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“ Disteso sul pagliericcio del carcere, mi sentivo a casa mia, dissi a Chiellino, nel sogno ora stavo bene, ma lui mi svegliò veramente dal bel torpore dell’ultimo sonno con le parole “La campagna si fa lunga”. Il carcere era per lui, come quella della Libia e del fronte italiano, un’altra campagna. Caddi dalla branda. Volli prendere lo straccio, non so se mi spettava, e se pure mi spettava, Chiellino in mia vece era già accoccolato e così, piegato sulle ginocchia, indietreggiava man mano che con lo straccio puliva il pavimento e la striscia bagnata arrivava ai suoi piedi. «No, no, deve venire uno specchio, tu lo lisci, devi calcare; calca forte» mi diceva Chiellino. Calcavo forte e nello sventagliare lo straccio due opposti pensieri, a destra e a sinistra, mi salivano in capo: perché dobbiamo pulirci noi il pavimento? Ecco l’origine della schiavitù. Giappone, perciò, non si abbassa mai, è lì che fischietta e sorveglia, da padrone: lui, ed anch’io, faremmo crescere la polvere dei mesi e degli anni, lui per protestare e chiedere il colloquio e dire al procuratore di provvedere con uno spazzino o con una guardia, io per richiudermi nello sdegno e nell’isolamento, per non darla vinta ai boia, ai comandanti, ai giudici: essi non ci hanno soltanto messi in galera per scacciarci dalle strade, ma così ottengono che ci avvezziamo all’umile ordine interno e che ricreiamo tra noi la gerarchia dei servizi, la necessità di una legge. Loro ci volano sopra, sorridenti e beati come il generale passa a cavallo a dire col mento, col mento suo e con quello del cavallo: “Bravi, voi siete il mio ordine e la mia volontà, il mio regolamento. Fra poco morirete da cani in battaglia; anche questo è previsto”. Noi siamo le pecore e i buoi dei macellai e dei proprietari di bestiame. Così essi mantengono la loro ragione sugli operai, sui contadini, sui pezzenti e il sempre nuovo annuncio del vangelo, ogni giorno e ogni domenica, ripete la legge degli uomini e ognuno dice a se stesso: “Io sono la via, la verità, la vita” e subito corre a comandare alla moglie, ai figli, al fratello più piccolo, al più debole di sé. Il pavimento si bagnava, potevo vedermi la faccia dentro e mi arrestai nel vederla. “
Rocco Scotellaro, L' uva puttanella-Contadini del Sud, Laterza (collana Universale, n° 4; prefazione di Carlo Levi), 1977⁴, pp. 79-80.
[Prime Edizioni originali, postume: Laterza (collana Libri del tempo), 1956-1954]
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Arriva a Torino la prima Monna Lisa
Il ritratto di Lisa del Giocondo da giovane, secondo gli organizzatori, fu realizzato una decina di anni prima di quello esposto al Louvre. «Una mera operazione commerciale dove viene esposta una patacca». Non va per il sottile Vittorio Sgarbi. Che, lo specifica, parla come critico e storico dell’arte, non in veste di sottosegretario alla Cultura: «Perché la Promotrice delle Belle Arti è un ente privato e non un museo statale». In ogni caso, la polemica è servita. Stiamo parlando di Monna Lisa, la mostra che, dal 24 novembre al 26 maggio, si propone di presentare, nella sede del Valentino, come si legge nella presentazione, «un’opera attribuita dagli esperti a Leonardo da Vinci».Un capolavoro da sempre discusso ma ceramente affermare che si tratti di un opera tarda, anziché giovanile sia dell' artista sia del soggetto, è sicuramente errato. «Non c’è dubbio che quell’opera non sia di Leonardo – dice infatti Sgarbi – quanto, piuttosto, una copia tarda della Gioconda, probabilmente neanche della sua bottega». Della stessa opinione anche Antonio Forcellino, altro noto storico dell’arte, autore di «Leonardo. Genio senza pace» (Laterza), che aggiunge: «Intorno alla figura universale di Leonardo da Vinci ci sarà sempre discussione e confronto, ma in questo caso ci sono parecchi dubbi sulla sua autenticità. Così, nella città che ospita la seconda opera più famosa nel mondo del genio del Rinascimento (l’Autoritratto, custodito alla Biblioteca Reale, con altri capolavori keonardeschi) la Promotrice ospita un’unica opera, anticipata con un apparato di visita immersiva. Per fare un paragone: sempre ai Musei Reali, ogni anno a Pasqua, l’Autoritratto viene proposto insieme ad altre 12 opere, tutte autentiche, di