#vita da facchino
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p1k4ppa10 · 24 days ago
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Il concerto più bello!
Un concerto di due ore richiede tre mesi di preparazione.(Jessye Norman) oggi vorrei parlarti del miglior concerto dal vivo al quale ho partecipato! È stato il concerto di una cantante molto famosa in Italia e devo ammettere anche molto brava, lei si chiama Fiorella Mannoia e, la particolarità di quell’evento è che ho partecipato non da spettatore ma perché ci lavoravo. Partiamo dal principio,…
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dudewayspecialfarewell · 1 year ago
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Musicultura
Mia madre mi trovò un posto a Musicultura. Si riferiva a questo festival musicale come una grande possibilità che “ Faceva curriculum”, ma spoiler, a nessuno o quasi interessa se hai fatto il volontario nella logistica di un festival musicale. A meno che non sei un facchino o non ti occupi di logistica nei festival musicali, ma queste cose in provincia non si sanno.
Lo feci per dimostrare qualcosa a mio padre. Mio padre ha raccontato storie, io lo sono stato ad ascoltare per vent’anni. La storia che mi aveva spinto a partecipare era quella di un ragazzo che era stato chiamato in un bar per dare una mano. E questo ragazzo quando c’era da scaricare l’acqua non la scaricava a meno che non lo si pregasse. E stava tutto il tempo a guardare il suo telefono, per cui dopo due settimane lo era stato licenziato.
Sottinteso nel discorso di mio padre che io fossi come lui, perché non ero andato a lavorare a tredici anni come aveva fatto mio padre. Mio padre a tredici anni ci era stato portato in cantiere con mio nonno, dove mio nonno lavorava come muratore, per dare una mano in casa, con i soldi. E mio padre imbiancava le case e le balaustre, le balaustre del quartiere dove poi avremmo vissuto. E mi ricordo che mi raccontava di come si respirasse le vernici mentre dava lo sarai. Poi in quel quartiere ci siamo andati a vivere anni dopo.
E mio padre li capi una lezione importante, che poi passò a me. C’era un muro da dipingere, e mio zio che stava li gli disse “ Non devi solo fare il lavoro bene, ma devi anche farlo in fretta”. E io questo ho pensato tutta la vita, che non solo bisogna lavorare bene ma bisogna anche lavorare nei tempi previsti.
Musicultura è un evento di musica, dove artisti di fama nazionale e internazionale vengono ad esibirsi. è un festival enorme. Un giorno ho conosciuto il fondatore, che quando era giovane l’aveva fondato nel mio paese. La sede della direzione era vicino alle poste, in paese. Poi si era spostato, a Macerata.
Mi ricordo di aver incontrato una volta il fondatore mentre scendevo dal treno con una valigia pesante e nell salire le scale per uscire dalla stazione mi aveva visto faticare e sudare. Credo che in quel periodo non riuscissi a muovere un braccio. Lui venne verso di me per aiutarmi a sollevare la valigia, ma la moglie lo fermo e lui si scuso dicendo che “ Una volta lo avrebbe fatto, ma adesso” e io senza fiato non risposi, troppo incazzato con il destino che mi aveva tolto un braccio, e a me un braccio serviva proprio. Pensai poi che fosse proprio una brava persona a buttarsi per prendere la valigia, anche se non poteva.
Il mio compito in questo grande Festival era quello di aiutare nella logistica degli eventi del pomeriggio, e avevo accesso a tutte le serate, persino all’after, cioè al party organizzato per gli artisti dopo il concerto. Grazie ad un amico avevo trovato un posto dove stare, lo chiamavano “La stalla” , anche se si chiama Vicolo Accorretti. Per terra in casa non c’era la moquette ma gattine di polvere pressate dai piedi, al primo piano c’era una cucina con piatti e fornelli incrostati da anni. Al secondo piano c’era una tripla e io dormivo nel terzo letto in fondo dove mi avevano garantito, qualcuno ci aveva scopato. Quanto doveva essere ubriaca una ragazza per entrare in un posto del genere, o quanta voglia di cazzo deve aver avuto? Io di sicuro ho usato l’internet della casa per farmi una sega sull’ultimo letto in fondo alla stanza, sotto la finestra, con il vecchio telefono che mia madre mi aveva regalato.
Il mio compito era seguire Paolo che era il capo della logistica e anche la seconda persona presente al mio colloquio. Non c’era una vera e propria routine. Il piano avrebbe voluto che ci fossero degli eventi nel pomeriggio, in cui di solito l’eta media era cinquant’anni perché i giovani o stavano a lavorare o uscivano più tardi.
In pratica ciò significava sistemare le sedie. E dio solo sa come non sapessi sistemare le sedie. Le sedie negli eventi vanno sistemate a semicerchio, a partire dal palco in modo da dare spazio a tutti di sedersi e dare la migliore visione possibile. Io la prima volta le sistemai a rettangolo rispetto al palco e dovettero rimetterle tutte a posto. E pensai “Non so nemmeno sistemare le sedie”. C’erano continuamente cose da fare che non erano in programma ma che avvertivamo sarebbero avvenute. Non ero solo, c’era un ragazzo arrivato coi barconi a Lampedusa, che era inserito in un programma di inserimento regionale e chiamava “ Zia” la signora che lo aveva adottato a 24 anni e fumava sigarette senza filtro. Per farle un regalo spese quei due spicci che aveva per comprare il CD di una band che si esibì un giorno. C’era un italiano emigrato in Francia un un francese di Grenoble che era venuto per farsi una vacanza in Italia, c’era una studentessa universitaria che cercava di alzare crediti per la laurea, c’era un ragazzo che voleva fare volontariato a trent’anni che veniva dalla Toscana e aveva i genitori ricchi.
La solita accozzaglia di gente senza casa o fissa dimora in cerca di avventure. E poi c’ero io che cercavo di dimostrare qualcosa a mio padre o forse a me stesso.
Il secondo giorno mi spedirono ad inviare inviti a dei negozi, e non sapevo dove fossero. Mi diedero una mappa approssimativa del centro. Il significato di “ approssimativo’ è del tutto relativo, dato che un luogo o è in un posto o non c’è e quindi bisognava giare a caso, e andare per tentativi fino a trovare il posto.
Gli inviti erano per partecipare gli eventi e facevano 40 gradi all’ombra. Sudavo. Sudavo sempre. Ma non mollai, manco per il cazzo. Col cazzo che mi sarei fatto dire dietro che ero come quello che non portava le bottiglie d’acqua. Avrei dovuto metterci due ore. Ce ne misi sei. Tornati talmente sudato che la mia maglietta sembrava piena di scritte che in realtà erano le macchie di sudore che si erano create sopra.
Ma c’erano anche dei lati positivi nel fare quel lavoro, ad esempio ebbi la possibilità di incontrare persone. Incontrai Paolo Villaggio, che quasi non camminava, e all’epoca era già mezzo rincoglionito, e inarrivabile con tutti che lo tormentavano con domande intellettualoidi, mentre lui credo, volesse solo il suo cachet e andarsene. Poi, il poeta americano Marc Stand. Gli parlai dopo un evento. In quel periodo non parlavo ancora inglese e quindi mi feci aiutare nella traduzione dalla ragazza che faceva d’università e chiesi
“Pperché la gente al mondo soffre tanto. Come la sente un poeta oggi tutta questa devastazione?”
