#discrezionalità politica
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pier-carlo-universe · 4 months ago
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Renato Balduzzi: Migranti in Albania – Una Questione Giuridica, Non Politica
La riflessione di Renato Balduzzi sulla distinzione tra politica e diritto nella gestione dei migranti nelle strutture italiane in Albania.
La riflessione di Renato Balduzzi sulla distinzione tra politica e diritto nella gestione dei migranti nelle strutture italiane in Albania. In un editoriale pubblicato su Avvenire, Renato Balduzzi, giurista e politico italiano, affronta una questione di grande attualità: la mancata convalida, da parte del Tribunale di Roma, dei provvedimenti di trattenimento dei migranti nelle strutture…
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guidosaraceni · 8 months ago
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I reati prioritari
(Roma) – Ci siamo. Il governo sta preparando la lista dei reati prioritari, per limitare, gravemente e di fatto, la libertà e la discrezionalità dei PM. Bisognerà perseguire prima i furti, gli stupri, le rapine… Poi, con calma, se proprio resta tempo, la corruzione, la concussione e i reati contro la pubblica amministrazione. Questa classe politica si auto-assolve dei suoi peggiori reati,…
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rideretremando · 2 months ago
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"TRA CENSURA, REPRESSIONE E IMPRUDENZA: LA DIFFICILE RELAZIONE CON LA LIBERTA'.
Chi ha incarichi pubblici ha una relazione strabica con le libertà civili. Non si fida dei cittadini comuni. Li teme. Per ragioni ideologiche o per imprudenza, per una pulsione all’arbitrio o per decisioni poco sagge, chi amministra ha il ‘grilletto’ facile con la denuncia penale, la sospensione di stipendio, la cancellazione di decisioni prese. In tutti i casi, alza un polverone che confonde, non ci fa sentire sicuri. Non possiamo sentirci padroni delle nostre opinioni, quali che esse siano, se con coercizione o censorio paternalismo veniamo indotti a non fidarci del nostro giudizio. Reprimere, denunciare, depennare sono decisioni diverse, ma tutte con il sapore della diffidenza nei confronti dei cittadini e delle loro libertà civili.
Il caso piú noto di quest anno è quello di Christian Raimo, insegnante e scrittore, sospeso per alcuni mesi dall'insegnamento e in parte dallo stipendio per aver criticato il Ministro all'Istruzione e al Merito, Giuseppe Valditara (dal palco di una manifestazione politica, ha paragonato l’impatto del ministro sulla scuola pubblica alla “Morte nera di Star Wars"). Il commento dall'Ufficio Scolastico Regionale del Lazio è stato questo: le parole di Raimo non aiutano a fare una “critica costruttiva” e inoltre sono state “proferite da un docente” che dovrebbe “rappresentare un esempio di comportamento etico e civile per gli studenti”. Che cosa significa “critica costruttiva?” Chi la definisce? Il ruolo di un insegnante si estende al di fuori dell’insegnamento e dura 24 ore al giorno come quello di un poliziotto? La posizione di un insegnante di fronte allo Stato dipende da un giuramento di fedeltà e di obbedienza? Nella vaghezza si annida l’istigazione all’arbitrio.
Il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (riformato nel 2023) all’articolo 2 dice che “il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche offensive nei confronti dell’amministrazione o che possano nuocere al prestigio, al decoro o all’immagine dell’amministrazione di appartenenza o della pubblica amministrazione in generale.” Si intuisce come questa lista di termini aulici, “prestigio”, “decoro”, “immagine” (per giunta riferiti non solo all’amministrazione di appartenenza, ma a quella pubblica in generale) lasci largo spazio alla discrezionalità interpretativa.
La libertà di opinione è in bilico con una normativa pensata per ottenere piú facili interventi coercitivi. Nel nome della norma! Per cambiare la mentalità e il comportamento; per abituare ad associare la critica con l’opposizione; per fare di alcuni singoli un modello che veicoli timore e ci induca a starsene zitti e buoni; per educarci al conformismo; e per indurci a pensare che se lo dice la norma... Scriveva J.S. Mill nel 1859 che “legalizzando” le società pensano di aver finalmente vinto “il pericolo e l’onta delle persecuzioni”. Il liberticidio vellulato viaggia con i regolamenti.
L’incerta relazione con la libertà segue anche vie meno repressive ma sempre censorie, come la cancellazione del rapper Tony Effe dal programma del concerto di fine anno promosso dal Comune di Roma a causa della misogenia dei suoi testi. I responsabili dell’amministrazione capitolina si sono affidati ad agenzie per creare il programma del concertone. Ma spettava a loro vagliare i testi e decidere. E quel che han fatto dopo avrebbero dovuto farlo prima: non invitare, invece di cancellare. Mancanza di prudenza che tra l’altro ha dato ancor piú visibilità al rapper. Il moralismo non è un buon investimento, soprattutto se usato come toppa. E’ vero che il pubblico del concerno sarà composto di famiglie e quindi bambini, per cui quei testi sono poco adatti. Ha senso usare il paternalismo con i minori. Ma lo si adotti ex ante! Ci mettiamo il casco prima di salire in moto, non dopo un incidente. Poca professionalità e poca prudenza.
Alla fine, sarebbe stato preferibile sentire il rapper e poterlo fisciare; fare quel che Marco Capanna e i suoi amici fecero all’inaugurazione della stagione lirica alla Scala di Milano nel dicembre 1968: tirare uova marce. La libertà non deve fare paura. Lasciate che siamo noi a gestirla, a fare censura orizzontale con la nostra opinione, che è autorevole e molto temuta!"
Nadia Urbinati
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alephsblog · 3 months ago
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La reazione dei Cinquestelle, con una dichiarazione congiunta dei deputati e senatori delle Commissioni Giustizia , non si è fatta attendere: “Era tutto già scritto ed è un piano devastante ben congegnato. La separazione delle carriere […] risponde al disegno di vecchia data del centrodestra di indebolire la magistratura e togliere autonomia e indipendenza ai pubblici ministeri. […] Il governo Meloni getta così la maschera e srotola il suo piano completo per mettere la giustizia sotto il tallone della politica”.
La pensava diversamente, già molto tempo fa, un pubblico ministero che conosceva il suo mestiere:
“Un sistema accusatorio parte dal presupposto di un pubblico ministero che raccoglie e coordina gli elementi della prova da raggiungersi nel corso del dibattimento, dove egli rappresenta una parte in causa. Gli occorrono, quindi, esperienze, competenze, capacità, preparazione anche tecnica per perseguire l’obbiettivo. E nel dibattimento non deve avere nessun tipo di parentela col giudice e non essere, come invece oggi è, una specie di para-giudice. Il giudice, in questo quadro, si staglia come figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti. Contraddice tutto ciò il fatto che, avendo formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e pm siano, in realtà, indistinguibili gli uni dagli altri. Chi, come me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell’indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell’azione penale, desideroso di porre il pm sotto il controllo dell’Esecutivo. È veramente singolare che si voglia confondere la differenziazione dei ruoli e la specializzazione del pm con questioni istituzionali totalmente distinte. Gli esiti dei processi, a cominciare da quelli di mafia, celebrati col nuovo rito, senza una riforma dell’ordinamento, sono peraltro sotto gli occhi di tutti”. (Giovanni Falcone, intervista a Mario Pirani, Repubblica, 3 ottobre 1991).
Poscritto: “Nemo propheta acceptus est in patria sua” (Luca 4, 24).
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paoloferrario · 5 months ago
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La ripartizione della spesa nei servizi sociali e sociosanitari, in I Luoghi della Cura
Come viene suddivisa la spesa per il finanziamento dei servizi sociali e sociosanitari? Il tema è piuttosto complesso perché la suddivisione degli oneri dipende dalla tipologia dei servizi, dalle norme e dai regolamenti approvati dai diversi livelli di governo e dalla discrezionalità politica dei diversi enti locali. Franco Pesaresi affronta il tema focalizzando l’attenzione su tre prospettive:…
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giancarlonicoli · 1 year ago
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13 ott 2023 13:51
“IL GIUDICE NON DEVE CONDIVIDERE O MENO LE NORME, MA APPLICARLE” – IL SOTTOSEGRETARIO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO, ALFREDO MANTOVANO, RINFOCOLA LO SCONTRO TRA GOVERNO E MAGISTRATI E CRITICA LA GIUDICE DI CATANIA, IOLANDA APOSTOLICO, CHE HA DISATTESO IL DECRETO CUTRO SUI MIGRANTI: “NON COMPETE ALLE CORTI L'INVENZIONE DEL DIRITTO. COMPETE ESPRIMERSI IN NOME DEL POPOLO ITALIANO, NON IN VECE DEL POPOLO ITALIANO” – UN MESSAGGIO A NORDIO PER DARSI UNA MOSSA E AVVIARE UN’AZIONE DISCIPLINARE? -
++ MANTOVANO, GIUDICE NON DEVE CONDIVIDERE MA APPLICARE NORME ++
 (ANSA) - "Il parametro per il giudice non è la condivisione o non dei contenuti della norma che è chiamato ad applicare: a meno che non dubiti motivatamente della sua coerenza con la Costituzione. Non compete alle Corti né l'invenzione del diritto, né la teorizzazione della maggiore idoneità della procedura giudiziaria a comporre quei conflitti che richiedono esercizio di discrezionalità politica, né la sostituzione a organi nazionali o sovranazionali nel qualificare le relazioni fra gli Stati. Compete alle Corti esprimersi in nome del popolo italiano, non in vece del popolo italiano". Così il sottosegretario, Alfredo Mantovano a Palermo.
