Erri De Luca, per il quale Battisti è un perseguitato: «Volendo acciuffare a tutti costi questi ex antichi prigionieri, lo Stato non fa che pretendere di cantar vittoria su vinti di molti anni fa», disse a una trasmissione radiofonica nel 2004. Oggi, tace.
Almeno Vauro, il vignettista del Fatto quotidiano, ieri ci ha messo (in parte) la faccia: «Mi assumo la responsabilità politica e morale della mia firma. In realtà fu una persona, della quale non farò il nome, ad apporla per me, dando per scontata una mia adesione. Avrei dovuto ritirarla al tempo e non lo feci per colpevole superficialità e malinteso senso di amicizia». Per il resto, imbarazzi e silenzi. Ieri nel diluvio di commenti seguiti alla cattura del terrorista dei Pac, i nostri intellettuali ancora una volta si sono distinti nel loro comportamento più caratterizzante. L' ipocrisia.
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Una città nelle canzoni ( Torino )
Alcune città sono grandi dive, fotografate, adulate, citate fino alla noia. Parigi, Roma, New York. Protagoniste di innumerevoli film, di romanzi, e di canzoni. E appunto di canzoni, volevo parlare, anzi di testi. I parolieri sono spesso abili artigiani capaci di adattare parole e rime alle capricciose esigenze delle note musicali. Creatori di frasi d'effetto, di assonanze magari semplici ma immediatamente evocative all'orecchio di un ascoltatore spesso distratto. Molti testi letti senza ascolto diventano insignificanti se non infantili senza una musica di supporto. A volte, più raramente, i parolieri sono poeti e allora i loro versi vivono di vita propria, belli anche se muti. In alcuni casi i testi delle canzoni sono vere storie, brevi racconti e cronache di un tempo, di un sentimento. Io sono nato e vivo in un luogo che non è appariscente. Torino non è una star, e fino a pochi anni fa era nota solo per essere sede di una fabbrica di automobili. Poi le cose sono cambiate, negli ultimi tempi sono arrivati i turisti ed una certa notorietà internazionale. Non sono comunque tantissime le canzoni dedicate o ambientate a Torino. Tutte però sono in qualche modo significative e strettamente legate ad un ben preciso momento storico nella vita della città. Esistono naturalmente antiche ballate e canzoni in dialetto torinese, canti popolari, canti di osteria, ma in questa sede prendo in esame solo testi in Italiano.
La più antica che mi viene alla mente è “ Ciao Torino “ autori Lampo e Prato, anno 1949. A dire il vero, è leggermente controverso il fatto che il testo originale sia stato scritto in Italiano. Secondo alcune fonti era in Torinese, secondo altre fu tradotta in dialetto da quel Gipo Farassino di cui ci occuperemo tra poco. Testo estremamente semplice:
“Ciao Torino, io vado via, vado lontano a lavorare. Io non so che cosa sia, sento il cuore tremare.”
Semplice eppure rivelatore: ci fu un tempo, neppure troppo lontano, in cui anche Torino era terra di emigranti, di gente che doveva andarsene, per cercare condizioni di vita migliore.
Poi, il boom economico, il miraggio della Grande Fabbrica che offriva a tutti un posto di lavoro. Ecco “ La mia città “ del 1969 . Parole e musica di Gipo Farassino. Gipo, artista molto amato a livello locale, autore dialettale, attore, uomo politico, scrisse anche canzoni in italiano, raccolte in un album dal titolo “ Due soldi di coraggio “ Ne “La mia città “ crea un ritratto triste da Neorealismo, la città-fabbrica priva di gioia, dove gli operai in tuta blu sono soldatini in fila, quasi burattini mesti.
