#magistratura e diritti
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pier-carlo-universe · 4 months ago
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Renato Balduzzi: Migranti in Albania – Una Questione Giuridica, Non Politica
La riflessione di Renato Balduzzi sulla distinzione tra politica e diritto nella gestione dei migranti nelle strutture italiane in Albania.
La riflessione di Renato Balduzzi sulla distinzione tra politica e diritto nella gestione dei migranti nelle strutture italiane in Albania. In un editoriale pubblicato su Avvenire, Renato Balduzzi, giurista e politico italiano, affronta una questione di grande attualità: la mancata convalida, da parte del Tribunale di Roma, dei provvedimenti di trattenimento dei migranti nelle strutture…
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falcemartello · 1 month ago
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E con Donald Trump se ne va la nostra democrazia.
Prepariamoci a limitazioni dei nostri diritti, tipo non andare a lavoro o in alcuni luoghi se non si ha un lasciapassare digitale, non poter mandare al nido e materne i nostri bambini se non sono stati sottoposti ad un determinato trattamento sanitario, non poter accendere il riscaldamento prima di una determinata data, non poter far grigliate in giardino in determinati periodi.
Prepariamoci ad un regime totalitario che imporrà ristrutturazioni per le nostre case entro un certo anno e renderà impossibile assicurarle se non conformi alle nuove regole imposte.
Prepariamoci ad un’economia centralizzata, dove burocrati non eletti imporranno ad aziende automobilistiche cosa produrre e cosa non produrre, non in base alla domanda dei consumatori, ma alle nuove regole e se gli alti costi faranno aumentare i prezzi delle auto meglio ancora, sarà ambizioso per il nuovo regime veder ridurre la circolazione di autovetture private in favore dei prestanti e sempre puntuali mezzi pubblici.
Prepariamoci a banconi alimentari in cui la carne e la verdura saranno costosissime e prodotte da pochi sopravvissuti a politiche economiche folli in cui sarà vietato coltivare più di TOT ettari e sarà ipertassato ogni capo di bestiame.
Prepariamoci ad un regime in cui la violenza nelle strade sarà talmente aumentata a causa di delinquenti importati e lasciati delinquere dalla magistratura che sarà da folli uscire la sera da soli, a maggior ragione se donne.
Prepariamoci ad una demonizzazione prima e rimozione poi dei social network più “liberi”, l’anonimato non sarà più permesso, ogni account potrà esistere solo se collegato a nome e cognome di una persona vera.
Ogni notizia considerata falsa verrà censurata.
A decidere cosa sia falso e cosa non lo sia non sarà più l’utente con le proprie valutazioni, e nemmeno le note della comunità del social: a deciderlo sarà un’autorità con determinati permessi, possibilmente eletti dal partito in carica.
Ci aspetta un futuro buio.
(post ironico)
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abr · 4 months ago
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E con Donald Trump se ne va la nostra democrazia.
Prepariamoci a limitazioni dei nostri diritti, tipo non andare a lavoro o in alcuni luoghi se non si ha un lasciapassare digitale, non poter mandare al nido e materne i nostri bambini se non sono stati sottoposti ad un determinato trattamento sanitario, non poter accendere il riscaldamento prima di una determinata data, non poter far grigliate in giardino in determinati periodi.
Prepariamoci ad un regime totalitario che imporrà ristrutturazioni per le nostre case entro un certo anno e renderà impossibile assicurarle se non conformi alle nuove regole imposte.
Prepariamoci ad un’economia centralizzata, dove burocrati non eletti imporranno ad aziende automobilistiche cosa produrre e cosa non produrre, non in base alla domanda dei consumatori, ma alle nuove regole e se gli alti costi faranno aumentare i prezzi delle auto meglio ancora, sarà ambizioso per il nuovo regime veder ridurre la circolazione di autovetture private in favore dei prestanti e sempre puntuali mezzi pubblici.
Prepariamoci a banconi alimentari in cui la carne e la verdura saranno costosissime e prodotte da pochi sopravvissuti a politiche economiche folli in cui sarà vietato coltivare più di TOT ettari e sarà ipertassato ogni capo di bestiame (scureggione, ndr).
Prepariamoci ad un regime in cui la violenza nelle strade sarà talmente aumentata a causa di delinquenti importati e lasciati delinquere dalla magistratura che sarà da folli uscire la sera da soli, a maggior ragione se donne.
Prepariamoci ad una demonizzazione prima e rimozione poi dei social network più “liberi”, l’anonimato non sarà più permesso, ogni account potrà esistere solo se collegato a nome e cognome di una persona vera. Ogni notizia considerata falsa verrà censurata. A decidere cosa sia falso e cosa non lo sia non sarà più l’utente con le proprie valutazioni, e nemmeno le note della comunità del social: a deciderlo sarà un’autorità con determinati permessi, possibilmente eletti dal partito in carica.
Ci aspetta un futuro buio.
via https://x.com/Moana_Ponzi/status/1854211176244416541
eh che vuoi Moana, noi che queste cose ce le ricordiamo perché la memoria per non si valuta in giga, e le diciamo a quelli che invece no e vivono solo nel presente dei desideri come i cani di Cesar Millan, beh noi siam brutte persone.
