#animalocentrismo
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gregor-samsung · 2 years ago
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“ Sebbene, oggi, il numero delle prove a sostegno del ruolo fondamentale della cooperazione nell’evoluzione delle specie viventi si sia enormemente arricchito, l’idea continua a essere percepita come del tutto marginale rispetto alla solidità della controparte competitiva. Perché? Sono convinto che la causa principale dello scarso interesse per lo studio della cooperazione come forza evolutiva sia legata al fatto che la maggior parte – quasi la totalità – delle evidenze a sostegno di questa teoria proviene dal mondo delle piante che, come tali, non sono considerate rilevanti. L’antropocentrismo o, a voler essere magnanimi, l’animalocentrismo che affligge il mondo della scienza è un problema serio. La nostra visione del mondo come un luogo in cui i conflitti e le privazioni sono forze basilari che dominano l’evoluzione sono un classico esempio di questa distorsione animale. Modelli matematici molto conosciuti come, ad esempio, quello della competizione interspecifica, diventato poi noto come il modello predatore-preda, sviluppato da Vito Volterra e Alfred Lotka nel 1926, sebbene oggi siano intesi come validi universalmente, sono stati eleborati per descrivere una relazione di tipo animale. Poco dopo la fine della prima guerra mondiale, Umberto D’Ancona, uno dei più importanti zoologi italiani del Novecento, studiando le popolazioni di pesci nel mare Adriatico, aveva notato che le percentuali delle diverse specie pescate mostravano un andamento tipicamente fluttuante. Cercando di capirne di più, ne parlò con Vito Volterra, grande matematico che in seguito sarebbe diventato anche suo suocero, e quest’ultimo sviluppò appunto il modello matematico che spiegava il fenomeno. Al di là della bellezza e del valore indiscutibile del modello predatore-preda, resta il fatto che questo modello, che ha così profondamente influito sullo studio della dinamica delle popolazioni naturali e più in generale, direi, sulla nostra idea di relazioni fra specie, è un modello ideato, sviluppato e sperimentato per rispondere ad esigenze tipicamente animali. Che ha a che fare il modello predatore-preda con il mondo delle piante? Non è l’unico caso, molti altri modelli che hanno avuto un grande peso sulla nostra consapevolezza del funzionamento delle comunità, meno noti al grande pubblico, ma molto influenti fra gli addetti ai lavori, hanno valore quasi unicamente in ambito animale e non possono assolutamente essere considerati di valore generale.
Vorrei fosse chiara l’assurdità della faccenda: scoperte ottenute nel mondo vegetale non vengono ritenute meritevoli di alcuna attenzione fin quando non sono replicate in ambito animale; al contrario, modelli ovviamente validi nel solo mondo animale sono, ipso facto, considerati di natura universale. Pensate all’irrazionalità di questa posizione: le scoperte effettuate nell’85% degli esseri viventi (le piante) richiedono, per essere ritenute universalmente valide, di essere confermate nello 0,3% del mondo animale! Non il contrario. E così viviamo con l’idea ridicola e pericolosa che quel che vale per lo 0,3% nobile della vita (gli animali) sia ciò che caratterizza la vita intera e che è meritevole di essere conosciuto, il resto è del tutto marginale. Non so se l’irragionevolezza di questa situazione vi colpisca come colpisce me. Che l’85% del mondo vegetale sia, da solo, la rappresentanza unica e indiscutibile della vita del pianeta non interessa a nessuno. È come se una legge proposta dall’85% dei rappresentanti del nostro Parlamento, per essere definitivamente promulgata, dovesse passare al vaglio di uno 0,3% della stessa rappresentanza parlamentare che, a sua discrezione, può approvarla o respingerla. “
Stefano Mancuso, La pianta del mondo, Laterza (collana i Robinson / Letture), 2022⁷; pp. 81-82.
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Press Center 23-07-2020 (em atualização)
Press Center 23-07-2020 (em atualização)
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23-07-2020
“Animalocentrismo” radical. In Público
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