“Un mare di fredde ciminiere un fiume di soldatini blu un cielo scordato dalle fiabe un sole che non ti scalda mai. Questa mia città ti fa sentir nessuno ti strozza il canto in gola ti spinge ad andar via. Questa mia città che spegne le risate che sfugge a tanta gente resta la mia città “
Ma il boom è anche espansione urbana, periferie dove i prati con pecore al pascolo lasciano il posto ai palazzoni dell'edilizia speculativa. Ne “ L'auto targata Torino” del 1973, musica di Lucio Dalla parole di Roberto Roversi, un vento contestatario dal sapore leggermente populista contrappone una Torino da cartolina alla cruda realtà di quei “ Terroni “ che erano i predecessori di una lunga serie di gente venuta da “ altrove” Le facce diverse in cerca di lavoro, non sempre amate da chi è ormai immemore di un tempo in cui i poveri nel mondo si chiamavano Italiani. “Questo luogo del cielo è chiamato Torino
lunghi e grandi viali, splendidi monti di neve sul cristallo verde del Valentino illuminate tutte le sponde del Po. Mattoni su mattoni sono condannati i terroni a costruire per gli altri appartamenti da cinquanta milioni “
Alla fine la Contestazione non genera solo figli innocui. Arrivano gli anni difficili della violenza, dello scontro duro. La città è spesso un campo di battaglia, una terra di nessuno dove anche il modo di vestire, il locale dove andare a bere un caffè, diventano etichetta politica. Il cantautore torinese Enzo Maolucci, nel suo album “ Barbari e Bar “ del 1978, con un linguaggio diretto ed efficace, dipinge un'immagine allo stesso tempo realistica e beffarda di una Torino che ha un tantino perso l'aplomb, di una città moderna che non ha la statura della grande metropoli, anche se una élite forse radical-chic vorrebbe fare sfoggio di inutile snobismo. E' centrale in questo racconto la presenza di bar e caffè, luoghi di ritrovo mondano, covi dissidenti, porti per rifugiarsi lontano dalla folla.
“ Il Gran Bar è fatto apposta per fascisti stravaganti.
In cremeria adesso ci trovi i comunisti più osservanti. La Gran Madre è una gran piazza, il Po è li' vicino per chi si ammazza.
Si ammazzano a Torino, sai, Torino che non è Nuova York Si ammazzano a Torino, sai, Torino di Barbari e Bar.
Dal Bar Elena esco in via Po, vado col pensiero... Pugni in tasca, sbornia triste, palle in giostra, muri sporchi di ideali messi in mostra.
Adoro andarmene in vetrina, specchiarmi cinico e beffardo, finché un'edicola sirena seduce il mio sprezzante sguardo. Il compromesso storico, l'Amerika col Kappa, convergenze parallele, la crisi del romanzo e poi...”
Ma non tutti vanno al Bar Elena. Nella banlieue, qui come a Londra, ragazzi Punk strillano arrabbiati il loro “ No future “ Loro sono “Rough” band street punk molto locale e molto molto alternativa, che nel 1982 interpreta con grinta giustamente ( Punkescamente ) sgangherata “Torino è la mia città”
“Crescer nella noia senza sapere cosa fare Crescer nella noia senza un futuro in cui sperare In un città dove non succede mai niente Torino è la mia città “
La rabbia stanca. Ancora di più la rabbia senza soluzione, la violenza fine a se stessa. Finiscono gli anni della P38, torna la voglia di normalità. Il Privato non è più Politico. Siamo alla fine del secolo e del millennio. Anno 1999, un'altra Band torinese, molto nota, questa, molto amata, Subsonica, canta una città che riesce ancora ad ispirare l'amore, ne “ Il cielo su Torino “
“Per il tuo amore che è in tutto ciò che gira intorno acquista un senso questa città e il suo movimento fatto di vite vissute piano sullo sfondo Un altro giorno un'altra ora ed un momento dentro l'aria sporca il tuo sorriso controvento il cielo su Torino sembra muoversi al tuo fianco”
La città è un organismo vivente, e come tutto ciò che vive è in continuo divenire. Gli esami non finiscono mai, come diceva Eduardo. Si allontana lo scontro armato, eppure altri scontri, forse più subdoli, incombono. Torino diventa città multi etnica, dove ci si diverte, finalmente, ma dove le fabbriche chiudono, dove si spaccia e si consuma droga, e non tutti i nuovi arrivati sono buoni cittadini. “ Tanco del Murazzo “ di Vinicio Capossela, sempre sul finire del secolo, anno 1996, descrive un Noir deve ci si fa, e ci si pesta, con Slang duro e impietoso. Ed i Murazzi, lungo fiume di bar e locali per i giovani abitanti della notte, diventano terra di nessuno, frontiera pericolosa.