E lui rispose “ Parli inglese?” evidentemente no, e poi disse “Al mondo esiste la bellezza. La bellezza batte le armi. Ma gli uomini con le armi hanno il potere e la possono distruggere”.
Il che significa che si, gli uomini col potere possono fare un sacco di cose tremende, ma sono un artista e me ne sbatto il cazzo e continuo a fare cose belle anche senza soldi e potere.
Avevamo i buoni pasto per mangiare nel bar del centro, la sera o rubavo qualche pizzetta ad un rinfresco o andavo dal kebabbaro. Per sdebitarmi nell’ospitalità nella Stalla decisi di pulirla tutta. Ogni sera tornato a casa lavavo e pulivo per una o due ore. Nel corso di un vero e proprio restauro dell’abitato, non solo riuscii a scrostare i fornelli, ma anche a ritrovare sette o otto libri sotto un cartello stradale e una pila di bottiglie di birra vuote in cantina, e pulii la vasca da bagno, il quale aveva la finestra su un cortile interno che qualche genio aveva lasciato aperta, per cui erano entrati i piccioni in bagno e avevano cagato su tutta la vasca, macchiando il finto marmo plasticato che la componeva.
Ci misi ore a ripulire la vasca e nonostante i miei sforzi rimasero gli aloni stampati delle cagate dei piccioni. Mi lavai in quella vasca il terzo e il quinto giorno, poi quasi tutti i giorni della settimana seguente.
Mi ricordo lo schifo e il disgusto della primo lavaggio, cercando di mettere il telefono della doccia sopra di me, con le imposte della finestra che davano sul cortile interno che non si chiudevano. Cercando di non guardare in basso e non pensare cosa avrebbe potuto tirare fuori la vasca una volta che l’acqua avesse toccato il tappo, avrebbe potuto buttare fuori chissà quale schifezza, come un rigurgito.
Feci l’errore di lamentarmi della mia condizioni esistenziale con il mio ex professore di matematica che era un pezzo grosso dell’evento, e fu cosi che conobbi Pino Daniele.
La mattina ero uno dei pochi operativi perché la sera la passavo a pulire casa invece di fare come gli altri che andavo ai concerti e poi si presentavano alle 10.00 o alle 15.00. Ero li per dimostrare quello che ero capace di fare: spoiler. Non ricevetti mai un certificato né mi padre cambiò idea su di me: ero un giovane sfaticato, che non aveva lavorato quanto lui. Lezione numero quaranta sette: le persone tendono in maggioranza a non cercare prove che mettano in discussione le proprie convinzioni.
Pino Daniele aveva diritto ad un cestino, e glielo andai a sistemare nell’hotel in cui alloggiava e in cui sembrava ci fosse solo lui. Per chi non lo sapesse, il cestino fa parte delle condizioni contrattuali e gli organizzatori dell’evento devono soddisfare le richieste dell’artista. Per fortuna Pino, o “Tony” per gli amici in quel periodo era già mezzo cieco per via del diabete quindi non poteva richiedere granché ( snacks e alcolici tipo) il suo cesto era fatto di frutta e basta. Scendendo le scale dell’hotel dove alloggiava passai di fronte ad un divano, sul divano c’era un tipo che era appoggiato con le gambe distese e a fianco aveva una chitarra. Inciampai sulle gambe finendo a terra e mi rialzai bestemmiando. Le gambe erano quelle di Pino Daniele che faceva finta di niente. Lo guardai e smisi di bestemmiare.
Dato che mi ero lamentato, un pomeriggio mi fecero chiamare allo Sferisterio, dove la sera si esibivano gli artisti importanti. Il tizio che aveva costruito lo Sferisterio era un artista e un pazzo aveva costruito il palco del teatro che era un a cosa strana che si apriva a meta ed era piena di botole.
Entrai nel retro dello Sferisterio per andare nel sottopalco e c’erano tre ragazze in vestiti estivi che stavano gonfiando i palloncini. Erano le nipoti del tipo che aveva costruito il palco dello Sferisterio. Mi sembrava di essere in paradiso a gonfiare palloncini al fresco sotto il palco circondato di belle ragazze.
Avrei voluto poter usare il fatto di non stare a casa per portarmi qualche ragazza nel posto dove dormivo ora che stava diventato una tana igienizzata. Ma sudavo letteralmente tre magliette in un giorno. Puzzavo perennemente e ringraziavo di trovarmi all’aperto cosi le persone non se ne accorgevano. Puzzavo di sudore e dei sigarilli che mi fumavo. Il che mi rendeva impossibile ogni rapporto ravvicinato con il gentil sesso, inoltre per motivi a me sconosciuti, le ragazze riuscivano sempre a profumare anche se andavano in giro sotto il sole a quaranta gradi, mentre io odoravo di aringa affumicata lasciata a marcire sotto al sole.
I palloncini andavano portati dal sotto palco a delle casse che si trovavano fuori e che sarebbero state aperte la sera. ma faceva caldo, e i palloncini messi dentro quelle casse giganti scoppiavano, facendo pensare a Tony che ci fosse ogni 30/40 minuti un tentativo di assasinarlo, dato che essendo mezzo cieco, tutto quello che capiva era che c’era un botto a pochi metri da dove stava provando.
Quella sera andai al suo concerto, lo vidi girare per lo Sferiserio con due guardie del corpo. Le ultime due sere mi godetti il concerto di De Gregori e di Ian Anderson che erano davvero bravi a suonare. Tutti quegli anni gli avevano insegnato qualcosa.
Mi ricordo che i miei compagni mi invitarono ad andare all’ultimo after che era il blu della festa, ma rifiutai. Ho sempre avuto un problema con le feste “ufficiali” o dove almeno all’inizio bisogna tenere un contegno. Non so fare una conversazione di circostanza, né avrei saputo rapportarmi alle ragazze più grandi. O almeno così mi dicevo, anni dopo avrei scoperto la verità/
L’ultima notte dormii nella Stalla perfettamente pulita, senza più gattine di polvere e con un cemento ( il vero pavimento della casa era semplice cemento non piastrellato), in bella vista.
Tornai a casa con il bus e lo zaino pieno di panni sporchi, e tornati ad essere considerato, da lì a poco il solito stronzo di sempre.
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m2024a · 5 months ago
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Muore per un pugno dopo il concerto dei Subsonica, c'è un secondo arresto per lesioni FIRENZE – Morte al concerto dei Subsonica, scattato oggi (8 luglio) un secondo arresto per l’aggressione al Mandela Forum che l’11 aprile costò la vita allo spettatore Antonio Morra, 47enne residente a Pistoia. A finire ai domiciliari un dipendente di una ditta esterna incaricata dello smontaggio del palco dopo il concerto della nota band, con l’accusa di lesioni pluriaggravate dal concorso di persona e dalla minorata difesa della vittima. Il provvedimento odierno segue il primo arresto per omicidio preterintenzionale di Senad Ibrahimi, nato a Verona e residente a Firenze, uno degli addetti allo smontaggio del palco del concerto per la stessa ditta del dipendente arrestato oggi. Senad avrebbe avuto un diverbio con Morra al termine del concerto e avrebbe colpito con un pugno alla testa l’uomo che era andato allo spettacolo con la moglie, facendolo cadere a terra e causandone la morte, sopraggiunta poco dopo all’ospedale fiorentino di Careggi. Secondo la ricostruzione dei fatti e in base ai primi esiti dell’autopsia, la causa fatale della morte del 47enne sarebbe da individuare nel colpo sferrato da Senad. A questa ricostruzione si aggiungono adesso altri approfondimenti, da cui emerge che mentre Morra cadeva a terra venne anche colpito dal facchino, attualmente agli arresti.