MANTOVANO, SCELTE LEGISLATORI PREMINENTI SU AZIONI GIUDICI
(ANSA) - -"Ritengo difficile lasciare fuori dalla porta le incomprensioni sorte tra esecutivo e le giurisdizioni, incomprensioni non nuove negli ultimi dieci anni avute da quasi tutti i governi. Non per enfatizzare le polemiche: significa provare a coglierne le cause e nella prospettiva di superare i conflitti che non fanno bene a nessuno, né a bene amministrare, né a rendere giustizia. È superfluo ricordare che la Costituzione pone le scelte del legislatore in una posizione di preminenza rispetto all'intervento giudiziario, con un solo fondamentale limite: la conformità alla stessa Carta, la cui verifica compete alla Consulta".
Così il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, nel suo intervento al convegno di studi della Corte dei Conti a Palermo, alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella.
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deathshallbenomore · 3 years ago
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Che ne pensi dei quesiti referendari sulla giustizia che sono stati approvati?
ALLORA ECCOCI
partiamo da una serie di premesse grandi come una casa, le quali forse hanno più valore di quanto dirò in merito ai quesiti
magari la mia opinione è un po' più studiata e conseguentemente "valida" di quella del signor beppe del bar giù all'angolo, ma comunque non sono lo spirito delle leggi (wink wink ai fan di montesquieu ;)) sceso in terra. corollario: non è che lavorare nel campo del diritto costituzionale (immagino sia per questo che mi arriva la domanda), e per di più all'inizissimo, sia garanzia di expertise su TUTTE le materie costituzionali. assolutamente no (anzi, diffidate, in qualsiasi situazione, da coloro che vi si parano davanti con risposte certe, facili e incontrovertibili). corollario del corollario: ok diritto costituzionale, ma qui si parla di giustizia e ordinamento giudiziario (+ qualcosina di penale), che non sono esattamente il mio pane quotidiano ecco
si tratta di materie complesse, che si collocano in un sistema a sua volta complesso, e quindi è difficile trovare una risposta univoca. non per fare la figura dell'eterna indecisa, ma una cosa è dire "cosa ne penso del quesito in sé?" e un'altra "cosa ne penso del quesito inquadrato nel contesto in cui la norma di partenza opera? e come funzionerebbe questo sistema in seguito a una eventuale abrogazione?". la confusione è alle porte, e mi rendo conto del fatto che a una certa si debba pur decidere (come votare o eventualmente non votare: è pur sempre una decisione). ma tant'è
si tratta anche di questioni tali per cui mi interrogo sull'opportunità di passare la palla, per faccende così tecniche, al corpo elettorale. non lo so, qui entra in gioco l'annosa questione relativa alla natura della sovranità popolare, ai suoi limiti, e alle circostanze in cui essa viene esercitata. elezioni? ocheissimo, sono proprio il succo della democrazia (costituzionale) rappresentativa. decisioni super tecniche su cui anche i tecnici si pongono dubbi e ragionano ad infinitum? mmm (mi prendo un'intera carriera per rifletterci, ok?)
passando ai quesiti, [riservandomi di leggere e informarmi ulteriormente da qui al momento del referendum, e quindi di uscirmene con altre considerazioni]. sono piuttosto scettica sull'abrogazione della legge severino , non mi convince l'idea di conferire al giudice la discrezionalità in virtù della quale escludere o meno il condannato dal pubblico ufficio. per quanto riguarda la custodia cautelare, qui si scende più che altro nel settore penale, di cui non sono esperta; sicuramente limitarne l'uso (e l'abuso) ha del positivo, ma non ho gli strumenti per fare delle considerazioni complete in materia. per i quesiti più strettamente legati alla magistratura (separazione delle carriere, candidatura al csm, consigli giudiziari), non sono nettamente in disaccordo a prescindere, ma, essendoci già in discussione un progetto di riforma più "organico", non mi esalta questa sovrapposizione - forse (?!) anche deliberatamente politicizzata - e mi convince maggiormente l'idea di una riforma più compatta, che non vada a cambiare un aspetto qui e uno là. ma mi pare una considerazione più politica che giuridica.
ad ogni modo, la mia è un'opinione che si ferma poco oltre la superficie: per esprimere un parere completo su ciascun quesito bisogna conoscere a fondo la legislazione su cui si andrebbe a intervenire, la ratio di ciascuna norma, e gli scenari che verrebbero a crearsi. di sicuro un post della domenica pomeriggio non basta, né è la sede adatta. vedremo poi quale sarà il destino di questo referendum, a fronte delle sovrapposizioni con la riforma cartabia e della necessità di raggiungere un quorum.
al di là della mia opinione, che vale ben poco, consiglio di informarsi bene e da fonti affidabili per arrivare con adeguata preparazione al momento del voto (questo e tutti quelli che seguiranno). se ne avete gli strumenti e i mezzi "intellettuali", consultate anche testi più scientifici (dico mezzi intellettuali perché, per ovvie ragioni, per comprendere un testo scientifico serve aver immagazzinato una serie di nozioni e termini. io, di fronte a un testo di fisica, sarei un'analfabeta. per dire eh). considerazioni mirate, no ragionamenti per partito preso o "di pancia" (esempio classico: aboliamo il numero di parlamentari? certo!11!! così smettono di rubare!!1!! > evitiamo), ecc., sono graditi
come sempre, più che rispondere alla domanda, mi sono buttata nella metodologia, ma del resto credo che avere un buon metodo per approcciarsi al dato x sia spesso più importante che sentire l'opinione della persona y xoxo
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abr · 3 years ago
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A Luciana Littizzetto andrebbe suggerita la visione del film Cadaveri Eccellenti di Francesco Rosi, trasposizione cinematografica de “Il Contesto” sciasciano. C’è in particolare una scena che racchiude l’essenza sia della pellicola che del romanzo. A un certo punto, il giudice Riches (Max von Sydow) spiega all’ispettore Rogas (Lino Ventura) la sua concezione mistica della giustizia: “L’errore giudiziario non esiste… quando il giudice celebra la legge è esattamente come il prete che dice la messa… ”. (...) È più o meno lo stesso concetto che ha espresso, seppure in maniera più semplicistica, la Littizzetto: non siamo mica dei Perry Mason, i quesiti sono complicati, la materia è delicata… meglio la tintarella del seggio elettorale.  (...)
I referendum (...) hanno come obiettivo quello di ristabilire una visione laica, tollerante (...) della giustizia.
La separazione delle funzioni
(...) Si tratta di introdurre un principio applicato nella gran parte dei sistemi giuridici occidentali: quello della distinzione tra chi sostiene l’accusa e chi deve assumere la decisione finale (...) per garantire l’effettiva applicazione di un principio giuridico fondamentale:  l’imparzialità e la terzietà di chi è chiamato a emettere il verdetto.
L’abuso della custodia cautelare
(I)l quesito teso a porre un freno alla custodia cautelare (...)  ha come obiettivo di riportare nell’alveo dell’extrema ratio un provvedimento limitativo della libertà personale (...) prima della condanna definitiva. (...) . Requisiti che lascino un minor margine di discrezionalità nella decisione (...). Senza considerare che i detenuti in attesa di giudizio affollano gli istituti di pena (...). E senza neppure considerare che quasi la metà di questi indagati/imputati poi viene prosciolta o riconosciuta innocente (...).
Una storia di errori- orrori
D’altronde (...) le cronache italiane sono zeppe di errori giudiziari. Per esempio, si potrebbe citare i(l caso) più clamoroso: Enzo Tortora, (che) osò sfidare i suoi stessi giudici: “Io sono innocente, spero con tutto il cuore che lo siate anche voi”. (...) (Tantissimi sono gli) esempi di vite distrutte, trascorse nella bolgia infernale di una cella in attesa della riabilitazione. (...)
Il cortocircuito mediatico-giudiziario
(...) (D)’altronde, la maggioranza dell’opinione pubblica, da Tangentopoli in poi, ha ribaltato il motto “meglio un colpevole libero che un innocente in carcere” nel suo esatto contrario. Con questa mentalità siamo scivolati nella più bieca demagogia (...).
Il populismo giudiziario della Legge Severino
(...) (N)el nostro ordinamento, esiste già come pena accessoria quella dell’interdizione dai pubblici uffici, una norma più razionale di quelle scritte sotto la spinta del populismo giudiziario di alcuni movimenti politici.
Le correnti nel Csm
(...) Obiettare che i quesiti sono “troppo tecnici” o di “difficile comprensione” (...) è l’apoteosi del qualunquismo  (...).
L’ultima occasione
(...) (S)iamo davanti a un bivio: questa è forse l’ultima occasione per riformare, seppure parzialmente, la macchina giudiziaria anche a fronte dell’inerzia parlamentare (...). (I)l buon esito del referendum rappresenterebbe una rivoluzione copernicana oltre che un’inversione di tendenza dopo decenni di giacobinismo. (...)
