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Renato Balduzzi: Migranti in Albania – Una Questione Giuridica, Non Politica
La riflessione di Renato Balduzzi sulla distinzione tra politica e diritto nella gestione dei migranti nelle strutture italiane in Albania.
La riflessione di Renato Balduzzi sulla distinzione tra politica e diritto nella gestione dei migranti nelle strutture italiane in Albania. In un editoriale pubblicato su Avvenire, Renato Balduzzi, giurista e politico italiano, affronta una questione di grande attualità: la mancata convalida, da parte del Tribunale di Roma, dei provvedimenti di trattenimento dei migranti nelle strutture…
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E con Donald Trump se ne va la nostra democrazia.
Prepariamoci a limitazioni dei nostri diritti, tipo non andare a lavoro o in alcuni luoghi se non si ha un lasciapassare digitale, non poter mandare al nido e materne i nostri bambini se non sono stati sottoposti ad un determinato trattamento sanitario, non poter accendere il riscaldamento prima di una determinata data, non poter far grigliate in giardino in determinati periodi.
Prepariamoci ad un regime totalitario che imporrà ristrutturazioni per le nostre case entro un certo anno e renderà impossibile assicurarle se non conformi alle nuove regole imposte.
Prepariamoci ad un’economia centralizzata, dove burocrati non eletti imporranno ad aziende automobilistiche cosa produrre e cosa non produrre, non in base alla domanda dei consumatori, ma alle nuove regole e se gli alti costi faranno aumentare i prezzi delle auto meglio ancora, sarà ambizioso per il nuovo regime veder ridurre la circolazione di autovetture private in favore dei prestanti e sempre puntuali mezzi pubblici.
Prepariamoci a banconi alimentari in cui la carne e la verdura saranno costosissime e prodotte da pochi sopravvissuti a politiche economiche folli in cui sarà vietato coltivare più di TOT ettari e sarà ipertassato ogni capo di bestiame (scureggione, ndr).
Prepariamoci ad un regime in cui la violenza nelle strade sarà talmente aumentata a causa di delinquenti importati e lasciati delinquere dalla magistratura che sarà da folli uscire la sera da soli, a maggior ragione se donne.
Prepariamoci ad una demonizzazione prima e rimozione poi dei social network più “liberi”, l’anonimato non sarà più permesso, ogni account potrà esistere solo se collegato a nome e cognome di una persona vera. Ogni notizia considerata falsa verrà censurata. A decidere cosa sia falso e cosa non lo sia non sarà più l’utente con le proprie valutazioni, e nemmeno le note della comunità del social: a deciderlo sarà un’autorità con determinati permessi, possibilmente eletti dal partito in carica.
Ci aspetta un futuro buio.
via https://x.com/Moana_Ponzi/status/1854211176244416541
eh che vuoi Moana, noi che queste cose ce le ricordiamo perché la memoria per non si valuta in giga, e le diciamo a quelli che invece no e vivono solo nel presente dei desideri come i cani di Cesar Millan, beh noi siam brutte persone.
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nei commenti su tiktok la gente si stupisce che i giuristi (in particolare la magistratura) siano 500 volte più propensi dei politici a garantire i diritti dei cittadini (salario minimo, fine vita, figli di coppie di fatto ecc.)
grazie al cazzo abbiamo/hanno studiato come bestie da macello per anni, mentre il 90% di chi sta in parlamento a stento sa leggere e scrivere
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La doppia morale del ministro Valditara, sospende un professore per quel che ha detto fuori dalle mura scolastiche ma rivendica il proprio diritto di manifestare davanti ad un tribunale come un “semplice cittadino” La sanzione inflitta dall’Ufficio scolastico regionale del Lazio, diretto da Anna Paola Sabatini, una rampante democristiana prima in quota Pd poi passata a Forza Italia, contro Christian Raimo (tre mesi di sospensione dall’insegnamento con dimezzamento dello stipendio), professore di filosofia in un liceo romano, vivace animatore culturale, già assessore alla cultura del III municipio del comune di Roma, candidato per Avs alle ultime elezioni europee, per aver espresso critiche molte aspre contro la politica dell’istruzione condotta dall’attuale ministro Giuseppe Valditara, non è solo un segnale ulteriore dell’autoritarismo di questo governo, composto da un ceto politico insofferente alle critiche e vigliaccamente vendicativo, ma la conferma della torsione disciplinare introdotta con la controriforma del voto in condotta che va di pari passo con regolamenti interni presenti in diversi istituti, ingiustificatamente repressivi, persino lesivi di alcuni diritti costituzionali degli stessi studenti. Ciò che più bisogna sottolineare in questa vicenda sono le modalità con sui è stata esercitata la rappresaglia del potere contro la parola critica. Il ministro, infatti, poteva ricorrere alla magistratura per far valere - se davvero queste erano fondate - le ragioni di un eventuale danno alla sua immagine. Quando si è espresso, infatti, Raimo non era in cattedra, non stava tenendo lezione ai suoi studenti ma parlava in uno spazio pubblico, all’interno di un dibattito sulla scuola durante la festa di Avs, lo scorso settembre. Era in qualità di cittadino e non di docente che Raimo interveniva esercitando un diritto costituzionale che forse a questo governo dispiace. Eppure la punizione comminata a Raimo non è quella di un giudice che avrebbe individuato contenuti diffamatori nelle sue dichiarazioni ma una sanzione inflitta per via gerarchica dal suo datore di lavoro, il ministero del Pubblica istruzione e – quanto mai – del (De)merito. E’ come se un chirurgo fosse stato sanzionato dal ministro della Sanità per quel che ha detto in una pubblica piazza. La classe docente non porta l’uniforme, non è armata, non esercita la forza legittima dello Stato per cui è legata dalla costituzione a stretti vincoli di fedeltà, condotta e riserbo. La classe docente non giura fedeltà ad alcun regime, è composta da liberi cittadini che all’interno della scuola devono rispettare un codice regolamentare e i doveri contrattuali e quando escono hanno la piena libertà di esprimersi e criticare nello spazio pubblico. Diritto che per altro il ministro Valditara rivendica per sé, senza riconoscerlo agli altri, quando come «semplice cittadino» - a suo dire - nonostante sia membro del governo, si è recato al presidio davanti al tribunale di Palermo per sostenere il suo segretario di partito Matteo Salvini accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio al processo Open Arms. Se questa sanzione non viene ricacciata indietro non si dovrà aspettare molto perché un qualunque ufficio scolastico si sentirà libero di sindacare anche i gusti sessuali e religiosi, oltre che politici, dei docenti fuori dalla scuola, perché questi possono «ledere l’immagine dell’istituzione scolastica». Non basta dunque la semplice solidarietà, serve anche reagire e mobilitarsi dentro e fuori le scuole e bene farà Raimo a presentare ricorso in sede amministrativa, perché ha ragione da vendere. Paolo Persichetti, Facebook
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Due donne completamente velate nel centro di Bruxelles: all'ordine del giorno da anni in quella città. Non dovrebbe essere permesso in alcuna città occidentale, ed è effettivamente vietato per gli occidentali, andare in giro in modo non riconoscibile, allora c'è da chiedersi perché questa TOLLERANZA A OLTRANZA E AUTOLESIONISTA quando si tratta delle cosiddette "minoranze etniche"?