“Il fiume è giallo, lento fango d'Orinoco scorre tra i fuochi, gli spacci, i mangiafuoco scende il murazzo, c'è una macchina bruciata kebab arrosto e folla a grappoli in parata le ragazze aspettano di uscire fuori per ballare e intanto provano le scarpe nuove e ridono da sole dentro casa, lei lo guarda e resta lì senza parlare fuori tutto accade anche senza di noi nel grotto spingono e si bercian Patuan l'anfe che sale, caldo a fiotti, nervi tesi Envisia serve al banco acqua minerale ondeggiano sulle ginocchia tutti uguale guarda lo specchio e vede in fondo che per occhi adesso ci ha due buchi neri e nel riflesso dell'abisso vede il pozzo che era un tempo anima sua”
Ma voglio chiudere con una nota più tenera.
“Torino sulla luna “è una canzone scritta da Giuseppe Peveri in arte Dente con Fabio Barovero, per la colonna sonora del film “La luna su Torino” di Davide Ferrario, pellicola del 2014. Con voce poetica, l'autore coglie con un guizzo vincente quella che è forse l'anima più vera di Torino:
“Linea d’orizzonte, vertici
i punti piani e gli spazi
paralleli, pendii abitudini inutili pressioni, altitudini inizia la fine tutte le cose si incontrano qui”
In questa città di geometrie e di grandi chiaroscuri, dove molte cose iniziarono in sordina, nel bene e nel male, per poi diffondersi ed allargarsi lontano, in questa città dove si cerca di non esagerare mai, andando spesso all'avanguardia quasi controvoglia, dove genti tanto diverse da apparire a prima vista incompatibili riescono a convivere nonostante tutto, in questa città che a volte non pare Italiana, è bello camminare, guardando ascoltando e pensando che davvero tutte le cose s'incontrano qui.
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Paolo Sorrentino gira “The New Pope” (e John Malkovich in veste papale fa convertire frotte di accaniti atei). I romanzi più belli sul Papa? Li hanno scritti Giorgio Saviane, Morselli, Quinzio, Roberto Pazzi… (Con lettura in allegato, in attesa della Mostra/Messa del cinema di Venezia)
Con diabolico cinismo si potrebbe dire che la faccenda dei ‘due papi’ abbia contribuito al cospicuo revival – in termini di pubblicistica, almeno – della Chiesa cattolica. Domenica scorsa, per dire, terminata la Messa – cioè, sciolto l’incanto di un’esistenza davvero ‘diversa’ – tra la foresta delle colonne, sentivo una signora sussurrare a mezza voce, “quello lì” – si riferiva a Papa Francesco – “usurpa il posto che è di Benedetto XVI”. La tizia non è una vaticanista né una teologa, eppure difende la propria opinione con verve da invasato.
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Il balcone di San Pietro a Cinecittà: verità e finzione nel film di Paolo Sorrentino, “The New Pope”; Photo by Gianni Fiorito
M’aggancio qui a una notizia uscita un paio di giorni fa. Paolo Sorrentino mostrerà alla prossima Mostra del cinema di Venezia The New Pope, la serie che segue, papale papale, The Young Pope, pubblica nel 2016. Della serie, prodotta da Sky Studios, HBO e Canal+, si sa che il ‘giovane papa’, l’ammaliante Jude Law, sarà avvicinato e sostituito da un ‘nuovo papa’. John Malkovich. Le fotografie divulgate dall’ufficio stampa Sky (qui potete leggere un servizio sul set) sono di fantomatica bellezza. Malkovich in divisa papale convincerebbe un ateo a darsi alle fauci di Dio.
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Il balcone di San Pietro e la Cappella Sistina ricostruite a Cinecittà con rigorosa raffinatezza portano a pensieri verticali. Che corrispondenza c’è tra la Chiesa cattolica e la sua dimora vaticana? Che grado d’incarnazione esiste tra la Chiesa e un edificio detto chiesa? Che cosa è immaginato, immaginario o autentico della fede? È possibile immaginare Dio? Che affinità esiste tra formula e atto, tra rito e verità? Come si sa, il demonio seduce con un gioco di specchi.