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gregor-samsung · 3 years ago
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“ Una sera, dopo che ero tornato da scuola ed ero seduto in salotto a raccontare alla mamma la mia giornata, arrivò a casa mio padre con un facchino del mercato carico di diversi grandi barattoli. Questi furono consegnati ad Hacer, e mio padre più tardi spiegò che quei recipienti erano destinati a essere riempiti di generi alimentari conservabili. «La situazione è seria - disse alla nonna che lo ascoltava con faccia terrea -. Domattina dovrò andare io stesso al mercato. Voci dal palazzo fanno intendere che il nostro paese entrerà in guerra. Enver e Talat Paşa sono fortemente filotedeschi e, se dovrò partire, voglio avere la coscienza di aver fatto tutto il possibile per il vostro bene». La faccia di mia madre si fece seria e sapevo che presto ci sarebbe stata una discussione. Mi aspettavo quasi di essere mandato via, ma mio padre disse che avrei potuto rimanere aggiungendo: «Quando sarò partito tu sarai l'unico uomo di casa, perciò devi sapere come proteggere le tue donne, sai?», e come per gioco mi tirò un orecchio. Stava in piedi appoggiato a un tavolo a console, e per la prima volta pensai che fosse vecchio. Non sapevo che avesse solo ventisei anni e forse, anche se lo avessi saputo, lo avrei considerato vecchio lo stesso, perché ventisei anni sono un'età gigantesca per un bambino. Quella sera appariva pallido e stanco. Se mio padre fosse nato in quest'epoca, in un altro paese, non avrebbe combattuto in nessuna guerra. Era soprattutto un uomo di pace, un buon musulmano con un possente timore di Dio e che credeva nella vita dopo la morte. Un uomo inorridito dalla povertà della sua gente, quella povertà che, nel suo piccolo, cercava di alleviare. La carneficina, la brutalità e l'assoluta inutilità della guerra gli straziava il cuore a causa degli uomini qualunque che venivano risucchiati nella macchina militare. Non ho sue fotografie e il suo volto si rifiuta di emergere con chiarezza dalla nebbia del tempo, ma mia madre lo descriveva come un uomo riflessivo, un po’ sognatore, forse, più adatto a una vita tranquilla che a quella che avrebbe dovuto conoscere in seguito. Certamente si rendeva conto dell'incerta politica della Turchia, dei raggiri del vanitoso Enver, delle astuzie e dell'avidità dei suoi subordinati, della debolezza del sultano, della mancanza di organizzazione e dell'impreparazione della Turchia a una nuova guerra. “
Irfan Orga, Una famiglia turca, postfazione di Ateş Orga, traduzione di Luca Merlini, Passigli Editori (collana Narrativa), Firenze, 2007; pp. 60-61.
[ Edizione originale: Portrait of a Turkish Family, Victor Gollancz Ltd., London 1950 ]
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inesistenzadellio · 5 years ago
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“Ma quella volta in cui la malizia dell’opportunità mi ha fatto credere di amare e mi ha fatto constatare di essere amato davvero, prima sono rimasto stordito e confuso, come se avessi vinto ad una lotteria in moneta non convertibile; poi, poiché nessuno è umano senza umanità, ho provato una leggera vanità. Però quest’emozione, che sembrerebbe la più naturale, è passata rapidamente ed è sopraggiunto un sentimento difficile da definire, ma nel quale risaltavano scomodamente la sensazione di tedio, di umiliazione e di stanchezza.
Di tedio, come se il Destino mi avesse imposto un impegno per dei dopocena sconosciuti. Di tedio, come se un nuovo dovere (quello di una insopportabile reciprocità) mi fosse stato assegnato con l’ironia di un privilegio, per il quale, oltretutto dovevo subire la noia ringraziando il Destino, come se non bastasse la fiacca monotonia della vita e fosse necessario sovrapporle la monotonia coatta di un sentimento senza scampo.
E di umiliazione. Si, di umiliazione. Mi ci è voluto del tempo per capire da che cosa dipendeva un sentimento così poco giustificato dalla causa che lo ha prodotto. L’amore di essere amato avrebbe dovuto nascere in me. Avrei dovuto sentire vanità perché qualcuno rivolgeva la mia attenzione alla sua esistenza in quanto creatura degna di amore. Ma a prescindere dal fugace momento di vanità (sentimento nel quale forse prevaleva lo stupore), l’umiliazione è stata la sensazione sgorgata dal profondo di me stesso. Ho sentito che mi veniva attribuito una specie di premio destinato ad un altro - un ricco premio per una persona che non fosse degna. 
Ma stanchezza, soprattutto stanchezza - quella fatica che va al di là del tedio. Ho capito allora una frase di Chateaubriand...[...]...calandosi nel personaggio di Renè: “Lo stancava che l’amassero”. Mi sono accorto con meraviglia che si trattava di un’esperienza simile alla mia, la cui verità non avevo il diritto di negare. 
La fatica di essere amato, di essere amato davvero! La fatica di essere l’oggetto del fardello delle emozioni altrui! Cambiare chi vorrebbe essere libero, sempre libero, in un facchino della responsabilità di corrispondere, della decenza di non scappare affinché gli altri non pensino di te che sei un re delle emozioni e che rifiuti il massimo che un altro animo umano ti può dare. La fatica di vedere la propria esistenza trasformata in una cosa assolutamente dipendente dal rapporto con un sentimento altrui! E la fatica comunque di dover provare un sentimento per forza, di dover per forza, anche senza reciprocità, amare un po' anche noi!”
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vele-e-vento · 5 years ago
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Salve sorcini... Non perché siamo fan di Renato Zero ma perché ormai siamo tutti caviette da laboratorio in questo megaesperimento mondiale contro il virus. O a favore del virus, non ho capito...
Non so da voi ma qua il governatore lombardo - orfano di minchiate leghiste - ha deciso di produrne di  sue in proprio e si è inventato questa regola che bisogna avere le mascherine sempre, ma non sono disponibili manco negli ospedali e a giraresenza sono €400 di multa. Bella zio.
Non vi dico la faccia della guardia giurata del supermercato quando ho chiesto: naturalmente non ci sono mascherine in vendita al supermercato neanche oggi immagino ?
La guardia aveva il volto di un facchino che sta sollevando un pianoforte a mani nude a cui si stia chiedendo di darci una mano raccogliere un fazzoletto che c'è sbadatamente scivolato per terra.
La faccia - mentre si asciugava il sudore imperlato per lo sforzo di continuare a provare la febbre a centinaia di estranei era tipo "Ma stai scherzando?"
Vabbè grazie.
Sorcini siamo, e tali rimaniamo: oggi ho passato il pomeriggio a fare spesa ... 5 ore. Ogni gg cè una regola nuova e quindi si allungano le code.  Code che manco le trovi più ai caselli a Pasquetta....