Tolleranza zero, andrebbe applicata:
Primo perché è già vietato dalla legge quindi le nostre leggi, quando sensate, vanno applicate a tutti senza DISTINZIONE DI RAZZA E O DI ETNIA
Secondo, perché abbiamo cellule isis nelle nostre città e siamo in emergenza DICHIARATA terrorismo, a maggior ragione la legge contro il mascheramento andrebbe applicata con maggior rigore
Terzo, perché rappresenta un pugno nell'occhio e al cuore di tutte le donne, esattamente come le puttane in vetrina che vendono la loro mercanzia: due estremi degradanti, schiavizzanti, umilianti per ogni donna che si rispetti.
Quarto è falso che costoro abbiano la scelta, tranne alcune menomate di mente, SONO TUTTE COSTRETTE AL PORTO DEL VELO, QUANDO LO FANNO, DALLA LEGGE FAMILIARE E SOCIALE DA CUI DIPENDONO E DI CUI SONO SCHIAVE. Perché solo i diritti delle donne passano in secondo piano quando si parla dei diritti di tutti? Passano in secondo piano riguardo all' islam, riguardo ai gay e alla loro pretesa dell' utero in affitto: hanno tutti diritti meno le donne se davanti ci sono gli uomini: gay o musulmani che siano...uniti dalla stessa misoginia. La violenza contro le donne è meno violenza se davanti ci sono altre sigle: mezzaluna o LGBTQ .
MI OPPONGO NEL MODO PIU TOTALE ALLA LEGGE ETNICA RAZZISTA, DISCRIMINANTE E SEMPRE PIU PERVASIVA.
Visto che la maggior parte della popolazione non capisce neanche i distinguo semantici delle parole, sta SCHIFEZZA STA PASSANDO OVUNQUE, ma gli AVVOCATI E LA MAGISTRATURA DOVE SONO?
Nforcheri 3/9/2015
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Carabiniere a manifestante, “Mattarella non è il mio presidente” - Il Sole 24 ORE
Ripassino veloce veloce, della Costituzione Italiana per Carabiniere sarcastico, emulo del Vannacci di turno, al quale, affidiamo la sicurezza del paese (J.V.Borghese docet)
Titolo II - Il Presidente della Repubblica
Art. 83.
Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri.
All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d'Aosta ha un solo delegato.
L'elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell'assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.
Art. 84.
Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d'età e goda dei diritti civili e politici.
L'ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica.
L'assegno e la dotazione del Presidente sono determinati per legge.
Art. 85.
Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.
Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.
Se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica.
Art. 86.
Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato.
In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione.
Art. 87.
Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.
Può inviare messaggi alle Camere.
Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.
Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica.
Art. 88.
Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse.
Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.
Art. 89.
Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.
Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Art. 90.
Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.
Art. 91.
Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune.
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Roma - Mura Serviane - VI sec. a. C.
La tradizione vuole che Roma, sorta sulle rive del Tevere per sfruttare il passaggio fra le colonie etrusche, abbia vissuto i primi secoli della sua storia sotto un ordinamento monarchico con i seguenti sovrani:
- Romolo che avrebbe regnato dal 753 a.C., anno della fondazione di Roma, al 713 ed avrebbe definito il pomerium sul Palatino, creato il Senato di 100 membri come assemblea dei capi dei consorzi gentilizi (patroni e clienti) che si erano uniti nella città;
seguito, dopo il “ratto” avvenuto al Circo Massimo sotto il regno di Romolo, dalla coreggenza con il sabino Tito Tazio (750 a. C. - 745 a. C.) e dai sovrani di origine sabina:
- Numa Pompilio (713-670)
- Tullo Ostilio (670-638) sotto il quale, anche grazie all’episodio degli Orazi e Curiazi, venne sconfitta Alba Longa (665 a. C.) e costruito il porto di Ostia (640 a. C.)
- Anco Marzio (detto anche Anco Marcio, 638-616) che costruì il primo ponte sul Tevere e vi pose a custode il “pontifex”
seguito dagli ultimi di origine etrusca:
- Tarquinio Prisco (616-578) sotto il quale si bonificò l’area sotto il Palatino grazie alla Cloaca Maxima e si migliorò l’agricoltura
- Servio Tullio (578-534) che costruì le Mura Serviane (prima le difese erano date dai singoli colli) ampliò a 300 i membri del Senato e riformò, dall'originario assetto tribale a suddivisioni fondate su classi socio-economiche, introducendo la falange oplitica, attribuendo più diritti ai cittadini che potevano armarsi in modo più efficace e costituendo i comizi centuriati rappresentativi del “popolo in armi”
- Tarquinio il Superbo (534-509) che affermò la leadership romana nel Lazio, concluse accordi commerciali con la colonia greca di Cuma (presso Pozzuoli) e con Cartagine.
