#romanzo di testimonianze
Explore tagged Tumblr posts
pier-carlo-universe · 4 months ago
Text
Sentimi – Il potere delle voci femminili nel romanzo corale di Tea Ranno. Recensione di Alessandria today
Cento voci, una storia: la forza delle donne e dei loro racconti in un romanzo corale intriso di emozioni e memorie.
Cento voci, una storia: la forza delle donne e dei loro racconti in un romanzo corale intriso di emozioni e memorie. Recensione:“Sentimi” di Tea Ranno è un romanzo corale che raccoglie le voci di cento donne, intrecciando le loro storie in un unico racconto che celebra la forza e la resilienza femminile. La narrazione si sviluppa in un piccolo paese siciliano, dove ogni donna porta con sé un…
0 notes
carmenvicinanza · 8 months ago
Text
Elena Poniatowska
Tumblr media
Elena Poniatowska, scrittrice e giornalista, è tra le voci più potenti della letteratura latinoamericana.
Ha documentato tutti i principali movimenti sociali degli ultimi settant’anni e scritto più di 40 libri che, con generi diversi, narrano la storia moderna del Messico.
Le sue cronache sono definite polifonia testimoniale.
Ha ricevuto riconoscimenti e premi internazionali e nazionali, tra cui il Premio Cervantes nel 2013, prima scrittrice messicana e quarta donna al mondo. Coi soldi del premio ha creato una fondazione per incrementare la cultura e alfabetizzazione delle donne.
Nata a Parigi, il 19 maggio 1932, discende da parte di padre dell’ultimo re polacco e da parte di madre da aristocratici messicani.
Era ancora una bambina quando si rifugiarono in Messico durante l’occupazione nazista.
Ha studiato negli Stati Uniti e tornata in Messico, nei primi anni Cinquanta, ha iniziato a lavorare come reporter per il giornale Excélsior. Firmandosi col nome di Hélène, ha intervistato personaggi di rilievo del mondo culturale come la cantante Amália Rodrigues, Manuelita Reyes, la pittrice María Izquierdo, lo scrittore Juan Rulfo e l’attrice Dolores del Río. Ha pubblicato, per un anno, un’intervista ogni giorno.
Dal suo incontro con Diego Rivera, ha tratto, nel 1978, un romanzo epistolare intitolato Querido Diego, te abraza Quiela. 
Alcune delle sue numerosissime interviste sono state raccolte in Palabras Cruzadas (1961) e Todo México (1990). 
Molto presto ha iniziato a interessarsi sempre più di questioni sociali e del ruolo delle donne messicane.
Nel 1954 ha pubblicato la sua prima raccolta di racconti scritti durante il soggiorno statunitense, Lilus Kikus.
Nel 1963 ha scritto Todo empezó el domingo.
Dal suo incontro con Josefina Bohórquez, che le ha aperto il mondo sotterraneo della capitale, è nato il libro Hasta no verte Jesús mio.​
Nel 1969 ha acquisito formalmente la nazionalità messicana.
Il suo lavoro nelle carceri federali, dove ha intervistato celebri criminali, ponendola sotto l’attenzione della polizia politica, le ha dato modo di raccogliere preziose testimonianze sull’insabbiamento da parte del governo del Massacro di Tlatelolco, avvenuto il 2 ottobre 1968, quando i soldati uccisero centinaia di studenti che manifestavano.
Il romanzo storico che ne è stato tratto, il suo libro più famoso che è uscito nel 1971, dal titolo La noche de Tlatelolco, le è valso il Premio Xavier Villaurrutia ed è stato uno dei libri più venduti nella storia del Messico.
Negli anni Settanta, ha raccontato il dolore di chi ha perso i familiari fatti scomparire dal governo perché oppositori politici.
Nel libro Nada, nadie: Las voces del temblor sul terremoto del 1985, ha dimostrato come l’incompetenza e la incuria del governo e del settore privato avessero contribuito all’impressionante numero di vittime – almeno cinquemila.
Molte università statunitensi l’hanno invitata per raccontare il suo paese, parlare dell’incontro tra giornalismo e letteratura e commentare il movimento femminista latinoamericano.
Nel 2004 le è stata conferita la Legion d’Onore francese.
A partire dal 2007, il Ministero della Cultura messicano, ha istituito il Premio Elena Poniatowska, per la letteratura ispano americana.
Nel 2011 è stata creata la Fondazione che porta il suo nome che ha l’obiettivo di organizzare, diffondere e preservare il suo archivio storico e sostenere i gruppi sociali da lei rappresentati nelle sue opere e promuovere il dibattito pubblico sulla cultura messicana.
Nel 2022, per il suo 90° compleanno, il Ministero della Cultura del Paese le ha organizzato un omaggio nazionale al Palazzo delle Belle Arti.​
Nell’aprile 2023 le è stata assegnata la Medaglia Belisario Domínguez, il più alto riconoscimento concesso dal Senato del Messico, per la sua eccezionale carriera letteraria e giornalistica. 
Omaggiata con diverse lauree ad honoris, continua, imperterrita, nonostante la sua bella età, la sua attività di commentatrice politica e scrittrice.
Tiene ancora una rubrica settimanale su un quotidiano nazionale dove dimostra la sua straordinaria abilità nel far sì che presidenti, assassini, vittime di crimini inqualificabili, si aprano e si raccontino.
Enorme è il suo impatto sulla cultura e la società messicana e inestimabile il suo contributo alla letteratura internazionale.
0 notes
fedelando · 8 months ago
Text
 “AI GENITORI DAVAMO DEL VOI”, ROMANZO PRESENTATO ALL’IC CAIATINO
Scritto dal già preside Pasquale Buonomo, scomparso due anni fa, in piena emergenza Covid 
CAIAZZO - Un libro scritto in tempo di Covid per rafforzare l'identità e il senso di appartenenza, un modo per rifugiarsi nei ricordi quando tutto era fermo, e per ricomporre il mosaico di un mondo che non c’è più, fatto di rispetto, timidezza, pudore. “Ai genitori davamo del voi” di Pasquale Buonomo è stato presentato nell’Aula Magna dell’Istituto Comprensivo Caiatino di Caiazzo, alla presenza di studenti e docenti di alcune classi della Secondaria di I grado, della dirigente Silvana Santagata e dei familiari dello scrittore. Un libro che rappresenta il cassetto dei ricordi di Pasquale Buonomo, già preside originario di Alvignano trasferitosi a Bergamo dopo gli studi universitari; un romanzo che si sviluppa dai primi decenni del secolo scorso fino agli anni 50, pensato e scritto quando c’era il lockdown, in piena pandemia, quando tra l’altro Bergamo fu tra le città più colpite dall’emergenza. L’autore ricorda il suo passato, la sua famiglia e scrive di Domenico, uno dei personaggi principali, che non è altro che la storia di suo padre. Una testimonianza di un tempo che, diversamente, andava perduta; un libro che preserva il ricordo di un uomo, dei. suoi studi, del suo lavoro in una fabbrica di mattoni, del suo talento musicale come autodidatta, della sua curiosità e del suo interesse per i mestieri di un tempo. Un racconto incentrato in un contesto storico tragico, (siamo tra la prima e la seconda guerra mondiale), quando si viveva un bullismo classista, quando era difficile conquistare un’amicizia.
Tumblr media
La partenza per il fronte, il matrimonio con Maria, le lettere scritte e ricevute tramite altri, le abitudini, le tradizioni (la scartocciatura delle pannocchie e il racconto di storie davanti al focolare), la famiglia patriarcale, la laboriosità e il senso del dovere, la condizione subalterna della donna, il lavoro nella ‘puteca’, del bar (punto di ristoro e di pettegolezzi), il contatto curativo e lenitivo con la natura e il paesaggio. Flashback di un romanzo riferiti alla platea dalla curatrice della prefazione Renata Montanari de Simone che aggiunge “un testo in cui si ricavano valori universali e l’attaccamento alle radici”. Renata Montanari è di origine romagnola. Ha vissuto a San Severo, dove ha completato gli studi classici. Si è laureata in Lettere Classiche presso l’Università degli Studi di Bologna ed in Lingue e Letterature Straniere Moderne presso l’Ateneo di Urbino.Risiede a Caserta dove è stata docente di Italiano e Latino al Liceo Classico “P. Giannone”.
Tumblr media
Ha pubblicato saggi di carattere storico e traduzioni dal latino prima di dedicarsi alla poesia ed alla narrativa. Nel 2007 ha ottenuto il Premio speciale della critica al Concorso Nazionale “Mercedes Mundula” di Cagliari col saggio “La donna tra ragione e sentimento: testimonianze letterarie”. Collabora con varie associazioni culturali e dal 1999 ha istituito a Caiazzo un Laboratorio di cultura letteraria presso il Centro di Promozione Culturale “F. de Simone”.
Tumblr media
“Leggete tanto e non concentratevi troppo sui cellulari – ha aggiunto Rita Buonomo, sorella dell’autore scomparso due anni fa, accompagnata dalla figlia avvocatessa e assessore del Comune di Alvignano Luisa De Matteo – io che non ho potuto studiare ho imparato tante cose dai libri di mio fratello”. “Un messaggio attuale – chiude la preside Santagata – sull’importanza della rievocazione e sulla riscoperta dei mestieri in un momento drammatico, ora come allora, se pensiamo alla guerra e alle tensioni internazionali in corso. Un libro che è una lezione di storia del nostro territorio”.   
