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Alessandria e l'incompiuta: tra opere pubbliche e promesse mancate
Una riflessione sulla parola “Incompiuta” e il suo significato nella società moderna, con un caso emblematico dal Quartiere Borsalino.
Una riflessione sulla parola “Incompiuta” e il suo significato nella società moderna, con un caso emblematico dal Quartiere Borsalino.La parola “Incompiuta” evoca immediatamente un senso di incompletezza, di potenziale irrealizzato, lasciando in chi la pronuncia o la osserva una sensazione di attesa e frustrazione. Questo termine può essere applicato a molti aspetti della società contemporanea,…
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Stefano Bonaccini
Attaccare frontalmente i nostri sindaci e i nostri amministratori regionali mentre l’emergenza è ancora in corso e il sistema di protezione civile è impegnato a soccorrere le persone, significa non avere rispetto né delle comunità alluvionate, né delle istituzioni. Se a farlo sono poi il Ministro Musumeci e il viceministro Bignami, per il Governo, che dovrebbe assicurare sostegno e leale collaborazione, allora siamo precipitati nel punto più basso del senso istituzionale.
Dopo l’alluvione del maggio 2023, mai registrata nella storia per quantità d’acqua caduta, come tutti sanno il Governo decise di non ascoltare il territorio e di accentrare nelle proprie mani la ricostruzione: ma con quale faccia gli esponenti dello stesso Governo e dello stesso partito scaricano oggi le responsabilità sugli amministratori locali? Dopo aver promesso il 100% il rimborso dei danni a cittadini, famiglie e imprese, i quali hanno ricevuto invece nulla. O dopo aver ricevuto dall’Unione Europea un miliardo e duecento milioni di euro da PNRR, per la ricostruzione pubblica, che ai nostri sindaci non sono mai arrivati?
L’intento è chiaro: accendere polemiche in chiave elettorale per le prossime regionali, così come fecero in previsione delle elezioni amministrative ed europee dello scorso giugno.
Un grazie immenso a tutti coloro che si stanno prodigando a soccorrere e assistere le comunità colpite.
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Discorso tenuto da Daniele Leppe davanti al papa nella Basilica San Giovanni in Laterano, in data 25 ottobre 2024.
Ringrazio Sua Santità e ringrazio il Vicariato di Roma per questa opportunità unica. Nel ringraziarLa Le rappresento una realtà invisibile, quella di una trincea dove anche Dio ha abbandonato tutti.
Credo di essere la persona meno adatta a raccontare il disagio che vivono le nostre periferie.
Nella vita di tutti i giorni faccio l’avvocato. Sono nato in un quartiere popolare di Roma, figlio di un impiegato e di una casalinga, una famiglia semplice che mi ha dato la possibilità, con molto sacrificio, di studiare. Per questo ho deciso di restituire ai quartieri dove sono nato e cresciuto un po’ della fortuna che ho avuto. Ho messo a disposizione la mia professionalità per aiutare le persone più semplici, gli ultimi quei dannati che non sanno di esserlo, gli abitanti dei quartieri popolari di questa città, troppo spesso dimenticati, che troppo spesso tornano ad essere cittadini come gli altri solo in occasione delle campagne elettorali.
Al di fuori della mia attività lavorativa, esercito il mio volontariato professionale in due quartieri difficili di Roma: Tor bella monaca e il Quarticciolo.
Il primo, nato nei primi anni ‘80, rappresenta l’ultimo intervento di edilizia pubblica fatto nella capitale, che doveva essere un quartiere modello e che, invece, è diventato il terzo carcere a cielo aperto della capitale: ci vivono ben 800 persone agli arresti domiciliari.
Il secondo, il Quarticciolo, anch’esso ultimo quartiere popolare edificato, ma questa volta durante il fascismo, negli anni 40, che è rimasto tale e quale a 80 anni fa.
A Tor bella monaca collaboro con l’associazione Tor Più Bella di Tiziana Ronzio; una donna che da sola combatte una lotta senza sconti, e per questo paga lo scotto dell’isolamento umano, contro gli spacciatori, che dispensano la vita e la morte in quel quartiere. Tiziana è riuscita, da sola, a liberare dal controllo della criminalità organizzata il suo palazzo, in via santa Rita da Cascia, con un effetto domino su tutto il comprensorio di case che costeggiano la via.
Ha lottato per i suoi figli e per le persone che vivono nel suo palazzo, e per questo paga un prezzo altissimo.
