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C'era la neve quel giorno di Bianca Andreina Gae - Un romanzo di amore, perdono e resistenza. Recensione di Alessandria today
Una storia di legami indissolubili e di sfide personali sullo sfondo di un dramma familiare
Una storia di legami indissolubili e di sfide personali sullo sfondo di un dramma familiare Recensione: Nel romanzo C’era la neve quel giorno, Bianca Andreina Gae ci trasporta in un’emozionante storia di resistenza e relazioni familiari. Il libro affronta la dolorosa realtà dell’usura, esplorando il rapporto complesso tra Gerardo e sua figlia Diana. Tra il negozio di ceramiche del padre e il…
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" [Q]uella notte e quel mattino freddo, lì, fra di noi e in mezzo ai libri, in quella gelida atmosfera dell’alba nella quale i sentimenti si lasciavano plasmare liberamente in pensieri e i pensieri si lasciavano plasmare liberamente in sentimenti, perché proprio questa è la più perfetta delle magie: trovarsi insieme in un momento in cui l’esistenza è sopportabile… non so se fu per la stanchezza dopo lo spettacolo o per la follia prima del crepuscolo o per la follia e la stanchezza dopo lo spettacolo e prima del crepuscolo, comunque in quella notte gli elementi dissolutori e distruttori presenti nella nostra famiglia sembravano tenuti a freno in maniera raffinatissima, tanto da far credere che tutte le cose potessero esistere e avessero legittimità di esistere solo se erano nella verità…
si badi bene, all’improvviso tutte le persone che erano in casa sentirono la quiete che regnava in casa come una pura quiete presente in casa, era tolto loro ogni senso di orrore, di raccapriccio. Un gruppo di persone, il cui scopo entro la natura di quella casa era la malvagità più immediata, si trovava improvvisamente privo dei propri strumenti e, grazie all’effetto eccitante dello spettacolo (probabilmente una composizione geniale!), vedeva trasformarsi una giornata filosofica e insopportabile in una giornata non-filosofica e sopportabile! Quella mattina in cui per la prima volta percepii in me l’autunno, un autunno diverso sia in me che negli altri… quella mattina, guardandoci dentro, all’improvviso abbiamo potuto intravedere in noi stessi l’autunno di quell’anno (ognuno il proprio autunno), grazie allo stato di eccitazione prima dello spettacolo e durante lo spettacolo, dopo lo spettacolo abbiamo intravisto dentro di noi la quiete dell’autunno, la geometria dello spegnersi della natura esteriore contemplata attraverso la geometria interiore». "
Thomas Bernhard, Perturbamento, a cura e con un saggio di Eugenio Bernardi, Adelphi (collana Gli Adelphi N° 83), 2024¹¹; pp. 131-132. (Corsivi dell'autore)
[Edizione originale: Verstörung, Insel Verlag, Frankfurt am Main, 1967]
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Rido. “Comunque non so neanche cosa pensi lui di me con precisione. Voglio dire, se è stato cinque ore a parlare con me e poi non gli interesso neanche un po’, è masochista; però non mi faccio illusioni, almeno per il momento”. Già, è sempre facile dirlo. È forse la frase che più si sa essere giusta e saggia e meno si riesce a rispettare. Innamorarsi vuol dire saper essere ingenui. Significa sapersi fidare. E questo esclude ogni criteri di saggezza, di cautela, di preparazione. È buffo. La gente può passare tutta una vita alla disperata ricerca di un amore, di una storia, di una relazione in cui l’altro diventi parte di sé e viceversa, salvo poi – quando sembra che le cose stiano per andare bene – avere una gran paura di innamorarsi. Si ha paura di perdere un qualcosa che ancora non si ha. Perché le persone hanno bisogno di certezze? Forse perché senza una certezza, una qualsiasi, non sarebbe possibile essere in errore. E in fondo una storia d’amore cos’è se non il susseguirsi di tante piccole certezze, da poter snocciolare tra le dita come i grani di un eretico rosario? Un rosario rovente, che può lasciare segni di ustioni profonde sul candore della pelle di chi, adolescente, si affaccia per la prima volta ai misteri, alle gioie, ai peccati di quel rosario. Ma tutto si cheta col tempo. Il tempo, questo grande alleato. Dopo un po’ che continuiamo a scorrere quei grani, non li percepiamo più così caldi, non sentiamo più dolore e sulla nostra povera pelle bianca, non vediamo più nascere striature viola là dove l’ultimo grano è passato. È il tempo che passa, lasciando le cose apparentemente immutate e immutabili, mentre in realtà niente è mai uguale a se stesso, neanche dopo pochi istanti trascorsi soprappensiero. Il problema dell’amore è che quando il tempo riesce a fare il suo corso, si diventa insensibili non solo al dolore, ma anche a qualunque tipo di emozione, di passione, di percezione. È come se il tempo non si limitasse a strusciarsi addosso a noi, ma succhiasse via la nostra capacità di sentire il calore intorno. Ci si vaccina, si diventa aridi, algidi. Per prepararsi a nuove sofferenze, forse. O per difendersi da vecchi ricordi. Buffo. Quando lo si maneggia troppo, l’amore diventa poi intangibile. Quasi che la nostra vecchia pelle, alla lunga, assuma quella forza necessaria per spezzarne i grani, per renderlo immateriale, immaginario, etereo. Ma quando quel rosario cede sotto le nostre dita e quei grani si liberano da noi, rimbalzando nello spazio, nel tempo e nei ricordi, allora sì che ci rendiamo conto di quanto fosse piacevole passare le ore, le giornate, le settimane, i mesi e gli anni a carezzare quei freschi chicchi di vita, così tranquillizzanti per un nostro equilibrio interiore.
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Non è facile dire perché un’amicizia si interrompe: anche o soprattutto quando non c’è una ragione gretta, una contesa, una gelosia. Qualche volta hai l’impressione che la confidenza, guadagnata misteriosamente, si trasformi altrettanto misteriosamente nel suo rovescio: senza avvisaglie, i tratti caratteriali su cui avevamo sorriso, con la grazia generosa che forse è quella di Dio verso i peccatori, diventano prima fastidiosi, poi intollerabili. Perché?