Oggi le novità sono che - per entrare all Esselunga -  le code sono tre, diverse, e consecutive: una enorme, fuori al sole, tra  smog e cemento cosi per facilitare l'azione del virus...poi una mezzoretta  dentro per entrare in temperatura (come i vecchi diesel) e poi 10 minuti per la misura della temperatura.
quando me l'ha misurata - per quel potere taumaturgico che si forma nel nostro cervello verso qualsiasi persona che abbia la divisa e un dispositivo medico... volevo fermarmi e chiedere: "Mi scusi ho anche un doloretto qui quando mi alzo la mattina, secondo lei che cos'è dottore?"
Ma ho capito che non era un dottore. Perché aveva la pistola nella fondina.
Poi dopo la fila, per fare la fila,  per fare la fila, per fare la spesa.... ci vogliono due ore per fare la spesa perché all Esselunga oggi ci sono i sensi unici... (davvero).... quindi non puoi prendere le corsie contromano.
Ci saranno i vigili?
E poi ovviamente a casa un'ora per mettere via cinque sporte di  yuta resistete piene all’inverosimile di cibo e tutto il resto, che va accuratamente e scientificamente stipata nel frigorifero e per casa già di per sé abbastanza pieno ... oggi ho dovuto snocciolare l'algoritmo di snapback per ottimizzare lo stipamento nel frigo...e chi l'avrebbe mai detto che teoria degli algoritmi mi sarebbe servitadavvero nella vita?
E beh poi un' altra ora per pulire casa. Lavaggio antivirus.
Io quando rientro dal “mondo contaminato”,  mica gliela do una chance al virus, lavo persino le scarpe, nel senso che le metto in una bacinella con disinfettante, e ovviamente metto tutto quello che avevo addosso a lavare, e mi lavo puro io.  Certo. Io non ho paura minimamente del virus è che devo fare vedere a quel pistola di Zaia che noi in Lombardia quando le cose le facciamo, le facciamo seriamente ! Tze
...sono un sorcino sì, ma diligente.
Insomma 5 ore per partecipare a questo bellissimo nuovo gioco di società e non serve neanche un app, per adesso ....
Da sorcino ai sorcini...
Formaggi pasquali a tutti.
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cerentari · 3 years ago
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di un futuro scritto a piedi
di un futuro scritto a piedi
Ricordate quanto ero bello vestito da soldato? Peccato che la giacca non sia mai andata bene: troppo esatta, l’allegria da congedo faceva attrito col sentore di un futuro scritto a piedi, non so se sia stata vita ma fin qui sono arrivato facendo di tutto, il facchino, il pulitore, il controllore delle stanze, il ceramista lavapiatti silenzioso e discreto; perché anche Cristo durante l’ultima…
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carmenvicinanza · 3 years ago
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Le due carriere di Alberta Hunter
https://www.unadonnalgiorno.it/alberta-hunter/
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Alberta Hunter, musicista statunitense che ha vissuto due carriere. Raggiunse la celebrità negli anni Venti, è stata la prima cantante a far conoscere il blues al pubblico europeo. A metà degli anni Cinquanta abbandonò le scene per farvi ritorno soltanto nel 1977. In quest'ultimo periodo di attività ribadì le sue straordinarie qualità di esecutrice, compositrice e donna di spettacolo.
Nel 1980 ha ricevuto il premio Handy quale miglior interprete di blues vivente.
Alberta Hunter nacque nella periferia di Memphis il 1° aprile del 1895. Suo padre Charles, facchino di un vagone letto su una ferrovia, aveva abbandonato la famiglia subito dopo la sua nascita. Sua madre Laura, lavorava come domestica in un bordello per mantenere le due figlie piccole e nel 1906 si risposò, ebbe un'altra bambina e dopo qualche anno si trasferì a Denver lasciandola con la nonna. Da giovanissima subì vari abusi sessuali.
A 16 anni si trasferì a Chicago, cominciò a fare le pulizie per mantenersi e intanto si intrufolava nei locali notturni sperando che qualcuno la facesse cantare. Gli inizi della sua carriera non furono semplici, si esibiva in un club frequentato da prostitute e magnaccia, gangster e reietti di ogni tipo. Furono proprio le prostitute ad aiutarla a attirare l'attenzione del pubblico, e diventando il suo punto di riferimento, la formarono alla vita.
La gente non si rende conto, le prostitute sono brave persone. Le prostitute sono le persone migliori. La gente non sa cosa renda magnaccia e prostitute quello che sono, ma sono le circostanze. Le circostanze portano a questo stile di vita. Le prostitute mi hanno insegnato ad essere una brava ragazza, mi hanno fatto essere una brava ragazza.
Il suo stile dolce e allo stesso tempo sfrontato, le valsero l'appellativo di Sweetheart di Chicago. Il suo repertorio spaziava dal blues al jazz passando per il vaudeville.
Quando riuscì a guadagnare abbastanza, portò  sua madre a vivere con lei e se ne occupò fino alla fine dei suoi giorni. In quegli anni divenne popolare esibendosi al fianco della band Creole Jazz di King Oliver e successivamente con Louis Armstrong. Tutti i grandi del jazz la adoravano. Il suo album Downhearted Blues, del 1921, vendette un milione di copie. Pochi anni dopo, Bessie Smith pubblicò la sua versione del disco, ottenendo un successo planetario. Cantava, si scriveva la musica e ballava nei locali di cabaret dove si esibiva.
Nel 1919, in un locale a Cincinnati, conobbe Willard Townsend, un giovane cameriere sposato poco dopo per fermare le voci sulla sua omosessualità. L’affrettata e infelice unione durò solo pochi mesi. L’amore della sua vita, sempre tenuto nascosto al pubblico, fu Lottie Tyler, la nipote di Bert Williams, uno dei più famosi interpreti del vaudeville.
Si trasferì a New York, ma si sentiva inadeguata in un mondo che non le apparteneva. Viaggiava per il paese acclamata da tutti, era ammirata da un'intera generazione di musicisti eppure non riusciva a gestire la sua immagine, i suoi impegni e i suoi guadagni.
Indipendente, indomita e piena di talento, partì per Europa nel 1927. Fece parte di varie e importanti riviste musicali itineranti, raggiunse un grande successo a Parigi e, accompagnata dalla sua amata, continuò a esibirsi nel vecchio continente per tutti gli anni ‘30, con incursioni anche in Medio Oriente e in Russia. Nel 1935 ha interpretato un ruolo nel film inglese Radio Parade.
Fuori dall’America veniva finalmente trattata come una vera artista, ottenne rispetto e riconoscimenti. Tornò negli Stati Uniti alla fine del 1938, quando il Dipartimento di Stato avvertì dell'imminente guerra in Europa. Fu attiva nel servizio di assistenza alle truppe per esibirsi nelle zone di guerra a sostegno dell’esercito.
Dopo la seconda guerra mondiale si esibì in Inghilterra, fece tournée in Canada e suonò per lunghe residenze a Chicago.  Nel 1954, dopo la morte di sua madre decise di abbandonare la musica, il mondo dopo la guerra non era più interessato alle atmosfere calde e dolorose del blues e Alberta Hunter si sentiva sempre più fuori luogo su un palcoscenico.
Doveva però riuscire a sopravvivere e fu così che, nel 1957, all’età di 62 anni, dopo aver falsificato i suoi documenti, sottraendosi dodici anni di età, prese la licenza di infermiera. Per i successivi vent’anni ha lavorato in un ospedale di New York, senza svelare mai la sua identità. Fatta eccezione soltanto per due registrazioni avvenute in sordina, con Lovie Austin nel 1961 e Jimmy Archey nel 1962.