Vive sotto scorta ogni ora della sua giornata perché la sua vita è in pericolo. Non può uscire da sola nel quartiere. Riceve continue minacce da parte della criminalità organizzata mentre le Istituzioni non riescono ad andare al di là di una solidarietà formale.
Non sappiamo nemmeno quante persone abitino in quel quartiere.
Le statistiche parlano di 28000 persone, ma poiché molti degli immobili pubblici sono occupati, i dati non corrispondono alla situazione reale. Nel quartiere ci sono 14 piazze di spaccio. Gli spacciatori, il primo datore di lavoro del quartiere, pagano le vedette, i pusher; le famiglie che nascondono la droga nel proprio appartamento, corrompono l’anima dei giovani e privano le persone di un futuro dignitoso.
C’è una presenza altissima di ragazze madri con figli nati da relazioni diverse, con mariti ristretti in carcere. Di anziani disabili. Di povertà, educativa e alimentare. Accanto a un tessuto sociale straordinario colpisce, nell’anno giubilare, l’assenza delle Istituzioni, che intervengono nel quartiere solo come forza repressiva e per questo sono viste come nemiche, incapaci di comprendere il disagio e le difficoltà di chi vive nella povertà.
Sembra di assistere ad una sorta di tacito patto sociale in questa città.
Nei quartieri poveri della capitale viene lasciata vita facile alla criminalità organizzata più invadente, per consentire agli abitanti della Roma bene di vivere in tranquillità.
La mia attività, in realtà, non è tanto giuridica: il più delle volte mi occupo di collegare i fili immaginari fra i poveri diseredati e le Istituzioni, per risolvere problemi che altrove sarebbero semplici, ma che in condizioni di povertà diventano insormontabili.
Le condizioni di degrado umano, abiezione, povertà, sono indicibili.
Donne che vendono il proprio corpo per comprare la droga, genitori in mano ad usurai per pagare i debiti contratti dai figli, bambini che crescono con i nonni, famiglie distrutte dalla droga e dalla povertà.
Quattro mesi fa ho partecipato ad una messa tenutasi in ricordo di un bimbo morto nel quartiere a causa dei ritardi nei soccorsi provocati dalla rottura di un ascensore e di una ragazza morta investita lungo via di Torbellamonaca.
La messa si teneva di domenica mattina, dietro la famigerata R5, un complesso popolare situato in via dell’Archeologia attualmente in ristrutturazione. Per entrare nel complesso ho contato 4 ingressi. Ognuno di questi ingressi era presidiato da spacciatori che, come in una sorta di confine immaginario, segnano l’ingresso fra il dentro e il fuori. Questo accadeva in pieno giorno, senza alcun imbarazzo, a pochi chilometri da qui.
Quando iniziai a lavorare nel quartiere ho conosciuto una donna che viveva prigioniera degli spacciatori. Il figlio aveva contratto un debito con uno di essi. Non riuscendo a pagarlo, è fuggito. Alla madre hanno bruciato l’attività imprenditoriale per vendetta. Non sa dove è andato a vivere il figlio e non vuole saperlo. Lo fa per proteggerlo. Lo sente solo con telefoni usa e getta. Lei continua a vivere nello stesso quartiere dove è cresciuto il figlio e dove riceve le minacce dei criminali per il debito contratto del figlio. Sembra un altro mondo. Siamo a 10 km da San Giovanni. Non sembra di essere in un paese ricco, in una democrazia liberale.
Il Quarticciolo, invece, è l’esempio dell’abbandono pubblico - né più né meno come Tor bella monaca - e della capacità delle persone di reagire, costruendo una speranza concreta per i più poveri.
Li collaboro con un’associazione; Quarticciolo ribelle, composta da ragazzi e ragazze che, finita l’università, hanno deciso di andare a vivere in quel quartiere, cui si dedicano giorno e notte.
Anche il Quarticciolo è una nota piazza di spaccio di Roma.
Come tutti i quartieri di edilizia popolare, la povertà economica e sociale e l’abbandono del patrimonio pubblico da parte delle Istituzioni costituiscono l’humus ideale per la proliferazione della criminalità.