Leonardo da Vinci, tra cui il celebre Volto di fanciulla, la Testa virile e il Codice sul volo degli uccelli. La storia conosciuta di questo dipinto inizia ai primi del ’900, quando il collezionista Hugh Blaker la trovò in una villa padronale inglese di Isleworth, nel Middlesex. Diventa così presto la Isleworth Mona Lisa. Nel 1960 fu poi acquistata da Henry Pulitzer, collezionista americano, che ne scrisse anche un libro, nel quale sosteneva che fosse una versione precedente del dipinto del Louvre. Infine, nel 2008 è stata acquistata da un consorzio internazionale e custodita in Svizzera, gestita tramite una fondazione, la stessa che organizza il suo tour intorno al mondo. La Promotrice ha concesso agli organizzatori le sale espositive. Tramite una dichiarazione scritta fa sapere che «non è entrata, né entrerà in merito alle questioni ed i dibattiti sull’attribuzione dell’opera». Si tratta di una storica istituzione torinese, quasi bicentenaria, promossa da Re Carlo Alberto di Savoia intorno al 1833, non certo di un gruppo di speculatori, che quasi ogni anno ospita mostre di rilievo internazionale. (erreci) biglietto 15€, ridotto 12 €dal martedì alla domenica, h. 10/20. Aperture straordinarie il 26 dicembre ed in tutte le festività nazionali e religiose del 2024, comprese quelle cadenti di Lunedi via Balsamo Crivelli 11, parco del Valentino [email protected] www.primamonnalisa.com tel.0039 (0)116692545 Articolo di ERRECI Read the full article
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Milano, tutti gli appuntamenti di gennaio delle Librerie Feltrinelli
Milano, tutti gli appuntamenti di gennaio delle Librerie Feltrinelli. Riprende con il nuovo anno anche la programmazione delle Librerie Feltrinelli a Milano. L’impronta degli appuntamenti a calendario in questo mese è fortemente orientata al territorio milanese, sfondo e ambientazione delle storie narrate da Piero Colaprico, in uscita per i tipi di Feltrinelli con il nuovo noir Requiem per un killer ambientato tra San Siro e i Navigli e presentato in anteprima il 26 gennaio alle ore 18.30 alla Feltrinelli di piazza Piemonte, da Gian Andrea Cerone che fa tornare in azione il commissario Mandelli e l’ispettore Casalegno in una Milano buia, fradicia e pericolosa ne Il trattamento del silenzio (Guanda) presentato il 31 gennaio alle 18.30 in piazza Piemonte, e da Michele Sasso che presenta Assalto in Lombardia (Laterza) sempre il 31 gennaio alla Feltrinelli di piazza Duomo. Sempre al racconto di una pagina della resistenza milanese, in occasione delle celebrazioni per il Giorno della Memoria, è dedicato lo speciale incontro per l’uscita de I giorni della libertà (Mondadori) dello scrittore e giornalista di Radio24 Alessandro Milan che il 19 gennaio alle 18.30 presso il Memoriale della Shoah – Binario 21 ne dialoga con Mario Calabresi in un evento organizzato in collaborazione con Librerie Feltrinelli. I giorni della libertà è un grande affresco di uomini e donne che, pur non conoscendosi, si trovano legati da un filo invisibile, protagonisti e testimoni della Storia. Le loro vite si sfiorarono tra le strade dello stesso quartiere, della stessa città, Milano, sempre più devastata dai bombardamenti e dalle macerie. Quello di Milan è un racconto universale che, con accuratezza storica e un brillante passo narrativo, restituisce un pezzo di storia del nostro Paese. Non mancano ovviamente anche altri protagonisti delle grandi uscite editoriali tra cui Charlotte Link che martedì 24 gennaio alle ore 18:30 in piazza Duomo torna a farci rabbrividire con La notte di Kate (Corbaccio) e il ritorno dell’investigatrice Kate Linville, Niccolò Ammaniti che lunedì 30 gennaio alle ore 19 alla Feltrinelli in piazza Piemonte dialoga con Marco Missiroli e Giulia Ichino sul suo nuovo romanzo La vita intima (Einaudi), Giovanna Melandri che mercoledì 18 gennaio alle ore 18 in piazza Duomo incontra Stefano Boeri e Massimo Recalcati per discutere su Come ripartire, il saggio scritto insieme a Isabella Guanzini per Melangolo. E ancora, Ester Viola che il 25 gennaio alle 18.30 in piazza Piemonte parla di amore attraverso i dieci racconti raccolti in Voltare pagina (Einaudi) e Rosella Postorino che inaugura il mese di febbraio con uno speciale incontro sabato 4 alle ore 17.30 in piazza Piemonte con il suo Mi limitavo ad amare te (Feltrinelli Editore) insieme a Massimo Recalcati e Alessandra Tedesco. Modalità di accesso e tutti i dettagli sugli incontri in programma su: Eventi: Presentazioni Libri e Firmacopie | laFeltrinelli laFeltrinelli Milano Responsabile eventi Chiara Collini | [email protected] | 347 452 3936 Alessandro Borreca |[email protected] | 393 039 2286 ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Artista e designer. Bruno Munari. Universale Laterza, ottava edizione del 1997 @editorilaterza 📚 Un libro fondamentale per chiunque abbia a che fare con la creatività e la fantasia. 