L’ingiustizia come regola
(...) Come sentenziò il giudice Salvemini, interpretato magistralmente da Alberto Sordi nel film Tutti dentro, al punto in cui siamo forse conviene accettare l’ingiustizia come regola e non più come eccezione. Sempre, a patto, che “almeno l’ingiustizia sia uguale per tutti”.
da https://www.nicolaporro.it/atlanticoquotidiano/quotidiano/politica/perche-votare-si-ristabilire-una-visione-voltairiana-della-giustizia/
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corallorosso · 3 years ago
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Lucano e Pinocchio di Giacomo Papi La condanna a 13 anni e 2 mesi di carcere dell’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano segna la fine dell’alleanza trentennale tra sinistra e magistratura in Italia. Da un punto di vista culturale e simbolico è una sentenza che traccia una linea tra il prima e il poi, e che mette fine a un’anomalia storica. Qualche giornale – “Libero”, “La Verità”, “Il Fatto”, “il manifesto”, o tutti insieme – non resisterà alla tentazione di titolare “Amaro Lucano” e per una volta il giochino di parole offrirà una sintesi veritiera nel descrivere il sentimento di amarezza misto a stupore che stanno provando molti a sinistra. Dopo trent’anni di alleanza oggettiva con il potere dello Stato che le indagini le autorizza e le sentenze le scrive – e dopo trent’anni di opposizione a chi da questo potere si difende e che questo potere contesta, indipendentemente dalle colpe e dai conflitti d’interesse – affermare che questa condanna è politica risulta purtroppo molto meno credibile. I fatti nella sostanza sono chiari. Basta avere seguito la vicenda, o anche solo leggerne il riassunto sul Post, per essere d’accordo sul fatto che a Riace la gestione dei migranti, dei loro sbarchi-permessi-affitti-documenti-lavori-matrimoni-amori è stata disinvolta, e che lo è stata probabilmente dall’inizio. Ma basta anche una conoscenza vaga degli anni di carcere decisi dai giudici in altri processi per affermare che 13 anni e due mesi per Lucano sono uno scandalo, una pena abnorme, incongrua rispetto alle condanne comminate per altri reati: rapine, rapimenti – il tesoriere dei rapitori di Cesare Casella prese 12 anni e quattro mesi – stupri singoli e di gruppo, traffico internazionale di stupefacenti, associazione mafiosa o terroristica, omicidi o stragi (per non parlare dell’evasione fiscale). Bastano per affermare, cioè, che la discrezionalità della magistratura nel tradurre in anni colpe e mancanze – una discrezionalità su cui ha un peso l’epoca storica, l’atmosfera politica e le circostanze minute – può trasformare di fatto la legge in politica, o in simpatia o antipatia personale, e retrocedere ancora una volta lo stato di diritto all’arbitrio di chi può esercitare un potere. Ma soprattutto: basta avere incontrato una volta Mimmo Lucano, e avergli parlato, averlo guardato, per avere la certezza che a muoverlo non è stata la ricchezza, la politica o la gloria, ma l’esaltazione di servire una legge più grande, quella dell’uguaglianza e del diritto alla dignità di ogni essere umano (legge che per fortuna in Italia è affermata dalla Costituzione). Quando l’ho conosciuto, per l’unica volta nella mia vita ho avuto la sensazione di trovarmi davanti a una specie di mistico fuori dal tempo e dalla storia – uno strampalato santo come potevano trovarsene nel Medioevo o in Palestina, sotto i romani – un uomo che, dopo avere sognato navi cariche di uomini e donne e bambini arrivare dal mare, se le è viste arrivare davvero, e si è dato da fare per chi sbarcava, si è fatto venire idee ed energie e se ne è innamorato, e in questa sua febbre fuori dal tempo e dalla politica, sapendo di agire per un bene più grande – bene in cui, comunque, è mischiata sempre anche la vanità personale – ha deciso di prendere una scorciatoia e poi due e poi dieci, fino a convincersi per metodo, urgenza e convenienza che le scorciatoie fossero l’unico modo per risolvere i problemi reali, per far funzionare lo Stato e per aiutare le persone. Non so se sia stato delirio di onnipotenza o pragmatismo. E so che la sensazione di trovarsi un santo davanti non è stata tranquillizzante né piacevole. So che la potenza simbolica di Lucano ripete quella di Antigone, che decide di seppellire il fratello contro la volontà della città, perché sa che la legge della sepoltura, quindi della pietà, è sempre più alta della legge storica degli uomini. Per fortuna ci sarà un appello: trasgredire la legge per idealismo non può essere un’attenuante, ma neppure un’aggravante. La storia tristissima di Mimmo Lucano dice lo stesso: racconta che le leggi degli uomini sono necessariamente approssimative, sempre imperfette e a volte ipocrite, e che i giudici non sono divinità a cui aggrapparsi, o armi da usare per abbattere gli avversari. Sono esseri umani pieni di interessi e passioni, miserie e grandezze, che maneggiano leggi in conflitto tra loro, decretano quantità discrezionali, e modellano principi in base all’interesse o a fattori momentanei. Davanti alla giustizia tutti assomigliamo a Pinocchio davanti al giudice gorilla, che risponde alla denuncia del burattino con queste parole: “Quel povero diavolo è stato derubato di quattro monete d’oro: pigliatelo dunque e mettetelo subito in prigione”. Ma a un certo punto la sinistra lo ha dimenticato. Con la condanna di Mimmo Lucano l’alleanza storica tra sinistra e magistratura italiana si scontra, finalmente, contro la sua colpa più grave: l’avere accettato per pigrizia e convenienza politica che i giudici, basandosi sui codici, possano esaurire e ridurre in sentenze (e anni di galera) il dolore, le umiliazioni, le passioni, le avidità, i narcisismi, le mancanze inevitabili, ma anche le generosità con cui gli esseri umani abitano il mondo. La colpa più grave della sinistra – che in Italia, per cinquant’anni ha detenuto la cosiddetta egemonia culturale – è avere affidato ai magistrati, facendo girotondi, non soltanto la politica, ma anche la morale, cioè la possibilità di decidere chi sono i buoni e i cattivi.
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crazy-so-na-sega · 4 years ago
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Caccia alle streghe: le corporazioni-stato, al servizio dell’ideologia progressista, censurano quel che sa di “destra”
Big Tech ha ceduto alle pressioni della parte politica cui si sente più affine per diventare il braccio esecutivo della censura che i governi non possono attuare direttamente: tutto quello che sa di “destra” diventa automaticamente passibile di riprovazione, assimilabile all’eversione sotto le etichette ormai inflazionate di “fascismo” e “hate speech”, mentre dominano quasi indisturbati apologeti di regimi anti-democratici e anti-occidentali, fanatismi religiosi e terzomondismi. La sgradevole sensazione è che il contenitore onnicomprensivo dell’hate speech altro non sia, a questo punto della storia, che l’ultima e più sofisticata formula di soppressione delle opinioni non omologate, un’etichetta che chi mantiene il controllo del discorso pubblico si riserva di applicare a piacimento a chiunque pensi in modo differente…
Sulla vicenda Trump-Twitter (ma anche Facebook-Instagram, Snapchat, TikTok) si delineano essenzialmente tre posizioni relativiste o giustificazioniste. La prima: non è un problema di censura ma di ordine pubblico; la seconda: si tratta di un caso eccezionale, da cui non si può estrapolare una lezione generale; la terza: non possiamo metterci a sindacare i criteri con cui un operatore privato decide di escludere o ammettere i suoi utenti e la selettività del criterio non inficia le ragioni di fondo (le ultime due sono strettamente collegate, vedremo fra poco perché). Forse ce ne sono anche altre ma queste mi sembrano le più frequenti e rilevanti.
Per quanto sembri incredibile, c’è chi continua a pensare che il fatto che Zuckerberg o Dorsey tolgano la parola al presidente in carica degli Stati Uniti (loro non eletti da nessuno, lui sì) sia un problema che riguarda solo le parti in causa. Purtroppo le cose sono un po’ più complicate di così. Chi si richiama a ragioni di ordine pubblico dopo l’assalto al Campidoglio dimentica che la guerra di Twitter (per comodità mi riferisco solo a questa piattaforma) al presidente non comincia il 6 gennaio 2021. La sospensione dell’account è solo l’atto finale di una serie di avvertimenti e procedure di infrazione che hanno costellato la maggior parte delle esternazioni presidenziali negli ultimi mesi. Quando Twitter, che – ricordiamolo – è ancora ufficialmente uno spazio pubblico di diffusione di contenuti e non un editore degli stessi, decide che esiste un “rischio di incitazione alla violenza” e per questo chiude il canale presidenziale, rinuncia implicitamente alla garanzia della sezione 230 del Communications Decency Act che la esonera da responsabilità per i contenuti di soggetti terzi.
Il criterio di Twitter diventa allora politico e va valutato come tale: se, come sostengono i difensori della censura presidenziale, la piattaforma aveva il diritto di “proteggersi” dalle conseguenze di un presunto tentativo insurrezionale orchestrato attraverso le sue pagine, sarà difficile non ritenere la piattaforma responsabile di tutti i contenuti potenzialmente nocivi che non vengano rimossi. Il richiamo all’ordine pubblico si rivela quindi una trappola, non solo per l’utenza ma anche per la stessa piattaforma, a meno di non voler ritenere che solo alcuni tipi di esternazioni siano suscettibili di alterarlo e non altri.
Il che ci porta direttamente al secondo e al terzo punto: ideologia e discrezionalità. Aleksei Navalny, in un thread semplice ma pedagogico sul caso Trump, ha fatto sapere di considerare la decisione di sospendere l’account il risultato di “emozioni e preferenze politiche personali”, aggiungendo che, fatta salva la differenza fra censura di Stato e scelte di soggetti privati, esistono “molti esempi in Russia e in Cina di società private che sono diventate le migliori alleate dell’apparato statale in materia di censura”. È significativo, al riguardo, che proprio mentre infuriava la polemica, il South China Morning Post di Hong Kong informasse dell’aggiornamento delle procedure previste dal Partito Comunista Cinese per il controllo di Internet e la “lotta alle fake news”. Sostituite fake news con hate speech e il concetto risulterà subito più chiaro.
