#narrativa d’azione
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pier-carlo-universe · 24 hours ago
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"Il Prezzo della Giustizia" di Marcello Risicato: Quanto sei disposto a sacrificare per proteggere la tua famiglia?. Recensione di Alessandria today
Sottotitolo: Un thriller psicologico intenso che esplora il confine tra giustizia e vendetta, spingendo il lettore a interrogarsi sui limiti dell’amore e della protezione
Un thriller psicologico intenso che esplora il confine tra giustizia e vendetta, spingendo il lettore a interrogarsi sui limiti dell’amore e della protezione. Il Prezzo della Giustizia di Marcello Risicato è un thriller psicologico che tiene il lettore sospeso tra colpi di scena e dilemmi morali. Al centro della storia troviamo Ethan, un ex poliziotto segnato da un tragico incidente, costretto…
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cinquecolonnemagazine · 1 year ago
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Tendenze di gioco per l’inverno
L’inverno potrebbe essere il momento perfetto per accogliere il clima più freddo e scoprire qualche hobby che non necessita di uscire di casa. Il gioco è spesso in cima a questa lista per molte persone e, se vi piace, può offrire una varietà di generi ed esperienze che vi terranno compagnia fino ai mesi più caldi. E se questo non è il vostro primo inverno di gioco? E se avete l’impressione di aver già esplorato tutte le vostre opzioni di gioco abituali? In questo caso, spostare la vostra attenzione verso alcune tendenze popolari potrebbe aiutarvi a rinnovare la vostra esperienza. Rilasci AAA Il termine “gioco AAA” o gioco tripla A si riferisce di solito ai giochi con un grande budget - i titoli per console e PC che fanno notizia e attirano l’attenzione. Il 2023 è stato considerato un anno particolarmente significativo per questo tipo di giochi - Baldur’s Gate 3, Tears of the Kingdom, Diablo 4, Hogwarts Legacy, Resident Evil 4 Remake, Spiderman 2 - ci sono molti titoli spettacolari e molto attesi che stanno finalmente arrivando sugli scaffali. Mentre gli appassionati di analisi dell’industria potrebbero chiedersi immediatamente cosa verrà dopo, i giocatori come voi hanno a disposizione un’ampia varietà di opzioni nel presente. Vi piace immergervi nel mondo dei giochi di ruolo? Se è così, l’acclamato Baldur’s Gate 3 potrebbe essere quello che fa per voi, oppure potreste desiderare qualcosa di più simile a un’avventura narrativa d’azione, che vi porti verso Spiderman 2. Forse volete solo ampliare il vostro interesse per altri franchise, come Harry Potter o Guerre Stellari, spingendovi a provare Hogwarts Legacy o Jedi: Survivor. Non c’è nemmeno motivo di limitarsi a un unico genere, il che significa che c’è molto spazio per la sperimentazione. Giochi per dispositivi mobili Tuttavia, il mondo dei giochi per dispositivi mobili è un elemento più significativo del puzzle di quanto si possa immaginare. Potrebbe persino essere considerato come un’intera industria del gioco parallela, data la quantità di guadagno che ne deriva. Grazie alla trasposizione su mobile di numerosi giochi per console e PC, la distinzione tra i due sta diventando sempre più sfumata, ma rimane una piattaforma accessibile per i potenziali nuovi giocatori, grazie alla disponibilità del proprio smartphone. Le ultime tendenze nel campo dei giochi per cellulari potrebbero includere giochi che un tempo sarebbero stati considerati troppo impegnativi per l’hardware, ma ciò lascia ancora un’intera gamma di esperienze esclusive per cellulari da scoprire. Le slot online sono un perfetto esempio di ciò che le persone cercano nelle loro esperienze di gioco mobile. Jackpot City Casino è una piattaforma capace di offrire le slot in una vasta gamma di stili, dai giochi più tradizionali a quelli ispirati a film o sport, inclusi film famosi come Terminator 2 o Il pianeta delle scimmie. Inoltre, tutto ciò può essere fatto su una piattaforma sicura e criptata che offre la possibilità di pagare nel modo che ritenete più appropriato. Giochi con servizio dal vivo Su un tono più polemico, una tendenza che sembra oscillare all’interno dell’industria è quella dei giochi con servizio live. Questi sono giochi progettati per avere una lunga durata, poiché gli sviluppatori continuano ad aggiungere contenuti all’offerta. Destiny 2 e Diablo 4 ne sono esempi, ma rappresentano anche casi di successo nel genere. Data la possibilità che questi giochi generino un sacco di soldi, sviluppatori ed editori sono desiderosi di creare giochi live service di successo, ma a causa del rischio di fallimenti come i recenti Anthem o Avengers, il successo è tutt’altro che assicurato. Foto di Jill Wellington da Pixabay Read the full article
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carmenvicinanza · 2 years ago
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Hélène Cixous
https://www.unadonnalgiorno.it/helene-cixous/
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La letteratura attraversa il tempo, trasporta nel paese dotato strutturalmente d’eternità, è un mondo che rianima, un mondo di resurrezioni, un universo che fruisce di una libertà inalienabile. Attraversa le guerre, i massacri, le estinzioni, resta, resiste. La letteratura è una scuola, una cultura, accultura ed è acculturata. Gli esseri umani ne hanno bisogno. È il rifugio più democratico, è fragile ma immortale e sempre giovane.
Hélène Cixous è tra le autrici femministe più famose della Francia.
Accademica, scrittrice, drammaturga e critica letteraria, pensatrice dalla grande versatilità, ha pubblicato oltre settanta opere. Si è occupata di vari generi: teatro, teoria letteraria e femminista, critica d’arte, autobiografia e narrativa poetica.
Il suo saggio Le Rire de la Méduse, l’ha resa una delle prime pensatrici del femminismo post-strutturale e tra le maggiori rappresentanti.
Nata a Orano, in Algeria, il 5 giugno 1937 da madre tedesca e padre algerino, entrambi ebrei. Ha cominciato a scrivere da bambina, dopo la morte del padre, a soli dieci anni avvertendo subito l’esigenza di partire da sé, dal suo vissuto iscritto nella storia. Sostenitrice dell’indipendenza algerina, la famiglia venne costretta a lasciare il paese.
In Francia ha svolto un dottorato in lettere culminato con la tesi L’exil de Joyce ou l’art du remplacement (1968), considerata un’opera fondamentale sullo scrittore irlandese.
È stata assistente all’Università di Bordeaux e alla Sorbona, è stata nominata maître de conférence all’Università di Paris Nanterre nel 1967.
Nel 1968, in seguito alle rivolte studentesche, ha contribuito a fondare l’Università di Paris VIII-Vincennes, “creata per fungere da alternativa al tradizionale ambiente accademico francese“.
Nel 1974 vi ha creato il primo Centro Universitario per gli Studi sulle Donne d’Europa.
Insegna all’Università di Parigi VIII e alla European Graduate School di Saas-Fee, in Svizzera.
Ha condiviso numerose attività politiche e intellettuali col filosofo Jacques Derrida, come il Centro Nazionale delle Lettere (oggi Centro Nazionale del libro), il Parlamento Internazionale degli Scrittori, il Comitato Anti-apartheid e numerosi seminari al Collegio Internazionale di Filosofia.
Il suo esordio come narratrice è avvenuto nel 1967 con la raccolta di racconti Prénom de Dieu a cui è seguito il romanzo Dedans, del 1969, che ha vinto il Premio Médicis.
Negli anni Settanta, si è occupata del rapporto tra scrittura e corpo, linguaggio e sessualità, invitando le donne a ‘scrivere’ il proprio corpo. Nella convinzione che la sessualità sia direttamente legata al modo in cui si comunica nella società, la sua feconda produzione narrativa affronta temi ricorrenti come l’origine, l’identità, la femminilità, i rapporti tra donne.
Anche nella scrittura teatrale ha portato la voce del corpo e la storia delle donne, riletto e rovesciato interpretazioni analitiche e miti.
Ha fatto parte, con Foucault e Deleuze, del Gip (Groupe d’Information sur les Prisons) un movimento d’azione che aveva come finalità la presa di parola delle detenute e dei detenuti e la mobilitazione di intellettuali implicati nel sistema carcerario.
Ha scritto diversi testi teatrali per il Théâtre du Soleil. Con Ariane Mnouchkine, la sua fondatrice, ha girato tutta la Francia tentando di inscenare pièces all’esterno delle prigioni, malgrado i blocchi ripetuti della polizia.
Ha ricevuto numerose lauree Honoris Causa in prestigiose Università degli Stati Uniti e Regno Unito.
Nel 2000, è stata costituita una collezione delle sue opere e manoscritti presso la Bibliothèque Nationale de France.
Dal 1974, un sabato al mese, tiene un celebre Seminario alla Maison Heinrich Heine. I suoi interventi sono stati recentemente pubblicati da Gallimard in un’opera dal titolo Lettres de fuite.
In termini filosofici appartengo a due specie che hanno esperienza della prigionia attraverso i millenni: in quanto ebrea e donna. Si tratta della tessitura della mia esistenza e la letteratura è stata ed è la chiave per uscire da questi stati di internamento.
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abatelunare · 3 years ago
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Convinzioni illusorie
La verità è che io mi sono creato delle convinzioni. E uniformo certi miei comportamenti in base a esse. Una di dette convinzioni è: in un film d’azione deve esserci azione, possibilmente fin dall’inizio. Non pretendo accadano sconquassi ogni tre secondi. Però un po’ di ritmo sarebbe richiesto, ecco. Non mi sembra sia chiedere l’impossibile oppure l’improbabile. The contractor, pellicola di quest’anno, è stata spacciata per film d’azione. La cadenza narrativa, però, è fiacca. Succede qualcosa - nulla di trascendentale: una sparatoria - dopo ben 43 minuti. Per vedere le cose muoversi nuovamente, tocca aspettare fino al minuto numero 61 A me sinceramente sembra pochino, su un’ora e 43 di pellicola. La storia non è che sia granché: un militare viene congedato da un nuovo comandante stronzo; siccome lui e la sua famiglia sono privi di soldi, accetta di finire in un’agenzia di mercenari. Gli affidano subito una missione. Una di quelle che all’inizio sembrano una cosa poi si rivelano essere ben altro. Inutile vada avanti. Si può ben immaginare dove andrei a parare. A me spiace, perché la presenza di Chris Pine (il nuovo comandante cinematografico dell’Enterprise) e Kiefer Sutherland potevano preludere a qualcosa di decente. Invece non preludono a un cazzo.
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scillame-skinofmysoul · 5 years ago
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PROGRESSO ETICAMENTE SOSTENIBILE
CONTRAPPASSO
Ad un tratto la vita si blocca ….Tutto si ferma. Ci rinchiudiamo in casa per sfuggire al Virus. Sembra quasi la pena del contrappasso afflitta da Dante nell’Inferno ai suoi dannati. Abbiamo vissuto le nostre vite pensando a noi stessi. Giorno dopo giorno, ci siamo assuefatti a vedere immagini di guerre, di paesi distrutti, di bambini affamati, di periferie luride, di uomini costretti, magari dietro l’angolo di casa nostra, a vivere stipati in baracche, di nuovi schiavi costretti a lavorare 12 ore al giorno per uno stipendio da fame senza che tutto questo ci distogliesse dai nostri programmi, dalla nostra comoda vita. Non erano i nostri bambini, non erano le nostre case, non era un nostro problema. La risposta della vita non si fa attendere: abbiamo lavorato per la nostra casa, per la nostra famiglia e la vita ci rinchiude nelle nostre case con la nostra famiglia e ci priva degli altri. Le nostre comode case sono diventate ampolle a prova di virus, ampolle asettiche e sterili, in tutti i sensi.
NORMALITÀ
Vogliamo tornare alla “normalità” ma non possiamo considerare normale il mondo di prima. Non è normale un mondo che lascia nelle mani di un bambino un Kalashnikov, un mondo sordo alla voce della coscienza, ciecamente ubbidiente solo alle richieste del profitto. Vogliamo e dobbiamo tornare ad una normalità che si rifaccia ad una norma più umana e che la pandemia ci ha mostrato diversa, una NORMALITÀ ETICAMENTE SOSTENIBILE. È normale un mondo in cui non esistono i miei problemi e i problemi degli altri ma i problemi nostri; è normale credere di poter fermare la corsa del progresso; è normale non voler rinunciare ad una carezza, ad un abbraccio vero; è normale pensare che andare a villeggiare sulla luna sia meno importante che giocare con gli altri sulla nostra Terra.
