#Un quarto di donna
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" Riprendo un pensiero iniziato ieri sera, seduta in quarta fila di platea e davanti a me primi piani di vita cinematografica, riproduzione di sentimenti tutti ad alta tensione: amore amore, disperazione disperazione, felicità felicità, bellezza bellezza. Sempre lui e lei nel punto piú alto del cuore, carnali, patetici, impressionabili, sensuali, belli da morire. Una successione di attimi fuggenti, un'esagerazione. Ma io dentro quell'esagerazione avevo desiderio di penetrare, di invaderla come una fuorilegge e in mezzo a quell'esagerazione apparire diversa, mutare la mia voce, il colore dei capelli, adattarmi ad altre circostanze, conformarmi a un provino di sensazioni nuove, di inedite compiacenze verso me stessa. Abbandoni improvvisi, diapason sempre più alti, fervori, palpiti, magnifiche passività, un dialogo dal principio alla fine, mai una solitudine. Avevo voglia di esistere cosí, di gareggiare cosí, di esplorare tutto da capo, che non si accendesse la luce per carità e io fossi obbligata a guardare l'orologio, a fare la fila per uscire dalla sala e come uno sfinimento vedere una umanità tutta un po' brutta nell'ora in cui va a dormire e se ne riparla domani. Mi era venuta come una scalmana, un mal di vita. Si è accesa la luce e io ho preso il braccio di mio marito e supponevo che mi dicesse « ti trovo diversa stasera » oppure « pensiamo a noi due » o più semplicemente « io e te ». Una specie di crumiraggio all'intelligenza. Siamo tornati a casa. Prima, seconda e terza, apri il finestrino, chiudi il finestrino, chiavi, interruttore, spazzolino da denti, borsa calda perché fa freddo. Le mie prime rughe al solito posto come le pantofole. "
Giuliana Ferri, Un quarto di donna, Einaudi (collana Nuovi Coralli n° 155), 1976, pp. 10-11.
[Prima edizione: Marsilio Editori, 1973]
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Il dono

Gli anglofoni in genere, per indicare che la donna sta dando piacere all’uomo con la bocca dicono che “she’s givin’ head” cioè "lei sta offrendo la testa”. Ed è per questo che ti apprezzo, amore mio: amo il tuo dono quotidiano per me. Cascasse il mondo, non lo hai mai fatto a tuo marito e mai glielo farai. Ma non esiti a venire a casa mia e a metterti in ginocchio tra le mie gambe, per darmi il privilegio di entrarti in gola come e quanto più mi piace. Ci staresti le ore, così. Ormai l'ho capito.

E con il mio uccello in bocca, pian piano sei diventata una vera maestra, di quest'arte nobile e delicatissima. Amo il fatto che tu sia una donna di cultura altissima e l'insospettabile, fedelissima moglie del famoso architetto del quarto piano. Ci siamo conosciuti qualche settimana fa in ascensore, appena sono arrivato in questo condominio, conseguenza del mio nuovo lavoro in questa città. Pochi convenevoli e c'è stata da subito un'incredibile chimica, tra noi.

Il tuo sorriso, il tuo odore e i tuoi occhi di fuoco mi hanno catturato immediatamente. Non sai neppure tu come sia potuto accadere. Ma comunque, eccoci qui: io e te. Siamo due amanti segreti. Pieni di sensi di colpa per un amore che forse non ha alcun futuro, ma solo un presente pieno di sesso e passione travolgente. Ci incontriamo con gran circospezione attorno alle tre. Tu sei appena tornata da scuola e hai sbrigato le faccende di casa. Tutto avviene mentre dopo pranzo i tuoi figli riposano in camera o fanno i compiti.

Ci amiamo rigorosamente solo dopo che lui è uscito nuovamente da casa e tornato al suo studio. Con la scusa del bucato da stendere o di dover prendere qualcosa in cantina, vieni da me e immediatamente mi regali la tua bocca. Ormai mi faccio trovare da te direttamente nudo dalla cinta in giù. Ogni giorno mi bevi avida. Solo al pomeriggio del sabato, giorno in cui nel pomeriggio tuo marito va a giocare a biliardo al circolo, ci permettiamo di unire le nostre anime, di sovrapporre la pelle e quindi mi ti concedi tutta.

Io ricambio il tuo dono, leccandoti e facendoti godere tantissimo: fino a farti dire basta. Poi, per un po’ adoro e onoro i tuoi seni. Che sono sodi, gonfi di puro piacere e di una bellezza che mi stordisce. E i tuoi capezzoli turgidi hanno il profumo e il sapore del puro peccato. Sei una meravigliosa creatura erotica. Infine, t’accarezzo e t'avvolgo col mio amore dalla testa ai piedi. Tutta ti devo amare. È il modo più bello e giusto tra noi, per possederci reciprocamente ed entrare in una comunione profondissima, mai provata prima da entrambi.

Ti godo sempre stando in un concentrato e rispettoso silenzio. Solo dopo che siamo sazi di noi e abbiamo finito le energie, esaurito lo scambio emotivo, ti guardo arrossire di vergogna e di rimorso. Mentre sorridi comunque soddisfatta e piena del mio seme ovunque. T’aiuto a ricomporti e infine ti do delle sonore pacche sul culo. Che ti piacciono da morire, perché ti fanno tornare ragazzina. Non riesci proprio a pentirtene: neppure io.