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gregor-samsung · 5 days ago
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“ Se in Russia era vietato parlare di guerra, in Italia era proibito parlare di pace. La prima risoluzione fatta votare dal governo Draghi al Parlamento per armare l’Ucraina, in barba all’articolo 11 della Costituzione, parlava soavemente di “armi non letali”, come se si potessero inviare fionde, cerbottane, fuciletti a tappo, pistole ad acqua o a coriandoli e lingue di Menelik. Poi si è bandita l’ipocrisia e ammesso che, sì, le armi erano letali, ma servivano alla “de-escalation”. Restava da capire che cosa fosse allora l’escalation, visto che l’avevamo sempre intesa come un aumento delle armi. Di conseguenza, quando il leader 5 Stelle Giuseppe Conte s’è opposto all’aumento della spesa militare fino al 2% del Pil entro il 2024 chiesta da tutti gli altri grandi partiti (circa 15 miliardi di euro in più all’anno), il «Corriere della Sera» titolava sulla sua “escalation anti-armi” e «Repubblica» sulla “escalation grillina”. Quindi ora escalation significa meno armi e de-escalation più armi: basta intendersi. Ancora «Repubblica»: «Pronte nuove armi per Kiev, ma Draghi: “Cercare la pace”»; «Letta: “Le armi fanno vivere la pace”» (è il disarmo che la ammazza, la pace). E «La Stampa»: «L’Anpi è troppo pacifista» (come quella ragazza che era rimasta “un po’ incinta”). A furia di scambiare la guerra con la pace, anche Draghi andava in confusione e intimava agli italiani di «scegliere tra la pace e i condizionatori accesi», come se le due cose non coesistessero pacificamente (in tempo di pace nessuno ha mai messo in dubbio i condizionatori accesi: è la guerra che potrebbe costringere gli italiani a spegnerli; motivo in più per favorire la pace, o almeno una tregua, al più presto). Il Papa – anche lui in odor di putinismo – dissentiva sul riarmo e definiva «pazzi quelli che vogliono aumentare la spesa militare al 2% del Pil» (cioè Draghi, Letta Jr e le altre destre). E il premier? «Draghi ringrazia il Papa» («Corriere della Sera»). Pazzo, ma riconoscente.
In questa follia collettiva gli amici diventavano nemici, i buoni diventavano cattivi, e viceversa. Boris Johnson, da truce sponsor della Brexit, del trumpismo, del sovranismo, del populismo e del negazionismo sul Covid, diventava idolo degli atlantisti per il suo totale asservimento a Washington. Il governo polacco, negatore dei diritti civili e dell’indipendenza della magistratura, da sempre “paria” d’Europa con tanto di procedure di infrazione e minacce di espulsione, veniva elogiato e ossequiato (ma soprattutto perdonato) da tutti per la sua postura bellicista contro gli odiati russi. I nazisti del Battaglione “Azov”, da sempre onta dei governi ucraini per le loro insegne ispirate alla svastica, per l’ideologia suprematista e antisemita, e per i report dell’Onu, di Amnesty International e dell’Osce che li additano come autori di efferati crimini e torture contro i civili russofoni in Donbass e non solo, venivano riabilitati e addirittura esaltati sulla Rai del “servizio pubblico” (da Massimo Gramellini), su «Repubblica», sul «Corriere della Sera» e sul «Foglio» (a firma di un’ex spia prezzolata della Cia: Giuliano Ferrara). In compenso, il vignettista Vauro veniva additato come “antisemita” per aver disegnato il naso un po’ troppo grosso a Zelensky (come sempre avviene nelle caricature). Insomma, il tentativo di trasformare una guerra regionale in una guerra mondiale aveva ottime speranze di successo, grazie a una mirabile divisione dei compiti che Antonello Ciccozzi, docente di Antropologia culturale all’Università dell’Aquila, fotografava così: «In Ucraina, alla rappresentazione dualistica tra invasi e invasori, dovremmo aggiungere un terzo elemento: gli invasati». “
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Dalla prefazione di Marco Travaglio a:
Franco Cardini, Fabio Mini, Ucraina. La guerra e la storia, Paper First, Maggio 2022 [Libro elettronico]
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orotrasparente · 1 year ago
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nei commenti su tiktok la gente si stupisce che i giuristi (in particolare la magistratura) siano 500 volte più propensi dei politici a garantire i diritti dei cittadini (salario minimo, fine vita, figli di coppie di fatto ecc.)
grazie al cazzo abbiamo/hanno studiato come bestie da macello per anni, mentre il 90% di chi sta in parlamento a stento sa leggere e scrivere
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raffaeleitlodeo · 1 year ago
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La controrivoluzione delle élite di cui non ci siamo accorti: intervista a Marco D’Eramo - L'indipendente on line
Fisico, poi studente di sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi, giornalista di Paese Sera, Mondoperaio e poi per lungo tempo de il manifesto. Marco D’Eramo ha di recente pubblicato il saggio Dominio, la guerra invisibile contro i sudditi (ed. Feltrinelli, 2020), un libro prezioso che, con uno stile agevole per tutti e dovizia di fonti, spiega come l’Occidente nell’ultimo mezzo secolo sia stato investito di una sorta di rivoluzione al contrario, della quale quasi nessuno si è accorto: quella lanciata dai dominanti contro i dominati. Una guerra che, almeno al momento, le élite stanno stravincendo e che si è mossa innanzitutto sul piano della battaglia delle idee per (ri)conquistare l’egemonia culturale e quindi le categorie del discorso collettivo. Una chiacchierata preziosa, che permette di svelare il neoliberismo per quello che è, ovvero un’ideologia che, in quanto tale, si muove attorno a parole e concetti chiave arbitrari ma che ormai abbiamo assimilato al punto di darli per scontati, ma che – una volta conosciuti – possono essere messi in discussione.