In quel quartiere gli spacciatori smerciano la loro roba seduti su comode sedie agli angoli delle strade, in particolare vendono crack, che trasforma i ragazzi che ne fanno uso, in zombie che girano come morti per il quartiere. È un quartiere dove la polizia di Roma capitale ha paura ad entrare e ha bisogno di un parcheggio privato per i propri poliziotti per evitare che le macchine siano vandalizzate, dove gli spacciatori minacciano gli operai delle ditte dell’Ater in occasione dei interventi per la manutenzione degli stabili, e tanto altro ancora.
I ragazzi di Quarticciolo Ribelle costruiscono, invece, giorno per giorno, un’alternativa possibile, con il loro esempio e con le loro attività.
Nel quartiere hanno realizzato una palestra popolare dove i bambini e le bambine sono seguiti, direi accuditi, e tenuti fuori da ambienti malsani.
I familiari i che non possono permetterselo, non pagano rette. Questi ragazzi, che come detto si sono soprannominati Quarticciolo Ribelle, hanno organizzato il doposcuola per i bambini.
Hanno creato, nel deserto, un ambulatorio sociale che interviene laddove lo Stato arretra.
Cercano di creare lavori, fornendo un’alternativa concreta, con un birrificio, una stamperia.
Come dicono loro, dove tutto chiude, noi apriamo.
Supportano le famiglie nei colloqui con i servizi sociali e nei colloqui scolastici.
Collaborano con l’università nell’immaginare un possibile alternativa.
Coprono buchi.
Danno ovviamente fastidio. Innanzitutto alla criminalità, che prospera laddove è maggiore il bisogno. Ma anche alle Istituzioni. Sono sentinelle attive che denunciano, senza sconti, le loro mancanze, le loro lacune.
Raccontano di come i prezzi delle case, sempre più insostenibili, allontano i poveri dalla loro città, trasformata in una Disneyland per ricchi e turisti.
Collaboro con associazioni scomode con problematiche insostenibili.
Perché la povertà e l’abbandono sono scomode.
È più facile costruire una cancellata, un recinto, un ghetto, per occultare la realtà che dare risposte concrete ai bisogni dei poveri.
Con tristezza infinita sono costretto a constatare che gran parte degli interventi pubblici delle Istituzioni per onorare il giubileo, nato anche per la promozione della dignità di ogni persona e per il rispetto del creato, non siano stati investiti e utilizzati per dare dignità agli abitanti più sfortunati della nostra città ma per rendere più comodi, belli e sicuri i quartieri bene della Città Santa che santa non può essere se non apre gli occhi sulle povertà diffuse che la popolano.
#roma
#giubileo
#periferie
#realtà_vs_belleparole
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IN ITALIA ANCHE I SENZATETTO POTRANNO AVERE DIRITTO ALL’ASSISTENZA SANITARIA
L’Italia ha approvato la legge che rende disponibile l’assistenza sanitaria anche ai senza fissa dimora.
Il provvedimento colma un vuoto di tutela che si pone in contrasto con gli articoli 3 e 32 della Costituzione e con i princìpi ispiratori della legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, in base ai quali l’assistenza sanitaria andrebbe garantita a tutti coloro che risiedono o dimorano “nel territorio della Repubblica, senza distinzione di condizioni individuali o sociali”. I senza dimora attualmente sono nell’impossibilità di essere iscritti al Servizio sanitario nazionale e di scegliersi un medico di medicina generale. La nuova legge e il programma sperimentale mirano ad “assicurare progressivamente il diritto all’assistenza sanitaria” ai senza dimora e per consentirgli di iscriversi nelle liste degli assistiti delle aziende sanitarie locali, di scegliersi un medico, di accedere ai LEA (le prestazioni incluse nei Livelli Essenziali di Assistenza).
“La norma recepisce la richiesta, avanzata anche con la nostra Carta civica della salute globale, di garantire l’assistenza sanitaria di base ai più fragili e agli invisibili, svincolandola dalla residenza anagrafica. Un esempio importante anche di quello che istituzioni, organizzazioni civiche e singoli cittadini possono fare insieme per migliorare le politiche pubbliche del nostro Paese e renderle sempre più vicine ai bisogni delle persone, a partire dai più fragili”, commenta Anna Lisa Mandorino, Segretaria generale di Cittadinanzattiva. Secondo le rilevazioni e gli indirizzi dell’ISTAT, il provvedimento sarà avviato inizialmente in 14 città metropolitane: Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia.
