#stoicismo
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"Ricordati che ognuno di noi vive solo questo breve istante che è il presente; il resto è già vita passata, o incerto avvenire..."
- Marco Aurelio
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" In amore, si può sollecitare e insistere, la consolazione esiste. Prima o poi, subentra l’oblio e l’emozione ritrova freschezza e vigore. In amicizia, la consolazione è illusoria, il lutto un baratro. Un amico, un amico vero, è insostituibile. Si vive con questa ferita senza fine, ci si ostina a voler dimenticare, ma si sa che è un esercizio vano. Perché questo genere di ferite non si cancellano dalla memoria? Perché il principio della fedeltà alla parola data non è stato rispettato, la fiducia è stata tradita, si è ritrovata come una dimora svaligiata da colui o colei a cui si erano lasciate le chiavi. E allora ci si sente sgomenti nello scoprire di aver sbagliato, di aver seguito per lungo tempo una falsa strada, creduto a parole vuote di senso, aperto il proprio rifugio interiore, il luogo intimo del segreto. Ed ecco che improvvisamente, tutto va in frantumi. Come non subire più queste ferite? Come scegliere i propri amici? Come sapere, come prevedere le metamorfosi dell'anima, la sua fedeltà e la sua integrità, le sue peregrinazioni e i suoi improvvisi mutamenti? Non esiste una ricetta. Diffidenza e amicizia non vanno d’accordo. Il sospetto è già la fine di una relazione. Che fare allora? Marguerite Yourcenar scrive nelle Memorie di Adriano: “Il nostro grande errore è quello di cercare di ricavare da ciascuno soprattutto le virtù che non ha, e di coltivare con scarsa cura quelle che possiede.” La perfezione non è umana, in compenso la virtù dell'amicizia, questo “sole del mondo” (Cicerone), è propria dell'uomo. "
Tahar Ben Jelloun, L’amicizia e l’ombra del tradimento, traduzione di Egi Volterrani e Camilla Testi, La nave di Teseo, 2019. [Libro elettronico]
[Edizione originale: Éloge de l’amitié, ombre de la trahison, Editions Seuil, 2004]
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È vergognoso che la tua felicità dipenda dalle azioni altrui.
Marco Aurelio
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Life is an unfinished work (Michelangelo, Pietà Rondanini - Milano 2024)
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"Molte volte commette ingiustizia non solo chi fa, ma anche chi non fa qualcosa."
Marco Aurelio, A se stesso, IX , 5
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Soppesa, quindi, speranza e paura e quando tutto sarà incerto, favorisci te stesso: credi a ciò che preferisci.
Anche se il timore avrà più argomenti, scegli la speranza e metti fine alla tua angoscia;
considera che la maggior parte degli uomini si arrovella e si agita, sebbene non vi siano mali presenti né certezza di mali futuri.
Seneca
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Lo Stoicismo
Lo stoicismo è una scuola di pensiero che fonda le sue radici nell'antica Grecia e che prolunga le sue ramificazioni fino al tardo Impero Romano. Stoico era il fenicio Zenone di Cizio, il filosofo che per primo fondò la scuola nel III-II secolo a.C., e stoici furono Seneca, l'imperatore Marco Aurelio e lo schiavo Epitteto.
Alla base della dottrina di Zenone la presa di coscienza che il logos governa il mondo. Il logos è l'intima ragione delle cose, il filo logico che unisce e determina tutti gli avvenimenti. Una provvidenza divina e razionale governa lo sviluppo della realtà, la prònoia: "il fato divino e razionale che governa l’immutabile vicenda ciclica del mondo, prevedendo il modo con cui si svolgerà il corso degli eventi e nello stesso tempo provvedendo a che esso si svolga nella migliore forma possibile." (Treccani)
Lo stoico accetta la legge del fato, ogni avvenimento, anche il più duro da accettare, è volontà del logos che predispone tutto secondo necessità (del resto la durezza del fato è un errore di prospettiva dettato da un eccesso di passione).