Ci parli di questa rivoluzione dei potenti contro il popolo, cosa è successo?
Nella storia i potenti hanno sempre fatto guerra ai sudditi, se no non sarebbero rimasti potenti, questo è normale. Il fatto è che raramente i sudditi hanno messo paura ai potenti: è successo nel 490 a.C., quando la plebe di Roma si ritirò sull’Aventino e ottenne i tribuni della plebe. Poi, per oltre duemila anni, ogni volta che i sudditi hanno cercato di ottenere qualcosa di meglio sono stati brutalmente sconfitti. Solo verso il 1650 inizia l’era delle rivoluzioni, che dura circa tre secoli, dalla decapitazione di re Carlo I d’Inghilterra fino alla rivoluzione iraniana, passando per quella francese e quelle socialiste. Da cinquant’anni non si verificano nuove rivoluzioni.
E poi cosa è successo?
Con la seconda guerra mondiale le élite hanno fatto una sorta di patto con i popoli: voi andate in guerra, noi vi garantiamo in cambio maggiori diritti sul lavoro, pensione, cure, eccetera. Dopo la guerra il potere dei subalterni è continuato a crescere, anche in Italia si sono ottenute conquiste grandiose come lo statuto dei Lavoratori, il Servizio Sanitario Nazionale ed altro. A un certo punto, le idee dei subordinati erano divenute talmente forti da contagiare le fasce vicine ai potenti: nascono organizzazioni come Medicina Democratica tra i medici, Magistratura Democratica tra i magistrati, addirittura Farnesina Democratica tra gli ambasciatori. In Italia come in tutto l’Occidente le élite hanno cominciato ad avere paura e sono passate alla controffensiva.
In che modo?
Hanno lanciato una sorta di controguerriglia ideologica. Hanno studiato Gramsci anche loro e hanno agito per riprendere l’egemonia sul piano delle idee. Partendo dai luoghi dove le idee si generano, ovvero le università. A partire dal Midwest americano, una serie di imprenditori ha cominciato a utilizzare fondazioni per finanziare pensatori, università, convegni, pubblicazioni di libri. Un rapporto del 1971 della Camera di Commercio americana lo scrive chiaramente: “bisogna riprendere il controllo e la cosa fondamentale è innanzitutto il controllo sulle università”. Da imprenditori, hanno trattato le idee come una merce da produrre e vendere: c’è la materia prima, il prodotto confezionato e la distribuzione. Il primo passo è riprendere il controllo delle università dove la materia prima, ovvero le idee, si producono; per il confezionamento si fondano invece i think tank, ovvero i centri studi dove le idee vengono digerite e confezionate in termini comprensibili e affascinanti per i consumatori finali, ai quali saranno distribuiti attraverso giornali, televisioni, scuole secondarie e così via. La guerra si è combattuta sui tre campi della diffusione delle idee, e l’hanno stravinta.
Quali sono le idee delle élite che sono divenute dominanti grazie a questa guerra per l’egemonia?
La guerra dall’alto è stata vinta a tal punto che non usiamo più le nostre parole. Ad esempio, la parola “classe” è diventata una parolaccia indicibile. Eppure Warren Buffet, uno degli uomini più ricchi del mondo, lo ha detto chiaramente: «certo che c’è stata la guerra di classe, e l’abbiamo vinta noi». O come la parola “ideologia”, anche quella una parolaccia indicibile. E allo stesso tempo tutte le parole chiave del sistema di valori neoliberista hanno conquistato il nostro mondo. Ma, innanzitutto, le élite sono riuscite a generare una sorta di rivoluzione antropologica, un nuovo tipo di uomo: l’homo economicous. Spesso si definisce il neoliberismo semplicemente come una versione estrema del capitalismo, ma non è così: tra la teoria liberale classica e quella neoliberista ci sono due concezioni dell’uomo radicalmente differenti. Se nel liberalismo classico l’uomo mitico è il commerciante e l’ideale di commercio è il baratto che si genera tra due individui liberi che si scambiano beni, nel neoliberismo l’uomo ideale diventa l’imprenditore e il mito fondatore è quello della competizione, dove per definizione uno vince e l’altro soccombe.
Quindi rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto siamo diventati un’altra specie umana senza accorgercene?
L’idea che ogni individuo è un imprenditore genera una serie di conseguenze enormi. La precondizioni per poter avviare un’impresa è avere qualcosa da investire, e se non ho capitali cosa investo? A questa domanda un neoliberista risponde: «il tuo capitale umano». Questa è una cosa interessantissima perché cambia tutte le nozioni precedenti. Intanto non vale l’idea del rapporto di lavoro come lo conoscevamo: non esiste più un imprenditore e un operaio, ma due capitalisti, dei quali uno investe denaro e l’altro capitale umano. Non c’è nulla da rivendicare collettivamente: lo sfruttamento scompare, dal momento che è un rapporto tra capitalisti. Portando il ragionamento alle estreme conseguenze, nella logica dominante, un migrante che affoga cercando di arrivare a Lampedusa diventa un imprenditore di sé stesso fallito, perché ha sbagliato investimento. Se ci si riflette bene, la forma sociale che meglio rispecchia questa idea del capitale umano non è il liberalismo ma lo schiavismo, perché è lì che l’uomo è letteralmente un capitale che si può comprare e vendere. Quindi non credo sia errato dire che, in verità, il mito originario (e mai confessato) del neoliberismo non è il baratto ma lo schiavismo. Il grande successo che hanno avuto i neoliberisti è di farci interiorizzare quest’immagine di noi stessi. È una rivoluzione culturale che ha conquistato anche il modo dei servizi pubblici. Per esempio le unità sanitarie locali sono diventate le aziende sanitarie locali. Nelle scuole e nelle università il successo e l’insuccesso si misurano in crediti ottenuti o mancanti, come fossero istituti bancari. E per andarci, all’università, è sempre più diffusa la necessità di chiedere prestiti alle banche. Poi, una volta che hai preso il prestito, dovrai comportarti come un’impresa che ha investito, che deve ammortizzare l’investimento e avere profitti tali da non diventare insolvente. Il sistema ci ha messo nella situazione di comportarci e di vivere come imprenditori.