Paolo di Paolo, Romanzo senza umani
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Andrew Haigh è stato ispirato ad adattare il romanzo Strangers di Taichi Yamada in All of Us Strangers per via del suo nucleo emotivo e del concetto centrale di riallacciare i rapporti con i genitori defunti; ha cercato di esplorare temi di amore familiare e romantico, in particolare nel contesto delle esperienze gay degli anni '80.
Haigh ha trasformato la storia di fantasmi originale in una narrazione più psicologica, che riflettesse il suo passato e le sue vulnerabilità, sottolineando anche le complessità del dolore e della connessione.
Le esperienze personali di Andrew Haigh hanno influenzato in modo significativo i temi di All of Us Strangers, riflettendo l'infanzia di Haigh e l'impatto della crescita queer durante la crisi dell'AIDS; ha tratto spunto dai ricordi del suo passato, tra cui la rivisitazione della sua casa d'infanzia, che ha plasmato il panorama emotivo della narrazione.
Il suo viaggio attraverso il dolore e la nostalgia risuona universalmente, consentendo al pubblico di riflettere sulle proprie relazioni e sulla mortalità.
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Monografia: 𝗚𝗶𝗹𝗹𝗶𝗮𝗻 𝗙𝗹𝘆𝗻𝗻📚
𝐆𝐢𝐥𝐥𝐢𝐚𝐧 𝐅𝐥𝐲𝐧𝐧 (24 febbraio 1971, Kansas City, Missouri) è una scrittrice, giornalista e sceneggiatrice statunitense, nota per i suoi romanzi thriller che esplorano tematiche oscure e complesse.
Oltre alla scrittura di romanzi, Gillian Flynn ha lavorato come sceneggiatrice e critico televisivo. Il suo stile è caratterizzato da una narrazione intensa e da una profonda analisi psicologica dei personaggi, spesso ritratti in situazioni moralmente ambigue. Le sue opere tendono a esplorare le complessità delle relazioni umane e le dinamiche familiari.
Opere principali
Sulla pelle (2006): romanzo di esordio che ha ricevuto riconoscimenti significativi tra cui due Dagger Award e una nomination per l'Edgar Award; la storia segue una reporter che torna nella sua città natale per coprire un omicidio, affrontando il suo oscuro passato.
Nei luoghi oscuri (2009): il romanzo racconta la storia di Libby Day, l'unica sopravvissuta a un massacro familiare; costretta a rivisitare i traumi del suo passato, Libby si imbatte in segreti inquietanti.
L'amore bugiardo (2012): thriller psicologico che esplora la scomparsa di Amy Dunne e le indagini che coinvolgono il marito Nick; il romanzo ha avuto grosso impatto culturale ed è stato trasformato in un film diretto da David Fincher.
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"Eugénie Grandet" è uno dei romanzi più celebri di Honoré de Balzac, pubblicato per la prima volta nel 1833. Fa parte del vasto ciclo narrativo de "La Comédie Humaine", un'opera monumentale che Balzac ha dedicato a rappresentare la società francese del suo tempo.
Il romanzo è ambientato nella cittadina di Saumur, nella Valle della Loira, e racconta la storia di Eugénie, una giovane donna che vive sotto il giogo del padre, Félix Grandet, un uomo estremamente avaro e manipolatore. La trama si sviluppa attorno alla vita monotona e opprimente di Eugénie, che viene sconvolta dall'arrivo del cugino Charles, recentemente orfano e senza un soldo. Questo incontro risveglia in Eugénie sentimenti di amore e ribellione, portandola a scontrarsi con l'autorità paterna.
Balzac utilizza la figura di Grandet padre per criticare l'ossessione borghese per il denaro e il potere. La sua avarizia non solo rovina la vita della figlia, ma rappresenta anche una critica più ampia alla società del tempo, dove il valore delle persone è spesso misurato in termini di ricchezza materiale. La descrizione dettagliata della vita provinciale e delle dinamiche familiari rende il romanzo un ritratto vivido e realistico della Francia post-rivoluzionaria.
Honoré de Balzac nacque il 20 maggio 1799 a Tours, in Francia, da una famiglia borghese. Suo padre, Bernard-François Balzac, era un funzionario pubblico, mentre sua madre, Charlotte-Laure Sallambier, proveniva da una famiglia di commercianti parigini. Balzac trascorse un'infanzia solitaria e difficile, segnata dai frequenti disaccordi tra i genitori.
Dopo aver frequentato il Collège des Oratoriens a Vendôme, Balzac si trasferì a Parigi, dove studiò diritto. Tuttavia, la sua vera passione era la letteratura. Dopo alcuni tentativi falliti di affermarsi come drammaturgo, Balzac iniziò a scrivere romanzi sotto vari pseudonimi. La sua carriera letteraria decollò con la pubblicazione di "Les Chouans" nel 1829, il primo romanzo che firmò con il suo vero nome.
Balzac è noto per il suo stile di vita frenetico e per la sua incredibile produttività. Lavorava spesso per lunghe ore, alimentato da caffè nero, e scriveva in modo compulsivo. La sua opera più famosa, "La Comédie Humaine", è una serie di quasi cento romanzi e racconti che offrono un ritratto dettagliato della società francese del XIX secolo. Tra le sue opere più celebri si trovano "Le Père Goriot", "La Cousine Bette" e, naturalmente, "Eugénie Grandet".
Nonostante il successo letterario, Balzac ebbe una vita personale tumultuosa, segnata da numerosi debiti e relazioni amorose complicate. Nel 1850, sposò la contessa polacca Ewelina Hańska, con la quale aveva intrattenuto una lunga corrispondenza. Purtroppo, Balzac morì pochi mesi dopo il matrimonio, il 18 agosto 1850, a Parigi.