La cacciata di Tarquinio il Superbo fu dovuta, secondo la leggenda, alla violenza perpetrata dal figlio a Lucrezia, moglie del nobile Collatino. In realtà, la fine del periodo monarchico determinò l’ascesa del potere aristocratico concentrato nel Senato e nella magistratura annuale dei due Consoli. I primi due furono proprio Collatino e Giunio Bruto.
Inoltre, il fatto che Tarquinio si fosse riparato presso il lucumone degli Etruschi Porsenna indica anche la resa dei conti fra Roma e quella popolazione: le prove di Muzio Scevola e Orazio Coclite e la vittoria, nel 496 a. C., al Lago Regillo segnano anche l’affermazione di Roma nell’Italia Centrale.
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L'operazione Albania è fallita e non è una sorpresa
Perché non sono solo fascistoidi e tendenzialmente disumani nel loro approccio con gli esseri umani (e il pianeta), ma sono pure degli incapaci (e/o ignoranti in materia legale – o forse non hanno alcun interesse nella legalità? Boh…)? IMVHO – #wireditalia #afnewsinfo – http://www.afnews.info segnala: E il governo insiste a far finta di niente, attaccando la magistratura e calpestando i diritti…
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PERU’ - LETTERA APERTA AL PROCURATORE GENERALE E AL PRESIDENTE DELLA MAGISTRATURA
Le violazioni dei diritti fondamentali attraverso una cultura dell’abuso e della violenza in tutti i suoi estremi (di potere, psicologico, fisico, economico, lavorativo, spirituale e sessuale) stabilita dal fondatore del Sodalitium di Vita Cristiana (SCV), il laico Luis Fernando Figari, recentemente espulso da quell’organizzazione dal Vaticano, e i responsabili di quell’organizzazione religiosa…
#argentina#casi#governo#indagini#informazioni#Luis Fernando Figari#magistratura#minori#mondo#Papa#Papa Francesco#repubblica#Sara Oviedo#Sodalicio#sopravvissuti#vaticano#vittime
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Maria Maddalena Rossi
Le qualità di sensibilità, di intuizione, di tenacia, di pazienza, di coscienza, il senso di umanità che spesso si riscontrano nella donna, uniti alla conoscenza profonda del diritto, troverebbero un impiego infinitamente utile nel campo della Magistratura.
Maria Maddalena Rossi partigiana e politica italiana, è stata tra le poche donne che hanno scritto la Costituzione.
Nata a Codevilla, il 29 settembre 1906, in una numerosa famiglia benestante, è stata tra le prime a laurearsi in chimica all’università di Pavia.
Trasferitasi a lavorare a Milano, dalla metà degli anni Trenta, è stata attiva nel Partito comunista d’Italia clandestino, impegnandosi in particolare nelle attività legate al Soccorso Rosso, che forniva supporto ai prigionieri comunisti e alle loro famiglie.
Per la sua militanza, nel 1942, venne mandata al confino. Tornata in libertà l’anno successivo, ha vissuto in Svizzera dove si occupava di raccogliere fondi per la lotta armata e della produzione e distribuzione dei periodici clandestini anti-fascisti, che fornivano informazione agli italiani prigionieri e esuli.
Al suo rientro in Italia, nel 1944, scriveva per “l’Unità” che, ai tempi, era ancora clandestina, e venne nominata responsabile della Commissione Stampa e Propaganda della Direzione Alta Italia del PCI.
Nel 1946 è stata eletta all’Assemblea Costituente aderendo al Gruppo Comunista. Ha fatto parte della Commissione per i trattati internazionali, intervenendo in merito all’approvazione del Trattato di pace fra l’Italia e le potenze alleate, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947.
Si è battuta per il riconoscimento della parità femminile sia nella famiglia che nel mondo del lavoro con interventi sull’obbligo da parte dello Stato di tutelare la famiglia e l’eguaglianza morale e civile dei coniugi e conducendo con determinazione una battaglia per l’accesso delle donne alla Magistratura.
Eletta alla Camera dei Deputati nella prima, seconda e terza legislatura repubblicana, si è distinta per il suo impegno a favore di donne e minori.
La pace tra i popoli e gli stati è stata una costante del suo impegno, sia in Parlamento sia come dirigente dell’Unione Donne Italiane di cui è stata Presidente Nazionale dal 1947 al 1953.
Nel 1963 si era trasferita a Porto Venere, in provincia di La Spezia, comune in cui è stata prima consigliera comunale e assessora ai lavori pubblici e poi sindaca, dal 1970 al 1975.
È morta nella sua casa di Milano a sole 2 settimane dal compimento dei suoi 89 anni, il 19 settembre 1995.
Riposa nel suo paese natale, Codevilla, dove ha lasciato la sua ricca collezione di arte contemporanea, insieme a parecchi libri e dischi.
Dal 2 novembre 2015 il suo nome è iscritto al Famedio del cimitero monumentale di Milano.
Il contributo di Maria Maddalena Rossi in tante battaglie politiche e civili, è stato fondamentale alla formazione della democrazia e per la tutela di tanti diritti.
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Dicono: “Brugnaro è un imprenditore prestato alla politica!”, ma cosa “imprendeva”, cosa produceva prima di prestarsi alla politica? Nel 1997 Luigi Brugnano fonda un’agenzia, la Umana (che diventerà in seguito una Holding), che in meno di dieci anni giunge ad un fatturato di circa 300 milioni di euro, in questa agenzia egli raggruppa 20 aziende operative nei servizi, nella manifattura, nell’edilizia e nell’agricoltura.
Cosa vuol dire? Che Brugnaro si occupa di fornitura a tempo di manodopera in tutti quei settori indicati (servizi, manifattura, edilizia e agricoltura), in “somministrazione”, cioè in dosi interinali (cioè quando gli servi ti chiamano, quando non gli servi non ti chiamano, se rompi le palle o accampi diritti sei tagliato fuori … faceva parte del “pacchetto Treu” … proprio un bel pacchetto, che ha consentito a gente come Brugnano, con metodi di caporalato legale, di guadagnare 300 milioni di euro).