130 pagine per analizzare le differenze principali tra essere un artista o essere un designer. Ispirazione o metodo? Creatività o fantasia? Gusto soggettivo oppure oggettivo? Esprimere se stessi o risolvere un problema? E lo stile? Eh bella domanda! Passano gli anni, e in questo caso ne sono passati parecchi dalla prima edizione del ‘71, però i concetti restano sempre validissimi. E sempre meno conosciuti! Scritto da un incredibile signore (artista e designer) nato all’inizio del secolo scorso e ancora giustamente considerato una delle menti più brillanti e giocose che il nostro paese abbia mai partorito. Uno dei libri che maggiormente ha contribuito alla mia formazione di “creativo”. Un testo da rileggere con molta attenzione, soprattutto oggi che tutti vogliono fare i grandi artisti, a prescindere dal lavoro che fanno. In un epoca dove il gusto soggettivo ha un peso spropositato e l’opinione del singolo – spesso sotto forma di pensiero critico non costruttivo – una credibilità a volte mal riposta. Ecco, dopo tutto questo, sono felice di poter riaffermare, ancora una volta, che sono un designer, non un artista. E se un libro può aiutarti a capire l’essenza della tua natura, è un gran libro! #booklover #bookstagram #everymonday ••• #chiani #artdirection #illustration #creativedirection #graphicdesign #brandidentity #branding #design #myartismydirection @chianidesign #designedbychianiinitaly #creativeboutique #palazzoschio #creativecollective #2021 #vicenza (presso Centro storico di Vicenza) https://www.instagram.com/p/CPQC4iTrUPx/?utm_medium=tumblr
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L'ultimo Michelangelo di Forcellino: la recensione
L’ultimo Michelangelo di Forcellino: la recensione
Antonio Forcellino, il noto restauratore e studioso dell’arte rinascimentale, dopo la quadrilogia di romanzi storici dal titolo Il Secolo dei Giganti, torna a scrivere un saggio: L’ultimo Michelangelo. Dal Giudizio Universale alla Cappella Paolina, pubblicato da Editori Laterza. L’autore affonda le mani in una parte della mia vita non così nota al grande pubblico, quella che ebbe inizio nel��
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Ricciardi, W., La battaglia per la salute, Laterza 2019
Il SSN è una storia di successo inatteso nel panorama italiano. A partire dalla crisi finanziaria del 2007-2009, tutti i sistemi sanitari dei paesi OCSE e in particolare quelli di tipo Beveridge (Italia, UK), ossia a copertura universale e fondati sulla tassazione, sono entrati in crisi. Per l'Italia le cause sono note: sottofinanziamento del Fondo Sanitario Nazionale, quota crescente della popolazione over 65 anni, incremento della popolazione con cronicità e co-morbilità, speranza di vita in buona salute distante di 10 anni dalla speranza di vita, scarsi livelli di prevenzione. Walter Ricciardi già Presidente dell'Istituto Superiore della Sanità (ISS), ne ha per tutti. Riforma del titolo V della Costituzione che ha generato una elevata variabilità regionale della qualità dell'offerta sanitaria a discapito della salute della popolazione del Mezzogiorno. Politici inadeguati a gestire un sistema così complesso e incapaci di una pianificazione a medio e lungo termine. Manager troppo dipendenti dalla politica, non sufficientemente preparati e alle prese con troppi ostacoli operativi. Medici, sopratutto quelli di medicina generale (MMG), che non si aggiornano e che non hanno empatia con i pazienti che si rivolgono a medicine "alternative" più attente ai loro bisogni. Cittadini che, infine, per scarsa formazione e informazione, conducono stili di vita errati caratterizzati da consumo di alcol, poca attività fisica e obesità.