Balzac è considerato uno dei padri del realismo nella letteratura europea. La sua capacità di creare personaggi complessi e di descrivere con precisione la società del suo tempo ha influenzato molti scrittori successivi, tra cui Émile Zola, Charles Dickens e Marcel Proust.
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Faithful
"C'è giustizia a questo mondo."
Si chiude l'anno con un commento ad una piccola perla.
Scovato - non mi ricordo dove - e messo in lista in attesa di essere nel mood giusto per vederlo, Faithful ha trovato la sua occasione di brillare in questi ultimi giorni. E meno male che l'ha fatto: sono felicissima di averlo visto.
Inizierò citando un commento letto su Mydramalist riguardo a questa serie: Faithful non arriverà mai al grande pubblico. Non sarà mai una serie di quelle blasonate e pubblicizzate in ogni luogo... quel drama che tutti conoscono.
Ed è vero. Per i temi portati su schermo e per come vengono trattati, per il fatto che non è romantico - ma anzi presenta relazioni sentimentali tossiche - per la sua serietà delle vicende, difficilmente può attrarre lo spettatore. a me è piaciuto per questo
Ma andiamo alla trama:
La storia di svolge nel passato, dove Ru Lan è una giovane, spensierata ed ottimista studentessa dell'Accademia di Ricamo. Accanto a lei c'è la sua migliore amica Mu Wang: più riflessiva, composta e realista. Assieme passano i giorni ad imparare a ricamare, giocare e vivere quella vita da giovani e libere donne sognando un futuro pieno di speranze e sogni.
Centro dell'Accademia del Ricamo è il Maestro Wu, elegante uomo che insegna alle fanciulle l'arte di cui è padrone. Ammanicato con i Signori della città, ricco da far schifo e con legami stretti con i personaggi più influenti del circondario, Il Maestro Wu pare l'uomo perfetto.
Quest'uomo incredibile è ovviamente il centro del desiderio di decine di allieve che bramano la sua attenzione, tra cui proprio Ru Lan che riesce ad iniziare una storia d'amore con quest'uomo, sognando un vita felice e romantica al suo fianco.
Ma tutto crolla per la ragazza quando, dopo la notte d'amore insieme, il Maestro Wu si dimostra scostante e freddo nei suoi confronti. Il motivo Ru Lan lo scoprirà presto: non è infatti l'unica a cui l'uomo ha dimostrato affetto e - per dirla volgare - non è l'unica che si è portato a letto. Compiacenti o meno. E chi capisce, capisce.
Una di quest'ultime è proprio Meng Wan, l'amica di Ru Lan. Lei si è opposta alle avances del Maestro ma è stato inutile: l'ha presa con la forza. E così decine e decine di giovani allieve. Premetto che nella serie i personaggi hanno 18/19 anni. Nel romanzo sono quattordicenni.
Scoperta dunque la verità, Ru Lan decide di denunciare l'uomo per stupro. Le altre ragazze staranno zitte e magari non vogliono rimembrare l'abuso subito...ma non lo farà lei. Nonostante TUTTI le dicano di lasciar perdere, che è inutile cercare di ottenere giustizia da un uomo che ha troppi collegamenti con persone importanti perché venga punito, Ru Lan non perde la sua fede nella giustizia. Lei è la vittima...perché dovrebbe tacere?
Ma ahimè la voce di Ru Lan non solo non viene ascoltata ma infangata in ogni modo possibile. Il Maestro Wu usa tutto il suo potere ed influenza per far crollare la ragazza, non disdegnando molestie sessuali, corruzione, fabbricazione di prove false...
Alla fine dei salmi è Ru Lan stessa che viene tacciata di "promiscuità": è lei, secondo le voci che il Maestro ha messo in giro, ad averlo avvicinato e averci provato con lui. E' lei quella lasciva. E a Ru Lan tocca pure l'onore della prova di essere innocente.
Alcune persone tentano di aiutare la ragazza, che sia nel testimoniare a suo favore o salvarla quando è in difficoltà...ma tutto sembra vano. Il Maestro Wu è troppo potente, troppo amato dalla gente, troppo rispettabile agli occhi della città perché le persone credano davvero che sia uno stupratore.
Ru Lan, che aveva iniziato questa serie piena di vita e di speranza, allegra e solare, all'inizio della denuncia è decisa e combattiva nell'ottenere giustizia. Solo dopo tutte le angherie subite dal suo ex amato si "rassegna" ad alzare bandiera bianca: lei ha perso ed il Maestro Wu continuerà a violentare ragazzine su ragazzine nell'omertà generale.
Non solo: con il clamore della denuncia ormai Ru Lan ha perso anche rispettabilità e nessun uomo la vuole più sposare. Nessuno tranne il Maestro Wu il suo violentatore che spera di chiudere questa vicenda facendo della ragazza la sua concubina.
La giovane accetta il matrimonio ma solo per suicidarsi la prima notte di nozze nel suo ultimo e disperato tentativo di provare la sua innocenza. Siamo partiti con la denuncia per stupro al Maestro Wu per arrivare a dover stabilire l'innocenza di Ru Lan.
E Meng Wan? L' amica di Ru Lan?
Vittima anche lei del Maestro Wu - con l'aggravante che a lei manco piaceva quest'uomo - inizialmente cerca di fermare Ru Lan dal denunciare l'uomo ma successivamente fa di tutto per starle accanto, supportandola e cercando di aiutarla meglio che può.
Ed è proprio lei, la vera protagonista di questo drama. Faithful infatti è strutturato con un episodio che si svolge durante le vicende di Ru Lan e quello successivo spostato 7 anni dopo. Meng Wan è ormai una donna cresciuta e sposata con un nobile che non ha mai dimenticato l'amica morta precedentemente. Se Ru Lan anni prima non è riuscita ad ottenere giustizia, ci penserà lei 7 anni dopo, riunendo attorno a sé uomini e donne che per un motivo o per un altro, hanno conti in sospeso con il Maestro Wu.