No, quello di Trump non è un caso eccezionale, ma solo il più clamoroso di una tendenza presente da tempo nei mezzi di comunicazione tradizionali, all’interno del mondo accademico e ormai predominante a livello di opinione pubblica occidentale, di cui Silicon Valley si è fatta braccio  esecutivo: una lettura della realtà conforme ai criteri di un supposto progressismo che indica non solo quel che si può dire e quel che è conveniente tacere ma soprattutto chi può esprimersi in un certo modo e chi non è autorizzato a farlo.
Non si tratta ovviamente di permettere a terroristi o bande armate di proclamare l’insurrezione attraverso la rete – siamo perfettamente in grado di percepire la differenza fra libertà di espressione e apologia della violenza – ma delle conseguenze a cascata di proibire certi tipi di discorsi e di salvarne altri: mentre tutto quello che sa di “destra” diventa automaticamente passibile di riprovazione, assimilabile all’eversione sotto le etichette ormai inflazionate di “fascismo” e “hate speech”, dominano il discorso pubblico quasi indisturbati apologeti di regimi anti-democratici e anti-occidentali, fanatismi religiosi di Stato e terzomondismi bolivariani approvati dall’establishment.
Non vale affermare che il compito delle democrazie liberali è quello di salvaguardare gli strumenti che favoriscono la libertà d’espressione dall’interferenza dell’autocrate di turno se contemporaneamente viene permesso agli autocrati di turno di usare Twitter praticamente senza interferenze. Non è benaltrismo far notare che, mentre si ci si dimostra implacabili con le intemperanze verbali di un presidente Usa chiaramente finito dal punto di vista politico, non si reagisce di fronte a un capo di Stato nel pieno esercizio delle proprie funzioni che nega l’Olocausto o incita alla distruzione di Israele, o a una rappresentanza diplomatica di una superpotenza dittatoriale che esalta le politiche di sterilizzazione forzata della popolazione uigura. È proprio su questi aspetti, invece, che si gioca la credibilità di chi pretende di agire in difesa dei valori democratici, assumendosi senza esserne stato richiesto un incarico così gravoso e controverso come quello di limitare la libertà d’espressione a seconda delle circostanze.
Ammesso e non concesso che si possa e si debba bandire dal dibattito pubblico l’hate speech, resta il fondamentale e probabilmente irrisolvibile problema della sua definizione: chi decide cosa sia discorso d’odio e in base a quali criteri? Jack Dorsey, Mark Zuckerberg, un gruppo di moderatori che filtrano le conversazioni dall’altra parte del pianeta o i solerti compilatori delle liste di proscrizione contro l’estrema destra? In base a quale principio il contestare la regolarità di un’elezione diventa automaticamente fake news mentre il definire i votanti di Trump come bifolchi esponenti di una sottocultura da debellare è solo la libera espressione di un’opinione politica?
Questioni troppo grandi per essere lasciate all’arbitrio e all’improvvisazione di corporazioni-stato al servizio dell’ideologia dominante o in grado di condizionarla. Questioni che, in assenza di risposte convincenti, non possono che confermare la sgradevole sensazione che il contenitore onnicomprensivo dell’hate speech altro non sia, a questo punto della storia, che l’ultima e più sofisticata formula di soppressione delle opinioni non omologate, un’etichetta che chi mantiene l’iniziativa si riserva di applicare a piacimento a chiunque pensi in modo differente. Questioni, infine, che suggerirebbero di astenersi prudentemente dal promuovere o dall’approvare qualsiasi limitazione della libertà di espressione che non sia contemplata dalla legislazione vigente che, anche nelle democrazie liberali, si incarica già di isolare determinate fattispecie di reato (apologia del terrorismo, sedizione, incitazione alla rivolta,  minacce e così via secondo i rispettivi codici penali e le rispettive costituzioni) in base al salutare e fondamentale principio secondo cui tutto ciò che non è espressamente sanzionato dev’essere consentito.
In fondo quel che più sconcerta di tutta questa vicenda è la facilità con cui anche chi non esita a definirsi democratico e liberale ha accettato di delegare la ridefinizione di concetti essenziali della nostra tradizione politica a chi non ha né la capacità, né la legittimazione, e alla fine forse neppure l’interesse a farlo.
di Enzo Reale, in Media, Politica, Quotidiano, del 12 Gen 2021
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.... “Questioni, infine, che suggerirebbero di astenersi prudentemente dal promuovere o dall’approvare qualsiasi limitazione della libertà di espressione che non sia contemplata dalla legislazione vigente che, anche nelle democrazie liberali, si incarica già di isolare determinate fattispecie di reato (apologia del terrorismo, sedizione, incitazione alla rivolta,  minacce e così via secondo i rispettivi codici penali e le rispettive costituzioni) in base al salutare e fondamentale principio secondo cui tutto ciò che non è espressamente sanzionato dev’essere consentito”....
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paoloxl · 5 years ago
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Da tempo immemore a sinistra si creano degli alibi per giustificare scelte errate e fallimentari. La colpa è sempre degli altri o di chi ha guidato partiti e movimenti portandoli su posizioni sbagliate. Con la nascita di Italia Viva si è diffusa l'opinione che tutti i fautori del jobs act siano passati alla creatura Renziana, nel Pd per molti sarebbero rimasti solo uomini e donne di sinistra, disponibili a rimettere mano all'art 18, al jobs act, alla Fornero, pronti ad allargare le alleanze a quanto resta della sinistra che un tempo si definì radicale. E di fronte ai dati economici non certo incoraggianti si continua a ipotizzare tagli delle tasse come la soluzione migliore, ma anni di defiscalizzazione hanno forse determinato miglioramenti effettivi? Ma la realtà è invece ben diversa, e una intervista, a Il sole 24 Ore, dell'economista e senatore Tommaso Nannicini aiuta a confutare le credenze della sinistra facilona e senza memoria Per Nannicini il Jobs act va infatti completato e non abolito perché a detta sua ha avuto effetti positivi e andrebbe invece migliorato sulle politiche attive.
Citiamo testualmente da Il Sole 24 Ore:
«Il Jobs act è un cantiere aperto, va completato, altro che abolito. Alcuni elementi di quella riforma, come le tutele crescenti in caso di licenziamenti illegittimi, non ci sono praticamente più, dopo la pronuncia del 2018 della Corte costituzionale, adesso c’è un semplice meccanismo risarcitorio tornato alla discrezionalità del giudice. Altri elementi dobbiamo completarli senza tornare indietro, come nel caso degli ammortizzatori sociali, che vanno sì rafforzati ma col taglio universalistico del Jobs act, evitando quindi di ripristinare una cassa integrazione discrezionale, senza limiti temporali e solo per pochi.».
Nannicini, senatore Pd, rivendica il jobs act, la sua posizione è tutt'altro che isolata e fotografa una situazione surreale nella quale la Cgil cala le brache davanti al governo, ma allo stesso tempo giustifica la sua arrendevole politica con il fatto che, sempre con il Governo, i sindacati stiano discutendo di ammortizzatori sociali, legge sulla rappresentanza, pensioni e appunto il jobs act. E Landini, a proposito della Legge di Bilancio, ha avanzato qualche tiepida critica ma ribadendo che la manovra presentava "molte cose giuste" Dove sta allora la verità? Cerchiamo di capirla attraverso le parole del prof Nannicini (docente alla Bocconi) visto che parliamo di un autorevole economista
Innanzitutto la riforma degli ammortizzatori sociali e le politiche attive del lavoro rappresentano un problema reale alla base del quale c'è il rapporto tra Stato e imprese, tra pubblico e privato. In questi anni lo Stato è stato l'ammortizzatore sociale per coprire le scelte errate degli imprenditori, gli anni delle liberalizzazioni hanno spazzato via quel ruolo di controllore e di indirizzo dello Stato che invece in altri paesi è rimasto tale (Francia, Germania).
Ma questo rapporto subalterno al capitale non viene analizzato e rimesso in discussione dall'economista Pd, la sua unica preoccupazione è quella di rassicurare i lettori e gli industriali che non torneremo all'art 18 e alla reintegra in caso di licenziamento.
Allo stesso tempo il jobs act ha creato uno tsunami anche nelle tutele crescenti soprattutto dopo la Sentenza della Consulta che ha affidato al Giudice il compito di stabilire l'importo del risarcimento. E questa sentenza viene vista negativamente rispetto all'anzianità di servizio che nel jobs act dettava le mensilità di risarcimento
Nannicini non ha peli sulla lingua, per lui il jobs act è un successo e la reintegra in caso di licenziamento va applicata solo a casi veramente eccezionali, i cosiddetti casi discriminatori e gravi che in Giudizio poi quasi mai vengono dimostrati. Con il jobs act, per l'economista, i licenziamenti sarebbero diminuiti ma non ci sono dati a tale riguardo, di sicuro sono aumentati i casi nei quali si rinuncia perfino a intraprendere una causa nel timore di essere costretti a pagare le spese in Giudizio, ma ovviamente questo aspetto viene completamente tralasciato.