PROGRESSO ETICAMENTE SOSTENIBILE
Se è normale tutto questo allora crediamo in un progresso diverso, un progresso più umano, fatto dagli uomini per gli uomini, un progresso che sia anche sviluppo morale, come voleva Pasolini. Crediamo in un liberismo che non sia esasperatamente individualista. Se come dice Adam Smith, nella società liberista, “quando l’uomo agisce per il proprio interesse, è spinto da una mano invisibile a promuovere un fine che non era stato previsto dalle sue intenzioni: il bene dell’umanità intera”, io non posso trasformare gli altri in “carne da macello” per il mio profitto. Roosevelt, il Presidente degli Stati Uniti, in un discorso del 1932, in piena crisi economica, parlando dell’individualismo americano, affermava: “Io credo che i singoli dovrebbero avere intera libertà d’azione (. . . ) ma non credo che nel nome di quella parola sacra “individualismo”, un limitato numero di potenti interessi debbano avere il permesso di fare carne per il cannone industriale con la metà della popolazione degli Stati Uniti(….) Dobbiamo ritornare ai principi primi; dobbiamo far sì che l’individualismo americano sia ciò che si supponeva fosse: l’opportunità di lavoro e di successo offerta a tutti, il diritto di sfruttamento negato a chiunque”.
RESPONSABILITÀ
Riappropriamoci della nostra responsabilità. Essere responsabili significa rispondere di ciò che possiamo cambiare. Riappropriamoci di ciò che possiamo cambiare. Abbiamo sempre pensato di dover fare qualcosa di grande per poter cambiare le cose. Cambiamo prospettiva, pensiamo a qualcosa di piccolo ma che impegni le nostre vite nella quotidianità di ogni giorno, quando facciamo la spesa, quando cambiamo il nostro smartphone, quando ci affidiamo ad una banca. Anche una scatola di pomodori può fare la differenza. Acquistiamo solo prodotti capaci di garantire che dietro la loro produzione non ci sia lo sfruttamento di un uomo, non ci sia un caporale, non ci sia il disinteresse per l’ambiente. Pretendiamo che per il profitto economico delle industrie diventi rilevante la sostenibilità etica.
Non si sfruttano gli uomini o i bambini perché i nostri centri commerciali si rimpinguino di merce, non si uccide l’ambiente. Parliamo tanto di diritti dell’infanzia e mai come in questo periodo firmiamo Carte che elencano i diritti dei bambini, ma passiamo freneticamente da un cellulare ad un altro di ultima generazione senza pensare che in Congo centinaia di bambini abbandonano la scuola, lavorano come schiavi, sotto il controllo dell’esercito senza nessuna protezione per le mani e le vie respiratorie, per l’estrazione del coltan che serve per produrre i nostri cellulari. Si stima che per ogni chilo di coltan estratto muoiano due bambini. Perché ci rendiamo complici di questo? Spezziamo questa asocial catena! Diamo un messaggio chiaro all’economia ma anche alla finanza che consideriamo padrona assoluta e incontrollabile. È ora di finirla con le speculazioni finanziarie dove i soldi si inseguono per produrre altri soldi, senza saper né come né a che prezzo. Quali produzioni vengono sostenute dalle nostre banche? Quali traffici vengono alimentati? Pretendiamo aziende e banche al servizio dell’umanità, non sacrifichiamo l’umanità alle leggi dell’economia e della finanza.
LA NOSTRA STELLA POLARE
Lasciamoci ispirare da grandi ideali, volgiamo lo sguardo lontano, verso nobili orizzonti, non guardiamo sempre solo a terra, vicino al nostro orticello. Crediamo nella nostra democrazia, crediamo in un uomo che senta il bisogno prepotente di partecipare alla vita politica per il bene della casa comune. Perché dobbiamo rassegnarci ad un uomo massificato, inetto, incapace di giudicare e di capire? Crediamo in un uomo diverso. Non lasciamo che altri prendano decisioni che possiamo prendere solo insieme. È vero la politica, a volte, insegue i dati della scienza e la scienza non è democratica ma lo scienziato, nella società del futuro, deve essere un uomo democratico, un uomo che crede che la razionalità della scienza sia tale da poter dar conto di sé e persuadere anche i più “cretini”. Se come dice il fisico Carlo Rovelli “la realtà non è come ci appare”, lo scienziato per essere scopritore di nuove realtà non deve temere il confronto ma anzi deve accoglierlo come occasione di un dubbio fecondo.
Gli scienziati dovrebbero essere un esempio da seguire, per quello che dicono ma soprattutto per come lo dicono, perché capaci, più degli altri, di realizzare quell’ideale della ricerca associata tanto cara a Socrate, quell’unione amorosa tra anime che insegnano e apprendono, attratti unicamente dalla forza della verità. Crediamo, nel nostro futuro, che si possa essere liberi solo tra uomini liberi e che la libertà autentica sia solo plurale. Rafforziamo quella che Martha Nusbaum definisce “immaginazione narrativa”, la capacità di immaginarci nei panni di un'altra persona, di capire la sua storia personale, di intuire le sue emozioni, i suoi desideri e le sue speranze, per riconoscerci.
Crediamo nelle nostre radici perché come dice una canzone dei Sud Sound System, molto conosciuta tra i giovani del Sud: Se nu te scierri mai de le radici ca tieni Rispetti puru quiddre de li paisi luntani Crediamo nella giustizia sempre, comunque e ad ogni costo perché non possiamo più rimanere indifferenti a milioni di esseri umani esclusi dai nostri paradisi democratici, a popolazioni civili bombardate dalle nostre guerre combattute in difesa dei loro diritti. Battiamoci perché si affermi un diritto internazionale che ci permetta di superare il caos della legge del più forte, se non per il pungolo della nostra coscienza per l’evidenza della nostra ragione che oggi più che mai ha compreso come la legge del più forte non giova alla lunga neanche al più forte perché crea incertezza e precarietà e perché, come dice Hobbes, “il più debole ha forza sufficiente per uccidere il più forte”. Del resto, sappiamo bene che, a volte, basta un minuscolo virus.
Abbiamo scoperto, più che mai, in questi giorni, che per nostri figli la cosa più bella è stare insieme agli altri, nella stessa casa, sullo stesso campo di calcio, a lavoro, in strada, a piedi nudi sulla nuda terra, sulla sabbia del mare, sotto il sole. Allora facciamo in modo che, giorno dopo giorno, sentano il puzzo del compromesso e sappiano sempre da che parte stare, inseguendo quel “fresco profumo di libertà” che ci indicava il giudice Borsellino, sicuri che non possa esserci libertà per alcuno senza giustizia per tutti.
_ Ornella Bleve - Fonte LaPresse
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dilebe06 · 5 years ago
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Per festeggiare i drama visti quest’anno ho deciso di rispondere ad un quiz di 45 domande sulle serie tv, prendendo in esame solo i drama visionati in questo 2019.  
 Rewatch compresi.
Quindi: Meteor Garden, The Untamed, Secret Garden, Rich man poor woman, Designated Survivor 60 days, Strong Woman Do Bong Soon, Vagabond, Well Intended Love, You are beautiful, Shining Inheritance, Triad Princess.
1. Serie tv preferita: Designated Survivor 60 days
Non è stata una decisione facile perchè anche The Untamed e You Are Beautiful hanno una grande fetta del mio cuore.
Alla fine la scelta è ricaduta su questo drama per svariati motivi. 
Il primo è che ho voluto essere coerente con il voto alto che gli ho dato. 
In secondo luogo poichè abituata a serie asiatiche a mò di drammoni o commedie leggere, DS60D è stato un forte elemento di novità.  Capace di tenermi incollata allo schermo dall’inizio alla fine, mi ha regalato tantissimi spunti di riflessione, personaggi ambigui e complotti politici. 
Ha saputo mantenere alta la mia attenzione portandomi più volte a domandarmi “e adesso cosa accadrà?”  Tensioni, colpi di scena, attentati, un indagine da risolvere, depistaggi, doppiogiochi, il Segretario Cha... 
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 2.  Serie Tv che ti è piaciuta meno:  Well Intended Love
Personaggi con comportamenti incomprensibili, turbe mentali, scene a caso, villain caratterizzati in modo semplicistico. E poi rapimenti, gente drogata o ipnotizzata...
Questa serie è 50 sfumature di Grigio, senza sesso. 
Ma la cosa peggiore è sicuramente la sua brutta scrittura. Oltre che la sua ipocrisia: perchè Well Intended Love massacra An Ran per aver complottato nell’ottenere Ling e allo stesso tempo santifica il Protagonista che si è comportato nello stesso modo. 
Manco la coerenza narrativa oh. 
  3. Protagonista maschile preferito: You Are Beautiful
Questa è una bella lotta a tre tra il Presidente Park, Wei Wuxian e  Hwang Tae Kyung. 
Ognuno di loro in realtà merita di vincere, ma alla fine il mio voto va al Leader dei AN. JELL: Tae Kyung è obbiettivamente adorabile ed ho amato come nasconde il suo essere un tenerone dietro sguardi di fuoco e gesti brutali. 
Per una volta lascio vincere la leggerezza e voto con il cuore. Ho adorato come Tae Kyung si occupi e preoccupi per la protagonista come nell’operazione chirurgica a cui sottopone due peluche per ottenere il regalo perfetto. 
Ben caratterizzato ed approfondito psicologicamente. 
E poi è il più divertente di tutti. Le sue smorfie, espressioni, il modo in cui ti dice in faccia che odia il genere umano ma alla fine ha la pazienza di un santo, te lo fanno amare.
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 4. Protagonista femminile preferita: Vagabond
Buffa ma capace di essere seria e professionale. 
Hae Ri mi ha piacevolmente sorpresa per il suo carattere allegro ma anche compassionevole. La ragazza è determinata, di buon cuore, non si lagna in continuazione ed è spinta da grandi ideali. 
Forse le mancherà l’esperienza rispetto ai colleghi più anziani, ma l’impegno e l’ottimismo sono delle belle armi che me l’hanno fatta piacere subito. 
Inoltre è l’unica che riesce a far aprire Cha ed instaurare con lui un vero legame. 
 5.Miglior Coppia: Meteor Garden
Una coppia che ha affrontato un percorso molto travagliato ma che alla fine “dagli e dagli” ....ha vinto.  
Come Romeo e Giulietta ma senza morti hanno affrontato varie problematiche nella loro storia, uniti dall’amicizia con gli altri F4 e dal loro amore, più forte di tutto e tutti. 
Amore non ricambiato, diversità di status sociale, brutto carattere di Daoming Si, indecisione di Shancai, l’opposizione della madre di lui, la povertà, i ricatti, le mazzate... per raggiungere l’epicità ( e l’angst) con il loro ultimo appuntamento a Londra. 
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Credo che la cosa che ho maggiormente apprezzato sia la costruzione della loro storia e la maturazione che compiono mentre l’attraversano: Lenta, graduale e costante. 
6. Miglior Scena d’azione: Vagabond
Questo drama è tutto una “scena d’azione” ed in alcuni punti raggiunge quasi vette di incredulità. 
La scena d’azione che più mi è rimasta impressa è senza dubbio quella della prima puntata: l’inseguimento lunghissimo tra Cha e l’attentatore per il vicoli ed i tetti del Marocco. 
Questi due se le sono date di santa ragione per quasi 5 minuti e ho adorato ogni singolo fotogramma. 
La serie bilancia bene momenti più calmi e intriganti con altri più d’azione, dove le pallottole, i cappottamenti, bombe e proiettili si sprecano finchè persino il tuo cervello è coinvolto nella scena d’azione.
   7. Miglior momento comico: You Are beautiful
Solo la gif è un monumento a se stante.
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Va bene che in questo drama si ride praticamente in ogni episodio ma questa scena racchiude perfettamente l’apoteosi della comicità. XD
In questa scena Tae Kyung offre al pubblico una sua rivisitazione del Gladiatore...prima di essere inseguito da un maiale. LOL 
Ho riso assai.
 8. Miglior bacio: Strong Woman Do Bong Soon
Quello tra Min Min e Bong Bong sul pianoforte è stato davvero carino e simboleggia la consapevolezza della protagonista di essere innamorata di Ahn. Presentarsi a casa del Presidente in piena notte per dirgli che gli mancava...è stata una bella gioia. 
Sia per noi che per Min Min.
Avrei potuto mettere anche quello sulla spiaggia in realtà, ma questo mi da più l’idea di un simbolo per la loro storia: dopo che Min Min ha “perseguitato” la protagonista offrendole il suo amore, adesso è lei che si sente pronta davvero a ricevere e dare questo amore. 
9. Miglior Villain: Vagabond
Stronza e ambiziosa. 
Potentissima e molto intelligente ( mi ricorda Cersei di GOT) Jessica mette in piedi un piano molto complesso che coinvolge le più alte cariche dello Stato Coreano. 
Capace di portare dalla sua parte anche uomini di cui si narra l’onestà, come il ministro della Difesa, questa donna è terrificante. 
E per questo perfetta. 
Riesce grazie al suo potere mafioso, a capovolgere le situazioni più spinose - come le ragazze nella cella insieme a lei - ed è bellissima nella consapevolezza delle sue capacità.