La tua bocca e i tuoi seni io me li sogno la notte. Mi confessi davanti a Dio che Il mio corpo ti fa impazzire. L'amore proibito è sempre quello più saporito e gradito al cuore. E al corpo. Questa, che piaccia al cielo o no, è la nostra comune, vera, assolutamente deprecabile, illegale droga. Necessaria a entrambi per far continuare a vivere le nostre anime reciprocamente innamorate. Fuoco rovente di due cuori senza alcuna speranza di un futuro.
RDA
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Che l'aria che si respira in questo Paese stava cambiando di molto lo avevo capito da tempo ma poi la tocchi con mano e allora ti convinci definitivamente. Assemblea di condominio, al punto 2 odg "ristrutturazione e rifacimento balconi, frontalini e facciate". Si aprono i preventivi e si inizia a discutere. 700 mila euro di spesa da dividersi tra 42 condomini. Dopo 4 ore di proposte, chiacchiericci, approvazioni e contrarieta', provo a dire: "inutile stare qui ancora ore e ore a parlare. Sono 2 anni che torniamo sempre sugli stessi argomomenti. Direi che ognuno ha detto quello che aveva da dire, riperiamo le stesse cose da due anni. Votiamo e basta, cosi facciamo un passo avanti".
E' a questo punto che capisco come e' cambiata l'aria..Si alza la sig.ra De Santis, giovane donna che ha un appartamento al quarto piano della mia scala..." Tu la devi smettere di fare il Comunista Stalinista. Se tu non hai problemi e ti puoi permettere di pagare tutto, io ho il mutuo, le bollette, devo mangiare e quindi si puo' anche aspettare a fare i lavori..Mica siamo in dittatura!
Mi e' tornato alla mente un particolare di un paio di anni prima. "Scusi, lei non e' quella signora che voleva rifare il complesso bello bello e voleva cambiare caldaia, porte, finestre e mettere i pannelli solari? Ah, credo di aver capito. Voleva fare tutto con il 110% a spese degli altri.."..
Apriti cielo!!! -" Comunistaa, comunistaaa, voi radical-chic che ve la godete senza mai aver lavorato e rompete le palle alla povera gente. Maledetti comunistiii..maledettiii.."..
SI, si, l'aria di questo Paese e' cambiata parecchio.. @ilpianistasultetto
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A New York è stato appena aperto il NEGOZIO DI MARITI dove le donne possono scegliere e comprare un marito.
All'entrata sono esposte le istruzioni su come funziona il negozio:
1) Puoi visitare il negozio SOLO UNA VOLTA.
2) Ci sono 6 piani e le caratteristiche degli uomini migliorano salendo.
3) Puoi scegliere qualsiasi uomo ad un piano oppure salire al piano superiore.
4) Non si puo’ ritornare al piano inferiore.
Una donna decide di andare a visitare il Negozio di Mariti per trovare un compagno.
Al primo piano l'insegna sulla porta dice: "Questi uomini hanno un lavoro." La donna decide di salire al successivo.
Al secondo piano l'insegna sulla porta dice: "Questi uomini hanno un lavoro e amano i bambini." La donna decide di salire al successivo.
Al terzo piano l'insegna sulla porta dice: "Questi uomini hanno un lavoro, amano i bambini e sono estremamente belli.". "Wow" - pensa la donna, ma si sente di salire ancora.
Al quarto piano l'insegna sulla porta dice: "Questi uomini hanno un lavoro, amano i bambini, sono belli da morire e aiutano a fare le faccende di casa."“Incredibile! - esclama la donna - Posso difficilmente resistere!” Ma, detto questo, sale ancora.
Al quinto piano l'insegna sulla porta dice: "Questi uomini hanno un lavoro, amano i bambini, sono belli da morire, aiutano nelle faccende domestiche e sono estremamente romantici."La donna è tentata di restare e sceglierne uno, invece decide di salire all'ultimo piano.
Il cartello del sesto piano: "Sei la visitatrice N° 31.456.012 di questo piano, qui non ci sono uomini, questo piano esiste solamente per dimostrare come sia impossibile accontentare una donna. Grazie per aver scelto il nostro negozio!
Di fronte a questo negozio è stato aperto un NEGOZIO DI MOGLI.
Al primo piano ci sono donne che amano far sesso.
Al secondo piano ci sono donne che amano far sesso e sanno cucinare bene.
I piani dal terzo al sesto NON SONO MAI STATI VISITATI.
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Se avete due minuti, leggetela è bellissima!❤️😘❤️
Mentre mia moglie mi serviva la cena, mi feci coraggio e le dissi:
«voglio il divorzio».
Vidi il dolore nei suoi occhi, ma chiese dolcemente:
«perché?».
Non risposi e lei pianse tutta la notte. Mi sentivo in colpa, per cui sottoscrissi nell’atto di separazione che a lei restassero la casa, l’auto e il trenta per cento del nostro negozio. Lei quando vide l’atto lo strappò in mille pezzi e mi presentò le condizioni per accettare.
Voleva soltanto un mese di preavviso, quel mese che stava per cominciare i’indomani:
«devi ricordarti del giorno in cui ci sposammo, quando mi prendesti in braccio e mi portasti nella nostra camera da letto per la prima volta. In questo mese ogni mattina devi prendermi in braccio e devi lasciarmi fuori dalla porta di casa».
Pensai che avesse perso il cervello, ma acconsentii…
Quando la presi in braccio il primo giorno eravamo ambedue imbarazzati, nostro figlio invece camminava dietro di noi applaudendo e dicendo:
«grande papà, ha preso la mamma in braccio!»
il secondo giorno eravamo tutti e due più rilassati. Lei si appoggiò al mio petto e sentii il suo profumo sul mio maglione.
Mi resi conto che era da tanto tempo che non la guardavo. Mi resi conto che non era più così giovane, qualche ruga, qualche capello bianco.
Ii quarto giorno, prendendola in braccio come ogni mattina, avvertii che l’intimità stava ritornando tra noi: questa era la donna che mi aveva donato dieci anni della sua vita, la sua giovinezza, un figlio. Nei giorni a seguire ci avvicinammo sempre più.
Ogni giorno era più facile prenderla in braccio e il mese passava velocemente.
Pensai che mi stavo abituando ad alzarla, e per questo, ogni giorno che passava la sentivo più leggera. Mi resi conto che era dimagrita tanto.
L’ultimo giorno, nostro figlio entrò all’improvviso nella nostra stanza e disse:
«papà, è arrivato il momento di portare la mamma in braccio».
Per lui era diventato un momento basilare della sua vita.
Mia moglie lo abbracciò forte ed io girai la testa, ma dentro sentivo un brivido che cambiò il mio modo di vedere il divorzio. Ormai prenderla in braccio e portarla fuori cominciava ad essere per me come la prima volta che la portai in casa quando ci sposammo… la abbracciai senza muovermi e sentii quanto era leggera e delicata… mi venne da piangere!
Mi fermai in un negozio di fiori. Comprai un mazzo di rose e la ragazza del negozio mi disse:
«che cosa scriviamo sul biglietto?».
Le dissi:
«ti prenderò in braccio ogni giorno della mia vita finché morte non ci separi».
Arrivai di corsa a casa e con il sorriso sulla bocca, ma mi dissero che mia moglie era all’ospedale in coma…
Arrivai di corsa a casa e con il sorriso sulla bocca, ma mi dissero che mia moglie era all’ospedale in coma. Stava lottando contro il cancro ed io non me n’ero accorto.
Sapeva che stava per morire e per questo mi aveva chiesto un mese di tempo, un mese perché a nostro figlio rimanesse impresso il ricordo di un padre meraviglioso e innamorato della madre.
Lei aveva chiaro quali fossero I dettagli, I semplici dettagli, che contano in una relazione. Non sono la casa, la macchina, I soldi… queste sono cose effimere che sembrano saldare un’unione e invece possono dividerla.
A volte non diamo il giusto valore a ció che abbiamo fino a quando non lo perdiamo.
Autore sconosciuto
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(Foto: laeliatenebrosa)
Finalmente, dopo tanto tempo ti sei decisa e, coraggio da vera leonessa, l'hai chiamato. Avevi preparato tutto un discorso che partiva alla larga. Invece lui era sereno: appena t'ha riconosciuta ha riso di cuore ed era sinceramente contento di sentirti.

