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"In Trappola": In Edicola il Nuovo Libro sulle Trappole del Linguaggio Sessista nelle Nuove Generazioni
Il libro di Chiara Di Cristofaro, Simona Rossitto e Livia Zancaner esplora come gli stereotipi sessisti influenzano il linguaggio dei giovani, con la prefazione di Anna Foglietta e le illustrazioni di Anarkikka
Il libro di Chiara Di Cristofaro, Simona Rossitto e Livia Zancaner esplora come gli stereotipi sessisti influenzano il linguaggio dei giovani, con la prefazione di Anna Foglietta e le illustrazioni di Anarkikka Milano, 14 novembre 2024 – È disponibile da oggi in edicola e libreria, in allegato al Sole 24 Ore, il nuovo libro In Trappola. Giovani, parole e linguaggio. Come liberarsi da stereotipi…
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Filosofia in chiave pop
Canta con Kant: grande successo per la II edizione del festival di musica e filosofia che ha portato la cultura tra i giovani SALERNO – Filosofia, musica, intelligenza artificiale, ma anche la magia del teatro e della poesia. Per tre giorni, dal 26 al 28 settembre, la città è stata il cuore pulsante della cultura giovanile con Canta con Kant. Dialoghi Suoni Visioni, festival che ha coinvolto 8000…
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Billie Eilish: Giovane Ribelle e Innovatrice Musicale
Billie Eilish ha cambiato il mondo della musica con il suo stile e la sua voce. Nata a Los Angeles il 18 dicembre 2001, è diventata famosa in tutto il mondo. È una delle cantanti pop più ascoltate e una vera icona per i giovani. La sua biografia è piena di successi incredibili. Ha esibito in tour in tutto il mondo. La sua musica, che va dal pop all’elettronica, parla di temi importanti come la…
#Artista Emergente#Celebrità Musicale#Cultura Giovanile#Giovane Musica#Musica Innovativa#Musica Pop#Stile Unico#Testi Profondi
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" «Con la cultura non si mangia» ha dichiarato […] Tremonti il 14 ottobre 2010. Poi, non contento, ha aggiunto: «Di cultura non si vive, vado alla buvette a farmi un panino alla cultura, e comincio dalla Divina Commedia». Che umorista. Che statista. Meno male che c’è gente come lui, che pensa ai sacrosanti danè. E infatti, con assoluta coerenza, Tremonti ha tagliato un miliardo e mezzo di euro alle università e otto miliardi alla scuola di primo e secondo livello, per non parlare del Fus, il Fondo unico per lo spettacolo e altre inutili istituzioni consimili. Meno male. Sennò, signora mia, dove saremmo andati a finire?
In questi ultimi anni, però, l’ex socialista Tremonti non è stato il solo uomo politico a pronunciarsi sui rapporti tra cultura ed economia. Per esempio, l’ex ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Maurizio Sacconi, ha sostenuto che per i laureati non c’è mercato e che la colpa della disoccupazione giovanile è dei genitori che vogliono i figli dottori invece che artigiani. Sapesse, contessa… E il filosofo estetico Stefano Zecchi, in servizio permanente effettivo nel centrodestra, ha chiuso in bellezza, come del resto gli compete per questioni professionali: ha detto che in Italia i laureati sono troppi. Insomma, non c’è dubbio che la destra italiana abbia sposato la cultura della non cultura e (chissà?) magari già immagina un ritorno al tempo dell'imperatore Costantino, quando la mobilità sociale fu bloccata per legge e ai figli era concesso fare solo il lavoro dei padri. (Non lo sapeva, professor Sacconi? Potrebbe essere un’idea…) E la sinistra o come diavolo si chiama adesso? Parole, parole, parole. Non c’è uno dei suoi esponenti che, dal governo o dall'opposizione, non abbia fatto intensi e pomposi proclami sull'importanza della cultura, dell'innovazione, dell'istruzione, della formazione, della ricerca e via di questo passo, ma poi, stringi stringi, non ce n’è stato uno (be’, non esageriamo: magari qualcuno c’è stato…) che non abbia tagliato i fondi alla cultura, all'innovazione, all'istruzione, alla formazione, alla ricerca e via di questo passo. Per esempio, nel programma di governo