Tralascio qui i suoi trascorsi in Confindustria e a sua ascesa politica, ma non posso tralasciare il fatto che Brugnaro possiede, avendo fatto un’offerta di 513.000 euro nel maggio 2014, che è stata accolta, un’isola della laguna di Venezia: Poveglia; l’idea di base era di farne dei resort meta esclusiva di persone piene di schei (perché quelli contano, nella testa di Brugnaro, dei suoi elettori e, ormai di quasi tutti i veneti dal Presidente di Regione fino al più scalcagnato mozzo di sentina o contadin della bassa polesana, ci sono solo schei, venderebbero Venezia, la laguna intera come brodo Star, le Dolomiti, la cappella degli Scrovegni e la Basilica del Santo in cambio di schei sonanti e tintinnanti).
Ma, dal momento che Brugnaro è sindaco e proprietario (pro tempore) di un’isola nella città che amministra, gli sembrava brutto speculare così apertamente, per cui ha di recente dichiarato di non voler realizzare un hotel per turismo, ma un centro internazionale di ricerca e cura dei disturbi alimentari con approccio multidisciplinare, che avrebbe creato 200 nuovi posti di lavoro… vedremo danarosi turisti travestiti da ricercatori dei disturbi alimentari, gente che gira per i resort col camice bianco da ricercatore griffato, intenti ad assaggiare i piatti più prelibati della cucina italiana allo scopo di prevenire i disturbi alimentari propri e quelli di Brugnaro.
La giunta di Venezia è solo l’ultima di una lunga serie di città, comuni, regioni indagate, e non c’è destra e non c’é sinistra, no non sono qualunquista, purtroppo è realtà, basta guardare le indagini che non risparmiano nessun partito e le critiche feroci alla magistratura che arrivano ormai da ogni parte.
Li abbiamo visti, li vediamo e, purtroppo continueremo a vederli: non uomini politici ma “imprenditori”, trafficanti, affaristi, arraffoni, col loro “comitato d’affari” al seguito; non vanno li per amministrare la cosa pubblica per il bene comune, ma per mettere le loro mani sul potere e fare gli affari propri.
Dovunque ti giri, dovunque ti volti, trovi “comitati di affari” in cerca di pubblico potere, vogliono mettere le mani sulla sala di comando, dove si aprono i rubinetti dei soldi e del potere, arraffano tutto ciò che si può arraffare e prendono tutto ciò che si può prendere, comprese le persone che si vendono o si prosternano di fronte al potere.
Ma non crediate che chi è al vertice della piramide gode del possesso del suo potere e del denaro che gli si rende disponibile, sareste non solo delusi, ma addirittura esterrefatti se poteste constatare quanto già loro siano schiavi del potere che rappresentano.
Ho lavorato con le dipendenze: da sostanze, dal gioco, da internet e mondi virtuali, dalle sette religiose che ti fanno il lavaggio del cervello e, importata di recente dalle americhe, la dipendenza dal sesso; sono tutte delle brutte bestie da combattere e spesso la lotta è ardua e non sai se sarà vinta.
Ma il potere, il brivido che ti da, quel senso di onnipotenza, è la dipendenza più potente fra tutte, quella di cui non ti liberi e soccombi credendo di essere beato e un privilegiato.
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Iran al voto: chi sono i sei candidati?
Sei candidati, cinque conservatori e un riformista, si contendono la presidenza dell'Iran per il voto alle elezioni anticipate del 28 giugno, convocate dopo la morte dell'ex presidente ultraconservatore Ebrahim Raisi in un incidente in elicottero a maggio. Solo loro sono stati approvati dal Consiglio dei Guardiani, l'organo che supervisiona le elezioni nella Repubblica Islamica. Iran al voto ed i candidati: Said Jalili 58 anni, è considerato uno dei politici più estremisti del Paese. Ex segretario del Consiglio Supremo di Sicurezza, ha guidato i negoziati sul nucleare e si è opposto alla ripresa dei colloqui per ripristinare l'accordo del 2015, dal quale gli Stati Uniti sono usciti unilateralmente sotto la presidenza di Donald Trump. Nato a Mashhad come Khamenei, ha conseguito un dottorato all'Università Imam Sadegh, fucina ideologica del regime. Soprannominato il "martire vivente" per aver perso una gamba nella guerra Iran-Iraq come membro dei basij, la forza paramilitare iraniana sotto il controllo dei pasdaran, è membro del Consiglio per il Discernimento, principale organo consultivo della Guida Suprema. Ha fallito la corsa alla presidenza nel 2013 e nel 2021, ma potrebbe contare sul sostegno di alcuni dei collaboratori più stretti di Raisi. È uno dei due favoriti alla presidenza. Alireza Zakani Nato nel 1966, ha tentato di candidarsi nelle elezioni del 2013 senza successo, venendo poi ammesso nelle presidenziali del 2021, che hanno visto la vittoria di Raisi. Critico dei negoziati sul programma nucleare iraniano quando era parlamentare, è noto come il "carro armato rivoluzionario" per la sua retorica aggressiva e gli attacchi ai riformisti. Questo stile combattivo lo ha mantenuto anche come sindaco della capitale, ruolo che ha iniziato nel 2021, ottenendo notevoli risorse finanziarie e una certa indipendenza dal governo. Ha guidato la recente campagna di repressione per imporre l'hijab alle donne ed è soggetto a sanzioni dal Regno Unito per gravi violazioni dei diritti umani. Amir Hossein Ghazizadeh Hashemi 53 anni, medico di formazione, è un ex membro del Parlamento ed ex primo vicepresidente. Esponente della destra radicale, si è candidato alla presidenza nel 2021 senza successo. Raisi lo aveva poi nominato vicepresidente e capo della Fondazione per gli Affari dei Martiri e dei Veterani, una fondazione parastatale soggetta a sanzioni per aver indirizzato risorse a organizzazioni come Hezbollah. Tra i conservatori pragmatici o moderati sono inclusi Ghalibaf e Mostafa Pourmohammadi, come notato dal sito Amwaj. Mohammad-Bagher Qalibaf Nato nel 1961, è alla sua quarta candidatura a presidente ed è il grande favorito di queste elezioni. Ex