(Foto: laeliatenebrosa)
Contrariamente alle tue aspettative. Tutto cancellato. Malintesi, incazzature, torti, ragioni. Invece di farti parlare, t'ha direttamente detto che gli sei mancata tantissimo. E che voleva amarti, possibilmente subito. Tanto, a fine giornata lavorativa mancava un'ora o poco più.

(Foto: laeliatenebrosa)
Adesso, nella mente di entrambi c'è solo una cosa: tutto il resto passa in secondo piano. Terzo, quarto... Vai a farti una doccia rapida e poi ti preparerai per lui. Perché ti vuole vedere immediatamente: ha chiesto un permesso dal lavoro e sta uscendo. Adesso. Dio mio...

(Foto: laeliatenebrosa)
Fra un po' busserà alla tua porta. E tu quindi ora fai le tue cose, ma senza pensare con lucidità, perché sei letteralmente impazzita d'amore. Cose che capitano a chi si cerca. Ti desidera: e non c'è cosa più bella, per una donna.
Aliantis

(Foto: laeliatenebrosa)
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Grazie @laeliatenebrosa 🌹
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Dai un'occhiata
@patty221 darling... don't worry. Your words can't harm me. I got used with people of your type. Ignorant who only use their little brain to think of what they can answer or reply and not to understand deeply things. First of all, if you are so busy in your real life then your place is not on a social. So it's you who shouldn't be here not me. Second,the reason I complain is because I can 🤣🤣who's gonna stop me? 😁🙄 third, if you followed me means you like what I post and want to see more.
Otherwise don't follow me at all. You won't miss anything and I won't surely die if you don't. And forth, I don't post videos and pictures downloaded from others socials like tik tok or Pinterest and then post them here. I create them all. I am an artist. a video creator and also a writer so if you "pay the ticket" to watch me than watch and react otherwise don't come in. I didn't invited you. And I won't cry for sure because you unfollowed. I couldn't care less. But I will tell you something. You are not rude. You are also stupid my dear and I think it was you who was sending me the rude anonymous questions because they were a lot like what you just said. And since you provoked me I will embarass you publicly until you will leave tumblr crying. You pinched the wrong woman sweetheart.💥
@patty221 tesoro... Non preoccuparti. Le tue parole non possono farmi del male. Mi sono abituato a persone del tuo tipo. Ignoranti che usano solo il loro piccolo cervello per pensare a ciò che possono rispondere o rispondere e non per capire profondamente le cose. Prima di tutto, se sei così impegnato nella tua vita reale, il tuo posto non è su un social. Quindi sei tu che non dovresti essere qui, non io. In secondo luogo, il motivo per cui mi lamento è perché posso 🤣🤣, chi mi fermerà? 😁🙄 terzo, se mi hai seguito significa che ti piace quello che pubblico e vuoi vedere di più, altrimenti non seguirmi affatto. Non ti perderai nulla e io non morirò sicuramente se non lo farai. E quarto, io non pubblico video e immagini scaricate da altri social come tik tok o Pinterest e poi le pubblico qui. Li creo tutti. Sono un artista. un creatore di video e anche una scrittrice quindi se "paghi il biglietto" per guardarmi, guarda e reagisci altrimenti non entrare. Non ti ho invitato. E non piangerò di sicuro perché hai smesso di seguirmi. Non me ne potrebbe fregare di meno. Ma ti dirò una cosa. Non sei maleducata, sei anche stupida cara mia e credo che sei stata tu a mandarmi tutti quei messaggi anonimi perché si asogliavano tantissimo con quello che hai detto sul mio post fissato in alto. E siccome mi hai provocata ti metterò in imbarazzo pubblicamente finché lascerai tumblr piangendo. Hai pizzicato la donna sbagliata tesoro 💥
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House of the Dragon 2, Episodio 6 (Smallfolks): Women Power!
È un passo a due quello del sesto episodio della seconda stagione di House of the Dragon (2x06): Rhaenyra e Mysaria, Daemon e Alys, Aegon e Aemond. Una danza parallela a quella dei draghi, ma che non si evolve come vi aspettereste.

House of the Dragon* continua sulla scia delle puntate che solo apparentemente sono statiche, di strategia e non di azione, ma è solo un'impressione. Lo spin-off del Trono di Spade, con il sesto episodio della seconda stagione si avvicina verso il gran finale. Tuttavia, dopo il quarto sconvolgente episodio, qualcuno si è lamentato dell'eccessivo andamento altalenante della narrazione.