dell'Unione per il 2006 si diceva: «Il nostro Paese possiede un’inestimabile ricchezza culturale che in una società postindustriale può diventare la fonte primaria di una crescita sociale ed economica diffusa. La cultura è un fattore fondamentale di coesione e di integrazione sociale. Le attività culturali stimolano l’economia e le attività produttive: il loro indotto aumenta gli scambi, il reddito, l’occupazione. Un indotto che, per qualità e dimensioni, non è conseguibile con altre attività: la cultura è una fonte unica e irripetibile di sviluppo economico». Magnifico, no? Poi l’Unione (o come diavolo si chiamava allora) vinse le elezioni e andò al governo. La prima legge finanziaria, quella per il 2007, tagliò di trecento milioni i fondi per le università. Bel colpo. Ci furono minacce di dimissioni del ministro per l’Università e la Ricerca, Fabio Mussi. Ma le minacce non servirono. Tant’è che, nella successiva legge di bilancio, furono sottratti altri trenta milioni dal capitolo università a favore… degli autotrasportatori. E inoltre, come scrivono Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi, nel 2006 con il governo Prodi «c’è stato un calo del trenta per cento circa dei finanziamenti, cosicché il già non generoso sostegno alla ricerca di base è diminuito, da circa centotrenta a poco più di ottanta milioni di euro, proprio nel periodo in cui al governo si è insediato lo schieramento politico che, almeno a parole, ha sempre manifestato un grande interesse per la ricerca». Certo, dopo quanto avevano scritto nel programma, non sarebbe stato chic e «progressista» avere la faccia tosta di dire che bisognava sottrarre risorse alla scuola e all'università, e allora non l’hanno detto. Però l’hanno fatto, eccome. "
Bruno Arpaia e Pietro Greco, La cultura si mangia, Guanda (collana Le Fenici Rosse), 2013¹ [Libro elettronico]
#Bruno Arpaia#Pietro Greco#La cultura si mangia#saggistica#intellettuali italiani#economia#Giulio Tremonti#industria culturale#scritti saggistici#produzione creativa#libri#Italia contemporanea#scuola#ricerca scientifica#educazione#economia della conoscenza#artigianato#formazione#Maurizio Sacconi#Stefano Zecchi#centrodestra#centrosinistra#Fabio Mussi#Francesco Sylos Labini#Stefano Zapperi#Romano Prodi#Fondo unico per lo spettacolo#Divina Commedia#lavoro#società italiana
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Volano gli stracci e l’audience aumenta
Non è il titolo di una pièce teatrale, ma, la cartina al tornasole dell’attrattività dei programmi di basso e infimo contenuto, della tv commerciale.
Sgombriamo il campo da ogni equivoco, specificando che, anche i programmi di basso contenuto sono nei palinsesti della televisione del servizio pubblico, proseguendo una china di inarrestabile caduta verso il nulla.
In questo panorama di desertificazione culturale, si salva, in Rai, qualche programma degno di nota, sia esso per il pubblico giovanile, che per il pubblico più anziano (la cui componente è maggioritaria – come riportato dai dati Auditel), sebbene sempre meno giovani - con scolarizzazione elevata - disertano la tv (di servizio pubblico o commerciale) per altre forme di intrattenimento, mentre i più anziani (con titoli di studio più bassi) prediligono i programmi tv spazzatura (più del 70% dei contenuti dei palinsesti).
Ulteriore chiarimento, per tacitare chi vede nel post del classismo e interpreti secondo propri Bias: rientro nella ctg 60, seguo in replica i programmi tv (mai quelli spazzatura), quando possibile e se interessanti; di fatto non faccio/sono target per le inserzioni pubblicitarie.
Lungi dal giustificare/accettare le scelte strategiche e aziendali, che hanno preferito far slittare il programma di A.Angela a settembre, con o senza il proprio consenso poco importa, ma, preme sottolineare l’altro aspetto di questa grottesca vicenda: i programmi a contenuto più scientifico/culturale, non possono tenere il passo con gli stracci volanti dei format, delle corna, dei palestrati e delle labbra siliconate, persino dei giochi olimpici moderni (breakdance, skateboard, bmx etc.)