Ritiene che l’ideologia neoliberista abbia definitivamente vinto la propria guerra o c’è una soluzione?
Le guerre delle idee non finiscono mai, sembra che finiscano, ma non è così. Se ci pensiamo, l’ideologia liberista è molto strana, nel senso che tutte le grandi ideologie della storia offrivano al mondo una speranza di futuro migliore: le religioni ci promettevano un aldilà di pace e felicità, il socialismo una società del futuro meravigliosa, il liberalismo l’idea di un costante miglioramento delle condizioni di vita materiali. Il neoliberismo, invece, non promette nulla ed anzi ha del tutto rimosso l’idea di futuro: è un’ideologia della cedola trimestrale, incapace di ogni tipo di visione. Questo è il suo punto debole, la prima idea che saprà ridare al mondo un sogno di futuro lo spazzerà via. Ma non saranno né i partiti né i sindacati a farlo, sono istituzioni che avevano senso nel mondo precedente, basato sulle fabbriche, nella società dell’isolamento e della sorveglianza a distanza sono inerti.
Così ad occhio non sembra esserci una soluzione molto vicina…
Invece le cose possono cambiare rapidamente, molto più velocemente di quanto pensiamo. Prendiamo la globalizzazione: fino a pochi anni fa tutti erano convinti della sua irreversibilità, che il mondo sarebbe diventato un grande e unico villaggio forgiato dal sogno americano. E invece, da otto anni stiamo assistendo a una rapida e sistematica de-globalizzazione. Prima la Brexit, poi l’elezione di Trump, poi il Covid-19, poi la rottura con la Russia e il disaccoppiamento con l’economia cinese. Parlare oggi di globalizzazione nei termini in cui i suoi teorici ne parlavano solo vent’anni fa sembrerebbe del tutto ridicolo, può essere che tra vent’anni lo sarà anche l’ideologia neoliberista.
Intanto chi è interessato a cambiare le cose cosa dovrebbe fare?
Occorre rimboccarsi le maniche e fare quello che facevano i militanti alla fine dell’Ottocento, ovvero alfabetizzare politicamente le persone. Una delle grandi manovre in questa guerra culturale lanciata dal neoliberismo è stata quella di ricreare un analfabetismo politico di massa, facendoci ritornare plebe. Quindi è da qui che si parte. E poi bisogna credere nel conflitto, progettarlo, parteciparvi. Il conflitto è la cosa più importante. Lo diceva già Machiavelli: le buone leggi nascono dai tumulti. Tutte le buone riforme che sono state fatte, anche in Italia, non sono mai venute dal palazzo. Il Parlamento ha tutt’al più approvato istanze nate nelle strade, nei luoghi di lavoro, nelle piazze. Lo Statuto dei Lavoratori non è stato fatto dal Parlamento per volontà della politica, ma a seguito della grande pressione esterna fatta dai movimenti, cioè dalla gente che si mette insieme. Quindi la prima cosa è capire che il conflitto è una cosa buona. La società deve essere conflittuale perché gli interessi dei potenti non coincidono con quelli del popolo. Già Aristotele lo diceva benissimo: i dominati si ribellano perché non sono abbastanza eguali e i dominanti si rivoltano perché sono troppo eguali. Questa è la verità.
[di Andrea Legni]
https://www.lindipendente.online/2023/11/01/la-controrivoluzione-delle-elite-di-cui-non-ci-siamo-accorti-intervista-a-marco-deramo/?fbclid=IwAR0J1ttaujW9lXdoC3r4k5Jm46v3rQM_NMampT4Sd_Q-FX4D-7TFWKXhn3c
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marcoleopa · 1 year ago
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Carabiniere a manifestante, “Mattarella non è il mio presidente” - Il Sole 24 ORE
Ripassino veloce veloce, della Costituzione Italiana per Carabiniere sarcastico, emulo del Vannacci di turno, al quale, affidiamo la sicurezza del paese (J.V.Borghese docet)
Titolo II - Il Presidente della Repubblica
Art. 83.
Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri.
All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d'Aosta ha un solo delegato.
L'elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell'assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.
Art. 84.
Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d'età e goda dei diritti civili e politici.
L'ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica.
L'assegno e la dotazione del Presidente sono determinati per legge.
Art. 85.
Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.
Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.
Se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica.
Art. 86.
Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato.
In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione.
Art. 87.
Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.
Può inviare messaggi alle Camere.
Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.
Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica.
Art. 88.
Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse.
Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.
Art. 89.
Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.
Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Art. 90.
Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.
Art. 91.
Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune.
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aki1975 · 2 years ago
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Roma - Mura Serviane - VI sec. a. C.
La tradizione vuole che Roma, sorta sulle rive del Tevere per sfruttare il passaggio fra le colonie etrusche, abbia vissuto i primi secoli della sua storia sotto un ordinamento monarchico con i seguenti sovrani:
- Romolo che avrebbe regnato dal 753 a.C., anno della fondazione di Roma, al 713 ed avrebbe definito il pomerium sul Palatino, creato il Senato di 100 membri come assemblea dei capi dei consorzi gentilizi (patroni e clienti) che si erano uniti nella città;
seguito, dopo il “ratto” avvenuto al Circo Massimo sotto il regno di Romolo, dalla coreggenza con il sabino Tito Tazio (750 a. C. - 745 a. C.) e dai sovrani di origine sabina:
- Numa Pompilio (713-670)
- Tullo Ostilio (670-638) sotto il quale, anche grazie all’episodio degli Orazi e Curiazi, venne sconfitta Alba Longa (665 a. C.) e costruito il porto di Ostia (640 a. C.)
- Anco Marzio (detto anche Anco Marcio, 638-616) che costruì il primo ponte sul Tevere e vi pose a custode il “pontifex”
seguito dagli ultimi di origine etrusca:
- Tarquinio Prisco (616-578) sotto il quale si bonificò l’area sotto il Palatino grazie alla Cloaca Maxima e si migliorò l’agricoltura
- Servio Tullio (578-534) che costruì le Mura Serviane (prima le difese erano date dai singoli colli) ampliò a 300 i membri del Senato e riformò, dall'originario assetto tribale a suddivisioni fondate su classi socio-economiche, introducendo la falange oplitica, attribuendo più diritti ai cittadini che potevano armarsi in modo più efficace e costituendo i comizi centuriati rappresentativi del “popolo in armi”
- Tarquinio il Superbo (534-509) che affermò la leadership romana nel Lazio, concluse accordi commerciali con la colonia greca di Cuma (presso Pozzuoli) e con Cartagine.
La cacciata di Tarquinio il Superbo fu dovuta, secondo la leggenda, alla violenza perpetrata dal figlio a Lucrezia, moglie del nobile Collatino. In realtà, la fine del periodo monarchico determinò l’ascesa del potere aristocratico concentrato nel Senato e nella magistratura annuale dei due Consoli. I primi due furono proprio Collatino e Giunio Bruto.
Inoltre, il fatto che Tarquinio si fosse riparato presso il lucumone degli Etruschi Porsenna indica anche la resa dei conti fra Roma e quella popolazione: le prove di Muzio Scevola e Orazio Coclite e la vittoria, nel 496 a. C., al Lago Regillo segnano anche l’affermazione di Roma nell’Italia Centrale.
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notiziariofinanziario · 2 months ago
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Relativamente alla designazione dei Paesi sicuri, il giudice ordinario non può sostituirsi al ministro degli Affari esteri. Non può neppure annullare con effetti erga omnes il decreto ministeriale. Può tuttavia", "valutare la sussistenza dei presupposti di legittimità di tale designazione, ed eventualmente disapplicare in via incidentale, in parte qua, il decreto ministeriale recante la lista dei paesi sicuri, allorché la designazione operata dall'autorità governativa contrasti in modo manifesto", "con i criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea o nazionale". Lo ha reso noto la Corte di Cassazione che ha risposto ad un rinvio pregiudiziale del tribunale di Roma precedente il decreto con cui il governo ha modificato la lista dei paesi sicuri. La sentenza è stata depositata nelle giornata di giovedì 19 dicembre. La Corte di cassazione ha risposto al rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Roma il 1° luglio 2024. La Prima Sezione civile della Corte di Cassazione, nel ribadire che il giudice ordinario è il garante dell'effettività, nel singolo caso concreto al suo esame, dei diritti fondamentali del richiedente asilo, ha affermato che è riservata al circuito democratico della rappresentanza popolare la scelta politica di prevedere, in conformità della disciplina europea, un regime differenziato di esame delle domande di asilo per gli stranieri che provengono da paesi di origine designati come sicuri". Per i giudici della Cassazione quindi, "a garanzia dell'effettività del ricorso e della tutela, il giudice conserva l'istituzionale potere cognitorio, ispirato al principio di cooperazione istruttoria, là dove il richiedente abbia adeguatamente dedotto l'insicurezza nelle circostanze specifiche in cui egli si trova. In quest'ultimo caso, pertanto, la valutazione governativa circa la natura sicura del paese di origine non è decisiva, sicché non si pone un problema di disapplicazione del decreto ministeriale". Bonelli: la Cassazione smentisce Meloni  "La sentenza della Cassazione sui Paesi sicuri smaschera per l'ennesima volta l'arroganza del governo Meloni. Questo Esecutivo calpesta la legge e tenta di delegittimare la magistratura, ma solo nei regimi un governo può ritenersi al di sopra della legge e sostituirsi alla magistratura come sta accadendo in Italia. La Cassazione ha stabilito che i giudici possono verificare se un Paese sia davvero sicuro per chi chiede asilo e disapplicare i decreti ministeriali quando violano la normativa europea e nazionale. Una sconfitta evidente per un governo che punta solo alla propaganda e all'attacco ai diritti fondamentali". Così in una nota Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde. Read the full article
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avvloscerbo · 3 months ago
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I Giudici e la Sovranità: Una Riflessione sul Ruolo della Magistratura
I Giudici e la Sovranità: Una Riflessione sul Ruolo della Magistratura
Nell’articolo di Alfredo Mantovano pubblicato da Libero Quotidiano, intitolato "I nostri giudici e la sovranità messa a rischio" (https://www.liberoquotidiano.it/news/politica/40951693/i-nostri-giudici-e-la-sovranita-messa-a-rischio-l-intervento-di-alfredo-mantovano.html), si affronta un tema di grande rilevanza: il rapporto tra le decisioni della magistratura e la sovranità dello Stato. La riflessione parte da una serie di episodi giudiziari che, secondo l’autore, mettono in discussione il delicato equilibrio tra i poteri dello Stato, evidenziando come alcune pronunce possano condizionare politiche nazionali di cruciale importanza.