 10. Miglior Ost: You Are beautiful
Qui questa serie ha gioco facile perchè YAB è un drama musicale e cosa ancora più “scandalosa” la voce di Jang Keun -Suk mette i brividi da quanto è bella. 
Still e Promise sono Ost da ascoltare e ballare a ripetizione URLANDO per dare sentimento alla canzone mentre Without Word è la canzone simbolo dell’intera serie. 
Va beh che Jang Keun Suk potrebbe cantarmi tutta la Bibbia e lo voterei a prescindere.
Da brividi poi, la canzone che Tae Kyung canta alla fine della serie.
  11. Miglior ambientazione/location: Rich Man Poor Woman
La Next Innovation con il suo muro dove scrivere pensieri e creare ricordi, ha avuto un grande impatto su di me. Questa idea di un azienda dove non si timbra il cartellino ma viene esaltata la creatività, porta il concetto di “lavoro” ad un altro livello. 
Quindi non è tanto la bellezza della Location ( altrimenti il Marocco di Vagabond o I Meandri delle Nuvole di Untamed avrebbero vinto a mani basse) ma il pensiero che c’è dietro.
  12. Miglior scena WTF?! : Well intended love
L’indimenticabile momento in cui Xia scopre di non aver mai rischiato di morire per la leucemia e chiedendo spiegazioni a quel caso umano del marito, Ling se ne esce fuori con la mia frase WTF di quest’anno:
“ eh si, mi dispiace di averti fatto credere di stare per morire di leucemia quando eri solamente anemica. Però da quando ci siamo sposati, ti ho sempre trattato bene, no? tutto risolto, giusto?” 
Oppure la scena dove la serie decide di annegare i problemi di Ling in un mare di diversivi per fare in modo che lo spettatore non ci pensi. 
Sono davvero troppi da inserire. 
 13. Personaggio più intelligente: The Untamed
Battaglia all’interno della stessa serie tra Nie Huaisang e Jin Guangyao. Sono entrambi intelligenti e fini manipolatori seppur con motivazioni diverse i Petyr Bealish e Varys della Cina
Do il mio voto al Clan Nie alla fine, perchè Meng Yao è stato fatto fuori proprio grazie a Huaisang che rimanendo e muovendo le fila nell’ombra si è rivelato un ottima eminenza grigia molto più intelligente del suo collega. 
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 14. Personaggio meno intelligente: Well intended love
An Ran e il suo complice si meritano il premio “ piani del caz..o” a mani basse. 
Ma che idea è quello di ipnotizzare Ling? 
Sicuramente è più intelligente di far super sbronzare Xia, mandare un messaggio anonimo a Chu per fargliela incontrare e successivamente invitare Ling ad assistere alla scena di sua moglie che ubriaca come una spugna, ci prova con Chu scambiandolo per Ling. 
Chu e Ling sono come fratelli.
Davvero non c’era nessun altro da far usare per far “ingelosire” Ling?
 Nessuno? 
E voi siete i villain? 
sicuri?!
15. Miglior Personaggio Comico: Strong Woman Do Bong Soon
Oh Dol-pyeo è obbiettivamente la mia drama queen del cuore. 
I suoi vestiti, i suoi urletti, le sue movenze ed espressività me lo hanno fatto amare alla follia. 
Epica la scena dove interrompe la cerimonia nunziale del suo amato urlando:-” NOOOOOOOO” e gettandogli i fiori addosso. 
Carismatico, irriverente, dispettoso, esigente..questo personaggio mi ha conquistata già nei primi due secondi di scena.
 16. Miglior Second Lead: Well intended love
Battaglia a tre: Ciccio di Triad Princess, Il Direttore Im di Secret Garden o Chu di Well Intended Love. 
Entrambi i ragazzi mi sono piaciuti sia come personaggi sia nelle relazioni con le loro controparti. Mi tocca andare ad esclusione: Ciccio lo scarto perchè bello, buono e innamorato quanto ti pare..ma era un pò troppo azzerbinato.
Rimangono SG e WIL. 
Siccome il protagonista di Secret Garden non mi era piaciuto ma almeno non era matto come Ling, do il mio voto a Chu. 
Nella speranza - illusoria - che il suo amore potesse salvare Xia da CapoMafia Ling. Ed inoltre perchè il suo rapporto con la protagonista era più sano e scritto meglio di  quello tra Xia e Ling. 
Daje Chu!
17. Miglior momento triste: The Untamed
Quanti pianti mi ha fatto fare questo drama! 
Ma se devo scegliere un solo singolo momento, penso alla scena di Jiang Cheng che prova il suo nuovo Nucleo d’oro senza sapere il prezzo che suo fratello ha dovuto pagare per darglielo.
La felicità sul volto del Capo Clan dei Jiang è dolce amara per lo spettatore che ha assistito al sacrificio di Wuxian. 
Ho pianto assai. Sopratutto perchè la relazione tra questi due fratelli è una delle più belle che io abbia mai visto. 
 18. Miglior finale: Secret Garden
Una delle cose più belle di Secret Garden oltre Oska e le Ost, è il finale. 
Serio, coerente e crudelmente realistico: la madre che non approva il matrimonio e per tre anni rifiuta di dare la sua benedizione è una cosa che ho enormemente apprezzato. 
Gil Ra Im e Kim Joo Won si amano, sono civilmente sposati e hanno tre figli ma non è una fine alla “mulino bianco style”: il rifiuto della mamma di Joo Won è una ferita aperta, cruda ma realistica.
19. Miglior Outfit: Designated Survivor 60 days
Premettendo che la moda asiatica mi lascia ogni volta stupita per l’impressione che gli attori si vestano al buio: taglie, colori, modelli, tessuti...tutto a casaccio, voto tutto lo staff della Casa Blu: uomo in giacca, cravatta e completo. 
Fine e pulito.
Mai una giacca fuori posto, una camicia sbottonata o una cravatta slacciata: la parola d’ordine è perfezione. 
  20. Miglior Bromance: Designated Survivor: 60 days
Ho rivisto il 12° episodio di Designated Survivor 60 Days 4 volte: qua viene definita la relazione tra il Presidente Park ed il Segretario Cha.
Bellissimo come il Presidente che è un uomo di scienza e dati decida di non ascoltare le formule che per tutta la vita hanno guidato le sue decisioni e da fiducia a Cha. 
Il Segretario a sua volta, sacrifica la sua carriera politica e le sue ambizioni perchè crede nelle capacità di Park di fare il Presidente. 
Un bellissimo rapporto fatto di alti e bassi, di fiducia reciproca, consigli e fedeltà.
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21. Personaggio più odiato: Shining Inheritance
La madre di Seung Mi è sicuramente un personaggio che ho odiato. Abbandonare il figlio disabile, tenere separata la famiglia, mentire alla figliastra..tutte azioni terrificanti che la donna compie senza avere nessun rimorso.
E questa è la parte peggiore: alla fine della serie quando tutto è perduto, la donna tenta il suicidio, ma  non lo fa per rammarico, ma perchè ha perso la battaglia. 
Come le dice il marito...non è umana. 
 22. Personaggio più amato: The Untamed
Jiang Cheng assolutamente. 
Ho seguito con emozione la sua storia, litigando con lui mentalmente quando se la prendeva con il fratello o riempiendomi d’orgoglio quando si sedeva nel “trono “ del Clan Jiang. 
L’ha amato per essere molto umano: incapace di vedere il dolore del fratello per la perdita della LORO famiglia, tenta di tenere insieme quello che ne rimane...ma fallisce. 
Lasciato da solo ad occuparsi di un nipotino orfano, passa 13 anni pieni di dolore e risentimento che non sa gestire e solo alla fine della serie capirà i suoi errori e ricomincerà piano piano a trovare la sua pace. 
Un personaggio che è un guazzabuglio di emozioni represse..non posso non amarlo.
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 23. Peggior finale: Shining Inheritance
Più che brutto...è insoddisfacente. 
Seung Mi e sua madre finiscono la serie in un paesino di campagna, belle e pacifiche. Non è soddisfacente perchè per tutte le malefatte che la matrigna ha combinato, mi aspettavo almeno un anno di galera. E un percorso terapeutico
Se il fatto che abbiano perso i soldi e l’amore di Hwan è la loro punizione..sinceramente mi aspettavo di più. 
24. Miglior Attore: The Untamed
Wang Yibo è stato un Lan Zhan perfetto. 
Ho trovato impressionante come abbia impersonato il suo personaggio semplicemente attraverso gli sguardi.
Il fatto che Wanji parli poco non implica la semplicità...anzi. Credo che sia ancora più difficile far passare un messaggio - come l’amore di Lan Zhan per Wuxian - usando solo lo sguardo. 
E Wang Yibo ce l’ha fatta. 
25. Miglior Attrice: Vagabond
Suzy mi è piaciuta tantissimo.
 Un attrice che è stata capace di farmi empatizzare tantissimo per il suo personaggio e mi ha saputo dare molte emozioni. 
Il suo attaccamento alla giustizia, il ruolo di suo padre, la sua relazione con Cha, l’impegno nel suo lavoro...Suzy è per me stata capace di dare vita ad un ottima Go Hae Ri.
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26. Miglior cast: The Untamed
Appena finii di vedere la serie mi partì un applauso mentale per l’intero cast.
Dai due protagonisti ai ragazzi che interpretano i discepoli: non ho mai provato la sensazione che stessero recitando, riuscendo a coinvolgermi nella storia. 
Dal personaggio più complesso come Yue Xang a quello più semplice di Wen Ning...l’intero cast è ottimo. 
Sopratutto e qui faccio i complimenti di nuovo, ai discepoli: nonostante la giovane età hanno interpretato egregiamente il loro ruolo. 
 27. Quale personaggio avresti voluto essere e quale non avresti voluto essere: Traid Princess e Designated Survivor 60 days
Avrei voluto essere Angie Ni in Triad Princess. 
Prima di tutto perchè è una figlia di un Capo mafia e non si vede spesso un ruolo così. 
Inoltre è un carattere forte e determinato: vuole seguire la sua strada a discapito del ruolo impostogli dal padre e non esita a “menar le mani”  contro chi fa del male alle persone. 
Non avrei voluto essere il Presidente Park in Designated Survivor.
Se c’è una cosa che ho imparato dopo due drama politici è che la politica non fa per me. 
Il dilemma del “fare cosa è meglio per il popolo”, i compromessi, le ambizioni sfrenate, i complotti e tradimenti non mi farebbero dormire la notte. Per dirne una “ la legge sulla discriminazione” con l’appoggio della regista: quanto è stato complicato decidere su quel frangente?
 28. Di quale serie vorresti un seguito: You Are beautiful
Molte delle serie che ho preso in esame hanno una seconda stagione in arrivo - SE NON MI FANNO LA SECONDA DI DESIGNATED SURVIVOR SBROCCO!!! - ergo non posso prenderle in considerazione.
Mi piacerebbe perciò un sequel di YAB anche se fatico a pensare di cosa potrebbe parlare. 
 29. Quale Ship ti è piaciuta di meno? Well Intended Love
Oddio in realtà anche la coppia Hyuga/Natsui di Rich man poor woman non mi ha fatto impazzire, ma almeno quello aveva una sua costruzione. 
Xia e Ling per me, sono stati artificiosi: si passa da una scena dove lei dorme appollaiata nel letto con lui accanto, a quella dopo, dove si svegliano abbracciati e che si baciano. WHAT?! 
Inoltre, tranne la litigata sulla finta malattia, questi due non hanno mai avuto contrasti. Mai. Una noia.
30. Una frase che ricordi o che ti è rimasta impressa? Designated Survivor 60 days
Segretario Cha: Lei si è intestardito a combattere a mani nude per paura di sporcare la sua spada di sangue.
31. La serie di cui faresti un rewatch adesso? Meteor Garden
Dopo Vagabond - che ha mandato in fumo il mio cervello - ho bisogno di un drama leggero per mettere la mia mente a riposo. 
Riguarderei Meteor Garden probabilmente perchè mi è piaciuto ed tanto tempo che non lo rivedo.
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32. I tre uomini e le tre donne più belle delle serie che hai visto? 
Come uomini scelgo Hwang Tae Kyung da YAB, il Segretario Cha da Designated Survivor 60 days e Daoming Si da Meteor Garden.
Per le donne, Go Hae-Ri da Vagabond, Wen Qinq da The Untamed e la fidanzata di Chu - non mi ricordo neanche il nome..pensa te - da Well Intended Love. 
33.  A quale personaggio assomigli? Vagabond
Mi rivedo un pò in Hwang Bo Ra, l’amica di Hae Ri di Vagabond. 
Come me si stupisce delle cose e ha reazioni esagerate. Credo di essere entusiasta come lei quando una cosa mi appassiona. Come lei cerco sempre di buttare le cose sulla battuta per sdrammatizzare.