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Fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri; Cittadinanzattiva; immagine di Mart Production
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Il messaggio delle sinistre e della magistratura mediante parole, opere e sentenze alle forze dell'ordine è sostanziale: la Forza Pubblica esercita l'uso legittimo della violenza quando difende e protegge le Istituzioni burostatali, non le vite e le proprietà dei cittadini. E' questo quel che giurano, fateci caso.
Inoltre non devono dare il cattivo esempio al resto dei pubblici dipendenti, mettendosi a risolvere problemi. Lo stipendio pubblico è elargizione indipendente dal lavoro eseguito o meno, serve per stabilire una relazione di dipendenza tra beneficiari e redistributori.
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L’esule e il cittadino
È bene riflettere su un fenomeno che ci è insieme familiare ed estraneo, ma che, come spesso avviene in questi casi, può fornirci delle utili indicazioni per la nostra vita fra gli altri uomini: l’esilio. Gli storici del diritto discutono tuttora se l'esilio – nella sua figura originaria, in Grecia e a Roma – debba essere considerato come l'esercizio di un diritto o come una situazione penale. In quanto si presenta, nel mondo classico, come la facoltà accordata a un cittadino di sottrarsi con la fuga a una pena (in genere alla pena capitale), l'esilio sembra in realtà irriducibile alle due grandi categorie in cui si può dividere la sfera del diritto dal punto di vista delle situazioni soggettive: i diritti e le pene. Così Cicerone, che aveva conosciuto l’esilio, può scrivere: «Exilium non supplicium est, sed perfugium portumque supplicii», «L'esilio non è una pena, ma un rifugio e una via di scampo rispetto alle pene». Anche quando col tempo lo stato se ne appropria e lo configura come una pena (a Roma questo avviene con la lex Tullia del 63 a.C.), l’esilio continua a essere di fatto per il cittadino una via di fuga. Così Dante, quando i fiorentini imbastiscono contro di lui un processo di bando, non si presenta in aula e, prevenendo i giudici, comincia la sua lunga vita di esule, rifiutandosi di far ritorno alla sua città anche quando gliene viene offerta la possibilità. Significativo è, in questa prospettiva, che l’esilio non implichi la perdita della cittadinanza: l’esule si esclude di fatto dalla comunità a cui continua tuttavia formalmente ad appartenere. L'esilio non è diritto, né pena, ma scampo e rifugio. Se lo si volesse configurare come un diritto, cosa che in realtà non è, l’esilio verrebbe a definirsi come un paradossale diritto di porsi fuori dal diritto. In questa prospettiva, l’esule entra in una zona di indistinzione rispetto al sovrano, che, decidendo dello stato di eccezione, può sospendere la legge, è, come l’esule, insieme dentro e fuori l’ordinamento.
Proprio in quanto si presenta come la facoltà di un cittadino di porsi fuori dalla comunità dei cittadini e si situa pertanto rispetto all’ordinamento giuridico in una sorta di soglia, l’esilio non può non interessarci oggi in modo particolare. Per chiunque abbia occhi per vedere, è infatti evidente che gli stati in cui viviamo sono entrati in una situazione di crisi e di progressivo, inarrestabile disfacimento di tutte le istituzioni. In un simile condizione, in cui la politica scompare e cede il posto all’economia e alla tecnologia, è fatale che i cittadini divengano di fatto esuli nel loro stesso paese. È questo esilio interno che occorre oggi rivendicare, trasformandolo da una condizione passivamente subita in una forma di vita scelta e attivamente perseguita. Dove i cittadini hanno perduto persino la memoria della politica, a fare politica sarà solo chi nella sua città è in esilio. Ed è solo in questa comunità degli esuli, sparsa nella massa informe dei cittadini, che qualcosa come una nuova esperienza politica può qui e ora diventare possibile.