0 notes
santuariomobile · 1 year ago
Text
Tumblr media
Tav. CXLIII - Processo a Pasolini
Il 21 aprile del 1955 la casa editrice Garzanti pubblicava ‘Ragazzi di vita’, il romanzo di Pasolini che racconta le vicende dei giovani sottoproletari nelle borgate romane. Accusati di oscenità e pornografia, editore e autore furono rinviati a giudizio, ma il processo si concluse con la piena assoluzione, anche grazie alle testimonianze di Carlo Bo e Giuseppe Ungaretti.
0 notes
atomheartmagazine · 1 year ago
Text
Nuovo post su Atom Heart Magazine
Nuovo post pubblicato su https://www.atomheartmagazine.com/il-mostro-di-firenze-riprese-netflix/
Mostro di Firenze: Iniziate le Riprese della Serie Netflix con il Regista Stefano Sollima
Il regista Stefano Sollima ha finalmente dato il via alle riprese della serie Netflix dedicata al “Mostro di Firenze“, un progetto che coinvolgerà il pubblico in una narrazione basata su eventi reali, testimonianze dirette, documenti processuali e inchieste giornalistiche.
Ambientazione delle Riprese de il “Mostro di Firenze”
Le prime scene delle serie tv sul Mostro di Firenze sono state girate in via Ghibellina. Vige la massima discrezione sul cast, sebbene circolino indiscrezioni che suggeriscono la possibile presenza di Tom Cruise in un ruolo chiave. In particolare, una delle scene clou sarà girata in Piazza San Firenze, coinvolgendo il protagonista Pacciani, il pm e i legali che varcheranno la porta dell’ex Tribunale.
Dettagli sulla Serie
La serie, intitolata “Il Mostro“, sarà composta da quattro episodi e sarà trasmessa in esclusiva su Netflix. Stefano Sollima, già noto per la regia di serie di successo come “Romanzo Criminale” e “Gomorra“, lavorerà su un racconto che si propone di essere fedele alla verità per rendere giustizia alle vittime del Mostro di Firenze.
Mostro di Firenze – Produzione
La produzione è gestita da The Apartment, società del gruppo Fremantle, e AlterEgo, sotto la guida di Lorenzo Mieli e Stefano Sollima. La trama della serie si basa sugli otto duplici omicidi avvenuti in un arco di diciassette anni, con l’utilizzo di una beretta calibro 22. L’indagine sul Mostro di Firenze rappresenta uno dei casi più complessi e intriganti nella storia criminale italiana.
Luoghi delle Riprese
Le riprese de “Il Msotro” si svolgeranno in diversi luoghi, compresi Signa, Arteminio, Carmignano e San Casciano. La produzione in particolare mira a offrire uno sguardo autentico e coinvolgente su uno dei casi di serial killer più noti e inquietanti nella storia del Paese. La serie promette di svelare la complessità dell’indagine sul Mostro di Firenze e, di conseguenza, portare il pubblico al cuore della vicenda.
0 notes
personal-reporter · 1 year ago
Text
Vasco Pratolini, nella storia di Firenze
Tumblr media
Lo scrittore che raccontò la Toscana del Novecento… Vasco Pratolini nacque a Firenze il 19 ottobre 1913 in una famiglia di estrazione operaia, perse la madre quando aveva  solo cinque anni, così visse la sua infanzia con i nonni materni. Una volta tornato dal fronte, il padre si risposò, ma Vasco non riuscì ad inserirsi nella nuova famiglia, mentre lavorava in una bottega di tipografi, ma anche come cameriere, venditore ambulante e rappresentate. A diciotto anni Pratolini lasciò il lavoro e si dedicò agli studi da autodidatta ma. tra il 1935 e il 1937, gli fu diagnosticata la tubercolosi e venne  ricoverato in sanatorio. Tornato a Firenze nel 1937 lo scrittore cominciò a frequentare la casa del pittore Ottone Rosai che lo spinse a scrivere di politica e letteratura sulla rivista Il Bargello. Vasco fondò poi con l'amico poeta Alfonso Gatto la rivista Campo di Marte, conobbe anche Elio Vittorini che lo spinse a focalizzarsi più sulla letteratura che sulla politica. Intanto Pratolini si trasferì intanto a Roma dove nel 1941 pubblicò il suo primo romanzo Il tappeto verde, partecipò attivamente alla resistenza e, dopo un breve periodo a Milano, si trasferì a Napoli dove visse fino al 1951, mentre scriveva Cronache di poveri amanti, sulla vita degli abitanti della via del Corno, dove visse insieme ai nonni materni, vista come un’isola protetta dall'infuriare della lotta fascista e antifascista. In seguito Pratolini scrisse i romanzi: Un eroe del nostro tempo (1949) e Le ragazze di San Frediano (1949)  definiti neorealisti per la capacità di descrivere la gente, il quartiere, il mercato e la vita fiorentina con perfetta aderenza alla realtà. Con uno stile semplice, Pratolini descrisse il mondo che lo circonda, i ricordi della sua vita in Toscana e i drammi familiari come quello della morte del fratello, con il quale instaurò un vero e proprio dialogo immaginario nel romanzo Cronaca familiare (1947). Spesso i protagonisti dei romanzi di Pratolini sono in condizioni di miseria e di infelicità, ma restano animati dalla convinzione e dalla speranza di potersi affidare alla solidarietà collettiva. Tornato definitivamente a Roma nel 1951 Pratolini pubblicò Metello (1955), primo romanzo della trilogia Una storia Italiana, con lo scopo di descrivere diversi mondi, quello operaio con Metello, quello borghese con Lo scialo  (1960) e quello degli intellettuali in Allegoria e derisione (1966). Con la storia del manovale Metello lo scrittore desiderò superare i confini ristretti del quartiere, che fino ad ora era il protagonista dei suoi romanzi, per un affresco più completo della società italiana a partire dalla fine dell'Ottocento.. Si dedicò anche all'attività di sceneggiatore partecipando alle sceneggiature di Paisà di Roberto Rossellini, Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, e Le quattro giornate di Napoli di Nanni Loy. Alla pubblicazione della trilogia fece seguito un lungo periodo di silenzio, interrotto solo nel 1981 dalla pubblicazione de Il mannello di Natascia, con testimonianze e ricordi risalenti agli anni Trenta. Vasco Pratolini morì a Roma il 12 gennaio 1991, a 77 anni. Read the full article
1 note · View note
giancarlonicoli · 2 years ago
Text
Berlusconi, il migliore e il peggiore di tutti, analisi e testimonianze: creò un impero, fu salvato dai comunisti
Berlusconi, il migliore e il peggiore di tutti, analisi e testimonianze di un venditore principe: creò un impero, ma in politica fallì: perché?
di Marco Benedetto Pubblicato il 18 Giugno 2023 - 10:37| Aggiornato il 20 Giugno 2023
Silvio Berlusconi non ce l’ha fatta: voleva essere immortale, poi si sarebbe accontentato di 150 anni, poi solo di altri 10-15, fino al 2030, ma la leucemia ha eseguito gli ordini superiori.
Certo è stato grande, in tutti i sensi, forse il più grande del dopoguerra: geniale, visionario, bugiardo, è diventato miliardario e all’età in cui tutti si va in pensione, lui è entrato in politica diventando d’emblé primo ministro.
Ha cambiato la vita degli italiani, ma non nel senso indicato dai suoi moralistici detrattori, bensì perché ha liberato milioni di pensionati e casalinghe dalla camicia di forza della Rai, dando loro migliaia di film gratis.
Come uomo e come imprenditore è stato meglio e peggio dei suoi rivali. Come politico ha mancato la missione (anche se qualche promessa l’ha mantenuta), lasciando l’Italia come prima: perché lui non faceva politica, voleva solo proteggere le sue tv dai “comunisti”. E per lui erano comunisti tutti quelli che non si piegavano alla sua volontà.
Da qui il partito azienda.  Nella vita intima è stato indecente, per questo è stato castigato in modo virulento e anche un po’ ipocrita, non per il suo fallimento politico.
(da Cronaca Oggi)
Scrivo l’epitaffio che segue per rispondere a una giovane di 16 anni che, nata nel XXI secolo, all’inizio del declino del de cuius, non tiene nel suo pantheon di miti, eroi e demoni, Silvio Berlusconi. Chiede: chi fu? Ci provo.
Mi sono un po’ dilungato ma il personaggio è difficile da liquidare in 30 righe.
La storia di Berlusconi è una epopea, un romanzo.
Per praticità, spezzo il lungo articolo di oltre 6 mila parole. Riporto qui sotto i titoli con link degli altri due pezzi. Spero troviate la forza di leggerli.
Comincio fissando una serie di punti. Se è vero che in un mondo di orbi il monocolo è re, Berlusconi aveva entrambi gli occhi bene aperti mentre i suoi avversari erano obiettivamente dei nanerottoli.
È stato un gigante, in mezzo a tanti nani. Ma non quel superman che certi suoi avversari in vita e ora in morte vogliono fare apparire, non è il titano che ha cambiato l’Italia.