34. Serie tv per riflettere? Designated Survivor 60 days
Avrei messo anche Vagabond o The Untamed, che offrono entrambi degli ottimi spunti di riflessione. 
Tuttavia credo che Designated Survivor ti lasci con più tematiche su cui pensare. O almeno argomenti che interessano a me. 
35. Peggior outfit? Secret Garden
Qui è come sparare sulla croce rossa: i vestiti degli F4 di Meteor Garden?
 i sandalini di Rich Man, Poor Woman? 
La giacca verde con colletto rosso e cravatta leopardata di YAB? ( molto Natale tra l’altro)
No. 
Voto i vestiti della madre del protagonista di Secret Garden. 
Quei vestitini che mi ricordano tanto quelli di Barbie Magie delle Feste Magico Natale...
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36. Peggior attrice? Rich Man Poor Woman
Ho avuto delle serie difficoltà con la protagonista di questo drama perchè non ho capito se il suo personaggio fosse stato scritto per essere così titubante e balbuziente o se fosse l’attrice a non piacermi affatto.
Mi ha dato un fastidio terribile questo personaggio e mi ha saputo trasmettere poco o nulla.
37. Peggior attore? Well Intedend Love
Ling è un personaggio con un buon potenziale. 
Tuttavia già la scrittura si è abbattuta su di lui superficializzando il suo personaggio. 
A questo si aggiunge il fatto che non mi ha fatto empatizzare mai per lui...per carità l’attore è molto bello. Ma per me non è riuscito ( o lui o la scrittura ) a rendere Ling un personaggio vero e pieno di complessi e traumi. 
38.  Qual è il tuo genere di serie tv preferito? 
Uno solo? ‘Azz! 
Va beh allora dico Fantasy. 
Se è pure storico tanto meglio.
39. Preferisci le storie fantastiche o realistiche? 
Preferisco quelle fantasy. 
Tuttavia deve essere realistica di contenuti: vanno bene i draghi, la magia e le creature strambe...ma la stroia deve avere delle regole realistiche. Così i personaggi.
40. Una coppia fittizia che non ha alcuna possibilità di concretizzarsi ma che tu shippi comunque? Secret Garden
Gil Ra Im e il Direttore della scuola. Lo so che ormai lei sta con Mister Tutina Scintillante...ma io continua a shippare questi due personaggi. 
Perchè per me erano perfetti uno per l’altro. Il Direttore rispettava e ammirava il lavoro di lei dandole consigli, valorizzandola e aiutandola in tutti i modi possibili. Allo stesso tempo Ra Im, si sentiva a suo agio con lui e teneva alla loro relazione. 
Peccato!
41. Una serie che, secondo te, merita di essere più conosciuta? Designated Survivor 60 days
Avrei detto anche The Untamed, ma lei sta già ottenendo ottimi risultati. - DRAMA DELL’ANNO 2019 - 
Quindi do il mio voto a quest’altra serie perchè l’ho trovata davvero buona e mi ha preso tantissimo. 
42. Se dovessi uscire con un personaggio di una serie tv chi sarebbe? Strong Woman Do Bong Soon
Min Min assolutamente. 
Mi divertirei un sacco e mi farei delle sonore risate. 
Adoro quest’uomo. 
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43. Se potessi far resuscitare un personaggio morto in una serie tv chi sarebbe? The Untamed
Tralasciando il fatto che in The Untamed è morta troppa gente a cui sono affezionata, direi Jin Zixuan,il papà di Jin Ling. 
La sua morte mi ha davvero lasciata intristita e sgomenta, sia per come è avvenuta sia per le conseguenze a cui ha portato. 
Sopratutto emotivamente per Jin Ling.
44. Se potessi eliminare un personaggio in una serie tv chi sarebbe? Well Intended Love 
Ling. Se potessi eliminerei lui. 
Non mi è mai piaciuto da primo episodio e durante la serie la sua ipocrisia e prepotenza mi ha fatto più volte venire voglia di mollargli un ceffone.
Grazie Chu per avergli tirato due cazzotti. 
45. Se potessi vivere con un personaggio di una serie tv chi sarebbe? You Are Beautiful
Probabilmente vorrei vivere con loro. 
Berrei il thè con Shin Woo e giocherei con Jeremy. 
Per poi andare a farmi quattro risate osservando le espressioni di Tae Kyung. 
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Mi sono divertita a fare questo test e taggo @veronica-nardi​ e @ili91-efp​ perchè sono curiosa di leggere le loro risposte. 
Ah... BUON NATALE! 
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albertomilazzo · 5 years ago
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Gli eroi al Tempo del Pipistrello
Mai come al tempo del Corona Virus, mi pare che siamo i nostri eroi. E gli eroi che ci siamo scelti sono a grande maggioranza gente d’azione, gente che macina fatti, che produce gesti, spesso eclatanti.
E allora in questo momento di forzata inazione ci sentiamo spersi. I nostri modelli ci sembrano incongrui, con i loro proclami, i loro muscoli, il loro ingegno, le loro armi.
E se proviamo a guardare a modelli d’inazione non li comprendiamo, perché li abbiamo frequentati poco negli ultimi millenni.
Incapaci di attendere, di fermarci, di lasciarci vivere, dobbiamo resuscitare il piccolo eroe che è in noi per sentirci ancora protagonisti e continuare nel solco della grande tradizione di gente che i fatti li fa.
Ed ecco che sembrano accadere due cose, nel tempo del vrus, una più antropica e l’altra più segno dei tempi.
La prima è che riempiamo gli spazi vuoti, fino a farli traboccare. Al vuoto, alla vertigine, al guardare in faccia il nulla, opponiamo specchi e azioni distraenti. Facciamo perfino cose mai fatte, non importa, basta fare, perché abbiamo imparato per millenni che solo chi fa esiste. Che sia cucinare o fare giardinaggio, leggere o fare sport indoor, poco cambia, ma che la giornata resti un calendario di cose fatte. È una droga, forse la più potente e insidiosa. Percepiamo un’ora in cui è successo poco, in cui abbiamo prodotto poco come un’ora sprecata.
Perfino il Papa dice approfittate di queste ore sospese. Che brutta parola “approfittare”, non vuol dire solo trarre profitto, cioè mercificare, oggettivare il tuo essere perché frutti, costantemente, ma approfittare è un verbo che ha anche echi da conquista, da colonialismo del proprio tempo, lasciare segni, lasciare presenze di sé, una furberia, una malizia.
Se, quando il tempo del virus sarà finito, ci guarderemo indietro e al posto di vedere un buco, una voragine, vedremo un pieno, la somma delle nostre azioni, vorrà dire che siamo stati bravi, che abbiamo vinto. Che abbiamo approfittato. Che una volta di più noi, come i nostri eroi, anche con le catene ai polsi, non ci fermeremo. Ma è davvero così?
La seconda reazione è meno legata alla nostra memoria evolutiva, al modello del “chi si ferma è perduto” o a quello ancora più antico del correre perché non abbiamo denti abbastanza grandi; ed è invece più espressione nostro tempo. Cioè stiamo imparando a spostare sempre di più la vita nel virtuale. Il tempo del virus non ci costringe necessariamente a ricorrere al virtuale, ma il nostro bisogno di azione e distrazione ci porta verso il mondo dello specchio di Alice, lì almeno qualcosa accade. Lì ho ancora la possibilità di fare, di dire, di incontrare, di emozionarmi.
Se quindi col primo movimento, l’antico richiamo all’azione dei nostri eroi, reagiamo per incapacità di vivere il vuoto, la sospensione, col secondo movimento, la fuga nella tecnologia, esprimiamo la nostra contemporaneità: siamo figli della tecnica, d’altronde, di questo lungo tempo tecnologico, come ci hanno insegnato i filosofi del Novecento.
Sappiamo che esiste una terza via. Ne siamo intessuti, ma ci spaventa. Esempi semplici sono le pause in musica, il respiro, il sonno. Sappiamo che un suono ha bisogno di silenzio perché possa esprimersi, ma tendiamo ad ascoltare blocchi compatti di note, in cui non c’è aria. Sappiamo che bisogna chiudere gli occhi e respirare profondamente, ma tendiamo a fare respiri brevi tutto il giorno. Sappiamo che il sonno è fuori dal nostro controllo, nel sonno ci abbandoniamo, e questo territorio non a caso nel Novecento è diventato materia di indagine, di nuova narrativa, di speculazione razionale, perché non possiamo tollerare che esista un tempo o un luogo in cui non stiamo dicendo nulla, non stiamo manifestandoci, non significhiamo.
Come affrontiamo i giorni della pausa, il tempo del pipistrello, come mi piace chiamarlo, ci dirà anche se siamo stati in grado di ascoltare.
Ho paura che ancora una volta li giudicheremo per quanto invece abbiamo prodotto. Ci diremo che anche in tempo di immobilità, la peste dell’inazione non ci ha colto. Possono aggredirci con il peggiore dei virus, ma noi siamo e restiamo Ulisse, Rambo, Achille, Sherazade, Casanova. Noi siamo la somma delle azioni di forza con cui abbiamo bucato la trama delle nostre ore. C’è un male sopra ogni male da cui siamo immuni ed è l’abbandono.
Lasciarsi penetrare dai fatti intorno, lasciare che entrino senza un moto violento di opposizione, lasciare che risuonino dentro di noi, concederci il tempo per ascoltare, per capire, per fare nostri quei fatti violenti là fuori, è l’esercizio più difficile.
Stendersi sul tappeto e ascoltare il silenzio senza credere che ci porterà alle follia, meditare sul numero di morti, trovare dentro di noi il nervo della compassione e sentirlo vibrare, lasciarci agire dallo sconforto, ci pare una violenza nella violenza. Ma è così?
Se questo tempo ci vieta di essere attivi, sociali e produttivi, piuttosto gli volteremo le spalle e grazie alla tecnica, saremo di nuovo attivi sociali e produttivi, nel regno del virtuale. Sia benedetta la tecnica che ci ha permesso di costruirci questo specchio iper-connesso nel quale poterci sempre riconoscere. Perché lo specchio del mondo reale, adesso, ci sta mostrando una immagine di noi che non ci piace, distorta. E allora il make-up dell’inter-faccia garantirà il miracolo. Se non posso essere ciò che ho deciso di essere nel mondo, sarò ancora me stesso nel virtuale. Sarò perfino la versione muscolare di me, potenziata: agirò piuttosto e mostrerò agli altri attori quanto sono attivo.
Sarà un momento ulteriore, cioè un momento in cui una volta di più e persino meglio abbiamo dimostrato a noi e agli altri chi siamo, non interrompendo mai quel flusso di identità che ci fa credere di essere ciò che siamo.
Quando Circe ferma Ulisse, il tempo dell’inazione, ci dice il poeta, trasforma gli eroi in porci. Nella caverna, come quella di un pipistrello, la maga immobile stava forse solo offrendo all’eroe dell’azione l’unico momento di vera valorialità: fermati e rifletti, lascia che le cose risuonino dentro di te, che quello che hai fatto diventi sensi possibili e non venga divorato da una ltro fatto, più eclatante del precedente; lascia che la pausa ti spezzi, lascia che il mistero della caverna raggiunga la tua polpa, fatti modificare, prova posture nuove, pensati diverso da ciò che sei. Ma no, tutto ciò che Ulisse sente è “diventa una bestia”, e fugge verso il suo piccolo mondo di azione. (A me l’episodio ricorda un rituale sciamanico, in cui l’uomo diventa il suo animale totemico, cioè di nuovo entra in connessione con un sé più profondo e meno ovvio, si comprende come un altro sé).
Ci siamo allattati al seno di Ulisse, abbiamo imparato come legarci al palo della nostra tecnica pur di non sentire le sirene dell’inazione, e alla sola idea di non dire, ci sentiamo già un po’ maiali, non uomini, grufolanti, insignificanti.
E se fosse invece proprio il tempo dell’insignificanza? Se fosse che dobbiamo comprendere quanto insignificanti possano essere le nostre azioni, le nostre piccole vite affannate?
Quanto insignificanti siamo in confronto alla vertigine di un sistema vita che esisteva miliardi di anni prima di noi e che esisterà in qualunque forma anche molto dopo che saremo passati?
Un Virus che venga da una caverna.
Con le Caverne abbiamo sviluppato da millenni un atteggiamento di sospetto. Un po’ perché da lì veniamo e la spinta evolutiva ci fa andare in direzione opposta al luogo delle nostre origini, ma perché nelle caverne in cui la luce e il suono fanno fatica a penetrare si annida i mistero. E allora nelel grotte abbiamo collocato il confine della nostra psiche e del nostro mondo spirituale. C’è una grotta che guarisce, quella di Lourdes, una grotta del Vampiro, quella di Dracula, una grotta per San Michele che sconfigge il diavolo (molte in verità), un elenco infinito e da palermitano non posso non ricordare la grotta in cui si esercita il culto della santa patrona, Rosalia. E se posso prendere il piccolo culto locale come esempio, il dato più rilevante della vicenda della Santuzza non è che guarisca dalla peste. Così come i miracoli di Gesù non sono se non il segno esteriore di un messaggio. Il dato è che – secondo tradizione – una ragazza abbia saputo vivere in una grotta. Anzi vivere la grotta. Scendere in una piega del continuo geografico e in una sacca del tempo lineare degli uomini per ascoltare l’altro.