Come si evince dalla trama, la storia è delicata. Si parla di stupro, vergogna, omertà. Di reputazione perduta e principi morali. Si prende una ragazza che denuncia una violenza sessuale e la si fa passare come una poco di buono, per "una che se l'è cercata."
Cosa straordinaria è l'attualità di queste tematiche: pur essendo ambientata in un epoca antica, certe cose orribili non invecchiano mai. Ed ho davvero apprezzato sia l'argomento sia come esso è stato trasposto.
Grande importanza poi la serie la riserva alle vittime e come esse vivono tale abuso: se Ru Lan urlava al cielo la violenza afflittagli, Meng Wang si portava tutto dentro, vergognandosi e nascondendo il suo dolore. E non solo lei. Preoccupate da ciò che la gente avrebbe detto di loro, della reputazione perduta, molte delle ragazze rimangono silenti ed in disparte.
E' una delle ultime vittime che, parlando con Meng Wang, rivela allo spettatore cosa molte di queste ragazze pensassero:
" ...sapevo che dovevo stare lontana dal Maestro Wu ma pensavo di essere più intelligente delle altre e che non sarebbe perciò toccato a me. E quando è successo mi sono detta che era stata colpa mia. "
La cosa che ho quindi apprezzato è la delicatezza con cui la serie ha sviscerato le reazioni delle vittime: la stessa Meng Wang si trova in difficoltà nel portare avanti il suo piano di giustizia quando si rende conto che così facendo potrebbe portare dolore a queste vittime che magari non vogliono più nemmeno pensare al dolore subito.
Faithful non è una serie dove gruppi di ragazze abusate superano il loro trauma e si uniscono tutte assieme per sconfiggere il cattivo. E di nuovo, l'ho amato per questo.
Questo drama presenta inoltre personaggi tridimensionali, veri. Non ci sono eroi in calzamaglia bianca, perfetti e super positivi ma anzi... egoisti, opportunisti, falsi, bugiardi. Uno dei miei preferiti tra questi è l'Ufficiale Luo.
L'ufficiale Luo è stato il primo a cui Ru Lan si è rivolta per la sua denuncia ma ahimè inutilmente poiché l'uomo - oltre ad essere un corrotto - era al soldo del Prefetto che a sua volta era ammanicato con il Maestro Wu. Nel tentativo di convincerlo ad aiutarla, Ru Lan gli regala la forcina che gli diede sua madre per la maggiore età, con la promessa che avrebbe cercato di darle una mano.
L'ufficiale un po' ci prova ma proprio per questo, viene punito e mandato in galera per 7 anni con una falsa accusa di furto. E una gamba rotta che lo riducono ad essere uno zoppo.
Uscito di galera, Meng Wanf lo arruola per il suo piano di giustizia e al di là di farla pagare al Maestro Wu per la gamba ormai andata a puttane, è la promessa fatta a Ru Lan a muovere Liu. Può essere stato un corrotto e può essere stato in galera...ma è ancora un uomo d'onore.
Ancor più bella la sua relazione d'amicizia con Sanning, la cortigiana. Non ci sono molte - se non nessuna perché io non l'ho ma trovata - storie d'amicizia uomo/donna che rimangono amicizia e non sfociano nel romanticismo. Faithful ce l'ha. E l'ho adorata. Questi due chiacchierano, bevono assieme, si prendono in giro a vicenda, affrontano avventure, si scambiano regali o si confidano uno all'altro sulle rispettive vite come veri e solo amici.
Ed a proposito di Sanning. Vera Queen di questa storia. Anche lei è stata approcciata dal Maestro Wu ma alle sue molestie, lei aveva risposto tirandogli una bottigliata in testa e andandosene dall' Accademia come una vera star. E' lei la prima e unica testimone di Ru Lan ma essendo una cortigiana, la sua deposizione non era stata ritenuta credibile.
Ma la bellezza di Sanning è la sua "noncuranza". Se ne frega di cosa pensino di lei ed è interessata solo a vivere la sua vita in libertà, facendo ciò che vuole, con chi vuole e dove vuole. La sua storyline è legata a quella del suo Maestro, l'uomo che l'ha addestrata e gli ha insegnato musica, arte, danza... senza mai toccarla con un dito anche se avrebbe potuto farlo. E' il grande rispetto e ammirazione che Sanning ha per quest'uomo che tocca le corde della mia sensibilità:
Dopo la testimonianza di Sanning, il Maestro Wu si vendica su di lei, attaccando il suo Maestro che perde la casa, il lavoro, le ricchezze ed anche la sanità mentale. Sette anni dopo quella deposizione, Sanning è straziata nel rivedere l'uomo pazzo mendicare un pezzo di pane in strada. E quando si rincontrano lui la saluta felicemente chiedendole come sta e implorandola di smettere di piangere.
Avrebbe potuto arrabbiarsi. Per colpa di Sanning quest'uomo ha perso tutto. E invece...
Ma tutti i personaggi di Faithful sono belli ed hanno belle storie. Dalla moglie del Maestro Wu al fratello di Ru Lan.
Anche le dinamiche del gruppetto riunitosi attorno a Meng Wan sono carine e divertenti: persone diverse con vite e storie diverse che si sono unite e lavorano assieme per ottenere giustizia.
Mi è anche piaciuta Meng Wan. Essendo stata violentata prima di Ru Lan avrebbe potuto avvertirla ma non l'ha fatto. Ha cercato di farsi perdonare stando vicina all'amica durante la denuncia ma non è bastato e Ru Lan si è ammazzata con il suo nome infangato. Per sette lunghi anni progetta questo piano per abbattere il Maestro Wu e ristabilire il suo nome ma i suoi progetti non sempre vanno in porto. Non è infallibile, non è perfetta. Né come persona né come stratega. Chi ha visto drama di vendetta o di riscatto sa che certe volte i piani dei protagonisti positivi vanno sempre lisci come l'olio. In Faithful no. E questo mi è piaciuto perché dona quel tratto di realisticità che tanto mi piace.