Il contributo della magistratura nel contesto democratico In un sistema democratico, la magistratura gioca un ruolo fondamentale nel garantire l’applicazione delle leggi e il rispetto dei diritti costituzionali. Tuttavia, quando le decisioni giudiziarie iniziano a incidere direttamente su temi di politica nazionale o a rimettere in discussione decisioni legislative, si apre un dibattito complesso. Questo equilibrio deve essere mantenuto con attenzione per non compromettere né l'indipendenza del potere giudiziario né la sovranità del legislatore.
Sovranità e diritti: un binomio indissolubile La sovranità statale non può mai essere interpretata come un principio che si oppone al rispetto dei diritti fondamentali. Al contrario, è proprio attraverso un’efficace tutela dei diritti che uno Stato sovrano può mantenere la propria legittimità. Quando le corti intervengono su questioni sensibili, come l'immigrazione o la gestione dei confini, è necessario che queste decisioni siano pienamente radicate nei principi costituzionali e nella protezione dei diritti umani.
Un confronto costruttivo tra istituzioni Le osservazioni di Mantovano sollevano una domanda importante: come può essere rafforzato il dialogo tra i poteri dello Stato? Una risposta possibile è il potenziamento degli strumenti di confronto istituzionale, promuovendo una maggiore armonia tra legislazione e giurisprudenza. In questo modo, si può evitare che le decisioni giudiziarie siano percepite come una minaccia alla sovranità nazionale e, al contempo, garantire che i diritti fondamentali non vengano sacrificati.
Avv. Fabio Loscerbo
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afnews7 · 4 months ago
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L'operazione Albania è fallita e non è una sorpresa
Perché non sono solo fascistoidi e tendenzialmente disumani nel loro approccio con gli esseri umani (e il pianeta), ma sono pure degli incapaci (e/o ignoranti in materia legale – o forse non hanno alcun interesse nella legalità? Boh…)? IMVHO – #wireditalia #afnewsinfo – http://www.afnews.info segnala: E il governo insiste a far finta di niente, attaccando la magistratura e calpestando i diritti…
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pier-carlo-universe · 29 days ago
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Giorgia Meloni sotto inchiesta: polemiche sul rimpatrio del signore della guerra libico. Financial Times
Il 28 gennaio 2025, la Procura di Roma ha avviato un’indagine nei confronti della Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, e di alcuni membri del suo governo, tra cui il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. L’inchiesta riguarda la decisione del governo di rimpatriare in Libia Osama Elmasry Njeem, un signore della guerra libico ricercato…
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retelabuso · 4 months ago
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PERU’ - LETTERA APERTA AL PROCURATORE GENERALE E AL PRESIDENTE DELLA MAGISTRATURA
Le violazioni dei diritti fondamentali attraverso una cultura dell’abuso e della violenza in tutti i suoi estremi (di potere, psicologico, fisico, economico, lavorativo, spirituale e sessuale) stabilita dal fondatore del Sodalitium di Vita Cristiana (SCV), il laico Luis Fernando Figari, recentemente espulso da quell’organizzazione dal Vaticano,   e i responsabili di quell’organizzazione religiosa…
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carmenvicinanza · 5 months ago
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Maria Maddalena Rossi
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Le qualità di sensibilità, di intuizione, di tenacia, di pazienza, di coscienza, il senso di umanità che spesso si riscontrano nella donna, uniti alla conoscenza profonda del diritto, troverebbero un impiego infinitamente utile nel campo della Magistratura.
Maria Maddalena Rossi partigiana e politica italiana, è stata tra le poche donne che hanno scritto la Costituzione.
Nata a Codevilla, il 29 settembre 1906, in una numerosa famiglia benestante, è stata tra le prime a laurearsi in chimica all’università di Pavia.
Trasferitasi a lavorare a Milano, dalla metà degli anni Trenta, è stata attiva nel Partito comunista d’Italia clandestino, impegnandosi in particolare nelle attività legate al Soccorso Rosso, che forniva supporto ai prigionieri comunisti e alle loro famiglie.
Per la sua militanza, nel 1942, venne mandata al confino. Tornata in libertà l’anno successivo, ha vissuto in Svizzera dove si occupava di raccogliere fondi per la lotta armata e della produzione e distribuzione dei periodici clandestini anti-fascisti, che fornivano informazione agli italiani prigionieri e esuli.
Al suo rientro in Italia, nel 1944, scriveva per “l’Unità” che, ai tempi, era ancora clandestina, e venne nominata responsabile della Commissione Stampa e Propaganda della Direzione Alta Italia del PCI.