Andò in pensione a 82 anni, sui falsi documenti ne aveva soltanto 70.
Un impresario jazz che non l'aveva mai dimenticata, la convinse a salire di nuovo sul palco, a 87 anni, in occasione di una festa in onore di un’amica comune. Riuscendo ancora a incantare con la sua voce molto più matura e sempre graffiante e intensa, ricevette subito la proposta di esibirsi in un locale di Manhattan, per provare a rilanciarlo. Doveva essere una breve collaborazione che invece durò un anno intero durante il quale raccolse file chilometriche di persone desiderose di ascoltarla, di vederla arrivare con i suoi scialli e i suoi orecchini pendenti, e di sentirla cantare con ancora più sfrontatezza, più ironia e più cattiveria, i suoi successi più piccanti, ricchi di doppi sensi e ambiguità. Il suo ritorno dopo tanto tempo le portò una fama più grande di quella che aveva mai sperimentato in gioventù. Ha registrato quattro album ben accolti, in particolare Amtrak Blues, del 1978.
Ha smesso di esibirsi solo qualche mese prima della sua morte, avvenuta il 17 ottobre 1984.
Nel 2011 è stata inserita nella Blues Hall of Fame.
Alberta Hunter ha lasciato tracce dentro tutta la musica che ha segnato la sua epoca.
Artista nera, lesbica, povera, donna riservata e timida fuori dalle scene, è andata avanti per tutta la sua vita a testa alta, contando solo sui propri mezzi, sul suo lavoro, sulla sua intelligenza e l'enorme talento.
Si è costruita e ricostruita tante volte, la fatica non l'ha mai spaventata, ha superato ostacoli di ogni sorta e ha vissuto intensamente tutte le vite che ha condotto.
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weirdesplinder · 7 years ago
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Dirk Gently
Credo si sia notato che ultimamente sto guardando parecchie serie tv di Netflix ma d’altronde se il paranormal o l’urban fantasy o lo scifi sono lì, è lì che vado.
L’ultima serie tv che ho visto è Dirk Gently’s agenzia investigativa olistica, di cui su Netflix sono disponibili già due stagioni. La prima ve la consiglio,la seconda anche no, dipende. Se siete amanti del telefilm C’era una volta guardatela, altrimenti potete farne anche a meno, ma la prima serie è una bomba e sono solo 8 episodi.
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Io la decrivo come una serie fuori di balcone, pazza nel suo insieme e senza senso logico volutamente. Mi spiego meglio.
Se fosse raccontata in senso logico, sarebbe una serie in stile Wherehouse 13 o the Librarians, cioè una serie in cui si investiga su casi fuori dal normale in modo ironico e fnatasioso, e si cerca di spiegare l’inspiegabile, ma comunque alla fine una soluzione si trova.
Ma qui la stessa cosa è raccontata senza seguire un filo logico quindi svolgere la matassa è impossibile, lo spettatore deve limitarsi a lasciarsi trascinare dal susseguirsi di fatti a prima visto scollegati tra di loro e casuali, nonchè strani forte, e come i protagonisti sperare che alla fine tutto abbia un senso. Anche se come dice Vasco Rossi alla fine un senso poi non c’è, il massimo è sperare in una spiegazione di come si sono susseguiti i fatti se ci va bene...
Il protagonista è Dirk Gently, che insieme con altre persone dotate di strani poteri (vedi xmen o simili) in passato era stato catturato da un’agenzia governativa che aveva cercato di sfruttare i loro poteri ma erano poteri così strani che non ci erano riusciti neppure loro... (ma questo viene sviscerato meglio nella seconda stagione). Il suo potere se così lo possiamo chiamare è il fatto di trovarsi sempre nel posto giusto per essere coinvolto in questi strani accadimenti soprannaturali o non normali, non per capirli intendiamoci o risolverli, ma vi partecipa, è come se li attirasse a sè, e ha imparato a capire che tutto è collegato. Solo che lscopre come solo quasi alla fine....
Nella prima stagione Dirk coinvolge nella sua indagine, se così possiamo chiamarla, Tod, interpretato da Elijah Wood, un facchino dalla vita superincasinata che si incasinerà ancora di più...
Questo per dirvi che la recitazione è di alto livello. Poi aggiungo che c’è da ridere, è tutto molto ironico e strano e interessante. Innovativo soprattutto nella prima serie nella quale il caso si scoprirà riguardare una macchina del tempo.. ma il caso non conta sono i personaggi a fare la serie. Tod, Dirk, i vampiri energetici, e conosciamo anche un’altra persona dotata di poteri e anch’essa ex detenuta dell’Ala nera come Dirk, una ragazza il cui potere, se lo possiamo chiamare così, è quello che deve uccidere tutte le persone che incontra, se le incontra è perchè il destino le vuole morte e se lo meritano. E lei lo fa senza porsi molte domande. E durante la serie scopriremo che ha fatto bene ad ucciderle...Come vedete sono poteri assurdi, che a spiegarli non rendono, dovete guardare la serie.
Che non per niente è tratta, mooolto liberamente, nel senso che da lì è preso il protagonista e il suo potere, ma poco latro, non le trame e i casi da investigare, da una serie di  libri di  Douglas Adams, già autore della Guida galattica per gli autostoppisti.
La serie conta solo 2 libri:
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1. Dirk Gently. Agenzia di investigazione olistica
Titolo originale: Dirk Gently's Holistic Detective Agency
Trama: Nella sua prima avventura l'investigatore Dirk Gently è alle prese con il solito caso di gatto scomparso, quando viene casualmente in contatto con un vecchio amico di college, Richard MacDuff. Questo incontro, assieme al ritrovarsi con un vecchio professore, Reg (Urban Chronotis), lo trascina in un'avventura di delicata investigazione olistica, che comprenderà un divano irrimediabilmente incastrato sulle scale di casa dell'amico, un ricco rampollo proprietario di una casa editrice, un Monaco elettrico difettoso, il poeta romantico Samuel Taylor Coleridge e una macchina del tempo. Gently riuscirà a risolvere i vari misteri che gli si prospettano grazie al suo metodo che sfrutta la "fondamentale interconnessione di tutte le cose", principio su cui si basa la sua peculiare tecnica di investigazione olistica.
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2. La lunga oscura pausa caffè dell'anima
Titolo originale: The Long Dark Tea-Time of the Soul
Trama: Gently è profondamente invischiato in un intreccio internazionale che, iniziato ai banchi del check-in di un aeroporto londinese, coinvolge tutto il Pantheon delle divinità nordiche, Odino in testa. Veniamo a conoscenza dei difficili rapporti familiari di Odino e Thor, dei patti faustiani stretti da due ricchi inglesi con il sommo dio scandinavo, e anche delle difficoltà psicologiche che l'immortalità può provocare su una divinità che non conta più adoratori. Come già nel primo libro, Dirk Gently. Agenzia di investigazione olistica, Gently riuscirà a risolvere la situazione e a coinvolgere il lettore in un mondo ben più complesso e interconnesso di quanto non appaia.
La morte dell’autore ha lasciato incompiuta una terza opera che avrebbe potuto essere forse un terzo libro della serie Dirk Gently, o della serie Guida galattica per autostoppisti o un crossover tra le due.