sindaco di Teheran, ex comandante dei pasdaran durante la guerra Iran-Iraq e capo della polizia, Qalibaf si è vantato di aver represso manifestazioni con la violenza nel 1999 e di aver ordinato di sparare sui manifestanti durante le proteste del 2003. Appoggiato dai pasdaran, ha legami con la cerchia ristretta della Guida Suprema, Ali Khamenei, e gode del sostegno anche tra i centristi. È coinvolto in vari scandali per corruzione. Mostafa Pourmohammadi 64 anni, nato nella città santa sciita di Qom, è l'unico religioso ammesso alle presidenziali e ha poche possibilità di vittoria. Membro del "Comitato della Morte" che ha approvato l'esecuzione di migliaia di prigionieri politici alla fine degli anni '80, è stato ministro della Giustizia sotto Ahmadinejad e Rohani. Vanta un notevole pedigree nell'apparato, dalla burocrazia all'ufficio di Khamenei, passando per la magistratura e l'esecutivo. È stato squalificato quest'anno dalle elezioni per il rinnovo dell'Assemblea degli Esperti. Massoud Pezeshkian L'unico riformista ammesso alla corsa alla presidenza, 70 anni e di origine azera. Ha cresciuto tre figli da solo dopo la morte della moglie in un incidente. Parlamentare da due decenni, oltre a moderati e riformisti, la sua candidatura si rivolge anche ai circa 18 milioni di azeri. Pezeshkian si è espresso contro la mancanza di trasparenza del governo durante le proteste innescate dalla morte di Mahsa Amini nel 2022, mentre era in custodia della polizia morale. Medico esperto, è stato ministro della Sanità sotto il presidente riformista Mohammad Khatami (1997-2005) e ha criticato esplicitamente il governo sulla questione dell'hijab obbligatorio. Foto di jorono da Pixabay Read the full article
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Corigliano Rossano: tentano di sottrarsi al controllo dei Carabinieri, arrestati tre coriglianesi
Corigliano Rossano: tentano di sottrarsi al controllo dei Carabinieri, arrestati tre coriglianesi. Nel pomeriggio di ieri i Carabinieri del N.O.RM. - Nucleo Operativo e Radiomobile - del Reparto Territoriale di Corigliano Rossano, con il coordinamento investigativo della Procura della Repubblica di Castrovillari, diretta dal Procuratore Capo Alessandro D’Alessio, hanno arrestato il pregiudicato D.G.T. cl. 78 e la coppia C.F. cl. 88 e F.C. cl 97, tutti gravemente indiziati per la detenzione di oltre 2,2 Kg. di cocaina pura ed il primo anche del reato di «resistenza a Pubblico Ufficiale». Ad attirare l’attenzione dei Carabinieri impiegati nei servizi di controllo del territorio, le manovre azzardate di due autovetture una Mercedes «Classe B» e un’Audi «Q3», che procedevano l’una a distanza dall’altra, ma con un percorso perfettamente identico e a velocità estremamente elevata. Le due auto sono state notate all’uscita dell’autostrada «Tarsia Nord», da dove hanno poi attraversato il comune di Spezzano Albanese, sino ad arrivare nella contrada Apollinara di Corigliano. In considerazione che i mezzi rappresentavano un concreto pericolo per gli altri utenti della strada e ritenuto che quel comportamento potesse celare altre condotte potenzialmente illecite, sul posto sono state fatte convergere più autovetture dell’Arma che, in coordinamento costante con la Procura della Repubblica di Castrovillari, hanno optato per intimare l’alt dei due veicoli e procedere al controllo dei relativi occupanti. Prima di proseguire con la ricostruzione dei fatti appare opportuno precisare che la notizia viene diffusa per garantire le prerogative dell’informazione e nel rispetto dei diritti degli indagati - ancora da doversi ritenere soggetti alla presunzione di innocenza attesa l’attuale fase del procedimento, le cui responsabilità penali potranno essere acclarate solo attraverso una sentenza divenuta irrevocabile. In quel contesto i militari impiegati nella verifica hanno attuato tutte le procedure di sicurezza al fine di prevenire eventuali sinistri ma, nonostante le accortezze adottate, il conducente dell’Audi ha provato ad impedire la loro azione tentando di bloccare la strada alle autovetture dell’Arma e cercando di favorire la fuga degli altri due soggetti a bordo della Mercedes. Una manovra spericolata che, per fortuna, si è conclusa senza alcuna collisione e che non ha sortito gli effetti sperati. Infatti gli operatori sono riusciti a fermare entrambi i mezzi e, valutate le circostanze ed i presupposti di Legge, hanno proceduto a perquisire i soggetti fermati. Le operazioni di ricerca effettuate nei mezzi hanno permesso di recuperare, nell’autovettura della coppia, uno zainetto con all’interno due panetti di cocaina pura, dal peso complessivo di oltre 2,2 chilogrammi, mentre nella disponibilità dell’altro soggetto è stata trovata una somma la cui consistenza non è stata giustificata e, per tale ragione, è stata sottoposta a sequestro penale. Le tre persone arrestate, dopo le incombenze di Legge, sono state associate presso il Carcere di Castrovillari, dove rimarranno a disposizione della competente Autorità Giudiziaria. Il provvedimento restrittivo, adottato nella flagranza della violazione, dimostra come continui a rimanere estremamente alta l’attenzione dell’Arma e della Magistratura ai reati concernenti gli stupefacenti. L’operazione descritta ha indubbiamente consentito di evitare come un importante quantitativo di droga potesse finire nelle piazze di spaccio della riviera. ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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IL 25 APRILE DEL COMITATO FORTITUDO -...e di Grazia Piccinelli-
Quello che leggerete è il contenuto di un discorso tenuto dalla Presidente del "Comitato Fortitudo" di Cremona, Grazia Piccinelli, il 25 aprile del 2022.
Nella giornata di oggi (25 aprile 2024) Grazia ha ricordato un discorso retorico del sindaco di Cremona, Galimberti, e questa è la risposta di vero cuore della Piccinelli.