In breve la cultura (scientifica o umanistica, seppur accennata in formato televisivo), non rende, non attrae, non stimola riflessioni e approfondimenti, anche per mera curiosità personale.
Il nulla, di contro, ma, non il nulla di Parmenide memoria, o, il non ente di Heiddeger, o l’inconsistenza concettuale del nulla di J. Locke, piuttosto il nulla inteso come disvalore negativo assoluto, è la pietra angolare dell’auditorium televisivo italico.
Che tristezza.
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Martin Parr Short & Sweet
intervista di Roberta Valtorta
24ore Cultura, Milano 2024, 128 pagine, 70 ill., 25,5x29cm, ISBN 978-88-6648-768-5
euro 26,90
email if you want to buy [email protected]
Catalogo della mostra di Milano al Mudec Photo dal 10 febbraio al 30 giugno 2024 In collaborazione con Magnum Photo (Parigi)
La mostra Short & Sweet presenta oltre 60 scatti, scelti e selezionati da Martin Parr, accompagnati da elementi installativi e wall paper, con l’intento di ripercorrere la sua lunga carriera. Attraverso i progetti più noti si mette in luce il suo inedito stile documentario, rivolto alle incongruenze sociali e culturali del mondo occidentale, in particolar modo europeo, che produce una cronaca fotografica senza filtri e fuori dalla retorica. A partire dalla serie giovanile in bianco e nero “Non-Conformist” (1975-1980) ambientata a Londra e nelle periferie dello Yorkshire, e “Bad Weather”, in cui Parr si è gettato sotto gli acquazzoni in Inghilterra e Irlanda per documentare le reazioni delle persone a questo clima; fino ai celebri progetti a colori come “The Last Resort”, oltraggioso e amaramente ironico reportage condotto dal fotografo sulle spiagge di Brighton, sobborgo balneare di Liverpool, nella metà degli anni 80, e “Common Sense”. Con un’intervista all’autore di Roberta Valtorta, una delle maggiori studiose di fotografia in Italia.
05/05/24
#Martin Parr#Short & Sweet#photography exhibition catolgue#Mudec Milano 2024#photography books#fashionbooksmilano
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UN’ORCHESTRA DI DONNE STA RIBALTANDO GLI STEREOTIPI
Se non ci viene in mente il nome di una direttrice d’orchestra o di una compositrice, è perché fino a pochi decenni fa, per fattori principalmente culturali, le donne sono state quasi escluse dallo studio e dai mestieri della musica. L’Orchestra Olimpia, collettivo di musiciste nato nel 2018 da un’idea di Roberta Pandolfi e Francesca Perrotta ribalta questo paradigma promuovendo il ruolo femminile nella musica. L’orchestra, costituita interamente da donne, in diverse parti del mondo porta avanti progetti a tutela della parità di genere. Tra questi, il sostegno agli studi e alla professione delle musiciste afghane di Ensemble Zohra, unica orchestra femminile del mondo islamico, e l’organizzazione del Musicfor Freedom con il primo concerto italiano dell’orchestra giovanile dell’Afghanistan, ora esiliata in Portogallo, poiché con il ritorno dei talebani a Kabul fare musica è diventato un crimine perseguibile con la galera e la morte.
L’ultimo progetto è il podcast DiClassica, un racconto in 8 puntate della vita e dell’opera di musiciste che, scardinando le convenzioni sociali e culturali, hanno dato un contributo importante all’evoluzione del pensiero musicale, senza trovare il giusto spazio nella memoria collettiva, come Sofja Gubaidulina, compositrice russa durante il periodo stalinista, o Chen Yi che ha vissuto l’era della Rivoluzione culturale di Mao, Julia Wolf che ha influenzato il post-minimalismo newyorkese, il prodigio americano Amy Beach, o Sylvia Caduff, pioniera come direttrice – non direttore – d’orchestra. Con la voce di Valentina Lo Surdo, è stato lanciato l’8 marzo per Pesaro 2024 – Capitale italiana della cultura.
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Fonte: Orchestra Olimpia; foto di Francesco Ammendola
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Napoli si sta sgretolando sotto il dominio comunista.