E adesso che ho parlato delle cose positive della serie, due parole su cosa invece non mi ha del tutto convinto: il finale.
Purtroppo l'ho trovato frettoloso e poco soddisfacente. Il Maestro Wu che per 23 puntate ribatteva colpo su colpo ai piani di Meng Wan si ritrova nel giro di un episodio arrestato e sbattuto in galera. Per uno che ha sempre avuto una via di fuga, un escamotage, un modo da parte della serie di farlo scampare alle sue responsabilità, all'improvviso si ritrova inerme da parte di una sceneggiatura che ha deciso che il drama doveva finire e che non gli ha dato scampo.
Questa fretta poi, si ripercuote sul valore della soddisfazione: dopo 23 puntate in cui gli ho augurato ogni male possibile e dove volevo vederlo soffrire lentamente, nel giro di 20 minuti viene messo in gattabuia, frustato e muore. E ciao.
Persino il Prefetto da lui corrotto viene unicamente retrocesso dal lavoro quando abbiamo visto tutti i suoi crimini che son ben più gravi di una misera retrocessione.
Onestamente per questo finale mi aspettavo di più per quanto riguarda la fine dei villain. Ma va bene, mi accontenterò.
Chiudo con l'episodio finale che è molto strano: una puntata what if dove vediamo le vite dei nostri personaggi in un mondo dove il Maestro Wu non è mai stato uno stupratore e dove tutto va bene: i personaggi sono vivi e felici, le storie d'amore secondarie e principali sono sbocciate e tutti vivono serenamente e senza problemi.
Un episodio che lascia aperti molti significati:
è semplicemente un qualcosa fatto come contentino per risollevare l'umore degli spettatori dopo tutto quello che ha passato e visto fino a mo'. Una specie di happy ending alternativo insomma.
oppure è un episodio che vuole mettere l'accento su come mostri non si nasca, ma lo si diventa. Il Maestro Wu inserito in un contesto familiare sereno e pieno d'amore, non diventa mai lo stupratore che conosciamo. La stessa Meng Wan diventa quello che ha sempre voluto essere: una donna indipendente e proattiva dopo che sua madre divorzia dal marito ubriacane e violento.
Onestamente non so che significato dargli se non pensare che ognuno di noi può vederci quello che vuole.
In un commento ho letto che questo episodio "rovina" la serie poiché mostra come tutti i personaggi sarebbero stati felici senza farsi impelagare da questa storia e buttando al macero dunque, tutti gli sforzi ed i sacrifici fatti per ottenere giustizia.
Alla fine del drama infatti, nessuno è propriamente felice: i personaggi hanno perso tanto, rischiato ancor di più e alcuni sono addirittura morti. C'è soddisfazione per la giustizia ottenuta ma nessuna vera festa: d'altronde Ru Lan è ancora morta. Le violenze sono ancora state fatte e le persone hanno ancora sofferto. Nessuna punizione potrà riportare tutto a posto.
Tuttavia non sono d'accordo con questa visione dell'episodio. Che nessuno faccia feste ecc ecc è perfettamente in linea con la serietà della serie e degli eventi accaduti, rispettando dunque le vittime e la delicatezza del tema trattato. Inoltre, non si cerca giustizia per essere felici ma lo si fa perché è giusto farlo. Meng Wan non ha cercato di buttar giù il Maestro Wu per trovare soddisfazione personale, una gioia per sé. E così gli altri personaggi che le ruotavano attorno: hanno aiutato Meng Wan perché era giusto farlo ed è questo quello che mi sembra la cosa più encomiabile.
Detto questo...concludo: drama serio e delicato, da vedere assolutamente se si cerca qualcosa di profondo e che ti faccia riflettere. Ottimi i personaggi e la loro tridimensionalità che li rende tutti credibili e realistici. Unica pecca appunto il finale che mi ha lasciato un po' insoddisfatta ma nel complesso, drama promosso a pieni voti.
Voto: 8.4
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L’età non ti protegge dall’amore.
Ma l’amore, in qualche misura, ti protegge dall'età.
Anaïs Nin
14 gennaio 1977 moriva di cancro a Los Angeles,
assistita da Rupert Pole.
Molto conosciuta come scrittrice di letteratura erotica, è stata anche una grande esploratrice dell’animo umano e per qualche tempo ha praticato anche la professione di psicoanalista, dopo aver fatto la modella, la danzatrice, la scrittrice, la conferenziera.
Anaïs Nin, nasce nel 1903 in Francia, figlia di una cantante e un pianista, entrambi di origine cubana.
A undici anni viene abbandonata dal padre e da quel momento comincia la sua passione per la scrittura, concretizzata dalla realizzazione di un diario basato su una lettera al genitore che l’ha lasciata.
Anaïs si trasferisce, quindi, a New York con la madre e i fratelli: nella Grande Mela entra in contatto con un ambiente completamente nuovo. A vent’anni si sposa con un bancario ma il matrimonio ben presto si rivela infelice: una prigione dalla quale la ragazza tenta di scappare attraverso diverse relazioni extra-coniugali, spinta dal bisogno di conquistare molti uomini, dopo aver perso l’uomo più importante della sua vita, suo padre.
Tornata a Parigi, attirata dal vivace clima intellettuale della capitale francese, che in quell'epoca accoglie i musicisti, gli scrittori e gli artisti più importanti del momento, inizia a scrivere la prima parte del suo diario (il futuro Diario di Anaïs Nin). Nel corso del suo periodo parisien, ha la possibilità di conoscere Henry Miller, l'autore di Tropico del Cancro e Tropico del Capricorno, innamorandosene; ben presto, intraprende una relazione anche con la moglie di Miller, June Mansfield.
Nel 1931 la Anaïs Nin scrive il suo primo libro, D.H. Lawrence. Uno studio non accademico: un saggio su D.H. Lawrence, cioè l'autore del romanzo L'amante di Lady Chatterley.
Cinque anni più tardi dà alle stampe La casa dell'incesto.