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"25 aprile 2022 Che cos'è la libertà? Non di certo quella che abbiamo vissuto negli ultimi due anni dove siamo stati privati dei nostri sacrosanti diritti. Siamo stati privati della socialità, della gioia di vivere, dell’amore per il nostro prossimo. La magistratura, i giudici, i prefetti, i questori, i sindaci, non hanno fatto il loro dovere, che era quello di tutelare la cittadinanza da leggi ingiuste e liberticide, e si sono “nascosti” dietro decreti illegittimi con la scusa di salvaguardare la nostra salute. Infatti, siamo stati costretti, in maniera del tutto coercitiva, a scegliere se continuare a lavorare o morire di fame, ricattati da chi ci governa, da chi dovrebbe rappresentarci. Scegliere, avere la capacità di scegliere, esercitare la nostra scelta senza costrizione alcuna, significa agire liberamente, significa poter pensare liberamente: non ce lo hanno permesso! Siamo stati ricattati, minacciati, derisi, offesi, maltrattati, proprio perché il potere ci voleva sottomessi e inoffensivi. Ma Alcuni di noi si sono alzati in piedi, hanno lottato, si sono uniti per difendere quei valori morali che ci definiscono come uomini e donne liberi senza la possibilità di venire manipolati da dei bruti al potere. Non vi abbiamo ascoltati, “ci siamo ascoltati,” le risposte ai tanti dubbi sono arrivate da noi stessi. Nessuno ci ha potuto inculcare a forza nessun concetto, anche se lo avete fatto con un lavaggio del cervello quotidiano e martellante avvenuto attraverso i mezzi di comunicazione. La nostra armatura era impenetrabile a qualsiasi raggiro.
Ne Eravamo immuni! Leggo le parole che il sindaco Gianluca Galimberti stamattina ha pronunciato in piazza del Duomo e mi viene da sorridere per la retorica, l’ipocrisia elargita alla folla presente alla ricorrenza del 25 aprile: ”La storia bussa alla nostra porta e ci chiede di rinunciare a qualcosa, di cambiare, di imparare a lottare, di scegliere. Forti della nostra Costituzione antifascista, noi oggi dobbiamo scegliere quale libertà e quale democrazia. In nome della Resistenza, figli della Resistenza.”
-“La storia bussa alla nostra porta,” e voi di certo, quella porta, l’avete tenuta chiusa con dieci mandate, altrimenti capireste quale pericolo sta per scaraventarsi, anche, sulla vostra di vita. -Ci chiede di rinunciare a qualcosa? Ma se avete rinunciato a tutto per paura di non fare un aperitivo, di andare in palestra, di andare in vacanza o allo stadio. Avete rinunciato alla vostra dignità, avete rinnegato la giustizia, la verità, per paura! -“Ci chiede di cambiare…” siete già cambiati, siete irriconoscibili! Vi hanno coperto il volto, messo un bavaglio in bocca, avete discriminato chi non aveva un green pass! Vi hanno detto cosa fare, come agire, come comportarvi e voi siete stati persino grati ai vostri aguzzini, tanto da non riconoscervi in uno stato di prigionia, ahimè, ormai perenne. -“Imparare a lottare, di scegliere…” Sappiate che alcuni requisiti sono innati, sono doti meravigliose che ci portiamo dentro dalla notte dei tempi, mi dispiace, ma non si possono imparare. Ci avete dato modo di capire che preferite la comodità alla conquista. Autenticità, sincerità, consapevolezza, sono parole avulse dal vostro sentire. -“Forti della nostra Costituzione antifascista…” Vi esorto a non sporcate ulteriormente la Costituzione Italiana; l’avete violentata a sufficienza, portatele un po’ di rispetto, proprio voi che non vi levate la mascherina nemmeno all’aperto, e che per paura siete corsi negli hub, figuriamoci pensarvi in una trincea, sotto le granate, per salvarla la Costituzione. -“Noi oggi dobbiamo scegliere quale libertà e quale democrazia…” Quale libertà? Quale democrazia? Ma lo avete sentito? E ha pure la spregiudicatezza di dirvelo in faccia, e voi continuate a non capire! Ma in effetti cosa c’è da capire? Avete scelto il green pass: siete detenuti in un carcere di massima sicurezza. Se non esibite il lasciapassare vi è negata qualsiasi cosa. Di certo non esiste più né una democrazia né la libertà per voi. Noi sì che abbiamo scelto da che parte stare, e da un bel pezzo! E qui arriva, nel finale del discorso di Gianluca, il colpo di scena per confondere gli allocchi e fargli credere di avere qualche partecipazione nella faccenda: “In nome della Resistenza, figli della Resistenza.” Definizione di RESISTENZA: [re-si-stèn-za] s.f. 1 Azione che si sforza di resistere a qlcu. o a qlco., che cerca di contrastare Non mi sembra vi siate opposti a un bel niente, avete subito tutte le angherie possibili con una codardia amorale, vi siete piegati alla volontà altrui, lasciando, abbandonando i vostri fratelli, discriminandoli, togliendogli persino il saluto. Non avete nessuna capacità di sopportare le condizioni avverse, le evitate con cura sfuggendo ai vostri doveri. Sono davvero sconcertata da tutte queste parole messe lì alla rinfusa, che non hanno nessuna logica o attinenza alla realtà che stiamo vivendo.
Allora mi rivolgo a voi RESISTENTI, a voi che possedete l’amore, a voi che siete la speranza dell’intera umanità: rimaniamo uniti, troviamo la forza nei gesti eroici che furono dei nostri predecessori: glielo dobbiamo altrimenti sarà tutto perduto. Noi siamo la memoria, siamo i guardiani dei nostri diritti, siamo quell’anomalia che non si aspettavano di trovare, siamo la voce del dissenso contro questa dittatura ormai manifesta. Oggi, 25 aprile 2022, l’Italia è ancora da liberare! Dobbiamo liberarla dalla corruzione, dai finti buonisti, da chi ci vuole malati a tutti i costi, da chi vuole che rinneghiamo noi stessi, il nostro corpo e i nostri principi. Trovate la forza, trovate il coraggio di opporvi a questo crimine. Abbiamo ancora tanto per cui lottare.