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Intendo dire. Paolo Sorrentino, che ha fiuto narrativo, si è accorto del potenziale romanzesco che cova sotto la sottana vaticana. Di fatto, abbiamo lasciato il ‘tema’ del circuito vaticano, del nitore papale, alla narrativa ‘di genere’, allo scirocco dei Dan Brown. Peccato. Insomma, in Vaticano c’è il rappresentante di un dio che si è fatto carne, in cui la lotta tra la vita e la morte è pungolo di diamante. C’è un uomo che crede che la morte, vinta, si possa vincere, ancora. Non vedo tema più inevitabile di questo. Il papa ha un potere conferitogli dalla realtà spirituale, non dall’elettorato terreno.
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La grande letteratura italiana, preoccupata, forse, per il fatto ‘sociale’ o per la questione ‘morale’, ha ignorato il Vaticano e i suoi sotterranei e sotterfugi (per sfottere Gide). Di romanzi dedicati all’inquietudine papale – non rientra nel club il meraviglioso Quinto evangelio di Pomilio – senza malie noir (il ‘genere’, in impasto italico, sul tema è agguerrito e pimpante e più informato di una presunta narrativa ‘alta’, altra; faccio solo due nomi: Fabio Delizzos e Marcello Simoni) ne conto pochi. Il libro più noto resta Il papa di Giorgio Saviane, del 1963, finalista allo Strega – finì buon ultimo della ‘cinquina’, in una edizione di lusso vinta da Natalia Ginzburg con Lessico famigliare sopra Rien va di Tommaso Landolfi, La tregua di Primo Levi e Un giorno di fuoco di Beppe Fenoglio – e vincitore del Campiello. Questo romanzo sull’abisso della ‘chiamata’, “su un possibile papa fuori di ogni schema fisso… pieno di pagine memorabili” (Nazareno Fabbretti), fu tradotto in inglese (The Finger in the Candle Flame) e in spagnolo (El papa), ottenne un più che discreto successo di pubblico, vi fu l’intenzione – prima di Sorrentino – di tradurlo in film. C’erano già produttore (Cecchi Gori) e sceneggiatore (Massimo De Rita, che avrebbe scritto un’altra pellicola tratta da un romanzo di Saviane, Eutanasia di un amore, con Ornella Muti e Tony Musante). Il progetto, però, saltò: “Non se ne fece nulla. L’ho detto più volte: Saviane era un antipatico, non faceva il lacchè, non gli piaceva mendicare attenzioni”, mi disse la moglie, Alessandra Del Campana.
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Con Roma senza papa, il romanzo fanta-vaticano di Guido Morselli, come si sa, Adelphi comincia la pubblicazione di un’opera anarchica e totalmente postuma; uno dei romanzi meno noti di Sebastiano Vassalli, La notte del lupo (1998), piglia avvio dall’attentato a Giovanni Paolo II tentato da Ali Agca. Roberto Pazzi è tra i rari scrittori italiani viventi attenti al ‘tema’: Conclave (2001) è uno dei suoi romanzi più alti, a cui va legato, per ‘partecipazione’ narrativa L’erede (2002) e per altezza filosofica Vangelo di Giuda (1989). Anche Ferruccio Parazzoli è scrittore che fiorisce tra le asperità religiose: cito soltanto 1994. La nudità e la spada (1990), Il fantasma di Dio (2013), Missa solmenis (2017). Di stampo diversamente narrativo è il libro di Sergio Quinzio, Mysterium iniquitatis (1995), dove si raccolgono “le encicliche dell’ultimo papa”, un prometeico Pietro II.