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thepersonwanttobe · 4 years ago
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26 settembre 2019 ore 7:26
E anche oggi non si dorme un cazzo😅
Passo molti momenti della giornata a guardare le tue foto ed instintivamente appena guardo il facchino del cazzo che ti ritrovi scoppio in lacrime.
Penso e ripenso a come ti ho trattato
Come se fossi un mio nemico
Come se qualsiasi cosa tu mi dicessi era per farmi contro.
Sono proprio contenta tu sia riuscito a dimenticarmi, a mettermi da parte
Una semplice cosa negativa può rovinarti tutta la vita, quotidianità, modo di pensare
Ed ero io quella cosa
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istanbulperitaliani · 4 years ago
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Monumenti ai lavoratori
Ad Istanbul sono state erette statue molto particolari. Esse non celebrano personaggi famosi, politici o storici. L’intenzione é qualle di rendere il giusto merito e riconoscimento a categorie di lavoratori: netturbini, facchini e venditori ambulanti.
Nel quartiere asiatico di Maltepe c’é una piccola statua che onora il ruolo importante e dignitoso svolto dal netturbino 
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Ad Eminönü invece sono presenti una statua che commemora la figura del facchino. Un lavoratore che ancora oggi offre i suoi servigi soprattutto durante lo svolgimento dei vari mercati cittadini.
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Mentre sempre ad Eminönü e vicino al Bazar delle spezie c’é la statua dedicata al venditore ambulante di simit: una ciambella ricoperta di sesamo, diffusa in tutta Istanbul.
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A Kadıköy, versante asiatico di Istanbul, davanti ai moli c’é la statua di un venditore di pesce.
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lafinestrarotta · 7 years ago
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Generazione 90210 (1/3)
“Lo studio dell’economia non sembra richiedere alcuna dote particolare in quantità inusitate. Si tratta dunque di una disciplina molto facile, a confronto delle branche più elevate della filosofia e delle scienze pure? Una disciplina molto facile nella quale solo pochi riescono a eccellere! Questo paradosso trova spiegazione, forse, nel fatto che un grande economista deve possedere una rara combinazione di doti: deve essere allo stesso tempo e in qualche misura matematico, storico, politico e filosofo; deve saper decifrare simboli e usare le parole; deve saper risalire dal particolare al generale e saper passare dall’astratto al concreto nelle stesso processo mentale; deve saper studiare il presente alla luce del passato, per gli scopi del futuro. Nessun aspetto della natura dell’uomo o delle istituzioni umane gli deve essere aliena: deve essere concentrato sugli obiettivi e disinteressato allo stesso tempo; distaccato e incorruttibile, come un artista, ma a volte anche terragno come un politico” (J. M. Keynes)
 Nella mia tesi di laurea avevo cercato di dimostrare come l’azione umana dipenda dalle nostre narrative di riferimento e che quindi, dato che è a mio avviso impossibile approcciarsi allo studio delle scienze sociali senza partire da una teoria dell’azione, è necessario riuscire ad interpretare i sogni e le paure della popolazione per capire cosa possa derivarne in termini di “scelte” (di consumo, di voto ecc…). Cercare di capire come cambiano sogni e paure può essere anche molto divertente, a patto che si prenda in considerazione un lasso di tempo adeguato. Qualche sera fa, navigando su YouTube, mi sono imbattuto in un video della vecchia serie televisiva Beverly Hills  90210, un cult, un simbolo degli anni ’90. Tra i pochi ricordi diretti che ho, ricordo l’incredibile popolarità della serie e che le mie compagne di classe stravedevano per Dylan, il tenebroso; a dirla tutta io avevo un debole per Brenda, interpretata da Shannon Doherty, ma non dilunghiamoci.
 Il punto è che (invecchiando succede) si diventa sempre più nostalgici e per me la nostalgia sono gli anni ’90, i più spensierati e felici, quando ancora non immaginavo che avrei dovuto versare i contributi per una pensione che non vedrò mai. Ho una sfilza di ricordi che affiorano di qua e di là, quasi tutti belli e positivi (l’unico neo è forse rappresentato dal rigore di Baggio a Pasadena nel 1994), ma credo che la cosa valga un po’ per tutti. Perché gli anni ’90 sono stati veramente il decennio dell’ottimismo, anche per una serie di circostanze fortunate e irripetibili; se parlate con un economista, per esempio, vi dirà che negli anni ’90 si verificò una grande impennata nel commercio mondiale (soprattutto grazie al crollo del comunismo ed alla sempre maggiore delocalizzazione), un aumento della produttività con pochi precedenti storici (grazie all’ICT) e si assistette alla graduale scomparsa dell’inflazione (per un insieme di fattori che ora non aprrofondirò). Le banche centrali iniziarono qui ad alimentare freneticamente le loro bolle speculative tagliando il costo del denaro.
 Il mondo era davvero cambiato, come auspicato da Rocky Balboa in Rocky IV. Il muro di Berlino era caduto un anno dopo il profetico discorso di Ronald Reagan e le Germanie si erano riunite, come temuto da molti: “amo talmente la Germania che preferivo averne due”, disse un sibillino Giulio Andreotti. Dopo la parentesi Bush senior, Bill Clinton era diventato presidente degli Stati Uniti d’America a 46 anni ed era il simbolo del nuovo che avanzava anche sul fronte politico, in concomitanza, in Italia, con la crisi della “Prima Repubblica” affossata da Tangentopoli. Nelson Mandela era finalmente libero ed alle Olimpiadi di Barcellona nel 1992 anche il Sudafrica tornò a fare la sua apparizione. Comunismo e razzismo sembravano colpiti a morte; gli Stati Uniti erano l’unica superpotenza rimasta in piedi ed una serie di eventi sparsi qua e là resero l’ultimo decennio del XX secolo decisamente indimenticabile.
Dal Dream-Team di Michael Jordan e Magic Johnson all’estremo sacrificio del T-800 in Terminator 2. Dallo sport al cinema, il messaggio lanciato fu oltremodo chiaro: nulla può fermare l’ottimismo. Molti ricorderanno Indipendence Day, nel quale neppure la superiorità tecnologica degli alieni riesce a piegare Will Smith e compagni, ma io mi ricordo anche delle tonnellate di film con Steven Seagal ed il suo codino; film nei quali il copione è grossomodo sempre lo stesso: l’eroe, che può contare solo su una “improbabile” spalla (un facchino di colore con un discutibile senso dell’umorismo, una lap dancer sbucata da una torta, un’infermiera molto attraente), riesce a capovolgere a suo favore situazioni disperate senza neppure spettinarsi, il tutto dopo aver spezzato ossa qua e la. E se in Italia cantanti come Marco Masini ce la mettono tutta per contrastare questa ondata di positività (non ascoltate mai una canzone di Masini se siete tristi, mai), nulla impedisce a Il ciclone di Pieraccioni di diventare campione d’incassi. Persino la Vita è bella tratta un tema come quello dell’olocausto con leggerezza, almeno nella prima parte; Philadelphia (a proposito, siete tutti invitati a spiegarmi per quale motivo l’Oscar se lo sia portato a casa Tom Hanks e non il grandissimo Denzel Washington) e Schindler’s List sono insomma pellicole un po’ a parte, capolavori fuori dal tempo. Il mood del decennio è rappresentato appieno dalla pubblicità del Maxibon da un giovane Stefano Accorsi: ‘Two gust is megl che one’. alla domanda “Tutto bene?” (pubblicità Roberts Noir) di George Weah si può solo rispondere “sì”. Tutto è troppo bello per essere vero.