"Passo dopo passo" , disse Bassolino nel 1990, ai tempi della sua prima elezione a sindaco, l'inizio della fine della mia città.
E passo dopo passo, siamo arrivati a tutto questo.
Il degrado voluto, cercato, anelato dai comunisti per 35 anni d'inciviltà ha portato all'ingovernabilità assoluta, materiale e culturale, in una città dove la sua peggior feccia, che prima viveva rintanata in quartieri-ghetto, oggi gira libera, armata e motorizzata, per l'intero territorio cittadino, fino ad arrivare alla provincia.
La stessa Chiaja, la mia Chiaja, un tempo quartiere-salotto, oggi si è piegata alla volgarità e al malcostume delinquenziale, tanto è vero che l'assassino a sangue freddo del diciannovenne a San Sebastiano al Vesuvio, Santo Romano, dopo aver ucciso, se ne è andato sul lungomare a farsi uno Spritz, come se avesse investito un ratto, invece di aver freddato un giovane.
Vigliaccamente, con due colpi di pistola in pieno petto.
Una Chiaja che non sa più fare selezione, che non riesce a chiudersi alla teppaglia, travolta , a sua volta, dal malvezzo, dalla delinquenza, dal caos dilagante, dalla cafoneria dei suoi esercenti, che hanno ormai soppiantato quelli storici.
Non esistono più zone franche, in città.
Ovunque , rischi di imbatterti in questi pezzi di merda, il più delle volte MINORENNI, con annessa pistola o coltello , che colgono qualsiasi occasione, provocazioni comprese, per fare del male al prossimo.
E' una non-cultura giovanile nuova , questa, che parte dalla contro-cultura comunista.
Dall'esaltazione della cafoneria, del male , dell'ignoranza, del nulla concettuale, del cattivo esempio, dal Cinema (Gomorra & C.) alla musica (D'Alessio, Geolier) , il tutto con il benestare comunale e unito sotto un falso senso di "uguaglianza" sociale che non esiste e non è mai esistita, a Napoli come da nessuna parte.
Un'uguaglianza che ha portato al rimescolio, in ogni angolo della città, tra delinquenti provenienti da famiglie di delinquenti, che calano come jene da quartieri delinquenziali, che di delinquenza campano, e le persone perbene, che ci stanno rimettendo le penne come mosche.
Cosa fare ?
Fossi io a capo dell'ordine pubblico, risolverei in 48 ore.
Militarizzazione della città.
Ordine di consegnare in questura le armi, tutte le armi, entro una certa data, attraverso un ultimatum.
Perquisizione a tappeto, fisica, di tutti i partecipanti agli assembramenti urbani attraverso l'utilizzo di forze speciali di carabinieri e polizia e dell'esercito.
Cammini con la pistola ? cazzi tuoi se ti becco e guarda che ti becco, altrimenti devi solo rinchiuderti in casa, uscire non puoi.
Inasprimento delle pene, fino ad arrivare all'ergastolo, per CHIUNQUE abbia precedenti penali e venga trovato in possesso di un'arma da fuoco.
Ordine di smantellare tutti i campi ROM cittadini, dai quali proviene il 90 % delle armi di contrabbando che questi bastardi impugnano.
Ordine di responsabilizzare, attraverso la confisca di OGNI BENE, la famiglia di chi uccide.
E' impossibile che dei genitori non sappiano che il figlio di 17 anni è stato in carcere per spaccio.
E' impossibile non sapere che questi gira armato.
E' impossibile non sapere che ha preso la macchina, senza avere la patente, per andarsene in giro a farsi gli Spritz dopo aver ucciso.
E quindi i familiari DEVONO PAGARE , come i loro figli assassini.
Perché SONO dei delinquenti conclamati anche loro.
E dal loro seme può nascere solo il male.
Date Napoli a me , e io la ripulirò quartiere per quartiere, casa per casa.
Altro che Meloni, arance e mandarini.
Antonio Sabatino.
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Da Auckland con amore
È da un po' che ho una certa passione per la Nuova Zelanda. Molta gente sa a mala pena che questo paese esiste oppure non sa nemmeno dove si trova, ma io invece mi rendo conto che la Nuova Zelanda è produttrice di una serie di cose fichissime.