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La ‘rinuncia’ di Benedetto XVI, il fratres carissimi sussurrato l’11 febbraio del 2013, mi è parso un tuono, uno squarcio, una ‘novità’ nella Storia come quelle, folgoranti, che possono accadere solo grazie a chi regna sull’invisibile e ha ragione sopra i morti. Vi scrissi un libro, Rinuncio, pubblicato da Guaraldi, che ha avuto un insperato (stando ai miei canoni mefistofelici) ‘successo’ – al Campiello, nella tarda primavera del 2014, fu eletto da Monica Guerritore come il libro più bello ed estremo del convegno –, fu tradotto in lavoro per il teatro. Tra lettori che vivono nei sotterranei, quel libro continua la semina (Piergiorgio Odifreddi, impertinente ateo, impenitente matematico, lo ha apprezzato e lo ha donato, di recente, a Benedetto XVI). The New Pope sarà presentato a Venezia – due puntate –, durante la Mostra/Messa del cinema che si svolge dal 28 agosto al 7 settembre. Lego qui due brandelli da Rinuncio, come spartito, nell’attesa. (d.b.)
***
Sul prato di fronte alla mia cella, la neve si è accumulata in un cerchio. Sembra, sotto la luce, un lago, un foro che risucchia il cielo e le montagne. Arrancando, sono giunto alla finestra, mi sono arrampicato con il mento, che poi ho aggiustato presso il vetro. La pozza di neve mi affascina perché mi ricorda il lago di Rimsting. I lupi vi si avvicinavano avidi di vedere la propria immagine riflessa. A volte si gettavano nel lago, emergendone freddi, grigi come stelle comete. Sono certo che speravano di diventare uomini. Ma la loro forma, inflessibile, non mutava e questo ha esasperato la rabbia, ha dato crescita ai denti. Poiché la trasformazione non si era adempiuta, si esprimevano mordendo i compagni, attaccando il villaggio, desiderandone i bambini. Il lago, nella mia immaginazione, era Dio.
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«Che fine di merda ha fatto mio padre, certo, ma io sono finito a pulire la merda del nonno»: la confessione di quell’uomo mi sconvolse. Ero stato eletto Papa da poco, per questo, immagino, dimenticai la veste, vestendomi come un cardinale. L’uomo compiva degli studi nella Biblioteca Vaticana riguardo all’esicasmo – più tardi scoprii che aveva scritto un libro sui sacerdoti suicidi. Lo incontrai nell’atrio della Biblioteca e lui mi affrontò con quella frase. Non era cupo né scontroso, parlava con gioia. Mi disse che il padre si era suicidato quando aveva dieci anni, per questo, adulto, si prendeva cura dei nonni paterni. «La nonna bestemmia e spera nella rapida morte del coniuge», mi disse sorridendo. A seguito di un incidente il nonno, novantenne, era immobilizzato a letto. L’uomo gli cambiava ogni mattina il pannolone, «afferro le macerie della sua merda con le mani, rifiuto i guanti», mi disse, e disse che vortici di vomito gli perforavano la gola e lo stomaco. Eppure, resisteva. «Per la depressione la nonna si scava il viso, fino a deformarlo, perché nell’aldilà nessuno possa riconoscerla», mi disse. Gli risposi, sconvolto, che forse doveva ricorrere a degli infermieri, farsi aiutare. Replicò con il silenzio, con la serenità dei martiri. Mi parve che quella fatica non fosse una pena ma una gloria. «Nella cacca del nonno vedo Dio», mi disse e per me fu inaccettabile, entrai nell’aula, senza benedirlo. Più tardi mi accorsi che era stato lui ad estorcere la mia confessione di impotenza.
*
Due papi che pregano insieme: non è questo un segno diabolico? Le schiene bianche e grevi, simili ai cancelli della Città di Dio. Ma una volta varcati, come scrivono i mistici bizantini di ritorno dalle proprie visioni, ad attendere il fedele è una falange di giaguari. Incaricati di divorare l’anima per vomitarla davanti a Satana. Il Paradiso non è un premio, ma una tentazione, un artificio del demonio. La vita è il premio concessoci da Dio e il dolore la medaglia. I nostri ricordi s’incardinando negli animali e nelle piante: altrimenti, perché guardarli provoca in me un abisso di memorie? Testimonio che non incontrerò mai Papa Francesco, il mio successore. Ma la Curia saprà narrare una storia diversa: non escludo che abbiano da tempo stanato il mio sosia. L’immagine dei due papi non smette di ossessionarmi. Essi mi sembrano i purissimi chiodi che hanno trafitto, come rose, le mani di Cristo. Oppure, mi appaiono come i due ladroni al fianco della Croce: chi sarà il redento?