L’Italia è cambiata sulla scia del mondo e col miracolo economico, Berlusconi ha surfato il cambiamento ed è diventato grande. Altri ci hanno provato e sono falliti.
Si può dire di lui ogni male ma come leader è stato grande. Ha saputo tenere vicini i suoi dirigenti e i suoi figli, anche se, guardando le foto del suo funerale, solo Marina (di cui tutti nel loro mondo dicono un gran bene, paragonandola al padre) e Luigi, il più giovane, appaiono all’altezza della situazione. Sconcerta Piersilvio, in jeans, una controfigura di Johnny Depp. Però lo capisco. Con un padre così, o lo uccidi o ti uccidi (come è accaduto con Agnelli) o fai un disastro (come da noti esempi in casa dei suoi rivali).
Nel mondo dei mass media in Italia nel XX secolo c’è stato solo uno pari a Berlusconi come innovatore al suo livello: Eugenio Scalfari. Scalfari segnò il punto di arrivo di un processo di rinnovamento della stampa italiana nel dopoguerra avviato dai mitici Longanesi, Rossi, Pannunzio, Guareschi, perfezionato dal suocero di Scalfari, Giulio De Benedetti, portato a compimento da Piero Ottone e da Scalfari al successo duraturo.
Ma Scalfari non sarebbe mai stato Scalfari senza il sostegno, la moderazione e la guida di Carlo Caracciolo, suo editore amico fratello.
Mentre però Berlusconi riconosceva la grandezza di Scalfari (un gradino sotto ma sempre nell’empireo, lo stesso sentimento di stima e ammirazione Berlusconi non provava per Caracciolo. Forse c’era di mezzo la questione di una donna.
Sottovalutare Caracciolo si rivelò per Berlusconi un errore fatale, lo vedremo fra qualche riga.
Ricordo un paio di momenti nel primo periodo della guerra di Segrate, quando Berlusconi si impadronì della Grande Mondadori che aveva appena acquisito il controllo di Espresso e Repubblica.
Berlusconi aveva fissato al lunedì una riunione con i dirigenti del nuovo super gruppo.
Era uno spettacolo.
Battute tipo: “Ho dormito poco perché stanotte alle 2 mentre lavoravo è arrivata mia moglie da San Moritz e cosa volete ho la moglie giovane”.
Oppure: “Questo è Confalonieri, il mio compagno di classe ricco, ora le parti sono capovolte”. Oppure si alzava, prendeva il fazzoletto dal taschino e spolverava un dirigente che aveva vantato i risultati della sua divisione. (Salvo poi licenziarlo mesi dopo perché era un incapace).
Erano i tempi in cui Berlusconi vestiva una specie di divisa: blazer blu e cravatta blu a pallini bianchi.
Peppino Turani mi preconizzava una brutta fine: “Lui li vuole alti e magri, tu sei piccolo e grasso”.
Alla seconda riunione già tre dirigenti si presentarono con la cravatta come quella del preside.
Dopo lo spettacolo, pranzo in mensa dirigenti. Mi trovo Berlusconi di fronte a tavola. Mi dice: “Ho bisogno di Scalfari e dei suoi articoli per ottenere la legge che mi metta in regola e al sicuro” (ammissione trasparente, ma anche i bugiardi dicono verità senza accorgersene, di quella posizione fuori legge di cui scrivo più avanti). 
In una altra riunione del lunedì Berlusconi si presenta con una dichiarazione del genere: “Ci ho pensato e ripensato. L’unico che per cultura ingegno e creatività sia alla mia altezza nel dopoguerra nel mondo dell’editoria è Scalfari”.
Poi si guarda attorno. Nel frattempo, si è alzato e si aggira nello spazio fra il suo tavolo e i banchi dei dirigeenti
Mi vede con l’aria ingrugnita. Ne avevo motivo. Mi ero alzato alle 5 del mattino per essere alle 10 a Segrate per sentire quelle scemenze. Ma lui pensa che sia in polemica con la sua tesi. Chiede: “Chi non è d’accordo? Lei Benedetto?”
Rispondo: “Ha ragione per Scalfari ma fossi in lei non sottovaluterei Caracciolo che anche lui qualcosa ha fatto in questi anni”.
Mi guarda colpito: “Certo certo ma Scalfari è più grande di tutti”.
Un simile errore Carlo De Benedetti non lo ha mai commesso. Ha tenuto sempre Caracciolo nel massimo rispetto, una specie di santo laico della sinistra, fino alla di lui morte.
E fu proprio Caracciolo, come vedremo, decisivo nella sconfitta di Berlusconi al termine della guerra di Segrate.
Berlusconi aveva, come si dice, una marcia in più: del genere che tu decidi di andare al bar e quando ci arrivi scopri che lui ti ha anticipato e lo trovi già lì. Scrivo questo per enfatizzare la capacità di Berlusconi di anticipare le mosse di amici e nemici, senza lasciare nemmeno il più piccolo spicchio di territorio scoperto.
A testimonianza ricordo una mia visita a un fondo di investimenti a Boston a fine anni ’90, nel periodo d’oro in Borsa di giornali e internet. Visitavo periodicamente gli investitori in tutto il mondo per illustrare quanto noi del Gruppo Espresso fossimo belli e bravi.
A un certo momento il mio interlocutore di Boston ricordò: “Un po’ di tempo fa sono venuti per conto di Berlusconi a comprare il nostro pacchetto di azioni Espresso. Noi non abbiamo venduto e abbiamo fatto bene”.
Rimasi colpito. La visita era avvenuta nel periodo acuto della guerra di Segrate (si veda più sotto) e Berlusconi rastrellava più azioni Espresso che poteva per bilanciare il più possibile il pacchetto dei vecchi soci. Quel fondo era piccolo e le azioni Espresso in suo possesso marginali ma niente era marginale per Berlusconi, nulla doveva restare intentato.
Questo è sempre stato uno dei suoi maggiori punti di forza.
È caduto quando si è creduto invincibile e sopra di ogni limite umano (fanfalucava di immortalità, dormiva tre ore per notte (salvo addormentarsi davanti all’interlocutore), si inventava la favola della nipote di Mubarak, si comportava come un valligiano in vacanza all’estero quando faceva le corna nelle foto di gruppo.
Che vergogna per un italiano vedersi rappresentato al G20 da un energumeno che, sempre al momento clou, la foto di gruppo, scatenò una tale confusione che provocò l’irritazione della regina Elisabetta al punto che quella strillò: “Ma chi è quello la (Who is that man)”.
Per non dire della amicizia con Putin. Ho qualche idea su cosa la motivasse. Preferisco non riferirne per prudenza.
E ancora faceva i bunga bunga sfidando le regole del decoro imposte a ogni governante in tutto il mondo, al punto che di recente a Londra hanno messo in scena un musical col bunga bunga come pezzo forte.  
Anche su Alexander Hamilton hanno fatto un musical. In esso però il braccio destro di Washington appare come il gigante che è nella storia americana, morto in duello per onore.
Anche se non furono momenti brillanti di politica internazionale,  in fondo queste forme di insensato esibizionismo si possono anche capire. Pensate, uno che siede su un patrimnio di alcuni miliardi di euro, domina la politica del suo Paese, in mezzo a una mandria di politicanti e burocrati spesso anche incapaci. Dareste di matto.
Berlusconi è caduto per il bunga bunga e le serate eleganti con donne di facili costumi. Lo hanno messo in ginocchio i pm di Milano.
I suoi nemici comunisti, il cui spauracchio gli servì per motivare il suo ingresso in politica e gli portò milioni di voti, non gli fecero poi tanto male. Anzi furono perfino troppo indulgenti. Non con le parole, certo, ma nei fatti. E il modo ancor m’offende. 
Le mutazioni del Pci con D’Alema e Veltroni, Bersani (quello della diretta con i grillini, zimbello dei taxisti e degli ordini dei callisti e dei giornalisti), Napolitano (santificato da Repubblica ma sul cui operato, specie proprio a fronte di Berlusconi, avrei qualche riserva) lo lasciarono sopravvivere quando avrebbero potuto finirlo, rinunciarono ad elezioni anticipate che avrebbero portato la sinistra in trionfo al Governo, gli diedero nuova vita quando potevano terminarlo, gli permisero di scegliersi il successore, furono sue alleate nella guerra contro i giornali.
Voglio pensare che si sia trattato solo di incapacità. 
Come uomo e come imprenditore Berlusconi è stato meglio e peggio dei suoi rivali. Come altri, che non nomino per evitare querele, fu bugiardo, fedifrago, doppiogiochista, fabbricante di nero e distributore di mazzette. 
Solo che Berlusconi fu più bravo dei rivali, nel senso che fu più spregiudicato e irrispettoso della legalità di loro. Un po’ come i cinesi, per i quali i vincoli esistono per essere aggirati e violati.
Fu soprattutto un grandissimo venditore.
C’è una scena nel film “Loro 2” di Paolo Sorrentino che esprime meglio di qualsiasi altro tentativo l’essenza di Berlusconi: un supremo venditore. In quella scena, inventata forse ma tanto verosimile, Berlusconi riacquista fiducia in se stesso riuscendo a vendere con una sola telefonata a una signora scelta a caso sull’elenco telefonico un appartamento in un complesso edilizio che non esiste.