Giorgio Agamben, 7 novembre 2024
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Il 9 maggio 1945 dovrebbe essere considerata come una delle più importanti e cruciali date di tutto il Novecento e anche dell’intera storia umana. Quel giorno memorabile le forze dell’Armata Rossa e delle brigate partigiane sovietiche sconfissero definitivamente i criminali eserciti nazifascisti sul vasto fronte orientale. Senza la straordinaria resistenza sovietica, l’esercito tedesco avrebbe potuto dilagare a Est, impadronirsi delle più preziose materie prime e sconfiggere gli alleati anglo-franco-americani. La Germania nazista era vicina alla realizzazione della bomba atomica e disponeva di una scienza missilistica di almeno 15 anni più avanzata di quella dei suoi nemici. Verosimilmente l’Europa sarebbe diventata un campo di morte, una terra disseminata di campi di sterminio, di camere a gas e forni crematori, non un solo ebreo sarebbe sopravvissuto, i popoli slavi avrebbero conosciuto una nuova schiavitù. Per contrastare questo incubo, i popoli sovietici hanno sacrificato 27 milioni di vite, di cui 12 milioni russe, hanno patito distruzioni e sofferenze inenarrabili e hanno affrontato una guerra il cui scopo era lo sterminio totale, questo era l’intento dichiarato di Adolf Hitler, soggiogare i popoli slavi, sterminare il popolo russo. L’eroismo dei combattenti dell’Armata Rossa e dei cittadini sovietici sfida le più iperboliche narrazioni di epopee eroiche. Si pensi a Stalingrado e se è possibile ancora di più a Leningrado, assediata per tre anni. Nella Venezia del Nord la resistenza dei cittadini oltre che dei combattenti fu sovrumana. In questa grandiosa città gli abitanti e chi li guidava riuscirono a concepire l’inaudito, edificarono una strada, la famosa “Via della Vita”, sul lago ghiacciato Ladoga per portare rifornimenti alla città martoriata. In seguito, a guerra non ancora terminata, appena morto Roosevelt, Henry Truman, nuovo presidente Usa individuò nell’Unione Sovietica il nemico ideale del dopoguerra. Gli apparati di propaganda del governo, del Pentagono e dei servizi segreti statunitensi approntarono un infernale campagna di propaganda basata su una miscela tossica di russofobia e anticomunismo isterico per rappresentare l’Urss come il regno del male. Alcune istituzioni, create espressamente, seminavano le menzogne più infami. L’Europa comunitaria progressivamente sintonizzandosi sulla temperie stelle e strisce ha finito con l’allinearsi alla stessa propaganda, sulla spinta di governi fascistoidi di alcuni paesi dell’Europa dell’Est, fino alla perversione di apparentare comunismo e nazismo con l’intenzione di criminalizzare la Federazione Russa. Tutto ciò ha portato a ignorare artatamente la ricorrenza del 9 di maggio, a gettare l’oblio sul sacrificio di 27 milioni di cittadini russi e sovietici. È nostra intenzione riparare a questa vergogna per restituire onore e giustizia a quegli straordinari esseri umani a cui ogni cittadino europeo e non solo deve imperitura gratitudine.
Moni Ovadia in un brano dell'intervento per la celebrezione della vittoria dell’Armata Rossa sui nazifascisti tenuto nella sede dell'Ambasciata Russa a Roma.
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La signora “Gloria”, paziente oncologica veneta di 78 anni, è morta ieri mattina, il 23 luglio, nella sua casa: è la seconda persona in Italia ad aver scelto di porre fine alle proprie sofferenze tramite l’aiuto alla morte volontaria, reso legale a determinate condizioni dalla sentenza della Corte costituzionale 242/2019 sul caso Cappato-Antoniani, e la prima persona ad aver ottenuto la consegna del farmaco da parte dell'azienda sanitaria regionale.
"Gloria" ha potuto auto somministrarsi il farmaco letale attraverso la strumentazione fornita dal sistema sanitario, sotto il controllo medico del dottor Mario Riccio, Consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni, che nel 2006 aveva assistito Piergiorgio Welby e, il 16 giugno 2022, Federico Carboni, "Mario", il primo italiano che aveva potuto accedere a questa tecnica nelle Marche.
“In questo momento il nostro pensiero va alla famiglia di “Gloria”, al marito, vicino a lei fino all’ultimo istante - hanno dichiarato Filomena Gallo e Marco Cappato, Segretaria Nazionale e Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni - Anche se “Gloria” ha dovuto attendere alcuni mesi, ha scelto di procedere in Italia per avere accanto la sua amata famiglia e sentirsi libera nel suo Paese. Ringraziamo il dottor Mario Riccio, che ha seguito la vicenda fin dall'inizio e che dopo l'impossibilità da parte dell'azienda sanitaria di fornire anche assistenza medica ha aiutato “Gloria” in questa fase finale, nel rispetto della sentenza 242/19 della Corte costituzionale. Le è stata risparmiata una fine che non avrebbe voluto, grazie alle regole stabilite dalla Consulta e grazie alla correttezza e all’umanità del sistema sanitario veneto e delle istituzioni regionali presiedute da Luca Zaia."