Emma D'Arcy e la sua Rhaenyra rimangono uno dei fiori all'occhiello della serie
Dispiace leggerlo in giro perché sembra che gli spettatori non abbiano più pazienza. Pazienza di gustarsi l'episodio settimanale con calma; pazienza di attendere gli sviluppi dei personaggi e delle storyline, che non sono sempre immediati, come la scrittura originaria di George R.R. Martin, del resto, insegna. Poi, la pazienza di non pretendere svariate morti truculente in ogni episodio, altrimenti anche il realismo drammatico in salsa fantasy del mondo delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco rischia di sgretolarsi.
La rivincita dei "bastardi"
Nel finale del quinto episodio Rhaenyra (Emma D'Arcy) insieme al primogenito Jace (Harry Collett) aveva avuto la folle idea (degna del nome della Casa che porta) di riunire gli eredi di altre famiglie di Westeros che avevano del sangue Targaryen nelle vene da antiche discendenze per provare a forgiare nuovi cavalieri di draghi. Perché, nella Danza dei Draghi oramai entrata nel vivo, bisogna averne di più, averli più grandi e saperli cavalcare. Purtroppo la Regina legittima erede al Trono di Spade ne ha persi due in poco tempo: prima quello di Daemon (Matt Smith), oramai arroccato ad Harrenhal preparando sostanzialmente si un'offensiva contro i verdi ma anche contro la moglie; e poi Rhaenys il cui drago è stato ucciso in battaglia, creando stupore e scalpore in tutto il regno.
In quest'ottica l'idea potrebbe essere geniale… oppure rivelarsi un pericoloso fiasco totale: se andrà male, chi altro senza sangue puro e primario potrà mai avere il coraggio di avvicinarsi nuovamente ad una di quelle mitiche creature sputafuoco? Questi "pretendenti" non sono gli unici "bastardi" (non in senso letterale) estraniati su cui si concentra la puntata: torna il fratello di Daemon e Viserys, che torna in un cameo inaspettato attraverso le visioni del Principe Consorte e che farà felice i fan, torna il fratello di Alicent che la aggiorna sull'altro suo figlio, Daeron, riflettendo su come sarebbero state le loro vite se il padre Otto avesse puntato tutto sul primogenito e non su di lei.
Una donna tra gli uomini
Proprio Alicent (Olivia Cooke) è di nuovo al centro dell'episodio in modo speculare rispetto a Rhaenyra e in questo House of the Dragon continua il discorso sul women power della scorsa: come dicevamo, due fazioni, stessa famiglia allargata, due concili ristretti eppure stesse problematiche da affrontare per le due Regine e stesso ragionamento patriarcale figlio del tempo fantastico, ma a tratti socialmente fin troppo reale, che racconta. Eppure proprio in questo spin-off venuto temporalmente ben prima degli eventi, Ryan Condal riesce ad essere ancora più moderno e legato ai tempi che corrono.

Il verde del vestito di Alicent è di nuovo protagonista e simbolico
Con un plot twist perfettamente coerente col racconto imbastito finora che riguarda Rhaenyra e che la conferma un'abile stratega grazie anche alla sua (oramai) consigliera Mysaria (Sonoya Mizuno), riesce a fare, metaforicamente parlando, breccia tra le mura di King’s Landing. Alicent invece partendo da suo padre Otto continua ad essere usata da tutti gli uomini della sua vita - compreso Ser Criston, se ci fermiamo a riflettere un attimo - e, quando ha mal interpretato le parole del marito in punto di morte, pensava di poter controllare Aegon ed ora si è ritrovata per le mani il regno del terrore di Aemond (Ewan Mitchell), che è pronto a distruggere tutto quello che c'è stato prima in nome del piano machiavellico che ha in mente.
Fratelli coltelli

Il sadismo di Aemond la fa da padrone nella puntata
Il sesto episodio è davvero un eterno passo a due tra le coppie di personaggi citate, in precedenza, e tra queste non si può escludere proprio il Re Usurpatore e suo fratello con la benda sull'occhio. Ci sono almeno due sequenze profondamente inquietanti e disturbanti tra i due Targaryen che lasciano col fiato sospeso. Così come qualche altra scena particolarmente avvincente che passa solo in parte all'azione ma che contribuisce a giocare con lo spettatore che dalla narrativa di Martin si aspetta sempre il peggio dietro l'angolo.
Non sono gli unici due parenti di sangue che si confronteranno in questo episodio, mentre Alys Rivers (Gayle Rankin) - altro personaggio sempre più chiave proprio come Mysaria - continua con le proprie affermazioni sibilline e il proprio carisma magico e mistico, consigliera di un uomo sempre più in balia dei propri demoni, di nome e di fatto. Parallelamente il serial affronta la questione sociale del popolo affamato, e ancora una volta le due parti della stessa Casa avranno un atteggiamento molto diverso sul problema. La risposta, neanche a farlo apposta, è nei draghi.
Conclusioni
In conclusione Il sesto episodio della seconda stagione di House of the Dragon (2x06) è sicuramente un episodio di passaggio – il precedente era più un “post mortem” - ma allo stesso tempo è ricco di sequenze angoscianti e piene di significato che ci dicono molto sui personaggi e sulla loro involuzione più che evoluzione. È come se stessero tutti sprofondando in un abisso sempre più nero dal quale sarà difficile tirare fuori qualcosa di buono. A rimetterci però è sempre il popolo dei Sette Regni, che inizia ad insorgere pesantemente e pericolosamente.
👍🏻
Strutturare la puntata a coppie di personaggi, consanguinei e non, con qualche colpo di scena in canna.
Il sadismo di Aemond.
L’idea dei consanguinei “latenti” in una serie sulla successione di sangue.
È un episodio sicuramente di passaggio (anche se in realtà ricco di vari spunti narrativi).
La perdita della bussola di Daemon potrebbe urtare i fan del personaggio, n ma resta in linea per come ci era stato presentato fin dall’inizio della serie.
👎🏻
In molti sicuramente troveranno qualcosa che non va, del resto è l'hobby del fandom di Hotd di questionare su qualsiasi dettaglio, ma per questa puntata mi astengo perchè non ho trovato nulla di rilevante che non mi sia piaciuto.
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I famosi scienziati peer reviewed dell’IPCC
La giornalista d’inchiesta canadese, Donna Laframboise, ha condotto un’indagine sul quarto rapporto di valutazione IPCC per determinare quante delle fonti del rapporto sono state sottoposte a revisione paritaria .
Il risultato è stato che 21 dei 44 capitoli del rapporto utilizzavano meno del 60% di fonti sottoposte a revisione paritaria, mentre le altre fonti erano materiale non sottoposto a revisione paritaria, comunemente chiamato "letteratura grigia “ cioè non sottoposta a revisione tra pari.
Nel 2013, Laframboise aveva ricevuto bozze trapelate della sezione IPCC Fifth Assessment Report WG II su Impacts, Adaptation and Vulnerability.
Da queste bozze risulta che ONG come il World Wide Fund for Nature , Conservation International e Germanwatch avevano fornito commenti basati sulla letteratura grigia, per promuovere un'agenda politica.
Nessuna delle denunce della Laframboise è stata contestata.
Io non sono un giornalista d’inchiesta, ma sono curioso.
I più noti scienziati al mondo nei vari campi, hanno tutti una citazione su wikipedia, anche quelli di medio calibro.
Allora sono andato a controllare chi sono quelli che hanno redatto l’ultimo rapporto IPCC.
Nessuna citazione su wikipedia, al massimo un profilo su linkedin. Potete verificare voi stessi.
Poi tirate le somme.
(Fortunato Nardelli)