La Nuova Zelanda, non l'Australia. Non fraintendetemi, non ho niente contro l'Australia, penso che abbia una cultura molto fica: Barry Humphries, Ruby Rose, i surfisti, i tizi col cappello di feltro e le braghe corte che si azzuffano con i coccodrilli, il loro accento inglese che non è né britannico né statunitense.
Eppure l'Australia mi terrorizza come paese da visitare. Fra coccodrili, ragni grandi come Golden Retriever, scorpioni, serpenti lunghi un kilometro, ecc ecc ecc non la visiterei manco per sbaglio.
Invece pagherei oro per visitare la NZ (e probabilmente dovrei farlo davvero). È il paese dove hanno girato il Signore degli Anelli, una specie di Paradiso in Terra terra d'origine di Xena Principessa Guerriera dove Hobbit e Maori vivono in armonia.
Ho sentito che hanno un tasso di criminalità giovanile piuttosto alto però, ma l'Italia deve avercelo di sicuro non basso.
Sfortunatamente i soldi non crescono sui peri quindi penso dovrò aspettare un po' prima di andare nella Terra di Mezzo a sud del sud.
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C'è questa cultura giovanile che è davvero, potente e molto, molto forte, e quello che fa è scartare le persone una volta che raggiungono una certa età.
In realta io penso che le persone siano così potenti e interessanti - le donne, soprattutto - proprio quando raggiungono la mia età.
Abbiamo così tanto da dire, ma la cultura dominante è così riduttiva che parla della nostra età solo in termini di rughe, se abbiamo preso o perso peso, o se abbiamo cambiato acconciatura.
Trovo tutto ciò così superficiale.
Annie Lennox
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“Suoni e Visioni_oltre lo schermo” Debutta al Multisala Kristalli di Alessandria: Musica e Cinema si Incontrano per Celebrare il Territorio. Recensione di Alessandria today
Giovedì 14 novembre 2024, primo appuntamento della rassegna con il concerto di Torchio, Ave Quasàr & We.Ensemble e l'ospite Dado Bargioni, un evento unico per gli amanti della musica e del cinema.
Giovedì 14 novembre 2024, primo appuntamento della rassegna con il concerto di Torchio, Ave Quasàr & We.Ensemble e l’ospite Dado Bargioni, un evento unico per gli amanti della musica e del cinema. Il 14 novembre 2024, alle ore 21:30, il Multisala Kristalli di Alessandria ospiterà il primo evento della rassegna “Suoni e Visioni_oltre lo schermo – Musica per il Cinema”, un progetto nato dalla…
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https://youtu.be/NmfSMHxISaQ?si=j6Xn7quICe2hQ5mr
SCUDETTO IN CASA PAISIELLO Opera in due atti soggetto di Mario Menicagli
musica di Mario Menicagli e Oliviero Lacagnina libretto di Mario Menicagli e Lido Pacciardi edizioni: EMA Vinci edizioni – Sillabe
Danilo Paludi (baritono) – Gaetano [tifoso del Napoli] Francesca Mercadante (soprano) – Caterina [moglie di Gaetano] Niccolò Roda (baritono) – Munacello [spiritello] Orchestra Il Contrappunto
L’azione si svolge in un appartamento napoletano tra il 30 aprile e il 4 maggio 2023 Sceneggiatura e Regia di Giuseppe e Luciano Scali una produzione EMA Vinci records – NAREEI* direttore di produzione Marco Cardone
PREMESSE _ storia e tradizione “La prima operetta italiana che come soggetto ha il calcio”. Sebbene il calcio sia uno sport relativamente giovane rispetto alla storia della lirica e dell’operetta, ma incredibilmente seguito dalla grande massa, ancora non avevamo esempio di un’Opera da Camera che avesse come soggetto appunto il calcio. L’idea di un’opera incentrata su questo tema è affascinante: il soggetto può dar vita a trame molto interessanti e quindi appassionare sia gli amanti della musica classica che i tifosi del calcio.