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Il quadro raffigurato in foto è opera del Pontormo e ritrae Maria Salviati con una bimba, che si presume sia Giulia de’ Medici. I tratti della bimba non nascondono la sua origine: infatti Alessandro de’ Medici, papà della bimba, era figlio di Lorenzo II de’ Medici e di una schiava di origini africane, tale Simonetta di Collevecchio. Secondo Igiaba Scego, giovane autrice italiana di seconda generazione (così ama definirsi) la piccola Giulia è la prima afroitaliana mai ritratta della storia (il dipinto è del 1530 circa). La storia della Scego, che spiega il perché gli italiani non sono sempre bianchi, è racchiusa in un prezioso volume edito da Laterza, dal titolo Il Pregiudizio Universale, dove 87 luoghi comuni e pregiudizi vengono sfatati da esperti di vari settori, dall’economia alla linguistica, alla biologia alla medicina, dallo sport alla storia, fino alla musica. Così si discute di come l’abito non fa il monaco, o se è vero che i bambini sono buoni. Oppure che la letteratura italiana è morta o che non ci sono più le mezze stagioni. Oppure che i politici sono tutti ladri e che il pubblico ha sempre ragione.
il filo rosso che lega tutte le simpatiche e argute demolizioni dei pregiudizi in questione è una metodologia di ragionamento comune: il pregiudizio è in pratica una pigrizia intellettuale. Nasce per definire facilmente una complessità del mondo e si fissa perchè pochi hanno la pazienza e la volontà di interrogarlo. Che sia per uno sforzo di risorse personali ed intellettuali o per mera pigrizia, resta il fatto che certe notizie, certe dicerie, si fondano nella voce comune: per questo le donne non sanno guidare o che il Sud vive alle spalle del Nord.
Nell’epoca delle informazioni in tempo reale, delle bufale virali, del predominio della Rete (che non è vero che non ha padroni) credo sia necessario sforzarsi di farsi domande, e chiedere. Faremo una cosa buona a scardinare un pregiudizio: Chiunque distrugge un pregiudizio, un solo pregiudizio, è un benefattore dell’umanità (Nicolas Chamfort).
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Agire - Immanuel Kant
Agire – Immanuel Kant
Agire
«Agisci in modo che la regola della tua volontà possa valere in ogni tempo come principio di una legislazione universale». Oppure: «Agisci in modo da trattare l’umanità, nella tua come nell’altrui persona, sempre come fine, mai come semplice mezzo».
Immanuel Kant, 1724-1804,
Critica della ragion pratica, Laterza, Bari 1974, p.39, e Fondamenti della metafisica dei costumi, La Nuova Italia,…
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Tra gli studenti italiani emerge con forte distacco Sandro Panaioli di 11 anni. La sua è una città-regione astronautica, con satelliti, capsule aereo-spaziali, alberghi galleggianti, scuole gigantesche, e un circuito di ponti che varca gli oceani e forse congiunge pianeti. Il modulo del fumetto è palese. Siamo nell'urbanistica fantascientifica, immune da staticità ed inerzie di memoria. Un atteggiamento analogo esprime un bambino di Pinerolo: «Come sarebbe bello se potessi cambiare la mia città da un momento all'altro! Io vorrei che la mia scuola si cambiasse ogni momento e mi immagino di essere sopra un banco fatto tutto alla moda Bit di tutti i colori. Immagino che nel futuro ci siano delle cassette delle poste volanti e che in meno di un giorno si spedissero e attivassero da sole. Per precisare meglio vorrei dire che, siccome ho come preferenza il colore azzurro, vorrei che ci fossero le poste azzurre».