Ora certo, ognuno di noi non è né un arcangelo, né una santa, né un eremita, né una apparizione miracolosa. Ma siamo tutti messi davanti la bocca di una caverna. Qualcuno diceva che a guardare a lungo il vuoto, si rischia che il vuoto prima o poi guaderà dentro di te.
Certo esiste un rischio, ma non è ugualmente un rischio aver già compreso tutto, derubricare il mistero di questi giorni a una lista della spesa di compitini ben eseguiti? Non è un rischio enorme anche avere già una strategia di gesti possibili per andare oltre? Non è un rischio guardare così avanti da non avere avuto il tempo di ascoltare il presente?
Siamo i nostri eroi. Quelli che ci guardano dalle collezioni dei grandi musei. Un quadro dietro l’altro, un capolavoro seguito da uno ancora più magistrale. Uno stordimento dei sensi, un treno di immagini davanti a cui passare. Ma come ogni collezionista sa, il rischio è non sostare più davanti ad un’opera perché ti penetri, ma possederne una serie per arginare la paura della tela, di quello squarcio di senso che l’opera apre davanti a noi.
Sappiamo qual è il prezzo dell’essere eroi. E siamo disposti a pagarlo. Ma se non abbiamo scelto di esserlo, se non abbiamo mai voluto esserlo, se non siamo disposti a fare narrativa significante di ogni nostro passo, se vogliamo tentare di ricomprendere la nostra piccola esistenza al di là del confine dell’azione, forse questo è il momento.
Se non siamo eroi, chissà se saremo finalmente uomini? Chissà che sarà essere uomini senza essere eroi.
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laciviltacattolica · 3 years ago
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CHAOS WALKING, UN NUOVO SPACE WESTERN Marco Piaia S.I. Chaos walking è un film a metà tra science fiction e western: navicelle spaziali ed esplorazione di nuovi mondi si mescolano con sparatorie e scene d’azione, in una gara di sopravvivenza. Distribuita da Amazon Prime Studios e coprodotta da Rai Cinema, questa pellicola ha, in realtà, molti limiti dovuti, soprattutto, ai troppi rimaneggiamenti: in particolare, la personalità dei protagonisti non è molto sviluppata e i personaggi secondari sono alquanto semplificati nella loro identità; il tutto all’interno di una trama che punta a uno svelamento progressivo per mantenere la suspence ma che, in fin dei conti, è piuttosto prevedibile. Tuttavia la storia affronta almeno tre temi importanti e cari alla narrativa cinematografica di questi ultimi anni. Perché partire senza sapere cosa troverai? Per sperare in qualcosa di meglio: è una delle frasi più significative del film e mette in luce la storia delle famiglie dei due protagonisti che li ha condotti in un mondo nuovo potenzialmente ricco e abitabile ma che, in realtà, si trasforma in un vero e proprio campo di battaglia. Questo tema è centrale nella narrativa della cultura statunitense, soprattutto ultimamente. Si sta infatti vivendo un revival in senso anti colonizzatore, proprio e non a caso in un periodo in cui le migrazioni aumentano, per cui i cittadini che un secolo fa erano loro stessi migranti tendono a difendere strenuamente una terra che rivendicano come propria (ma che loro stessi si sono accaparrati). I protagonisti fanno un percorso significativo arrivando a scoprire che, forse, i veri alieni sono proprio loro, siamo proprio noi. È strano non sapere cosa pensate voi donne: su Mondo Nuovo (il pianeta colonizzato) gli uomini sono affetti dal «rumore» che rende percepibili i loro pensieri, mentre le donne no. Questo mette evidentemente gli uomini in posizione di svantaggio: nella trama del film è palpabile questa costante tensione nella comunicazione tra i due sessi che non di rado sfocia in contrasti. In maniera fantascientifica, vengono dunque ripresi i problemi di disparità sollevati dal movimento #metoo e il lungo cammino verso una reale parità di genere. Il Rumore è il pensiero non filtrato e senza un filtro l’uomo è giusto: il rumore rende la narrazione quasi angosciante per questo continuo flusso di pensieri udibili all’esterno. Molte voci si mescolano in maniera continuativa e assordante, ed espongono costantemente i personaggi a insicurezze. Una metafora che potrebbe valere anche per il nostro mondo: teniamo molto alla privacy ma, in realtà, siamo sovraesposti e con la nostra comunicazione rendiamo manifesta la nostra interiorità. Gli Studios, insomma, si affidano una volta in più alla science fiction per affrontare dei problemi molto reali e importanti: nel passato come ora, «la favola insegna che…».
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pier-carlo-universe · 4 days ago
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Gli onori di casa di Alicia Giménez-Bartlett: Un Caso Internazionale per l’Ispettrice Petra Delicado. Recensione di Alessandria today
Un’indagine che attraversa confini e che mette alla prova l’acume e l’ironia della coppia Delicado-Garzón
Un’indagine che attraversa confini e che mette alla prova l’acume e l’ironia della coppia Delicado-Garzón Gli onori di casa è un romanzo della celebre scrittrice spagnola Alicia Giménez-Bartlett, pubblicato da Sellerio il 10 gennaio 2013. La storia ruota attorno all’ispettrice Petra Delicado e al suo fedele assistente Fermín Garzón, questa volta impegnati in una trasferta a Roma per riaprire un…
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levysoft · 4 years ago
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Il Marvel Cinematic Universe oggi è un mondo ipercinetico e variegato, capace di offrire ogni genere di avventura, dalla fantascienza con I Guardiani della Galassia allo spionaggio, come dimostrato dalla recente serie The Falcon & The Winter Soldier. Una simile struttura narrativa può permettersi queste divagazioni solo se poggia su solide fondamenta, che nel nostro caso sono le metalliche spalle di un’armatura rossa e dorata, indossata per la prima volta il 2 maggio 2008 da un playboy, miliardario, filantropo. L’ovvio riferimento è a Iron Man, primo capitolo delle avventure cinematografiche del Vendicatore Dorato di casa Marvel, oggi considerato come il primo passo del Marvel Cinematic Universe.
Con il senno di poi, è facile identificare in Iron Man un primo capitolo promettente per il nascente MCU, ma se ritornassimo al 2008, e fossimo un pizzico cinici, non potremmo fare a meno di chiederci quante possibilità potevano esserci con un attore dal grande talento stoltamente sprecato come Robert Downey Jr. e un personaggio non di primissima fascia della Casa delle Idee possano diventare la colonna portante di un progetto di così grande ambizione. Nonostante questo scetticismo, i Marvel Studios investirono su questa strana coppia, spinti da un’idea che da anni cercava di approdare al cinema.
Iron Man: dal fumetto al cinema
Fin dai primi anni ’90, infatti, in casa Marvel si voleva trasportare Iron Man nel mondo del cinema. Prima ancora di Blade, X-Men e Spider-Man, era il miliardario in armatura il personaggio designato a traghettare i fumetti Marvel sul grande schermo. All’epoca i cinecomic non erano ancora il Sacro Graal che veneriamo oggi, motivo per cui gli Universal Studios, che avevano acquistato i diritti del personaggio, miravano a realizzare un film dal budget contenuto, utile per tastare il terreno. Il successo del primo Batman l’anno precedente e la memoria del Superman di Donner era dei segnali incoraggianti, ma prima di investire su una grande produzione era meglio realizzare un progetto semplice ma efficace.
Il compito inizialmente su Stuart Gordon (Re-Animator, Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi), ma dopo una lunga traversia tra sceneggiature mai completate e complicazioni varie, si arriva al 1996, quando i diritti di Iron vengono acquistati dalla 20th Century Fox, un cambio che comporta anche un cambio di percezione sulla potenziale qualità del prodotto finale, tanto che due attori si propongono come interpreti: Nicholas Cage e Tom Cruise. Il primo è da sempre un appassionato di fumetti, già reduce da un fallito tentativo di trasposizione cinematografica di un comics, il famigerato Superman di Tim Burton. Cruise, invece, si sta avviando verso il suo ruolo di attore d’azione, ma il suo interesse venne preso maggiormente in considerazione, tanto che in una miniserie a fumetti del periodo, Extremis, Tony Stark venne ritratto con le sue fattezze.
La 20th Century iniziò a valutare seriamente di realizzare questo film, tanto da coinvolgere il creatore del personaggio, Stan Lee, come supporto per Jeff Vintar, incaricato di scrivere la sceneggiatura. I due idearono una storia da toni fantascientifici, identificando in MODOK l’antagonista; questa prima stesura convinse gli studios, che chiesero a Jeffrey Cane di limare alcuni dettagli in modo da arrivare a una versione finale, nello stesso periodo in cui si cercò di coinvolgere nel progetto Quentin Tarantino come regista. Nel frattempo, la 20th Century Fox aveva acquisito i diritti di altri personaggi della Casa della Idee, come Fantastici Quattro e X-Men, che vennero ritenuti più promettenti, una visione che spinse la major a cedere i diritti di Iron Man alla New Line Cinema.
Il rapporto tra la New Line Cinema e la Marvel aveva già dato vita al primo film dedicato a un personaggio della Casa delle Idee, Blade. Quando nel 2000 i diritti di Iron Man vennero rilevati dalla New Line, la casa di produzione aveva assunto un team di scrittori (Ted Ellito, Terry Rossio e Tim McCanlies), che non si era limitato a immaginare un film dedicato a Tony Stark, ma vedeva un potenziale in questa occasione: creare un universo di storie e personaggi. Tanto che si immaginarono camei di altre figure del Marvel Universe, come Nick Fury, di cui si iniziò a ipotizzare un film. Da queste prime idee, la sceneggiatura di Iron Man passò diverse fasi, che videro un primo cattivo nel Mandarino, in seguito accantonato per dare spazio a una trama in cui Howard Stark sarebbe divenuto un villain con il nome di War Machine. Allo stesso modo, vennero avvicinati diversi registi, tra cui Joss Whedon, ma anche in questo caso le titubanza fecero scorrere il tempo sino al 2004, quando il fallimento del progetto affidato a Nick Cassavettes, portò al momento in cui tutto cambiò: i diritti di Iron Man tornarono in mano a Marvel.
Iron Man e la nascita del Marvel Cinematic Universe
Nel 2005, in casa Marvel si era cominciato cambiare la percezione dello sfruttamento dei propri personaggi. Alcuni degli eroi più amati erano stati affidati grandi nomi, come 20th Century Fox e Sony, e i vertici di Marvel Studios decisero di seguire una strada differente: realizzare in autonomia le pellicole ispirate ai propri eroi. Iron Man venne identificato come il primo supereroe del Marvel Universe cinematografico, anche se questa scelta costrinse gli Studios a confrontarsi con una realtà inattesa: nessun professionista voleva avvicinarsi al progetto. I motivi, sostanzialmente, erano la scarsa fiducia nel fatto che il film sarebbe stata una produzione interna e che il personaggio era poco più di uno sconosciuto. Quest’ultima considerazione venne confermata da alcuni focus group organizzati da Marvel, che rivelarono come per la gente Iron Man era poco più di un robot. Era necessario, quindi, ribaltare questa immagine dell’alter ego di Tony Stark, compito che venne affidato a un nome oggi considerato uno dei grandi narratori della pop culture: Jon Favreau.
Favreau si era già avventurato nel mondo Marvel, avendo partecipato nel ruolo di Foggy Nelson in Daredevil (2003), occasione in cui aveva stretto amicizia con Avi Arad. I due erano intenzionati a realizzare un progetto assieme, e Iron Man divenne l’occasione giusta per provarci. Favreau aveva le idee chiare su come presentare Iron Man al pubblico, appellandosi alla sua umanità e intessendo una storia che avesse suggestioni da spy story, umanizzando il più possibile il personaggio.
Era necessario creare una origin story che mostrasse in modo chiaro Tony Stark sul piano umano, prima che su quello supereroistico. Favreau decise che il suo Iron Man sarebbe stato il riflesso dell’avvenuta consapevolezza di Tony Stark di come il mondo fosse diverso dalla sua percezione agevolata, costringendolo ad affrontare la verità nel modo più duro possibile. Per farlo, si riscrissero le origini del personaggio, attualizzandolo anche storicamente, ma cercando di preservare lo spirito autentico di Iron Man, avvalendosi della collaborazioni di nomi importanti della storia editoriale del Vendicatore (Mark Millar, Joe Quesada, Brian Michael Bendis).