LA PRODUZIONE _ antefatti EMA Vinci records partecipa e vince il bando nuove musiche indetto dalla SIAE e dal Ministero della Cultura nell’ambito del progetto “Per Chi Crea”. La discografica identifica quale l’artista da proporre al bando (giovani under 35) l’Orchestra giovanile “Il Contrappunto”, orchestra con la quale la discografica collabora oramai da tempo. (Andrea Mura Fondatore e vicepresidente, Damiano Tognetti Presidente e direttore artistico). EMA Vinci records commissiona a Mario Menicagli il compito di scrivere e musicare un’operetta che verrà realizzata e prodotta in ambito cinematografico come nuova musica nella forma OPERA VIDEO. Mario suggerisce come soggetto un’opera sullo scudetto del Napoli e avvalendosi dell’aiuto di Lido Pacciardi e Olviero Lacagnina scrive la musica e il libretto. Giuseppe e Luciano Scali realizzeranno la sceneggiatura e la regia. Marco Cardone sarà il direttore esecutivo della produzione.
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Con il Sostegno del MIC e di SIAE nell’ambito del programma “Per Chi Crea“
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#scudettoincasapaisiello #scudettonapoli #scudettoema #scudettonareei @emavinci @EMA Vinci service @EMA Vinci records @NAREEI #EMAVinciservice #EMAVincirecords #NAREEI @SIAE @MIC #PerChiCrea #PCC #SIAE #ministerodellacultura #MIC
EMA Vinci records, EMA Vinci service e NAREEI sono marchi di EMA Vinci s.a.s
[email protected] – www.emavinci.it
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" È fondamentale interrogarci su quanto la paura stia deformando la nostra vita e le nostre scelte, e se quel che temiamo di perdere valga veramente la pena che proviamo nel chinare la testa, nel rinunciare a seguire quello che crediamo giusto o che desideriamo. Il personaggio principale di Storia di un impiegato, l’album di Fabrizio De André dedicato ai movimenti giovanili che dal ’68 alla fine degli anni settanta hanno scosso la vita politica italiana, è un uomo che si pone queste domande in ritardo. L’album è uscito [il 2 ottobre] 1973, ed è stato il primo in cui De André abbia dichiarato il proprio orientamento politico; prima di allora le sue canzoni erano uno splendido riflesso del cantautorato francese, elegante e popolare allo stesso tempo. Adesso l’autore genovese affronta direttamente il tema della rivoluzione giovanile, della lotta al sistema: il protagonista dell’album è un uomo ordinario, che non si trova a vivere la sua vita dove vuole che sia, ma dove la pista della proprietà e dei ruoli l’ha portato. È la paura ad aver costruito le sue scelte, e nulla di quello che vive è realmente frutto di una sua decisione. È un uomo realmente così distante dalle nostre esistenze? In quale rigagnolo galleggia la realtà di questo trentenne e fin dove tiene nascosta la faccia, a rischio d’annegare?
Da quanti anni il suo e il nostro mondo s’è ristretto nel bugigattolo dell’ufficio, tra la scrivania ingombra e il muro dall’intonaco ingrigito? Con quanta cura, la mattina, scivola fuori dal letto per non svegliare la compagna? (E una sveglia non gli serve da anni: ormai è la ripetizione di ogni cosa a farlo alzare puntuale.) Quante volte ha fissato il suo volto allo specchio, controllato la rasatura, indossato la camicia stirata la sera precedente, la solita giacca, il solito nodo alla cravatta? Potremmo essere noi. Fuori il Maggio francese non vuole smettere di riscaldare l’aria: da tempo le donne hanno strani monili tra i capelli, sorridono con tranquillità e guardano negli occhi gli uomini. L’impiegato di De André le osserva sulla metropolitana, tiene le mani raccolte tra le cosce, le spalle curve, conta gli anni che lo distanziano da quel mondo: e non ne trova molti, ma ne trova abbastanza. «Eppure i miei trent’anni sono pochi più dei loro», pensa, e questo non gli dà alcun sollievo. L’ufficio è ancora al suo posto, nello stesso quartiere di sempre, allo stesso piano del medesimo edificio. Sarà così anche negli anni successivi, per ogni singolo giorno della sua giovinezza, inoltrandosi nella maturità, fino