Bruno Zevi, Come i bambini vogliono la città da Cronache di architettura VII
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“ Sebbene, oggi, il numero delle prove a sostegno del ruolo fondamentale della cooperazione nell’evoluzione delle specie viventi si sia enormemente arricchito, l’idea continua a essere percepita come del tutto marginale rispetto alla solidità della controparte competitiva. Perché? Sono convinto che la causa principale dello scarso interesse per lo studio della cooperazione come forza evolutiva sia legata al fatto che la maggior parte – quasi la totalità – delle evidenze a sostegno di questa teoria proviene dal mondo delle piante che, come tali, non sono considerate rilevanti. L’antropocentrismo o, a voler essere magnanimi, l’animalocentrismo che affligge il mondo della scienza è un problema serio. La nostra visione del mondo come un luogo in cui i conflitti e le privazioni sono forze basilari che dominano l’evoluzione sono un classico esempio di questa distorsione animale. Modelli matematici molto conosciuti come, ad esempio, quello della competizione interspecifica, diventato poi noto come il modello predatore-preda, sviluppato da Vito Volterra e Alfred Lotka nel 1926, sebbene oggi siano intesi come validi universalmente, sono stati eleborati per descrivere una relazione di tipo animale. Poco dopo la fine della prima guerra mondiale, Umberto D’Ancona, uno dei più importanti zoologi italiani del Novecento, studiando le popolazioni di pesci nel mare Adriatico, aveva notato che le percentuali delle diverse specie pescate mostravano un andamento tipicamente fluttuante. Cercando di capirne di più, ne parlò con Vito Volterra, grande matematico che in seguito sarebbe diventato anche suo suocero, e quest’ultimo sviluppò appunto il modello matematico che spiegava il fenomeno. Al di là della bellezza e del valore indiscutibile del modello predatore-preda, resta il fatto che questo modello, che ha così profondamente influito sullo studio della dinamica delle popolazioni naturali e più in generale, direi, sulla nostra idea di relazioni fra specie, è un modello ideato, sviluppato e sperimentato per rispondere ad esigenze tipicamente animali. Che ha a che fare il modello predatore-preda con il mondo delle piante? Non è l’unico caso, molti altri modelli che hanno avuto un grande peso sulla nostra consapevolezza del funzionamento delle comunità, meno noti al grande pubblico, ma molto influenti fra gli addetti ai lavori, hanno valore quasi unicamente in ambito animale e non possono assolutamente essere considerati di valore generale.
Vorrei fosse chiara l’assurdità della faccenda: scoperte ottenute nel mondo vegetale non vengono ritenute meritevoli di alcuna attenzione fin quando non sono replicate in ambito animale; al contrario, modelli ovviamente validi nel solo mondo animale sono, ipso facto, considerati di natura universale. Pensate all’irrazionalità di questa posizione: le scoperte effettuate nell’85% degli esseri viventi (le piante) richiedono, per essere ritenute universalmente valide, di essere confermate nello 0,3% del mondo animale! Non il contrario. E così viviamo con l’idea ridicola e pericolosa che quel che vale per lo 0,3% nobile della vita (gli animali) sia ciò che caratterizza la vita intera e che è meritevole di essere conosciuto, il resto è del tutto marginale. Non so se l’irragionevolezza di questa situazione vi colpisca come colpisce me. Che l’85% del mondo vegetale sia, da solo, la rappresentanza unica e indiscutibile della vita del pianeta non interessa a nessuno. È come se una legge proposta dall’85% dei rappresentanti del nostro Parlamento, per essere definitivamente promulgata, dovesse passare al vaglio di uno 0,3% della stessa rappresentanza parlamentare che, a sua discrezione, può approvarla o respingerla. “
Stefano Mancuso, La pianta del mondo, Laterza (collana i Robinson / Letture), 2022⁷; pp. 81-82.
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Eugenio Garin, "L'umanesimo italiano", UL, Universale Laterza, 1964 Da dove vengono tante cose che ora ci paiono innovative.