Intanto, la Nin si avvicina sempre di più alla psicanalisi, con lo scopo di ritrovare sé stessa: va in analisi da un allievo di Sigmund Freud, Otto Rank, con cui intraprende una relazione d'amore che la fa ritornare a New York per collaborare professionalmente con lui. In breve tempo, tuttavia, la carriera da psicoanalista le va stretta, e cosi Anaïs torna alla scrittura.
Nel frattempo, nel 1955 l'autrice, pur continuando a rimanere sposata con il suo primo marito, si era sposata in segreto una seconda volta con Rupert Pole: ben presto, però, le nozze erano state annullate per evitare guai. Non solo: negli anni Cinquanta, Anaïs Nin era entrata in contatto con l'Lsd, esperienza che aveva riportato fedelmente nel suo diario, nel quale venivano descritti gli effetti che la sostanza aveva sulla sua creatività e sulla sua percezione di sé.
Il mondo attraverso gli scritti di Anaïs è un mondo ricco di fascino e di meraviglia: anche le piccole cose, le persone più insignificanti vengono descritte con amore e profondità, ma soprattutto con curiosità. Una vita intensa e profondamente vissuta, quella della Nin, che a questo proposito diceva: “La vita ordinaria non mi interessa. Cerco solo i grandi momenti… Voglio essere una scrittrice che ricorda agli altri che questi momenti esistono.
Anaïs Nin
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Gli invisibili di "Pajtim Statovci"
Si innamorano già dal primo incontro, seduti al tavolino di un bar. Arsim è albanese, Miloš serbo, vivono a Pristina, in Kosovo, a metà degli anni Novanta, studiano all’università. Per entrambi la cultura di provenienza rifiuta le relazioni tra uomini. Eppure la loro storia sembra perfetta, l’anima e il corpo, lo spirito e la carne, Romeo ha trovato Romeo.
"Gli invisibili "è un romanzo di rabbia e tenerezza spiazzanti che racconta in un unico sguardo l’amore e l’orrore e indaga con lucidità il ricatto implacabile dei desideri che ci torturano, perché «i sogni corrono dietro alle menzogne che diciamo a noi stessi». Come è possibile sopravvivere quando non puoi essere quello che sei, quando bisogna nascondersi dal mondo e nel mondo? È un quesito che vale ancora oggi, persino da noi, e in molti paesi d’Europa, e Pajtim Statovci ha la grazia di narrare la Storia nel riflesso dello specchio più intimo e nascosto, di affrontare paure e verità con una prosa luminosa e uno sguardo delicato, con un virtuosismo che eleva la sua arte in una dimensione che non ha tempo e luogo. La giuria del Finlandia Prize, il più importante premio letterario finlandese, ha scritto: «Questo è un romanzo che incanta grazie al potere della sua lingua. Una storia di umana follia, di perdita e crudeltà, ma anche di amore e devozione».
Da quando ci siamo conosciuti in quel bar, è iniziata la magia, non ci siamo lasciati più fino a quella maledetta notte. Non serve rinvangare ormai, era bellissimo amarti amore mio, ma ancor di più farti scoprire nuovi lati di te inesplorati nella geografia dei corpi e delle emozioni da riempire di attimi di noi Giacevi con me e tutto era il perfetto ritratto della felicità, un connubio di corpi e anime. Entrambi adesso a distanza di un tempo indefinito abbiamo vissuto le nostre prigioni ma tu in qualche modo, non so nemmeno come, hai ascoltato le mie latenti parole e ci siamo ritrovati. I segni del tempo ci hanno cambiato e ci siamo volutamente feriti io con l’impassibilità, tu con lo smarrimento. Io l’avevo sfocata, tu più nitida ma entrambi erano legati in qualche modo all’immagine giovane e spensierata dell’altro. La paura della morte è mia sopravvalutata caro Arsim, si dovrebbe avere molto di più della morte apparente non credi anche tu? Non so ancora quando il mio cuore deciderà di fermarsi. Sento che qui si sta spegnendo tutto e sto per tornare nei colori del mio buio. Con i restanti attimi di lucidità, voglio strapparti però un ultimo appuntamento.
Ti aspetto nella valle dei re. Lì torneremo indietro nel tempo, ci riconosceremo veramente, raggiungeremo quella libertà che non abbiamo trovato e saremo eternamente felici.
Sempre tuo
Milos
(Gli invisibili) Pajtim Statovci
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"In due sarà più facile restare svegli" di Giorgia Surina: una storia di resilienza e amicizia. Recensione di Alessandria today
Un romanzo che esplora la forza dei legami umani e il valore del supporto reciproco.
Un romanzo che esplora la forza dei legami umani e il valore del supporto reciproco. Giorgia Surina ci accompagna in un viaggio emotivo con il romanzo “In due sarà più facile restare svegli”, un’opera che celebra la forza dell’amicizia e la capacità di affrontare le difficoltà grazie alla condivisione e alla resilienza. Ambientato in un contesto di quotidianità sospesa tra sogno e realtà, il…
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Riflettendo su Via col Vento
Pure Via col Vento quanti danni ha fatto in tema di relazioni tossiche?
Voglio dire: in un film di 3 ore e mezza per almeno 2 ore e mezza la protagonista sbava dietro a uno che non se la fila manco per sbaglio (l’unico, tra l’altro, in mezzo a tanti uomini che le vanno dietro), che è un fighetto insopportabile, poi per mezz’ora sta con questo dall’aria più da simpatico mascalzone che è poi l’unico che le tiene testa, ma lei è ancora convinta che l’uomo giusto sia il fighetto che la rifiuta.
Giusto un giorno dubita ed è il mattino dopo che il simpatico mascalzone, ormai stufo di essere rifiutato in continuazione per colpa del fighetto insopportabile, la prende di peso e se la scopa tutta la notte.
Però a quel punto il mascalzone se ne va all’estero con la figlia e solo dopo altri lutti e malintesi lei capisce che “forse” era l’uomo sbagliato quello dietro cui correva.