Così fu col milione di posti di lavoro che promise di creare, con la prospettiva che anche gli italiani meno abbienti avrebbero avuto la stessa sanità degli svizzeri, col mitico “contratto con gli italiani” firmato in diretta tv davanti a un dubbioso e divertito Bruno Vespa.
Come politico, invece, ha mancato la missione (anche se qualche promessa l’ha mantenuta, ma non rileva a fronte del fallimento complessivo) lasciando l’Italia come prima e peggio di prima.
Ma lui non faceva politica, voleva solo proteggere le sue tv dai “comunisti”. Da qui il partito azienda. Da qui la sua folle invenzione del tfr espropriato e affidato ai sindacati per tenerli buoni.
Con tutto il suo anticomunismo ha presieduto alla trasformazione dell’Italia in un modello di socialismo che ci vede fermi da 20 anni.
A lui importava che i comunisti, gente in prevalenza per bene anche se capace di nefandezze in nome della obbedienza al Partito, gli reggessero il sacco nella feroce guerra ai nemici delle sue tv (la complicità era favorita dal fatto che la Rai, dove la sinistra imperava, fonte di impiego per redattori programmisti e autori, nonché di appalti, non poteva non essere coinvolta in una riduzione degli affollamenti pubblicitari). E questo dava parecchio fastidio.
Per il seguito leggere qui
Berlusconi e gli spot, il Pci di D’Alema lo aiutò contro i giornali, Scalfari e Caracciolo alla guerra di Segrate
e qui
Come Berlusconi costrinse Cuccia a salvarlo: persa Repubblica, a fondo con Standa, la politica lo tolse dai guai
0 notes
bagnabraghe · 2 years ago
Text
Sono due i lavori principali cui attende Pettazzoni nei primi anni Quaranta
Anni Trenta: Raffaele Pettazzoni con la madre nell’appartamento romano di via Crescenzio, 63. Fonte: http://www.raffaelepettazzoni.it Nel 1939, poco prima della rottura definitiva, De Martino sembra scegliere Macchioro, poiché, secondo le testimonianze raccolte, compone con il suocero un romanzo “spiritico”, “Il gioco di Satana”. In realtà, questa apparente consacrazione del maestro si converte…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
adrianomaini · 2 years ago
Text
Sono due i lavori principali cui attende Pettazzoni nei primi anni Quaranta
Anni Trenta: Raffaele Pettazzoni con la madre nell’appartamento romano di via Crescenzio, 63. Fonte: http://www.raffaelepettazzoni.it Nel 1939, poco prima della rottura definitiva, De Martino sembra scegliere Macchioro, poiché, secondo le testimonianze raccolte, compone con il suocero un romanzo “spiritico”, “Il gioco di Satana”. In realtà, questa apparente consacrazione del maestro si converte…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
umbriasud · 2 years ago
Text
In un romanzo tutto quel che si sa e si racconta per conoscere Valentino
Leggende, racconti, testimonianze storiche non sempre verificabili con certezza. Il sacro, il profano, il sociale, la filosofia, la religione. Quanto è complessa e misteriosa di figura di Santo Valentino? Patrono di Terni, la città “più odiatrice d’Italia” secondo certe classifiche oggi tanto di moda, eppure  patrono dell’Amore. Patrono senza spazio nella cattedrale della sua città. Resta…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
pier-carlo-universe · 4 months ago
Text
Era una Geniale Canaglia di Luigi Manglaviti: Un Thriller Psicologico che Sfida la Verità. Recensione di Alessandria today
Luigi Manglaviti ci porta in un intricato labirinto di verità e menzogne, tra sociologia, jazz e delitti in un racconto corale sorprendente.
Luigi Manglaviti ci porta in un intricato labirinto di verità e menzogne, tra sociologia, jazz e delitti in un racconto corale sorprendente. Recensione del RomanzoIn Era una Geniale Canaglia, Luigi Manglaviti propone un’opera densa e sfaccettata che va oltre il semplice thriller. Il protagonista, un architetto e jazzista di fama, diventa al centro di una narrazione caleidoscopica fatta di…
1 note · View note
autolesionistra · 4 years ago
Link
Parleremo quindi delle Avventure di Cipollino. O meglio, ne parlerà un amico che mi ha mandato un po’ di link gustosi sul tema, in particolare sul fatto che
Il romanzo di Cipollino ebbe un successo notevole in Russia e in molti paesi dell'area comunista e dell’Est europeo
la popolarità in quelle zone potrebbe forse essere dovuta alla trama:
Il romanzo è ambientato in una città abitata da vegetali o di frutti antropomorfi dove regole insensate opprimono la popolazione che, guidata da Cipollino, si ribella alle ingiustizie subite da parte di Principe Limone e dell'aristocrazia locale.
Da noi ebbe un successo moderato rispetto ad altre opere Rodariane. Nel dettaglio la mia esperienza col libro fu mesta, lo trovai infilato in uno scaffale dell’infermeria della colonia in cui fui spedito nell’estate fra la quarta e la quinta elementare, e lo usai per tentare un disperato autoisolamento mentre il mio unico compagno di stanza si stava guardando un film horror in tv (true story, ma sorvoliamo).
Tornando al travolgente successo in Unione Sovietica, una delle testimonianze è il pregevole lungometraggio omonimo ivi prodotto del 1961, purtroppo approdato in Italia solo nel 1997 in VHS. Ora grazie alla magia delle interwebs è più facilmente fruibile: https://www.youtube.com/watch?v=o6xQDChpUR0 (ma in russo).
Per un cineforum culturalmente destabilizzante, l’amico consigliava di associarlo a questa pregiata produzione di Pinocchio: https://www.youtube.com/watch?v=CmVqeCmhtKY. Successiva alla precedente (1976), è in realtà l’adattamento di “The Golden Key, or the Adventures of Buratino” di Aleksey Nikolayevich Tolstoy (no, non è quel Tolstoy) che era a sua volta l’adattamento del libro di Collodi. (stavo per questionare l’opportunità artistica di riscrivere un’opera altrui quando ho pensato che tutto sommato un delitto e castigo ambientato in brianza avrebbe un suo fascino)
Tornando alle mie esperienze in colonia, temo che entrambi gli adattamenti cinematografici mi sarebbero stati più traumatici del film horror che si stava vedendo il mio coinquilino.
Chiudiamo quindi con locandina pregevole e impattante come solo dall’ex USSR:
Tumblr media
12 notes · View notes
fondazioneterradotranto · 4 years ago
Photo
Tumblr media
Nuovo post su https://is.gd/ce8lDz
Nell’epopea degli “ppoppiti”, la ricerca dell’identità salentina,
Giorgio Cretì
  Poppiti (Il Rosone, 1996) è un romanzo moderno che ha sapore d’antico.
Ne è autore Giorgio Cretì (1933-2003), scrittore salentino, nato a Ortelle, in provincia di Lecce, ma trasferitosi presto a Pavia. Autore di vari racconti pubblicati su “Il Rosone”, la rivista dei pugliesi di Milano, e su altri periodici, Cretì, membro dell’Associazione Stampa Agroalimentare, ha dedicato i propri interessi di studio prevalentemente al settore della gastronomia e della cucina, dando alle stampe pregevoli testi come: Erbe e malerbe in cucina (Sipiel, 1987), il Glossario dei termini gastronomici, compresi i vocaboli dialettali, stranieri e gergali, annesso al volume I grandi menu della tradizione gastronomica italiana (Idea Libri, 1998), Il Peperoncino (Idea Libri, 1999), La Cucina del Sud (Capone Editore, 2000), A tavola con don Camillo e Peppone (Idea Libri, 2000), La Cucina del Salento (Capone, 2002), ed altri.
Il romanzo narra una storia d’amore che si volge nella campagna salentina, a Masseria Capriglia, fra Santa Cesarea Terme e Vignacastrisi, dove vivono i protagonisti del racconto, Poppiti appunto (o, nelle varianti Ppoppiti, con rafforzamento della lettera iniziale, o ancora Ppoppeti).
Varie le etimologie di questo termine gergale, ma la più accreditata è quella che lo fa risalire al latino post oppidum, ossia “fuori dalle mura del borgo”, ad indicare nell’antica Roma coloro che abitavano fuori dalle mura fortificate della città, dunque i contadini.
Questo termine è passato ad indicare la gente del Salento e in particolare dell’area più meridionale, ovvero di un territorio caratterizzato fino a cinquant’anni da un paesaggio prevalentemente agricolo e dominato dalla civiltà contadina.
ph Giorgio Cretì
  La storia si svolge all’inizio del secolo Novecento e gli umili contadini del racconto sono Ia e Pasquale, il quale è chiamato alla guerra di Libia del 1911 ed è così costretto a lasciare soli la moglie ed il bimbo appena nato. L’assenza di Pasquale si protrae a lungo perché in guerra egli viene fatto prigioniero. Quando ritorna nel Salento, con grandi progetti per la sua famiglia, Pasquale non trova però la situazione ideale che aveva immaginato ma anzi incombe sulla Masseria Capriglia una grave tragedia.