Lo dobbiamo ai nostri figli, ai nostri nipoti. Verremo ricordati come coloro che si sono ribellati e hanno resistito alle intemperie della vita, che non si sono fatti scalfire dalla cattiveria e dall’odio sociale, che hanno risposto con la gentilezza ed il rispetto. La luce vince sempre sulle tenebre. Il bene vince sempre sul male! Credetelo sempre, credete che un altro modo è possibile, un altro mondo è possibile per gli uomini puri di cuore. Credete che la sofferenza che stiamo subendo verrà ripagata dall’incanto. Io, ad esempio, credo ancora ai miracoli. Non sono riusciti a strapparmi la meraviglia e la fiducia dagli occhi. Vi abbraccio Resistenti, sono con voi, al vostro fianco sempre, siamo con voi: il Vostro Comitato Fortitudo non vi abbandonerà mai!
Grazia Piccinelli, Presidente del Comitato Fortitudo
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La controrivoluzione delle élite di cui non ci siamo accorti: intervista a Marco D’Eramo - L'indipendente on line
Fisico, poi studente di sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi, giornalista di Paese Sera, Mondoperaio e poi per lungo tempo de il manifesto. Marco D’Eramo ha di recente pubblicato il saggio Dominio, la guerra invisibile contro i sudditi (ed. Feltrinelli, 2020), un libro prezioso che, con uno stile agevole per tutti e dovizia di fonti, spiega come l’Occidente nell’ultimo mezzo secolo sia stato investito di una sorta di rivoluzione al contrario, della quale quasi nessuno si è accorto: quella lanciata dai dominanti contro i dominati. Una guerra che, almeno al momento, le élite stanno stravincendo e che si è mossa innanzitutto sul piano della battaglia delle idee per (ri)conquistare l’egemonia culturale e quindi le categorie del discorso collettivo. Una chiacchierata preziosa, che permette di svelare il neoliberismo per quello che è, ovvero un’ideologia che, in quanto tale, si muove attorno a parole e concetti chiave arbitrari ma che ormai abbiamo assimilato al punto di darli per scontati, ma che – una volta conosciuti – possono essere messi in discussione.
Ci parli di questa rivoluzione dei potenti contro il popolo, cosa è successo?
Nella storia i potenti hanno sempre fatto guerra ai sudditi, se no non sarebbero rimasti potenti, questo è normale. Il fatto è che raramente i sudditi hanno messo paura ai potenti: è successo nel 490 a.C., quando la plebe di Roma si ritirò sull’Aventino e ottenne i tribuni della plebe. Poi, per oltre duemila anni, ogni volta che i sudditi hanno cercato di ottenere qualcosa di meglio sono stati brutalmente sconfitti. Solo verso il 1650 inizia l’era delle rivoluzioni, che dura circa tre secoli, dalla decapitazione di re Carlo I d’Inghilterra fino alla rivoluzione iraniana, passando per quella francese e quelle socialiste. Da cinquant’anni non si verificano nuove rivoluzioni.
E poi cosa è successo?
Con la seconda guerra mondiale le élite hanno fatto una sorta di patto con i popoli: voi andate in guerra, noi vi garantiamo in cambio maggiori diritti sul lavoro, pensione, cure, eccetera. Dopo la guerra il potere dei subalterni è continuato a crescere, anche in Italia si sono ottenute conquiste grandiose come lo statuto dei Lavoratori, il Servizio Sanitario Nazionale ed altro. A un certo punto, le idee dei subordinati erano divenute talmente forti da contagiare le fasce vicine ai potenti: nascono organizzazioni come Medicina Democratica tra i medici, Magistratura Democratica tra i magistrati, addirittura Farnesina Democratica tra gli ambasciatori. In Italia come in tutto l’Occidente le élite hanno cominciato ad avere paura e sono passate alla controffensiva.
In che modo?
Hanno lanciato una sorta di controguerriglia ideologica. Hanno studiato Gramsci anche loro e hanno agito per riprendere l’egemonia sul piano delle idee. Partendo dai luoghi dove le idee si generano, ovvero le università. A partire dal Midwest americano, una serie di imprenditori ha cominciato a utilizzare fondazioni per finanziare pensatori, università, convegni, pubblicazioni di libri. Un rapporto del 1971 della Camera di Commercio americana lo scrive chiaramente: “bisogna riprendere il controllo e la cosa fondamentale è innanzitutto il controllo sulle università”. Da imprenditori, hanno trattato le idee come una merce da produrre e vendere: c’è la materia prima, il prodotto confezionato e la distribuzione. Il primo passo è riprendere il controllo delle università dove la materia prima, ovvero le idee, si producono; per il confezionamento si fondano invece i think tank, ovvero i centri studi dove le idee vengono digerite e confezionate in termini comprensibili e affascinanti per i consumatori finali, ai quali saranno distribuiti attraverso giornali, televisioni, scuole secondarie e così via. La guerra si è combattuta sui tre campi della diffusione delle idee, e l’hanno stravinta.
Quali sono le idee delle élite che sono divenute dominanti grazie a questa guerra per l’egemonia?
La guerra dall’alto è stata vinta a tal punto che non usiamo più le nostre parole. Ad esempio, la parola “classe” è diventata una parolaccia indicibile. Eppure Warren Buffet, uno degli uomini più ricchi del mondo, lo ha detto chiaramente: «certo che c’è stata la guerra di classe, e l’abbiamo vinta noi». O come la parola “ideologia”, anche quella una parolaccia indicibile. E allo stesso tempo tutte le parole chiave del sistema di valori neoliberista hanno conquistato il nostro mondo. Ma, innanzitutto, le élite sono riuscite a generare una sorta di rivoluzione antropologica, un nuovo tipo di uomo: l’homo economicous. Spesso si definisce il neoliberismo semplicemente come una versione estrema del capitalismo, ma non è così: tra la teoria liberale classica e quella neoliberista ci sono due concezioni dell’uomo radicalmente differenti. Se nel liberalismo classico l’uomo mitico è il commerciante e l’ideale di commercio è il baratto che si genera tra due individui liberi che si scambiano beni, nel neoliberismo l’uomo ideale diventa l’imprenditore e il mito fondatore è quello della competizione, dove per definizione uno vince e l’altro soccombe.