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A qualche giorno dalla visione de “La chimera” di Alice Rohrwacher provo a buttare giù qualche riga sulle sensazioni che mi ha dato e le relative riflessioni che mi ha suscitato.
Parto col dire che lei mi aveva già colpito positivamente con il precedente film, “Lazzaro felice”, dove, salvo l’ultimo quarto d’ora un po’ sottotono, é riuscita a trasportarmi in un mondo ancestrale e magico allo stesso tempo, dove gli aspetti negativi dell’uomo emergevano preponderanti di fronte alla bontà primordiale di un essere divino. Il modo di rappresentare questa critica alla società contemporanea mi ha fatto ben sperare riguardo le nuove generazioni di cineasti nostrani.
Nel vedere al cinema La Chimera mi sono nuovamente trovato a pensare di stare guardando (finalmente) l’opera di un’autrice che ha qualcosa da dire e che sa come farlo. Le tematiche presenti sono avvolte da un velo di nostalgia e romanticismo verso un passato di comunione che forse non é mai esistito, se non nelle fantasie comuniste che ancora oggi hanno un certo appeal sui giovani e certi anziani che non hanno ancora capito che di rivoluzioni proletarie non ce ne saranno.
Un filo e la voce di una donna richiamano a se la persona rimasta appesa, come la carta dei tarocchi, tra due mondi: passato e presente, vita e morte. Il dono concesso di avvertire la presenza delle “anime” del passato porta con se la disgrazia di un presente spezzato. Serve dunque decidere se recuperare ciò che si é perso e recidere dunque ciò che di buono si ha oppure continuare a vivere in un mondo sempre più rancido e materialista.
La scelta di dare il ruolo da protagonista a un attore inglese risulta azzeccata sotto molti punti di vista: da una parte attira attenzioni dal fronte estero, dall’altra invece riesce ad esprimere appieno il senso di estraneità di Arthur nei confronti delle persone che lo circondano e che si riferiscono a lui con l’appellativo di “straniero”.
Dal punto di vista tecnico/visivo l’ho trovato ineccepibile: la fotografia mi ha ricordato per certi aspetti il recente “Aftersun”, sia per tono dei colori che per l’effetto da pellicola del passato; la regia e alcuni movimenti di camera invece mi hanno fatto pensare subito a “Stalker” e “Nostalghia”, nonostante l’assenza di tempi particolarmente dilatati.
Per chi se lo fosse perso, consiglio caldamente la visione, pellicole rare come queste vanno supportate!
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" – Goethe, di cui pochi di noi possono sperare di vivere un’esistenza piú piena e interessante, dichiarò sul letto di morte – aveva ottantadue anni – di aver provato in vita sua non piú di un quarto d’ora di felicità –. Nessuna alzata di sopracciglio fisica da parte sua – quel gesto non apparteneva al suo repertorio –, ma senz’altro metaforica, per non dire morale. Perciò l’intera classe acquisí il dato e cominciammo a discutere chiedendoci se essere un grande – o anche un modesto – intellettuale significava votarsi all’infelicità, e se le persone sul letto di morte pronunciassero frasi come quella (cosa che a noi pareva palesemente improbabile) perché non ricordavano, o perché sminuire un aspetto cosí rilevante della vita poteva renderli meno restii ad accettare la morte. A quel punto Linda, che non temeva mai di esprimere idee che il resto di noi trovava ingenue, se non imbarazzanti, suggerí: – Forse Goethe non aveva trovato la donna giusta. In presenza di un altro docente, ci saremmo sentiti autorizzati a ridacchiare. Ma EF, per quanto rigorosa nell’esposizione del proprio pensiero, non si mostrava mai sprezzante riguardo ai nostri contributi seppur miseri, o sentimentali, o penosamente autobiografici. Al contrario, trasformava la paccottiglia delle nostre idee in concetti degni di interesse. – È certamente doveroso considerare, non solo nel nostro corso, ma anche fuori di qui, nelle nostre vite turbolente e burrascose, l’elemento casualità. Il numero di persone che arriviamo a conoscere nel profondo è curiosamente esiguo. La passione ci può portare violentemente fuori strada. E la ragione può fare lo stesso. Il nostro patrimonio genetico ci può tarpare le ali. Come pure il nostro passato. Non capita solo ai reduci di soffrire di disturbo da stress post-traumatico. Spesso è la conseguenza inevitabile di un’esistenza sublunare apparentemente ordinaria. A queste parole Linda non poté non assumere un’espressione vagamente compiaciuta. "
Julian Barnes, Elizabeth Finch, traduzione di Susanna Basso, Einaudi, 2024¹, pp. 17-18.
[Edizione originale: Jonathan Cape publishing, London, UK, 2022]
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L’amore che ci lega