Del romanzo è stato tratto un adattamento teatrale dalla compagnia “Ora in scena”, per i testi della scrittrice Raffaella Verdesca e la regia dello studioso Paolo Rausa. La rappresentazione teatrale è stata portata in vari teatri e contesti culturali a partire dal 2013 con un discreto apprezzamento di critica e di pubblico. In particolare, fra il maggio ed il giugno del 2014, ad Ortelle, città natale dello scrittore, nell’ambito della manifestazione “Omaggio a Giorgio Cretì”, venne allestita in Piazza San Giorgio, la mostra di pittura Ortelle. Paesaggi Personaggi … con gli occhi (e il cuore) di Carlo Casciaro e Antonio Chiarello, presso Palazzo Rizzelli. Ortelle commemorava così un suo figlio illustre, con una serie di incontri e conferenze e con la messa in scena dello spettacolo teatrale, a cura di Raffaella Verdesca e Paolo Rausa. Le parole del romanzo di un cultore di storia patria si intrecciavano ai colori e alle immagini di due artisti del pennello, anch’essi ortellesi. La mostra pittorica di Casciaro e Chiarello ha portato alla pubblicazione di un catalogo dallo stesso titolo della mostra, con doppia speculare copertina, realizzato con il patrocinio del Comune di Ortelle, dell’Università del Salento, del CUIS e della Fondazione Terra D’Otranto.
Sulla copertina, in una banda marrone nella parte superiore, si trova scritto: “Per un antico (pòppitu) eroe. Omaggio a Giorgio Cretì”. Nella parte centrale, la foto di un bellissimo antico portale del centro storico di Ortelle. All’interno del volumetto, Casciaro e Chiarello si dividono equamente gli spazi: da un lato le opere dell’uno e dal lato opposto quelle dell’altro, realizzando una sorta di residenza artistica o casa dell’arte su carta. Il catalogo è introdotto da una bellissima poesia di Agostino Casciaro, dedicata proprio ad Ortelle e da una Presentazione della critica d’arte Marina Pizzarelli.
uno dei dipinti di Carlo Casciaro
Quindi troviamo i volti di Carlo Casciaro, fra i quali il primo è proprio quello dello Pòppitu Cretì, in un acrilico su tela del 2014; poi quello di Agostino Casciaro, tecnica mista 2014, e quello del pittore Giuseppe Casciaro (1861-1941), ch’è forse la maggior gloria ortellese, pittore di scuola napoletana, del quale Carlo è pronipote. Inoltre, l’opera Ortelle, acrilico su tela 2012, con una citazione di Franco Arminio; Capriglia, acrilico su tela 2014, con una citazione dal romanzo di Cretì; Largo Casciaro, acrilico su tela 2013, e infine una scheda biografica di Carlo Casciaro. Di Carlo ho già avuto modo di scrivere che dalla fotografia alla pittura, egli comunica attraverso la sua arte totale. (Paolo Vincenti, L’arte di Carlo Casciaro in “Il Galatino”, 14 giugno 2013).
Laureato all’Accademia di Belle Arti di Lecce, ha vissuto a lungo a Milano prima di ritornare nel borgo avito e qui ripiantare radici. L’oggetto privilegiato della sua pittura è il paesaggio salentino. Il suo è un naturalismo che richiama quello dei più grandi maestri, come Vincenzo Ciardo. È un paesaggismo delicato, fuori dal convenzionale, dal naif. Nelle sue tele, dai vivaci colori, in cui vengono quasi sezionati i reticolati urbani dei nostri paesini, più spesso le aree della socialità come le piazze, gli slarghi, le corti, si ammirano animali quali pecore, buoi, galline, gazze, convivere in perfetta armonia con oggetti e persone, in un’epoca ormai lontana, fatta di ristrettezze e di fatica, quella della civiltà contadina del passato. Il segno colore di Casciaro dà ai suoi paesaggi un’immagine di gioia temperata, di una serenità appena percepita, cioè non un idillio a tutto tondo, tanto che il cielo incombente sulle scene di vita quotidiana sembra minaccioso e il sole non si mostra quasi mai.
Nel microcosmo di una piccola e fresca cantina nella quale ha ricavato il suo studio, oggi Carlo fotografa vecchi e vecchine, parenti, amici, personaggi schietti e spontanei di quella galleria di tipi umani che offre la sua comunità, li immortala nei suoi ritratti a matita e pastello e li appende con le mollette a dei fili stesi nella cantina a suggellare arte e vita, sogno e contingenza. Una delle sue ultime realizzazioni infatti è Volti della Puteca Disegni-Foto-Eventi, Minervino Ortelle Lecce 2016 (Zages Poggiardo, 2017).
Mutando verso del catalogo, si ripetono la poesia di Agostino Casciaro e la Presentazione di Pizzarelli, e poi troviamo le opere di Antonio Chiarello. Fra i versi di Antonio Verri e Vittorio Bodini, sette acquerelli con una piantina turistica di Ortelle, cartoline e vedute panoramiche della città di San Vito e di Santa Marina e una Vecchia porta + vetrofania, L’uscio dell’orto (…e lucean le stelle), tecnica mista del 2011. Quindi, la scheda biografica di Antonio Chiarello. Anche di Antonio, fra le altre cose, ebbi a scrivere che egli, laureato all’Accademia di Belle Arti di Lecce, utilizza, per le sue Pittoriche visioni del Salento, le tecniche più svariate con una certa predilezione per l’acquerello. (Paolo Vincenti, Da Sant’Antonio ad Antonio Chiarello in “Il Paese Nuovo”, 18 giugno 2011).
Nel 2005 Chiarello ha realizzato per la prima volta la mostra devozionale “San’Antonio giglio giocondo…”, con “tredici carte devozionali” dedicate al suo santo onomastico ed ha portato questo progetto- ex voto in giro per la provincia di Lecce in tutti i paesi dove vi sia il protettorato o almeno una devozione per il santo. Visceralmente legato alla patria salentina, Chiarello ne ha dipinto le grotte, i millenari monumenti, gli alberi, i suoi borghi incantati, le bellezze di Castro e di Porto Badisco, di Santa Cesarea e di Otranto, di Muro Leccese, di Poggiardo e di tutta la costa adriatica leucadense.
Autore anche di svariate realizzazioni grafiche e di manifesti, nella sua avventura umana ed artistica, ha interagito con amici quali Antonio Verri, Pasquale Pitardi, Donato Valli, Antonio Errico, Fernando Bevilacqua, Rina Durante. All’epopea degli ppoppiti, Chiarello e Casciaro confessano di sentirsi intimamente vicini per cultura, formazione e scelta sentimentale.
Ecco allora, nell’ideale ricerca di un’identità salentina, la pittura dei due artisti poppiti salentini intrecciarsi, in fertile connubio, con la scrittura di uno poppitu di ritorno quale Giorgio Cretì.
Nell’epopea degli “ppoppiti”, la ricerca dell’identità salentina, in Identità Salentina 2020, Salento Quale identità quale futuro? Contributi e testimonianze per la cultura e il governo del territorio, Italia Nostra sezione Sud Salento, a cura di Marcello Seclì, Collepasso, Tip. Aluisi, 2021
Su Giorgio Cretì vedi:
Giorgio Cretì – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)
L’omaggio di Ortelle a Giorgio Cretì con la presentazione del volume antologico delle opere – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)
 Giorgio Cretì come uno sciamano – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)
Storia di guerra e passione nel Salento rurale – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)
1 note · View note
paoloxl · 5 years ago
Text
 L’Agnese va a morire di Renata Viganò, l’unico romanzo della Resistenza scritto da una donna, l’Agnese del titolo diventa partigiana quasi senza rendersene conto. Dopo la firma dell’Armistizio l’8 settembre 1943, i tedeschi irrompono in casa della lavandaia Agnese per catturare il marito Palita, un militante comunista quasi del tutto infermo. Un giorno dei compagni la vanno a trovare per chiederle di trasportare la “roba da scoppiare” nei cesti del bucato: l’Agnese diventa una staffetta, trasporta le armi e fa le calze per i partigiani. Ma non si limita a questo. Una sera, presa da un impeto di rabbia contro il soldato che uccide la sua gatta per divertimento, fa “quella cosa”: mentre dorme, ruba il suo mitra e glielo scaglia in testa, uccidendolo. Da quel momento, l’Agnese entra a far parte a tutti gli effetti di una brigata, dandosi alla macchia e partecipando alle azioni.
Quella de L’Agnese va a morire e della sua autrice Renata Viganò, che prese parte alla Liberazione come staffetta e infermiera, è la storia di tantissime donne non politicizzate che, toccate in prima persona dagli eventi che seguirono l’Armistizio, decisero di compiere questa scelta estremamente difficile e radicale. Tuttavia, il sacrificio di queste donne è rimasto per lungo tempo ai margini della corposa storiografia dedicata alla Resistenza, che spesso si è concentrata solo sull’eroica e archetipica figura del partigiano giovane e maschio. Viganò ci racconta invece di una donna matura, goffa, molto pragmatica, lontana da ogni romanticismo ideologico, e lo fa nel 1949, pochissimi anni dopo la Liberazione. Eppure, nonostante la nostra memoria letteraria disponga di questo incredibile personaggio che va oltre ogni aspettativa, se parliamo di Resistenza pensiamo subito al partigiano Johnny o a Pin de Il sentiero dei nidi di ragno, e non a un’Agnese.