Per il ruolo del protagonista, la prima scelta di Favrau era stata Sam Rockwell, che si dimostrò interessato al ruolo, ma a cambiare tutto fu un provino di un altro attore: Robert Downey Jr. Attore con un burrascoso passato di dipendenze e riabilitazione, Downey Jr. tra la seconda metà degli anni ’80 e i primi anni ’90 era considerato una delle grandi promesse del cinema, ma quando i suoi problemi con droga e alcol lo assalirono, la sua carriera parve finire. Graziato da una seconda occasione, grazie all’aiuto e alla fiducia di alcuni colleghi, Downey Jr,. tornò a recitare, dopo un lungo percorso di riabilitazione, all’inizio del nuovo millennio in film come Gothika, e Zodiac, ricordando a tutti le sue incredibili doti artistiche.
Durante la sua audizione per il ruolo di Tony Stark, l’attore non fece mistero della sua passione per il personaggio, ma a convincere Favreau fu un aspetto più intimo del personaggio:
“I momenti più alti e quelli più infimi dell’esistenza di Robert erano sotto gli occhi di tutti. Doveva trovare un equilibrio intimo per superare gli ostacoli che ne avevano rovinato la carriera. E questo era Tony Stark!”
La scelta di Robert Downey Jr. venne vista come una scommessa troppo rischiosa, ma Favreau non intendeva cedere su questa decisione. Per il regista, la vita drammatica di Downey Jr era una chiave emotiva vincente per dare uno spessore umano credibile al personaggio, che nei comics aveva attraversato momenti simili, come nel celebre arco narrativo di Il Demone nella bottiglia. Questa adamantina convinzione di Favreau alla fine ebbe la meglio, facendo ottenere a Robert Downey Jr. il ruolo che per dieci anni avrebbe riportato la sua carriera nell’olimpo di Hollywood, scalzando concorrenti del calibro di Timothy Oliphant, Rob Lowe, Clive Owen e Hugh Jackman.
Per il suo Tony Stark, Robert Downey Jr non si affidò solo alle sue esperienze personali, ma modellò il personaggio su Elon Musk, che per l’attore era un ideale Iron Man. La verve di RDJ, come è stato amichevole soprannominato l’interprete di Tony Stark, non tardò a manifestarsi sul set, divenendo un tratto essenziale del personaggio. Dato che quando le riprese iniziarono non era ancora stata terminata l’ultima revisione della sceneggiatura, Robert Downey Jr ne approfittò per improvvisare numerose battute e attribuire al suo personaggio alcuni vezzi che trovava divertente, contribuendo a creare una sinergia tra interprete e personaggio che è divenuta uno dei tratti più riconoscibili del suo lungo sodalizio con l’eroe di casa Marvel. Non stupisce quindi che la celebre scena in cui Tony Stark rivela a tutti la sua identità segreta sia stata improvvisata da Robert Downey Jr, cogliendo di sorpresa la troupe, ma rivelandosi come un risvolto emotivo accattivante per la trama del film.
Creare il mondo di Iron Man
Dopo aver deciso di non mostrare subito un villain storico del personaggio come il Mandarino, Favreau decise di cambiare totalmente approccio, preferendo creare un contesto narrativo ampio ma non totalmente svelato già nel primo film. Da questa idea nacquero i Dieci Anelli, presenza che sarebbe divenuta una costante dell’MCU, e concentrandosi su una minaccia più concreta e vicina alle avventure del personaggio. Venne quindi identificato come antagonista Obadiah Stane, che avrebbe affrontato Tony con una propria armatura, citando la run di Armor Wars.
Per realizzare le armature, ci si avvalse del maestro Stan Winston, che diede un tocco di personalità ad ogni armatura. Per la Mark I, costruita da Tony per fuggire dalla sua prigionia, il look venne definito ragionando in termini di recupero, considerato come questa prima armatura era funzionale alla fuga e a un attacco frontale. Diverso fu l’approccio per la realizzazione della Mark II, realizzando pensando alle line dei prototipi di velivoli sperimentali, e la Mark III, alla cui realizzazione partecipò anche il designatore Adi Granov, autore delle tavole della saga di Extremis, fonte di ispirazione del terzo film dedicato a Testa di Latta. Il lavoro di Stan Winston in Iron Man fu parte integrante nel dare al personaggio una definizione inziale delle sue armature, un’opera che ha un sapore dal retrogusto amaro, considerato che Winston, leggenda del cinema, si spense un mese dopo l’uscita del film nelle sale americane.
Io sono Iron Man
All’uscita nelle sale, Iron Man non si rivelò semplicemente una scommessa vinta, ma fu un vero e proprio fenomeno, che oggi possiamo rivedere a piacimento su Disney+. Ogni dubbio sull’avere affidato a un attore a rischio come Robert Downey Jr. un ruolo simile evaporò quando Tony Stark prese vita sullo schermo, presentandosi come una figura eclettica ma credibile, con i suoi drammi interiori, valorizzati dal suo percorso di evoluzione da fabbricante di morte a eroe. Sin da questa prima apparizione nel ruolo di Testa di Latta, Downey Jr ha creato una singolare sinergia con il suo alter ego che spesso ha spinto gli appassionati dove finisse l’uno e iniziasse l’altro.
Difficile oggi immaginare un Marvel Cineamtic Universe senza Tony Stark. Soprattutto, un Tony Stark diverso da quello offerto da Robert Downey Jr, che divenne subito parte integrante del nascente Marvel Cinematic Universe, figurando nella scena post credit del secondo film della saga, Hulk, uscito due mesi dopo Iron Man. Dopo dieci anni passati a indossare l’armatura del Vendicatore Dorato, dopo aver compiuto l’estremo sacrifico in Avengers: Endgame, questo legame che sembrava indissolubile tra attore e personaggio è arrivato al termine, tra lo sconforto dei fan e la necessità di un attore di liberarsi da quella che rischiava di diventare una maschera che ne offuscava la creatività e la bravura. Dieci anni di convivenza, un capitolo importante per una carriera e per una rivoluzione del mondo dell’entertainment quale è il Marvel Cinematic Universe, che son infine giunti a una conclusione, quando l’eroe e l’attore, in un tutt’uno, si sono accomiatati dal pubblico nello stesso modo con cui avevano avviato questa splendida amicizia, con tre semplice parole:
“Io sono Iron Man”
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pleaseanotherbook · 4 years ago
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A passo di saggio: una breve selezione degli ultimi saggi che ho letto
Abbiamo scavallato e siamo approdati al nuovo anno, sono piena di possibilità e spero di non ricadere di nuovo nel blocco del lettore. Sono sul divano di casa dei miei con Cecità di José Saramago al fianco e sono sicura che mi devasterà definitivamente. Ma mentre in sottofondo ho un pessimo film di Natale (quelli che mia madre chiama affettuosamente “panettoncini di Natale”) sto ripensando a tutti gli ultimi libri che ho letto e soprattutto a tutti i saggi che ho accumulato tra i libri finiti. Ho cercato di dar fondo alla pila di cartacei non letti affastellati sul mio tavolo (è una pila altissima, mi è anche caduta in testa recentemente).  Tra questi ce ne sono molti davvero interessanti e che mi hanno dato modo di approfondire diversi argomenti. Tra un bicchiere di prosecco e l’altro vi racconto di quattro saggi tutti diversissimi tra loro:
 Il vampiro nella letteratura italiana – Giuseppe Tardiola
Invisibili – Caroline Criado Perez
L'intelligenza delle api. Cosa possiamo imparare da loro – Randolf Menzel & Matthias Eckoldt
Breve storia della letteratura rosa - Patrizia Violi
Il vampiro nella letteratura italiana di Giuseppe Tardiola
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Praticamente del tutto ignorata dalla critica, la figura del vampiro può, al contrario, vantare una tradizione nazionale, narrativa e poetica, vivace e di primissimo ordine, per gli originali contenuti e le prestigiose ascendenze. Questa ricerca, la prima nel suo genere in Italia, da Emilio Praga a Italo Calvino, da Tarchetti a Furio Jesi, da Luigi Capuana ad Alberto Abruzzese, analizza compiutamente le ormai più che secolari vicende letterarie del vampiro italiano, e ne rivela le sue sorprendenti e sempre inattese metamorfosi.
Questo volumetto rosso l’ho trovato insieme ad Am de La Bella e il Cavaliere in una libreria di Via Saluzzo a Torino mentre aspettavamo le nostre amiche per un aperitivo. Tra altri volumi non proprio recentissimi spiccava anche questo saggio sulla figura del vampiro nella letteratura italiana. Un ritrovamento speciale soprattutto nella misura in cui non avevo proprio idea del fatto che in molti si siano cimentati in vampiri più o meno canonici. L’excursus non è particolarmente lungo ma abbastanza approfondito. Muove i passi dai vampiri romantici per eccellenza, quello di Polidori e quello di Bram Stoker tanto per fare dei nomi e analizza nella sostanza quelli italiani. Citandone anche alcuni passi. Ammetto che avevo comprato il volume perché avevo letto il nome di Italo Calvino nella quarta di copertina e meno male che avevo letto “Il castello dei destini incrociati” qualche settimana prima di incominciarne la lettura. Il vampiro è una di quelle figure fantastiche che fanno tantissima presa sulla mente del lettore ma siamo ormai estremamente deviati dalla rappresentazione della Meyer in Twilight, ma il vampiro ha molto da raccontare, è un intero universo in cui convergono la brama dell’immortalità, la bellezza e la giovinezza che lasciano i visi immutati, e il potere che arriva dal poter manipolare e illudere, la forza e la potenza, un insieme di caratteristiche invidiabili che hanno sempre attirato l’immaginario. Ed è veramente interessante vedere come anche i nostri connazionali si siano lasciati sedurre dal fascino dei vampiri.
Invisibili di Caroline Criado Perez
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In una società costruita a immagine e somiglianza degli uomini, metà della popolazione, quella femminile, viene sistematicamente ignorata. A testimoniarlo, la sconvolgente assenza di dati disponibili sui corpi, le abitudini e i bisogni femminili. Come nel caso degli smartphone, sviluppati in base alla misura delle mani degli uomini; o della temperatura media degli uffici, tarata sul metabolismo maschile; o della ricerca medica, che esclude le donne dai test «per amor di semplificazione». Partendo da questi casi sorprendenti ed esaminandone moltissimi altri, Caroline Criado Perez dà vita a un’indagine senza precedenti che ci mostra come il vuoto di dati di genere abbia creato un pregiudizio pervasivo e latente che ha un riverbero profondo, a volte perfino fatale, sulla vita delle donne. Perché nei bagni delle donne c'è sempre la coda e in quelli dei maschi no? Perché i medici spesso non sono in grado di diagnosticare in tempo un infarto in una donna? Perché, negli incidenti stradali, le donne rischiano di più degli uomini? Un libro rivoluzionario ed estremamente rivelatorio che vi farà vedere il mondo con altri occhi.
“Invisibili” è uno di quei libri che non puoi leggere senza provare emozioni forti, senza rimanere indifferenti. È uno schiaffo bello forte a tutte le nostre convinzioni, un saggio che dati alla mano, analizza la mancanza di dati di genere in moltissimi ambiti della nostra società, dalla salute all’edilizia, dalla topografia delle nostre città al mondo del lavoro, dal soddisfacimento delle necessità familiari alla gestione di intere comunità. Caroline Criado Perez è attentissima a ricostruire la falla nell’impianto che guida le scelte politiche e sociali di un mondo costruito a misura d’uomo, o per meglio dire a misura di maschio. Fa molta rabbia capire quanto decisioni apparentemente banali, non solo non tengono conto del punto di vista femminile, ma hanno ripercussioni ad amplissimo raggio. È uno di quei saggi che donano moltissima prospettiva su molti temi e può davvero scuotere le coscienze. È vero, sono rimasta sconvolta da quanto poco interessa il contributo delle donne in questioni che le riguardano da vicino, sono temi fondamentali non solo per la parità dei diritti, ma anche e soprattutto per il benessere di metà della popolazione mondiale. Quanto poco si pensa al lavoro di cura di cui le donne si fanno carico ogni giorno? Quanto poco si fa attenzione al fatto che il golden standard sia basato su un uomo di settanta kg sempre, per ogni tipo di equipaggiamento e strumentazione? E poi mi ha sconvolto sapere che anche in ambito medico, nella ricerca scientifica per nuovi farmaci e cure non si tenga conto delle differenze intrinseche e fondamentali dell’anatomia e fisiologia femminile e maschile. Mi ha lasciato esterrefatta rendermi conto ancora di più quanto possa fare la differenza tenere delle statistiche e tirare fuori dati sulla prospettiva femminile, basandosi sul semplice assunto che più dati abbiamo a disposizione, disaggregati per genere, più possiamo estrarre informazioni utili che possono cambiare il mondo, possono migliorare le condizioni di minoranze che quasi nessuno tiene in considerazione. Il nostro mondo deve essere a misura di tutti, non solo dei più forti. Un saggio illuminante e irrinunciabile che dovrebbe essere letto da tutti.