Nel 1946 è stata eletta all’Assemblea Costituente aderendo al Gruppo Comunista. Ha fatto parte della Commissione per i trattati internazionali, intervenendo in merito all’approvazione del Trattato di pace fra l’Italia e le potenze alleate, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947.
Si è battuta per il riconoscimento della parità femminile sia nella famiglia che nel mondo del lavoro con interventi sull’obbligo da parte dello Stato di tutelare la famiglia e l’eguaglianza morale e civile dei coniugi e conducendo con determinazione una battaglia per l’accesso delle donne alla Magistratura.
Eletta alla Camera dei Deputati nella prima, seconda e terza legislatura repubblicana, si è distinta per il suo impegno a favore di donne e minori.
La pace tra i popoli e gli stati è stata una costante del suo impegno, sia in Parlamento sia come dirigente dell’Unione Donne Italiane di cui è stata Presidente Nazionale dal 1947 al 1953.
Nel 1963 si era trasferita a Porto Venere, in provincia di La Spezia, comune in cui è stata prima consigliera comunale e assessora ai lavori pubblici e poi sindaca, dal 1970 al 1975.
È morta nella sua casa di Milano a sole 2 settimane dal compimento dei suoi 89 anni, il 19 settembre 1995.
Riposa nel suo paese natale, Codevilla, dove ha lasciato la sua ricca collezione di arte contemporanea, insieme a parecchi libri e dischi.
Dal 2 novembre 2015 il suo nome è iscritto al Famedio del cimitero monumentale di Milano.
Il contributo di Maria Maddalena Rossi in tante battaglie politiche e civili, è stato fondamentale alla formazione della democrazia e per la tutela di tanti diritti.
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ginogirolimoni · 7 months ago
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Dicono: “Brugnaro è un imprenditore prestato alla politica!”, ma cosa “imprendeva”, cosa produceva prima di prestarsi alla politica? Nel 1997 Luigi Brugnano fonda un’agenzia, la Umana (che diventerà in seguito una Holding), che in meno di dieci anni giunge ad un fatturato di circa 300 milioni di euro, in questa agenzia egli raggruppa 20 aziende operative nei servizi, nella manifattura, nell’edilizia e nell’agricoltura.
Cosa vuol dire? Che Brugnaro si occupa di fornitura a tempo di manodopera in tutti quei settori indicati (servizi, manifattura, edilizia e agricoltura), in “somministrazione”, cioè in dosi interinali (cioè quando gli servi ti chiamano, quando non gli servi non ti chiamano, se rompi le palle o accampi diritti sei tagliato fuori … faceva parte del “pacchetto Treu” … proprio un bel pacchetto, che ha consentito a gente come Brugnano, con metodi di caporalato legale, di guadagnare 300 milioni di euro).
Tralascio qui i suoi trascorsi in Confindustria e a sua ascesa politica, ma non posso tralasciare il fatto che Brugnaro possiede, avendo fatto un’offerta di 513.000 euro nel maggio 2014, che è stata accolta, un’isola della laguna di Venezia: Poveglia; l’idea di base era di farne dei resort meta esclusiva di persone piene di schei (perché quelli contano, nella testa di Brugnaro, dei suoi elettori e, ormai di quasi tutti i veneti dal Presidente di Regione fino al più scalcagnato mozzo di sentina o contadin della bassa polesana, ci sono solo schei, venderebbero Venezia, la laguna intera come brodo Star, le Dolomiti, la cappella degli Scrovegni e la Basilica del Santo in cambio di schei sonanti e tintinnanti).
Ma, dal momento che Brugnaro è sindaco e proprietario (pro tempore) di un’isola nella città che amministra, gli sembrava brutto speculare così apertamente, per cui ha di recente dichiarato di non voler realizzare un hotel per turismo, ma un centro internazionale di ricerca e cura dei disturbi alimentari con approccio multidisciplinare, che avrebbe creato 200 nuovi posti di lavoro… vedremo danarosi turisti travestiti da ricercatori dei disturbi alimentari, gente che gira per i resort col camice bianco da ricercatore griffato, intenti ad assaggiare i piatti più prelibati della cucina italiana allo scopo di prevenire i disturbi alimentari propri e quelli di Brugnaro.
La giunta di Venezia è solo l’ultima di una lunga serie di città, comuni, regioni indagate, e non c’è destra e non c’é sinistra, no non sono qualunquista, purtroppo è realtà, basta guardare le indagini che non risparmiano nessun partito e le critiche feroci alla magistratura che arrivano ormai da ogni parte.
Li abbiamo visti, li vediamo e, purtroppo continueremo a vederli: non uomini politici ma “imprenditori”, trafficanti, affaristi, arraffoni, col loro “comitato d’affari” al seguito; non vanno li per amministrare la cosa pubblica per il bene comune, ma per mettere le loro mani sul potere e fare gli affari propri.
Dovunque ti giri, dovunque ti volti, trovi “comitati di affari” in cerca di pubblico potere, vogliono mettere le mani sulla sala di comando, dove si aprono i rubinetti dei soldi e del potere, arraffano tutto ciò che si può arraffare e prendono tutto ciò che si può prendere, comprese le persone che si vendono o si prosternano di fronte al potere.
Ma non crediate che chi è al vertice della piramide gode del possesso del suo potere e del denaro che gli si rende disponibile, sareste non solo delusi, ma addirittura esterrefatti se poteste constatare quanto già loro siano schiavi del potere che rappresentano.