Le partigiane erano e sono considerate come delle aiutanti degli uomini, principalmente perché il loro lavoro nella Resistenza, come racconta bene il romanzo, fu soprattutto quello che la teoria femminista chiama lavoro riproduttivo e di cura: cucinare, lavare, curare le ferite, dispensare affetto e compagnia, organizzare la parte “burocratica” delle missioni. Questo contributo è considerato minore rispetto a quello di chi invece imbracciava il fucile. Tuttavia, si tratta di un duplice pregiudizio: da un lato, si ignora completamente che molte di queste donne a un certo punto presero effettivamente parte ad attentati e agguati; dall’altro si considera il lavoro riproduttivo come qualcosa di accessorio e non di essenziale come invece è avere vestiti puliti e rammendati, mangiare bene, dormire, trasportare di nascosto armi e munizioni e riceve cure mediche in una situazione di clandestinità. Le donne erano l’unico ponte tra la macchia e la vita civile, anche grazie al ruolo che ricoprivano nella società di allora: insospettabili, considerate incapaci di commettere violenza e deputate alla cura della casa. Questo significava poter eludere facilmente i controlli e disporre della tessera annonaria, una fonte di cibo imprescindibile in tempo di guerra.
Renata ViganòCome scrive Pino Casamassima in Bandite! Brigantesse e partigiane – Il ruolo delle donne col fucile in spalla, “Sebbene la guerra sottoponga il concetto di politica a tensioni fortissime, pochi fra i protagonisti sembrano capaci di vedere nelle pratiche delle donne qualcosa di diverso dal prolungamento dei ruoli di assistenza e di cura, espansi al di fuori del privato in deroga alla ‘naturale’ divisione degli spazi”. C’era quindi anche un problema interno alla Resistenza e connesso al maschilismo della società italiana di allora, non estraneo ai partiti di sinistra. Comunisti e socialisti non volevano estendere il suffragio alle donne per paura che, per natura, avrebbero votato quello che diceva loro il prete: non ci deve quindi stupire se, nella maggior parte dei casi, vennero escluse da qualsiasi processo decisionale all’interno delle brigate e degli organismi di autogoverno.
Le donne diventarono così le maggiori esponenti di quella che lo storico francese Jacques Sémelin ha chiamato “Resistenza civile”, cioè tutte quelle pratiche di lotta messe in atto dai civili che non prevedevano l’uso della violenza, ma del coraggio, dell’astuzia e della capacità di influenzare gli altri. Una “guerra senz’armi”, come l’hanno chiamata Anna Bravo e Anna Maria Bruzzone in un saggio sulla storia della Resistenza femminile in Piemonte. Questo non fu il destino di tutte le partigiane, ovviamente. L’Anpi riconosce 35mila “partigiane combattenti” (a fronte di 150mila uomini), che hanno ottenuto il ruolo di tenenti, sottotenenti o al massimo maggiori, e 20mila “patriote”, con compiti di supporto, assistenza e organizzazione. Le donne decorate con la Medaglia d’oro al valor militare sono 19, di cui 15 alla memoria e 4 in vita; gli uomini con questa onorificenza sono 572. Ma secondo la storica Simona Lunadei, questo si spiegherebbe anche col fatto che molte donne si rifiutarono di chiedere un riconoscimento a guerra terminata: molte, come il personaggio di Renata Viganò, sentivano solo di aver fatto quello che andava fatto.
Oltre a quelle che si trovarono a combattere per caso”, per senso del dovere o per seguire mariti, fidanzati e talvolta figli, ci furono anche donne già impegnate in politica o nelle associazioni comuniste e cattoliche che pretesero un ruolo più attivo all’interno dei nuclei partigiani. Da queste esperienze nacquero i Gruppi di difesa della donna (Gdd), un’associazione comunista e femminista fondata da Lina Fibbi, Pina Palumbo e Ada Gobetti, che partecipò a molte azioni di sabotaggio e lotta armata, e l’Unione donne italiane di sinistra (Udi). Anche molte donne cattoliche parteciparono alla Resistenza, mettendo a frutto le esperienze maturate nella Gioventù femminile di Azione Cattolica (come ad esempio la futura ministra della Sanità Tina Anselmi). Se questi gruppi nacquero con l’esplicito obiettivo di aiutare gli uomini impegnati nella Liberazione, già dal 1944 si organizzarono in maniera più autonoma e, oltre a partecipare attivamente alle azioni, fornirono supporto alle vedove, alle contadine o alle madri lavoratrici. Nel 1944 l’Udi fondò anche il proprio giornale clandestino, Noi donne, in cui si discuteva di politica e del ruolo della donna, si commemoravano le cadute e si riportavano le notizie sulle lotte femminili. I Gdd organizzarono anche numerosi scioperi e manifestazioni, su esempio della “rivolta del pane” del 16 ottobre 1941, quando un gruppo di donne parmensi assaltò un furgone della Barilla per ridistribuire il pane alla popolazione.
Di alcune figure straordinarie si ricordano ancora gli atti coraggiosi: Mimma Bandiera, la partigiana bolognese che, una volta catturata, resistette per sette giorni alle torture senza mai tradire i propri compagni. O Carla Capponi, dei Gruppi di azione patriottica (Gap) romani, che prese parte all’attentato di via Rasella. Quest’ultima ci ha lasciato un’autobiografia molto importante per capire il ruolo delle donne nella Resistenza, Con cuore di donna. Capponi racconta la difficoltà nello stabilire un rapporto paritario con i compagni del Gap, la loro riluttanza a consegnarle un’arma (che infatti dovrà rubare a un soldato fascista su un autobus affollato), ma anche il vantaggio di essere una bella ragazza in grado di distrarre fascisti e tedeschi, unito alla costante minaccia della violenza sessuale.
Mimma BandieraChe fossero staffette o dinamitarde, lavandaie o tiratrici scelte, senza le donne non si sarebbe compiuta la Liberazione. “Non consideratemi diversamente da un soldato che va su un campo di battaglia”, dice una delle tante testimonianze che compongono La donna nella Resistenza, documentario del 1965 di Liliana Cavani. Il loro contributo, al pari delle altre “Resistenze dimenticate”, come quella degli Internati militari italiani o quella creola e jugoslava, non può e non deve essere archiviato come qualcosa di marginale. In un momento in cui la memoria della Liberazione è sempre più osteggiata, in cui il 25 aprile viene considerata una festa “divisiva”, non possiamo permetterci il lusso di una memoria parziale.
Da Jennifer su The Vision
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
1 note · View note
atomheartmagazine · 1 year ago
Text
Nuovo post su Atom Heart Magazine
Nuovo post pubblicato su https://www.atomheartmagazine.com/mostro-di-firenze-netflix-stefano-sollima/
Il Mostro di Firenze su Netflix, con la regia di Stefano Sollima
Stefano Sollima dirigerà una nuova serie TV dedicata al misterioso caso del Mostro di Firenze. La miniserie Netflix esplorerà i delitti che hanno terrorizzato la campagna toscana per oltre un decennio.
Dopo essere stato in concorso alla Mostra Del Cinema Di Venezia con il suo film “Adagio“, Stefano Sollima, la mano dietro le serie italiane di culto come Romanzo Criminale e Gomorra, nonché dei successi “Soldato” e “Sicario“, ritorna alle origini televisive. Questa volta, si immerge nell’oscurità del mistero italiano, dirigendo una nuova miniserie televisiva. “The Monster” (in italiano, “Il Mostro“) sarà una miniserie di quattro episodi dedicata al noto caso de “Il Mostro di Firenze“, uno dei crimini più enigmatici della storia italiana.
Il Mostro di Firenze: la storia degli omicidi irrisolti
La trama si snoda attorno ai delitti che si sono verificati tra la fine degli anni ’60 e la metà degli anni ’80. Periodo in cui coppie intrappolate nei loro veicoli nelle campagne circostanti Firenze furono vittime di una serie di efferati omicidi. Nonostante gli sforzi investigativi, i colpevoli sono rimasti sconosciuti fino ai giorni nostri. La Procura di Firenze, nel 1999, riuscì a ottenere una sentenza definitiva nei confronti de i “compagni di merende” Mario Vanni e Giancarlo Lotti, riconosciuti come gli autori materiali di quattro omicidi doppi. Tuttavia, il caso rimase intricato a causa delle numerose vicende giudiziarie che coinvolsero Pietro Pacciani, inizialmente condannato in primo grado per gli omicidi commessi tra il 1974 e il 1985, ma successivamente assolto in appello. Pacciani morì prima di affrontare un nuovo processo di appello, dopo l’annullamento nel 1996 della sentenza di assoluzione da parte della Cassazione.
Questi crimini in totale furono 8 omicidi doppi e 17 anni di terrore, tutti compiuti con la stessa arma, una Beretta calibro 22. Questa è stata una delle indagini più lunghe e complesse nella storia del crimine italiano, affrontando il primo e il più brutale serial killer, Il Mostro di Firenze.