Solo che a quel punto il simpatico mascalzone si è rotto le palle (e dopo 3 ore e mezza di film vorrei vedere) e decide di tornarsene dalla sua famiglia (perché alla fine gli uomini tornano sempre da mammà se le cose precipitano).
Ma ci pensate quanti danni ha fatto questo film? E pure il romanzo da cui è tratto!
Tra l’altro hanno provato a scrivere il sequel in cui Rossella si rimetteva con il simpatico mascalzone ma secondo me lui le ha fatto il gesto dell’ombrello ogni volta, anche se nei romanzi successivi non lo hanno mai scritto.
No signori: nella realtà dopo averle detto che di lei “Se ne infischia” lui col cazzo che è tornato indietro.
#cazzeggio#libero cazzeggio#pensieri del cazzo#via col vento#tre ore di film sono sequestro di persona#danni da film#relazioni tossiche
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Non sarebbe riuscito a spiegare in cosa era diversa. Ci aveva provato, senza riuscirci. In parte era dovuto a come si sentiva quando era con lei: come se riflesso nei suoi occhi lui diventasse una persona migliore.
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Non è facile dire perché un’amicizia si interrompe: anche o soprattutto quando non c’è una ragione gretta, una contesa, una gelosia. Qualche volta hai l’impressione che la confidenza, guadagnata misteriosamente, si trasformi altrettanto misteriosamente nel suo rovescio: senza avvisaglie, i tratti caratteriali su cui avevamo sorriso, con la grazia generosa che forse è quella di Dio verso i peccatori, diventano prima fastidiosi, poi intollerabili. Perché?
Paolo di Paolo, Romanzo senza umani
#paolo di paolo#romanzo senza umani#amicizia#fine di amicizia#fine dell'amicizia#fine amicizia#relazioni#rapporti umani
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Colette
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Colette, iconica scrittrice della prima metà del XX secolo, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia.
Con la sua vita e la sua arte ha sfidato le convenzioni sociali e aperto la strada a una nuova generazione di letterate.
Insignita delle più importanti onorificenze accademiche, è stata la seconda donna nella storia della Repubblica Francese a ricevere funerali di stato (dopo Sarah Bernhardt).
Ha aperto una strada per il rinnovamento del romanzo tradizionale che ha portato alle sperimentazioni del Nouveau Roman.
Oltre che scrittrice prolifica è stata attrice, autrice e critica teatrale, giornalista, critica cinematografica e anche commerciante di cosmetici.
Si è ritrovata più volte al centro di scandali per le sue disinibite relazioni sentimentali.
La sua vita e la sua opera letteraria sono state la testimonianza di una donna libera, anticonformista e emancipata, che ha contribuito a rompere tanti tabù.
Per prima ha rappresentato l’uomo come fonte di piacere per la donna.
Nata col nome di Sidonie-Gabrielle Colette, il 28 gennaio 1873 a Saint-Sauveur-en-Puisaye, è cresciuta in Borgogna in grande libertà e a stretto contatto con la natura. Spinta alla musica e alla lettura sin da piccolissima, era stata educata dalla madre, una donna di mentalità moderna, dichiaratamente atea e anticonformista, che in paese dava scandalo prendendo a servizio ragazze madri.
Nel 1889 conobbe Henri Gauthier-Villars, detto Willy, scrittore e giornalista che divenne il suo primo marito e che seguì a Parigi.
L’uomo la introdusse nell’ambiente artistico e mondano e, intuendone il potenziale, la incoraggiava a scrivere pubblicando però i libri sotto il suo nome, come faceva con tanti altri artisti che costituivano la sua officina letteraria. Nacque così la fortunata serie di Claudine, uno dei maggiori best seller francesi di tutti i tempi. I romanzi ebbero tale successo popolare da diventare un marchio commercializzato che produceva abiti, accessori, un tipo di pettinatura, prodotti di bellezza e ogni sorta di mercanzia. Dai libri venne tratto anche uno spettacolo teatrale interpretato dalla stessa Colette che, col coniuge, rappresentava il simbolo della vita mondana della capitale francese.
Nel 1904 venne pubblicato Dialogues de bêtes, firmato Colette Willy, il primo libro in cui comparve anche il suo nome.
Il matrimonio andò presto a rotoli, lui la tradiva continuamente e lei ebbe una liaison con la marchesa Mathilde de Morny. Nel 1907, al Moulin Rouge, durante la messa in scena della pantomima Rêve d’Égypte, le due amanti diedero scandalo baciandosi con passione sul palco. Nello stesso anno Colette e Willy si separarono legalmente e venne pubblicato l’ultimo romanzo della saga di Claudine dal titolo Il rifugio sentimentale (La retraite sentimentale).
Nel 1908 Colette si fece notare dalla critica pubblicando su La Vie Parisienne dei testi, poi raccolti nel volume Viticci (Les vrilles de la vigne), uno dei quali (Nuit blanche) tratta della sua relazione con Missy, come lei chiamava la marchesa. È stata protagonista di vari spettacoli teatrali e un’ottima conferenziera.
Ammessa alla Société des Auteurs, intraprese, vincendo, una serie di azioni legali contro il marito.
Dopo il divorzio, nel 1910, nacquero le collaborazioni con giornali come il Paris-Journal e Le Matin, mentre pubblicava romanzi a puntate, ne La Vie parisienne.
Nel 1912 ha sposato il barone Henry de Jouvenel da cui ha avuto la sua unica figlia.
Durante la prima guerra mondiale la sua attività giornalistica si era intensificata. Successivamente, ha scritto anche articoli di critica cinematografica e una sceneggiatura originale per il film La flamme cachée. È stata caporedattrice della sezione letteraria di Le Matin e critica teatrale.
È stato il romanzo Chéri, pubblicato in feuilleton nel 1920, a consacrarla anche agli occhi della critica. La storia autobiografica di una donna matura innamorata di un ragazzo di ventiquattro anni più giovane venne apprezzata e commentata da autori come Proust, Gide e Cocteau. La Nouvelle Revue Française affermò che Colette era «la scrittrice che ha introdotto nella nostra letteratura la prosa femminile che le mancava».