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pangeanews · 7 years ago
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“Bob Dylan non vale niente al suo confronto”. La storia leggendaria (e strappalacrime) di Rodriguez
Che storia pazzesca quella del 75enne Rodriguez. Bella, drammatica, potente, romantica, beffarda ed eroica come solo la vita può saperla rappresentare quando si trova di fronte a un uomo fuori dall’ordinario. Ed è anche una storia di un’attualità disarmante. L’ha raccontato nel 2012, con magistrale sapienza, il regista svedese Malik Bendjelloul – purtroppo suicidatosi due anni dopo, a 37 anni – nel docu-film “Searching for Sugar Man”, premiato con una vagonata di premi, compresi quelli del Sundance Film Festival e dell’Oscar 2013 come miglior documentario. All’anagrafe il nostro eroe si chiama Sixto Diaz Rodriguez. A Detroit, dov’è nato il 10 luglio 1942 e dove ha quasi sempre fatto un misto tra il muratore e il facchino, lo conoscono anche come Jesus mentre per i suoi fan è semplicemente Rodriguez o, appunto, Sugar Man. Rodriguez ha dei fan perché è un cantautore rock-folk alla Bob Dylan. Con la particolarità che “Bob Dylan non vale niente al suo confronto”. A dirlo è Clarence Avant, un uomo che ha fatto la storia dell’industria musicale americana e suo produttore nei due album del 1970 e 71, “Cold Fact” (che contiene anche la canzone “Sugar Man”) e “Coming from Reality”. Album meravigliosi. Per voce, testi impegnati, musiche e arrangiamenti, moderni anche oggi. Con un problema fondamentale. “In tutto – continua Clarence Avant – avranno venduto sei copie, probabilmente comprate dalla mia famiglia”. Perciò “ciaone”. Per campare Rodriguez ha fatto il tuttofare nell’edilizia nei sobborghi poveri di Detroit, con una dignità e un aplomb fuori dal comune (spesso lavorava in completo, cravatta compresa). Però, in realtà, qualche fan Rodriguez lo aveva, e i suoi dischi sono arrivati in Australia e Nuova Zelanda ma è in Sudafrica che diventa leggenda, il simbolo della protesta di quegli anni vergognosi tra apartheid, violenza e censura. In Sudafrica i suoi due dischi vengono ristampati e vendono almeno mezzo milione di copie e con i bootleg si supera il milione. Tutto a sua insaputa, che continua a portare su e giù dalle scale dei palazzoni di Detroit dei frigoriferi sulla schiena. E là, in Sudafrica, pensavano che Rodriguez fosse morto giovane, tipo Jimi Hendrix, ma con qualche dubbio. Così, nel 1997, grazie al fan Stephen “Sugar” Segerman e a un altro manipolo di irriducibili, lo trovano e lo riportano a “casa”, nella sua casa artistica, in Sudafrica, organizzando una tournée “sold out”. E vederlo arrivare a Città del Capo con le figlie e la chitarra, senza band – i ragazzi che avrebbero dovuto aprire il concerto diventano il suo gruppo – e salire sul palco di fronte a 20mila persone che saltano e piangono e lui che è a suo agio come se in tutti questi anni non fosse stato in esilio da se stesso, fa commuovere fino alle lacrime e credere che il mondo possa diventare davvero meglio di così. Non aggiungo altro, perché se non avete visto “Searching for Sugar Man”, dovete mollare tutto e guardarlo prima possibile (con un pensiero anche per Malik, il regista, pace all’anima sua). Dopo il documentario, la vita di Rodriguez non è cambiata ma il successo è arrivato anche negli USA e in Australia. Invece perché è una storia di un’attualità disarmante? Perché tra diritti spariti chissà dove e dischi – e discografici – pirati, il suo talento, la sua professionalità, non è stata mai pagata. Come oggi, per la maggioranza di chi esercita il proprio talento in una professione qualsiasi, quasi gratis.
Michele Mengoli
www.mengoli.it
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13-reasonsofsuicide · 5 years ago
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COURTNEY (TAPE5)
I ragazzi sono stronzi,alcuni sono stronzi in qualunque occasione,tutti sono stronzi la maggior parte delle volte. Sono fatti cosi. Beh.. forse non proprio tutti. Spesso i ragazzi possono essere stronzi. Le ragazze ? Le ragazze possono essere il diavolo! Courtney Crimsen. Che nome carino,e che ragazza carina. Con la sua famiglia perfetta,caffè insieme tutte le mattine. E sei anche molto gentile,lo dicono tutti. Se gentile con tutti e sei una delle ragazze più in vista della scuola,perché sei... cosi carina. Giusto ? Sbagliato. Ma lasciate che vi spieghi come mai. Per prima cosa,dubito che Tyler vorrà mostrarvi le foto di che bacio Courtney. Se avete visto le foto in questione,beati voi. Devono essere molto eccitanti. Ma,come ormai sapete,sono anche molto finte. Una messinscena,una falsa. Parola interessante per riassumere la vicenda di Courtney. Perché quando ti metti in mostra,sai di essere guardato. Sfoderi il tuo sorriso migliore. Fai risplendere il tuo lato più dolce. Dubito che tu lo faccia apposta. Ed è per questo che ti ho inserito in questa lista. Per farti capire che le tue azioni possono avere ripercussioni su altri.  O meglio,hanno avuto ripercussioni su di me.  Speravo che potessimo diventare amiche Courtney,avevo bisogno di un amica,e credo anche tu. Ma c’erano cose che volevi tenere nascoste,persino a te stessa. E di questo devo dartene atto. Avresti potuto fare la stronza e goderti tutti gli amici e i ragazzi che fossi riuscita ad accalapiare. Invece,hai preferito fare la carina,cosi che tutti ti amassero e nemmeno un anima ti odiasse. Voglio essere chiara. Io non ti odio,Courtney. Tutt’altro. Ma per un certo periodo,mi sono illusa che tu ed io stessimo diventando davvero amiche. Per giorni dopo la foto di Tyler ho cercato di attirare la tua attenzione,mi hai ignorata per settimane.. finché ho deciso che ne avevo abbastanza. Volevo parlarti,insomma,c’eravamo dentro tutti e due,o no ? Evidentemente mi sbagliavo: eravamo tornare ad essere conoscenti. Ci salutavamo nei corridoi,ma niente di più. Avvolte mi dicevi ciao dopo la lezione,ma non  più di quanto lo dicessi ad altri. Fino alla sera del ballo. Fino al momento in cui ha avuto di nuovo bisogno di me. Vi dico subito che più avanti ci sarà un altra festa,molto più grande,e molto più importante. Ma questa è la festa che segna l’ingresso di Courtney nel nostro gruppo. Ero a scuola,in mensa a mangiare da sola,nascosta dietro un libro,e poi tu mi hai afferrata la mano ’’Hannah,come stai ?’’ Con un sorriso splendente,i denti... impeccabili. Devo aver risposto bene,o non c’è male,e tu ? Ma a dire il vero non è che mene importasse granché,ogni volta che incrociavo il tuo sguardo,il mio rispetto per te diminuiva sempre di più. E avvolte mi domandavo quante altre persone in quel corridoio avranno avuto la mia stessa sensazione ? Che tu,sei una persona viscida e squallida ? Chi può dirlo. Probabile. Comunque,tagliamo corto. Courtney,tu mi hai chiesto se andavo al ballo,e ti ho risposto di si,ma che non mi andava di vagare li tutta la sera in cerca di qualcuno con cui scambiare due parole. O in cerca di qualcun altro,solo per evitare di parlare con qualcuno.  