L'intelligenza delle api. Cosa possiamo imparare da loro di Randolf Menzel, Matthias Eckoldt
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Amiamo le api soprattutto perché producono il miele. Ma sono anche fra gli animali più importanti e più intelligenti del pianeta. Senza la loro attività di impollinatrici, in tutto il mondo ci sarebbero problemi per le risorse alimentari. Sono però in grado di fare di più: il loro minuscolo cervello pensa, pianifica, fa di conto e forse sogna. Le api possiedono, sorprendentemente, molte delle nostre capacità mentali. Come percepiscono i profumi e vedono i colori, come si forma la loro memoria, come apprendono regole e modelli, addirittura come riconoscono i volti, da dove derivano le loro conoscenze, che cosa sanno e come vengono prese le decisioni in quel superorganismo che è una popolazione di api: sono i grandi temi di questo particolarissimo libro. Randolf Menzel e Matthias Eckoldt parlano anche della moria delle api e del ruolo che questi insetti possono avere nel creare un sistema di allerta precoce contro gli effetti nocivi delle nostre tecnologie.
Chi mi conosce bene sa quanto sono fissata con le api, sono anni che ne sono affascinata e le voglio conoscere più a fondo. Quest’anno non sono mancati libri che le riguardano e la pietra miliare delle mie letture a tema è rappresentata da questo saggio. Erano mesi che lo puntavo e lo avevo in wishlist e finalmente sono riuscita a leggerlo. Si tratta di un saggio estremamente interessante sulla anatomia e fisiologia del cervello delle api, che analizza in maniera approfondita alcuni aspetti fondamentali dei loro organi di senso: olfatto e vista in maniera principali, ma anche tatto. Inoltre, analizza anche il funzionamento del loro apprendimento e della loro memoria. È un saggio molto tecnico, che da per scontate nozioni di zoologia e di fisiologia spinta (sapere come funziona un potenziale d’azione che permette i passaggi di impulsi elettrici nel cervello potrebbe aiutare nella comprensione) ma fornisce spunti molto interessanti. Che le api siano degli insetti estremamente intelligenti lo sapevo già, che siano capaci di tanto invece mi stupiva. Il loro modo di orientarsi, di apprendere, di crescere, di muoversi sono impressionanti ed estremamente complessi, così come la loro danza. Gli impollinatori tutti, non solo le api, sono fondamentali per il benessere del nostro ecosistema ed è fondamentale proteggerli. Sapere come funzionano può sicuramente aiutare nel proteggerli. E io sono super affascinata dal loro modo di gestire la colonia e loro stesse. Le api non sono mai solo dei singoli, fanno parte di un tutto, di una comunità che funziona con l’apporto informativo e materiale di tutte le api dalle bottinatrici alle esploratrici, dalle spazzine alle guardiane. Da uno scienziato che ha trascorso tutta la sua vita immerso nel mondo delle api, un approfondimento ricco e speciale su degli insetti che sono fondamentali per noi.
Breve storia della letteratura rosa di Patrizia Violi
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Avete mai letto un romanzo rosa? No? Probabilmente, invece, lo avete letto eccome, solo che non vi vien facile associare in un unico genere Pamela di Richardson e Liala, Jane Eyre e Twilight. Questo ci dice che il mondo del «rosa», nella sua storia e nelle sue differenti espressioni, è molto più complesso e profondo di quanto forse siamo abituati a pensare. L’autrice, in questo saggio piacevole e leggero, illustra con precisione elementi ricorrenti, evoluzione, nomi celebri e recenti sviluppi della letteratura di consumo più amata di sempre, e non certo soltanto dalle donne.
Anche in questo caso devo ringraziare Am de La Bella e il Cavaliere che mi ha prestato questo volumetto davvero molto breve ma incredibilmente denso. Se mi seguite da un po’ sapete bene quanto io ami i romance, quanti ne ho letti nel corso degli anni e quanto mi abbiano sempre affascinato. Leggere un romance per me vuol dire staccare il cervello, immergermi nelle vite di altri, e dimenticare per qualche ora le sventure della mia vita. È una catarsi a volte, è soprattutto una distrazione. “Breve storia della letteratura rosa” ovviamente fa qualcosa di diverso, dona una certa prospettiva al genere, districando i principali nodi che hanno portato all’evoluzione del genere. Già il titolo però mette in luce il principale difetto, essendo “breve” immancabilmente manca di approfondimenti, che in alcuni casi sono veramente essenziali. Ma per una panoramica per capire da dove iniziare ad affrontare il genere il saggio della Violi è perfetto, gli accenni che se ne fanno sono fondamentali: dalla casalinga di Borghera ai giorni nostri, i passi fondamentali toccati dalla Violi sono diversi, ma serve soprattutto per dare rispettabilità a questo genere sempre molto bistrattato. Non è solo “roba da donne” ma è un genere che ha moltissimo da offrire ad ogni tipo di lettore, e la Violi fornisce le basi per capire perché.
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ilsaggiatorepg · 7 years ago
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HOW TO: MCU
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Con il 2017 siamo finalmente entrati nel vivo della fase 3 del progetto decennale che Marvel Studios hain mente per l’MCU (Marvel Cinematic Universe). I più “nerd” di voi sanno già di cosa sto parlando, maandrò comunque a spiegare nel dettaglio cosa si inten-de con Marvel Cinematic Universe e come è statapianificata l’evoluzione del suo piano narrativo. Tutto nasce dalla volontà di Kevin Feige, presidente diMarvel Studios dal 2007: il produttore statunitense vo-leva portare sul grande schermo ciò che la casaeditrice di Stan Lee era riuscita a creare con i suoi albi a  fumetti:  un  universo  condiviso  con  storylines  che  si  incrociano  continuamente  e  team  di  supereroi  che  si  uniscono per combattere il supercattivo di turno. I pro-duttori, i dirigenti e gli sceneggiatori degli Studios pro-cedono  quindi  a  delineare  un  piano  d’azione  a  grandi  linee, realizzando una trama approssimativa che avreb-be potuto permettere modifiche in corso d’opera e che garantisce  uno  svolgimento  abbastanza  regolare  delle  vicende.  La  prima  sequenza  narrativa  che  decidono  di  affrontare è quella dei Vendicatori (gli Avengers), un gruppo di supereroi i cui principali esponenti sono Iron Man,  Capitan  America,  Hulk  e  Thor.  La  prima  fase,  quindi,  ci  presenta  i  quattro  protagonisti,  con  “Iron  Man”  1  e  2,  “L’Incredibile  Hulk”,  “Thor”  e  “Capitan  America:  Il  “Primo  Vendicatore”,  per  poi  concludersi  con  “The  Avengers”,  nel  quale  vediamo  riuniti  per  la  prima volta i nostri eroi per sconfiggere la minaccia di Loki e dei temibili Chitauri. La seconda fase vede ilproseguimento dei singoli franchise, con “Iron Man 3”, “Thor: The Dark World”, “Captain America: TheWinter Soldier”, e l’introduzione di nuovi personaggi con “Guardiani Della Galassia” e “Ant-Man”, per poiriprendere con la trama orizzontale dei Vendicatori in “Avengers: Age Of Ultron”. Questa fase delprogetto  serve  ad  arricchire  l’ambiente  narrativo  con  nuovi supereroi e nuovi villain, in preparazione aidue importanti eventi della fase 3: la “Guerra Civile” e la “Infinity War”. La prima, già intuibile dal secondo“Avengers”, tratta di un conflitto interno ai Vendicato-ri, in merito a un decreto riguardante i “superumani”(come gli Avengers), che ne prevede una registrazione come “armi di distruzione di massa”, dopo uncatastrofico incidente che è costato la vita a un gran nu-mero di civili. I nostri beniamini si dividono tracoloro che, come Iron Man, riconoscono la pericolosità dei propri simili e contribuiscono alla loro classificazio-ne  collaborando  con  le  Nazioni  Unite,  e  un  gruppo  di  eroi, rappresentato da CapitanAmerica,  che  considera  questa  nuova  normativa  una  lesione alla libertà individuale dei cittadini. Gli altrifilm della fase 3 usciti fino ad ora sono “Guardiani della Galassia vol.2”, “Thor: Ragnarok”, “DoctorStrange” e “Spiderman: Homecoming”. Tutti questi ti-toli sono fondamentali perché ci preparano allanuova saga dell’Infinity War, che vedrà riuniti, oltre ai nostri Avengers, anche i Guardiani della Galassia,Spiderman  (già  presente  in  “Civil  War”)  e  Doctor Strange, tutti uniti per fronteggiare la minaccia diThanos, signore della guerra intergalattica che ha come obiettivo la distruzione dell’universo. Tuttoquesto  lo  potremo  vedere  in  “Avengers:  Infinity  War Parte 1” nelle sale a partire dal 25 aprile 2018.Questo capitolo titanico, della durata di oltre due ore e mezza, segnerà la fine dell’arco narrativo iniziatocon “Iron Man” nel 2008 e, a detta di molti, ci separerà da almeno uno dei nostri beniamini. La fase 3continuerà  poi  con  “Ant-Man  And  The  Wasp”,  nelle sale americane dal 6 luglio 2018 e “Captain Marvel”,previsto  per  la  primavera  del  2019.  Entrambi  i  titoli  sono ambientati prima della Infinity War: “Ant-ManAnd  The  Wasp”  subito  dopo  la  Civil  War  e  “Captain Marvel” negli anni 90.
Matteo Pasciuti III A
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abatelunare · 4 years ago
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Minestre allungate
Lo si creda possibile o no, i film di Missing in action sono addirittura tre. Il primo lo conosciamo come Rombo di tuono, e non è malaccio. Ha una sua coerenza narrativa, diciamo. Il secondo è in realtà un prequel. E ci sta pure lui. Il terzo è il seguito del primo. Ed è francamente il più fiacco e inverosimile. L’invincibile colonnello Braddock è sposato con una vietnamita. Lui lascia il Vietnam credendola morta. Ma non è così. Ha addirittura avuto un pargolo da lui. Urge tornare in loco per portare in salvo entrambi ambedue. Non c’è nulla di nuovo in questa terza pellicola. Chuck Norris, qui diretto dal fratello Aaron, è sempre inespressivo. Del resto, il genere action non richiede grandi doti recitative ai suoi protagonisti. In più hanno voluto allungare la minestra. Che risulta abbastanza sciapa. Nonostante una certa dose d’azione. Ma ci pensate che il buon Chuck fu fortemente voluto da Bruce Lee per il suo film L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente? Scommetto che ci pensa ancora anche lui.
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torridiparole · 7 years ago
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Sviluppare un personaggio può essere così divertente che ci distraiamo, anche troppo. Ma va bene, e lascia che ti dica perché.
Scrivete liberamente. Se davvero ti piace sviluppare fino in fondo i personaggi e le relazioni, scrivile. No, sul serio. Scriviamo perché vogliamo scrivere, alla fin fine. Scrivi la storia che vuoi raccontare, non preoccuparti di cosa vorrebbero vedere o leggere gli altri. Scrivi una storia che ti piace raccontare, anche se è piena di scene filler. 
Permetterti di scrivere liberamente ti libera dalle limitazioni che il tuo giudice interiore vuole imporre su di te e sul tuo processo creativo. Ascoltare il giudice interiore diventa dannoso, faticoso, e ti manderà in ansia appena dovrai scrivere una sola parola. A quel punto, saprai che il giudice avrà cominciato a urlare: possiamo solo ascoltarlo fino a farci sanguinare le orecchie. 
Ma avere un giudice interiore in testa non è un male, finché tieni il volume a un livello che ti permette di creare senza avere paure. È un bene guardare il proprio lavoro con occhio critico, finché ciò non ti impedisce di raggiungere il tuo obiettivo. Quando quella vocina rabbiosa ci blocca, dobbiamo abbassare il volume.
Quindi, se ti piace tanto sviluppare i personaggi, ma vuoi anche scrivere una storia che fluisca rapida, ecco cosa dovresti fare mentre scrivi: 
Esplora i personaggi. A volte, compilare una scheda infinita di caratteristiche non basta. Spesso, ciò che ti metterà nella testa del personaggio sarà scriverlo, non fuori dalla storia, ma comunque nel contesto di una trama. I personaggi cominciano a svilupparsi già dalla prima pagina, quindi quelle righette che hai riempito fuori dalla storia non mostreranno dove si trova il personaggio all’entrata in scena. Scrivere scene che magari toglierai dalla revisione finale va benissimo, visto che comunque ti avranno aiutato ad esplorare il personaggio e descriverlo meglio nelle scene tenute. 