Intanto il Veneto è la prima Regione d’Italia ad aver raggiunto, e poi depositato, la soglia delle firme necessaria per poter portare la proposta di legge regionale sul suicidio assistito in Consiglio regionale. Sono infatti oltre 7.000 i cittadini veneti che hanno sottoscritto il testo di “Liberi Subito”, la proposta di legge regionale elaborata dall’Associazione Luca Coscioni per regolamentare l’aiuto medico alla morte volontaria. - Ass. Luca Coscioni
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Su Strisciarossa Paolo Soldini scrive: «Se lo scivolamento a destra è il dato politico più evidente del voto per il rinnovo del Parlamento europeo, almeno secondo le proiezioni e i dati parziali disponibili in nottata, va rilevato, però, che lo spostamento così evidente dell’orientamento dei cittadini europei, che c’è e sta già provocando sconquassi come s’è visto in Francia, non nasconde una circostanza che merita invece di essere sottolineata positivamente: la secca sconfessione all’illusione delle destre, in primo luogo quella italiana, di poter rovesciare i rapporti di forza nelle istituzioni di Bruxelles con il grande ribaltone che Giorgia Meloni e i suoi sono andati inseguendo, preannunciandolo pubblicamente in modo quasi ossessivo, fin dal giorno dell’insediamento del governo di destra a Roma. I dati disponibili al momento sulla composizione della nuova assemblea dicono che un avanzamento dei popolari, che dovrebbero portare a Strasburgo 189 deputati (13 in più di quelli che aveva), una flessione lieve dei socialisti e democratici che ottengono 135 scranni (-4) e un consistente calo dei liberal democratici, che passerebbero da 102 a 80, configurano la sussistenza di una chiara maggioranza composta dalle forze democratiche ed europeiste. Il miraggio di una maggioranza dai sedicenti ���conservatori” al centro, sogno tutto meloniano ma fatto proprio in Italia anche dal moderato Antonio Tajani e con tutte le forze osteggiato invece dall’altro suo vice, Matteo Salvini, in nome dell’union sacrée di tutte le estreme antieuropee, è stato sconfessato seccamente dagli elettori».
Un giornalista attento e intelligente come Paolo Soldini non può non leggere il senso principale del voto del 9 giugno, cioè quello di uno spostamento a destra dell’elettorato europeo, poi però spera che liberali e popolari, cioè in larga misura dei conservatori moderati, che stanno facendo governi con i conservatori radicali in decine di Stati dell’Unione, manterranno insieme quella gestione comunitaria tecno-burocratica che è evidentemente in crisi. Finché la sinistra mescolerà tecno-burocrazia a Bruxelles con i massimalismi alla Elly Schlein e alla Pedro Sánchez nei singoli paesi, non sarà in grado di definire un profilo che le garantisca un protagonismo per il futuro.
via tempi.it
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cosa ne pensi della democrazia?
Penso che la democrazia sia fondamentale perché garantisce la partecipazione di tutti i cittadini alle decisioni che riguardano la società. Tuttavia, credo che in Italia non ci sia una democrazia piena, perché spesso le istituzioni non riescono a rappresentare pienamente i bisogni delle persone. Nonostante ciò, penso che sia nostro dovere essere cittadini attivi, votare, scendere in piazza per difendere i nostri diritti e continuare a credere nella democrazia come strumento per migliorare il paese.
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I Carabinieri incontrano la popolazione di Rocca Grimalda: consigli su come prevenire truffe e furti oltre all’occasione di ascoltare direttamente dalla cittadinanza proposte e criticità
Rocca Grimalda – Nuovo incontro fra la cittadinanza e i Carabinieri. Questa volta è un comune dell’ovadese a ospitare un momento di riflessione e scambio sul tema dei reati predatori e delle truffe
Rocca Grimalda – Nuovo incontro fra la cittadinanza e i Carabinieri. Questa volta è un comune dell’ovadese a ospitare un momento di riflessione e scambio sul tema dei reati predatori e delle truffe. Il furto in abitazione è senza dubbio uno dei reati più fastidiosi, perché oltre al danno materiale instilla nelle vittime un senso di insicurezza che arriva fin dentro le mura domestiche. Grazie…
#Alessandria today#Amministrazione comunale#Carabinieri prevenzione#Carabinieri Rocca Grimalda#collaborazione Carabinieri e Comune#collaborazione cittadini Carabinieri#consigli sicurezza Carabinieri#contrasto ai furti#criticità sicurezza locali#Fiducia nei Carabinieri#fiducia nelle istituzioni#furti in abitazione#Google News#incontri con la cittadinanza#incontri pubblici sicurezza#incontro Carabinieri cittadini#iniziative Carabinieri#italianewsmedia.com#partecipazione cittadinanza#Pier Carlo Lava#Prevenzione furti#prevenzione furti abitativi#Prevenzione reati#Prevenzione truffe#proposte sicurezza locali.#protezione aree comuni#protezione comunità#reati comuni prevenzione#reati predatori#reati predatori prevenzione
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Capisco che sia difficile resistere allo schifo che si prova ma fate uno sforzo e mettete a confronto Josefa Idem con Daniela Santanchè e avrete l'abisso che separa la sinistra dalla destra.