E' fin troppo facile parlare di riforma degli ammortizzatori sociali e della lotta alle false partite Iva e collaborazioni ma alla base di ogni iniziativa dovrebbe esserci un elemento di chiarezza: qual è il ruolo dello Stato verso i soggetti privati? Dopo l'ubriacatura liberista delle privatizzazioni si intende proseguire sulla stessa strada, magari giustificando ogni eventuale statalizzazione come concessione al Movimento 5 Stelle per la tenuta del Governo? Quali solo i sistemi di controllo delle imprese? La cosiddetta mano invisibile del Mercato continuerà a farla da padrona?
Tutti argomenti seri dei quali non si vuole parlare, meglio discutere allora di questioni generiche senza mai rimettere in discussione l'impianto liberista e le leggi liberticide in materia di lavoro e previdenza che hanno stravolto e deteriorato le nostre esistenze costruendo le basi di una società sempre meno solidale ed equa sulla quale poi la Lega costruisce la sua fortuna politica.
Su un punto siamo invece concordi con Nannicini: entriamo nel merito delle questioni ma partendo da un altro presupposto ossia quali interessi materiali vogliamo tutelare, se pensiamo dirimente chiudere definitivamente la pagina delle liberalizzazioni abrogando e riscrivendo tutte le leggi a favore dell'impresa che hanno alimentato la repressione nei luoghi di lavoro, i licenziamenti, gli utili agli azionisti a discapito di un loro reinvestimento. Ma probabilmente le nostre idee sono opposte a quelle del senatore prof di economia, e non solo le sue ma del Pd a cui continuano, dalla smemorata sinistra perbenista, a dare credenziali e atti di fiducia che alla luce di questa intervista sono decisamente mal riposti.
Redazione pisana di Lotta Continua
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italian-malmostoso · 6 years ago
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«Valerio Onida è uno dei costituzionalisti più noti e rispettati. Già presidente della Corte Costituzionale e professore emerito di diritto costituzionale all'Università degli studi di Milano, ha avuto anche una breve fase di impegno politico, candidandosi come sindaco di Milano per la sinistra. Non certo uno, quindi, che la vede per molte cose come Salvini. Eppure, in una intervista concessa a affaritaliani.it, Onida è categorico: "Un sindaco non può certo dire 'me ne frego della legge', dice riguardo alla presa di posizione su decreto sicurezza e migranti assunta da alcuni primi cittadini tra i quali il napoletano Luigi De Magistris e il palermitano Leoluca Orlando. "Certo, un sindaco può, se ritiene che la legge sia palesemenete incostituzionale o abbia degli aspetti di irregolarità, fare ricorso alla Corte Costituzionale. Ma nell'attesa di quel giudizio non può fare altro che applicare e uniformarsi a quella legge in quanto amministratore pubblico. Da questo punto di vista, ha persino meno discrezionalità del privato cittadino".»
Scommessina, che ho sempre bisogno di soldi, denari, dobloni, svanziche, talleri, fiorini, dollari, sterline, schei?
Se ne uscirà uno dei soliti a dire che anche lui si è venduto a Matteo Salvini e che fomenta il clima di odio e paura.
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e-o-t-w · 3 years ago
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Eyes on the world #32
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Marzo entra nel vivo e si aggiunge un po’ di pepe a questo mese che piano piano scivola via.
Sul menu di questa settimana abbiamo bugie letali, nuovi piani vaccinali, questioni di corte e grossi investimenti, come antipasto.
Mettetevi comodi e ordinate quello che volete. Buona domenica! Partiamo 👇
🇫🇷 Ricordate quando il 16 ottobre il professore #SamuelPaty fu decapitato durante un attacco terroristico in #Francia? Era “accusato” di aver mostrato ai suoi studenti delle caricature di Maometto pubblicate da Charlie Hebdo, offensive nei confronti della religione musulmana. Fu una studentessa a raccontare questo fatto al padre, scatenando una serie di reazioni che portarono all’orrenda fine del docente e alla presa di posizione netta della politica francese contro il separatismo religioso. Ma, secondo quanto emerso da alcune indagini questa settimana, la ragazza avrebbe mentito. Disse al genitore che Paty chiese agli studenti musulmani di uscire dall’aula perché voleva mostrare certe immagini di Maometto durante una lezione sulla libertà d’espressione. Tuttavia, la studentessa (identificata con il nome Z.) non era in aula quel giorno, e diversi compagni hanno confermato che il professore non fece vedere alcuna immagine o caricatura. L’avvocato della ragazza ha confermato che avrebbe mentito perché spinta dai compagni di classe a raccontare questa storia. Z ha avuto diversi problemi disciplinari e ha spesso rischiato di essere espulsa da scuola per i suoi comportamenti. Ma cosa successe in seguito al racconto che la studentessa fece al padre? L’uomo, di origine marocchina, pubblicò un video su Facebook in cui denunciò il comportamento di Paty, chiedendone il licenziamento, accusandolo di discriminazione nei confronti dei musulmani e parlandone persino con la scuola e la polizia. Il video divenne presto virale ed è probabile che abbia raggiunto anche Abdullakh Anzorov, il 18enne musulmano che decapitò il docente con un coltello. Z è ora accusata di calunnia, mentre il padre (insieme a un predicatore islamico che rilanciò i suoi messaggi) di complicità nell’omicidio.
🧪 Questione vaccini sempre più intricata, soprattutto in #Italia e in #Europa. Partiamo dal nostro paese. Giovedì scorso è stato presentato il nuovo piano di vaccinazioni, con degli aggiornamenti rispetto a quello usato da dicembre. La modifica più grande consiste nel non lasciare più discrezionalità alle #Regioni, ma sarà un piano valido a livello nazionale. La principale discriminante sarà l’età, con gli 80+ che continueranno a essere vaccinati con assoluta priorità; a loro si aggiungono anche i soggetti della 1^ categoria (elevata fragilità, o con disabilità grave). Poi a scendere: 2^ tra 70 e 79; 3^ tra 60 e 69; 4^ <60 con patologie o situazioni di salute particolari e 5^ resto della popolazione <60. Personale docente e non docente (scolastico e universitario) e le Forze armate avranno la priorità. Passiamo al tema caldo: le forniture. Alcuni lotti di AstraZeneca (di recente autorizzato per i 65+ in Italia) sono stati momentaneamente sospesi per degli accertamenti. In Danimarca, l’utilizzo di questo vaccino è stato interrotto del tutto, dopo problemi circolatori emersi in alcune persone vaccinate. Ancora non è possibile stabilire se ci sia un nesso tra le due cose, come ha dichiarato anche l’Agenzia europea per i medicinali (EMA). Anche in Italia un lotto AstraZeneca subirà delle analisi aggiuntive dall’Istituto Superiore di Sanità. In ogni caso, non risulta – ancora – un’incidenza degli effetti collaterali tale da giustificare la totale interruzione della somministrazione. L’EMA ha comunque approvato il vaccino di Johnson&Johnson. Manca ancora l’ok della #CommissioneEuropea, oltre a dover aspettare qualche settimana per le prime dosi. Prevede l’utilizzo di una singola erogazione, è meno costoso e non va conservato in congelatori potenti. I dati sull’efficacia sono stati un po’ influenzati dalle varianti in circolazione, ma la protezione contro forme più gravi è garantita. L’#UE ne aspetta 200 mln di dosi. Infine novità sul vaccino russo Sputnik V: l’azienda biofarmaceutica svizzera Adienne Pharma & Biotech ha firmato un accordo che consentirebbe di produrlo nel suo sito in Lombardia. Sia l’Agenzia Italiana del Farmaco che l’EMA devono ancora approvarlo.
🇺🇸 È stato approvato definitivamente dal #Congresso degli #StatiUniti l’American Rescue Plan Act of 2021, il gigantesco pacchetto di misure economiche da $1.900 mld stanziato dal presidente #JoeBiden per sostenere gli americani e rilanciare l’economia. Si tratta di un’eccellente vittoria del neo-eletto, che permetterebbe una risalita del PIL americano e mondiale. Il maggior numero di fondi sarà indirizzato all’allargamento del welfare, sostenendo famiglie in difficoltà a causa della pandemia. Sotto i $75.000 di reddito annui, verranno versati $1.400, con la cifra che aumenta in caso di figli a carico (con detrazioni fiscali annesse in caso di mancanza di lavoro). In totale, per questa porzione di aiuti, si raggiungerebbero oltre $400 mld. In più, sarà prorogato il sussidio di disoccupazione da $300 a settimana fino a settembre. $50 mld verranno usati per ampliare il sistema di test e tracciamento, mentre $47 mld saranno utilizzati per coprire le spese funerarie dei morti da Covid-19 (ormai oltre 530.000). $16 mld serviranno per distribuire più efficacemente i vaccini, mentre altri $10 mld per la produzione di materiale medico. Un’ulteriore grossa fetta di aiuti sarà indirizzata agli stati e ai governi locali (circa $360 mld). $130 mld li useranno le scuole per aumentare le misure di sicurezza e riaprire più celermente (alle università $40 mld). Sussidi e agevolazioni anche per bar, ristoranti, oltre che per chi non riesca a pagare affitti o mutui. Inoltre si cercherà di permettere a quante più persone possibili di beneficiare dell’Affordable Care Act, più nota come Obamacare (la riforma delle assicurazioni sanitarie). Non tutte le misure pensate da Biden sono state portate a compimento nella stesura definitiva dell’atto: avrebbe voluto portare a $400 a settimana il sussidio di disoccupazione e a $15 l’ora il salario minimo (dal 2010 fermo a $7,25). Quest’ultima misura è stato necessario scartarla per attivare un meccanismo che consentisse l’approvazione in Senato con la maggioranza semplice, invece dei classici 60/100 (i Democratici hanno solo 51 voti a disposizione, e nessun Repubblicano ha votato positivamente alcun punto della legge, ritenuta troppo costosa).