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“ Nella mia camerata, che era la migliore e aveva due panorami, stettero per qualche giorno i capi fascisti, avvocati e dottori, dopo il 18 Settembre; qui vennero alcuni grossisti di olio e di grano negli anni delle leggi sui granai e sugli oleari del popolo: uno di questi, anzi, guardando fuori dalla finestra, comodamente perché la persiana un giorno si trovò asportata o cadde e le pratiche per rimetterla andarono per le lunghe, s’innamorò di una sontuosa fanciulla che si affacciava al suo balcone ad innaffiare le piante grasse sulle lastre di marmo, e che per la prima volta alzava gli occhi al nido dei serpenti, quando il giovane grossista cantava. Dopo pochi giorni si sposarono. Con i fascisti entrarono piatti in quantità, il maresciallo chiese aumento di forza, tanto le guardie erano occupate. “Uscirete presto, la galera non è fatta per voi”. Dicevano i comuni che s’ingrassarono in quei giorni. Io ero tenuto come quelli dai contadini e dagli altri: un calzolaio, un camionista, un ambulante, un piccolo proprietario. Il camionista che disse al commissario: «Non so niente. Sono stato chiamato a caricare paglia». La paglia se n’era caduta alla grande velocità che lui andava ed erano spuntate sul carro le corna dei buoi rubati, lui però non ne sapeva niente. Anche lui mi diceva: «Uscirai presto, la galera non è fatta per te!». Volevo che non fosse così. Non c’erano certi miei signori che avevano ucciso, sia pure per colpa, avevano rubato, violentato la servetta di dodici anni? Stavano protetti nel loro castello e ricevevano le autorità in salotto con la fotografia del genitore, il defunto senatore del Regno, secondo istruttore del processo Matteotti. Il maresciallo non sarebbe venuto qui per i suoi soprusi, i suoi reati, nemmeno il maresciallo del carcere se io l’avessi denunciato per concussione continuata offrendo le prove, l’Esattore mai più, che guadagnava cinque milioni all’anno per legge, i veterinari, che denunciavano l’afta epizootica quando avevano bisogno di soldi, i segretari comunali, il dottore delle prefetture, che, per un sopraluogo finito in un’ora, si faceva pagare tre giorni di trasferta e il segretario asseriva essere doveroso e solito da parte dei sindaci liquidare, il medico che non visitava il giovane, presunto omicida, ridotto con la carne nera in caserma per tre giorni fino alla scoperta del vero autore. E tanti, ma chi può nominarli? Degli Enti, dei Consorzi, degli Istituti, delle Banche. Se quelli commettono un reato, sono trasferiti di autorità con le spese di trasporto a carico del denaro pubblico: così girano anche l’Italia da una provincia all’altra. E se sono licenziati, prendono una liquidazione che li fa milionari. E se restano allo stesso posto, nella stessa città, prendono la tredicesima, la quattordicesima e la quindicesima mensilità perché l’anno lo allungano loro come vogliono. E, ripresi, sanno difendere la causa dei figli e della famiglia piangendo e furiosamente accusando le api regine, gl’intoccabili superiori d’ufficio. Quando quei signori sono colpiti, diventano tutt’al più comunisti per il tempo necessario a rimettere le cose a posto nella santità del lavoro, dello Stato, dello straordinario, della pubblica funzione. Ogni giorno, solo al paese mio, si dicono dieci messe nelle chiese nello stesso momento in cui la carovana dello Stato inizia la sua giornata di crimini e gli uomini forti calpestano le strade. “
Rocco Scotellaro, L' uva puttanella-Contadini del Sud, Laterza (collana Universale, n° 4; prefazione di Carlo Levi), 1977⁴, pp. 92-94.
[Prime Edizioni originali, postume: Laterza (collana Libri del tempo), 1956-1954]
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“ Quella domenica del carcere, se fosse venuto il procuratore per la rivolta contro il prete, avremmo potuto fargli sentire il codice del pazzo cavalier Carritelli, sicuri che avrebbe riso. Articolo 1: È proibito condannare innocenti. Il procuratore: «Perché?». Carritelli: «Perché io sono in carcere e sono innocente». Il procuratore e noi a ridere e Carritelli a dire: «Sono innocente io con tutti i miei colleghi». Articolo 2: Non arrestare mai donne. «Perché puoi chiudere tutti gli uomini, meno uno, quell’uno basta per tutte le donne; ma se arresti una donna, come fa a far figli? L’umanità se ne muore.» Articolo 3: È vietato cavalcare porci. «Perché il porco si getta per terra dove c’è acqua e fango e tu cadi, ti fai male e ti sporchi l’abito.» Articolo 4: Non fumare mai all’aperto. «Perché all’aria il fumo se ne scappa, dentro resta e anche chi non ha sigarette può fumare.» Articolo 5: Le banche sono abolite. «Perché ci sono molti disoccupati e gente che muore di fame senza soldi. I soldi che non hanno i disoccupati e la gente che muore di fame li tengono chiusi nelle banche, perciò le banche si devono aprire e abolire.» Noi avremmo battute le mani e il procuratore sarebbe andato correndo a dire alla moglie e agli amici il codice del cavaliere. Perché era domenica. Ma Carritelli aveva avuto uno scoppio di nervi, non era uscito a sentire la messa, dicevano i suoi compagni della quarta che da due giorni passeggiava sulla branda avanti e indietro, notte e giorno, si affacciava alla finestra e gridava: «O pasta asciutta bella, ti desidero veder!». “
Rocco Scotellaro, L' uva puttanella-Contadini del Sud, Laterza (collana Universale, n° 4; prefazione di Carlo Levi), 1977⁴, p. 110.