"«Le dimissioni da ministro di Josefa Idem sarebbero un gesto importante e significativo, nonché un forte segnale di rispetto verso le Istituzioni e quello che rappresentano. Viviamo in un tempo nel quale la politica, per recuperare la fiducia dei cittadini, deve stare un passo avanti alla società e dare il buon esempio. Sono certa della buona fede della Idem e nessuno l’ha mai messa in dubbio, ma un atto di responsabilità dopo quanto è accaduto è auspicabile». Lo dichiara il presidente dei deputati di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. Roma, 20 giugno 2013
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Le peggiori schifezze si fanno di nascosto. Così, mentre la gente pensa a come arrivare a fine mese, a come pagare mutui e bollette, o a come - chi se lo può permettere - passare qualche giorno di ferie estive, il Governo Meloni ha cancellato uno dei più importanti reati nella pubblica amministrazione: l’abuso d’ufficio. Importante per i cittadini onesti, che con il reato d’abuso d’ufficio possono fermare gli appetiti e le malefatte di politici e amministratori corrotti. È da sempre stato invece inviso a chi, con l’abuso d’ufficio, ci ha costruito la propria carriera politica. Per capire quanto sia odioso l’abuso d’ufficio, oltre che grave e dannoso, ecco alcuni esempi di reato. C’è abuso d’ufficio quando: - un pubblico ufficiale concede permessi di costruzione in deroga alle normative vigenti per favorire un costruttore amico; - un funzionario pubblico assegna un appalto senza seguire le procedure di gara pubblica, favorendo una specifica azienda con la quale ha interessi personali; - un dirigente assume personale senza concorso, favorendo parenti o amici; - un funzionario comunale annulla multe a parenti o amici senza motivazioni legittime; - un amministratore distribuisce fondi a progetti gestiti da conoscenti senza seguire criteri di trasparenza; - un pubblico ufficiale utilizza auto di servizio per scopi personali. L’abuso d’ufficio è quindi uno dei reati che più allontanano i cittadini onesti dalla politica e dalle istituzioni. Da oggi, grazie al Governo Meloni, questo reato non esisterà più. Insieme a esso verranno cancellate oltre 3600 condanne e i colpevoli avranno la fedina penale ripulita da un giorno all’altro. Con questa riforma, Meloni manda al Paese un messaggio devastante: cioè che i disonesti possono continuare impunemente a delinquere; mentre dà uno schiaffo in faccia a tutti quei cittadini e a quegli amministratori che credono, o meglio, credevano nella giustizia e nell’onestà. Barbara Floridia, X
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COMPLOTTISTI DI ALTRI TEMPI
Socrate, il più grande filosofo di tutti i tempi, era in realtà l’uomo più odiato di Atene. Venne accusato di empietà e corruzione dei giovani. Il tribunale popolare, l’eliea, lo condannò a morte: e Socrate, una delle menti più brillanti della storia, morì sorbendo una tazza di cicuta. Ma perché tanto accanimento?
Apparentemente Socrate non faceva nulla di pericoloso: poneva domande, parlava con chiunque, con i nobili, con i comuni cittadini, con i giovani. Ma proprio le sue domande, nella loro schiettezza, nella loro semplicità demolivano le certezze dei suoi interlocutori, li costringevano a confortarsi con la vacuità delle proprie certezze, con l’incoerenza dei propri ragionamenti.
Insegnavano a dubitare.
Socrate era un personaggio fin troppo scomodo con i dubbi che instillava. Aveva avuto l’ardire di smascherare i politici corrotti e i falsi maestri che, credendo di sapere, dispensavano false verità e falsa conoscenza. Ecco perché venne messo a morte. Era una minaccia allo status quo, un pericolo da eliminare.