Non posso fare a meno di sniffare, odorare e leccare tutto ciò che ti riguarda. Anche adesso che siamo assidue amanti in segreto. Io, la studentessa del quarto piano e tu, la quarantenne manager in carriera divorziata della mansardina. Ti lecco e annuso ovunque. L’attrazione sessuale ha moltissimo a che fare con odori e sapori del corpo della persona amata. Se ne ha un gran bisogno. Il tuo odore mi serve per ritrovarti tra la folla, in un pub o al supermercato sotto casa. Per capire se sei passata dove io sono in quel momento. O come surrogato del sesso quando non ci sei. Perché ti cerco di continuo. Mi urgi sempre.

Ed è solo colpa tua: mi sono innamorata di te a prima vista. Da quando mi sono trasferita qui per l’università e tu m’hai invitata a cena la sera stessa. Non ero mai stata con un’altra donna, prima di questa storia folle. E tu dopo un po’ di tempo me l’hai fatto sembrare così naturale, che non mi sono resa conto di cadere man mano nella tua infallibile rete. Fatta di seduzione, giochi intellettuali raffinatissimi, sguardi, carezze, sottintesi e baci sempre più arditi e frequenti. Le settimane passavano e a un certo punto, durante il giorno hai semplicemente iniziato a mancarmi: ovunque fossi, qualsiasi cosa stessi facendo, non vedevo l’ora di tornare a casa.

Per vederti, per avere un qualche contatto con te. Anche se magari ero fuori con degli amici simpatici e giusti per la mia età. Una vera ossessione d’amore. E poi volevo disperatamente provare il rapporto fisico con il tuo corpo slanciato e perfetto. Sognavo le tue bellissime labbra sulle mie, anche se tu nel primo periodo di studio reciproco, al momento del commiato m’avevi dato sempre solo un bacio sulla guancia.

Che in verità, progressivamente nei giorni s’è prolungato. Per poi trasformarsi in una evidente e gradita leccata fino al collo, ove diventava un succhiotto di pochi secondi. Cose di tua lunga esperienza, che m‘accendevano di desiderio e mi facevano inumidire la fica. Tornavo a casa regolarmente stordita, pensando a te. Ogni sera, mentre mi leccavi rapida e sicura di te, io mi ti stringevo un po’ di più. Sperando che tu osassi molto altro. Perché io proprio non avevo il coraggio di andare oltre il nostro rapporto amicale e intimo.

Dopo pochi giorni dalla nostra conoscenza, ho iniziato ad avere dapprima semplice e genuina curiosità, poi un desiderio grande e sempre più intenso delle tue intimità. E quando ti venivo a trovare, mi sono sorpresa quasi senza accorgermene a chiudere gli occhi e odorare i tuoi golfini e i foulard che lasciavi sparsi in giro per casa. Lo faccio ancora, in verità.

Confesso ora pubblicamente anche di aver commesso una scorrettezza. E che Dio benedica il momento in cui l’ho fatto: una sera, dopo cena t’ho rubato un reggiseno e uno slip dal cesto dei panni sporchi. Per il puro gusto di portarmeli a letto e annusarmeli da sola, pensandoti e masturbandomi. Non si dovrebbe fare, ma dentro la mia mente e le mie zone erogene iniziava la forte necessità di te.

Del furtarello ti sei accorta la sera stessa, perché dovevi fare una lavatrice. M’hai mandato subito un messaggio molto educato:
“ehi, bamboletta: per caso avessi preso per sbaglio un mio coordinato intimo dai panni sporchi? Se ti piaceva così tanto, potevi semplicemente chiedere: non credi? Ma tranquilla: continuo ad avere stima di te e a volerti bene. Baci baci.”

Avrei voluto morire! Non sapevo come uscirne fuori, cosa risponderti. M’hai tolta d’impaccio tu, venendo a casa mia direttamente. Ho sentito il campanello, ho aperto e il mio cuore è impazzito: eri profumata e sensuale da mozzare il fiato. Sei entrata e io non avevo il coraggio di guardarti in viso. Tenevo gli occhi bassi. Tu mi ti sei piazzata davanti, hai sollevato il mio mento con due dita e m’hai detto a voce bassa e guardandomi fissa negli occhi: “sai che quando hai le guance rosso fuoco e sei imbarazzata mi fai morire, bambina dispettosa?”

Poi senza avere alcun dubbio in merito, sapendo ormai di andare sul velluto, m’hai baciata: un bacio che è durato forse buoni dieci minuti. Mi manovravi decisa, forte e sicura. Mentre mi infilavi le mani dappertutto e io non riuscivo a fermarle. Anzi: desideravo che entrassero più a fondo, ovunque tu volessi. La tua lingua comandava, scavava dentro la mia bocca.

Era padrona. Io la accoglievo e cercavo a mia volta di annodare le nostre lingue in un gioco stimolante ed eroticissimo, molto intimo. Le tue labbra sapevano di miele e di purissimo peccato. Non ero ancora esperta delle schermaglie tra donne; perciò mentre ci baciavamo e tu mi frugavi, mi sono limitata ad accarezzarti il viso e tenerti il capo, piangendo di felicità. Ma non staccavo la mia bocca dalla tua. Non volevo altro dalla vita, in quel momento.