*
Georg carissimo,
per anni ho considerato piazza San Pietro come le fauci di un lupo bianco. Le colonne mi parevano i denti enormi della bestia e il pavimento la spianata del palato. San Pietro è un luogo che divora, che espropria l’anima: quando ne usciamo siamo davvero migliori, che conversione attraversiamo? Ora, da lontano, San Pietro mi pare una culla e la Chiesa un bambino. In questa visione, i lupi, allora, sono i papi, che con continua avidità divorano il bambino. La forza della Chiesa è in questa secolare strage dell’innocente, che forse è una ostinata ricerca di Cristo. Eppure, la Chiesa è fondata dai fedeli più che dai sacerdoti. Ma i fedeli, senza il Papa, sono come lupi esiliati dal branco: l’inverno salderà il loro muso con una museruola di ghiaccio, per sopravvivere dovranno imparare a cibarsi d’erba, aspirandola con il naso, con gli occhi. Da sempre la fede è una questione di sopravvivenza e il cristianesimo una coltivazione di larici nel deserto.
Davide Brullo
*In copertina: Jude Law e John Malkovich in “The New Pope”, di Paolo Sorrentino; fotografia di Gianni Fiorito
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La ragazza che scomparve in primavera di Antonio Pagliaro: un noir italiano di segreti sepolti e passioni proibite. Recensione di Alessandria today
Autore: Antonio PagliaroAnno di pubblicazione: 2024Genere: Thriller poliziesco, noirValutazione: ★★★★☆ (3,7 su 5 – 458 voti)Premio: Finalista Premio Letterario Amazon Storyteller 2024 Recensione:Nel suo romanzo La ragazza che scomparve in primavera, Antonio Pagliaro ci guida in una Palermo torbida e pulsante, dove il confine tra amore e colpa si dissolve in una storia di passione, segreti e…
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Opinione: Medical Noir, di Danilo Arona e Edoardo Rosati
(cliccando sull'immagine si va su Amazon) Un narcisistico reality show della chirurgia spinto oltre qualsiasi limite scientifico e deontologico; stregonerie antiche di secoli sgretolano le certezze dei luminari della medicina; i deleteri effetti dell’alimentazione errata analizzati da un inquietante punto di vista; l’eterno conflitto fra scienza e fede coinvolge, con nefasti risultati, una possessione demoniaca; un tumorale embrioma psicoplasmatico senziente desidera a tutti i costi essere partorito dalla propria ospite e venire al mondo come figlio... Cinque racconti di terrore medicale raccolti in un’antologia per la prima volta dedicata a questo particolare genere, ad opera di Danilo Arona ed Edoardo Rosati, oscuri dottori del terrore, archiatri del perturbante. Danilo Arona è uno dei più importanti scrittori horror italiani. Ha scritto e pubblicato più di quaranta volumi fra romanzi, antologie e saggistica. Edoardo Rosati, giornalista medico-scientifico, ha collaborato con il Corriere Salute, è responsabile delle pagine dedicate alla medicina del settimanale Oggi, e ha pubblicato diverse opere sia di narrativa che di saggistica medica. «Navigherete oltre i confini della pelle. Conoscerete le meraviglie dell’unico, vero Pianeta Rosso: il Corpo Umano. Vivrete in soggettiva l’arte del bisturi. Perché se il demiurgo è l’intelligenza che progetta il mondo... il chirurgo è il genio che lo cura.”
° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° °
Tante storie veloci da leggere, che regalano un brivido lungo la spina dorsale (con me ci sono andati vicino, quindi...tenetene conto).
Danilo Arona ha scritto il primo racconto "La Finestra Sull'Ombelico Del Cortile Del Reale";
una storia dalle sfumature reali e tinte forti, con una conclusione che ti stringe il petto.