Nello stesso anno venne insignita della Legion d’onore con il grado di Cavaliera.
Tra scandali, alti e bassi, arrivò anche il divorzio dal secondo marito e, lasciato il giornale che lui dirigeva, scrisse per Le Figaro, vivendo dei proventi da giornalista, dedicandosi al teatro senza mai abbandonare la scrittura.
Nel 1928 venne promossa al grado di Ufficiale della Legion d’onore. Due anni dopo è uscito Sido, sulla storia di sua madre.
Il film che aveva sceneggiato, tratto dal suo romanzo La vagabonda, è stato il primo in sonoro in Francia.
Nel 1932 aveva aperto un centro di bellezza e in breve si era ingrandita e creato un marchio di cosmetici con la sua immagine sulle etichette.
Nonostante le divagazioni commerciali non ha mai smesso di scrivere romanzi, sceneggiature e articoli di critica teatrale per Le Journal e poi per Paris-Soir.
Nel 1936 venne nominata Commendatrice della Legion d’onore e entrò a far parte dell’Académie royale belge de langue et de littérature françaises.
Ha trascorso tutto il periodo della guerra a Parigi, in un appartamento al Palais-Royal, afflitta da un’artrosi all’anca.
Nel 1941 il suo terzo marito, Maurice Goudeket, che era ebreo, venne spedito in un campo di concentramento, riuscì a farlo liberare l’anno successivo, sfruttando le sue amicizie.
Il suo romanzo più celebre, Gigi, pubblicato nel 1944, le valse un grande riconoscimento e divenne una famosa opera teatrale e un celebre film.
Diventata un’istituzione vivente, ha passato gli ultimi anni della sua vita semi paralizzata, sul divano-letto sul quale lavorava e riceveva i tanti ospiti che andavano a renderle omaggio.
Diventata Presidente dell’Académie Goncourt, il suo ultimo libro è stata la raccolta En pays connu.
Nel 1950, fra spostamenti vari in cerca di cure e il lavoro di adattamento teatrale del suo romanzo La Seconda venne eletta Presidente onoraria del Consiglio letterario del Principato di Monaco e ricevette in visita la regina Elisabetta del Belgio.
Nel 1951, tornata a Montecarlo sempre in cerca di cure, aveva notato all’Hôtel de Paris una giovane attrice, Audrey Hepburn, che scelse per interpretare la commedia Gigi, andata in scena a Broadway.
Nel 1953, in occasione dei suoi 80 anni, ha ricevuto tributi e onorificenze come la medaglia della Città di Parigi, venne nominata membro onorario del National Institute of Art and Letters di New York e ricevette il grado di Grand’Ufficiale della Legion d’Onore.
È morta il 3 agosto 1954 nella sua stanza al Palais-Royal. Nonostante la Chiesa le avesse rifiutato i funerali religiosi, ha ricevuto un funerale di stato. È sepolta nel cimitero di Père-Lachaise.
Nella sua lunga carriera ha prodotto circa ottanta volumi fra romanzi, racconti, memorie, opere per il teatro, raccolte di articoli giornalistici e di recensioni teatrali, oltre ad una sterminata corrispondenza personale che venne raccolta e pubblicata in epistolari.
Donna ribelle e anticonformista, ha segnato un’epoca, ispirato film, libri, spettacoli occupando un posto di rilievo nel pantheon delle celebrità di tutti i tempi. Il suo nome è consegnato al mito.
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La lacrima più triste è quella che non ha mai trovato un volto da solcare. Se c’è una cosa che ho imparato, in tanti anni di impegno nelle relazioni di aiuto, è proprio questa. Ogni persona è una storia, scritta sulla carta avrebbe le sembianze di un romanzo, ma non c’è carta a sufficienza per contenere un’esistenza. Niente della vita potrebbe essere scritto a priori, tutto è mutabile in ogni momento, per scelta o per caso. Ogni individuo porta con sé un suo dolore, più questo è stato grande, più ha dovuto essere in grado di farvi fronte per non soccombere. Non è un caso che l’arte più sublime talvolta possa nascere dai malesseri più profondi.
Non è il dolore a generare disagio, ma il dolore inespresso o il dolore negato a farlo, al contrario il dolore da sé può dare vita alle forme più sublimi di comunicazione umana. Soffrire implica opporsi alla sofferenza, generare capacità che altrimenti sarebbero rimaste sopite. Certo soffrire fa male, ma sviluppa il proprio essere in direzioni non convenzionali, la mente deve ingegnarsi, trovare forme in cui ingabbiare il dolore, se non si soccombe, intelligenza e sensibilità possono varcare i limiti. Per ogni lacrima pianta ce ne può essere almeno un’altra che aspetta il suo momento. Le lacrime di rabbia sono imprevedibili, votate all’azione o al ritiro, porvi attenzione particolare è consigliabile, mentre le lacrime di compassione sembrano germogli in attesa di crescere in arbusti. Le lacrime negate commuovono, orfane non hanno mai conosciuto cosa le ha generate, sono quelle lacrime che mai potranno guardarsi allo specchio. Ogni lacrima corteggia il tempo per potere essere pianta, sedurre il volto di cui è figlia. Il tempo è galantuomo, ma anche tiranno, non tutte le lacrime potranno essere piante a tempo debito, alcune dovranno aspettare di essere riconosciute come tali per poter uscire dal buio che le confina. Il tempo migliore è quello che la foglia d’autunno impiega per raggiungere terra quando si saluta dall’albero che l’ha cresciuta, il tempo migliore per le lacrime è quello impiegato per solcare il volto e raggiungere terra quando si salutano dall’animo che le ha partorite. Piangere non è da uomo, dicono ancora oggi, piangere è quel che fa dell’uomo quel che è, umano al pari della donna.
Solo chi si concede alle lacrime senza vergogna vive senza rimpianto.
Mario De Maglie
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