“The Monster” è una serie basata su eventi realmente accaduti, utilizzando testimonianze dirette, documenti giudiziari e ricerche giornalistiche come fonte. Il regista, Stefano Sollima, ha condiviso il suo entusiasmo riguardo al progetto, affermando che la storia è terrificante in quanto è vera. Sostiene che raccontare la verità è l’unico modo per rendere giustizia alle vittime. In una narrazione in cui i possibili mostri sono stati molti nel corso delle indagini, la serie esplora diverse prospettive, mettendo in luce i possibili colpevoli. Alla fine, il mostro potrebbe essere chiunque.
Il Mostro di Firenze e la trasformazione dell’Italia
Stefano Sollima ha trascorso circa un anno a immergersi nelle sfumature di questo caso, considerandolo una storia incredibilmente potente, sebbene complessa e delicata, vista la tragedia nazionale e il numero di vittime coinvolte. Il caso rimane irrisolto, nonostante numerosi tentativi investigativi. Ad oggi, non esiste un colpevole unico per tutti i 16 omicidi, solo mezze verità e tante incertezze. Ma ciò che ha maggiormente interessato il regista è il potenziale per raccontare la transizione dell’Italia. In quell’epoca, infatti, si passò da una cultura prevalentemente rurale all’esplosione culturale e sessuale degli anni ’60. La sessualità divenne un mezzo di espressione. La collisione tra queste due culture, antica e moderna, è uno degli aspetti che lo ha maggiormente affascinato.
Produzione e cast
La serie è stata co-scritta da Stefano Sollima insieme a Leonardo Fasoli. È prodotta per Netflix da Lorenzo Mieli per The Apartment e Sollima per AlterEgo. Le riprese della miniserie, annunciate dalla stessa piattaforma, inizieranno proprio a ottobre, ma il cast non è stato ancora rivelato. Con l’interesse crescente per i drammi criminali, “The Monster” promette di essere una produzione da tenere d’occhio, unendo il talento di Stefano Sollima con il mistero del “Mostro di Firenze“.
0 notes
hotelroma1-blog · 5 years ago
Text
La città eterna e I suoi b&b
Queste sono le poche cose che potrai visitare a Roma, però bisogna sapere anche che se il tuo bed and breakfast Roma , non si trova simile al centro storico, ci sono i mezzi pubblici che funzionano benissimo e vengono usati con regolarità ogni giorno sia dai cittadini che abitano lì che dai turisti. Perciò muoversi a Roma, sarà sicuramente facile. La metropolitana di Roma è costituita da tre linee che sono identificate con lettere e colori diversi, per una lunghezza totale di 59, 4 km e 73 stazioni, 60 delle quali sotterranee. Il primo tronco metropolitano è stato inaugurato il 9 febbraio 1955 ed oggi fa parte della linea B-B1, identificata dal colore blu. Il 16 febbraio 1980 è stata inaugurata rasgo, ovvero la linea C è stata aperta il 9 novembre 2014 ed è caratterizzata dal colore verde. Esistono inoltre il progetto di realizzazione di una Linea D e progetti di prolungamento delle linee A e B-B1, nonché progetti di trasformazione delle ferrovie concesse Roma-Lido e Roma-Civita Castellana-Viterbo rispettivamente in Linea E e Linea F. La rete autobus di Roma è il servizio di trasporto pubblico locale composto da 348 linee autobus. Ciò che non sapevi è che nel passato, un primo servizio di trasporto pubblico nacque tra gli anni ’40 e gli anni ’50 dell’800 con l’istituzione di alcune linee indipendenti dall’autorità papale, servite principalmente da carrozze e omnibus, gestite da piccole imprese familiari (che normalmente non possedevano più di due o tre veicoli). Queste linee servivano il centro storico e le principali piazze romane, tuttavia non avevano orari fissi e si attivavano solo quando veniva raggiunto un congruo numero di passeggeri.
Una mattina presso il bed e breakfast Roma
Inoltre per
muoversi a Roma
potrai usare anche il Taxi, perché avvolte è molto più facile come ad esempio andare dall’aeroporto fino al tuo b&b. Il centro storico di Roma, racchiuso all’interno delle e delle mura gianicolensi, è stato riconosciuto, nel 1980, patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Esso è, cioè la somma della superficie dei 22 rioni che lo compongono, e conta ad oggi 186. 802 abitanti. Nell’intera città storica si riconosce il valore di oltre 25.000 punti di interesse ambientale e archeologico censiti dalla Carta della Qualità: in virtù di ciò Roma risulta la città con più monumenti al mondo. Quello che non sapevi è che la scrittrice Elsa Morante ha ambientato nella città eterna il suo romanzo La storia. Fra le macerie del quartiere di San Lorenzo, devastato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, lungo le borgate periferiche affollate di nuovi poveri, fra miserie antiche e recenti si muove un piccolo universo di persone che delineano in maniera poetica con i loro affanni il preciso momento storico attraversato dalla città. Quindi il centro storico di Roma è molto importante, grazie alle sue bellezze e la storia piena di ricordi. Per compiere la prima delle passeggiate al centro storico, ti suggerisco che dal tuo b&b prendere la linea A della metropolitana e di scendere alla fermata Flaminio. Uscendo dalla metro vedrà la Piazza del Popolo, una delle più grandi e suggestive di Roma, dove potrai entrare nella chiesa subito a sinistra S. Maria del Popolo contenente dipinti del Caravaggio e del Pinturicchioo in una delle due chiese gemelle che troverai nella piazza, S. Maria in Montesanto e S. Maria dei Miracoli. Da queste due chiese importanti si possono vedere tre grandi strade che formano il cosiddetto tridente: prendete quella a sinistra, Via del Babuino, in modo da giungere in Piazza di Spagna. Da qui potrai scattare foto alla famosa scalinata e alla fontana della Barcaccia del Bernini e, poi, prendere Via dei Condotti e concederti una passeggiata tra le vetrine dei negozi più lussuosi della città.
La piazza di Santa Maria della Pace (poco conosciuta sia dai romani che dai turisti) è solamente uno spazio nella vastità di Roma, ma essa è anche uno dei più rari esempi di uno spazio urbano progettato ed eseguito da un architetto: si tratta di uno dei più grandi successi dell’architettura barocca in Roma; Facciata della Basilica di San Pietro: l’architetto Carlo Maderno si trovò vincolato a quanto già esisteva nelle fiancate michelangiolesche, la cui altezza doveva trovare corrispondenza anche nella facciata. Egli non poté nemmeno far sormontare l’ordine inferiore con un secondo ordine di altezza proporzionata, poiché avrebbe offuscato eccessivamente la cupola. Si limitò quindi ad impostare sopra l’ordine inferiore lo stesso attico cinquecentesco che gira tutt’intorno al tempio, come del resto intendeva fare nel suo piano lo stesso Michelangelo. Più che appoggiata al corpo della basilica, la Facciata si eleva autonomamente su fondamenta proprie iniziate ce 5 novembre 1607. Ce 10 febbraio 1608 fu posta la prima pietra e il 21 luglio 1612 parte dell’immensa mole era compiuta. Larga m 118. 6 e alta m 48 escluse votre statue, marcata da colonne e paraste giganti con capitelli corinzi, si divide in due ordini. Queste sono le poche cose che potrai visitare nella città eterna, perché tutti sanno che Roma è un museo all’aperto. Le persone che abitano lì dicono che non basta una vita per conoscere tutta la città. Però per essere sicuro che avrai tempo di fare più visite, dovrai prendere un bed and breakfast o Hotel a Roma vicino al centro storico. Però quando si pensa a Roma vengono subito in mente solo monumenti e palazzi storici, vie dello shopping e botteghe di artisti. La Capitale offre anche una cultura culinaria, con piatti tradizionali che vi faranno leccare i baffi! Tra i piatti conosciuto che potrai gustare dopo una giornata piena sono: rigatoni con la pajata: la pajata è l’intestino tenue del vitello da latte cotto in umido e con pomodoro per un tempo piuttosto lungo.
Il caput mundi dei b&b
Arrivato all’incrocio con Via del Corso gira a sinistra e prosegui dritto fino a Piazza del Parlamento dove vedrai, alla tua destra, il palazzo in stile barocco di Montecitorio, sede del Parlamento Italiano. Tornando su Via del Corso girate a destra e arrivi alla Galleria Colonna, dove puoi fermarti per una sosta compresa tra negozi, bar e ristoranti. Visitare la città eterna sicuramente sarà un’esperienza indimenticabile, però non solo essa con le sue bellezze, ma anche la qualità dei bed and breakfast che sono considerati compresa tra i migliori da tutte le città famose. Una giornata nella città eterna inizierà sempre presso il tuo bed and breakfast con la famosa colazione italiana. La tipica colazione all’Italiana è una delle poche nel mondo ad essere composta da alimenti dolci, in contrasto con la classica colazione continentale, caratterizzata invece da alimenti prevalentemente salati. Infatti, se in Italia la colazione tradizionale è composta da caffè e cappuccino, nel resto d’Europa si usa invece mangiare prosciutto, uova, pane, latte e una spremuta d’arancia. La colazione italiana è solitamente composta da vari alimenti: il latte, il caffè, la spremuta d’arancia e lo yogurt per quanto riguarda le bevande, mentre tra gli alimenti solidi ci sono i cereali, le fette biscottate, le merendine, il pane, i biscotti e la frutta fresca. Il latte viene solitamente abbinato al caffè dagli adulti, creando una sorta di caffelatte, mentre i bambini invece lo bevono aromatizzato al cacao o con del miele. Ora che abbiamo detto tutto questo, e il tempo che parti nell’avventura della tua vita nella la capitale dell’Italia. Però dovresti sapere che per visitare avrai bisogno di spostarti. Il programa usato dai turisti ma anche dai cittadini della città sono i mezzi pubblici.