Una donna inizia a sentire problemi nella zona dell'utero e scopre di essere incinta, ma non ha avuto rapporti col marito ne con altri, quindi: com'è possibile?
Da questo inizio seguiranno altri interventi di medici ed esperti per capire la situazione, cosa sia questa massa che sta crescendo...ma c'è molto altro oltre la scienza.
Sono interessanti alcuni pezzi che mostrano la parte reale, medica, che può succedere davvero, che regala orrore perché è davvero possibile che accada.
Un racconto che lascia dentro incubi reali.
Edoardo Rossi ha scritto gli altri racconti.
"Paziente Zero"
In cui un nuovo reality show si è spinto verso altre frontiere, puntando a mostrare i medici e il loro lavoro, senza filtri o censure. Ma quella notte il dottore ha altro in mente, vuole stupire il pubblico con qualcosa di non programmato...
"Cuori Allo Specchio"
Questo racconto si muove su un territorio non propriamente medico. Il protagonista è un medico che ha come paziente una donna che potremo definire depressa, sofferente, che non si da pace, e che un giorno gli rivela cosa che ha dato inizio a tutto, portando il medico a chiedersi se debba obbligarla ad un consulto psicologico, ma alla fine di tutto capirà che forse non è tutto inventato...
"Chiacchiere Di Condominio"
Una storia strana e piuttosto breve, che ha solo come aggiunta di sfuggita l'ambiente medico, per raccontare altro....
"Vit-Amen"
Due gemelli. Uno medico, uno prete. Una giovane paziente che devono curare, ma con approcci diversi tra loro, con molte incomprensioni.
Esorcismo o medicina?
Una questione a lungo dibattuta, il nodo centrale della questione con un finale sorprendente!
Racconti veloci, scritti molto bene, che regalano storie uniche e che fanno riflettere (alcune almeno);
Non per tutti, ma se cercate qualcosa di interessante e che provochi un brivido, questa raccolta fa per voi.
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I sette corvi – Matteo Strukul. Un thriller tra neve, leggende e incubi sepolti: un viaggio oscuro nel cuore delle Alpi Venete. Recensione di Alessandria today
Gennaio 1995. Rauch è un minuscolo villaggio della Val Ghiaccia, immerso in una natura silente e impenetrabile, dove il tempo pare essersi fermato. È qui che prende avvio il nuovo, inquietante romanzo di Matteo Strukul, “I sette corvi”, autore bestseller da oltre un milione di copie. Un cadavere ritrovato nella neve, una giovane insegnante mutilata, un’antica leggenda che torna a galla col…
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Le rose nere di Firenze – Il noir avvincente di Michele Giuttari tra mistero e indagine. Recensione di Alessandria today
Autore: Michele GiuttariAnno di pubblicazione: —Genere: Thriller, Noir investigativoValutazione: ★★★★★ Michele Giuttari, ex capo della Squadra Mobile di Firenze e scrittore di grande talento, torna con Le rose nere di Firenze, un noir avvolgente e inquietante che trascina il lettore nei meandri più oscuri della città toscana. Con uno stile incisivo e dettagliato, l’autore costruisce un’indagine…
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Delitto a Villa Giachino di Maurizio Vitale – Un’indagine del commissario Sartori. Recensione di Alessandria today
📖 Informazioni bibliografiche Autore: Maurizio Vitale Anno di pubblicazione: 9 febbraio 2025 Genere: Giallo, Thriller investigativo, Noir Valutazione: ⭐⭐⭐⭐☆ (4,3 su 5 stelle – 12 voti) 🕵️ Recensione Nel cuore del Monferrato, un’area ricca di fascino e storia, si consuma un delitto che sconvolge l’intera comunità: il misterioso omicidio del dottor Giachino. Quando il suo corpo viene…
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Nicola Rocca è un autore che ha saputo trasformare la passione per la scrittura in una solida carriera, conquistando lettori con i suoi romanzi avvincenti e personaggi indimenticabili. Dal suo esordio alla scelta dell'auto-pubblicazione, il suo percorso è caratterizzato da determinazione, sacrificio e un profondo amore per la narrazione.
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