Tu dopo poco ti sei finalmente tolta il cappotto; sotto avevi una gonna ampia, che hai tolto in due secondi: avevi le autoreggenti senza gli slip. T’eri fatta bella da morire, per la nostra prima volta. Ti sei seduta, m’hai fatto cenno di inginocchiarmi davanti a te. Uno di quei comandi impliciti che non ammettono dinieghi. Ma anche io non volevo che quello. Quindi, decisa, a gambe ben larghe, sì da farmi osservare a lungo e chiaramente la cosa più bella e desiderabile che io abbia mai visto, hai preso la mia testa e l’hai tuffata tra le tue cosce, tenendo la tua mano ferma sulla mia nuca e premendomi contro di te.

Respiravo il tuo odore intimo molto aspro e forte. Finalmente. Ti assaporavo per la prima volta. Era la nascita della mia dipendenza fortissima da te. Quasi avevo un orgasmo, dalla contentezza. Mi hai detto: “sai, è veramente stupido annusare e leccare il mio intimo, quando invece puoi avere direttamente l’originale a tua disposizione! Ora stupiscimi: leccami, sbocconcellami, fammi venire. Voglio godere della mia ragazzina viziata preferita.” Sono stata così, incollata al tuo inguine, per almeno mezz’ora. Il mio viso era tutto bagnato, totalmente coperto dal tuo miele.
Godevi. Gemevi piano, muovevi i fianchi in mille modi, per farmi entrare meglio con la lingua e per offrirti tutta a me. Ti piaceva. Mentre ti mordicchiavo dolcemente, ti leccavo e succhiavo, perché ormai ero pazza d’amore per te. Non so come, ma sono riuscita anche a togliermi i vestiti di dosso: volevo essere completamente nuda e offrirmi a te tutta. Umile e folle di te. Pronta a tutto. Infine, strusciavo tutto il mio corpo contro la tua passera, per bagnarmi e ricoprirmi del tuo amore. Per farti marcare il territorio. Tu sorridevi, contenta e vincitrice. E continuavi, generosa, a venire e a regalarmi così il tuo miele. Sei abituata a ottenere tutto, dalla vita.

Tra l’altro, appena denudata, la prima cosa che ho fatto è stata cercare di infilare un mio seno nella tua fica. Era molto che desideravo fartelo. Tu hai iniziato a ridere contenta e mentre la contraevi, per cercare di trattenere il mio capezzolo turgido, m’hai detto: “ah, ah: vedo che non ti manca l’inventiva, bambina! Però adesso io mi giro e tu leccami il culo. Molto intensamente. Fammi morire dalla passione. Completa il sortilegio, la magia che mi lega a te. E mentre lecchi il mio ano, toccami le mammelle, sorreggimele dolcemente. Accarezzamele. Perché mi devi eccitare tutta e far inturgidire anche i capezzoli. Voglio offriteli fra un po’. Sono i cioccolatini di ‘benvenuta dentro il mio cuore’ che ho portato stasera per te.”

Infine, siccome sei una leonessa dominante e fiera, dopo esserti trastullata con le mie leccate e i miei primi, goffi tentativi di far godere una donna, messi in atto cercando in fretta nella mia mente un inesistente bugiardino del sesso proibito, m’hai presa e rivoltata come un leone con la sua gazzella quotidiana. M’hai distrutta con la passione, col tuo corpo e col sesso. Non sapevo che l’amore tra due donne potesse essere così intenso e gratificante. M’hai fatta venire mille volte. M’hai fatta innamorare ancor più di quanto nella mia mente non fossi già tua, tua, tua.