[Prime Edizioni originali, postume: Laterza (collana Libri del tempo), 1956-1954]
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“ Nelle vacanze addrizzavo i chiodi storti o uscivo con altri a trovare le suole vecchie all’immondizzaio, che mio padre usava al posto del cartone per le scarpe quando s’informano. Le mie sorelle e mio fratello Nicola si mettevano al banco quando mio padre andava in campagna. Nicola suonava il mandolino e aveva la testa per aria. Mi disse di rimanere in bottega per un po’ in sua vece, mi sentii padrone la prima volta di quei segreti, delle carte, della bilancia, dei tiretti. Non venne nessuno a comprare, non passava nessuno sulla strada, misi la mano nel tiretto dei soldi, li sentii suonare, erano freschi. Una due lire me la presi nascondendola nella scarpa. Arrivò Nicola, chiese se era venuto qualcuno, e disse: «Adesso, lévati le scarpe». Non mi vollero più in bottega, anche mio padre mi girava gli occhi addosso vedendomi entrare dietro il bancone. Stavo scrivendo una cartolina a una ditta quando due signori, più alti di mio padre, entrarono con le borse ai fianchi. Fecero vedere a mio padre delle cartoline lucide, io pure le toccai, mi piacevano, e le tennero appese al muro con le dita, erano belle, ornavano la bottega: «Dovete comprarle» dissero «una costa sei lire.» Mio padre disse di no. «Come? vi rifiutate? Qui è sotto l’alto patronato di sua Maestà il re.» Mio padre disse ancora di no. «Non potete rifiutarvi» disse uno «è obbligatorio, per l’igiene. Noi siamo della Federazione.» «Va bene» disse mio padre «faccio scrivere da mio figlio su un cartone a caratteri grossi le stesse parole, vediamo: “La persona civile non sputa in terra e non bestemmia”. Anche più grosso di questo. Mio figlio scrive stampato, è il primo della classe.» «Va bene» disse l’altro, «non volete? Si penserà.» Ma non se n’andavano. Allora mio padre mi fece paura per come li fissò; e sempre fissandoli che quelli si giravano sui tacchi, mosse la mano sinistra a cercare nel tiretto e gettò le sei lire sul banco e spinse forte il tiretto e io che ero appoggiato sentii tremare il banco; poi pacatamente mosse la destra che teneva il trincetto e tagliò la pelle secondo i modellini di carta. «Tu va sempre in chiesa» mi diceva a tavola «e mettiti sempre la camicetta nera come se io fossi morto, va sempre ai balilla, hai capito, perché questi sono fetenti.» Magari poco prima mi aveva notato gli occhi attenti alle sue bestemmie contro i comandanti e volgendosi a mamma aveva detto: «Ti ricordi che ti portai, a Roma, a vedere il punto di Matteotti?». “
Rocco Scotellaro, L' uva puttanella-Contadini del Sud, Laterza (collana Universale, n° 4; prefazione di Carlo Levi), 1977⁴, pp. 17-18.
[Prime Edizioni originali, postume: Laterza (collana Libri del tempo), 1956-1954]
#Rocco Scotellaro#L' uva puttanella#antifascismo#leggere#narratori italiani del XX secolo#letture#libri#narrativa#Sud#Italia meridionale#Lucania#Basilicata#povertà#famiglia#letteratura italiana del '900#poeti#citazioni letterarie#vita#romanzo autobiografico#prepotenza#socialismo#anarchici#intellettuali italiani del XX secolo#Meridione#meridionalismo#Mezzogiorno d'Italia#padri e figli#intellettuali meridionali#omicidio Matteotti#Carlo Levi
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“ [Giordano] Bruno sottolinea a più riprese nei testi magici l'esigenza di una teoria universale delle cose. Lo fa anche nel De vinculis, prendendo le mosse, sintomaticamente, dalla riflessione sull'Amore, «padre, fonte, Anfitrite dei vincoli»: «noi — scrive — conseguiremo il livello più alto e primario della dottrina del vincolo quando volgeremo gli occhi all'ordine dell'universo: qui, per mezzo di questo vincolo, le cose superiori provvedono alle inferiori, le inferiori si volgono alle superiori, le pari si associano in mutuo vincolo e si celebra infine la perfezione dell'universo in conformità alla ragione della sua forma». Si tratta di un tema teorico centrale dal punto di vista dell'operazione magica, non per caso ripreso, esplicitamente, anche nel De magia. Bruno, però, nel De vinculis non si limita a questo. Riprende, niente di meno, il tema fondativo di tutta la «nova filosofia», vale a dire il tema della Vita-materia infinita. Lo fa due volte, nella parte finale dell'opera (nell'illustrazione del vincolo XIV e del vincolo XV). Ma al di là della constatazione quantitativa, ciò che effettivamente conta è il modo in cui Bruno ripone il problema. E qui conviene dare la parola direttamente al testo. Nel primo caso, il tema è posto prendendo le mosse