👑 Siccome non si sta parlando d’altro, penso sia giusto riprendere – a titolo informativo – quanto successo nel corso dell’intervista tra il principe #Harry d’Inghilterra, #MeghanMarkle e la nota conduttrice americana #OprahWinfrey. È andata in onda domenica negli USA e lunedì in #UK. La Markle ha raccontato che, nel corso della prima gravidanza, un membro della casa reale inglese era preoccupato per il colore della pelle del nascituro. Il razzismo da parte di quest’ala della monarchia e di alcuni #tabloid, secondo il principe Harry, ha spinto la coppia ad andar via dal #RegnoUnito e di non essere più coinvolti attivamente nelle questioni di palazzo. In generale, Buckingham Palace è stato descritto come un luogo dannoso e bigotto, con la Markle confinata nella sua residenza e controllata a vista a causa dell’invidia per la sua popolarità. Ciò ha suscitato in lei idee suicide e una richiesta di assistenza psicologica, poi negata perché avrebbe danneggiato l’immagine dell’istituzione. La loro “rinuncia” alla vita attiva della monarchia ha peggiorato la situazione generale. Pur avendo avuto belle parole nei confronti della Regina Elisabetta II e del marito, il quadro appare tutt’altro che lusinghiero. Non sono mancati i paragoni con Lady Diana, che alla pari della Markle ha sofferto l’ingresso in una famiglia con rigidi protocolli e mancanza di sostegno nel momento del bisogno, al fine di preservare l’immagine della Corona. Tuttavia, la situazione ha lasciato strascichi importanti, soprattutto riguardo il ruolo dei tabloid. Numerosi giornalisti hanno reagito duramente alle accuse di razzismo di Meghan, ma altri hanno sostenuto la tesi che esista un problema serio di bigottismo, scarsa inclusività e professionalità specialmente nei media più conservatori. Il giornalista Piers Morgan, ad esempio, dopo aver affermato di non aver creduto a una sola parola della Markle, è stato licenziato in seguito a oltre 41 mila reclami. Harry stesso ritiene che i tabloid evitano di attaccare i Reali solo perché collaborano e danno spazio ai reporter, mentre loro, per diventare indipendenti, rischiano di essere attaccati continuamente. La questione sembra lontana da una soluzione.
🇨🇭 Domenica scorsa, in #Svizzera ha avuto luogo un referendum per l’introduzione di una legge molto discussa che vieterà la copertura totale del viso in pubblico. Il 52% dei votanti hanno votato a favore. Pur non riferendosi esplicitamente all’utilizzo che le donne musulmane fanno di tale abbigliamento (burqa o niqab su tutti), il partito che ha promosso questo referendum (l’Unione Democratica di Centro, nota come UDC) non ha nascosto tale obiettivo. Molto spesso utilizzare questi capi è associato all’estremismo religioso islamico e già nel 2016 la proposta di voto a riguardo era stata avanzata. La comunità musulmana ha contestato il fatto di impedire alle donne di professare liberamente la loro religione, oltre a definire la legge sessista per la volontà di controllare il corpo delle donne. Inoltre, secondo le stime di un portavoce del governo, non sembrava una decisione prioritaria e degna di un referendum nazionale, dal momento che le donne che indossano un copricapo totalmente coprente in Svizzera sono circa un centinaio. Il governo stesso aveva fatto una controproposta, che avrebbe costretto le donne a scoprire il volto solo in caso di controlli da parte delle autorità. Ma essendo già avvenuto il voto, non sarà più possibile discuterla.
🇧🇷 Un giudice della Corte suprema brasiliana ha rimesso in discussione il destino dell’ex presidente #Lula, annullando tutte le sue condanne per corruzione. Secondo il giudice, il tribunale che ha emesso le sentenze (quello di Curitiba) non aveva giurisdizione su quei casi. Parliamo dei fatti riguardanti lo scandalo che vedeva coinvolta l’azienda petrolifera Petrobras, che andranno quindi ripetuti nel tribunale di Brasilia. Ciò gli consentirebbe di ricandidarsi nel 2022 contro l’attuale n.1 brasiliano Jair Bolsonaro, fortemente criticato per la gestione scellerata della pandemia da coronavirus.
News meno d’impatto ma non per questo da sottovalutare. Andiamo subito alle menzioni d’onore! 👇
- L’ex presidente del Consiglio Enrico Letta ha annunciato la sua candidatura come segretario del Partito Democratico, senza più un segretario dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti della scorsa settimana. Oggi l’Assemblea del #PD prenderà una decisione in merito.
- Mariangela Zappia è la nuova ambasciatrice italiana negli USA. È la prima donna a ricoprire questo ruolo. Il suo predecessore, Armando Varricchio, diventerà invece il nuovo rappresentante italiano in Germania.
- Ben 90 scienziati ed esperti di genetica hanno presentato una petizione per liberare una tra le più note serial killer d’#Australia Kathleen Folbigg. Avrebbe ucciso i suoi 4 figli tra l’89 e il ’99 ed è stata condannata a 40 anni di carcere. Fu accusata in seguito a prove circostanziali e non mediche: i bambini erano tutti sotto i 2 anni d’età e, secondo gli scienziati, sarebbero morti per cause naturali per via di rare mutazioni genetiche, dalle quali la Folbigg (e 2 dei 4 figli) è affetta.
- #Avatar torna ad essere il film con i maggiori incassi nella storia del cinema. Da qualche giorno è tornato nelle sale cinesi - da poco riaperte - guadagnando ulteriori $9 mln, abbastanza per superare il vecchio primatista: Avengers: Endgame, fermo a $2,79 mld.
- Giornata internazionale della donna molto movimentata in #Messico, dove numerose proteste contro il governo hanno agitato la capitale. Circa 80 persone sono rimaste ferite. Il tema è facilmente intuibile: il presidente Obrador, quando si insediò, promise che il paese sarebbe diventato più equo per le donne. Peccato che le violenze di genere e i femminicidi restino molto spesso non puniti, oltre a essersi diffusi moltissimo.
- L’ex presidente della Bolivia Jeanine Áñez è stata arrestata insieme a diversi ex ministri del suo governo con l’accusa di aver partecipato a un colpo di stato contro il presidente in carica all’epoca, Evo Morales.
- Condannate all’ergastolo le 5 persone che furono coinvolte nell’omicidio dell’ambasciatore russo in Turchia Andrei Karlov. Secondo la procura turca, ammonterebbe a 28 individui la rete che ha agito, molto vicina al religioso turco Fethullah Gulen, noto avversario del presidente Erdogan.
- L’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato che tutti i migranti venezuelani sprovvisti di documenti che vivono negli USA potranno richiedere un visto di protezione che gli consentirà di risiedere e lavorare legalmente nel paese per 18 mesi. In totale, sarebbero più di 300.000.
- Il Parlamento europeo si è espresso favorevolmente alla rimozione dell’immunità dell’ex presidente catalano #Puigdemont e due ministri del suo governo. Nel 2017 lasciarono la Spagna in seguito al referendum sull’indipendenza della Catalogna (illegale per lo stato spagnolo) e la stessa proclamazione di indipendenza.
- In Guinea Equatoriale, diverse esplosioni hanno ucciso oltre 98 persone. Queste sarebbero state causate dalla gestione approssimativa di depositi di esplosivi presenti in una base militare. Più di 600 invece i feriti. Le fiamme con cui sono stati disboscati i terreni agricoli vicini sarebbero state la causa scatenante.
- Continuano i rapimenti di studenti in Nigeria. È stata presa d’assalto l’università di scienze forestali in una città nel nord del paese. Circa 30 studenti sono stati sequestrati da uomini armati giovedì scorso.
- Joan Laporta è nuovamente il presidente del #Barcellona. Guidò i blaugrana dal 2003 al 2010.
- Nuovi guai per il governatore dello stato di #NewYork Andrew Cuomo. Dopo le accuse di molestie, spuntano accuse per aver manipolato i dati sulle persone anziane morte di Covid-19 nelle case di riposo. È stato autorizzato l’avvio di una procedura di impeachment.
- Da mercoledì 10 marzo è iniziato il processo di desecretazione di documenti relativi alla guerra combattuta dai francesi in Algeria tra il ’54 e il ’62. Secondo gli storici algerini, moltissimi civili sarebbero morti in seguito alle atrocità dell’esercito francese, e mostrare questi documenti potrebbe coincidere con un’assunzione di responsabilità definitivo.
- Sempre negli USA, il comune di Minneapolis pagherà un risarcimento da $27 mln alla famiglia di #GeorgeFloyd, ucciso nel maggio del 2020 durante un arresto.
- La polizia ha accusato di terrorismo internazionale un cittadino algerino detenuto nel carcere di Bari. Sarebbe vicino all’ISIS e sarebbe coinvolto negli attentati terroristici del Bataclan, la sala da concerti di Parigi dove nel novembre 2015 vennero uccise 90 persone.
- Proteste vibranti anche in #Senegal, dove uno dei principali oppositori del presidente Macky Sall, Ousmane Sonko, è stato accusato e arrestato per lo stupro di una donna. Sall è considerato sempre più autoritario e per molti manifestanti sarebbe coinvolto nell’arresto di Sonko, con l’obiettivo di zittire e reprimere i rivali politici con ogni mezzo.