Quindi rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto siamo diventati un’altra specie umana senza accorgercene?
L’idea che ogni individuo è un imprenditore genera una serie di conseguenze enormi. La precondizioni per poter avviare un’impresa è avere qualcosa da investire, e se non ho capitali cosa investo? A questa domanda un neoliberista risponde: «il tuo capitale umano». Questa è una cosa interessantissima perché cambia tutte le nozioni precedenti. Intanto non vale l’idea del rapporto di lavoro come lo conoscevamo: non esiste più un imprenditore e un operaio, ma due capitalisti, dei quali uno investe denaro e l’altro capitale umano. Non c’è nulla da rivendicare collettivamente: lo sfruttamento scompare, dal momento che è un rapporto tra capitalisti. Portando il ragionamento alle estreme conseguenze, nella logica dominante, un migrante che affoga cercando di arrivare a Lampedusa diventa un imprenditore di sé stesso fallito, perché ha sbagliato investimento. Se ci si riflette bene, la forma sociale che meglio rispecchia questa idea del capitale umano non è il liberalismo ma lo schiavismo, perché è lì che l’uomo è letteralmente un capitale che si può comprare e vendere. Quindi non credo sia errato dire che, in verità, il mito originario (e mai confessato) del neoliberismo non è il baratto ma lo schiavismo. Il grande successo che hanno avuto i neoliberisti è di farci interiorizzare quest’immagine di noi stessi. È una rivoluzione culturale che ha conquistato anche il modo dei servizi pubblici. Per esempio le unità sanitarie locali sono diventate le aziende sanitarie locali. Nelle scuole e nelle università il successo e l’insuccesso si misurano in crediti ottenuti o mancanti, come fossero istituti bancari. E per andarci, all’università, è sempre più diffusa la necessità di chiedere prestiti alle banche. Poi, una volta che hai preso il prestito, dovrai comportarti come un’impresa che ha investito, che deve ammortizzare l’investimento e avere profitti tali da non diventare insolvente. Il sistema ci ha messo nella situazione di comportarci e di vivere come imprenditori.
Ritiene che l’ideologia neoliberista abbia definitivamente vinto la propria guerra o c’è una soluzione?
Le guerre delle idee non finiscono mai, sembra che finiscano, ma non è così. Se ci pensiamo, l’ideologia liberista è molto strana, nel senso che tutte le grandi ideologie della storia offrivano al mondo una speranza di futuro migliore: le religioni ci promettevano un aldilà di pace e felicità, il socialismo una società del futuro meravigliosa, il liberalismo l’idea di un costante miglioramento delle condizioni di vita materiali. Il neoliberismo, invece, non promette nulla ed anzi ha del tutto rimosso l’idea di futuro: è un’ideologia della cedola trimestrale, incapace di ogni tipo di visione. Questo è il suo punto debole, la prima idea che saprà ridare al mondo un sogno di futuro lo spazzerà via. Ma non saranno né i partiti né i sindacati a farlo, sono istituzioni che avevano senso nel mondo precedente, basato sulle fabbriche, nella società dell’isolamento e della sorveglianza a distanza sono inerti.
Così ad occhio non sembra esserci una soluzione molto vicina…
Invece le cose possono cambiare rapidamente, molto più velocemente di quanto pensiamo. Prendiamo la globalizzazione: fino a pochi anni fa tutti erano convinti della sua irreversibilità, che il mondo sarebbe diventato un grande e unico villaggio forgiato dal sogno americano. E invece, da otto anni stiamo assistendo a una rapida e sistematica de-globalizzazione. Prima la Brexit, poi l’elezione di Trump, poi il Covid-19, poi la rottura con la Russia e il disaccoppiamento con l’economia cinese. Parlare oggi di globalizzazione nei termini in cui i suoi teorici ne parlavano solo vent’anni fa sembrerebbe del tutto ridicolo, può essere che tra vent’anni lo sarà anche l’ideologia neoliberista.
Intanto chi è interessato a cambiare le cose cosa dovrebbe fare?
Occorre rimboccarsi le maniche e fare quello che facevano i militanti alla fine dell’Ottocento, ovvero alfabetizzare politicamente le persone. Una delle grandi manovre in questa guerra culturale lanciata dal neoliberismo è stata quella di ricreare un analfabetismo politico di massa, facendoci ritornare plebe. Quindi è da qui che si parte. E poi bisogna credere nel conflitto, progettarlo, parteciparvi. Il conflitto è la cosa più importante. Lo diceva già Machiavelli: le buone leggi nascono dai tumulti. Tutte le buone riforme che sono state fatte, anche in Italia, non sono mai venute dal palazzo. Il Parlamento ha tutt’al più approvato istanze nate nelle strade, nei luoghi di lavoro, nelle piazze. Lo Statuto dei Lavoratori non è stato fatto dal Parlamento per volontà della politica, ma a seguito della grande pressione esterna fatta dai movimenti, cioè dalla gente che si mette insieme. Quindi la prima cosa è capire che il conflitto è una cosa buona. La società deve essere conflittuale perché gli interessi dei potenti non coincidono con quelli del popolo. Già Aristotele lo diceva benissimo: i dominati si ribellano perché non sono abbastanza eguali e i dominanti si rivoltano perché sono troppo eguali. Questa è la verità.
[di Andrea Legni]
https://www.lindipendente.online/2023/11/01/la-controrivoluzione-delle-elite-di-cui-non-ci-siamo-accorti-intervista-a-marco-deramo/?fbclid=IwAR0J1ttaujW9lXdoC3r4k5Jm46v3rQM_NMampT4Sd_Q-FX4D-7TFWKXhn3c
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Ilaria Salis, Tajani: "Governo impegnato affinché si garantiscano rispetto, dignità e diritti"
08 febbraio 2024 12:10 Il vicepremier all’opposizione durante l’informativa urgente del governo alla Camera: “Evitiamo di trasformare una questione giudiziaria in un caso politico” Tgcom24 Tajani all’opposizione: “Evitare che diventi un caso politico” Tajani si è quindi rivolto alle opposizioni. “È paradossale che chi si erge ogni giorno a difensore dell’autonomia della magistratura chieda…
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