dalla considerazione che il vincolo è il mezzo attraverso cui le cose aspirano al bello e al buono. Lo fanno, nella misura in cui ne sono prive. Ma sarebbe sbagliato dedurre da questo, come fanno ad esempio alcuni peripatetici a proposito della materia, che essa è «brutta» e «cattiva», poiché desidera il bello ed il buono. Al contrario: se la materia fosse il male, osserva Bruno, non potrebbe mai aspirare al bene. Questo sarebbe contrario alla sua essenza. «Ma, prosegue, coloro che filosofano più a fondo capiscono ciò che noi abbiamo chiarito altrove; come la materia contenga nel proprio seno l'avvio di tutte le forme, sicché da esso tutte le produce e le emette; e come non sia quella pura privazione, che accoglie in sé tutte le cose dall'esterno quasi come straniere: fuori del grembo della materia, invero, non esiste forma alcuna, e tutte si celano in esso e da esso a suo tempo tutte rampollano». E, ripresa quasi alla lettera, la concezione sviluppata nel De la Causa, Principio et Uno, della materia come «seno inesauribile di forme». E questo è già un punto interessante. Ma qui Bruno, coerentemente al discorso sviluppato nel De vinculis, mette simultaneamente a fuoco gli effetti di questa concezione dal punto di vista del consorzio umano, stabilendo, attraverso la magia, un nesso stretto tra ontologia e dimensione «civile». «A chi dunque rifletta sul vincolo dal punto di vista delle sue applicazioni civili e secondo tutte le prospettive deve essere chiaro come in tutta la materia o in una parte della materia, in ogni individuo o nell'individuo singolo, vivono allo stato latente tutti i semi delle cose e di conseguenza, con accorto artificio, si possono attivare le applicazioni di tutti i vincoli». Ciò vuoi dire che nella realtà, come nella società, nulla è definito una volta per tutte, niente è fisso. “
Michele Ciliberto, Giordano Bruno, Roma-Bari, Laterza (collana Economica n° 358), 2005 [1ª edizione 1990]; pp. 254-55.
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“ Piccolo, di gambe corte, abbastanza muscoloso, sanguigno e ancora magro a trent'anni, ha un corpo resistente e sempre pronto, una sensibilità, e una resistenza di nervi meravigliose, reazioni d'una prontezza fulminea, illimitata capacità di lavoro; il sonno gli viene a comando. Ma ecco il rovescio: il freddo umido gli provoca, oppressione, tosse, disuria; la contrarietà gli suscita collere spaventose; lo strapazzo, nonostante bagni caldi e prolungati, e nonostante l'estrema sobrietà e l'uso moderato ma costante del caffè e del tabacco, gli produce talvolta brevi languori che arrivano fino al pianto. Il cervello è uno dei più perfetti che siano mai esistiti: l'attenzione, sempre sveglia, afferra a volo infaticabilmente i fatti e le idee; la memoria li registra e li classifica; l'immaginazione li rielabora liberamente e, con una tensione permanente e segreta, inventa, senza stancarsi, i temi politici e strategici che si manifestano in improvvisi lampi, paragonabili a quelli del matematico e del poeta — di preferenza la notte, in un improvviso risveglio, ciò che lui stesso chiama « la scintilla morale », « la prontezza di spirito di dopo la mezzanotte ». Attraverso gli occhi folgoranti codesto ardore spirituale illumina il viso — un viso ancora « sulfureo » quando il « Còrso dai capelli lisci » sale al potere. È questo ardore a renderlo insocievole, e non già, come volle far credere Taine, una non si sa quale brutalità di condottiero un po' tarato, selvaggiamente scatenato per il mondo. Egli si rendeva giustizia « Sono anche abbastanza bonaccione », ed è vero : si mostrò generoso e perfino amabile con coloro che gli stavano vicini. Ma fra gli uomini ordinari, che sbrigano al più pesto il loro còmpito per abbandonarsi al riposo e allo svago, e Napoleone Bonaparte, che era tutto tensione e concentrazione, non esisteva metro comune né alcun vero rapporto. Una costituzione fisica e cerebrale, la sua, donde scaturisce quell'irresistibile impulso all'azione e alla potenza che si chiama ambizione. Egli vide chiaro in se stesso : « Si dice che io sia ambizioso, ma è un errore : non lo sono o, almeno, la mia ambizione è così intimamente unita al mio essere, da non potersene distinguere ». Come si poteva dir meglio? Anzitutto Napoleone è un temperamento. “
Georges Lefebvre, Napoleone, (traduzione di Giuseppe Sozzi e Luigi Faralli) Laterza (collana Biblioteca Universale n.105), 1991; pp. 69-70.
[Edizione originale: Napoléon, éd. Félix Alcan, coll. Peuples et civilisations, (1935, rééd. 1955)]
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