- #Cina e #Russia hanno firmato un accordo preliminare per costruire una stazione orbitale lunare, da sfruttare per missioni sulla Luna stessa. È prevista anche la costruzione di centri di elaborazione dati e ricerca sulla sua superficie. Nei contenuti è un progetto molto simile a “Gateway”, che vede coinvolte invece la NASA, ESA (Europa), CSA (Canada) e JAXA (Giappone).
- Il governo giapponese avrebbe deciso di non permettere la presenza di pubblico proveniente dall’estero per le #Olimpiadi di Tokyo di quest’estate.
Alla prossima 👋
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alessiomoitre · 7 years ago
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L’arte sociale e politica di Renato Guttuso
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Ardimentoso è oggi trattare di politica. La conseguenza parrebbe essere una costante perdita di certezze a vantaggio della discrezionalità del giudizio, tolto dalle mani degli specialisti, affidato alla massa amena da dettagli. Eppure la Gam di Torino, cogliendo il cinquantenario dal 1968, incluse le rivendicazioni e le suggestioni, porta nei propri spazi Renato Guttuso e la sua arte con una sessantina di pezzi dagli anni trenta ai settanta. Carte, dipinti, bozzetti, opere maggiori e minori. L’artista siciliano era pittore sociale e politico, interessato allo sviluppo del paese Italia e del genere umano come cambiamento della storia e degli usi. Bene, la recensione termina qui, il curatore è Pier Giovanni Castagnoli, i saggi di Pier Giovanni Castagnoli, Elena Volpato, Fabio Belloni, Carolyn Christov – Bakargiev. La mostra dura sino a 24 giugno. D’ora in avanti, sino al termine della non recensione, vi racconterò lo sforzo che feci nel ritrovare dentro alle opere, i volti di persone che conosco. Perché personalmente ritengo che Guttuso è letterario quanto cronachistico, artistico quanto teatrale, politico quanto villico. Ha saputo sciogliersi nel terreno della civiltà del sessanta e riprendere la cafarnao delle folle nei settanta senza per questo addolcirsi. Partendo però dagli interni, intimi nelle scene di ordinaria gestione domestica ma con tracce d’esterno, di fatti, viste anche solo in una carta o in un testo. In “Donna alla finestra” del 1942 provo a vedere nella figura femminile altri lineari rimandi a ricordi ma pare che anche la posizione mi sia storicamente datata. In “Boogie-woogie” (1953) giovani ballano in una discoteca. Il campionario è vario, ci si può sbizzarrire a giocare con la fisiognomica. Tra i corpi e le coppie in generale c’è spazio di evoluire, di piroettare come oggi mi pare difficile possa accadere. Ecco, in Guttuso, la confusione è solo disposizione, mostra sintetica del tempo. Donne, due, appoggiate al muro, di cui una in imbarazzo, un’altra, in basso rispetto agli altri soggetti, annoiata, fuma. Uomini ben pettinati si prodigano nel ballo americano facendo volteggiare le gonne, lunghe, sin sotto il ginocchio, sfiorante il polpaccio. Sul muro al fondo Mondrian, la riproduzione di una sua opera. Anche qui nulla mi pare ricordarmi figure conosciute, soprattutto la loro aura di normalità, degna di un’opera di Cassola. Condizione che non muta nemmeno nelle evocative opere degli anni settanta. “I funerali di Togliatti” sono al pari di un bassorilievo. Non mi ci incammino nemmeno in un analisi tecnica del nostro. La massa è impressionante, il rosso della bandiera un drappo d’orgoglio giunto per tributare al defunto gli onori civili. È un paese dai volti antichi mischiato con quel presente che allora aveva già dovuto e alle volte voluto fare i conti con il cambiamento concreto di una parte della società. È comunque tutto era connesso nel filo del comunismo che prendeva le coscienze trascinando le folle. In altro comizio ritratto di fonte all’opera appena descritta, un uomo parla ai suoi sostenitori in una strada bloccata dalle persone. Le macchine sono immerse nel mare di braccia, teste, spalle, volti e usate da alcuni come rialzi per meglio godere dello spettacolo. Dai balconi donne, fiori, gestanti, collage, soggetti senza volto. È una narrazione di piazza pullulante dell’entusiasmo della partecipazione fedele ad un trasporto ideologico forte. Vi ho sostato davanti buoni dieci minuti e mai, dico mai, mi sono sentito coinvolto, smosso da fattiva empatia. Invidia, quella me la sono dosata ma ho evitato di farmi governare dal non senso. Ho scrutato di nuovo i volti, ma alla fine perché ostinarsi dietro ad una visione arcadica, di primordiale sentimento? Era palese che nelle opere di Guttuso c’era una tempo di attesa per fatti sempre maggiori e ben ha fatto il Museo di Arte moderna a rimetterci davanti agli antenati.
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giancarlonicoli · 4 years ago
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22 mar 2021 09:30
“NON SI INDAGA PIÙ SUI FATTI E COSÌ FALLISCONO I PROCESSI” - DOPO LA SENTENZA ENI, ARRIVA LA RANDELLATA AI PM DELL'EX MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, GIOVANNI MARIA FLICK: “CON TANGENTOPOLI. LA MAGISTRATURA HA RITENUTO DI DOVERE PERSEGUIRE ANCHE I COSTUMI. NON SI GIUDICA IL FATTO MA SI GUARDA ALL'UOMO, IL CORRUTTORE, L'ASSOCIATO A DELINQUERE, OSSIA IL TIPO DI PERSONA ESPRESSA DA QUEL FATTO. E POI SI È ALLARGATO A DISMISURA L'IMPIEGO DI INTERCETTAZIONI E TROJAN: DOVREBBERO ESSERE UTILIZZATI SOLO IN CASI INDISPENSABILI INVECE SI FA PESCA A STRASCICO…”
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Valentina Errante per “il Messaggero”
L' idea di una riforma che prevedesse anche le pagelle per i magistrati, Giovanni Maria Flick, ex presidente della Corte costituzionale, l' aveva avuta 25 anni fa, da ministro della Giustizia del primo governo Prodi, e aveva scelto come direttori generali di via Arenula alcuni dei magistrati più esperti ai quali adesso si è rivolta anche la Guardasigilli Marta Cartabia. Oggi non ha cambiato idea, ma ritiene che un intervento di questo tipo debba fare parte di una ristrutturazione sostanziale del sistema giudiziario. Ovviamente partendo dai tempi dei processi.
Il vicepresidente del Csm, David Ermini, ipotizzava che nella valutazione di un pm possa pesare anche l' esito dei processi che istruisce. Che ne pensa?
«Penso che un sistema che valuti le competenze di un magistrato sia indispensabile. Penso addirittura siano necessarie verifiche periodiche sulla preparazione e che debba essere valutata work in progress. Le pagelle non possono, ovviamente, diventare uno strumento di controllo; invece bisogna evitare che, dopo l' ingresso in magistratura, si entri in un sistema di autoreferenzialità. Le cose cambiano e anche i magistrati devono essere all' altezza dei loro ruoli. Credo che i criteri di valutazione oggi siano insufficienti.
Raramente all' interno di un ufficio si leggono relazioni che mettano in luce lacune o impreparazione dei magistrati. Bisogna trovare un' unità di misura sulle conoscenze che si manifestano anche attraverso il modo di decidere dei magistrati, senza, però, intaccarne l'indipendenza».
Però tante inchieste si concludono con assoluzioni
«L'articolo 25 della Costituzione stabilisce che nessuno possa essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso. La legge chiede al magistrato di accertare quel fatto e la responsabilità della persona, quando al fatto si sostituisce il fenomeno la situazione diventa problematica.
Insisto, e non da ora, ci sono tre sfere concentriche di responsabilità per un magistrato: quella penale, come tutti i cittadini, quello disciplinare e quella deontologica. Quest' ultima, fondamentale per magistrati, è affidata alla reputazione e agli organi associativi. Ed è la premessa per la responsabilità disciplinare. Certi comportamenti, etichettati come espressione di libertà, andrebbero riconsiderati, nell' ottica di un possibile attrito con la deontologia. Al magistrato si riconoscevano un ruolo e una credibilità che adesso stentano a essere riconosciuti».
Quando è iniziato tutto questo?
«L' ho detto più volte, penso che questa tendenza sia iniziata con Tangentopoli. La magistratura ha ritenuto di dovere perseguire anche i costumi. Dopo Tangentopoli, abbiamo abbandonato il metodo di giudicare il fatto per guardare successivamente all' uomo. Oggi si giudica l' uomo, il corruttore, l' associato a delinquere, ossia il tipo di persona che è espressa da quel fatto; quest' ultimo è oggetto del trattamento penitenziario».
La giustizia è in crisi?
La crisi del processo è legata a due questioni: in primo luogo si è allargato a dismisura l' impiego della tecnologia come strumento di indagine. La violazione dell' articolo 15 della Costituzione deve avere un carattere di eccezionalità. Strumenti come l' intercettazione, e tanto più il trojan, dovrebbero essere utilizzati solo in casi indispensabili, per proseguire indagini già aperte. Invece si fa pesca a strascico, violando così anche il principio costituzionale della libertà di espressione».
Però c' è l' obbligatorietà dell' azione penale
«L' obbligatorietà dell' azione penale è fondamento di eguaglianza ma rischia di diventare un' utopia, quindi deve esserci una legge che la regoli. Non può essere affidata alle circolari del Csm o dei capi degli uffici o alla discrezionalità dei singoli procuratori».