a costeggiare la vecchiaia: allora la gita sarà finita ed ecco il momento di scendere al molo. Avrà una buona, sicura vecchiaia. È questo che si dice salendo le scale e incrociando gli sguardi dei colleghi. Qualcosa da condividere con i figli, quando ne vorrà avere. Ha ottenuto un buon posto di lavoro. L’ha ottenuto molto presto. Di che dovrebbe lamentarsi? Mentre regola l’altezza della sedia e dispone le pratiche sulla scrivania, mentre comincia a «contare i denti ai francobolli», sente cantare in strada, oltre la finestra dell’ufficio. Un corteo, colori, slogan e intorno la cinta scura della polizia, gli scudi e i manganelli sollevati, le spalle affiancate e i fumogeni. Guarda i manifestanti e pensa che soprattutto le donne, coraggiose e indipendenti, sono bellissime. Prova a immaginarsi in mezzo a loro, e si sente ridicolo: in piazza dietro la muraglia di caschi, schiacciato dai corpi di chi fugge alle cariche. Sarebbe letteralmente «fuori luogo». Nessuno tra quei ragazzi lo conosce e poi, come dovrebbe vestirsi? In mezzo al corteo sembrerebbe un infiltrato della Digos. Ovviamente verrebbe licenziato: come fare a lasciare il posto di lavoro per un motivo simile? E come spiegarsi, più tardi, con la compagna? "
Salvatore La Porta, Less is more. Sull’arte di non avere niente, Il Saggiatore (collana La Cultura, n° 1134), 2018¹. [Libro elettronico]
#Less is more#letture#leggere#citazioni#libri#saggistica#Salvatore La Porta#cantautori#Fabrizio De André#Sessantotto#concept album#1968#giovani#contestazione giovanile#contestazione studentesca#movimento studentesco#politica#impegno#musica d'autore#Storia di un impiegato#maggio francese#Nicola Piovani#Canzone del Maggio#La bomba in testa#Al ballo mascherato#Sogno numero due#Canzone del padre#Il bombarolo#Verranno a chiederti del nostro amore#Nella mia ora di libertà
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Ventotene, ormai solo un vago ricordo.
Lungi dal trasformare il post in un cahier de doleances, inteso lagnanza, l’orizzonte che si profila con il traguardo del rinnovo del parlamento europeo, sembra più una via crucis, con e per le socialdemocrazie in affanno e la sinistra, non solo italiana, in fase catatonica.
Il 2024, sarà - con molte probabilità, il de profundis dell’Europa del manifesto di Ventotene, con gli ultras e i capi bastone della destra “normalizzata”, mi si permetta il termine, “revisionata e dal volto umano”, che faranno scempio dell’idea di Europa unita e democratica.
Le paure, roccaforte del modus operandi delle destre Europee, segneranno il passo e prevarranno sull’idea (ahimè) minoritaria dell’Europa libera, attraverso – invero lo stanno già facendo, strategie di consenso, linguaggi (soprattutto televisione, posto che pochissimi leggono), similitudini, rapporti con l’universo dei valori cristiani.
Le roccaforti che hanno presa sull’elettorato, si badi bene, anche giovanile (causa il bombardamento mediatico della Mediaset generation in Italia), ad eccezione dei giovani che protestano per l’ambiente, ma, in quanto giovani e senza lavoro sono derisi e dileggiati dall’elettorato di destra, poiché ritenuti non produttivi e, marginalizzati perché non attrattivi dal e nel contesto consumistico (non producono reddito), sono le medesime dal tragico ventennio, del quale oggi ne riviviamo una revisione: le teorie complottiste delle forze oscure per attuare una sostituzione etnica in Europa, i valori tradizionali messi in pericolo dalle lotte per l’affermazione dei diritti civili, la centralità della propria “cultura nazionale” che deve avere luogo ed esibirsi in un luogo ancestrale ed eletto, impermeabile a qualsivoglia mescolanza possibile.
Le parole d’ordine sono quindi, chiudersi in se stessi e realizzare la Fortezza Europa contro il nemico invisibile che, viene reso veritiero dalla saggia manipolazione delle paure condivise dell’elettorato.
Se non è vero, è verosimile, recita un adagio.
Viene da chiedersi, cosa accadrà dopo, appena il manifesto di Ventotene sarà un flebile ricordo, relegato a utopia di un ex confinato.