Durante il processo, Socrate non volle pentirsi o implorare clemenza. Rifiutò persino di ricorrere all’aiuto di un oratore (antesignani dei nostri avvocati). Perché? Perché secondo Socrate: «Non puoi usare la tua arte retorica giocando con le parole, incantando la folla, magari mentendo, neppure se è in gioco la vita”.
L’intelligenza è scomoda, questo ci insegna il processo contro Socrate.
La massa vuole illusioni e non verità, desidera in poche parole essere adulata.
Gli uomini intelligenti vengono messi alla gogna.
Sono banditi, ostracizzati, disprezzati, poiché turbano il sonno delle masse, mettono in dubbio l’autorità, svelano gli inganni delle istituzioni.
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Mattarella non è un woke. E' un provinciale pre-woke, portatore di un set valoriale tradizionale, incentrato sul parassitismo burocratico dirigista centralista assistenzialista in cui lo Stato sono le Istituzioni e i cittadini che ad esse si allineano.
E' convinto di avere un ruolo guida in un mondo preso tra due fuochi: da una parte l'odio dei woke che costi quel che costi non dev'essere fomentato, perché di loro sono il Progresso, Giustizia e Verità - equo, scientifico, solidale, sociale, ambientale, decrescista; il loro odio è mera e giustificata risposta giovanile alle provocazioni, con loro bisogna far appeasement, scendere a patti, adeguarsi, allinearsi. Resistance is futile.
Dall'altra parte c'è l'ignoranza della maggioranza silenziosa da ridurre come il carbonio, il gregge che tramuterebbe in odio ogni libertà di pensiero concessa ("che ve ne fate di tutta quella libertà?") e quindi va represso e guidato mediante paternalismo dirigista.
Una visione particolarmente provinciale arretrata, applicata dal soggetto anche alla pandemia. Si vede come il Traghettatore, visione che l'ha intimamente "forzato" ad imporsi per il secondo mandato.
Non è cambiato, non é diverso da quel che fu, un democristiano sociale del secolo scorso tra i tanti: come Moro, intimamente convinto che il socialismo e bandiera rossa la trionferà, quindi proteso a salvare il salvabile, rendendosi con essi carino e coccoloso e agendo da implacabile repressore di tutti coloro che, democristiani fratelli, invece a tale destino per nulla ineluttabile come storia poi dimostrerà, intendevano resistere ed opporsi. Un gesuita alla Francesco, un Grima il Vermilinguo, uno che contrariamente ad Ulisse serve Polifemo senza secondi fini, accettando la concessione di venir mangiato per ultimo.
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Perché é stato ucciso Socrate?
Socrate, il più grande filosofo di tutti i tempi, è stato in realtà l'uomo più odiato di Atene. È stato accusato di crudeltà e corruzione dei giovani. II tribunale popolare, l’Eliea, lo condannò a morte: e Socrate, una delle menti più brillanti della storia, morì bevendo la cicuta... Ma perché tutto questo?
A quanto pare Socrate non stava facendo nulla di pericoloso. Semplicemente faceva domande, parlava con chiunque: con i nobili, con i cittadini comuni, con i giovani. Ma le sue domande, nella loro franchezza, nella loro semplicità demolivano le certezze dei suoi interlocutori, costringendoli a confrontarsi con il vuoto delle loro stesse certezze, con l'incoerenza del loro ragionamento.
Insegnava a dubitare.
Socrate era un personaggio troppo scomodo con i dubbi che inculcava. Ha avuto l'audacia di smascherare politici corrotti e falsi insegnanti che propugnavano false verità e false conoscenze.
Per questo è stato condannato a morte. Era una minaccia per lo status quo, un pericolo da eliminare.
Durante il processo, Socrate non ha voluto pentirsi né implorare pietà. Si è anche rifiutato di farsi assistere da un oratore. L'intelligenza è scomoda, questo ci insegna il processo contro Socrate. Le masse vogliono illusioni e non verità; vogliono essere lusingate e vivere felici nell’ignoranza.
Gli uomini intelligenti sono imbarazzanti, proibiti, ostracizzati, disprezzati, perché turbano il sonno delle masse, mettono in discussione l'autorità, rivelano gli inganni delle istituzioni.
Trovato sul web.
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