Il secondo dei motivi della crisi del processo?
«La durata dei processi viene scaricata sulla posizione di uno dei protagonisti, ossia solo sull' imputato. La ragionevole durata del processo è, invece, in carico allo Stato, che deve disporre degli strumenti per dare una risposta in tempi rapidi. Ma c' è anche una terza questione: la crisi del principio di legalità, legata alle troppe fonti normative.
Alle nostre leggi, si aggiungono le decisioni della Corte dei diritti dell'Uomo, della Corte di giustizia europea e della Consulta. Oltre che l'interpretazione dei singoli giudici. Una confusione nella quale, da ultimo, abbiamo scoperto i Dpcm, che sono ordini amministrativi.
Più le leggi sono numerose più c'è la possibilità di interpretarle; se poi chi deve interpretare la legge, rispetto a un fatto specifico, non ha adeguata cultura e preparazione, sorgono altri problemi. Al giudice è dato un potere molto ampio al livello di interpretazione. Ma la decisione non può essere una creazione. Il superamento della nomofiliachia (il rispetto delle precedenti decisioni), in assoluto, è un errore».
L'immagine della magistratura ha subito un duro colpo, pensa che una riforma del Csm sia indispensabile?
«Indispensabile, ma non dimezzando i tempi per cambiare metà del Consiglio, come sostiene Ermini. Bisognerebbe limitare il correntismo e invece, così, ci sarebbero doppie elezioni».
Nel pianeta Giustizia c'è anche la questione carceri.
«La pandemia ha fatto esplodere in maniera evidente una questione già aperta. In questo momento si vietano i contatti, i rapporti tra le persone avvengono da remoto, invece i detenuti hanno un obbligo di convivenza coattiva che favorisce i contagi; ma, il problema si poneva anche prima. Inoltre la sicurezza collettiva rischia di prevalere sulla funzione rieducativa e sul rispetto dei cosiddetti residui di libertà compatibili con la reclusione, attraverso l' ostacolo a concedere misure alternative ai condannati per reati gravi, come mafia e terrorismo, che non collaborino con la giustizia. Di questo si occuperà la Consulta questa settimana».
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francescopandolfi-blog · 7 years ago
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Porto di pistola: quali e quante sono le questioni sul rinnovo della licenza?
Rinnovo della licenza del porto di pistola
Il Tar Genova, con la sentenza n. 919 del 18 dicembre 2017, riporta al centro dell’attenzione la questione del rinnovo della licenza di porto di pistola.
Tema delicato, lo sappiamo.
Il nocciolo della questione, tratteggiato in questa pronuncia, continua a essere quello: arma “si” se le circostanze specifiche provano un pericolo per l’incolumità personale attuale e concreto.
4 criteri da fissare
Il Tar parte da quattro punti, e cioè:
la dimostrata necessità dell’arma,
tiene presente l’ampiezza della discrezionalità amministrativa,
ragiona sul "fino a che punto" si spinge il controllo dei giudici sulle decisioni dell’amministrazione di p.s.,
si chiede quanto deve essere estesa l’istruttoria dell’amministrazione.
In pratica, segnala il Tar:
il legislatore italiano ha circoscritto l'uso delle armi -da parte di soggetti estranei alle forze dell'ordine- a casi di dimostrata necessità per l'intrinseca pericolosità tipica dell'utilizzo di strumenti ad alta potenzialità offensiva,
la giurisprudenza ha sempre riconosciuto un elevato grado di discrezionalità nelle valutazioni effettuate dall'amministrazione procedente,
il controllo da parte del giudice amministrativo si dirige verso le ipotesi di illogicità, o assenza di istruttoria o di motivazione nelle decisioni amministrative,
l’istruttoria dell’amministrazione di p.s. deve essere particolarmente accurata, con la verifica del permanere delle condizioni che avevano legittimato l'originario rilascio (e/o i rinnovi) della licenza.
Ora, in un articolo di novembre ho illustrato la sentenza del Consiglio di Stato n. 2410/17. La terza sezione del C.d.S. ha emesso infatti un’importante pronuncia favorevole per l’interessato, in materia di “circolazione armati per difesa”.
La sentenza del Tar di oggi analizza alcuni aspetti già studiati dal Consiglio, che riguardano soprattutto il terzo e il quarto dei punti sopra elencati, ossia il controllo dei giudici e come deve essere svolta l’istruttoria.
Il caso precedente del C.d.S., l’imprenditore vince la causa
In quel caso specifico si era parlato di un imprenditore.
Il giudice di primo grado aveva già accolto il ricorso dell' appellato, sottolineando l'evidente contraddittorietà tra la motivazione conclusiva del diniego e la nota della Questura, in cui si afferma che "sussistendo, pertanto, le condizioni di dimostrato bisogno ex art. 42 del TULPS, anche alla luce della rimodulazione della politica dell'ordine e della sicurezza pubblica della Provincia decisa in sede di Coordinamento Provinciale delle forze di Polizia, questo Ufficio ritiene che il richiedente abbia effettiva necessità di circolare armato per difesa."
Il Ministero dell’Interno aveva proposto appello ma aveva perso, Utilizzando questi argomenti.
Il primo: erronea motivazione per violazione e falsa applicazione dell'art. 42 T.U.L.P.S.
Il "parere" fornito dalla Questura non è previsto dalla normativa di settore ma è semplicemente un rapporto richiesto dall'Amministrazione competente al fine di avere informazioni più complete circa il soggetto richiedente e, dunque, assolutamente non vincolante quanto alle valutazioni espresse al suo interno.
Il secondo è un tema ripreso dal una sentenza del CdS del 2016 che suona più o meno così: la generica esposizione al rischio lamentata dall'appellato in virtù della propria attività di imprenditore non vale a integrare quell'effettivo stato di bisogno richiesto dalla normativa di settore laddove, come nel caso in esame, il soggetto non dimostri fatti specifici da cui dedurre una qualificata esposizione a pericolo (Cons. Stato, III, n. 2977/2016).
Il terzo:  l'appellato non ha descritto la tipologia di attività svolta né ha fornito elementi utili a inquadrare il ramo produttivo nel quale è impegnata l'azienda di cui è amministratore unico; si è limitato ad allegare la propria qualità di imprenditore e agente assicurativo.  
Il quarto: va valorizzato lo stato conflittuale della famiglia dell'appellato con un vicino di casa il quale avrebbe, recentemente, aggredito la moglie dell'appellato; tale clima di tensione tra condomini non è certo il contesto ideale in cui inscrivere il rinnovo del porto di pistola richiesto dal coniuge di uno dei soggetti coinvolti.
Il quinto: dall'istruttoria è emersa l'insufficiente dimostrazione dell'attualità del requisito oggettivo del bisogno di andare armato.
Nello specifico, le denunce relative a furti di due auto e al furto di materiale agricolo avvenuti nel 2009 non rivestono il carattere dell'attualità del pericolo richiesto dalla norma.
Il sesto: sbaglia la sentenza del Tar nel considerare la portata della rimodulazione della politica dell'ordine e della sicurezza pubblica della provincia decisa in sede di Coordinamento Provinciale delle forze di polizia. In una  apposita riunione è stata condivisa l'esigenza di rideterminare i criteri di valutazione del dimostrato bisogno di andare armati, in deroga al generale divieto, stabilendo di tener conto della sussistenza di un pericolo attuale e concreto riferito al soggetto richiedente.
La soluzione del Supremo Collegio di Magistrati
Il Collegio sottolinea che nel decreto non c'è alcun riferimento alla conflittualità col vicino di causa, che quindi, non rileva.
Per il resto il CdS condivide la valutazione del Tar in ordine al presupposto fondamentale del rinnovo, che la Prefettura ha ritenuto indimostrato.
In effetti, la nota della Questura, ancorché non vincolante, proviene dall'organo di p.s. che si presume abbia una conoscenza diretta del soggetto interessato.
Soprattutto, l’imprenditore appellato ha rappresentato le ragioni specifiche e ha dettagliato la sua attività, in quanto, a seguito del preavviso di diniego, sono stati indicati i fatti pregressi: un tentativo di rapina del 2015 e l'aggressione subita dalla moglie da parte del vicino nel 2014.
Sembra evidente che questi elementi, quale che sia la valutazione del loro significato, abbiano attinenza non soltanto ad interessi patrimoniali, ma anche all'incolumità personale dell'appellato e dei suoi familiari.
In conclusione: la Prefettura è stata chiamata a rinnovare la valutazione, considerando motivatamente tutti gli elementi introdotti nel procedimento.
Il caso di oggi del Tar, il criterio da tenere presente
Per tornare al caso del Tar del 18 dicembre 2017 il principio è lo stesso del C.d.s., dal momento che viene posta attenzione "sull’individuazione di specifiche circostanze attestanti un attuale e concreto pericolo per l'incolumità personale".
Nel caso concreto, le attività ricordate dal ricorrente per giustificare il permanere della necessità di ottenere il porto d'armi, (licenza d'investigatore privato; guardia giurata-guardia zoofila; autorizzazione a servizio di ausilio alle forze di polizia sul territorio genovese) andavano integrate al fine di spiegare la necessità del porto per lo svolgimento di questi servizi: infatti rimane il criterio in virtù del quale vanno individuate specifiche circostanze attestanti un attuale e concreto pericolo per l'incolumità personale.
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