E, inevitabilmente, vengono in mente le fantasie distopiche dei romanzi di K. Burderkin e R. Harris. Immaginazioni che prendono spunto dai progetti del Lebensraum, dello spazio vitale di italica memoria e dal Neue Ordnung.
Perché adesso, non dopo, si deve ribattere, consci che la rassegnazione è la stura a scenari dove le democrazie dal “volto più umano”, saranno solo la messa in scena di democrature in salsa ungherese
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ows: La collaborazione C.P. Company x Palace, 2023
Due marchi storici si incontrano per una collaborazione unica
La collaborazione tra C.P. Company e Palace per la collezione 2023 rappresenta un’interessante fusione tra l'heritage dello sportswear italiano e quello britannico, mescolando due mondi distinti ma complementari. L’unione di questi due brand ha creato una collezione che riesce a bilanciare funzionalità, estetica moderna e un forte richiamo alle origini dei rispettivi marchi.
La tradizione di C.P. Company C.P. Company è noto per la sua innovazione nel campo dell'abbigliamento tecnico, con un focus particolare sulla sperimentazione dei materiali e la creazione di capi funzionali e resistenti. Il marchio, fondato da Massimo Osti negli anni '70, ha rivoluzionato l'idea di outerwear grazie a capi iconici come le giacche Goggle e i parka con tessuti tinti in capo. Questa attenzione alla performance e alla qualità dei materiali è un elemento distintivo di C.P. Company e si riflette chiaramente in questa collaborazione con Palace.
L'estetica urban di Palace Palace, fondato da Lev Tanju nel 2009, è uno dei marchi di streetwear più influenti e dinamici della scena britannica. Con un forte legame con la cultura dello skateboard, Palace si è fatto conoscere per il suo stile irriverente e l'uso di grafiche audaci, catturando l’attenzione di un pubblico giovane e globale. La capacità di Palace di giocare con ironia e innovazione nel design, senza perdere l'anima "urban", si inserisce perfettamente nel contesto della collaborazione con C.P. Company.
La collezione: un mix di funzionalità e street style La collezione C.P. Company x Palace riesce a fondere i tratti distintivi di entrambi i marchi. I capi di questa collaborazione si caratterizzano per un mix di funzionalità avanzata e dettagli estetici che catturano lo spirito della cultura giovanile contemporanea.
Uno dei punti salienti della collezione è sicuramente l'uso di tessuti tecnici brevettati da C.P. Company, come il Chrome-R, un materiale derivato dal nylon usato nei capi militari, che garantisce leggerezza, resistenza e impermeabilità. Palace ha saputo reinterpretare questi tessuti con il suo tocco unico, aggiungendo dettagli grafici distintivi come il triangolo iconico del brand, oltre a colori vivaci e a un approccio giocoso.
Tra i pezzi più apprezzati si trovano le giacche e i parka, che mescolano silhouette classiche di C.P. Company con l’energia del design Palace. Le giacche Goggle, in particolare, ricevono un restyling con elementi di streetwear, che le rendono perfette sia per l'ambiente urbano che per chi cerca capi funzionali adatti a qualsiasi condizione atmosferica.
Anche i pantaloni cargo e i capi in felpa rientrano tra gli elementi chiave della collezione, arricchiti da una palette di colori che va dai toni neutri come il grigio e il verde oliva, fino a colori più audaci come il blu elettrico e l’arancione, perfettamente in linea con lo stile di Palace.
Dettagli e Accessori La collaborazione ha visto anche la creazione di accessori che completano l’offerta, come cappellini, borse e zaini, tutti realizzati con lo stesso spirito di fusione tra tecnicità e stile streetwear. Anche in questi pezzi, i loghi dei due brand si alternano, creando un’identità visiva forte e riconoscibile.
Conclusione La collezione C.P. Company x Palace 2023 è una dimostrazione di come due brand con radici culturali e stilistiche diverse possano trovare un terreno comune per creare qualcosa di unico. Questa collaborazione non è solo un’operazione di marketing, ma una vera e propria celebrazione delle rispettive identità, con un risultato che soddisfa sia i puristi del technical wear che gli appassionati di streetwear.
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Immagini: C.P. Company, Palace
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