Seneca affronta stoicamente il suicidio impostogli da Nerone, Epitteto il suo destino di schiavo successivamente affrancato, Marco Aurelio le responsabilità impostegli dal ruolo di guida politica e militare di un vasto impero. Dunque il più alto insegnamento dello stoicismo è di rimanere quanto più conformi alla ragione e di non lasciarsi trascinare dalle passioni.
"Il programma degli Stoici, di soddisfare i nostri bisogni, eliminando i desideri, è come tagliarsi i piedi, quando abbiamo bisogno delle scarpe." (Jonathan Swift)
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Quella molto ammirata repubblica di Zenone, l'iniziatore della setta stoica, ha questo come scopo essenziale, che non si debba vivere divisi per città e villaggi con proprie leggi specifiche ciascuno, ma che dobbiamo considerare tutti gli uomini compagni di comunità e città e che tutti abbiamo un unico tipo di vita e un unico ordinamento, come gregge obbediente alle leggi allevato sotto una legge comune. Questo scrisse Zenone, come immagine di buona costituzione filosofica e di buona forma di stato.
Diogene Laerzio, Vite dei filosofi
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Il nesso tra lo stoicismo e la tendenza ad arrabbiarsi facilmente risiede nel modo in cui lo stoicismo propone di affrontare le emozioni, in particolare quelle negative come la rabbia. Ecco alcuni punti chiave per chiarire il collegamento:
1. La gestione delle emozioni nello stoicismo
Lo stoicismo insegna che le emozioni intense, come la rabbia, derivano da giudizi errati o non realistici su ciò che accade intorno a noi. Gli stoici credono che non siano gli eventi esterni a provocare le emozioni, ma il modo in cui li interpretiamo. Ad esempio, Epitteto diceva:
"Non sono gli eventi a disturbare gli uomini, ma i giudizi che essi formulano sugli eventi."
Chi si arrabbia facilmente potrebbe trarre beneficio dall'analisi di questi giudizi e dal comprendere che molte situazioni che provocano rabbia sono al di fuori del proprio controllo.
2. Locus of Control
Una delle idee centrali dello stoicismo è distinguere tra ciò che è sotto il nostro controllo (i nostri pensieri, azioni e reazioni) e ciò che non lo è (gli eventi esterni, le opinioni altrui, il comportamento degli altri). Arrabbiarsi spesso può derivare dalla frustrazione di voler controllare ciò che non è controllabile. Lo stoicismo invita a lasciare andare questa pretesa.
3. La rabbia come ostacolo alla virtù
Gli stoici considerano la virtù (saggezza, giustizia, coraggio, temperanza) come il fine ultimo della vita. La rabbia, specialmente quella incontrollata, è vista come un'emozione che oscura il giudizio e ostacola il raggiungimento della virtù. Ad esempio, Seneca nel suo trattato De ira (Sulla rabbia) la descrive come un'emozione pericolosa e irrazionale che può portare a comportamenti autodistruttivi.
4. Pratiche stoiche per gestire la rabbia
Lo stoicismo propone esercizi pratici per affrontare e ridurre la rabbia:
La premeditatio malorum: Visualizzare in anticipo gli scenari negativi per prepararsi emotivamente.
La pausa riflessiva: Prima di reagire, fermarsi e riflettere sull'importanza reale dell'evento.
Riconoscere l'impermanenza: Ricordare che tutto è transitorio e destinato a cambiare.
Praticare la compassione: Capire che gli altri agiscono spesso per ignoranza o in base alle loro circostanze.
5. Lo stoico e la rabbia
Un individuo che si arrabbia facilmente potrebbe trovare nello stoicismo un sistema per riconoscere e domare le proprie reazioni emotive. Il primo passo è accettare che arrabbiarsi non risolve nulla e spesso peggiora la situazione. Allenare la mente attraverso riflessioni stoiche può ridurre la frequenza e l'intensità della rabbia.