Cicli specifici. Allo stesso modo, ricorda che lo sviluppo di un personaggio è importante quanto lo sviluppo della trama. L’idea solita che si ha di “azione”, ossia botte e inseguimenti, non è la sola cosa che dà ritmo alla storia. Anche gli sviluppi dei personaggi possono avere stadi di tensione, incidenti, colpi di scena, e tutte quelle robe divertenti. 
Ricorda la trama. Quando la sviluppi, si sviluppano anche i personaggi. E quando si sviluppano i personaggi, si sviluppa la trama. Pensa a come questi sviluppi si intrecciano, a come collegare ciò che accade ai personaggi a ciò che accade nella trama. I passaggi migliori saranno quelli in cui la trama accade ai personaggi, o i personaggi accadono alla trama. 
Pensa al ritmo. Quante scene di sviluppo dei personaggi sono chiacchiere vuote e giochini, e quante sono tensione ed evoluzione attiva? C’è una bella differenza tra i personaggi che discutono di inanità della vita, e i personaggi che discutono di qualcosa dentro la trama, che costruiscono connessioni e svelano dettagli, che siano anche cosa pensano della situazione, e ciò è importante quanto una scena d’azione. Tante cose oltre all’azione regolano il ritmo, e a volte può essere anche solo un personaggio che prende decisioni. 
La prima bozza è prima per un motivo. Alla prima bozza, butti freccette e speri che prendano il centro. Ovviamente, non funziona così. Alcune freccette neppure toccano il bersaglio, specie se siamo alle nostre prime storie e il processo per noi è ancora nuovo. Qualche freccetta rimbalzerà. Qualcuna farà pochi punti. Qualcuna prenderà il muro, o un’altra freccetta. Fa tutto parte del processo. 
La perfezione è un nemico. Quando si scrive, si prova, e si sbaglia. Non aver paura di sbagliare. 
Revisiona per bene. Il che significa, ovviamente, trovare anche un buon approccio alla revisione, che funzioni per te. Quindi potrai aumentare un po’ il volume del giudice, per analizzare quali scene abbiano la giusta importanza e quali no. 
Quando produci un lavoro di narrativa, non ha senso spogliarlo. La trama non è l’unica cosa importante, dopotutto, e se scarti tutto il resto, avrai in mano uno scheletro senz’anima. Una trama. Non una storia. 
Il che però non significa che dovresti evitare di fare grandi rinnovamenti o riscritture. Per vedere quando stai “riempendo” troppo un personaggio, ricorda questo:
Elimina delle scene. Tagliale e incollale su un file separato, così non le perderai del tutto (intitolalo “scene eliminate”, magari ti riserviranno). Magari gli eventi di quella scena accadono comunque, anche se il lettore non li vede. A volte, un riassunto degli eventi fa il suo dovere, e in meno parole. Se invece c’è un evento che avviene o un’informazione importante che viene rivelata, che comunque non occupa una scena intera, potresti: 
Combinare delle scene. Può aiutarti far accadere tante cose in una scena sola, invece di fare tante scene ognuna con un evento di fulcro unico. Fai attenzione, però, perché non devi creare troppe “coincidenze di convenienza”, per cui i personaggi devono trovare una cosa nascostissima mai trovata da nessuno e, indovina, la trovano al pri9ma tentativo nella stessa scena. 
Taglia qualche passaggio. Se vedi dei tamponi in mezzo alle scene che sembrano superflui o strani, o che ritardano senza motivo la continuazione della storia, come nei casi delle riflessioni interiori dei personaggi, puoi tagliarli o riassumerli. 
Sfoltisci i dialoghi. A volte i personaggi si allontanano da noi e si lanciano in conversazioni inutili. Una madre che parla di piatti? Piatti inutili alla trama o allo sviluppo dei personaggi? Taglia o riassumi. 
Alla fin fine, avrai un’idea migliore di come sarà la tua storia dopo che l’avrai scritta. Dopo di che (dopo che l’avrai messa in cantina per un po’) avrai anche un’idea migliore di come fluisce, o persino di ciò che è, e potrai chiedere ai tuoi scrittoramici di leggerla e fare commenti. 
In breve, scrivi tutto. È importante nel processo scrittorio. Quando arrivi alla revisione, inforca la spada. 
Buona fortuna!
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luciamosca14 · 5 years ago
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Il film d'azione stasera in TV: "JACK REACHER - PUNTO DI NON RITORNO" martedì 11 febbraio 2020
Il film d’azione stasera in TV: “JACK REACHER – PUNTO DI NON RITORNO” martedì 11 febbraio 2020
Il film d’azione stasera in TV: “JACK REACHER – PUNTO DI NON RITORNO” martedì 11 febbraio 2020 alle 21:30 su TV 8
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Jack Reacher – Punto di non ritorno (Jack Reacher: Never Go Back) è un film del 2016 scritto e diretto da Edward Zwick con Tom Cruise e Cobie Smulders. Il protagonista Tom Cruise torna nei panni di Jack Reacher, celebre personaggio di narrativa creato da Lee Childe protagonista…
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italianaradio · 5 years ago
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Qual è la top 5 dei generi cinematografici più famosi al mondo?
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/qual-e-la-top-5-dei-generi-cinematografici-piu-famosi-al-mondo/
Qual è la top 5 dei generi cinematografici più famosi al mondo?
Qual è la top 5 dei generi cinematografici più famosi al mondo?
Qual è la top 5 dei generi cinematografici più famosi al mondo?
Mentre ci apprestiamo a chiudere un’altra stagione per quanto riguarda il cinema, il quesito lanciato dal cineasta statunitense Martin Scorsese, su che cos’è il cinema, ci offre una occasione ghiotta per compilare una personale classifica sui cinque principali generi cinematografici più famosi al mondo fino al 2019.
Facciamo una premessa d’obbligo: nonostante la popolarità e il successo planetario, abbiamo scelto solo i cinque generi più importanti, in termini di blasone, titoli, e importante per quanto concerne la settima arte.
Per questo motivo abbiamo effettuato una scelta di merito, privilegiando generi come la fantascienza e il cinema d’azione, a discapito di sottogeneri come il thriller e l’horror, che sono sempre più in voga, al pari dei cinecomics e della Space Opera, genere di cui ad esempio fa parte la saga di Star Wars.
In effetti ci siamo rifatti a un criterio di valutazione classico, che tende ad accorpare tutti questi sottogeneri, all’interno dei generi principali come l’azione, l’avventura, la fantascienza (classica e non) il dramma e naturalmente la commedia.
Avventura
Un film di avventura è un genere che tra le caratteristiche peculiari contiene al suo interno quelle di un mondo eroico dove si fondono al suo interno scene epiche di battaglie e di avventura.
Proprio per questo motivo in questa categoria di film gli elementi basilari sono quelli che riguardano l’intensità delle scene d’azione e i valori tradizionali della cavalleria.
Si tratta di un genere molto famoso, sia in passato che al presente, che al suo interno contiene un sottogenere che fu molto in voga durante il periodo della Hollywood classica: i cosiddetti film di cappa e spada.
Un esempio moderno di film d’avventura è quello della saga ideata da Steven Spielberg e George Lucas che hanno come protagonista il celebre personaggio di Indiana Jones.
La cui prima storia è stata portata sullo schermo con enorme successo nel film I predatori dell’arca perduta, diretto dallo stesso Spielberg nel 1981.
Film e genere che negli anni ottanta, grazie a innovazioni e saghe fortunate, è tornato in voga e persiste ancora oggi in pellicole come Jumanji – Benvenuti nella giungla o nella saga de La mummia con Brandan Fraser (1999).
Azione
I film d’azione tendono a presentare un eroe intraprendente che lotta contro probabilità incredibili, tra cui situazioni potenzialmente letali, un cattivo o un inseguimento che di solito si conclude con la vittoria dell’eroe.
Alcuni dei sottogeneri d’azione più popolari includono:
L’avventura d’azione, un esempio su tutti è rappresentato dal film pluripremiato Il Gladiatore, del cineasta britannico Ridley Scott,
La commedia d’azione, dove ricordiamo la famosa saga di Arma Letale, con la coppia di poliziotti composta dal formidabile duo: Mel Gibson/Danny Glover,
I film dedicati alle arti marziali, uno su tutti, I 3 dell’Operazione Drago con il leggendario Bruce Lee,
I film spionaggio come uno degli ultimi 007, Skyfall, interpretato dal britannico Daniel Craig, e infine
i film sul gioco d’azzardo; tra i quali ricordiamo alcuni classici come The Gambler, pellicola del 1974 diretta da Karel Reitz e interpretato da James Caan e Paul Sorvino; film che secondo il critico Toback è stata una delle più interessanti e belle sceneggiature del suo decennio, con Caan alle prese con un ruolo difficile su un insegnante di inglese newyorkese che conduce una doppia vita, tra la dipendenza dal gioco e la sua professione di docente.
Di questo film è stato realizzato un remake nel 2014 con Mark Wahlberg, riscritto per l’occasione dal premio Oscar William Monahan.
Altri film d’azione dedicati al gioco sono invece pellicole di culto come Rounders – il giocatore, del 1998, con un cast all stars dove spiccano Matt Damon, Edward Norton e un inarrivabile John Malkovich nel ruolo di KGB Teddy.
Tra gli appassionati del genere action, questa pellicola è un vero e proprio film di culto, sia per le sequenze di gioco, sia per la recitazione del terzetto Damon-Norton-Malkovich.
Commedia
Naturalmente il genere di film commedia, che pone l’accento su una struttura basata sull’umorismo, trae ispirazione dal teatro, che fonda le sue radici sui classici degli Antichi Greci, passando per l’epoca romana fino al teatro rinascimentale e a quello elisabettiano, quando William Shakespeare ripropone alcuni schemi classici, legati appunto agli standard della commedia.
Nel cinema, specialmente in quello statunitense e hollywoodiano, tale elemento risulta essere portante, specialmente per quanto riguarda la commedia di costume, la quale svolge un ruolo di derisione di difetti insiti nella natura umana. Tra i grandi autori bisogna citare almeno Billy Wilder, Ernst Lubitsch, Frank Capra e Howard Hawks.
Contemporaneamente nasce anche in Italia il genere detto appunto di commedia all’italiana, dove i grandi maestri come Monicelli, Risi, Germi, Steno e De Sica, per citarne alcuni dei maggiori, seppero dare lustro e visibilità alla commedia italiana, che di fatto contribuì a plasmare la cosiddetta commedia moderna, genere ancora oggi in voga, per quanto riguarda Hollywood e il cinema di cassetta.
Drammatico
Al pari della commedia, anche i film di genere drammatico, vanta una struttura e delle basi che si fondano sui classici stilemi dei drammi di epoche passate. Oggi il genere viene fuso in quello che tutti conoscono come cinema di genere emotional.
Così come per la commedia, anche il drammatico è un genere molto strutturato e basato su schemi classici, che possono essere elusi, oppure rispettati.
Tuttavia dovendo per forza darne una definizione concisa, si può sostenere che il film drammatico, per come lo si intende in Europa e nel Nord America è caratterizzato da toni seri e mai leggeri, salvo rare eccezioni, dove i sentimenti fungono da vero e proprio fulcro, per la struttura narrativa e tematica del plot.
I sentimenti devono quindi essere centrali e non far prevalere l’azione, l’intreccio o la burla. Altro elemento fondamentale, che ritroviamo poi in altri sottogeneri, è quello legato alle aspettative del pubblico, il quale tenderà a identificarsi e a sperimentare gli stati d’animo dei protagonisti sullo schermo.
Fantascienza
Erroneamente considerato un genere cinematografico moderno, in realtà la fantascienza, detta anche genere fantascientifico, fu uno degli elementi presenti fin dagli esordi della settima arte.
Non è un caso se uno dei primi film in assoluto che venne realizzato nel 1902, fu proprio quel Viaggio nella Luna del cineasta francese Georges Melies, considerato uno dei primi film di finzione in assoluto e sicuramente tra i dieci film più famosi di tutti i tempi. Il genere fantascientifico è senza dubbio uno dei più popolari e amati dal pubblico cinematografico.
Pur essendo considerato dai più come un genere commerciale, bisogna sottolineare come spesso cineasti di fama mondiale come Stanley Kubrick, Ridley Scott e il sovietico Andrej Tarkovskij, furono capaci di realizzare autentici capolavori, attraverso sperimentazione, sfide produttive e realizzative, che sono ancora oggi citate come esempi massimi dell’arte cinematografica mondiale.
Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Qual è la top 5 dei generi cinematografici più famosi al mondo?
Mentre ci apprestiamo a chiudere un’altra stagione per quanto riguarda il cinema, il quesito lanciato dal cineasta statunitense Martin Scorsese, su che cos’è il cinema, ci offre una occasione ghiotta per compilare una personale classifica sui cinque principali generi cinematografici più famosi al mondo fino al 2019. Facciamo una premessa d’obbligo: nonostante la popolarità e […]
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Redazione
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