Tu mi hai chiesto se volevi che ci andassimo assieme,e io risposi,perché scusa ? Perché dovremmo andarci assieme. Diciamoci la verità. Non avevo uno straccio d’amico con cui andarci,e sinceramente,l’idea di fare da facchino a lei e alla sua corte di amichette non mi andava per niente. La cosa ti ha colto di sorpresa. Voglio dire,tu sei Courtney Crimsen: Tutti vorebbero stare al tuo fianco,oppure stare ad una festa con te. Tutti quanti! Ragazzi,e ragazze. Poco importa. Molti purtroppo non sanno nemmeno con quanta cura ti sei costruita questo personaggio. Ben caratterizzato,complimenti.  Ti ho chiesto perché tu fossi cosi tanto interessata a me,visto che mi hai ignorato per settimane. Ma ovviamente,hai negato tu. Come al solito. Hai detto che avrò sicuramente frainteso,e la festa poteva essere l’occasione giusta per imparare a conoscerci meglio. Perfetto,ha esclamato Mi hai un passaggio ? Ho avuto un piccolo tutto al cuore,ma l’ho ricacciato indietro,all’istante. ‘‘ Certo,non c’è problema,a che ora ? Hai aperto il quaderno e hai strappato un pezzo di carta. Hai scritto in minuscolo le tue iniziali,il tuo indirizzo e l’ora esatta. Mi hai consegnato il foglio con un  ‘‘Ci divertiremo un sacco!’‘ E te ne sei andata. Indovina un po,Courtney ? Quando te ne sei andata,hai di nuovo dimenticato di dirmi ciao.  Dunque,la mia teoria sul perché tu volessi andare alla festa con me,è la seguente: Sapevi che ero incazzata con te perché non mi consideravi più,o quantomeno,sapevi che mi avevi ferito. E questo nuoceva alla tua magnifica reputazione. Bisogna trovare un rimedio a tutti i costi. J-4,signori. Casa di Courtney. Era tutta felice,saltellante e spensierata di questa festa. Siamo arrivate,e sembrava una serata magica. Le luci,quella canzone. Mi sembrava che tutto potesse andare meglio se solo ci avessi creduto fortemente. Ma non voglio annoiarvi troppo. Arriviamo al dunque,ho iniziato a ballare con Clay,c’era quel lento e sembrava di essere in un sogno. Lui era cosi carino,e io così imbarazzata.. era cosi dolce il modo in cui mi trattava e mi sentivo cosi bene.. fino a quando non è arrivato Bryce a rovinare tutto,con una stupida voce. Una voce,dicendo che mi sono fatta Courtney e che volessi fare una cosa a tre assieme a lei. Dio. Quanto fai schifo.  Ero cosi imbarazzata,e arrabbiata.. che sono corsa via. Credi di poter fare quello che vuoi ? Tanto già tutti pensano che sia una troia,perché non sacrificare me ? La tua unica giustificazione è stata  ‘‘Le voci hanno iniziato a girare..e dovevo fare qualcosa.’‘ Potevi fare qualcos altro. Io volevo essere tua amica,anzi,lo sono stata per un po,e questa cosa che ti fa tanta paura che si scopra in giro,non ha importanza per bene. Non me ne importa un cazzo. Mi dispiace se tu hai paura,ma io non sono il tuo scudo. Non puoi nasconderti dietro di me. Non puoi mandare affanculo la mia vita,solo perchè non ti piace la tua. Questo è quanto. Me ne sono andata,ho preso la strada più lunga possibile per tornare a casa. Ho esplorato strade e vie secondarie di cui non sospettavo nemmeno l’esistenza. Ho scoperto interi quartieri nuovi,e alla fine.. ho capito che ero semplicemente schifata da questa città e da tutto quello che c’era dentro.
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coachlapink-blog · 6 years ago
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RIPORTO L’ESPERIENZA DI UN COLLEGA: “Con un mio contatto laureato in SM si parlava del fatto che non trova lavoro, allora nel rincuorarlo brevemente gli ho indicato la mia grottesca gavetta a partire della Laurea sino a 5 anni fa dove ho iniziato a lavorare stabilmente per i cazzi miei. Anno 2005 15 gg: Azienda trasformazione pomodori COPADOR Mansione teorica - Operaio raccoglitore pomodori Mansione reale - Spaventapasseri Stipendio = 350€ Anno 2006 6 mesi: Stazione sperimentale universitaria Mansione teorica - Assistente dei professori di Biologia Mansione reale - Segretario e creatore di alibi del professore fedifrago con cui ho elaborato la tesi. Stipendio = 0€/mese Anno 2006 4 mesi: Azienda trasformazione prodotti da forno Battistero spa Mansione teorica - Analista controllo qualità Mansione reale - Facchino e toy boy della vecchia moglie del direttore generale Stipendio = 1000€/mese Anno 2007 12 mesi: Prosciuttificio Negroni Mansione teorica - Responsabile laboratorio controllo qualità. Mansione reale - Meccanico, elettricista, autotrasportatore Stipendio = 1000€/mese Anno 2008 1 settimana: Azienda imballaggi alimentari Bertolotti Mansione teorica - Responsabile di reparto. Mansione reale - Recupero crediti, intimidazione del personale, truffe. Stipendio = 125€ Più altre parentesi che non elenco per rispetto di me stesso. Purtroppo almeno in questo Paese è prassi comune che non si farà mai il lavoro per il quale si è studiato una vita. Per cui conviene adattarsi ad un certo punto. Io alla soglia dei 30 anni mi sono rotto il cazzo e sono andato a lavorare con mio padre. Almeno ho imparato un mestiere.” (presso Personal Trainer Palermo H24) https://www.instagram.com/p/BknNofYHLPp/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=l6fossak9kg6
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carnigiordano1980 · 5 years ago
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https://www.vinifacchino.it/
Il Dolcetto di Ovada D.O.C., uno dei grandi vini prodotti nel Monferrato, fa parte della gamma dei vini dell’Azienda Agricola Viticola F.lli Facchino di Facchino Giorgio. La nostra azienda a conduzione esclusivamente familiare, sorge a Rocca Grimalda, immersa tra le colline che impreziosiscono l’Ovadese. Dalla nostra passione prendono vita vini genuini, che sono il frutto dell’amore verso la vite e del rispetto della tradizione. Da quasi mezzo secolo, dalla nostra terra nascono vini unici ed inimitabili, vera espressione della saggezza contadina e della grande potenzialità del nostro territorio. Grazie alla particolare composizione dei nostri terreni, meglio conosciuti come “Terre bianche di Ovada” e alla razionalità tecnologica sempre rispettosa della tradizione vitivinicola piemontese, esclusivamente dalle uve provenienti dai nostri vigneti, produciamo vini che portano al loro interno i profumi e il carattere del territorio Ovadese. Per noi la qualità è sempre stata l’obiettivo primario, senza dimenticare mai che un buon vino nasce già grande nel vigneto.
https://www.instagram.com/p/B5aTMABFSCF/?igshid=17coqgk46fl9r
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