Se la rabbia nasce da una sensibilità o da un'abitudine radicata, lo stoicismo offre un percorso graduale per trasformare tale abitudine in una risposta più equilibrata e razionale.
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Accogli senza arroganza, lascia con facilità.
Marco Aurelio - I ricordi
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"Anti-age per l'anima: scopri i principi dello stoicismo per vivere una vita più autentica e libera dalle preoccupazioni.
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" Sopportava il dolore da irriducibile, e non chiedeva aiuto a nessuno, aiuto morale intendo. Una volta citò a nostro beneficio, rapide come se ce le dettasse, parole che ritrovo in uno dei miei quaderni di appunti: «Le cose sono di due maniere; alcune in potere nostro, altre no. Sono in potere nostro l’opinione, il movimento dell’animo, l’appetizione, l’aversione, in breve tutte quelle cose che sono nostri propri atti. Non sono in poter nostro il corpo, gli averi, la riputazione, i magistrati, e in breve quelle cose che non sono nostri atti. Le cose poste in nostro potere sono di natura libere, non possono essere impedite né attraversate. Quelle altre sono deboli, schiave, sottoposte a ricevere impedimento, e per ultimo sono cose altrui. Ricòrdati adunque che se tu reputerai per libere quelle cose che sono di natura schiave, e per proprie quelle che sono altrui, t’interverrà di trovare quando un ostacolo, quando un altro, essere afflitto, turbato, dolerti degli uomini e degli Dei. Per lo contrario se tu non istimerai proprio tuo se non quello che è tuo veramente, e se terrai che sia d’altri quello che è veramente d’altri, nessuno mai ti potrà sforzare, nessuno impedire, tu non ti dorrai di niuno, non incolperai chicchessia, non avrai nessuno inimico, niuno ti nocerà, essendo che in effetto tu non riceverai nocumento veruno.»* Immagino che, leggendo Epitteto per la prima volta, le sue verità le siano sembrate palesi piú che rivelatorie. "
*Tratto dalla traduzione dal greco di Giacomo Leopardi (1825) del Manuale (Enchiridion) di Epitteto.
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Julian Barnes, Elizabeth Finch, traduzione di Susanna Basso, Einaudi, 2024¹, pp. 23-24.
[Edizione originale: Jonathan Cape publishing, London, UK, 2022]
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"La vita di un uomo è ciò che i suoi pensieri ne fanno."
Marco Aurelio
La qualità della nostra vita dipende in gran parte dalla qualità dei nostri pensieri.
Concetto del giorno
Gli stoici consideravano il dialogo interiore non come un semplice chiacchiericcio mentale, ma come uno strumento potente di trasformazione personale. Possiamo distinguere tre livelli di questo dialogo:
L'Osservazione (Prosochē)
Il primo passo è diventare consapevoli del nostro dialogo interiore abituale. Come parliamo a noi stessi di fronte alle sfide? Quali sono i nostri schemi ricorrenti di pensiero?
La Discriminazione (Dihairesis)
Gli stoici ci insegnano a distinguere tra ciò che è sotto il nostro controllo e ciò che non lo è. Questo si applica anche ai nostri pensieri: possiamo scegliere quali nutrire e quali lasciar andare.
La Riformulazione (Metatithenai)
Non si tratta di sostituire pensieri "negativi" con un ottimismo superficiale, ma di sviluppare un dialogo interiore più obiettivo e costruttivo. Come dice Epitteto: "Non sono gli eventi a disturbarci, ma i giudizi che diamo di essi."
(Dal sito: "Stoic Life", di Marco Mignogna)
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Dai Pensieri a se stesso, Marco Aurelio.
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Qualunque cosa uno faccia o dica, devo essere un uomo virtuoso; come se l'oro o lo smeraldo o la porpora ripetessero sempre: «Qualunque cosa uno faccia o dica, devo essere uno smeraldo e mantenere il mio colore».
Marco Aurelio, A se stesso VII, 15
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