La Roma dei bed and breakfast
Roma Caput Mundi, città eterna, culla della civiltà occidentale e capitale del Cristianesimo. Sono solo alcuni degli appellativi per descrivere questa magica città che si rivela agli occhi dei turisti, un concentrato di arte, storia, architettura e che da tre secoli continua a non possedere rivali tra le mete preferite del turismo internazionale. Roma chiamata anche la città eterna è un vero e proprio museo all’aperto dove, ovunque cuando guardi, è possibile ammirare le tracce di una storia e di una cultura millenaria. Per vederla bisogna prendere un b&b a Roma, di solito è consigliabile di sceglierne uno al centro storico per essere più vicino ai posti importanti, perché solo così avrà la possibilità di visitare tutto. Sicuramente hai sentito della celebre Fontana di Trevi. Esso che non sapevi è che essa ha anche un percorso sotterraneo che si estende sotto ce rione Trevi. Da qui fa parte anche l’area archeologica sotterranea del Vicus Caprarius la Città dell’Acqua: le strutture di una domus d’epoca imperiale, il castellum aquae dell’Acquedotto Vergine ed i suggestivi reperti (tra cui ce celebre volto di Alessandro helios) venuti alla luce nel corso dei lavori di ristrutturazione dell’ex Cinema Trevi. In un viaggio nel tempo passato sarà possibile toccare con mano la millenaria stratificazione di Roma ed osservare le testimonianze archeologiche, che hanno contraddistinto la storia della città, dalla realizzazione dell’Aqua Virgo all’incendio di Nerone, dal sacco di Alarico all’assedio dei Goti. Inoltre vicino a questa famosa fontana potrai trovare tanti b&b o hotel Roma, molto belli perché lì ci sono tanti palazzi antichi.
Tutte le strade hanno un
hotel Roma
Muoversi a Roma di solito si fa con la metropolitana che è composta da tre linee, identificate con lettere e colori diversi, per una lunghezza totale di 73 stazioni, 60 delle quali sotterranee; oppure con gli autobus: in totale 348 linee autobus. Alcuni scelgono il Taxi di più per l’aeroporto perché solo in questo modo non si rischia di perdersi sulle meravigliose strade antiche di questa città. Oppure potrai noleggiare un’auto, se chiedi presso il tuo hotel o bed and breakfast di Roma, sicuramente sapranno metterti in contatto con qualche azienda che noleggia le macchine. Ma c’è la possibilità di prendere anche le biciclette che a maggior parte dei b&b li offrono. Ora che sai come arrivarci sei pronto per visitare: il Colosseo: il più famoso e grande amfiteatro romano situato nel centro di Roma; la Basilica di San Pietro: il centro religioso della Città del Vaticano e anche la più grande delle quattro basiliche papali di Roma, il centro del cattolicesimo; Fontana di Trevi: è una tra le più grandi e note fontane di Roma; Il museo Capitolini: il principale museo civico di Roma; Piazza Barberini: al centro della piazza sorge la Fontana del Tritone celebre opera del Bernini; Piazza del Campidoglio: La trapezoidale Piazza del Campidoglio sul colle omonimo, delimitata sul fondo dal Palazzo Senatorio sede ufficiale del comune; Piazza della Rotonda: è il suggestivo spazio davanti al Pantheon; Piazza San Pietro: è una delle piazze più famose del mondo; Piazza Campo de Fiori: è una della piazze più note della città, anche per la presenzadal 1869 del celebre mercato, ma nel corso della storia è stata utilizzata per corse ed esecuzioni capitali. Lo spazio che occupa fu anticamente quello della platea del tempio di Venere Vincitrice, a ridosso del teatro di Pompeo e il nome de’ Fiori, deriverebbe proprio da una donna amata dal triumviro romano Flora appunto, o più semplicemente dal prato che nel XV secolo vi era cresciuto per lo stato di abbandono; Campanili e Cupola del Borromini: Nel 1653 il pontefice sollevò i Rainaldi dall’incarico dei lavori, già in avanzata fase di esecuzione, affidandoli a Francesco Borromini, il quale progettò l’eliminazione del vestibolo e la costruzione ai lati della facciata di due bassi campanili tali da non ostacolare la vista della cupola, sostenuta da un alto tamburo, culminante con una lanterna contornata da sedici colonne; Facciata di Santa Maria Della Pace: Vicino al lato occidentale di piazza Navona si trova una piazza in miniatura che è direttamente l’opposto di essa per quanto riguarda le sue dimensioni.
La digestione di un tale primo richiede parecchie ore, per questo è preferibile mangiarlo a pranzo, mail gusto è reale e caratteristico; bucatini alla Gricia: unici ingredienti per il condimento: guanciale di origine abruzzese e pecorino romano. Quando ad Amatrice decisero di aggiungere il pomodoro, nacque la più conosciuta pasta all’amatriciana; Trippa alla romana: un piatto non di facilissima digestione. La trippa è composta da diverse parti di stomaco bovino e nella ricetta romana viene cucinata al sugo con l’aggiunta di qualche foglia di menta; spaghetti cacia e pepe: potrebbe sembrare la pasta più facile del mondo da preparare, ma non è così: ottenere una buona mantecatura usando solo pecorino e pepe è davvero un’arte; maritozzo: Si tratta di un tipico dolcetto laziale di pasta cotta in forno, guarnito con panna montata fresca. I fidanzati usavano regalarlo alle loro promesse durante la quaresima; Saltimbocca alla romana: fettine di vitello ben battute, farcite con prosciutto cotto e salvia e tenute chiuse con uno stuzzicadenti. Da friggere rigorosamente nel burro; Coda alla vaccinara: Coda di vitello cotta nel sugo lentamente, in modo da renderla talmente morbida che la carne deve staccarsi dall’osso senza bisogno di utilizzare il coltello. Sicuramente il piatto meno turistico e più verace della cucina romana! Sicuramente vicino al tuo bed and breakfast troverai tanti ristoranti ottimi per provare tutti questi piatti romani deliziosi! Mi stavo dimenticando di dire che La Cattedrale di Roma’ è tra le più importanti (nome completo: Arcibasilica Papale del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista in Laterano) perché è la prima delle quattro basiliche papali maggiori e la più antica e importante basilica d’Occidente e anche la cattedrale della diocesi di Roma. Messa sul colle del Celio, la basilica e il vasto complesso circostante (comprendente il Palazzo Pontifico del Laterano, il Palazzo dei Canonici, il Pontifico Seminario Romano Maggiore e la Pontifica Università Lateranense). Quando sarai in vacanza a Roma, non avrai mai tempo da perdere perché questa città eterna nasconde tanti segreti, e sarai sempre curioso per scoprirla meglio. Sono sicura che dopo una visita, tornerai sempre a rivederla, come fanno a maggior parte delle persone, anzi alcuni se hanno possibilità si spostano lì per abitare! booking.best
Altre cose da vedere sono: I Musei Capitolini - ospitati nel palazzo dei Conservatori e nel Palazzo Nuovo, i Musei Capitolini costituiscono il più antico museo pubblico del mondo, grazie alla donazione del 1471 da parte di Sisto scelta di marmi antichi della collezione Albani, che il museo si ingrandì decisamente. Con Roma capitale evidentemente arrivò a occupare anche il palazzo dei Conservatori e a creare il Museo Nuovo (1925) e il Braccio Nuovo (1952). I musei sono costituiti da una collezione di marmi e bronzi classici, dalla pinacoteca e dal medagliere; Piazza del Popolo-Ultima grande sistemazione urbanistica dell’età papale, realizzata da Giuseppe Valadier all’inizio dell’800. L’obelisco centrale è quello di Ramses II, che Augusto pose nel Circo Massimo e che fu sistemato qui all’epoca di Sisto V da Domenico Fontana (1589), mentre le vasche e i leoni in stile egizio sono aggiunte di Valadier (1823). Prima della salita al Pincio è la splendida chiesa di Santa Maria del Popolo; Carcere mamertino uno dei monumenti più importanti della storia di Roma, dove l’agiografia cristiana vuole reclusi in epoca neroniana gli apostoli Pietro e Paolo. La sua apertura vuole restituire il naturale rapporto di corrente monumento con la Piazza del Foro Romano (Comizio) e l’area del Campidoglio. Intorno al VII periodo d. C. diviene affermazione di culto legato alle figure degli apostoli Pietro e Paolo. I dipinti di IX-XIV secolo rimessi in luce durante i restauri nel Carcere sono il primo documento storico-artistico da riferire alla Chiesa di San Pietro in Carcere. clicca qui
1 note · View note