RDA
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Una riflessione...
Ma se una donna se la va a cercare alzando un po' il gomito o indossando una gonnellina alquanto risicata con camicetta attillata e sbottonata fino al quarto bottone, non se la va a cercare anche l'uomo vestito Armani a bordo di una ferrari con il gomito poggiato al finestrino e rolex da 500mila euro al polso (Sainz, pilota ferrari) ? O quello con scarpe da 500 euro e hi-phone da 2mila euro poggiato sul tavolo del ristorante (Bobo Vieri, ex calciarore)?
@ilpianistasultetto
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Andare a Berlino
Voi non capite, lo dico agli amici, mia madre, anche alla psicologa, adesso che ci sono tornata - ed è servito a convincerla a concedermi almeno un mese di appuntamenti. A volte la frase è tanto banale da riuscire ad arrivare al punto, un punto d’interruzione stanca, che ci dovrebbe vedere ricominciare. Voi continuamente mi sopravvalutate, pensate che quello che mi riesce è ciò che posso fare, ma vi sbagliate! Tutto quello che io faccio, anche esistere, è una deroga, sudore e lacrime, il prezzo di questa presunta naturalezza nel successo è la desolazione del mio paesaggio interiore, la depressione che non volete vedere. Però loro non lo vedono davvero, mentre la mia depressione e la violenza della mia direttrice morale mi portano a dimenticarlo, e allora anche io non capisco, non capisco che loro non mi proteggono perché proprio non lo sanno, mi pensano normale e mi fanno discorsi normali, in cui potrei essere chiunque, potrei fare quasi tutto. Non ci capiamo perché parliamo di due persone diverse.
L’altro ieri ho incontrato la professoressa tedesca, finalmente. Volevo discutere con lei del se fosse una buona idea andare lì in visiting, e lei mi ha risposto solo sul come e quando, e ondeggiava per esprimere la contentezza di avermi lì. Questa donna mi ha spezzato il cuore soltanto chiedendomi tu, tu cosa vuoi fare?, e mi è sembrato che nessuno me lo avesse chiesto mai questo. Non ce l’ho avuta una risposta per lei, ma mi è anche sembrato che mi potesse aiutare. Non vediamo cosa puoi fare per noi affinché ti conceda questa preziosa opportunità, ma come posso aiutarti ad avvicinarti ai tuoi obiettivi? Questo di sicuro non me lo avevano chiesto mai.
Quindi adesso cambio casa qui, spendo un quarto di tutto quello che possiedo per l’ennesima sistemazione, il trasloco e quello che ne consegue, ma nel frattempo vado a Berlino, da sola, a lavorare su quello che voglio, come se fossi una persona normale. Come se fossi semplicemente quella che gli altri vedono senza pagarne il prezzo. Come se avessi dei desideri di carriera, o di vita, o quel che è. Sarebbe proprio bello se avessero ragione. Nella confusione generale, poi, le catene che mi è stato comodo mettermi addosso già tirano un sacco ed il mio cane da guardia si lamenta e morde - non le conviene per niente, e sono troppo indipendente, sono sempre stata troppo ferma sulle suole delle scarpe, e allora attacca, ma gioca da sola. Anche questa, immagino, è una conseguenza di apparire quell’altra me. Sembro una capace di combattere, il ché è assolutamente indesiderabile, ma per essere stata messa in questa arena deve anche assolutamente esserci qualcosa di desiderabile in quella me.
Non ho ancora capito se a una di noi due piaccia davvero la libertà, ma so per certo che ne abbiamo bisogno.
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Da: SGUARDI SULL'ARTE LIBRO QUARTO - di Gianpiero Menniti
ATOPIA
Parola di origine greca, "ἀτοπία", può significare dislocarsi, essere fuori posto. Direi, essere al di là di ogni luogo. Direi ancora, lasciarsi trasportare in un "non luogo". Questa irrazionale dimensione, appartiene all'amore, la follia più profonda che l'essere umano possa ospitare. E la più seducente dalla quale farsi prendere, come Platone ammette nel "Simposio": «La follia dal Dio proveniente è assai più bella della saggezza d'origine umana». Perchè Dio? Per i greci e per la cultura religiosa antica, il divino è indeterminatezza. Pertanto, il sacro era un'espressione di separatezza, distanza, divaricazione: tale doveva mantenersi, poichè la contaminazione tra l'umano e il divino causa la perdita di ogni legame con la realtà. Tuttavia, come ogni follia, come ogni dimensione sacra, l'amore ci abita, resiste in un abisso enigmatico, oscuro, impenetrabile: non possiede parole che non siano infondate, deliranti, indecifrabili. Gli amanti s'immergono in un mare senza luce. Smarriscono ogni contatto con il luogo della presenza e scoprono il reale del pre-umano nel quale l'Io è inerme. La donna angelo, cantata nei versi del "Dolce Stil Novo", rappresentava la ripresa dell'ancestrale tramite tra l'umano e il divino: figura capace di indicare la soglia d'accesso alle stanze della follia. Ma indispensabile guida. Senza di essa, il poeta diviene colui che più rischia: passa la soglia, avendo per compagna solo la sua fragilità. Come il Socrate narrato da Platone: vittima dell'atopia in chi è chiamato, con verità, a evocare l'amore attraverso le parole. Sempre inadeguate. Sempre povere. Come Penìa, madre di Eros. Come l'immagine che coglie un istante di separatezza dal mondo. Come corpi che vibrano all'unisono. Come lo sguardo ormai perduto di colei che scelse la dolcezza della morte alla crudeltà dell'assenza. Sempre inadeguate. Sempre povere. Eppure, faticose tracce, scavate a mani nude in un baratro, terribile e meraviglioso.
- Robert Doisneau (1912-1994): "Bacio davanti all’hotel De Ville", 1959 - Egon Schiele (1890-1918): "L'abbraccio" o "Gli amanti", 1917, Österreichische Galerie Belvedere, Vienna - Amedeo Modigliani (1884-1920): "Ritratto di Jeanne Hébuterne", 1918, Collezione privata, Parigi - In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
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“Ciao Donna, ti vorrei parlare.
Siediti e guardami negli occhi. Si, hai capito bene: negli occhi. Molti Uomini lo fanno ancora, anche se ti è difficile crederlo.
Volevo dirti che non siamo tutti uguali e che non e' vero che noi non proviamo sentimenti.
Li proviamo proprio come li provate voi, solo che a volte ci è difficile dimostrarlo.
Molti di noi sono cresciuti con la convinzione che mostrare i sentimenti faccia meno maschio, è vero, ed allora ci atteggiamo a duri e a spacconi che ostentano la collezione di donne come fosse una gara, ma ti assicuro che è vero solo un quarto di ciò che raccontiamo. Ti lasciamo li in sospeso e dosiamo le attenzioni per farti desiderare la nostra presenza. Ti facciamo credere che oltre a te ce ne sono altre cento che ci vogliono.
Ma cerca di capire, lo facciamo solo perché vogliamo sentirci forti, grandi, sicuri e desiderati. Insomma vogliamo farci credere quello che non siamo.
E tu così Ti senti in obbligo a darci il meglio, per essere considerata.
Perdonaci, ma non sappiamo nemmeno di valere qualcosa, ed allora cerchiamo le tue gratificazioni.
Ed allora ti diamo un contentino, un pezzetto del nostro tempo. Ma come fosse un favore, eh...non chiedere di più.
Finché arriva il giorno che tu ti stanchi e non ci vuoi più. Ti guardi intorno convinta che non possono essere tutti cosi gli uomini, che deve esserci per forza qualcuno che sia degno di essere chiamato Uomo.
Ed allora, quando proprio non ci speravi più , lo trovi.
Trovi un Uomo che ti parla guardandoti negli occhi, come sto facendo io. Che ti sorride e ti mette a tuo agio, ti apprezza, ti ascolta e non ti sminuisce lasciandoti in un angolo ad aspettare il tuo turno.
Trovi qualcuno a cui è stato insegnato cosa voglia dire il rispetto, la considerazione e la lealtà.
La bellezza di guardare due occhi per volta senza confondersi con altri occhi tutti uguali.
La bellezza di sentire che sei desiderato da una Donna che ti vuole ma vuole solo te.
Perché sei Tu, perché non hai una collezione di conquiste, ma la capacità straordinaria di saper conquistare una Donna per quello che sei dentro, perché non hai la capacità di dormire in troppi letti.
Ed è questo che ti fa grande, che ti fa unico.
Che ti fa Uomo per davvero.
So Che sei disillusa, ma credimi, guardami negli occhi .
Ci sono ancora Uomini veri.
Ma anche loro sono in cerca di Donne vere.”
- Paola Delton
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