Ho lavorato con le dipendenze: da sostanze, dal gioco, da internet e mondi virtuali, dalle sette religiose che ti fanno il lavaggio del cervello e, importata di recente dalle americhe, la dipendenza dal sesso; sono tutte delle brutte bestie da combattere e spesso la lotta è ardua e non sai se sarà vinta.
Ma il potere, il brivido che ti da, quel senso di onnipotenza, è la dipendenza più potente fra tutte, quella di cui non ti liberi e soccombi credendo di essere beato e un privilegiato.
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cinquecolonnemagazine · 8 months ago
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Iran al voto: chi sono i sei candidati?
Sei candidati, cinque conservatori e un riformista, si contendono la presidenza dell'Iran per il voto alle elezioni anticipate del 28 giugno, convocate dopo la morte dell'ex presidente ultraconservatore Ebrahim Raisi in un incidente in elicottero a maggio. Solo loro sono stati approvati dal Consiglio dei Guardiani, l'organo che supervisiona le elezioni nella Repubblica Islamica. Iran al voto ed i candidati: Said Jalili 58 anni, è considerato uno dei politici più estremisti del Paese. Ex segretario del Consiglio Supremo di Sicurezza, ha guidato i negoziati sul nucleare e si è opposto alla ripresa dei colloqui per ripristinare l'accordo del 2015, dal quale gli Stati Uniti sono usciti unilateralmente sotto la presidenza di Donald Trump. Nato a Mashhad come Khamenei, ha conseguito un dottorato all'Università Imam Sadegh, fucina ideologica del regime. Soprannominato il "martire vivente" per aver perso una gamba nella guerra Iran-Iraq come membro dei basij, la forza paramilitare iraniana sotto il controllo dei pasdaran, è membro del Consiglio per il Discernimento, principale organo consultivo della Guida Suprema. Ha fallito la corsa alla presidenza nel 2013 e nel 2021, ma potrebbe contare sul sostegno di alcuni dei collaboratori più stretti di Raisi. È uno dei due favoriti alla presidenza. Alireza Zakani Nato nel 1966, ha tentato di candidarsi nelle elezioni del 2013 senza successo, venendo poi ammesso nelle presidenziali del 2021, che hanno visto la vittoria di Raisi. Critico dei negoziati sul programma nucleare iraniano quando era parlamentare, è noto come il "carro armato rivoluzionario" per la sua retorica aggressiva e gli attacchi ai riformisti. Questo stile combattivo lo ha mantenuto anche come sindaco della capitale, ruolo che ha iniziato nel 2021, ottenendo notevoli risorse finanziarie e una certa indipendenza dal governo. Ha guidato la recente campagna di repressione per imporre l'hijab alle donne ed è soggetto a sanzioni dal Regno Unito per gravi violazioni dei diritti umani. Amir Hossein Ghazizadeh Hashemi 53 anni, medico di formazione, è un ex membro del Parlamento ed ex primo vicepresidente. Esponente della destra radicale, si è candidato alla presidenza nel 2021 senza successo. Raisi lo aveva poi nominato vicepresidente e capo della Fondazione per gli Affari dei Martiri e dei Veterani, una fondazione parastatale soggetta a sanzioni per aver indirizzato risorse a organizzazioni come Hezbollah. Tra i conservatori pragmatici o moderati sono inclusi Ghalibaf e Mostafa Pourmohammadi, come notato dal sito Amwaj. Mohammad-Bagher Qalibaf Nato nel 1961, è alla sua quarta candidatura a presidente ed è il grande favorito di queste elezioni. Ex sindaco di Teheran, ex comandante dei pasdaran durante la guerra Iran-Iraq e capo della polizia, Qalibaf si è vantato di aver represso manifestazioni con la violenza nel 1999 e di aver ordinato di sparare sui manifestanti durante le proteste del 2003. Appoggiato dai pasdaran, ha legami con la cerchia ristretta della Guida Suprema, Ali Khamenei, e gode del sostegno anche tra i centristi. È coinvolto in vari scandali per corruzione. Mostafa Pourmohammadi 64 anni, nato nella città santa sciita di Qom, è l'unico religioso ammesso alle presidenziali e ha poche possibilità di vittoria. Membro del "Comitato della Morte" che ha approvato l'esecuzione di migliaia di prigionieri politici alla fine degli anni '80, è stato ministro della Giustizia sotto Ahmadinejad e Rohani. Vanta un notevole pedigree nell'apparato, dalla burocrazia all'ufficio di Khamenei, passando per la magistratura e l'esecutivo. È stato squalificato quest'anno dalle elezioni per il rinnovo dell'Assemblea degli Esperti. Massoud Pezeshkian L'unico riformista ammesso alla corsa alla presidenza, 70 anni e di origine azera. Ha cresciuto tre figli da solo dopo la morte della moglie in un incidente. Parlamentare da due decenni, oltre a moderati e riformisti, la sua candidatura si rivolge anche ai circa 18 milioni di azeri. Pezeshkian si è espresso contro la mancanza di trasparenza del governo durante le proteste innescate dalla morte di Mahsa Amini nel 2022, mentre era in custodia della polizia morale. Medico esperto, è stato ministro della Sanità sotto il presidente riformista Mohammad Khatami (1997-2005) e ha criticato esplicitamente il governo sulla questione dell'hijab obbligatorio. Foto di jorono da Pixabay Read the full article
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